Nella fascia tra i 7 e i 9 anni, i bambini italiani sono al secondo posto in Europa nella classifica – per nulla lusinghiera – dell’obesità. Certo il problema non è solo del Bel Paese, l’obesità infantile è una delle principali emergenze sanitarie a livello globale, ma in questo caso il male comune non è per nulla “mezzo gaudio”. Il dato del 37% di minori interessati da una forma di obesità medio grave è infatti un campanello d’allarme che non può e non deve essere ignorato.
L’obesità ha cause multifattoriali, tra cui familiarità, sedentarietà e cattive abitudini alimentari. Per combatterla, è necessario un approccio personalizzato, che includa educazione alimentare, attività fisica e, nei casi più gravi, trattamenti farmacologici o chirurgici.
Diagnosi e rischi dell’obesità nei bambini
Ma, come si fa a capire se un bambino è in sovrappeso? La valutazione avviene tramite le curve dei centili dell’Indice di Massa Corporea (IMC): un valore superiore all’85° centile indica sovrappeso, oltre il 97° si parla di obesità. Anche un lieve eccesso di peso può comportare problemi come steatosi epatica, alti livelli di insulina, trigliceridi e colesterolo, oltre al rischio di sviluppare sindrome metabolica.
Il pediatra svolge un ruolo chiave nell’identificare precocemente questi segnali e indirizzare il bambino verso percorsi specializzati di educazione alimentare e attività motoria. Nel 2024, il solo Ospedale Bambino Gesù di Roma ha seguito quasi 1.400 bambini con problemi di peso, con oltre 1.600 ricoveri nell’ultimo anno.
Alimentazione e attività fisica: le chiavi per la prevenzione
Secondo i dati di Okkio alla Salute, il 10,9% dei bambini italiani salta la colazione, il 36,5% la consuma in modo inadeguato e il 66,9% mangia merende troppo abbondanti. Un’alimentazione equilibrata non deve essere restrittiva, ma mirata allo sviluppo di abitudini sane, riducendo grassi e zuccheri in eccesso.
Il dottor Danilo Fintini dell’Ospedale Pediatrico di Roma sottolinea l’importanza di affrontare precocemente il problema: “Non servono diete drastiche, ma un cambiamento dello stile di vita. L’attività fisica è cruciale: almeno 30-60 minuti al giorno di movimento e sport almeno due volte a settimana”. Inoltre, i genitori devono dare il buon esempio, adottando un’alimentazione sana per tutta la famiglia.
Una dieta equilibrata prevede il consumo regolare di frutta e verdura, cereali integrali e proteine magre, evitando zuccheri aggiunti e bibite gassate. Anche i metodi di cottura devono essere salutari, riducendo i grassi e privilegiando cibi freschi e nutrienti.
Il ruolo del supporto psicologico
L’obesità non è solo una condizione fisica, ma ha profonde implicazioni psicologiche. Molti bambini non percepiscono il loro peso come un problema, rendendo difficile l’adesione ai percorsi di cambiamento. Inoltre, fattori familiari e sociali possono influenzare negativamente le abitudini alimentari.
La dottoressa Chiara Carducci dell’unità operativa di Psicologia del Bambino Gesù aggiunge: “Interveniamo per comprendere il vissuto del bambino e supportare la famiglia nel cambiamento. Senza una reale volontà di modificare le abitudini, il rischio di abbandono del trattamento è elevato”. In casi gravi, quando si valuta la chirurgia bariatrica, il supporto psicologico è essenziale per aiutare il paziente ad accettare il cambiamento corporeo.
Farmaci e chirurgia: opzioni nei casi più gravi
Quando la sola educazione alimentare non basta, si può ricorrere ai farmaci, come la semaglutide, che riduce l’appetito. Tuttavia, questi trattamenti devono essere usati solo nei casi più complessi e sotto stretta supervisione medica.
Nei casi di obesità grave (IMC superiore a 40 con comorbidità o oltre 50 senza altre patologie), la chirurgia bariatrica diventa un’opzione. L’Ospedale Bambino Gesù è l’unico centro in Italia a eseguire interventi di questo tipo in età pediatrica. Nel 2024 sono stati effettuati 63 interventi, con una perdita media di peso fino a 60 kg in un anno per i pazienti operati. La tecnica più utilizzata è la sleeve gastrectomy, che riduce il volume dello stomaco del 70%.
Il dottor Francesco De Peppo, responsabile della Chirurgia pediatrica, evidenzia: «La chirurgia è efficace, ma non è una soluzione definitiva. Il successo dipende da un percorso multidisciplinare a lungo termine».
Progetto resilient: un nuovo approccio per contrastare l’obesità
Per migliorare le cure contro l’obesità infantile, il Bambino Gesù ha avviato il progetto di ricerca Resilient, finanziato dal PNRR. Il programma si rivolge ai bambini tra i 6 e gli 11 anni, combinando alimentazione, attività fisica e training cognitivo per sviluppare abitudini sane e durature.
Il percorso dura 8 settimane e coinvolge un team multidisciplinare di medici, nutrizionisti, psicologi e chinesiologi. Oltre a un piano nutrizionale personalizzato, i partecipanti seguono esercizi interattivi al computer per migliorare la memoria e l’autocontrollo, oltre a giochi di gruppo per stimolare la socialità. Il coinvolgimento delle famiglie è un elemento chiave per rendere sostenibili le nuove abitudini.
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