Tempo di lettura: 8 minutiUn italiano su due (50,1%) tra i 40 e i 69 anni che non ha avuto precedenti eventi cardiovascolari presenta un rischio cardio-metabolico medio-alto. Ripartire dalla prevenzione, elemento chiave nelle politiche di contrasto alla diffusione delle patologie croniche, come quelle cardiovascolari e metaboliche, agendo sui fattori di rischio cardio-metabolico modificabili, potrebbe evitare l’80% dei decessi collegati a queste patologie.
Programmi di screening cardio-metabolico sulla popolazione target potrebbero migliorare gli outcome di salute, riducendo negli anni la probabilità di eventi cardiovascolari maggiori, il burden sanitario e, secondo il modello di stratificazione del rischio SCORE2 adottato da TEHA Group, offrirebbero un ritorno economico positivo (ROI=1,6) per il Servizio Sanitario Nazionale e il Sistema Paese.
Sono queste le conclusioni del complesso lavoro realizzato da TEHA Group, società di The European House Ambrosetti, con il contributo non condizionante di Sanofi, confluite nel Position Paper “Rischio cardio-metabolico in Italia: il ritorno economico di un programma di screening della popolazione”, presentato di recente a Roma.
L’evento è stato occasione di confronto e dialogo tra specialisti, medici di medicina generale, operatori sanitari di laboratorio, farmacisti, rappresentanti delle Associazioni dei pazienti, Società scientifiche e Istituzioni nazionali, sulla necessità e l’urgenza di attivare un programma di screening cardio-metabolico nella popolazione a rischio medio-alto, al fine di ridurre la probabilità di incorrere nel tempo ad un evento cardiovascolare maggiore (ictus e infarto), e non solo, con notevoli benefici in termini di salute e costi socio-sanitari.
Obiettivo del documento è stato analizzare l’impatto economico della prevenzione in ambito cardio-metabolico, valutando sostenibilità ed efficacia di interventi di prevenzione primaria basati su screening mirati e trattamenti precoci. Il Paper evidenzia come un approccio preventivo possa non solo ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori, ma anche generare un ritorno economico positivo per il SSN e il Sistema Paese.
La prevenzione cardio-metabolica
Le malattie cardiovascolari coinvolgono almeno 9 milioni di persone in Italia, con 670.000 dimissioni in regime ordinario, pari al 14% del totale, e quasi 221.653 morti, circa un terzo dei decessi registrati nell’anno 2022 (dati ISTAT). Numeri che pongono queste patologie al primo posto come causa di mortalità, di ricovero ospedaliero, nonché come principale causa di disabilità.
Secondo gli ultimi dati del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, il 98% della popolazione italiana di età compresa tra i 18 e i 69 anni presenta almeno un fattore di rischio cardiovascolare tra ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, sedentarietà, fumo, eccesso ponderale, scarso consumo di frutta e verdura.
Se l’ipercolesterolemia è fattore causale della cardiopatia ischemica, il diabete rappresenta il principale fattore di rischio per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari e, allo stesso tempo, le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nel paziente diabetico. Lo studio PASSI (ISS) rileva nel biennio 2022-2023 che il 41% della popolazione nella fascia 18-69 anni presenta almeno 3 fattori di rischio cardiovascolare.
È noto come i fattori di rischio aumentino la mortalità: secondo il Global Burden of Disease, il 75% dei decessi per malattie cardiovascolari è attribuibile a fattori di rischio. L’associazione tra i diversi fattori di rischio cardio-metabolici (eccesso ponderale e diabete, diabete e ipertensione arteriosa e dislipidemia) è nota da tempo, tanto che l’American Diabetes Association e l’American Heart Association parlano di fattori di rischio cardio-metabolico con riferimento a iperglicemia, sovrappeso/obesità, pressione elevata e dislipidemia, perché strettamente correlati a diabete e a malattie cardiovascolari.
La prevenzione, elemento imprescindibile nelle politiche di contrasto alla diffusione delle patologie croniche, agendo su fattori di rischio modificabili, potrebbe ridurre del 34% la mortalità nella fascia 0-74 anni per i principali gruppi di malattie ed evitare fino all’80% dei decessi.
TEHA ha adottato l’algoritmo SCORE2 dell’European Society of Cardiology (ESC) come modello di stratificazione del livello di rischio cardio-metabolico, che ha permesso di quantificare la distribuzione del rischio nella popolazione italiana in età lavorativa tra i 40 e i 69 anni senza pregressi eventi CV: nel complesso circa 24,5 milioni di individui. Ne emerge che il 50,1% di questa popolazione è a rischio medio-alto: i soggetti a rischio alto rappresentano il 7,5% del totale, mentre quelli a rischio altissimo il 4,2%.
Si registra, inoltre, una significativa differenza tra donne (28,6%) e uomini (72,4%), in virtù del fatto che nelle donne il rischio cardio-metabolico cresce significativamente dopo la menopausa. In aggiunta, la probabilità di andare incontro a un evento acuto nei successivi 10 anni è superiore nella popolazione ad alto rischio (10,9%) rispetto alla popolazione a rischio medio (6,2%) e basso (2,8%). Ai soggetti a rischio medio-alto è associato un costo annuale di 13,4 miliardi di euro, andando a considerare sia i costi sanitari diretti sia quelli indiretti legati alla perdita di produttività di questi soggetti e dei loro caregiver.
Considerato l’impatto dei fattori di rischio cardio-metabolico sulla mortalità evitabile, la prevenzione primaria rappresenta un elemento chiave per queste patologie. Ciò è ancor più evidente in un contesto di risorse economiche limitate e alla luce delle opportunità offerte dal New Economic Governance Framework (NEGF), che mira a promuovere gli investimenti pubblici in alcuni settori prioritari, tra cui la sanità pubblica e la prevenzione sanitaria, concedendo una maggiore flessibilità nella definizione della traiettoria di rientro del debito pubblico e/o del deficit (periodo di aggiustamento da 4 a 7 anni) ai Paesi Membri che decidono di includerli nei loro Piani di Medio Termine.
L’introduzione di un programma di screening per la prevenzione cardio-metabolica dovrebbe comprendere: un questionario sugli stili di vita e un pacchetto di semplici esami, quali misurazione della pressione arteriosa, glicemia per la valutazione dell’emoglobina glicata nel diabete, profilo lipidico e lipoproteina per la valutazione dell’ipercolesterolemia e, solo per i 65-69enni, un ECG. Tutto ciò consentirebbe di individuare la presenza di eventuali fattori di rischio e avviare i soggetti con un profilo di rischio medio-alto a un trattamento educazionale e/o farmacologico precoce, prevenendo l’insorgenza di eventi acuti, e non solo.
Quanto fa risparmiare la prevenzione
Considerando il rapporto tra i benefici derivanti dalla riduzione del rischio cardio-metabolico e i costi associati all’implementazione del programma di screening – dalle lettere di invito alla popolazione, al costo degli esami e del personale (SSN / farmacisti) – ne deriva un ritorno dell’investimento che varia tra 1,4 e 1,8 (1,6 nello scenario mediano), con un ritorno netto di 0,4-0,8 euro per ogni euro investito.
Si ottiene questo risultato ipotizzando una adesione allo screening da parte del 40% dei circa 18 milioni di italiani tra i 40-69 anni che rappresentano il target di questo programma – individui che non hanno avuto precedenti eventi cardiovascolari e non sono in cura per ipercolesterolemia e/o diabete, già inseriti in un percorso di presa in carico. Anche se non dovesse essere raggiunta la supposta soglia di adesione del 40%, le simulazioni mostrano che sarebbe sufficiente un’adesione dello 0,3% della popolazione target, pari a circa 70.000 persone, perché l’intervento sia economicamente sostenibile (ROI = 1).
Il ritorno economico è massimo nella fascia d’età più giovane (2,2 nei soggetti di 40-49 anni vs. 1,5 nei soggetti 50-59 anni vs. 1,3 nei soggetti di 60-69 anni) e nei soggetti con un più basso livello di rischio (5,7 nei soggetti a rischio medio vs. 0,5 nei soggetti a rischio alto), a conferma che più l’intervento è precoce maggiori sono i benefici ottenuti.
Le parole degli esperti
Claudio Borghi – Professore Ordinario di Medicina Interna presso l’Università degli Studi di Bologna e Componente del CdA dell’Istituto Superiore di Sanità
“Le malattie cardio-metaboliche sono una delle principali cause di morbidità e mortalità. Il problema di queste patologie e della loro prevenzione è ancora parzialmente non risolto. Ad un aumento delle conoscenze non ha fatto seguito una azione proporzionalmente fattiva ed oggi il problema non è sapere di più, ma implementare prima e meglio le conoscenze nelle strategie preventive”.
Riccardo Candido – Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Federazione Società Diabetologiche Italiane (FeSDI)
“Investire in programmi di prevenzione cardiometabolica significa ridurre il rischio di complicazioni, abbattere i costi a lungo termine per il trattamento e migliorare significativamente la qualità della vita delle persone. Il ritorno sugli investimenti è una delle scelte più lungimiranti che possiamo fare per il nostro sistema sanitario e per la salute delle persone. Ogni euro investito nella prevenzione è un risparmio futuro in termini di trattamenti, ospedalizzazioni e disabilità, ma soprattutto, è un investimento in una vita più sana e in una società più forte”.
Ciro Indolfi – Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia (FIC)
“La coesistenza di fattori di rischio modificabili come obesità, inattività fisica, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo di sigarette, iperglicemia e diabete, aumenta in maniera significativa il rischio cardiometabolico che, nel tempo, ha impatti significativi sull’invalidità e la morte prematura, determinando fino al 75% dei decessi per malattie cardiovascolari; in aggiunta, nelle Regioni del Sud la maggior prevalenza dei fattori di rischio si traduce anche in una maggiore mortalità cardiovascolare. La prevenzione rappresenta quindi un elemento imprescindibile nelle politiche di contrasto alle patologie cardiovascolari e metaboliche per ridurre gli impatti di salute ed economici per i pazienti e per il sistema”.
Rossana Bubbico – Senior Consultant della Practice Healthcare di TEHA Group
“La stratificazione della popolazione per livelli di rischio cardiometabolico che abbiamo presentato questa mattina mette in luce come 1 italiano su 2 di età compresa tra i 40 e i 69 anni presenti un rischio cardiometabolico medio-alto, evidenziando l’urgenza di agire con interventi educazionali e trattamenti precoci per ridurre significativamente la probabilità di incorrere in eventi cardiovascolari maggiori. Il burden economico associato a questi individui – considerando sia i costi sanitari diretti sia quelli indiretti legati alla perdita di produttività – che abbiamo stimato in 13,4 miliardi di euro all’anno, è un’ulteriore conferma della necessità di aumentare gli sforzi nella prevenzione”.
Andrea Marcellusi – Presidente dell’International Society of PharmacoEconomics and Outcome Research (Ispor) Italy-Rome Chapter
“In collaborazione con TEHA Group abbiamo sviluppato un modello probabilistico in grado di stimare il percorso clinico ed economico dei pazienti a rischio cardio-metabolico, evidenziando l’impatto della diagnosi precoce resa possibile da un programma di screening mirato. I dati mostrano come per ogni euro investito in prevenzione in quest’area, è possibile ottenere un ritorno economico di 1,6 euro: un risultato che conferma quanto la prevenzione sia non solo una scelta sanitaria efficace, ma anche economicamente sostenibile”.
Pasquale Perrone Filardi – Presidente della Società Italiana di Cardiologia (SIC)
“La sfida della prevenzione cardiovascolare passa attraverso il riconoscimento della condizione di rischio dei pazienti e dall’intervento prima che si sviluppi un evento ischemico. La Società Italiana di Cardiologia da sempre lavora per aumentare la sensibilità della classe medica su questo aspetto, ricordando che in termini assoluti il maggior numero di eventi ischemici che registriamo si sviluppa proprio in coloro che non erano consapevoli della malattia sottostante o non avevano subito precedenti eventi. L’approccio “Prevent the first event” che abbiamo coniato punta, oltre che sulle campagne per promuovere stili di vita corretti, anche sull’attività di screening al fine di intercettare precocemente i soggetti a rischio”.
Marcello Ciaccio – Presidente della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica – Medicina di Laboratorio (SIBioC)
“Nei programmi di screening cardio-metabolico, un semplice prelievo di sangue e la ricerca di specifici biomarcatori permette di stratificare il rischio cardiometabolico di un paziente/cittadino e di pianificare interventi mirati di prevenzione e trattamento. La Medicina di Laboratorio rappresenta, pertanto, uno strumento essenziale, indispensabile e centrale per garantire efficacia, accuratezza e tempestività nello screening e nella gestione delle malattie cardio-metaboliche”.
Andrea Mandelli – Presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI)
“Crediamo molto nell’alleanza tra specialisti, medici di medicina generale e farmacisti per rafforzare gli interventi volti a ridurre l’impatto delle malattie cardiometaboliche sulla salute degli italiani e sui costi per il Servizio Sanitario Nazionale. I farmacisti di prossimità sono oggi parte integrante delle attività di prevenzione e del processo di presa in carico.
Grazie alla loro competenza, alla capillarità dei presìdi e al legame di fiducia con i cittadini possono dare un importante contributo alla lotta ai cosiddetti ‘big killer’, promuovendo l’educazione ai corretti stili di vita, partecipando ai programmi di screening volti a intercettare i soggetti più a rischio di sviluppare una patologia cardiovascolare e ampliando le opportunità di monitoraggio dei pazienti, anche sul fronte dell’aderenza terapeutica. Il modello proposto conferma il ruolo attivo dei farmacisti come presidio essenziale per la tutela della salute dei cittadini e il valore delle sinergie interprofessionali nella lotta alle cronicità”.
Claudio Cricelli – Presidente Emerito della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG)
“La prevenzione cardiovascolare è un obbiettivo primario della strategia di popolazione della medicina generale. Dalla individuazione dei soggetti a rischio tramite le carte del rischio cardiovascolare adeguatamente aggiornate ed estese, agli interventi sugli stili di vita, alla presa in carico dei soggetti a rischio e alla aderenza alle terapie, i MMG confermano il loro impegno alla riduzione globale degli eventi cardiovascolari del nostro Paese”.