L’ipnosi è spesso associata a immagini di orologi a pendolo, parole sussurrate e comandi imperativi, immagini spesso fuorvianti che arrivano dalle suggestioni cinematografiche. Meglio chiarire subito una questione, chi pratica in modo professionale l’ipnosi stigmatizza l’idea proposta – principalmente da Hollywood – di persone comandate come fantocci grazie a queste tecniche che lavorano sugli aspetti più profondi della coscienza. Esiste, poi, una di ipnosi che si manifesta senza l’uso della parola: l’ipnosi non verbale, del quale è un punto di riferimento Marco Pacori (psicologo e fondatore del Centro Studi e Ricerche sulla Comunicazione Non Verbale – CSR-CNV). Questa tecnica affascinante si basa sull’idea che il nostro corpo comunichi costantemente, anche senza emettere suoni. Attraverso movimenti, gesti e segnali sottili, è possibile influenzare la mente altrui e accedere agli stati di coscienza più profondi.
L’ipnosi: una porta sul cervello e le sue suggestioni
L’ipnosi è una scienza affascinante che continua a stimolare l’interesse di neuroscienziati, psicologi e antropologi. Questo stato alterato di coscienza, capace di produrre cambiamenti profondi nelle percezioni, nei pensieri e nei comportamenti, si basa su un meccanismo complesso. Ma ciò che emerge chiaramente è che la predisposizione all’ipnosi, nota come ipnotizzabilità, è un fattore chiave: solo il 10% delle persone possiede un’alta capacità ipnotica, mentre circa il 50% ha un’abilità media e il resto scarsa.
Viaggio nella corteccia prefrontale
La ricerca neuroscientifica ha svelato che l’ipnosi si basa su un elemento cruciale: il “disarcionamento” della corteccia prefrontale (PFC), una regione responsabile dei processi cognitivi complessi come giudizio e organizzazione del pensiero. Gli studi di William McGeown, Giuliana Mazzoni, Annalena Veneri e Invin Kirsh, attraverso tecniche come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e l’analisi della coerenza EEG, hanno dimostrato che durante l’ipnosi, nei soggetti altamente ipnotizzabili, si verifica una riduzione significativa dell’attività in aree come la corteccia cingolata anteriore e la corteccia prefrontale dorso-laterale.
Questa ipoattività della PFC è direttamente collegata alla suggestionabilità, definita dagli psicologi Peter Halligan e David Oakley come la capacità di accettare e credere in un’idea al punto da alterare il proprio stato mentale, emozionale e comportamentale. Bambini e anziani, per esempio, risultano più suscettibili alla suggestione, rispettivamente per lo sviluppo incompleto o l’atrofia della PFC.
Suggestione ed emotività: il ruolo dell’amigdala
Un elemento fondamentale nell’ipnosi è la stretta connessione tra la PFC e l’amigdala, il “cervello emotivo”. La PFC ha il compito di inibire le reazioni emotive eccessive generate dall’amigdala, ma quando quest’ultima prende il sopravvento, la PFC perde il controllo. Questo squilibrio è evidente in condizioni come le fobie: studi su soggetti con paura degli aghi o dei ragni hanno mostrato una drastica riduzione dell’attività nella corteccia prefrontale ventro-mediale (mPFC), accompagnata da un aumento dell’attività dell’insula, responsabile della consapevolezza delle sensazioni viscerali.
I ricercatori hanno sfruttato questo principio per ricreare uno stato simile a quello delle fobie, provocando un’eccitazione emotiva così intensa da disattivare la PFC e facilitare lo stato ipnotico.
Ispirazione dalla natura e dai rituali tribali
Due fonti di ispirazione hanno giocato un ruolo chiave nella comprensione e nello sviluppo delle tecniche ipnotiche moderne:
- Rituali di trance delle popolazioni primitive: Gli antropologi, come Gilbert Rouget, hanno osservato che pratiche come balli frenetici, iperventilazione e l’uso di percussioni ritmiche creano uno stato di parossismo emotivo, sincronizzando ampie regioni cerebrali grazie al ritmo musicale. Questo processo, studiato anche da Nicolas Escoffier e colleghi, dimostra come il ritmo crescente induca una sincronizzazione neuronale che mette in tilt la PFC.
- Ipnosi animale e predazione: Alcuni predatori, come le tigri, emettono infrasuoni che paralizzano le prede, inducendole in uno stato di “finta morte”. Questi suoni, percepiti come vibrazioni, attivano l’amigdala e scatenano una risposta istintiva che gli esseri umani non sono in grado di ignorare, come dimostrano i fenomeni osservati da etologi e addestratori.
La tecnica ipnotica moderna
Unendo questi principi, è stato sviluppato un approccio innovativo all’ipnosi. Il soggetto viene posto in piedi, in una posizione rilassata, e invitato a fissare intensamente un punto. L’ipnotista utilizza vocalizzi simili a quelli dei predatori, alternandoli a movimenti delicati e ritmici delle mani, che stimolano una risposta istintiva. Il contatto con la nuca genera una sensazione di calore, mentre il ritmo crescente porta il soggetto a barcollare, mostrando segni fisiologici come vibrazione delle palpebre e rotazione dei bulbi oculari.
Questi segni sono il risultato del “cortocircuito” della PFC, che culmina nella chiusura degli occhi e nella perdita del tono muscolare, con il soggetto che cade a terra in uno stato di profonda suggestionabilità. In questo momento, l’ipnosi raggiunge il suo massimo potenziale. L’ipnosi offre insomma un’affascinante interazione tra scienza, natura e cultura. Comprendere i meccanismi cerebrali sottostanti non solo apre nuove prospettive per il suo utilizzo terapeutico, ma ci offre anche una finestra unica sulle potenzialità della mente umana.
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