Tempo di lettura: 5 minutiLo ha ricordato anche Fiorello nell’ultima puntata di Sanremo: il movimento è un mezzo di prevenzione importantissimo ad ogni età. Eppure sono tanti gli italiani che non praticano nessuna attività. Divario nord-sud e di genere, differenze legate al reddito e all’istruzione: in Italia persistono molti gap nella pratica sportiva. I dati emergono dal report “Gli Italiani e lo Sport”, realizzato dall’Osservatorio permanente sullo sport, spin-off di Fondazione SportCity, in collaborazione con Istat, IBDO Foundation e Istituto Piepoli.
Report “Gli Italiani e lo Sport”
Il lavoro è stato realizzato con i contributi di 28 esperti e 10 parlamentari (Chiara Appendino, Mauro Berruto, Paolo Ciani, Guido Quintino Liris, Simona Loizzo, Paolo Marcheschi, Roberto Pella, Mario Occhiuto, Fausto Orsomarso, Daniela Sbrollini), con un intervento del Ministro dello Sport e dei Giovani Andrea Abodi e con le prefazioni di Giovanni Malagò, Presidente del Coni, Luca Pancalli, Presidente Del Cip, Claudio Barbaro, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, e Marco Mezzaroma, Presidente Sport e Salute.
Regioni più sedentarie
Nel 2022, in Italia, la quota di persone sedentarie (che dichiarano di non svolgere nessuna attività nel tempo libero), è pari a più di un terzo della popolazione. Il dato riguarda soprattutto il sud e le isole, nonostante le condizioni climatiche agevolino l’attività motoria all’aperto. Il forte gradiente Nord–Sud con i tassi più bassi registrati nelle province autonome di Trento (16,2 per cento) e Bolzano (16,9 per cento) e i più alti in Calabria (59,3 per cento) e Sicilia (59,3 per cento), mostra un’Italia spaccata in diverse realtà geografiche. Analogamente, in altre regioni meridionali più della metà della popolazione non pratica sport né attività fisica: Campania (55,1 per cento), Puglia (54,8 per cento) e Basilicata (53,7 per cento). Inoltre in Sicilia, Calabria e Puglia la graduale diminuzione della sedentarietà osservata nell’arco di 20 anni è stata annullata dall’incremento osservato nel 2022.
Pesano disuguaglianze sociali
I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). Inoltre nell’arco temporale di venti anni (2001- 2021) la sedentarietà è diminuita in misura maggiore tra le persone con titolo di studio alto accentuando le diseguaglianze sociali.
Factsheet 2023
La conferenza è stata anche occasione per presentare il “FACTSHEET 2023: Analisi comparativa di attività fisica, sedentarietà, obesità e sovrappeso nelle regioni italiane”, realizzato da Fondazione SportCity e Osservatorio permanente sullo sport in collaborazione con Istat, CORESEARCH, IBDO Foundation, Federazione delle società di diabetologia (FeSDI), Open Italy, Bhave, European Association for the Study of Obesity (EASO), Italian Obesity Network (IO-NET), nonché il numero di gennaio dello Sportcity Journal, dedicato al Parere di Iniziativa presentato dall’On. Roberto Pella e approvato lo scorso novembre dal Comitato delle Regioni dell’UE su “Costruire il modello sportivo europeo basato sui valori, dal basso verso l’alto: un mezzo per favorire l’inclusione e il benessere sociale dei giovani europei”.
“A piccoli passi stiamo completando la ‘rivoluzione dolce’ che avevamo iniziato e stiamo arrivando alla ‘Repubblica del movimento’ – dice Fabio Pagliara, Presidente Fondazione Sportcity”.
Sport, scarsa propensione dei giovani
“I dati devono far riflettere su come viene erogata la cultura sportiva e del movimento nel nostro Paese. – dichiara Federico Serra, Presidente dell’Osservatorio permanente dello sport della Fondazione SportCity – Sono molte le differenze che emergono: tra nord e sud, tra le singole regioni, ma anche tra giovani e anziani, donne e uomini ecc. Il dato più significativo, e preoccupante, è quello della scarsa propensione di giovani a fare sport. I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). La recente legge che inserisce lo sport nell’articolo 33 della nostra Costituzione, apre una speranza che avvengano interventi omogeni e organici su tutto il territorio nazionale eliminando un gap territoriale inaccettabile dal punto di vista etico e sociale”.
Sport, strategia preventiva
“Gli stessi fattori, che dalla seconda metà del secolo scorso hanno portato all’allungamento della vita media fino ai livelli attuali, hanno anche portato, talora obbligato, ad una maggiore attitudine alla sedentarietà – dice Andrea Lenzi, Presidente CNBBSV della Presidenza del Consiglio dei Ministri – “Per questo, non solo lo Sport Agonistico, ma tutta l’Attività Fisica cosiddetta ‘Adattata’ (alle varie età, al genere, alle patologie, ecc.) rappresenta oggi, assieme alla corretta alimentazione, una vera strategia preventiva, ma anche una terapia per le malattie croniche non trasmissibili (metaboliche, cardiovascolari e polmonari, ecc.).
Tale terapia dovrebbe diventare prescrivibile come un vero farmaco e ‘somministrabile’ a livello di apposite strutture sanitarie nell’ambito di una Terapia Educazionale”.
Divario di genere
“Nel 2022, gli italiani che praticano sport nel tempo libero, in modo continuativo o saltuario, sono stati 19,9 milioni, più di un terzo della popolazione di 3 anni e più. – dichiara Roberta Crialesi, Dirigente il Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza Istat – Lo sport in modo continuativo è stato praticato dal 26,3 percento della popolazione per un totale di 15 milioni, mentre un altro 8,3 per cento ha svolto una pratica sportiva in modo saltuario. Nonostante le nuove generazioni mostrino livelli di pratica sempre superiori rispetto alle generazioni precedenti, quasi due terzi della popolazione continua a non praticare nessuno sport.
Persistono gap su diversi livelli: il genere (nel 2022 il 40,2 per cento degli uomini pratica sport in modo continuativo o saltuario contro il 29,2 per cento delle donne), il territorio (tra Nord-Est e Sud ci sono oltre 15 punti percentuali di differenza nella pratica sportiva), l’istruzione (negli ultimi 20 anni la pratica sportiva è aumentata soprattutto per uomini e donne con titolo di studio più alto, con seguente accrescimento del gap socio-culturale e il divario si attesta sui 35 punti percentuali), e ancora disuguaglianze che riguardano il reddito e la famiglia”.
Sport diminuisce rischio obesità e altre malattie croniche
“Una percentuale molto alta (80-90 per cento) della mortalità, morbosità e costi dei sistemi sanitari nei paesi occidentali, è causata da malattie che derivano da alterati stili di vita; tra questi spiccano l’aumento dell’introito calorico e la sedentarietà, che sono poi alla base dello sviluppo di obesità. – dichiara Paolo Sbraccia, Vice Presidente Vicario di IBDO Foundation – Nelle nostre società iper-tecnologizzate si sono raggiunti tassi di sedentarietà inimmaginabili nelle epoche precedenti che si traducono in riduzione dell’aspettativa di vita per la comparsa di malattie/fattori di rischio che sono divenuti, appunto, i killer delle nostre società. (obesità, diabete, ipertensione, dislipidemia, aterosclerosi, cancro ecc.). È quindi evidente che uno dei cardini della promozione della salute è rappresentato dall’implementazione dell’attività fisica. Tutti i dati della letteratura sono concordi nel ritenere che un’attività attività fisica regolare rappresenti un argine fenomenale nei confronti di molte malattie cronico-degenerative. Tuttavia, al momento, l’implementazione dell’attività fisica rimane un problema non risolto per il mondo sanitario, per una varietà di fattori. Manca infatti ad oggi qualunque ipotesi di rimborsabilità o di inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), oppure di detraibilità fiscale per le spese sostenute per l’attività fisica”.
“È giunto il momento che lo sport sia formalmente riconosciuto come strumento essenziale di politica pubblica e attore di comunità – dichiara l’On. Roberto Pella, Vicepresidente vicario ANCI e Membro Commissione SEDEC Comitato delle Regioni dell’Unione Europea, Presidente Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”.
Monaldi eccellenza per le malattie respiratorie
News PresaUna nuova possibilità per i pazienti del mezzogiorno: al Monaldi, presidio dell’Azienda Ospedaliera dei Colli, è stata attivata un’innovativa procedura che serve a diagnosticare una rara patologia respiratoria (il deficit di Alfa-1-antitripsina) che, se non trattata porta a complicanze molto gravi. Una nuova eccellenza, dunque, che spiega la capacità dell’Azienda diretta dalla manager Anna Iervolino di attrarre pazienti da altre regioni per le patologie respiratorie.
La malattia
L’innovazione per la diagnosi di questa malattia rara vede protagonista il laboratorio di Biochimica clinica dell’Ospedale Monaldi. Come accennato se il deficit di Alfa-1-antitripsina non viene trattato correttamente e in tempo porta ad una grave compromissione del sistema respiratorio con insorgenza di enfisema, broncopatia cronico-ostruttiva, asma in età adulta. E, nei casi molto gravi, può condurre il paziente al trapianto di polmone. Anche il fegato è coinvolto da manifestazioni cliniche, dalla epatopatia cronica alla cirrosi, sino al trapianto di fegato.
Diagnosi precoce
L’Azienda Ospedaliera dei Colli è centro di riferimento per il trattamento di questa patologia e il Laboratorio del Monaldi è il terzo centro nazionale attivo in Italia, il primo in Campania, in grado di effettuare questo particolare esame. La diagnosi precoce è fondamentale perché una terapia appropriata, ossia la somministrazione di una terapia sostitutiva, cambia la storia naturale della malattia, interferendo con il declino clinico-funzionale cui le persone affette dal deficit di Alfa-1-antitripsina vanno incontro.
La procedura
In caso di sospetto, quindi, si potrà procedere ai test di approfondimento diagnostico inviando i campioni direttamente all’Azienda Ospedaliera dei Colli grazie all’impiego di un Kit precostituito che sfrutta il Dried Blood Spot (DBS), questo consiste nel prelievo di poche gocce di sangue che vengono fissate sul filtro di carta del Kit, che viene poi spedito con posta ordinaria al Laboratorio di Biochimica clinica del Monaldi. Una struttura tra le più all’avanguardia del Centro-Sud Italia, dotata di apparecchiature ultramoderne che esegue circa 3 milioni di esami ogni anno grazie all’impiego di un sistema di automazione di ultimissima generazione.
Eccellenza
“Con questo ulteriore passo in avanti completiamo il percorso di diagnosi di una patologia rara e altamente invalidante”, spiega Anna Iervolino. “L’Azienda Ospedaliera dei Colli, con l’Ospedale Monaldi, ha una vocazione cardiopolmonare che ci rende uno dei centri più attrattivi per la cura di queste patologie. Solo nel 2022 sono state centinaia le persone provenienti da altre regioni che si sono rivolte alla nostra struttura per patologie polmonari e respiratorie”.
Online bambini italiani tra messaggi di odio e immagini violente
Adolescenti, Bambini, Genitorialità, News Presa, Prevenzione, PsicologiaIn Italia il 37% dei bambini e giovani è esposto a messaggi di odio, mentre oltre il 34% si confronta con immagini cruente e violente. I dati emergono dal report diffuso di recente da Unicef Italia: “L’esposizione dei bambini e degli adolescenti a messaggi di odio e immagini violente online”. Basata su analisi di 31.790 partecipanti di 36 paesi, l’indagine rivela che più aumenta la disponibilità di connessione più sono necessari sistemi di prevenzione. Tuttavia ci sono paesi ad alta connettività dove i sistemi riescono a proteggere dall’esposizione violenta.
Scenario globale
Il fenomeno interessa tutto il mondo. L’esposizione varia globalmente, dall’8% al 58%, con l’Italia posizionata tra i paesi ad alto rischio. La pubblicazione sottolinea la mancanza di regolamentazioni nell’ambiente digitale e il potenziale impatto su benessere e diritti dei minori.
Fattori demografici online
Bambini più grandi segnalano maggiormente l’esposizione a messaggi di odio e immagini violente. Le differenze di genere sono ridotte, ma l’associazione tra rischi è evidente. Paesi con basse esposizioni gestiscono meglio la riduzione dei rischi online. L’alto accesso a internet in Italia si traduce in un rischio per l’esposizione dei bambini a contenuti dannosi.
Accesso a internet
Una maggiore accessibilità a Internet è associata a un rischio più elevato di incontrare messaggi di odio e immagini violente online. Per l’Italia si nota un alto accesso ad internet con alto rischio all’esposizione dei bambini/ragazzi a contenuti dannosi.
I rischi possono essere sostanziali anche in paesi in cui l’accesso alla rete è basso, suggerendo l’importanza di investire in mezzi di protezione online nella fase iniziale della trasformazione digitale di un paese. Laddove più della metà della popolazione ha accesso a Internet, si registra un forte aumento dell’esposizione dei minori ai rischi, sottolineando la necessità di sviluppare sistemi di protezione online, politiche e regolamentazioni solide man mano che la connettività aumenta.
Misure preventive
Alcuni paesi con un alto accesso a Internet sono riusciti a mantenere una bassa esposizione a messaggi di odio e immagini violente online. Secondo il report, ulteriori indagini sulle politiche e le pratiche di questi paesi, o sulle piattaforme da loro più utilizzate, potrebbero rivelare soluzioni politiche o legislative protettive come esempio da replicare altrove. Queste potrebbero includere leggi esistenti che regolano i contenuti violenti online, o pratiche di moderazione dei contenuti che spesso differiscono per piattaforma o per lingua.
Lotta contro odio e violenza online
I dati mostrano che la diffusione dell’odio online coinvolge bambini e ragazzi in tutto il mondo. Gli sforzi per mitigare l’esposizione si intensificano, ma la necessità di ulteriori dati persiste per influenzare le politiche industriali. Secondo Unicef, la diffusione globale richiede sforzi coordinati per garantire un ambiente digitale sicuro e protetto per tutti i bambini e gli adolescenti.
Pericardite, cos’è e come si cura?
News PresaIl mondo politico e non solo si è stretto attorno al ministro della Difesa Guido Crosetto, colto da una pericardite e ricoverato d’urgenza in ospedale nella notte tra il 12 e il 13 febbraio. Solo una forma lieve, per fortuna, è il responso degli specialisti a seguito dei necessari accertamenti. Ma cos’è la pericardite? Si tratta di un’infiammazione del pericardio, membrana che avvolge il cuore. Questa condizione, se trattata tempestivamente, ha un decorso benigno, ma può causare recidive. Scopriamo insieme i sintomi, le cause e le terapie per affrontare questa patologia.
Sintomi da non sottovalutare
Il dolore toracico è uno dei sintomi più comuni della pericardite, con il 5% degli accessi al pronto soccorso dovuto a questo sintomo. Questo dolore, spesso confuso con un infarto, si manifesta nella parte anteriore del torace e può irradiarsi alla spalla e al braccio sinistro. Tuttavia, un segno distintivo è che il dolore tende a diminuire quando il paziente si siede inclinando il busto in avanti, mentre si intensifica quando è sdraiato. Altri sintomi sono poi la dispnea, le palpitazioni e talvolta la febbre. Sintomiche possono manifestarsi anche dopo infezioni virali come l’influenza o il Covid.
Cause e possibili terapie
Le cause della pericardite possono essere varie, dall’infezione virale o batterica a malattie autoimmuni o precedenti interventi cardiaci. Tuttavia, in molti casi, la causa rimane sconosciuta. Il trattamento coinvolge l’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei o aspirina, inizialmente ad alte dosi e poi scalati gradualmente. Per prevenire le recidive, può essere prescritta anche la colchicina. Nei casi in cui i pazienti non rispondono alla terapia con anti-infiammatori, i corticosteroidi possono essere una soluzione alternativa.
Conclusione
La pericardite, sebbene possa destare gravi preoccupazioni a causa dei sintomi che imitano quelli di un infarto, è una condizione trattabile e gestibile. È importante consultare un medico se si sospetta di avere questa condizione, poiché il tempestivo riconoscimento dei sintomi e il trattamento adeguato possono prevenire complicazioni e recidive. Come sempre, la consapevolezza e la comprensione della malattia possono contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti che ne sono affetti.
Sud: più mortalità per tumore, meno screening, fuga per cure
Benessere, Economia sanitaria, Medicina Sociale, News Presa, PrevenzioneI divari nella sanità italiana si manifestano già nei fondi disponibili, con il Sud che registra una spesa sanitaria inferiore. La sottodimensionata allocazione di risorse pubbliche, in particolare nelle regioni meridionali, contribuisce all’aumento delle differenze territoriali. Lo afferma il Rapporto Svimez in collaborazione con Save the Children sui «divari Nord – Sud nel diritto alla salute».
Speranza di vita e mortalità oncologica
Il Mezzogiorno presenta condizioni di salute inferiori, con un differenziale crescente nella speranza di vita. Nel 2022, la mortalità per tumore è più elevata al Sud, registrando un tasso del 9,6 per 10 mila abitanti per gli uomini. Il divario si amplifica anche per le donne, con l’8,2 al Sud rispetto al 7 del Nord.
Carenza di prevenzione oncologica al Sud
Le valutazioni dell’Istituto Superiore di Sanità rivelano una copertura più bassa nei programmi di screening nel Mezzogiorno rispetto al Centro e al Nord. La Calabria si posiziona all’ultimo posto con solo il 42,5% delle donne sottoposte ai controlli. La mancanza di prevenzione impatta direttamente sulla salute delle persone ma anche sulla spesa sanitaria.
Fuga dal Sud per le cure
La “fuga” al Nord per cure mediche specialistiche è una realtà di molte regioni meridionali. Nel 2022, il 44% dei migranti sanitari proveniva dal Mezzogiorno, con il 22% dei pazienti oncologici meridionali che si spostano per ricevere cure in regioni settentrionali. La Calabria registra la più alta incidenza di migrazioni, con il 43% dei pazienti che si rivolge a strutture sanitarie al di fuori delle regioni confinanti.
Autonomia differenziata
Secondo la Svimez, l’autonomia differenziata rischia di ampliare ulteriormente i divari territoriali, mettendo a rischio il diritto costituzionale alla salute. L’accentuazione delle differenze tra le regioni potrebbe portare a una crescita della mobilità di cura, con costi individuali significativi.
L’impegno delle istituzioni è fondamentale per garantire una reale parità di cure e una riduzione significativa dei divari sanitari in Italia, afferma il report.
Virus Respiratorio Sinciziale in aumento, prevenzione e nuove cure
Anziani, Bambini, Farmaceutica, PrevenzioneIl Virus Respiratorio Sinciziale – RSV è in aumento. In Europa provoca più del 60% delle infezioni respiratorie acute nei bambini con meno di 5 anni di età. Negli over 60, invece, si stimano circa 3 milioni di casi di sindromi respiratorie acute, con oltre 465mila ospedalizzazioni e più di 33mila decessi ospedalieri RSV-correlati.
A fare il punto sono la Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) che hanno redatto un Documento congiunto. L’obiettivo è stimolare azioni per prevenire le malattie RSV-associate, come l’uso preventivo del nuovo anticorpo monoclonale a lunga emivita e dei nuovi vaccini contro l’RSV. Per gli specialisti è necessario inserire la vaccinazione nel calendario vaccinale, raccomandata negli adulti con più di 60 anni con co-morbosità e negli anziani over 75.
Virus tra i più comuni
“Il Virus Respiratorio Sinciziale umano è uno dei virus più comuni che infettano i bambini in tutto il mondo ed è sempre più riconosciuto come un importante patogeno negli adulti, in particolare negli anziani – afferma il Prof. Giovanni Gabutti, Coordinatore del Gruppo di Lavoro ‘Vaccini e Politiche vaccinali’ della Società Italiana d’Igiene (SItI) – Le infezioni da RSV rappresentano un rilevante problema di Sanità pubblica che coinvolge tutte le fasce di età e per il quale purtroppo non esiste un trattamento efficace. La gestione e la prevenzione delle patologie RSV-correlate sono ad oggi un bisogno medico insoddisfatto che può trovare una risposta grazie alle nuove scoperte scientifiche ed alla disponibilità di nuove opzioni”.
“Il Virus Sinciziale lo abbiamo conosciuto meglio negli ultimi anni con il nuovo sistema di monitoraggio delle polmoniti – sottolinea il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT – È un virus che frequentemente colpisce bambini o persone in età più avanzata con forme di polmonite molto gravi, con un rischio di letalità certamente non trascurabile. La disponibilità dei nuovi strumenti preventivi, i cui risultati di sicurezza ed efficacia sono confermati, deve rappresentare un punto di riferimento imprescindibile per il SSN. Permetteranno infatti di salvaguardare la salute di soggetti i cui sistemi immunitari non sono completamente sviluppati, come i bambini, o che attraversano una fase di immunosenescenza, come negli over 60”.
Virus Respiratorio Sincinziale, aumenta in Europa
Il Virus Respiratorio Sincinziale (RSV) è uno dei virus più comuni nei bambini ed è riconosciuto come un importante patogeno anche negli adulti. Più del 60% delle infezioni respiratorie acute nei bambini con meno di 5 anni (e più dell’80% nei bambini con meno di 1 anno) sono dovute a RSV. In Europa, negli adulti over 60, vengono stimati circa 3 milioni di casi di sindromi respiratorie acute, più di 465mila ospedalizzazioni e più di 33mila decessi in ambito ospedaliero RSV-correlati. In Italia, nel periodo 2001–2014 sono stati registrati 57.656 ricoveri ospedalieri per patologie da RSV. Si stima che nella stagione 2022-2023, circa il 50% delle sindromi simil-influenzali nei bambini con meno due anni sia stato causato da RSV. Inoltre, il tasso di ospedalizzazione in età pediatrica RSV-correlato è aumentato nelle ultime stagioni rispetto agli anni precedenti. L’impatto negli adulti, sottostimato secondo gli esperti, nel 2019 conta circa 290mila casi di infezioni respiratorie acute da RSV, 26mila ospedalizzazioni e 2mila decessi in ambito ospedaliero.
Prevenzione e nuove cure
Oggi non ci sono terapie antivirali per l’RSV. Si può ridurre il rischio di contagio con regole d’igiene come lavarsi le mani, non toccarsi il volto, pulire le superfici e non esporsi al fumo di tabacco. Inoltre sono disponibili nuovi approcci preventivi farmacologici. L’immunoprofilassi passiva con anticorpi monoclonali ha un’efficacia del 74,5% per le infezioni delle basse vie respiratorie da RSV e del 62,1% per le ospedalizzazioni per le infezioni delle basse vie respiratorie RSV-correlate. La profilassi attiva è mediante immunizzazione. Oggi sono disponibili due vaccini per RSV: il vaccino ricombinante, bivalente non adiuvato ed il vaccino ricombinante monovalente adiuvato, entrambi con elevati profili di efficacia. Il primo è indicato per la protezione passiva nei neonati dalla nascita fino ai 6 mesi di età a seguito dell’immunizzazione della madre durante la gravidanza e per l’immunizzazione attiva dei soggetti di età pari o superiore a 60 anni. Il secondo vaccino è indicato per l’immunizzazione attiva negli adulti di età pari o superiore a 60 anni. Un terzo vaccino a mRNA è in fase avanzata di sviluppo.
Virus Respiratorio Sinciziale, il Documento
Il documento “Prevenzione delle infezioni da Virus Respiratorio Sinciziale nella popolazione italiana” ha quattro obiettivi: potenziare il sistema di sorveglianza per le infezioni virali respiratorie come indicato dall’OMS e dell’ECDC; considerare il nuovo anticorpo monoclonale come mezzo di prevenzione, inquadrato in termini regolatori e organizzativi e reso accessile per l’intera coorte di nuovi nati; considerare i nuovi vaccini contro l’RSV oggi disponibili come un’opzione preventiva nei confronti di un bisogno medico ad oggi insoddisfatto; inserire la vaccinazione contro l’RSV nel calendario vaccinale, raccomandando la vaccinazione negli adulti >60 anni di età con co-morbosità e negli anziani >75 anni di età.
Malattia di Crohn, una dieta può portare a remissione
Alimentazione, Bambini, News PresaLa malattia di Crohn, una grave condizione infiammatoria che colpisce l’intestino tenue e il colon, è sempre più diffusa anche tra i più giovani. Tuttavia, c’è una nuova speranza grazie a una semplice, ma rigorosa, dieta. Un piano alimentare che ha dimostrato di portare in alcuni casi alla remissione della malattia. Il risultato è frutto di un importante studio condotto presso l’Azienda ospedaliero universitaria Meyer Irccs di Firenze.
Nuovo approccio
Le evidenze di questo studio, condotto su più di 60 giovani pazienti, hanno rivelato che il 70% di essi ha sperimentato una completa remissione della malattia grazie a questo regime alimentare. Questo approccio, sviluppato dal reparto di gastroenterologia pediatrica del Meyer, si è dimostrato efficace anche nei casi in cui i trattamenti medici tradizionali, inclusi farmaci biologici avanzati, non hanno avuto successo.
Gli alimenti
Secondo Paolo Lionetti, il capo del reparto di gastroenterologia pediatrica del Meyer, questo approccio dietetico è stato accolto con grande favore dai giovani pazienti rispetto alle precedenti terapie, che spesso richiedevano di seguire diete liquide. La dieta in questione esclude alimenti che possono causare infiammazione intestinale, come quelli processati industrialmente con additivi, emulsionanti e conservanti.
I giovani
È particolarmente significativo il fatto che la malattia di Crohn non sia più limitata agli adulti, con il 20-25% dei casi che si manifesta in età pediatrica. Un dato che mette in luce ancor di più l’importanza di sviluppare terapie basate sull’alimentazione che siano efficaci e prive di effetti collaterali per i giovani pazienti affetti da questa malattia.
Variante mediterranea
Oltre alla dieta standard, gli specialisti stanno lavorando su una variante mediterranea, in collaborazione con diverse istituzioni accademiche italiane, tra cui l’Università La Sapienza di Roma, l’Università di Foggia e l’Ospedale Sofia Cervello di Palermo. Questo progetto, finanziato con 1 milione di euro dal Pnrr, mira a offrire ulteriori opzioni alimentari per migliorare la gestione della malattia di Crohn nei pazienti pediatrici.
Nuova speranza
Oltre alle cure innovative, i promettenti risultati ottenuti attraverso questa innovativa “terapia” alimentare offrono una nuova speranza per i giovani pazienti affetti da malattia di Crohn, dimostrando il potenziale di un approccio naturale e privo di effetti collaterali nel trattamento di questa complessa patologia infiammatoria.
Geolier, contro di lui bullismo e razzismo
News Presa, PsicologiaC’è anche da accertare un’ipotesi di bullismo ai danni del cantante Geolier, divenuto oggetto di feroci critiche per aver portato a Sanremo una canzone in dialetto napoletano. L’ipotesi è ventilata dall’associazione Noi Consumatori e in particolare dall’avvocato Angelo Pisani che con in una nota alla stampa ha annunciato l’intenzione di chiedere l’annullamento della classifica, la ricusazione della “sala stampa” e una nuova giuria imparziale.
Accesso agli atti
Ma, soprattutto, l’Associazione ha intenzione di chiedere alla Rai, tramite accesso agli atti, la documentazione e verbali dei voti dati dalla sala stampa agli artisti nelle 5 giornate, per valutare “se sussistono ipotesi di gravi violazioni e reati di razzismo e bullismo” nella votazione per la premiazione del festival di Sanremo.
Il caso
La polemica, è noto, è nata per la mancata vittoria del rapper partenopeo Geolier in occasione del 74esimo Festival di Sanremo. Una vittoria che per molti sarebbe dovuta arrivare anche solo per il 60% di preferenze ricevute con il televoto. Ma, al di là delle questioni legali, è la dimensione umana a far riflettere. Comunque la si pensi, quale che sia il proprio artista preferito, è terribile che un giovane cantante (che in fin dei conti non è ancora un ragazzo) debba essere oggetto di asprissime polemiche e addirittura comportamenti che potrebbero configurarsi come atti di bullismo.
È stato difficile
La reazione del pubblico nei confronti del cantante è stata talmente dura da spingere anche Amadeus a parlare in difesa dell’artista: “Mi è dispiaciuto, mi dispiace sempre quando senti dei fischi. Li ho trovati veramente ingiusti per un ragazzo di poco più di 20 anni”. Difficile mettersi nei panni del giovane artista, che si è comunque dimostrato molto maturo: “Mi sono esibito davanti all’Ariston che fischiava e persone che se ne andavano – ha detto – è stato difficile, veramente. Però alla fine è un parere, le persone potevano applaudire come restare neutrali”.
I social
Contro il Geolier sembra essersi scatenato un vero e proprio sentimento anti-napoletano. Lo testimonia un’analisi pubblicata da Fanpage grazie al lavoro di Pierluigi Vitale, social media analyst, e della linguista Serena Pelosi che hanno scandagliato quasi quarantamila commenti Instagram relativi a Sanremo e al rapper napoletano nato e cresciuto nel quartiere Secondigliano.
I dati
“L’analisi è impietosa”, si legge. “Le esternazioni di hate speech si aggirano tra il 20 e il 25% del totale. Un commento su 4. Siccome parliamo della pagina Instagram del Festival di Sanremo, dunque della Rai, è chiaro che forse il lavoro di moderazione poteva e doveva essere fatto in maniera più incisiva, con gli strumenti che i social di Meta mettono a disposizione”. Viene da chiedersi che esempio sia stato dato ai giovani, che hanno visto tanto odio (con commenti inappropriati anche da professionisti chiamati a giudicare) nei confronti nei confronti di un ragazzo che “colpevole” di aver portato sul palco dell’Ariston la propria passione e la propria musica.
Malattia neurodegenerativa, come individuare i sintomi
Anziani, News Presa, PrevenzioneLe malattie neurodegenerative sono un gruppo di patologie che colpiscono il sistema nervoso centrale, causando la perdita progressiva e irreversibile delle funzioni cerebrali. Tra le malattie neurodegenerative più note e diffuse ci sono la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la malattia di Huntington. Queste malattie hanno un forte impatto sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari e, purtroppo, al momento non esiste una cura definitiva. Tuttavia, è possibile rallentare la progressione della malattia e migliorare i sintomi con una diagnosi precoce e un trattamento adeguato.
I sintomi
I sintomi delle malattie neurodegenerative possono variare a seconda del tipo di malattia e dello stadio di progressione, ma alcuni sintomi comuni possono essere in fasi iniziali i lapsus di memoria, o magari difficoltà nel ricordare alcune parole. In fasi più avanzate si possono avere delle capacità motorie e della coordinazione, piccoli tremori o scuotimenti. Ma anche cambiamenti nel comportamento e nella personalità, difficoltà di equilibrio e deambulazione, affaticamento e debolezza e persino difficoltà a deglutire.
Precedenti in famiglia
Altri elementi che possono suggerire la presenza di una malattia neurodegenerativa sono la familiarità, la presenza di mutazioni genetiche, l’esposizione a fattori ambientali o tossici, o la comparsa di altre condizioni mediche associate.
Diagnosi precoce e preclinica
Per una diagnosi precoce e preclinica di una malattia neurodegenerativa, è necessario consultare un medico specialista, come un neurologo o uno specialista del movimento, che possa effettuare una valutazione accurata del paziente. La diagnosi si basa su diversi strumenti, ecco i cinque principali test ed esami che si possono effettuare:
Naturalmente questi esami devono essere prescritti da un medico specialista e si fanno solo in caso di un fondato sospetto di malattia.
Si può fare prevenzione?
Come detto, purtroppo, al momento non esiste una cura definitiva per le malattie neurodegenerative, ma solo trattamenti sintomatici che possono migliorare la qualità della vita dei pazienti. Tuttavia, è possibile adottare alcune misure preventive che possono ritardare l’insorgenza o la progressione della malattia. Quali? Eccone alcune:
Carolyn Smith e oltre 600 ‘ladies’, il progetto nato dopo la malattia
Benessere, Eventi d'interesse, News Presa, PrevenzioneCarolyn Smith, autrice, dance coach internazionale e presidente di giuria di Ballando con le Stelle, ha appena concluso la prima tappa del suo viaggio dedicato alle donne. Si tratta di “I am a woman first”, un incontro pensato per oltre 600 insegnanti e allieve provenienti da ogni angolo d’Italia, partecipanti al suo progetto.
“Sensual Dance Fit è nato per rispondere alle sfide del mio percorso oncologico“, spiega Carolyn Smith. “Volevo ritrovare me stessa, la mia femminilità, la coordinazione e la grazia che spettano a ogni donna e, in particolare, a una danzatrice.” Un vero e proprio movimento che incoraggia a ritrovare fiducia in se stesse attraverso la danza. Un programma aperto a tutte le donne, di ogni età, per promuovere il benessere e il movimento. L’obiettivo è aiutarle a riscoprire la propria femminilità attraverso passi di ballo e movimenti di fitness.
Carolyn Smith e il cancro
Il percorso di Carolyn iniziò nel 2015 con la sua prima diagnosi di tumore al seno. Dopo le cure e il riposo, nel dicembre del 2016, l’idea di creare qualcosa di nuovo si fece strada. Carolyn, con uno specchio e una sedia, sviluppò le prime coreografie del progetto Sensual Dance Fit, che aprirono la strada a nuove idee e progetti. “La danza è un potentissimo guaritore,” sostiene l’artista. “Il progetto è nato come risorsa personale, ma pian piano ha preso forma dando risultati straordinari. Benefici tangibili, non solo a livello fisico, ma anche a livello emotivo e psicologico”.
Da quel momento, il progetto ha spiccato il volo, diventando un fenomeno in crescita. Carolyn ha condiviso il suo programma inizialmente con un gruppo di amiche padovane per poi aprirsi a tutte le donne.
“L’intruso, come io sono solita definire la malattia” – afferma sorridendo Carolyn – “aveva avuto libero accesso nel mio corpo senza invito e mi aveva creato diversi problemi. Ma non potevo accettarlo senza combattere. Ero e sono fermamente convinta che ogni donna ospiti dentro di sé un intruso: una relazione che non funziona bene, un lavoro stressante, difficoltà economiche, problemi di salute. Criticità che la vita propone senza preavviso. Barriere ed inciampi arrivano e non è giusto dar loro eccessivo spazio; ogni donna ha diritto di liberarsi del proprio intruso e di ritrovare se stessa”.
Sulla base di questa consapevolezza e dei risultati oggettivi del programma, nel febbraio del 2017 inizia la maratona di condivisione iniziando con cinque scuole di ballo scelte per prime sul territorio italiano. Un progetto pilota – fondato da Smith assieme al marito, l’imprenditore e ballerino Tino Michielotto ed all’esperto di marketing Pietro Marchetti. A distanza di soli cinque anni, SDF conta oltre duecento scuole su tutto il territorio nazionale e più di quindicimila allieve di ogni età. Il progetto è prossimo ad essere esportato all’Estero. Prima nazione europea, la Gran Bretagna dove sono già attive le scuole SDF.
Tito Michielotto, Carolyn Smith, Monica Leofreddi, Emilio Sturla, Stefano Furnò e parte del team.
L’incontro per sensibilizzare sui temi della violenza psicologica e fisica
L’evento, moderato da Monica Leofreddi, si è svolto a Roma al Salone delle Fontane. È stato affrontato il tema dell’amore, per se stessi e per l’altro, con il fine di sensibilizzare sul benessere e contro la violenza fisica e psicologica.
La psicoterapeuta Maria Rita Parsi ha parlato di “come imparare ad amare da adulti”, la criminologa Roberta Bruzzone ha parlato di “cosa non è amore”. Sono intervenute anche la giornalista Luisella Costamagna e Arianna Mihaolovic che ha raccontato la sua esperienza personale.
Oltre alle coreografie, SDF punta sulla leadership delle insegnanti. A loro viene offerta una formazione a 360° che include, oltre alla danza, anche altre discipline quali: marketing, comunicazione, gestione finanze e, appunto, leadership.
Tornare a danzare dopo il cancro
Il Team SDF sta lavorando al progetto collaterale: Dance for Oncology (D4O), associazione che ha lo scopo di aiutare i pazienti oncologici attraverso il ballo. Tra i soci dell’associazione benefica partecipano anche imprenditori, medici e rappresentanti delle Istituzioni.
“Ci piace pensare alle nostre allieve come a donne felici e realizzate” – chiosa Carolyn – “donne che credono nella sorellanza e, per esteso, nella solidarietà. Condividiamo un desiderio e lo supportiamo unite per realizzarlo.”
Sport, oltre un terzo degli italiani sedentario
Associazioni pazienti, Benessere, Medicina Sociale, News Presa, Prevenzione, Sport, Stili di vitaLo ha ricordato anche Fiorello nell’ultima puntata di Sanremo: il movimento è un mezzo di prevenzione importantissimo ad ogni età. Eppure sono tanti gli italiani che non praticano nessuna attività. Divario nord-sud e di genere, differenze legate al reddito e all’istruzione: in Italia persistono molti gap nella pratica sportiva. I dati emergono dal report “Gli Italiani e lo Sport”, realizzato dall’Osservatorio permanente sullo sport, spin-off di Fondazione SportCity, in collaborazione con Istat, IBDO Foundation e Istituto Piepoli.
Report “Gli Italiani e lo Sport”
Il lavoro è stato realizzato con i contributi di 28 esperti e 10 parlamentari (Chiara Appendino, Mauro Berruto, Paolo Ciani, Guido Quintino Liris, Simona Loizzo, Paolo Marcheschi, Roberto Pella, Mario Occhiuto, Fausto Orsomarso, Daniela Sbrollini), con un intervento del Ministro dello Sport e dei Giovani Andrea Abodi e con le prefazioni di Giovanni Malagò, Presidente del Coni, Luca Pancalli, Presidente Del Cip, Claudio Barbaro, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, e Marco Mezzaroma, Presidente Sport e Salute.
Regioni più sedentarie
Nel 2022, in Italia, la quota di persone sedentarie (che dichiarano di non svolgere nessuna attività nel tempo libero), è pari a più di un terzo della popolazione. Il dato riguarda soprattutto il sud e le isole, nonostante le condizioni climatiche agevolino l’attività motoria all’aperto. Il forte gradiente Nord–Sud con i tassi più bassi registrati nelle province autonome di Trento (16,2 per cento) e Bolzano (16,9 per cento) e i più alti in Calabria (59,3 per cento) e Sicilia (59,3 per cento), mostra un’Italia spaccata in diverse realtà geografiche. Analogamente, in altre regioni meridionali più della metà della popolazione non pratica sport né attività fisica: Campania (55,1 per cento), Puglia (54,8 per cento) e Basilicata (53,7 per cento). Inoltre in Sicilia, Calabria e Puglia la graduale diminuzione della sedentarietà osservata nell’arco di 20 anni è stata annullata dall’incremento osservato nel 2022.
Pesano disuguaglianze sociali
I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). Inoltre nell’arco temporale di venti anni (2001- 2021) la sedentarietà è diminuita in misura maggiore tra le persone con titolo di studio alto accentuando le diseguaglianze sociali.
Factsheet 2023
La conferenza è stata anche occasione per presentare il “FACTSHEET 2023: Analisi comparativa di attività fisica, sedentarietà, obesità e sovrappeso nelle regioni italiane”, realizzato da Fondazione SportCity e Osservatorio permanente sullo sport in collaborazione con Istat, CORESEARCH, IBDO Foundation, Federazione delle società di diabetologia (FeSDI), Open Italy, Bhave, European Association for the Study of Obesity (EASO), Italian Obesity Network (IO-NET), nonché il numero di gennaio dello Sportcity Journal, dedicato al Parere di Iniziativa presentato dall’On. Roberto Pella e approvato lo scorso novembre dal Comitato delle Regioni dell’UE su “Costruire il modello sportivo europeo basato sui valori, dal basso verso l’alto: un mezzo per favorire l’inclusione e il benessere sociale dei giovani europei”.
“A piccoli passi stiamo completando la ‘rivoluzione dolce’ che avevamo iniziato e stiamo arrivando alla ‘Repubblica del movimento’ – dice Fabio Pagliara, Presidente Fondazione Sportcity”.
Sport, scarsa propensione dei giovani
“I dati devono far riflettere su come viene erogata la cultura sportiva e del movimento nel nostro Paese. – dichiara Federico Serra, Presidente dell’Osservatorio permanente dello sport della Fondazione SportCity – Sono molte le differenze che emergono: tra nord e sud, tra le singole regioni, ma anche tra giovani e anziani, donne e uomini ecc. Il dato più significativo, e preoccupante, è quello della scarsa propensione di giovani a fare sport. I dati Istat confermano le ben note disuguaglianze sociali, con differenze marcate rispetto al titolo di studio a tutte le età ed in particolare tra le persone adulte di 25-44 anni. Nel 2022 la quota di persone con basso titolo di studio che non pratica sport o attività fisica è oltre il doppio rispetto a quella di chi ha un titolo di studio più elevato (49,7 per cento vs 17,9 per cento). La recente legge che inserisce lo sport nell’articolo 33 della nostra Costituzione, apre una speranza che avvengano interventi omogeni e organici su tutto il territorio nazionale eliminando un gap territoriale inaccettabile dal punto di vista etico e sociale”.
Sport, strategia preventiva
“Gli stessi fattori, che dalla seconda metà del secolo scorso hanno portato all’allungamento della vita media fino ai livelli attuali, hanno anche portato, talora obbligato, ad una maggiore attitudine alla sedentarietà – dice Andrea Lenzi, Presidente CNBBSV della Presidenza del Consiglio dei Ministri – “Per questo, non solo lo Sport Agonistico, ma tutta l’Attività Fisica cosiddetta ‘Adattata’ (alle varie età, al genere, alle patologie, ecc.) rappresenta oggi, assieme alla corretta alimentazione, una vera strategia preventiva, ma anche una terapia per le malattie croniche non trasmissibili (metaboliche, cardiovascolari e polmonari, ecc.).
Tale terapia dovrebbe diventare prescrivibile come un vero farmaco e ‘somministrabile’ a livello di apposite strutture sanitarie nell’ambito di una Terapia Educazionale”.
Divario di genere
“Nel 2022, gli italiani che praticano sport nel tempo libero, in modo continuativo o saltuario, sono stati 19,9 milioni, più di un terzo della popolazione di 3 anni e più. – dichiara Roberta Crialesi, Dirigente il Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza Istat – Lo sport in modo continuativo è stato praticato dal 26,3 percento della popolazione per un totale di 15 milioni, mentre un altro 8,3 per cento ha svolto una pratica sportiva in modo saltuario. Nonostante le nuove generazioni mostrino livelli di pratica sempre superiori rispetto alle generazioni precedenti, quasi due terzi della popolazione continua a non praticare nessuno sport.
Persistono gap su diversi livelli: il genere (nel 2022 il 40,2 per cento degli uomini pratica sport in modo continuativo o saltuario contro il 29,2 per cento delle donne), il territorio (tra Nord-Est e Sud ci sono oltre 15 punti percentuali di differenza nella pratica sportiva), l’istruzione (negli ultimi 20 anni la pratica sportiva è aumentata soprattutto per uomini e donne con titolo di studio più alto, con seguente accrescimento del gap socio-culturale e il divario si attesta sui 35 punti percentuali), e ancora disuguaglianze che riguardano il reddito e la famiglia”.
Sport diminuisce rischio obesità e altre malattie croniche
“Una percentuale molto alta (80-90 per cento) della mortalità, morbosità e costi dei sistemi sanitari nei paesi occidentali, è causata da malattie che derivano da alterati stili di vita; tra questi spiccano l’aumento dell’introito calorico e la sedentarietà, che sono poi alla base dello sviluppo di obesità. – dichiara Paolo Sbraccia, Vice Presidente Vicario di IBDO Foundation – Nelle nostre società iper-tecnologizzate si sono raggiunti tassi di sedentarietà inimmaginabili nelle epoche precedenti che si traducono in riduzione dell’aspettativa di vita per la comparsa di malattie/fattori di rischio che sono divenuti, appunto, i killer delle nostre società. (obesità, diabete, ipertensione, dislipidemia, aterosclerosi, cancro ecc.). È quindi evidente che uno dei cardini della promozione della salute è rappresentato dall’implementazione dell’attività fisica. Tutti i dati della letteratura sono concordi nel ritenere che un’attività attività fisica regolare rappresenti un argine fenomenale nei confronti di molte malattie cronico-degenerative. Tuttavia, al momento, l’implementazione dell’attività fisica rimane un problema non risolto per il mondo sanitario, per una varietà di fattori. Manca infatti ad oggi qualunque ipotesi di rimborsabilità o di inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), oppure di detraibilità fiscale per le spese sostenute per l’attività fisica”.
“È giunto il momento che lo sport sia formalmente riconosciuto come strumento essenziale di politica pubblica e attore di comunità – dichiara l’On. Roberto Pella, Vicepresidente vicario ANCI e Membro Commissione SEDEC Comitato delle Regioni dell’Unione Europea, Presidente Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”.