Tempo di lettura: 4 minuti“Volti di rinascita. 55 storie di trapianti (ma potrebbero essere 55.000)” è l’opera che raccoglie, con la forza di un messaggio corale, testimonianze di persone che hanno ricevuto un trapianto d’organo e di familiari di donatori. Il libro scritto da Leonio Callioni e Francesca Boldreghini, con la consulenza scientifica di Sergio Vesconi e Mariangelo Cossolini è stato presentato oggi a Palazzo Madama, a Roma. Edito da Baldini+Castoldi, è, inoltre, al centro di un progetto culturale di digitalizzazione finanziato dall’Unione Europea Next Generation UE, Ministero della Cultura. Il ricavato del libro sosterrà l’attività di Fondazione Trapianti Onlus, promotrice dell’opera. A sostenere l’iniziativa di presentazione, la Senatrice Daniela Sbrollini, Vicepresidente della X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato, che ha introdotto i lavori.
Trapianto d’organi, 55 volti
Il libro raccoglie storie unite dal filo conduttore del ritorno alla vita di pazienti affetti da patologie terminali. Una rinascita resa possibile dal trapianto, terapia salvavita quando l’insufficienza d’organo riguardi cuore, fegato, polmoni, intestino e pancreas, e, per il rene, cura più tollerabile ed efficace rispetto alla dialisi. Cinquantacinque racconti, simbolicamente rappresentativi dei circa 55.000 trapiantati viventi ad oggi in Italia, per un messaggio corale di responsabilità sociale sull’importanza di esprimere il consenso alla donazione degli organi. Volti di rinascita, come dal titolo, svelati dalle immagini e, prima ancora, dall’autenticità dei testi, segnati dalla sofferenza, dalla gioia, dalla disperazione e dalla speranza. Esperienze di vita che si incontrano, come i destini dei riceventi e dei donatori. E nel cuore, la gratitudine per l’amore donato e ricevuto, quello dal quale la vita ha inizio, può finire e ricominciare ancora.
«In ogni grande impresa è contenuto un sogno. Il nostro, coltivato con cura negli oltre due anni di lavoro spesi per portare a compimento un progetto tanto complesso, è quello di poter essere di ispirazione per una scelta di solidarietà e di vita, come quella racchiusa nella donazione degli organi. Nulla come le testimonianze corali dei riceventi e dei donatori può raccontare come un gesto tanto semplice, come il Sì alla donazione degli organi, possa ridare speranza a pazienti la cui unica possibilità di vita è legata al trapianto, restituendoli ad un’esistenza piena e all’affetto dei loro cari. Le manifestazioni di volontà contrarie alla donazione, solo nel 2023, hanno determinato la mancata attuazione di un numero di trapianti stimabile a oltre 2.300. Questo dato rende quanto mai urgente rafforzare le campagne informative e studiare, nelle Anagrafi, un correttivo nella modalità di espressione della volontà che, pur nella garanzia di una libera scelta in merito alla donazione degli organi, sia facilitatrice solo delle manifestazioni dei consensi e non più, anche, dei dissensi, che non possono essere raccolti con la facilità in cui si procede al rinnovo o al rilascio della carta d’identità, ma demandati ad altra sede e dopo un necessario percorso informativo che consenta di evitare quei ‘no’ frutto della paura e della disinformazione e aiuti gli indecisi a sciogliere i loro dubbi», hanno dichiarato i due coautori del libro, Leonio Callioni, direttore dell’house organ di Fondazione Trapianti Onlus, e Francesca Boldreghini, vicepresidente della Fondazione, che dedica il libro alla memoria del padre, a cui un trapianto di fegato, effettuato nel 2009 al Policlinico di Milano, regalò ancora tanti anni di vita.
I numeri
«Quest’anno abbiamo potuto celebrare, con il Report del 2023, il record di donazioni e trapianti eseguiti nel nostro Paese; mai così tanti gli interventi (4.466) e i prelievi (1.667), sostenuti da un costante lavoro di segnalazione dei potenziali donatori nelle rianimazioni e terapie intensive italiane (3.092). Numeri che ci collocano al secondo posto tra i principali Paesi europei in termini di tasso di donazione per milione di popolazione (28.2). Eppure, il sistema non riesce ancora a garantire che tutti coloro che sono iscritti in lista d’attesa arrivino al trapianto. In Italia, ogni anno, muoiono in media circa 500 persone in attesa di un organo che non arriverà mai. Per contrastare l’insufficiente disponibilità di organi, occorre abbattere il muro delle opposizioni, da anni arroccate stabilmente al 30 per cento, e appiattire le differenze territoriali che interessano tutte le fasi del processo che dalla segnalazione del donatore portano al trapianto. Diversi sono gli obiettivi da perseguire con decisione: lavorare sul rafforzamento dei modelli organizzativi regionali delle strutture sanitarie, in modo che il raccordo tra le attività di emergenza, di procurement e di trapianto sia sempre più garantito e uniforme tra le diverse Regioni, realizzare iniziative di formazione nelle scuole per sensibilizzare sul tema i futuri cittadini, sviluppare incisive campagne informative rivolte all’opinione pubblica, anche con il coinvolgimento dei medici di medicina generale, per far sì che la volontà espressa, per esempio al rilascio della carta d’identità, sia veramente informata e consapevole, infine dare compiuta attuazione alla formula del ‘silenzio-assenso’. Questo libro è una grande opportunità per sviluppare, a ogni livello, da quello sociale a quello politico, una nuova cultura della donazione del nostro Paese», chiudono i coordinatori scientifici dell’opera Sergio Vesconi e Mariangelo Cossolini.
«Al centro di Volti di rinascita sono i pazienti, esattamente come al centro del sistema trapianti, che coinvolge, voglio ricordarlo, il lavoro di équipe di chirurghi trapiantologi, rianimatori, anestesisti, medici di diverse specialità̀, infermieri, psicologi e riabilitatori. E ogni racconto di ritorno alla vita grazie al trapianto, reca in sé un vissuto di malattia grave e terminale, a volte di lunga durata, altre volte travolgente, fulminante; una storia di tentativi terapeutici inefficaci o insufficienti; una storia di sofferenza diffusa anche ai propri cari, di decisioni difficili, di progettualità̀ familiare e personale interrotta», ha dichiarato Marina Morgutti, Presidente di Fondazione Trapianti Onlus.
«Quello che emerge da questo libro è un messaggio di speranza e di incoraggiamento che deve invitare tutti noi e, in primo luogo la politica e le istituzioni, a riflettere su quanto di importante è stato fin qui raggiunto grazie alla straordinaria possibilità offerta dai trapianti di tornare alla vita, di rinascere, appunto, per tanti malati e per le loro famiglie e i loro cari. Niente più che le storie e la voce corale di tante reali esperienze ci permette di entrare in contatto con la realtà dell’esperienza di malattia e di rinascita e penso che questo rappresenti uno strumento importante per arrivare al cuore dell’opinione pubblica. Per questo sono orgogliosa di sostenere questa iniziativa e di ribadire il mio impegno per portare il tema al centro dell’agenda della politica, perché facendo fronte comune si possano promuovere incisivamente tutti gli strumenti che possano semplificare e incrementare la pratica della donazione degli organi e, quindi, i trapianti, per il bene di tanti cittadini, ma anche a beneficio del sistema sanitario», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Vicepresidente della X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato.
Chlorophyllum molybdites: trovato fungo tossico in Calabria
Alimentazione, News, NotizieNegli ultimi anni, il riscaldamento globale ha portato a cambiamenti climatici significativi, con impatti su flora e fauna in molte regioni del mondo. Un esempio preoccupante di questa trasformazione è l’arrivo in Calabria del Chlorophyllum molybdites, un fungo tossico di origine tropicale. Questo fungo, mai segnalato prima in questa regione, sta ora proliferando grazie alle mutate condizioni ambientali. La sua somiglianza con il comune e commestibile “mazza di tamburo” (Macrolepiota procera) rende il Chlorophyllum molybdites particolarmente pericoloso per i raccoglitori inesperti. Scopriamo di più su questa specie, sui rischi connessi e su come proteggersi.
Che cos’è il Chlorophyllum molybdites?
Il Chlorophyllum molybdites è un fungo di origine tropicale, considerato tossico e potenzialmente pericoloso per l’uomo. È noto per provocare gravi disturbi gastrointestinali, tra cui vomito, diarrea e crampi addominali, che si manifestano poche ore dopo l’ingestione. Originariamente presente in aree tropicali e subtropicali, questo fungo ha iniziato a diffondersi anche nelle regioni temperate, inclusa l’Italia, grazie all’aumento delle temperature e ai cambiamenti climatici.
Perché il Chlorophyllum molybdites è pericoloso?
Il rischio maggiore associato al Chlorophyllum molybdites è la sua somiglianza con la Macrolepiota procera, conosciuta come “mazza di tamburo”. I due funghi condividono dimensioni, forma e habitat, rendendo facile confonderli, soprattutto per chi non ha una vasta esperienza in micologia. Tuttavia, mentre la Macrolepiota procera è commestibile e apprezzata, il Chlorophyllum molybdites è altamente tossico e il suo consumo può portare a gravi intossicazioni.
La diffusione del fungo tossico in Calabria
Secondo il micologo Ernesto Marra, responsabile dell’Ispettorato Micologico dell’ASP di Cosenza, il Chlorophyllum molybdites è stato avvistato per la prima volta in Calabria solo recentemente. Questa nuova presenza è stata facilitata dal riscaldamento dell’atmosfera, che ha reso il clima mediterraneo sempre più simile a quello tropicale. Le segnalazioni del fungo si sono concentrate in particolare nelle zone del litorale Ionico e Tirrenico, come Gizzeria, Lamezia Terme, Reggio Calabria e Roccella Ionica.
Perché il riscaldamento globale favorisce la diffusione di specie esotiche?
Il cambiamento climatico sta modificando drasticamente le condizioni ambientali in molte parti del mondo. In Calabria, l’aumento delle temperature e la maggiore umidità hanno creato un ambiente favorevole alla crescita di specie tropicali, incluse quelle fungine. Questo fenomeno, noto come tropicalizzazione del clima, è preoccupante poiché facilita l’insediamento e la diffusione di specie invasive, con potenziali rischi per la biodiversità locale e la salute umana.
Come riconoscere il Chlorophyllum molybdites?
Riconoscere il Chlorophyllum molybdites è fondamentale per evitare intossicazioni. Ecco alcuni tratti distintivi che possono aiutare a differenziarlo dalla “mazza di tamburo”:
Tre errori da evitare
Cosa fare in caso di avvelenamento?
Se sospetti di aver ingerito il Chlorophyllum molybdites, è importante agire rapidamente:
Consigli per una raccolta sicura
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Funghi e intossicazioni, il vademecum per non rischiare
Ictus: in 30 anni casi aumentati del 70%, legame con inquinamento e sovrappeso
Anziani, Benessere, Economia sanitaria, News, Notizie, One health, Prevenzione, Ricerca innovazioneL’ictus è una delle principali cause di morte nel mondo. Si verifica quando il flusso di sangue al cervello viene interrotto, provocando un danno cerebrale. Esistono due forme principali di ictus: ischemico, causato da un coagulo che ostruisce un’arteria, ed emorragico, dovuto alla rottura di un vaso sanguigno. Negli ultimi 30 anni, il numero di casi è cresciuto del 70%, con una mortalità in aumento e un impatto significativo sulla qualità della vita. A pesare, fattori come inquinamento atmosferico, ondate di calore e condizioni metaboliche legate a sovrappeso e ipertensione.
Numeri in crescita
Ogni anno, circa 12 milioni di persone nel mondo vengono colpite da un ictus. Più di tre su quattro vivono in Paesi a basso e medio reddito. Secondo uno studio pubblicato su Lancet Neurology, l’ictus ha causato 7,3 milioni di decessi nel 2021, rendendolo la terza causa di morte globale, subito dopo le malattie cardiache ischemiche e la pandemia da Covid-19.
Tra il 1990 e il 2021, il numero di persone che hanno avuto un ictus è cresciuto del 70%, raggiungendo i 11,9 milioni nel 2021. Il tasso di mortalità è aumentato del 44%, e il numero di anni di vita sana persi per disabilità o malattia conseguente all’ictus è salito del 32%. In questo arco di tempo, si è passati da 121,4 milioni di anni di vita sana persi nel 1990 a 160,5 milioni nel 2021. Questi dati sono stati raccolti dal Global Burden of Disease Study e saranno presentati al World Stroke Congress di Abu Dhabi a ottobre.
Fattori di rischio
L’ictus può essere prevenuto. L’84% dei casi registrati nel 2021 è attribuibile a fattori di rischio modificabili. Tra questi, spiccano l’inquinamento atmosferico, il sovrappeso, l’ipertensione, il fumo e la scarsa attività fisica. I fattori metabolici, come sovrappeso, pressione alta e alti livelli di colesterolo, contribuiscono a circa il 66-70% del totale dei casi di ictus, secondo i dati raccolti nel 2021.
Tra i principali fattori di rischio globali per l’ictus figurano la pressione alta, l’inquinamento da polveri sottili, le ondate di calore, il fumo, l’ipercolesterolemia e l’inquinamento domestico. Secondo Valery Feigin, direttore dell’Istituto nazionale per l’ictus e le neuroscienze applicate dell’Università di Tecnologia di Auckland e autore principale dello studio, le attuali strategie di prevenzione si sono rivelate insufficienti, considerata la rapida crescita dei casi.
Inquinamento e ictus
L’inquinamento atmosferico emerge come una delle principali cause dell’aumento dei casi di ictus. Uno studio condotto dalla Columbia University ha confermato il collegamento tra l’accumulo di placca nelle arterie e l’esposizione a metalli derivati dall’inquinamento ambientale. La ricerca, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology, ha dimostrato che l’esposizione a questi metalli causa un aumento del calcio nelle arterie coronarie, un fenomeno paragonabile a quello provocato dal fumo e dal diabete.
L’aterosclerosi, ossia l’accumulo di placca nelle arterie, è un fattore di rischio primario per infarti e ictus. Il restringimento e l’indurimento delle arterie può ridurre il flusso sanguigno e favorire la formazione di coaguli. Questo processo, noto come calcificazione delle arterie, è una delle cause principali di malattie cardiovascolari. L’esposizione a metalli presenti nell’inquinamento ambientale è considerata un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di queste patologie.
Lo studio sulla calcificazione coronarica
I ricercatori della Columbia University hanno analizzato dati provenienti dal Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis, che ha seguito 6.418 uomini e donne tra i 45 e gli 84 anni, senza precedenti episodi di malattie cardiovascolari. L’obiettivo dello studio era quello di determinare l’impatto dell’esposizione a metalli come cadmio, tungsteno, uranio, cobalto, rame e zinco sull’accumulo di calcio nelle arterie coronarie.
Questi metalli si trovano in vari settori industriali e agricoli, come nella produzione di fertilizzanti, batterie, petrolio e nell’estrazione mineraria. Anche il fumo di tabacco rappresenta una fonte primaria di esposizione a cadmio. I ricercatori hanno rilevato una correlazione tra i livelli di metalli presenti nelle urine dei partecipanti e l’accumulo di calcio nelle arterie, confermando il legame tra inquinamento ambientale e malattie cardiovascolari.
Attività agricole e industriali
L’inquinamento da metalli è particolarmente diffuso nelle aree industriali e agricole. Questi inquinanti si accumulano nel suolo e nell’aria, con effetti diretti sulla salute della popolazione. Le emissioni provenienti da attività agricole e industriali, come l’uso di fertilizzanti e la produzione di energia, rappresentano una fonte significativa di metalli nocivi. Questi inquinanti sono facilmente assorbiti dal corpo umano, accumulandosi nei tessuti e influenzando il sistema cardiovascolare.
L’inquinamento domestico contribuisce anch’esso all’aumento dei rischi di ictus. L’utilizzo di combustibili solidi per la cottura o il riscaldamento, ancora diffuso in molte regioni del mondo, espone milioni di persone a livelli pericolosi di inquinanti. Anche questo fattore è emerso come uno dei principali rischi per la salute cardiovascolare.
Prospettive future
L’ictus rappresenta una sfida sanitaria globale, con numeri in costante aumento. I fattori di rischio ambientali e metabolici, come l’inquinamento atmosferico e il sovrappeso, giocano un ruolo cruciale nella diffusione di questa malattia. Gli studi dimostrano che l’esposizione a inquinanti, in particolare i metalli, accelera il processo di calcificazione delle arterie, aumentando il rischio di ictus e altre malattie cardiovascolari.
Gli studiosi sottolineano la necessità di un maggiore impegno per ridurre l’inquinamento e promuovere stili di vita più sani, puntando su interventi mirati a limitare l’esposizione ai fattori di rischio principali.
Trapianto di organi, presentato in Senato “Volti di rinascita. 55 storie di trapianti (ma potrebbero essere 55.000)”
Associazioni pazienti, News“Volti di rinascita. 55 storie di trapianti (ma potrebbero essere 55.000)” è l’opera che raccoglie, con la forza di un messaggio corale, testimonianze di persone che hanno ricevuto un trapianto d’organo e di familiari di donatori. Il libro scritto da Leonio Callioni e Francesca Boldreghini, con la consulenza scientifica di Sergio Vesconi e Mariangelo Cossolini è stato presentato oggi a Palazzo Madama, a Roma. Edito da Baldini+Castoldi, è, inoltre, al centro di un progetto culturale di digitalizzazione finanziato dall’Unione Europea Next Generation UE, Ministero della Cultura. Il ricavato del libro sosterrà l’attività di Fondazione Trapianti Onlus, promotrice dell’opera. A sostenere l’iniziativa di presentazione, la Senatrice Daniela Sbrollini, Vicepresidente della X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato, che ha introdotto i lavori.
Trapianto d’organi, 55 volti
Il libro raccoglie storie unite dal filo conduttore del ritorno alla vita di pazienti affetti da patologie terminali. Una rinascita resa possibile dal trapianto, terapia salvavita quando l’insufficienza d’organo riguardi cuore, fegato, polmoni, intestino e pancreas, e, per il rene, cura più tollerabile ed efficace rispetto alla dialisi. Cinquantacinque racconti, simbolicamente rappresentativi dei circa 55.000 trapiantati viventi ad oggi in Italia, per un messaggio corale di responsabilità sociale sull’importanza di esprimere il consenso alla donazione degli organi. Volti di rinascita, come dal titolo, svelati dalle immagini e, prima ancora, dall’autenticità dei testi, segnati dalla sofferenza, dalla gioia, dalla disperazione e dalla speranza. Esperienze di vita che si incontrano, come i destini dei riceventi e dei donatori. E nel cuore, la gratitudine per l’amore donato e ricevuto, quello dal quale la vita ha inizio, può finire e ricominciare ancora.
«In ogni grande impresa è contenuto un sogno. Il nostro, coltivato con cura negli oltre due anni di lavoro spesi per portare a compimento un progetto tanto complesso, è quello di poter essere di ispirazione per una scelta di solidarietà e di vita, come quella racchiusa nella donazione degli organi. Nulla come le testimonianze corali dei riceventi e dei donatori può raccontare come un gesto tanto semplice, come il Sì alla donazione degli organi, possa ridare speranza a pazienti la cui unica possibilità di vita è legata al trapianto, restituendoli ad un’esistenza piena e all’affetto dei loro cari. Le manifestazioni di volontà contrarie alla donazione, solo nel 2023, hanno determinato la mancata attuazione di un numero di trapianti stimabile a oltre 2.300. Questo dato rende quanto mai urgente rafforzare le campagne informative e studiare, nelle Anagrafi, un correttivo nella modalità di espressione della volontà che, pur nella garanzia di una libera scelta in merito alla donazione degli organi, sia facilitatrice solo delle manifestazioni dei consensi e non più, anche, dei dissensi, che non possono essere raccolti con la facilità in cui si procede al rinnovo o al rilascio della carta d’identità, ma demandati ad altra sede e dopo un necessario percorso informativo che consenta di evitare quei ‘no’ frutto della paura e della disinformazione e aiuti gli indecisi a sciogliere i loro dubbi», hanno dichiarato i due coautori del libro, Leonio Callioni, direttore dell’house organ di Fondazione Trapianti Onlus, e Francesca Boldreghini, vicepresidente della Fondazione, che dedica il libro alla memoria del padre, a cui un trapianto di fegato, effettuato nel 2009 al Policlinico di Milano, regalò ancora tanti anni di vita.
I numeri
«Quest’anno abbiamo potuto celebrare, con il Report del 2023, il record di donazioni e trapianti eseguiti nel nostro Paese; mai così tanti gli interventi (4.466) e i prelievi (1.667), sostenuti da un costante lavoro di segnalazione dei potenziali donatori nelle rianimazioni e terapie intensive italiane (3.092). Numeri che ci collocano al secondo posto tra i principali Paesi europei in termini di tasso di donazione per milione di popolazione (28.2). Eppure, il sistema non riesce ancora a garantire che tutti coloro che sono iscritti in lista d’attesa arrivino al trapianto. In Italia, ogni anno, muoiono in media circa 500 persone in attesa di un organo che non arriverà mai. Per contrastare l’insufficiente disponibilità di organi, occorre abbattere il muro delle opposizioni, da anni arroccate stabilmente al 30 per cento, e appiattire le differenze territoriali che interessano tutte le fasi del processo che dalla segnalazione del donatore portano al trapianto. Diversi sono gli obiettivi da perseguire con decisione: lavorare sul rafforzamento dei modelli organizzativi regionali delle strutture sanitarie, in modo che il raccordo tra le attività di emergenza, di procurement e di trapianto sia sempre più garantito e uniforme tra le diverse Regioni, realizzare iniziative di formazione nelle scuole per sensibilizzare sul tema i futuri cittadini, sviluppare incisive campagne informative rivolte all’opinione pubblica, anche con il coinvolgimento dei medici di medicina generale, per far sì che la volontà espressa, per esempio al rilascio della carta d’identità, sia veramente informata e consapevole, infine dare compiuta attuazione alla formula del ‘silenzio-assenso’. Questo libro è una grande opportunità per sviluppare, a ogni livello, da quello sociale a quello politico, una nuova cultura della donazione del nostro Paese», chiudono i coordinatori scientifici dell’opera Sergio Vesconi e Mariangelo Cossolini.
«Al centro di Volti di rinascita sono i pazienti, esattamente come al centro del sistema trapianti, che coinvolge, voglio ricordarlo, il lavoro di équipe di chirurghi trapiantologi, rianimatori, anestesisti, medici di diverse specialità̀, infermieri, psicologi e riabilitatori. E ogni racconto di ritorno alla vita grazie al trapianto, reca in sé un vissuto di malattia grave e terminale, a volte di lunga durata, altre volte travolgente, fulminante; una storia di tentativi terapeutici inefficaci o insufficienti; una storia di sofferenza diffusa anche ai propri cari, di decisioni difficili, di progettualità̀ familiare e personale interrotta», ha dichiarato Marina Morgutti, Presidente di Fondazione Trapianti Onlus.
«Quello che emerge da questo libro è un messaggio di speranza e di incoraggiamento che deve invitare tutti noi e, in primo luogo la politica e le istituzioni, a riflettere su quanto di importante è stato fin qui raggiunto grazie alla straordinaria possibilità offerta dai trapianti di tornare alla vita, di rinascere, appunto, per tanti malati e per le loro famiglie e i loro cari. Niente più che le storie e la voce corale di tante reali esperienze ci permette di entrare in contatto con la realtà dell’esperienza di malattia e di rinascita e penso che questo rappresenti uno strumento importante per arrivare al cuore dell’opinione pubblica. Per questo sono orgogliosa di sostenere questa iniziativa e di ribadire il mio impegno per portare il tema al centro dell’agenda della politica, perché facendo fronte comune si possano promuovere incisivamente tutti gli strumenti che possano semplificare e incrementare la pratica della donazione degli organi e, quindi, i trapianti, per il bene di tanti cittadini, ma anche a beneficio del sistema sanitario», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Vicepresidente della X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro e previdenza sociale del Senato.
Parkinson e inquinamento, confermata la correlazione: cosa dice la scienza
NewsUn legame tra il morbo di Parkinson e l’inquinamento atmosferico è stato confermato da uno studio della Mayo Clinic, pubblicato sulla rivista Jama Neurology. I ricercatori hanno analizzato l’influenza del particolato (PM 2,5) e del biossido di azoto (NO2) sulla progressione della malattia, evidenziando come questi inquinanti possano contribuire a determinare il decorso della patologia. Questa scoperta è rilevante per comprendere il futuro della malattia, che colpisce milioni di persone nel mondo e le cui cause non sono ancora completamente chiarite. Esaminare i fattori ambientali come l’inquinamento diventa quindi cruciale per prevenire, comprendere e trattare il Parkinson.
Inquinamento atmosferico e forme del morbo di parkinson
Il Parkinson si manifesta con sintomi differenti tra i pazienti. Si tratta di una malattia neurodegenerativa che non si limita al tremore, ma colpisce anche l’equilibrio, i movimenti e la rigidità muscolare. La diversità dei sintomi dipende dalla variazione del coinvolgimento di specifici nuclei cerebrali, come il putamen e il caudato, oltre al noto sistema dopaminergico. Lo studio della Mayo Clinic ha scoperto che l’esposizione prolungata a inquinanti come il PM 2,5 e l’NO2 può influenzare la progressione della malattia, facendo aumentare il rischio di sviluppare una forma più severa e rigida, detta “rigido-acinetica”.
I dati emersi mostrano che per ogni microgrammo di PM 2,5 per metro cubo d’aria, il rischio di sviluppare questa forma di Parkinson aumenta del 36%. Inoltre, l’inquinamento è un fattore che incide maggiormente nelle aree urbane rispetto a quelle rurali, dove i livelli di PM 2,5 e NO2 sono significativamente più bassi. Questa correlazione apre una riflessione sull’impatto delle politiche ambientali e sul ruolo dell’inquinamento nel determinare non solo l’insorgenza della malattia, ma anche il suo decorso.
Parkinson, numeri in aumento
Lo studio conferma quanto già indicato nel 2018 da un lavoro olandese-americano, secondo cui il morbo di Parkinson è destinato a crescere in modo esponenziale nei Paesi in rapido sviluppo industriale, come Cina e Vietnam. I dati supportano la tesi che i fattori ambientali stiano assumendo un ruolo sempre più centrale nell’eziologia della malattia, insieme ai fattori genetici.
Il collegamento tra inquinamento e Parkinson è rafforzato dai numerosi studi che, negli ultimi anni, hanno dimostrato come l’inquinamento possa influenzare negativamente il sistema nervoso. La presenza di particelle fini come il PM 2,5 nei polmoni e nel sangue potrebbe avere un effetto neuroinfiammatorio, causando danni ai neuroni dopaminergici, quelli maggiormente colpiti dalla malattia.
Aspettativa di vita e qualità della vita dei pazienti
Lo studio della Mayo Clinic ha valutato l’esposizione a PM 2,5 e NO2 su un periodo di 17 e 14 anni, rispettivamente. I ricercatori non hanno riscontrato un aumento del rischio di mortalità per altre cause tra i pazienti affetti da Parkinson che vivevano in aree con alto tasso di inquinamento. Tuttavia, l’inquinamento ha condizionato la forma della malattia, con una maggiore prevalenza di casi di Parkinson rigido-acinetico, associato a un peggioramento delle discinesie, ossia quei movimenti involontari che colpiscono sia i muscoli volontari che quelli viscerali.
Le discinesie rappresentano uno dei maggiori ostacoli alla qualità della vita dei pazienti. La forma tremorigena, seppur invalidante, spesso non compromette gravemente l’autonomia dei pazienti nella fase iniziale, mentre la forma rigido-acinetica conduce a una progressiva perdita di mobilità e capacità motorie.
L’impatto sociale e i dati economici
La spesa globale per la gestione del Parkinson è destinata a crescere. Attualmente, i costi diretti e indiretti legati alla malattia nei soli Stati Uniti ammontano a circa 52 miliardi di dollari l’anno. In Europa, dove l’incidenza del morbo è in aumento, i costi sono stimati in 14 miliardi di euro annui.
Il ruolo dell’inquinamento, insieme ad altri fattori ambientali come i pesticidi, aumenta il carico economico non solo per i sistemi sanitari, ma anche per le famiglie dei pazienti, spesso costrette a sostenere costi per le cure domiciliari e la perdita di produttività lavorativa. A livello globale, l’aspettativa è che il numero di persone con Parkinson raddoppi entro il 2040, superando i 12 milioni di pazienti.
Prevenzione e politiche ambientali
L’inquinamento atmosferico è ormai riconosciuto come uno dei principali fattori di rischio per il morbo di Parkinson, soprattutto nelle sue forme più gravi. Lo studio della Mayo Clinic dimostra come il PM 2,5 e il NO2 possano influenzare la progressione della malattia e peggiorare la qualità della vita dei pazienti.La riduzione delle emissioni di particolato e biossido d’azoto è una priorità per le metropoli più inquinate. Tali interventi non solo contribuirebbero a ridurre il numero di nuovi casi di Parkinson, ma migliorerebbero la qualità della vita dei pazienti già affetti, rallentando il decorso della malattia.
“Parlami di te”. Uniti per la prevenzione del suicidio: l’ascolto fa la differenza
Adolescenti, Anziani, Medicina Sociale, News, Notizie, Prevenzione, PsicologiaIl 10 settembre il mondo si è unito per celebrare la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio (World Suicide Prevention Day, WSPD), con l’obiettivo di sensibilizzare le persone sulla prevenzione del suicidio. Il tema di quest’anno, “Changing the Narrative on Suicide – Cambiare la narrazione sul suicidio”, ha posto l’accento sulla necessità di modificare i pregiudizi e le percezioni errate che circondano questo fenomeno. L’intento è quello di creare una cultura di apertura e supporto, promuovendo politiche che pongano la salute mentale in primo piano e facilitino l’accesso alle cure.
Prevenzione del suicidio, i dati
Secondo i dati più recenti, in Italia nel 2021 sono stati registrati 3.870 suicidi, a fronte dei 3.748 del 2020, con un incremento generale che riguarda tutte le fasce d’età ad eccezione dei 50-64enni, e più elevato tra gli under 49. Tra i giovani tra i 15 e i 34 anni, in particolare, la crescita dei suicidi nel 2021 è stata del 16%. Secondo la letteratura, pur non esistendo un flusso di dati consolidati, si stima invece che l’ideazione suicidaria e i tentativi di suicidio siano circa 10 volte più frequenti ai suicidi effettivi.
“La prevenzione del suicidio riguarda tutti,” secondo un noto slogan, afferma Maurizio Pompili, Professore Ordinario di Psichiatria della Sapienza Università di Roma e Direttore UOC Psichiatria, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea. “Dobbiamo lavorare insieme per costruire un ambiente in cui ogni persona si senta ascoltata e supportata. È essenziale aumentare la consapevolezza, sia nella comunità scientifica che nella popolazione generale, che il suicidio è un fenomeno per il quale si può attuare un intervento preventivo.”
Con questo presupposto che il 18 e 19 settembre, si è svolta la XXII Edizione del Convegno Internazionale di Suicidologia e Salute Pubblica, che ha visto la partecipazione di esperti e ricercatori da tutto il mondo. Il convegno ha approfondito il tema chiave della Giornata Mondiale, “Cambia la Narrazione“, attraverso la presentazione di studi recenti e nuove strategie di intervento per migliorare la prevenzione del suicidio, pensando globalmente, pianificando a livello nazionale e agendo localmente. “La collaborazione internazionale è cruciale per affrontare la complessità del suicidio,” continua Pompili. “Ogni anno, questo convegno ci offre l’opportunità di condividere conoscenze e sviluppare strategie comuni.”
La campagna per sensibilizzare sul disagio mentale
La Giornata Mondiale non rappresenta solo un momento di riflessione, ma anche un’occasione per promuovere azioni concrete. In linea con questa prospettiva, Éthos Srl, società di consulenza in ambito pharma, con il contributo non condizionante di Angelini Pharma, ha annunciato il lancio della campagna di sensibilizzazione “Parlami di Te“, previsto per il 20 settembre. “L’iniziativa vuole ampliare il dialogo sulla prevenzione del suicidio e porre l’attenzione sui segnali di allarme spesso trascurati,” dichiara la Dott.ssa Michela Procaccini, Direttore Medico di Angelini Pharma. La campagna si rivolge sia a chi soffre di disturbi psichiatrici come depressione, disturbo bipolare e schizofrenia, sia alle persone a loro vicine, che possono svolgere un ruolo chiave nel fornire supporto.
Parlare e ascoltare per salvare vite
La campagna “Parlami di Te” un intende supportare pazienti, caregiver e operatori sanitari nel riconoscere i segnali premonitori del suicidio. Segnali come il ritiro sociale, insonnia persistente, comportamenti autolesionistici e sbalzi d’umore sono spesso precursori di gesti estremi.
“I medici di famiglia rappresentano spesso il primo punto di contatto per le persone a rischio,” spiega la Dott.ssa Daiana Taddeo, Medico di Medicina Generale, ATS città metropolitana di Milano. Grazie al rapporto di fiducia che instaurano con i pazienti, possono identificare precocemente sintomi di disagio psicologico e indirizzare le persone verso cure specialistiche. “Il loro contributo è fondamentale per gestire il rischio e prevenire il suicidio,” conclude Taddeo.
Riconoscere i segnali
Promuovere una maggiore consapevolezza sui segnali di allarme e sui fattori di rischio è uno degli obiettivi chiave della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio. Attraverso campagne mediatiche, eventi pubblici e iniziative di sensibilizzazione, si intende informare la popolazione su come riconoscere i segnali di crisi e offrire il supporto appropriato. “Non possiamo prevenire ciò che non comprendiamo. È fondamentale che tutti siano informati sui segnali di allarme e su come offrire supporto più appropriato” afferma la Prof.ssa Kelly Posner Gerstenhaber, Professore di Psichiatria alla Columbia University e Fondatrice del Columbia Lighthouse Project. “Una corretta informazione sui segnali di allarme e sulle strategie di intervento può fare la differenza nella gestione del rischio suicidario.”
Combattere lo stigma associato al suicidio e ai disturbi mentali
A questo proposito, la campagna “Parlami di Te” mira a ridurre lo stigma associato ai disturbi mentali e al suicidio, incoraggiando un dialogo aperto ed empatico tra chi ne soffre e le persone che li circondano.
“Lo stigma rafforza il fenomeno suicidario perché impedisce di parlarne e di chiedere aiuto”. Dobbiamo creare una cultura di apertura e supporto,” afferma Maurizio Pompili. Lo stigma associato al suicidio e ai disturbi mentali rappresenta una delle principali barriere che impediscono alle persone di cercare aiuto. Cambiare la narrazione significa anche affrontare e combattere questo stigma, normalizzando il dialogo sulla salute mentale e promuovendo un approccio compassionevole e privo di giudizi.
“Con questa campagna,” aggiunge Michela Procaccini, “vogliamo trasmettere un messaggio di fiducia e di speranza e ricordare a tutti che non sono soli nelle loro difficoltà.”
Il progetto “Parlami di te” è sostenuto da una faculty composta da esperti come Maurizio Pompili, Daiana Taddeo, il Prof. Marco Innamorati, Professore Ordinario di Psicometria presso l’Università Europea di Roma, e la Prof.ssa Michaela Liuccio, Direttore del Corso di Alta Formazione in Omnichannel Communication in Lifescience presso la Sapienza Università di Roma. Questo team multidisciplinare garantisce che la campagna sia supportata da solide evidenze scientifiche e metodologie di comunicazione efficaci.
La formazione e il sostegno ai survivors
“La formazione salva vite,” afferma Marco Innamorati. “Essere preparati a riconoscere e rispondere ai segnali di pericolo è essenziale per prevenire il suicidio.” Promuovere l’educazione e la formazione è, infatti, un altro obiettivo essenziale nella lotta contro il suicidio. L’educazione e la formazione sono strumenti potenti nella prevenzione del suicidio, preparando operatori sanitari, educatori e comunità a riconoscere i segnali di rischio e a rispondere in modo efficace.
“Ogni vita è preziosa,” commenta Michaela Liuccio. “Il supporto sociale e l’accesso tempestivo alle risorse possono davvero fare la differenza per chi è in difficoltà.” La rete di supporto sociale gioca un ruolo cruciale nella prevenzione del suicidio, offrendo a chi è in difficoltà un punto di riferimento costante. “Nessuno dovrebbe sentirsi solo. Il supporto sociale può fare la differenza,” conclude Liuccio.
Non va dimenticato, inoltre, l’impatto devastante che il suicidio ha sui survivors, le persone che sopravvivono alla morte di qualcuno a loro vicino per suicidio. Questi individui affrontano un lutto complesso, spesso accompagnato da sentimenti di colpa e abbandono. Fornire loro il giusto supporto è cruciale per mitigare le conseguenze emotive e psicologiche di tale perdita.
L’attenzione ai più giovani
In questo contesto, un’attenzione particolare deve essere rivolta ai più giovani, tra cui si registra purtroppo un crescente aumento di casi di suicidio e di malattie psichiatriche. Secondo i dati dell’OMS, il suicidio è una delle principali cause di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, e in Italia si è osservato un aumento del 75% negli ultimi due anni.
Il Bambino Gesù di Roma svela i segreti della ricerca
Ricerca innovazione, News, NotizieIl 27 settembre 2024, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù aprirà le porte dei suoi laboratori a bambini, ragazzi e famiglie, in occasione della diciannovesima edizione della Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici. L’iniziativa si inserisce tra quelle previste per la Settimana della Scienza (21-28 settembre), un evento annuale che vuole far conoscere la ricerca scientifica al grande pubblico attraverso esperimenti, visite guidate e incontri con i ricercatori. L’evento, organizzato nell’ambito del progetto LEAF coordinato da Frascati Scienza, è un’opportunità unica per avvicinare le giovani generazioni alla scienza e scoprire il lavoro dietro le più importanti scoperte pediatriche.
Le iniziative al Bambino Gesù
La serata del 27 settembre (dalle 18:00 alle 23:00) sarà densa di attività interattive nei laboratori di Roma San Paolo. Tra gli eventi più attesi: “La Scienza che cura – Dialoghi con i Ricercatori”. Si tratta di incontri di 30 minuti in cui i ricercatori dell’ospedale illustreranno le ultime scoperte in campo pediatrico, rispondendo alle domande dei partecipanti. Questo formato offre l’opportunità di scoprire in prima persona il lavoro svolto da chi, ogni giorno, lavora per migliorare la salute dei più piccoli.
Esperimenti pratici: alla scoperta del micromondo
Uno dei momenti più emozionanti sarà la possibilità di partecipare all’iniziativa “Alla scoperta del micromondo”, che offrirà la possibilità di vedere la scienza in azione attraverso esperimenti pratici. I visitatori potranno utilizzare microscopi per osservare cellule vive e analizzare campioni, il tutto sotto la guida di esperti ricercatori. Questo laboratorio è stato pensato per essere accessibile a tutti, anche ai più piccoli, per far vivere un’esperienza educativa stimolante e affascinante.
Dentro la scienza: un viaggio nei laboratori
Con “Dentro la Scienza”, i partecipanti potranno entrare nei laboratori dove nascono tante nuove scoperte. Le visite guidate offriranno una panoramica delle tecnologie più all’avanguardia utilizzate per lo studio di nuove terapie e la diagnosi di malattie. Durante il tour, sarà possibile vedere da vicino le strumentazioni avanzate e scoprire come si passa dall’idea iniziale alla realizzazione di esperimenti che possono portare a importanti scoperte mediche. Un’opportunità unica per comprendere le varie fasi del processo scientifico, dall’ideazione alla pubblicazione dei risultati.
Un dialogo aperto tra scienza e società
“È con grande piacere che anche quest’anno l’ospedale apre le porte dei laboratori per condividere il sapere scientifico con bambini, ragazzi e famiglie”, afferma il prof. Andrea Onetti Muda, Direttore scientifico del Bambino Gesù. La partecipazione attiva e il dialogo con le giovani generazioni, secondo Onetti Muda, rappresentano un’opportunità di arricchimento reciproco, capace di ispirare i ricercatori di domani. Eventi come questi stimolano la curiosità e il desiderio di conoscenza, offrendo uno sguardo privilegiato sul mondo della ricerca medica.
Come partecipare
Le iscrizioni alle attività del Bambino Gesù sono gestite attraverso il sito ufficiale di Frascati Scienza, dove è possibile consultare il programma dettagliato e prenotare la partecipazione agli eventi. La Notte Europea dei Ricercatori e delle Ricercatrici è un’occasione straordinaria per far scoprire ai più piccoli le meraviglie della scienza in un ambiente stimolante e coinvolgente.
Un impegno per la scienza
L’Ospedale Bambino Gesù aderisce al progetto LEAF (heaL thE plAnet’s Future), che mira a promuovere l’incontro tra scienza e cittadini in tutta Italia. LEAF è parte di un’iniziativa europea finanziata dal programma HORIZON-MSCA-2023-Citizens-01, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sui progressi scientifici e sull’impatto che la ricerca ha nella vita quotidiana. Il focus è sulle STEAM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Arte e Matematica), coinvolgendo giovani e famiglie in attività didattiche e divertenti, creando un dialogo aperto tra i ricercatori e i cittadini.
La settimana della scienza: un progetto europeo
La Settimana della Scienza e la Notte Europea dei Ricercatori sono promosse dalla Commissione Europea con l’obiettivo di favorire l’incontro nuove conoscenze e cittadinanza. In Italia, il progetto LEAF porta la scienza nelle piazze, promuovendo la cultura scientifica e sensibilizzando i giovani sul ruolo fondamentale che le nuove conoscenze giocano nella nostra società. Con oltre 40 enti e istituzioni partecipanti, tra cui l’Ospedale Bambino Gesù, l’edizione 2024 si propone di continuare a costruire un dialogo tra scienza e cittadini, mostrando come la ricerca sia la chiave per un futuro migliore e più sostenibile.
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Sanità: Regimenti “Università centrale per formare professionisti sanitari del futuro”. L’evento Mesit
Eventi PreSa-Mesit, Economia sanitaria, Medicina Sociale, News, One health“L’Università ha tre missioni: la formazione, la ricerca e la divulgazione. Su questi tre pilastri si possono creare nuove competenze, carriere e opportunità di lavoro”. Così Luisa Regimenti, Assessore all’Università della Regione Lazio, è intervenuta in apertura del convegno “Università, Salute e Società. Una connessione di saperi”, promosso dalla Fondazione Mesit con il contributo non condizionato di Gilead, presso la Regione Lazio. “Questo è vero – ha proseguito l’assessore – soprattutto nell’ambito del sistema Salute, oggi in rapido mutamento dopo l’esperienza della pandemia Covid. I medici e i professionisti sanitari del futuro dovranno essere perfettamente in grado di padroneggiare tutte le innovazioni tecnologiche che stanno trasformando le cure. L’Università italiana, a partire dagli Atenei del Lazio, può e deve guidare questa trasformazione, che passa dalle terapie digitali all’intelligenza artificiale, che sta portando a risultati straordinari nell’ambito dell’assistenza e delle cure. La Regione Lazio non farà mancare il sostegno a un processo dal quale dipende la qualità delle cure e la capacità di offrire un’assistenza sanitaria sempre più personalizzata, precisa e orientata ai bisogni del paziente”.
Il ruolo dell’università e l’approccio One Health
Il momento di confronto è stato l’occasione per valorizzare il ruolo, sempre più centrale, svolto dagli atenei nella formazione delle nuove generazioni. “L’evento di oggi è molto importante e ci consente di mettere al centro il ruolo che l’Università può giocare in linea con i nuovi bisogni della società anche rispetto al concetto di approccio One Health, al passo con i tempi”, ha dichiarato Levialdi Ghiron, Rettore dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Durante la tavola rotonda, Giovanni Leonardi, Direttore del Dipartimento della salute umana, della salute animale e dell’ecosistema (One Health) e dei rapporti Internazionali, Ministero della Salute, ha affermato: “Questo evento ha messo in risalto il tema dell’approccio circolare ai temi della salute: della salute umana, dell’ambiente e della sanità animale. Un tema che presuppone la necessità che i professionisti uniscano le loro conoscenze, il loro modo di lavorare e che abbiano questo approccio circolare ai temi della salute. Perché non ci può essere salute umana se non c’è allo stesso tempo la tutela dell’ambiente e tutela della salute animale. I determinanti di salute di cui si è parlato sono fondamentali. E quindi l’esposizione dell’uomo all’ambiente determina il suo stato di salute così come gli stili di vita che adotta. Se vogliamo preservare la salute dei cittadini dobbiamo preservare la sostenibilità del servizio sanitario nazionale e lavorare sulla prevenzione”.
Sono intervenuti al dibattito: Eugenio Guglielmelli, Rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, Carlo Colapietro, Direttore Centro di Ricerca Interdipartimentale Europeo di Studi Avanzati sull’Innovazione Digitale IDEAS, Università degli Studi Roma Tre, Alessandro Sorrone, Segretario Generale della Fondazione MESIT (Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica), Isabella Mastrobuono, Commissario Straordinario Policlinico Tor Vergata, Emilio Bria, Coordinatore Regione Lazio AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), Dario Sacchini, Professore Associato di Bioetica, Dipartimento di Sicurezza e Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Influenza, sintomi e vaccini: previsto superamento dei 14,5 milioni di casi del 2023
Anziani, News, Notizie, PrevenzioneL’influenza stagionale non è ancora arrivata, ma i primi segnali sono già presenti. Secondo l’Osservatorio Influenza, a settembre 2024 si contano già oltre 150.000 casi settimanali di sindromi influenzali o simil-influenzali. Si tratta di un anticipo rispetto al picco vero e proprio, che arriverà con l’abbassamento delle temperature. I virus che circolano ora includono adenovirus, rinovirus e altri patogeni respiratori, ma l’influenza “vera” è attesa nei prossimi mesi, quando le condizioni climatiche e l’aumento dei contatti sociali, soprattutto durante le festività, favoriranno la diffusione del virus.
Previsioni per l’influenza e rischio di un nuovo picco
Lo scorso anno, in Italia, i casi d’influenza hanno superato i 14,5 milioni. Per la stagione 2024-2025, gli esperti temono un nuovo picco, soprattutto dopo quanto osservato nell’emisfero australe. In Australia, ad esempio, la stagione influenzale è stata tra le peggiori degli ultimi anni, con una forte diffusione del ceppo AH3N2, presente anche nel vaccino che sarà somministrato quest’anno in Europa. Con l’arrivo dell’inverno si prevedono un mix di virus influenzali, sinciziali e un probabile aumento dei casi di Covid-19, alimentato dalla variante XEC, che ha mostrato una rapida diffusione negli ultimi mesi.
I sintomi
L’influenza si manifesta con sintomi come: febbre, dolori muscolari o articolari, e almeno un sintomo respiratorio, come naso chiuso o tosse. Questi segni la distinguono dalle altre sindromi respiratorie che circolano nei mesi freddi, spesso più lievi e con manifestazioni meno intense.
Vaccino e automedicazione
La vaccinazione resta la principale arma di prevenzione. Il Ministero della Salute ha raccomandato di avviare le campagne vaccinali già dall’inizio di ottobre, con particolare attenzione alle categorie più a rischio: anziani, persone con patologie croniche, donne in gravidanza e bambini sotto i sei anni. L’automedicazione responsabile è altrettanto importante: l’uso di farmaci antinfiammatori può alleviare i sintomi, permettendo comunque di monitorare l’andamento della malattia. La tempestività, infatti, può fare la differenza anche nella gestione dei casi di Covid-19, che continuano a presentarsi. Gli antivirali specifici per il Covid, se somministrati nei tempi giusti, possono ridurre significativamente le complicanze. Mentre l’influenza mantiene caratteristiche stabili, il Covid può presentarsi in forme più o meno gravi, rendendo essenziale la diagnosi precoce tramite tampone.
I vaccini disponibili: quali sono e come funzionano
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato otto vaccini per la stagione influenzale 2024-2025, in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. I vaccini includono ceppi virali aggiornati per proteggere contro i virus più recenti.
La vaccinazione è gratuita per gli over 60, le donne in gravidanza, i bambini tra i 6 mesi e i 6 anni, le persone con patologie croniche, e altri gruppi a rischio. In alcune Regioni, come la Lombardia, le gare per la fornitura dei vaccini sono già state concluse, e i vaccini saranno disponibili a partire da ottobre.
I dati sull’adesione vaccinale scarsi
L’adesione alla campagna vaccinale contro l’influenza e il Covid-19 nel 2023 è stata inferiore alle aspettative. Solo l’8,6% delle persone considerate più fragili ha effettuato il richiamo anti-Covid, mentre la copertura vaccinale antinfluenzale tra gli over 60 si è fermata al 53%. Questi dati preoccupano gli esperti, che vedono in questa riluttanza un segnale di sfiducia verso i vaccini. Eppure i vaccini rimangono la principale difesa contro complicanze potenzialmente gravi, sia per l’influenza che per il Covid-19.
Le linee guida dell’OMS
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha aggiornato le linee guida per la gestione dei pazienti affetti da virus influenzali, dando nuove raccomandazioni sull’uso di farmaci antivirali per prevenire l’infezione nei soggetti esposti al virus nelle 48 ore precedenti. L’obiettivo è garantire una gestione più efficace, in particolare per i pazienti ad alto rischio, come gli anziani e le persone con malattie croniche.
Tumore alla prostata e diagnosi precoce, al via screening gratuito in Lombardia
Anziani, Economia sanitaria, NewsA novembre 2024 partirà in Lombardia il primo programma di screening in Italia per la diagnosi precoce del tumore alla prostata, basato sull’esame del PSA. Si tratta di una novità importante, nonostante il test sia ancora oggetto di dibattito tra gli esperti per la sua efficacia. Il cancro alla prostata è il tumore più diffuso tra gli uomini, con 41.100 nuove diagnosi stimate nel 2023. Lo screening interesserà inizialmente i residenti lombardi di 50 anni e, anno dopo anno, sarà esteso a tutti gli uomini tra i 50 e i 69 anni. L’adesione sarà possibile attraverso il Fascicolo sanitario elettronico, mentre la Regione sta mappando le strutture pubbliche e private accreditate per garantire la copertura del servizio.
Il test del PSA
Il test del PSA è utilizzato dagli anni Ottanta, principalmente per monitorare e seguire l’evoluzione del tumore alla prostata. Si tratta di un esame del sangue che rileva la presenza dell’antigene prostatico-specifico (PSA), una proteina prodotta dalla prostata, presente soprattutto nel liquido seminale, ma in piccole quantità anche nel sangue. Tuttavia, il PSA non è specifico delle cellule tumorali: può essere elevato in caso di tumore, ma anche per disturbi come l’ipertrofia prostatica, infezioni o infiammazioni. Per anni si è tentato di utilizzare questo test per lo screening di massa, ma l’inaffidabilità dei risultati ha portato la comunità medico-scientifica a sconsigliarne l’uso a tale scopo. Un PSA elevato può portare a ulteriori esami invasivi e trattamenti non necessari, spesso per patologie indolenti o inesistenti. Attualmente, solo in Lituania esiste un programma nazionale di screening per il cancro alla prostata basato sul PSA.
Esame del PSA per la diagnosi precoce del tumore alla prostata
“È un dato di fatto che l’esame del PSA permetta di intercettare un tumore in una fase precoce che può essere trattato più efficacemente. Quello che va però evitato è il rischio di sovradiagnosi e di sovratrattamento, cioè di considerare questo test come sufficiente a stabilire se è presente un tumore e se sia opportuno un eventuale intervento” spiega per AIRC Francesco Montorsi, primario di Urologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di urologia all’Università Vita-Salute San Raffaele. “Ogni anno molti pazienti vengono da me con un tumore alla prostata in fase avanzata. Tutti hanno in comune un PSA elevatissimo e il fatto di non essersi mai sottoposti a questo esame fino a quel momento”. Il punto, quindi, non è se usare o meno il PSA, bensì come valutare un eventuale risultato positivo. “Un PSA elevato non significa infatti che sia presente un tumore, né che esso sia più o meno aggressivo, o che sia necessario operare. Significa solo che la persona merita di essere sottoposta a ulteriori esami prima di decidere se e come intervenire.”
In caso di esito positivo
A fronte di un PSA elevato, le linee guida internazionali indicano che il medico deve informare il paziente del fatto che saranno necessari ulteriori approfondimenti. A distanza di qualche mese, se il PSA è ancora elevato, si suggerisce una risonanza magnetica multiparametrica che permette di individuare eventuali aree sospette. Se risulta negativa, non si procede e si rivede il paziente un anno dopo. Se invece è positiva, allora solo a quel punto si sottopone il paziente a biopsia, un esame invasivo che aiuta a chiarire il tipo di tumore e il grado (più alto è il grado e maggiore è l’aggressività del tumore).
“Un secondo elemento da considerare è che la chirurgia ha fatto passi in avanti notevoli. Un intervento alla prostata non significa necessariamente essere condannati a una vita di incontinenza o impotenza, com’era un tempo” spiega Fabrizio Dal Moro, direttore del reparto di urologia dell’Azienda ospedaliera dell’Università degli studi di Padova. “Questo è possibile grazie alla chirurgia localizzata e a quella robotica, che permettono alla maggior parte dei pazienti operati di superare l’incontinenza poco tempo dopo la rimozione del catetere. Chiaramente la possibilità di intervenire in modo meno invasivo dipende dallo stato di avanzamento della malattia. Se la intercettiamo prima, abbiamo maggiori possibilità di una buona ripresa post-operatoria”.
Sostenibilità del SSN
Il PSA è un semplice test del sangue, dal prezzo irrisorio, la risonanza magnetica è invece molto più costosa e richiede personale altamente specializzato. Alcuni studi internazionali hanno mostrato che il test del PSA dà qualche vantaggio sul tumore. Lo suggeriscono, per esempio, i risultati di un follow up a oltre 10 anni dalla diagnosi, ottenuti grazie a uno studio terminato nel 2011 e condotto in 15 Paesi europei con il coordinamento di Fritz Schröder e colleghi, dell’Erasmus University di Rotterdam, nei Paesi Bassi. Questi dati hanno mostrato che lo screening su alcune fasce di popolazione intorno ai 50 anni d’età porterebbe a una riduzione della mortalità del 30 per cento circa. Si tratta di risultati ancora più convincenti rispetto a quelli per lo screening del tumore della mammella.
“Il tema è delicato” conclude Montorsi. “Conta tenere a mente che di fronte a un risultato positivo di PSA, non è scontato che ci sia un tumore, che le cure non sempre sono necessarie, e che bisogna sempre valutare che cosa è meglio per ogni paziente e per ogni servizio sanitario, rimanendo saldi nell’ottica di evitare interventi non necessari.”
Tumore al seno: nuovo approccio radioterapico riduce il numero di sedute di cura
Associazioni pazienti, News, NotizieDurante l’ultimo Congresso ESMO (Società Europea di Oncologia Medica) sono stati presentati i risultati di un importante studio francese (HypoG-01) su oltre 1000 donne con tumore al seno. I risultati hanno ribadito il ruolo cruciale della radioterapia. Tuttavia lo studio ha confermato l’efficacia di un approccio radioterapico più breve, chiamato “blando ipofrazionamento” (15 sedute) che prevede trattamenti con durata ridotta. “Questo nuovo regime si è dimostrato sicuro, con risultati simili ai trattamenti di durata tradizionale (25 + altre eventuali 5 sedute) e non ha aumentato il rischio di linfedema del braccio, uno degli effetti collaterali più temuti dalle pazienti”. A raccontare le novità del congresso è la dott.ssa Antonella Ciabattoni, segretario alla Presidenza AIRO, radioterapista oncologo dell’Ospedale San Filippo Neri, ASL Roma 1.
Cura del tumore al seno, perché è tanto temuto il linfedema
“Per linfedema si intende il gonfiore e aumento di volume del braccio dalla parte della mammella operata, che si manifesta circa in 2 donne su 10 dopo chirurgia e radioterapia dei linfonodi. Questo effetto provoca un risultato estetico e funzionale molto negativo e, una volta che si verifica, non è mai completamente reversibile. Si temeva che il blando ipofrazionamento, che aumenta lievemente la dose per seduta, potesse peggiorare il rischio di questo importante effetto collaterale. Lo studio in oggetto ha dimostrato che, in un arco di tempo di quasi 5 anni, questo rischio non è aumentato”.
Nuovo approccio alla radioterapia
“L’aspetto innovativo della radioterapia ipofrazionata è nella sua capacità di ridurre il numero totale di sedute, senza comprometterne l’efficacia. Questo permette alle pazienti di completare il ciclo di cure più rapidamente e di tornare più velocemente alla loro vita normale, limitando gli effetti collaterali e migliorando il benessere generale, con un impatto decisamente più positivo sulla qualità della vita. Inoltre questo approccio permette una buona integrazione della radioterapia con altre terapie sistemiche, come la chemioterapia e migliora l’accesso al trattamento per un numero maggiore di pazienti. Per questo motivo ci stiamo orientando verso regimi di trattamento sempre più brevi, fino a sole 5 frazioni: in altre parole, stessa efficacia in meno tempo e con minor disagio per le donne con tumore al seno”.