Tempo di lettura: 3 minutiIn occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), sono tanti i palazzi illuminati di arancione, come simbolo della lotta a qualsiasi forma di abuso. L’iniziativa si inserisce all’interno della campagna internazionale di sensibilizzazione dell’ONU “Orange the World”, a cui ha aderito anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, illuminando la facciata principale di Palazzo Chigi, dal tramonto di ieri 24 novembre all’alba di oggi 25 novembre 2024, giornata nella quale l’illuminazione si ripeterà dal tramonto alle ore 23:59.
Dalle istituzioni ai privati, dalle associazioni alle società scientifiche: sono tante le realtà che hanno avviato iniziative di sensibilizzazione, in occasione di questa ricorrenza.
Dalla ricerca alla formazione: le iniziative dell’Istituto Superiore di Sanità
Per contrastare e prevenire la violenza di genere, anche l’Iss ha messo in campo corsi di formazione che hanno raggiunto oltre 18.000 operatrici e operatori sanitari dei 651 pronto soccorsi italiani e oltre 2.000 professioniste e professionisti del territorio. I corsi, di formazione a distanza (FAD) e blended (che includono anche incontri in aula) sul tema della Prevenzione e del contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali, sono stati promossi e finanziati dal Ministero della Salute a partire dal 2014.
Nel frattempo, il progetto Epi-We, che recluta volontarie per studiare le cicatrici molecolari della violenza sul DNA delle donne maltrattate, va avanti.
La formazione del personale, strumento di contrasto alla violenza di genere
“Rilevare la violenza sulle donne che arrivano nei Pronto soccorso non è affatto un processo scontato, è necessario che il personale di salute abbia conoscenze, competenze e strumenti per farlo. Le donne che vivono situazioni di violenza sono di ogni età e appartengono a differenti contesti socio-culturali, spesso temono di rilevare quanto hanno subito per timore di ritorsioni da parte del maltrattante o di essere ritenute loro stesse, in qualche modo, responsabili della violenza, temono cioè quello che viene definito vittimizzazione secondaria”, afferma Anna Colucci, ricercatrice della UO RCF, l’Unità Operativa ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione dell’ISS.
Con #IpaziaCCM2021, dagli ospedali ai territori
Dopo i Pronto soccorso la formazione dell’ISS ha coinvolto, con il Progetto #IpaziaCCM2021, che vede il coordinamento scientifico dell’azienda Usl Toscana Sud-Est, i Servizi territoriali di area sanitaria e socio-sanitaria, nodi cruciali della rete di prevenzione e contrasto della violenza ai quali possono accedere le donne e minori.
Hanno partecipato e completato il Corso FAD 2.346 professioniste e professionisti dei Servizi presenti nei territori. Sono stati formati presso l’ISS 23 facilitatrici e facilitatori della formazione, che hanno contribuito alla conduzione di 8 Corsi residenziali che si sono tenuti nei territori di attuazione del Progetto: Grosseto, Perugia, Matera, Lecce, Roma, Policoro (MT), Pordenone, Milano.
#IpaziaCCM2021, in una prospettiva futura potrebbe svilupparsi ulteriormente, coinvolgendo con percorsi formativi capillari l’intero territorio nazionale.
Il progetto Epi_We: 70 donne hanno aderito al secondo step
La violenza lascia cicatrici molecolari sul Dna delle donne che la subiscono: capire fino a che punto queste modifiche si estendano all’interno del genoma delle vittime e quanto durano i loro effetti nel tempo potrebbe essere la chiave per mettere in atto una prevenzione di precisione. È esattamente questo l’obiettivo della fase multicentrica del progetto Epi-We (Epigenetics for Women) che chiede la collaborazione di tutte le donne. L’iniziativa, insieme a un video realizzato per invitare le donne a partecipare attraverso la donazione di un campione biologico, è stata presentata il 25 ottobre nel corso di un convegno in Iss. “Già 70 donne hanno risposto e aderito al progetto – dice Simona Gaudi coordinatrice di Epi-We ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute di Iss – e alcune di loro si sono anche raccontate, hanno anche parzialmente descritto il tipo di violenza subita. Per noi, e per tutte le donne, è un grande risultato”.
Iniziative dall’industria
70% delle aziende farmaceutiche attive con iniziative per contrastare la violenza di genere
“Il 70% delle imprese farmaceutiche hanno attivato o stanno attivando iniziative, condivise con le organizzazioni sindacali, sulla violenza di genere. Dati che dimostrano come l’industria farmaceutica sia in prima linea su argomenti così importanti”, spiega il Presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“Sono queste le prime evidenze in risposta all’iniziativa lanciata lo scorso anno da Farmindustria con le Organizzazioni Sindacali di settore. Un progetto culturale che va oltre l’ambito lavorativo, raggiungendo le famiglie dei dipendenti e i loro contesti sociali.
Progetti, anche con enti no-profit, che diventano attività per offrire strumenti concreti ai dipendenti e alle loro famiglie: campagne di sensibilizzazione, formazione dei dipendenti, corsi di difesa personale. Perché sono temi che ci stanno molto a cuore, considerata anche l’alta percentuale femminile presente nelle nostre aziende.
Nell’industria farmaceutica, dove l’occupazione ‘rosa’ è cresciuta del 14% negli ultimi 5 anni, la parità di genere è infatti da anni una realtà. Il 45% degli addetti è rappresentato da donne, che nella Ricerca superano il 50%. E, nei ruoli apicali – come quadri e dirigenti – le donne sono il 47% del totale, quota che sale al 56% tra gli under35.
E vogliamo rafforzare il nostro impegno per sviluppare e diffondere l’importanza della cultura del rispetto. Attraverso azioni di sensibilizzazione che coinvolgono quanti più attori possibile per dire stop alla violenza”, conclude Cattani.
Idrosadenite suppurativa: quei noduli sottocutanei, dolorosi e infiammati. Incidenza tra i 18 e i 44 anni
Associazioni pazienti, Benessere, News, Notizie, Ricerca innovazioneGli studi clinici hanno definito l’idrosadenite suppurativa come la malattia della pelle con il più alto impatto psico-sociale. Alla base di questa patologia infiammatoria cronica vi sono delle alterazioni del sistema immunitario. Si manifesta generalmente dopo la pubertà con noduli sottocutanei, dolorosi e infiammati, nelle zone del corpo dove si formano le pieghe, quali ascelle, inguine e zone anogenitali. A soffrirne è l’1% della popolazione – ma i numeri potrebbero essere più alti per via della scarsa conoscenza della patologia e la mancanza di test diagnostici specifici.
L’idrosadenite suppurativa ha un’incidenza maggiore tra i 18 e i 44 anni. Ad esserne più colpite sono le donne, che ogni giorno vivono sulla propria pelle i disagi di una malattia invalidante, segnata da un’assistenza disomogenea che condiziona la quotidianità, la vita affettiva, sociale e lavorativa. Oltre alle limitazioni dei movimenti, il dolore compromette la salute mentale. Gli studi clinici dimostrano un impatto negativo dell’idrosadenite suppurativa sulla qualità di vita, sia in termini di sofferenza che per le ricadute psicosociali, superiore a qualsiasi altra malattia della pelle. In particolare, i dati mostrano un peggioramento dello stato di salute dei pazienti più elevato rispetto a depressione e malattie cardiovascolari.
Manifesto in dieci punti per rompere il silenzio sull’idrosadenite suppurativa
Per rompere il silenzio sulla malattia e dare voce ai bisogni dei pazienti, Passion People APS, l’Associazione nazionale delle persone affette da idrosadenite suppurativa, ha promosso un Manifesto in dieci punti. L’iniziativa si rivolge alle istituzioni per sollecitare azioni concrete volte a garantire un accesso equo e tempestivo alle cure, assistenza multidisciplinare e il riconoscimento delle tutele sociosanitarie, ad oggi carenti. Il Manifesto è stato presentato ieri mattina alla Camera dei deputati, nel corso della conferenza stampa “Un dolore poco noto? L’appello per l’idrosadenite suppurativa. Le proposte dei pazienti per far conoscere la malattia e combatterla insieme”.
L’incontro è stato organizzato su iniziativa del Vicepresidente della Commissione Affari Sociali, On. Luciano Ciocchetti, con il patrocinio della SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse) e il supporto non condizionante di UCB Pharma. “L’idrosadenite suppurativa non è solo una malattia della pelle, è una ferita che tocca il corpo e l’anima”, ha affermato Giusi Pintori, Direttrice di Passion People APS. “Chiediamo alle Istituzioni un impegno concreto per garantire ai pazienti con idrosadenite suppurativa le basi necessarie per una reale advocacy, fondata su ascolto, diritti e accesso equo alle cure, comprese le nuove terapie innovative in arrivo”.
La voce delle istituzioni
“L’approccio della Commissione Affari Sociali è quello di fare gioco di squadra, in maniera trasversale, per dare risposte alle questioni aperte in ambito sanitario”, ha dichiarato l’On. Ugo Cappellacci, Presidente XII Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati. “Credo sia doveroso che la politica intraprenda un percorso concreto per essere più vicina alle persone con idrosadenite suppurativa. I punti del Manifesto evidenziano i nervi scoperti del servizio sanitario italiano che è senza dubbio un’eccellenza a livello mondiale, ma necessita di interventi mirati nell’ottica di garantire cure migliori e più eque su tutto il territorio nazionale”.
“Il compito della politica è dare risposte ai bisogni delle persone, e non possiamo ignorare le richieste dei pazienti che convivono con questa malattia che impatta fortemente sulla qualità della vita”, ha aggiunto l’On. Luciano Ciocchetti, Vicepresidente XII Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati e promotore dell’iniziativa. “Mi impegnerò personalmente per l’adozione di una Risoluzione in Commissione Affari Sociali che possa contribuire a riconoscere l’idrosadenite suppurativa come malattia cronica invalidante, promuovere la formazione dei medici a sostegno della diagnosi precoce e della presa in carico multidisciplinare, e supportare l’accesso all’innovazione farmacologica per migliori outcome di salute su tutto il territorio nazionale”.
L’impatto dell’idrosadenite suppurativa
“L’idrosadenite suppurativa è, tra tutte le malattie della pelle, quella che più colpisce in modo negativo la vita delle persone che ne soffrono, grandemente compromessa in tutti i principali domini – fisico, psicologico-emotivo e sociale -, anche rispetto ad altri importanti malattie quali, ad esempio, il diabete e l’insufficienza cardiaca.
Sia i livelli di dolore e di irritazione cutanea, sia le ricadute sulla sfera psicosociale tra cui depressione, umiliazione, frustrazione, non si riscontrano in nessun’altra patologia: una combinazione di sintomi ed emozioni negative che può essere devastante per il paziente, anche in considerazione dell’insorgenza della malattia in età giovanile”, ha dichiarato Damiano Abeni, Responsabile Unità di epidemiologia clinica dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata IRCCS di Roma.
“Il bisogno di cure complesse, che vanno dalla terapia farmacologica, a quella del dolore, a quella chirurgica e psichiatrica, è negato dal mancato riconoscimento della gravità dell’idrosadenite suppurativa, che sconta anni di ritardo diagnostico e un’inaccettabile sperequazione per i pazienti che devono affrontare viaggi lunghi, impegnativi e costosi per trovare strutture che possano fornire cure affidabili ed efficaci”.
Tra le priorità: accesso alle terapie innovative e maggiore conoscenza
Tra le priorità individuate nel Manifesto, ci sono l’accesso alle terapie innovative su tutto il territorio nazionale e l’organizzazione di una presa in carico multidisciplinare e integrata. Viene sottolineata la mancanza di una Rete di Centri specializzati e un percorso strutturato che risponda ai bisogni delle persone con idrosadenite suppurativa, incluso l’accesso all’assistenza psichiatrica, oggi assente. Inoltre, il documento sottolinea la necessità di aumentare l’informazione tra i cittadini e il personale sanitario, e di favorire la partecipazione attiva dei pazienti ai processi decisionali.
Secondo il Presidente della Task-force SIDeMaST Idrosadenite Suppurativa, Angelo Valerio Marzano, “Occorre promuovere una maggiore consapevolezza della malattia a livello medico e sociale, per migliorare la conoscenza dei sintomi e garantire terapie appropriate su tutto il territorio nazionale”. “La ricerca scientifica sta facendo progressi – ha aggiunto Luca Bianchi, Professore Ordinario di Dermatologia all’Università di Roma Tor Vergata – ma è fondamentale investire in un approccio multidisciplinare considerato il carattere sistemico dell’idrosadenite suppurativa”.
La politica sanitaria non sia emergenza, faccia prevenizone
RubricheL’innovazione nel settore sanitario non dovrebbe essere solo una risposta all’emergenza, ma una strategia strutturale per trasformare la politica sanitaria da reattiva a preventiva. Lo ha sottolineato Maria Rosaria Campitiello, Capo del Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute, intervenendo all’Health Innovation Show 2024, promosso dalla Fondazione Mesit.
Il primo passo
“La prevenzione a 360 gradi diventa il primo passo, non solo per ridurre l’impatto delle malattie, ma anche per personalizzare le cure, superando il modello standardizzato. Le tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale, offrono strumenti per creare percorsi di cura adatti alle specificità del paziente, considerando fattori come il genere, come indicato dall’OMS”. Sul ruolo della tecnologia: “deve supportare pazienti, istituti di ricerca e istituzioni, che hanno l’obbligo di utilizzare i big data per fare ricerca e sviluppare terapie innovative. L’intelligenza artificiale può giocare un ruolo centrale, ad esempio aiutando gli anziani ad accedere più facilmente ai servizi, ma spetta a noi istituzioni formare adeguatamente i professionisti della sanità”.
La piattaforma RespiVirNet
Il Ministero della Salute è già impegnato in questa direzione, ha spiegato. “L’inaugurazione, avvenuta meno di un mese fa, della piattaforma RespiVirNet per il monitoraggio dei virus respiratori parainfluenzali, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, rappresenta un progresso tecnologico significativo”. Con una corretta prevenzione, si potrebbero anticipare fenomeni come la diffusione del Covid-19, individuandoli prima che diventino pandemie, ha affermato.
Innovazione
Inoltre, ha ricordato, il Ministero della Salute ha istituito il Prevention Hub, un ufficio dipartimentale con un focus specifico sull’innovazione tecnologica e sull’Health Technology Assessment (HTA). Con un finanziamento di 26 milioni di euro dal PNRR, il Prevention Hub coordinerà i sistemi di prevenzione in tutte le regioni italiane, con l’obiettivo di favorire l’equità. “Questa rete interconnessa mira a migliorare la prevenzione in Italia, un ambito in cui il nostro Paese è ancora carente: solo l’11% delle donne e meno del 5% degli uomini si sottopongono regolarmente a controlli preventivi. Eventi e momenti di confronto come questo sono essenziali per sensibilizzare la cittadinanza, diffondere una cultura della prevenzione e rafforzare il concetto di salute pubblica”, ha concluso.
Pubblicato su IL MATTINO il giorno 24 novembre 2024 a firma di Sofia Gorgoni con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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Medicina rigenerativa: se la cura viene dal corpo e può salvare gli arti
News, Ricerca innovazioneLa Medicina e la chirurgia rigenerativa hanno aperto nuove possibilità nella cura delle patologie degenerative e croniche. L’obiettivo è la riparazione di organi e tessuti danneggiati dall’invecchiamento, da eventi patologici o traumi, ripristinandone il funzionamento.
L’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli da cinque anni ha inserito queste tecniche nella pratica clinica della chirurgia vascolare, per la rigenerazione delle ulcere che colpiscono gli arti inferiori. L’approccio non prevede l’uso di un farmaco ma riproduce le cellule che servono a rigenerare i tessuti direttamente dal paziente, tramite procedure specifiche. Ne hanno parlato il dottor Enrico Cappello, responsabile della Chirurgia Vascolare ed Endovascolare II e il dottor Francesco Pompeo, responsabile della Chirurgia Vascolare e Diagnostica I e Coordinatore SIMCRI Regione Molise.
Medicina rigenerativa, come funziona
In chirurgia vascolare la medicina rigenerativa utilizza terapie cellulari e biomateriali che permettono la formazione di un neo-derma ben vascolarizzato che viene ripopolato dalle cellule del paziente. Un tessuto ‘malato’, tuttavia, necessita di una terapia cellulare vera e propria per poter agire. Nel trattamento dell’ischemia all’arto, ad esempio, sono note le capacità neo-angiogenetiche e neo-arterogenetiche delle cellule mononucleate del sangue periferico.
Queste cellule vengono estratte dal sangue del paziente stesso (cosiddette “autologhe”) attraverso un processo di filtrazione selettiva del sangue periferico, il Monocell, che permette, con un prelievo ematico, di ottenere un concentrato di mononucleate autologhe. Una volta che vengono infiltrate lungo l’arto ischemico, queste cellule permettono la formazione di vasi collaterali nonché l’aumento del diametro dei vasi sanguigni esistenti. In questo modo si fornisce un’opportunità di salvataggio dell’arto a quei pazienti per i quali non restano opzioni terapeutiche tradizionali. Grazie a questa terapia, diminuisce il rischio di amputazione, vengono controllati efficacemente dolore e infiammazione e migliora la qualità di vita del paziente.
“Il paziente diventa una specie di ‘cell factory’ – spiega il dottor Enrico Cappello – perché riusciamo ad indurre, sulla lesione, la produzione delle cellule necessarie per la riparazione tissutale. Non si tratta solo di creare una cicatrice, cioè un tappo davanti a un buco, per fare una semplice analogia: significa rigenerare la funzione della pelle al livello della lesione ulcerativa. La pelle è infatti un tessuto molto complesso che ha molte funzioni, basti pensare all’ossigenazione dei tessuti oppure alla gestione dell’impatto termico (con la sudorazione), all’elasticità”.
Oggi, quindi, accanto a tecniche chirurgiche per il trattamento delle lesioni degli arti inferiori, le cosiddette rivascolarizzazioni, o la tecnica della compressione che si utilizza per esempio all’interno di alcuni quadri patologici delle flebo-patie, la Medicina rigenerativa offre ulteriori opzioni terapeutiche.
“Trasformare il nostro organismo in un piccolo laboratorio – continua Cappello – di fatto personalizza la cura, perché prendiamo, lavoriamo e impiantiamo i fattori autologhi del paziente. All’interno del nostro Istituto abbiamo diversi filoni di ricerca nell’ambito della Medicina rigenerativa: dall’utilizzo delle cellule mononucleate alle cellule staminali, fino ai più nuovi ritrovati, come i fattori di crescita piastrinici ad alto dosaggio, che vengono estrapolati dal sangue del paziente e vengono impiantati a livello della lesione. Questo ci porta a studiare nuove prospettive terapeutiche, contrastando le problematiche legate alle lesioni degli arti inferiori, quindi cercando di evitare il più possibile la perdita dell’arto e lo sviluppo di comorbidità che impattano in maniera significativa sulla qualità della vita dei pazienti”.
“La rigenerazione dei tessuti in vivo – afferma il dottor Francesco Pompeo – permette quindi non solo di far guarire la ferita, ma di preservare tutte le funzioni di quel tessuto. Siamo stati tra i primi Centri a testare quanto la neo-angiogenesi sia cruciale nel processo di rigenerazione per le lesioni degli ari inferiori. Con essa riusciamo a migliorare l’apporto ematico nella sede della lesione dopo aver provveduto a rivascolarizzare le arterie ostruite. Ma questa tecnica può anche ampliare il numero di casi da poter trattare, anche quelli più difficili. Un approccio in continua evoluzione di cui si occupa la SIMCRI – Società Italiana di Medicina e Chirurgia rigenerativa – e che può essere ad appannaggio delle patologie artrosiche, ortopediche, plastiche, ginecologiche, odontoiatriche oltre che vascolari”.
Il meta-museo racconta l’innovazione in medicina
Rubriche, Ricerca innovazioneUn museo senza pareti e un assistente virtuale che risponde in tempo reale danno inizio a un viaggio tra passato e futuro della medicina nell’Health Innovation Space. Il primo meta-museo dedicato all’innovazione sanitaria, promosso dalla Fondazione Mesit (Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica) è stato inaugurato l’11 novembre nella Curia Iulia del Parco archeologico del Colosseo. Una mostra fisica, visitabile fino a fine anno, che diventa anche digitale, accessibile da remoto su healthinnovationspace.it. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con PwC Italia, si inserisce nella seconda edizione dell’Health Innovation Show, appuntamento annuale nato per promuovere il valore della ricerca e dell’innovazione sanitaria. Dopo il debutto a Napoli nel 2023, la tappa romana offre un’esperienza fisica e digitale, per scoprire i progressi e le sfide della sanità del futuro. Marco Trabucco Aurilio, presidente della Fondazione Mesit, ha aperto l’evento spiegando la missione del progetto: “Vogliamo raggiungere soprattutto i più giovani, sensibilizzandoli sull’importanza della ricerca, della prevenzione e della sostenibilità. Grazie all’intelligenza artificiale abbiamo reso l’esperienza ancora più immersiva e interattiva”.
Il percorso
All’Health Innovation Space, schermi, ologrammi e visori per la realtà virtuale accompagnano i visitatori in tre aree tematiche. La prima è un percorso che esplora tremila anni di ricerca oncologica, dalle prime testimonianze dell’antico Egitto ai più recenti traguardi scientifici. La seconda area è dedicata al complesso mondo delle malattie rare, spesso trascurate, ma che colpiscono milioni di persone nel mondo. Infine, l’area della prevenzione quest’anno è dedicata al paradigma One Health, che riconosce la connessione tra salute umana, animale e ambiente. Il museo è visitabile di persona o attraverso qualsiasi dispositivo connesso a internet.
Al centro dell’esperienza c’è Healthy, l’assistente virtuale creato con l’intelligenza artificiale. Questo aspetto digitale riflette la volontà della Fondazione Mesit di rendere la conoscenza un tema accessibile a tutti, senza barriere. L’intelligenza artificiale è uno degli elementi chiave di questa edizione. Per la Fondazione Mesit, rappresenta uno strumento per avvicinare il pubblico a temi complessi della medicina. Attraverso il meta-museo, Healthy risponde alle domande dei visitatori, fornendo informazioni su diagnosi, trattamenti e benessere.
La transizione
“L’innovazione rappresenta il motore della transizione sanitaria in atto, una vera e propria rivoluzione nel modo in cui vengono concepiti ed erogati i servizi sanitari. Nuove tecnologie, nuove strategie di governance, valorizzazione delle risorse, tutto ciò al fine di garantire la massima accessibilità possibile all’innovazione, che è da sempre un fattore determinante per la sicurezza e il benessere della popolazione, anche in termini di equità e sostenibilità”. All’inaugurazione sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni e del mondo accademico, Francesco Saverio Mennini, Capo dipartimento programmazione dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche a favore del Servizio sanitario nazionale del ministero della Salute, Maria Rosaria Campitiello, Capo del Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute, e Giovanni Russo, Capo dipartimento amministrazione penitenziaria.
La sostenibilità
Durante la conferenza stampa, Trabucco Aurilio ha sottolineato come l’innovazione sanitaria sia un motore di equità e sostenibilità. Le tecnologie emergenti, ha spiegato, stanno trasformando il modo in cui i servizi sanitari vengono concepiti e offerti, garantendo maggiore accessibilità e sicurezza. L’edizione romana segue quella inaugurale del 2023, ospitata al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa. Migliaia di visitatori, tra cui studenti, hanno partecipato alla prima esposizione. Ora, con il meta-museo, l’esperienza si amplia, diventando accessibile da remoto. “L’innovazione non è un lusso, ma una necessità per la salute delle persone”, ha concluso Trabucco Aurilio.
Pubblicato su IL MATTINO il giorno 24 novembre 2024 a firma di Sofia Gorgoni con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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Influenza, quest’anno serve la vaccinazione
Prevenzione, Eventi d'interesse, NotizieSottovalutare l’influenza e tardare nella vaccinazione può essere un grave rischio, sopratutto per le persone anziane, fragili o con patologie croniche. Di qui l’appello che parte dai medici di famiglia di Napoli, ma che vale a prescindere dai territori, a sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale. In più, in molte regioni del Sud Italia, quest’anno come mai negli anni passati, il cambiamento climatico sta creando uno squilibrio termico enorme tra mattinate di sole con temperature quasi primaverili e serate di pieno inverno.
Primi casi di influenza e aumento delle visite
Il dottor Corrado Calamaro
L’appello ad evitare di esporsi arriva direttamente dai medici di famiglia della Fimmg Napoli, che nei loro studi stanno riscontrando questo sensibile aumento di richieste di visite e avvertono che “nei primi giorni di dicembre l’influenza comincerà a farsi sentire”. Corrado Calamaro (Fimmg), esperto medico di medicina generale spiega che “sottovalutare le nuove forme di rischio legate al cambiamento climatico ormai evidente è un errore molto comune, ma non per questo non un errore grave. Molti pazienti fragili o anziani rischiano infatti di arrivare in condizione di estrema debolezza al picco, con conseguenze anche molto pericolose e il rischio di dover poi subire un ricovero ospedaliero”.
Il picco a dicembre
Ed è ancora lui ad avvertire che sino ad oggi ancora non abbiamo avuto a che fare con l’influenza di stagione, che molto probabilmente si farà sentire nei primi giorni di dicembre. Di qui l’invito ad un cambio di passo sulle vaccinazioni. “Ci aspettiamo quest’anno di dover affrontare un virus particolarmente insidioso, capace di lasciate strascichi importanti e di mettere a rischio i pazienti più anziani e fragili”. I medici di famiglia della Fimmg spiegano che l’influenza può presentarsi con diverse forme di gravità e alcune fasce di popolazione, ad esempio i pazienti con malattie croniche possono facilmente sviluppare gravi complicanze influenzali come polmonite virale, polmonite batterica secondaria e peggioramento delle condizioni mediche sottostanti.
Vaccinazioni
“La vaccinazione è il metodo più sicuro ed efficace per prevenire l’influenza stagionale”, dice il dottor Luigi Sparano (Fimmg). “Il vaccino è sempre diverso, specifico per la per le caratteristiche del virus ed è bene anche sfatare il falso mito per il quale il vaccino stesso può causare l’influenza: i vaccini contro l’influenza contengono esclusivamente virus inattivati o loro frammenti, il che significa che non possono provocare infezioni influenzali”. Vaccinarsi riduce in modo significativo il rischio di contrarre la malattia e, anche nel caso si sviluppi l’influenza, i sintomi saranno generalmente più lievi e privi di complicazioni. Inoltre, la vaccinazione non protegge solo chi la riceve, ma contribuisce a limitare la diffusione del virus nella comunità, alleggerendo così il carico sul sistema sanitario”.
Con la presenza contemporanea del virus SARS-CoV-2, responsabile del COVID-19, garantire una copertura vaccinale diffusa è ancora più importante. Questo non solo aiuta a mantenere forti le difese immunitarie e a prevenire complicanze nelle persone più vulnerabili, ma contribuisce anche a evitare un sovraccarico di ricoveri negli ospedali, conclude Sparano.
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Decadimento cognitivo si rivela da quello motorio. Lo studio
Anziani, Medicina estetica, News, Notizie, Ricerca innovazione, Sport, Stili di vitaNegli ultimi anni, la ricerca scientifica ha messo in evidenza una connessione tra decadimento motorio e declino cognitivo. Una sindrome specifica, la motoric cognitive risk syndrome (MCR), potrebbe anticipare di anni l’insorgere di malattie come l’Alzheimer. Studi recenti, tra cui uno pubblicato su Neurology dall’équipe di Victoire Leroy dell’Albert Einstein College di New York, stanno approfondendo il legame tra rallentamento motorio e declino cognitivo, mostrando come la diagnosi precoce di MCR possa rivelarsi cruciale.
La mcr, una condizione sottovalutata
La MCR, individuata per la prima volta nel 2014 da Joe Verghese, si manifesta con sintomi come sonnolenza diurna e riduzione delle attività quotidiane. A differenza della compromissione cognitiva lieve (MCI), che si caratterizza per problemi di memoria e funge spesso da preludio all’Alzheimer, la MCR colpisce la sfera motoria. Questo aspetto può rendere la sindrome più difficile da riconoscere.
Uno studio dell’Università di Sichuan pubblicato su Aging & Mental Health ha analizzato dati di oltre 187mila individui in Europa, Stati Uniti, Messico, India e Cina. Ha rilevato una prevalenza globale del 9%, con tassi più alti tra gli ispano-americani, le donne, gli anziani con bassa scolarità e chi soffre di depressione o problemi cardiovascolari.
Marcia ed equilibrio come segnali chiave
Il rallentamento della marcia è il segno distintivo della MCR. La diagnosi richiede test specifici, come la valutazione del passo su un tapis roulant. Uno studio coreano pubblicato su JAMA lo scorso ottobre, che ha coinvolto oltre un milione di over 65, ha indicato come anche l’equilibrio su una gamba sola possa rivelare segnali di rischio: i pazienti con MCR falliscono questo test il doppio delle volte rispetto agli altri.
Le cause del rallentamento motorio sono complesse. Nel 2019, Stephen Mullin dell’Università di Plymouth ha individuato, tramite risonanza magnetica, una correlazione tra MCR e una riduzione della corteccia motoria e premotoria. Questi cambiamenti nel cervello potrebbero anticipare di molti anni il declino cognitivo: uno studio del 2023 pubblicato su Gerontology ha mostrato che le alterazioni della marcia si manifestano fino a 12 anni prima della diagnosi di MCI.
Sintomi e difficoltà quotidiane
Oltre ai problemi di marcia ed equilibrio, i pazienti con MCR spesso non riescono a gestire le normali attività quotidiane, come la pulizia della casa o l’igiene personale. Nonostante non risultino segnali di demenza agli esami neurologici standard, presentano una fragilità che li espone a un rischio maggiore di isolamento e peggioramento clinico.
I fattori di rischio includono uno stile di vita sedentario, obesità (BMI ≥ 30 kg/m²), disturbi renali e metabolici. Molti di questi pazienti percorrono meno di 400 metri al giorno e evitano le scale, limitando ulteriormente la loro mobilità e indipendenza.
La solitudine come aggravante
Il matrimonio o la convivenza con un partner rappresentano un fattore protettivo contro la MCR. La solitudine, invece, è un rischio significativo, soprattutto per gli anziani. Anche la presenza di un badante può fare la differenza. Uno studio ha mostrato che il supporto emotivo di una figura di riferimento riduce l’isolamento e incoraggia il coinvolgimento sociale, migliorando la qualità della vita dei pazienti.
Decadimento cognitivo: prevenzione e ruolo della vitamina D
La prevenzione passa anche attraverso un’adeguata alimentazione. La vitamina D, secondo uno studio del 2022 dell’Università di Angers pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dei sistemi muscolare e nervoso. Nei pazienti con MCR, una carenza di vitamina D è stata associata a rallentamento motorio, disturbi cognitivi e maggiore rischio di cadute.
Gli alimenti ricchi di vitamina D, come uova e pesci grassi, possono aiutare a prevenire il declino motorio e cognitivo, soprattutto negli anziani.
Coinvolgimento sociale come terapia
Il coinvolgimento sociale e l’attività fisica possono rappresentare strumenti di prevenzione e cura. Portare i pazienti a fare la spesa, a ballare o in palestra può ridurre il rischio di isolamento e favorire un miglioramento motorio. Molti pazienti manifestano una paura costante di cadere, un sintomo che spesso riflette i disturbi motori in fase iniziale. Questo timore è fondato: il rischio di cadute è effettivamente più alto nei pazienti con MCR, probabilmente a causa di alterazioni nei meccanismi vestibolari di controllo dell’equilibrio.
Medico di medicina generale, come cambia la gestione del diabete e complicanze
NewsIl diabete mellito di tipo 2 ha una prevalenza del 6,2% nel nostro Paese ed è una delle patologie croniche destinate ad aumentare, anche per via dell’invecchiamento della popolazione. La Nota 100 di AIFA ha ampliato la possibilità per la Medicina Generale di prescrivere i farmaci antidiabetici più recenti. “Dopo la pubblicazione nel 2022 della Nota 100, la SIMG ha promosso vari eventi formativi per favorire la prescrizione di appropriate terapie del diabete mellito – sottolinea Gerardo Medea, Consigliere Nazionale e Responsabile della Ricerca SIMG – Ad oggi più di cento medici hanno ottenuto il titolo di MMG esperto in diabete e patologie metaboliche e ad essere iscritti in un registro riconosciuto anche a livello europeo. Abbiamo creato anche un osservatorio permanente per valutare la presa in carico, l’appropriatezza prescrittiva e la competenza acquisita dai medici di famiglia nell’applicazione della nota 100. L’obiettivo è stimolare i Medici di Medicina Generale a prescrivere questi farmaci, con vantaggio del paziente nell’accesso a trattamenti dagli indubbi effetti benefici. Dopo il primo ciclo di formazione possiamo trarre un bilancio positivo: gli indicatori mostrano un aumento della presa in carico e un progressivo miglioramento nella prescrizione autonoma di questi farmaci, con il 40% dei MMG partecipanti che hanno compilato la prima scheda di monitoraggio”, – conclude.
La complicazione cardio-nefro-metabolica
L’elevata sovrapposizione tra diabete, malattie cardiache e renali ha portato alcune società scientifiche a definire la sindrome cardio-nefro-metabolica, che colpisce circa 11,6 milioni di persone in Italia. “Per la sua complessità clinica, questa sindrome richiede un approccio multidisciplinare e integrato che punti non soltanto al controllo glicemico, ma anche al controllo del peso corporeo, alla gestione dei fattori di rischio cardiovascolare e soprattutto alla protezione d’organo cardio renale – sottolinea Tindaro Iraci, SIMG Palermo – I farmaci ipoglicemizzanti come gli agonisti recettoriali del GLP1 e gli SGLT2 inibitori hanno dimostrato efficacia nel ridurre il rischio cardiovascolare di tipo aterosclerotico sia in prevenzione secondaria che in prevenzione primaria , quindi anche in quei soggetti che pur in assenza di patologia cardiovascolare accertata, presentino indicatori di rischio cardiovascolare elevato, come l’ipertensione, l’obesità o la dislipidemia aterogena.Gli SGLT2 inibitori hanno dimostrato efficacia anche nel rallentare la progressione della malattia renale cronica e nel ridurre le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. È quindi importante che i medici di famiglia identifichino precocemente tra i loro assistititi tutti i soggetti che potrebbero giovarsi di trattamenti in grado di prevenire l’insorgenza delle complicanze e offrano loro, in maniera tempestiva, la migliore terapia”– conclude.
Il ruolo del Medico di Medicina Generale nella stadiazione del paziente
Il MMG è in prima linea per l’identificazione precoce dei pazienti ad alto rischio di sviluppo di danno cardiorenale. “Per la stadiazione del rischio, sono necessari il monitoraggio della creatinina e il valore della microalbuminuria – spiega Maurizio Ridolfi, SIMG Roma – Il monitoraggio regolare di questi parametri è essenziale per rallentare la progressione del danno e adattare tempestivamente la terapia, in cui gli SGLT-2 svolgono un ruolo chiave. La nefroprotezione di questi farmaci è indipendente dalla riduzione della glicemia stessa, agendo sulla diminuzione della pressione intra-glomerulare e sulla riduzione dello stress ossidativo; si introduce dunque un approccio terapeutico multidimensionale che permette un effetto protettivo su reni e sistema cardiovascolare. Alla luce di queste considerazioni, è bene che il Medico di Medicina Generale si impegni per identificare e stadiare precocemente nei pazienti diabetici il rischio di danno cardiorenale, per migliorare la gestione della malattia, prevenirne le complicanze e migliorare la qualità di vita dei pazienti” – conclude.
Giornata contro la violenza sulle donne: dalle istituzioni all’industria, le iniziative
Eventi d'interesse, Farmaceutica, Medicina Sociale, News, PsicologiaIn occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre), sono tanti i palazzi illuminati di arancione, come simbolo della lotta a qualsiasi forma di abuso. L’iniziativa si inserisce all’interno della campagna internazionale di sensibilizzazione dell’ONU “Orange the World”, a cui ha aderito anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, illuminando la facciata principale di Palazzo Chigi, dal tramonto di ieri 24 novembre all’alba di oggi 25 novembre 2024, giornata nella quale l’illuminazione si ripeterà dal tramonto alle ore 23:59.
Dalle istituzioni ai privati, dalle associazioni alle società scientifiche: sono tante le realtà che hanno avviato iniziative di sensibilizzazione, in occasione di questa ricorrenza.
Dalla ricerca alla formazione: le iniziative dell’Istituto Superiore di Sanità
Per contrastare e prevenire la violenza di genere, anche l’Iss ha messo in campo corsi di formazione che hanno raggiunto oltre 18.000 operatrici e operatori sanitari dei 651 pronto soccorsi italiani e oltre 2.000 professioniste e professionisti del territorio. I corsi, di formazione a distanza (FAD) e blended (che includono anche incontri in aula) sul tema della Prevenzione e del contrasto della violenza di genere attraverso le reti territoriali, sono stati promossi e finanziati dal Ministero della Salute a partire dal 2014.
Nel frattempo, il progetto Epi-We, che recluta volontarie per studiare le cicatrici molecolari della violenza sul DNA delle donne maltrattate, va avanti.
La formazione del personale, strumento di contrasto alla violenza di genere
“Rilevare la violenza sulle donne che arrivano nei Pronto soccorso non è affatto un processo scontato, è necessario che il personale di salute abbia conoscenze, competenze e strumenti per farlo. Le donne che vivono situazioni di violenza sono di ogni età e appartengono a differenti contesti socio-culturali, spesso temono di rilevare quanto hanno subito per timore di ritorsioni da parte del maltrattante o di essere ritenute loro stesse, in qualche modo, responsabili della violenza, temono cioè quello che viene definito vittimizzazione secondaria”, afferma Anna Colucci, ricercatrice della UO RCF, l’Unità Operativa ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione dell’ISS.
Con #IpaziaCCM2021, dagli ospedali ai territori
Dopo i Pronto soccorso la formazione dell’ISS ha coinvolto, con il Progetto #IpaziaCCM2021, che vede il coordinamento scientifico dell’azienda Usl Toscana Sud-Est, i Servizi territoriali di area sanitaria e socio-sanitaria, nodi cruciali della rete di prevenzione e contrasto della violenza ai quali possono accedere le donne e minori.
Hanno partecipato e completato il Corso FAD 2.346 professioniste e professionisti dei Servizi presenti nei territori. Sono stati formati presso l’ISS 23 facilitatrici e facilitatori della formazione, che hanno contribuito alla conduzione di 8 Corsi residenziali che si sono tenuti nei territori di attuazione del Progetto: Grosseto, Perugia, Matera, Lecce, Roma, Policoro (MT), Pordenone, Milano.
#IpaziaCCM2021, in una prospettiva futura potrebbe svilupparsi ulteriormente, coinvolgendo con percorsi formativi capillari l’intero territorio nazionale.
Il progetto Epi_We: 70 donne hanno aderito al secondo step
La violenza lascia cicatrici molecolari sul Dna delle donne che la subiscono: capire fino a che punto queste modifiche si estendano all’interno del genoma delle vittime e quanto durano i loro effetti nel tempo potrebbe essere la chiave per mettere in atto una prevenzione di precisione. È esattamente questo l’obiettivo della fase multicentrica del progetto Epi-We (Epigenetics for Women) che chiede la collaborazione di tutte le donne. L’iniziativa, insieme a un video realizzato per invitare le donne a partecipare attraverso la donazione di un campione biologico, è stata presentata il 25 ottobre nel corso di un convegno in Iss. “Già 70 donne hanno risposto e aderito al progetto – dice Simona Gaudi coordinatrice di Epi-We ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute di Iss – e alcune di loro si sono anche raccontate, hanno anche parzialmente descritto il tipo di violenza subita. Per noi, e per tutte le donne, è un grande risultato”.
Iniziative dall’industria
70% delle aziende farmaceutiche attive con iniziative per contrastare la violenza di genere
“Il 70% delle imprese farmaceutiche hanno attivato o stanno attivando iniziative, condivise con le organizzazioni sindacali, sulla violenza di genere. Dati che dimostrano come l’industria farmaceutica sia in prima linea su argomenti così importanti”, spiega il Presidente di Farmindustria, Marcello Cattani, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“Sono queste le prime evidenze in risposta all’iniziativa lanciata lo scorso anno da Farmindustria con le Organizzazioni Sindacali di settore. Un progetto culturale che va oltre l’ambito lavorativo, raggiungendo le famiglie dei dipendenti e i loro contesti sociali.
Progetti, anche con enti no-profit, che diventano attività per offrire strumenti concreti ai dipendenti e alle loro famiglie: campagne di sensibilizzazione, formazione dei dipendenti, corsi di difesa personale. Perché sono temi che ci stanno molto a cuore, considerata anche l’alta percentuale femminile presente nelle nostre aziende.
Nell’industria farmaceutica, dove l’occupazione ‘rosa’ è cresciuta del 14% negli ultimi 5 anni, la parità di genere è infatti da anni una realtà. Il 45% degli addetti è rappresentato da donne, che nella Ricerca superano il 50%. E, nei ruoli apicali – come quadri e dirigenti – le donne sono il 47% del totale, quota che sale al 56% tra gli under35.
E vogliamo rafforzare il nostro impegno per sviluppare e diffondere l’importanza della cultura del rispetto. Attraverso azioni di sensibilizzazione che coinvolgono quanti più attori possibile per dire stop alla violenza”, conclude Cattani.
Vaccini strategici contro l’antibioticoresistenza
RubricheL’Italia, come gran parte dell’Europa, invecchia. Entro il 2050 un terzo della popolazione avrà più di 65 anni. L’invecchiamento è una conquista, ma porta con sé maggiori rischi di cronicità e comorbidità. Per affrontarli, la prevenzione è fondamentale. Non si tratta solo di stili di vita sani, ma anche di strategie come le vaccinazioni, che oggi permettono di proteggere da malattie e alcuni tumori, come quello causato dal virus Hpv.
I dati
Eppure, in Europa si registra un calo preoccupante delle coperture vaccinali. Negli ultimi tre anni, oltre 1,8 milioni di bambini non sono stati vaccinati contro il morbillo, portando nel 2023 a un aumento di casi sessanta volte superiore rispetto al 2022. L’emergere di nuove infezioni, il cambiamento climatico e l’antibiotico-resistenza aggravano ulteriormente i rischi per la salute globale e per la sostenibilità dei sistemi sanitari.
Evitare gli errori
A ribadire l’importanza dei vaccini, anche per contrastare l’antibiotico-resistenza, è stato Massimo Andreoni, professore emerito di Malattie infettive all’Università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Simit, durante il focus “Prevenzione e Vaccini” dell’Health Innovation Show 2024. “Vaccinandoci – ha sottolineato – evitiamo infezioni respiratorie che spesso vengono trattate erroneamente con antibiotici, nonostante siano di origine virale. Questo riduce l’uso non appropriato degli antibiotici e, di conseguenza, il rischio di creare batteri resistenti”.
L’abuso
Oltre ai vaccini già consolidati, come quelli contro l’influenza e il Covid-19, Andreoni ha ricordato il vaccino per il virus respiratorio sinciziale (Rsv). “Si tratta di uno dei principali responsabili delle infezioni respiratorie, soprattutto in autunno e inverno”, ha detto. L’infettivologo ha anche ribadito l’importanza di un’informazione corretta sull’uso degli antibiotici, per medici e cittadini. “L’uso eccessivo o inappropriato crea resistenze difficili da gestire”.
I costi
La mancata prevenzione aumenta il rischio di ricoveri e di entrare in contatto con germi resistenti, ma impatta anche sull’economia. Come ha ricordato Eugenio Di Brino, ricercatore e partner di Altems Advisory dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: “Genera costi indiretti che pesano sul sistema sanitario, come il calo del Pil e del gettito fiscale”. Oggi alla prevenzione è dedicato il 5% del Fondo sanitario nazionale. A livello territoriale, invece, le risorse variano molto tra le diverse Regioni.
Pubblicato su IL MATTINO il giorno 24 novembre 2024 con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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La tecnologia cambia la sanità
RubricheL’innovazione e la tecnologia come strumento per una sanità più equa e sostenibile. È questo il filo conduttore della seconda edizione dell’Health Innovation Show 2024, promosso dalla Fondazione Mesit (Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica), dall’11al 12 novembre a Roma. Dati, nuove tecnologie e sistemi ‘intelligenti’ ridisegnano il volto della sanità, accelerando la diagnosi, riducendo i costi e migliorando la qualità delle cure. Garantire che questi progressi siano accessibili a tutti è stato il tema al centro del dibattito che ha messo a confronto i rappresentanti delle istituzioni, delle società scientifiche e dell’industria. “La ricerca scientifica ha cambiato il paradigma di cura di molte malattie – ha spiegato Marco Trabucco Aurilio, presidente della Fondazione Mesit. “Oggi la vera sfida è l’equità: rendere l’innovazione disponibile a tutti i cittadini, indipendentemente dalla Regione in cui vivono”.
Il nuovo volto dell’innovazione
Le due giornate sono state l’occasione per generare proposte concrete, in un momento cruciale in cui si discute la legge di bilancio, ha sottolineato il presidente. L’evento è partito dal Parco archeologico del Colosseo, con l’inaugurazione del meta- museo per poi proseguire a Palazzo Rospigliosi. I lavori, divisi in varie sessioni, hanno affrontato temi cruciali per il futuro della sanità italiana: dalla prevenzione e i vaccini, alle malattie rare, fino ai nuovi modelli di governance. Orazio Schillaci, ministro della Salute, intervenuto con un messaggio, ha sottolineato il ruolo delle nuove tecnologie: “Come medico nucleare, ho visto come dispositivi sempre più avanzati e radiofarmaci specifici abbiano migliorato diagnosi e trattamenti”. Il ministro ha sottolineato come i costi delle innovazioni, nel lungo periodo, possano generare risparmi importanti per il sistema, oltre che migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Intelligenza artificiale, come cambia la ricerca
Oggi l’intelligenza artificiale sta riscrivendo anche le regole della ricerca. Processi che un tempo richiedevano anni, come l’individuazione di nuove molecole, oggi possono essere accelerati grazie all’analisi di enormi quantità di dati e alla loro elaborazione in tempo reale. Big Data e AI permettono di identificare correlazioni prima impossibili, ottimizzando gli investimenti e aprendo nuove prospettive per lo sviluppo di farmaci innovativi. Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, intervenendo nella prima giornata, ha ribadito il ruolo centrale dell’industria farmaceutica. “Health Innovation Show 2024 è un’occasione per fare il punto sul percorso di innovazione del nostro Paese. L’industria farmaceutica, con il suo impegno nella ricerca e sviluppo, ha ottenuto risultati straordinari, riducendo i tempi di sviluppo, accelerando la distribuzione di nuovi farmaci, e migliorando l’accesso a trattamenti innovativi. Tuttavia, questi sforzi spesso si scontrano con sistemi amministrativi obsoleti e burocratizzati”.
Il fascicolo sanitario elettrinico
Sul fascicolo sanitario elettronico, Cattani ha sottolineato la necessità di trasformarlo in un reale strumento di innovazione, non solo di accesso alle informazioni. “Dati e tecnologie devono aiutarci a misurare il valore generato dalla prevenzione, dall’innovazione e dalla cura”, ha affermato il presidente. “Senza una strategia nazionale e una visione comune, l’Italia rischia di perdere accesso alle terapie innovative, perché ogni regione continuerà a seguire la propria strada. Abbiamo la responsabilità di mettere al centro il cittadino, garantendo l’accesso a farmaci nuovi e sicuri”, ha concluso.
I partner e il report
L’evento è stato organizzato in collaborazione con il Ceis-Eehta (Centro di Studi Economici e Internazionali: Valutazione Economica e HTA, Università degli Studi di Roma Tor Vergata), Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma) e il Centro di Ricerca Interdipartimentale “Innovazione & Salute” dell’Università Roma Tre, con il sostegno non condizionante di Sanofi e Gilead. Durante i lavori è stato presentato il nuovo aggiornamento del report “Innovation Starting Point: Prospettive passate e future in Sanità”, realizzato dalla Fondazione Mesit con il contributo delle università coinvolte. Il documento analizza le più importanti innovazioni, orientando il dibattito sulle priorità da affrontare per il Sistema sanitario italiano.
Pubblicato su IL MATTINO il giorno 24 novembre 2024 a firma di Sofia Gorgoni con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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