Tempo di lettura: 4 minutiOltre 3,5 milioni di persone in Italia soffrono o sono a rischio di malattie che possono portare a ipovisione e cecità. Si tratta, ad esempio, di glaucoma, retinopatia diabetica e degenerazione maculare legata all’età.
Crescono le malattie che minacciano la vista, perché la popolazione invecchia, ma si allungano le liste di attesa per le visite e gli interventi oculistici all’interno del Servizio Sanitario Nazionale – SSN.
L’oculistica, ritenuta una disciplina non salva-vita, sta uscendo dall’orbita della sanità pubblica, secondo il presidente IAPB Italia ETS Mario Barbuto. “Nell’arco di dieci anni – ha affermato – gli utenti del sito IAPB Italia sono cresciuti di tre volte: da 600mila a 2,1 milioni. Questo è sì segno di un’aumentata consapevolezza, ma anche il sintomo che le domande di salute visiva non trovano risposta nella Sanità pubblica e che le persone sono spinte a cercare da sole e altrove le risposte”.
Il tema è stato al centro del dibattito con specialisti e istituzioni, in occasione della Giornata Mondiale della Vista organizzata da IAPB Italia ETS in collaborazione con Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, ieri mattina al Ministero della Salute a Roma. Si è discusso dell’uso e i benefici delle tecnologie avanzate in oftalmologia; applicazioni cliniche di teleoftalmologia; teleriabilitazione visiva, ruolo dell’Intelligenza Artificiale nella ricerca clinica oftalmologica e nuove tecnologie nel glaucoma.
La prevenzione delle malattie della vista
Barbuto ha rivolto tre appelli. Il primo, dedicato alla cittadinanza. “Quasi tutte le malattie della vista possono essere curate o arginate se diagnosticate in tempo ma la natura asintomatica delle più gravi fa sì che molte persone siano malate senza saperlo – ha sottolineato Barbuto. “La visita oculistica regolare è la migliore forma di prevenzione. Su quasi 9 mila controlli oculistici gratuiti effettuati attraverso la campagna di prevenzione “Vista in Salute” in 54 città italiane, il 20 percento di quanti dichiaravano di vedere bene era affetto, invece, da un problema oculare”.
Rivolgendosi alle istituzioni ha proseguito: “l’oculistica rischia di uscire dal SSN. I tempi di attesa e la difficoltà e rigidità nelle prenotazioni delle visite specialistiche tendono a limitare gravemente il diritto alla salute visiva delle persone, in particolare di quelle più fragili e povere, con costi economici e un danno umano, ma anche di previdenza sociale altissimo”.
Infine, rivolgendosi agli attori sanitari e alle ASL sul territorio, ha detto: “attori del Terzo Settore come IAPB Italia possono ‘misurare’ buone pratiche sanitarie e che queste potrebbero essere più facili da accogliere per il settore pubblico potendo contare su dati autorevoli. È il caso del progetto “Vista in Salute: nuovi modelli organizzativi per la prevenzione e la diagnosi precoce oftalmica nel SSN”, finanziato dal Ministero della Salute e organizzato e redatto da IAPB Italia e CERGAS-SDA Bocconi”.
Retinografia digitale: visitati fino al 130% in più dei pazienti diabetici
Secondo lo studio, “l’introduzione della telemedicina per la retinografia digitale consentirebbe di ottenere fino al 130 percento in più dei pazienti diabetici che possono essere visitati o, alternativamente, un 55 percento in più di visite oftalmologiche da destinare all’abbattimento delle liste d’attesa, con meno costi da sostenere per il SSN”.
Glaucoma, una delle principali cause di cecità e ipovisione
Il glaucoma è una delle principali cause di cecità e ipovisione. Stime recenti indicano come, globalmente, vi siano più di 68 milioni di pazienti affetti, di cui 3.61 milioni ciechi e 4.14 milioni con gravi minorazioni visive dovute alla patologia. Durante l’evento, il professor Carlo Nucci, Ordinario di Malattie dell’Apparato Visivo e Prorettore vicario dell’Università di Roma Tor Vergata ha parlato delle innovazioni tecnologiche nell’abito della diagnosi e del trattamento della malattia. Le evidenze cliniche supportano l’utilizzo degli OCT di ultima generazione per la diagnosi precoce delle alterazioni morfologiche indotte dalla malattia. Dati che aprono all’applicazione dell’intelligenza artificiale nella diagnosi del glaucoma.
Screening della retinopatia diabetica con AI
Anche nello screening della retinopatia diabetica, l’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il campo dell’Oftalmologia. Il professor Francesco Bandello, Università Vita Salute San Raffaele Milano, ha parlato di come gli algoritmi di deep learning e le reti neurali convoluzionali stiano migliorando l’accuratezza e l’efficienza dello screening, rendendo possibile l’identificazione precoce delle lesioni retiniche.
Mutazioni genetiche e malattie oculari ereditarie
Il professor Stanislao Rizzo Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS di Roma ha sottolineato come l’AI stia assumendo un ruolo sempre più importante sia nella ricerca oftalmologica, grazie alla sua capacità di analizzare grandi volumi di dati e fornire strumenti predittivi e diagnostici avanzati, sia nel supporto decisionale.
Per esempio, può individuare correlazioni tra mutazioni genetiche e malattie oculari ereditarie al fine di accelerare la scoperta di biomarcatori e potenziali bersagli terapeutici. Alcuni algoritmi di screening sono approvati dalla Food and Drug Administration USA già dal 2018: con l’analisi delle immagini OCT, l’AI può rilevare anomalie strutturali minime che potrebbero sfuggire all’osservazione umana, migliorando la precisione diagnostica per malattie come la degenerazione maculare correlata all’età – AMD, il glaucoma e l’edema maculare.
Telemedicina
La dottoressa Stefania Fortini, vicedirettore del Polo Nazionale di Ipovisione, ha parlato della piattaforma di tele riabilitazione visiva Eyefitness, progettata dallo stesso Polo Nazionale chegarantisce per anni al paziente una continuità di cura attraverso una vera e propria tele assistenza e la miglior qualità di vita possibile.
Il dottor Manlio Nicoletti, Direttore UOC Oculistica AUSL di Bologna ha raccontato l’esperienza in corso presso l’AUSL di Bologna, dove le visite in tele oftalmologia si svolgono in centri adibiti a cliniche virtuali – Virtual Clinic – suddivise in “spokes” periferici che inviano i dati clinici dei pazienti ad un centro analisi o “hub” centrale all’Ospedale Maggiore di Bologna e al fascicolo sanitario elettronico – FSE. Attualmente, afferiscono alle cliniche virtuali della AUSL Bologna i pazienti affetti da patologie retiniche croniche e/o stabili, quali ad es. l’AMD, retinopatia diabetica, glaucoma, etc. Nell’anno di monitoraggio 2023 -2024 ad oggi, oltre 7.000 pazienti sono stati presi in carico nel servizio Telemedicina Virtual Clinic UOC Oculistica AUSL Bologna.
L’uso clinico della tele oftalmologia per la popolazione e per le ASL significano: ridotto peso degli spostamenti per i pazienti e per gli oftalmologi, una migliore aderenza dei pazienti al follow-up con programmi di screening più efficaci, informatizzazione e pieno sfruttamento delle potenzialità del fascicolo sanitario elettronico (FSE), migliore gestione dei carichi di lavoro mediante la refertazione elettronica, riduzione delle liste di attesa, migliore raccolta dei dati clinici ed epidemiologici, riduzione dei costi. Inoltre, l’analisi di una grande quantità di informazioni/immagini/dati può essere facilitata dall’impiego di intelligenza artificiale, ha ribadito lo specialista.
Medici di famiglia pronti allo sciopero
Economia sanitariaLo stato di agitazione per i medici di famiglia, e più in generale per i medici di medicina generale, è stato deciso nel corso del congresso nazionale Fimmg in corso in Sardegna (a Villasimius). Sul tavolo la mancanza di risorse e i ritardi sul rinnovo dell’Accordo collettivo nazionale e, più in generale, il timore per verso una professione che negli anni si è impoverita e ha perso di attrattività per i giovani.
La decisione
Ecco perché il Consiglio nazionale Fimm ha scelto di dare mandato al direttivo del sindacato per la dichiarazione dello stato di agitazione. Un mandato espresso con forza affidato al segretario generale Silvestro Scotti. In modo particolare, come detto, alla base della decisione, paventata già nelle scorse settimane, l’inaccettabile ritardo sulla definizione dell’atto di indirizzo, indispensabile per arrivare poi alla firma dell’Accordo collettivo nazionale (ACN) 2022 – 2024, ma anche l’assenza di risorse aggiuntive per il raggiungimento di obiettivi di politica sanitaria in riferimento ad un’assistenza di prossimità. Per questo il Consiglio nazionale si impegna alla mobilitazione attraverso il coinvolgimento assembleare delle sezioni provinciali del paese. «È imprescindibile e urgente la definizione dell’atto di indirizzo per avviare finalmente le trattative necessarie alla firma dell’ACN per il triennio 2022-2024», dice il segretario generale Silvestro Scotti.
Efficacia delle cure primarie
«La medicina generale, pilastro fondamentale del Servizio sanitario nazionale, ha affrontato negli ultimi anni sfide straordinarie, tra cui la pandemia e l’evoluzione costante delle esigenze sanitarie della popolazione. Per far fronte a queste sfide e garantire una presa in carico di prossimità moderna ed efficace, è fondamentale dotarsi di un quadro normativo e contrattuale aggiornato. Per la Fimmg, la programmazione asfittica che non va oltre il 2026 e l’assenza dell’atto di indirizzo rappresenta un ostacolo non solo per la categoria, ma per l’intero Servizio sanitario e per la qualità del servizio offerto ai cittadini. «Abbiamo bisogno di risposte concrete per poter mettere in atto le riforme necessarie, come l’integrazione della telemedicina, la digitalizzazione dei servizi, il potenziamento delle risorse per la medicina territoriale e una migliore tutela del lavoro dei medici di famiglia attraverso la loro organizzazione di offerta per gruppi di assistenza con personale e strumenti diagnostici», ricorda il leader Fimmg.
Il richiamo alla politica
Durissimo il richiamo che arriva dall’intera categoria al MEF e alla Conferenza delle Regioni, proprio per le questioni contrattuali. «Siamo pronti a batterci affinché la questione si definisca già nei prossimi mesi. Allo stato attuale i medici di medicina generale, che pagano in proprio tutte le spese legate alla professione, sono costretti con uno stipendio allineato al costo della vita del 2021, a supportare l’inflazione corrente. Non volevamo essere eroi in tempo di pandemia – conclude Scotti – non saremo vittime sacrificali ora. In assenza di risposte concrete, che devono arrivare soprattutto a tutela della salute dei cittadini, dallo stato di agitazione saremo pronti a dichiarare lo sciopero».
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Prevenzione a chiamata dai medici di famiglia
Glaucoma tra le prime cause di cecità e ipovisione. Nuove tecnologie AI per la vista
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News, News, Ricerca innovazioneOltre 3,5 milioni di persone in Italia soffrono o sono a rischio di malattie che possono portare a ipovisione e cecità. Si tratta, ad esempio, di glaucoma, retinopatia diabetica e degenerazione maculare legata all’età.
Crescono le malattie che minacciano la vista, perché la popolazione invecchia, ma si allungano le liste di attesa per le visite e gli interventi oculistici all’interno del Servizio Sanitario Nazionale – SSN.
L’oculistica, ritenuta una disciplina non salva-vita, sta uscendo dall’orbita della sanità pubblica, secondo il presidente IAPB Italia ETS Mario Barbuto. “Nell’arco di dieci anni – ha affermato – gli utenti del sito IAPB Italia sono cresciuti di tre volte: da 600mila a 2,1 milioni. Questo è sì segno di un’aumentata consapevolezza, ma anche il sintomo che le domande di salute visiva non trovano risposta nella Sanità pubblica e che le persone sono spinte a cercare da sole e altrove le risposte”.
Il tema è stato al centro del dibattito con specialisti e istituzioni, in occasione della Giornata Mondiale della Vista organizzata da IAPB Italia ETS in collaborazione con Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, ieri mattina al Ministero della Salute a Roma. Si è discusso dell’uso e i benefici delle tecnologie avanzate in oftalmologia; applicazioni cliniche di teleoftalmologia; teleriabilitazione visiva, ruolo dell’Intelligenza Artificiale nella ricerca clinica oftalmologica e nuove tecnologie nel glaucoma.
La prevenzione delle malattie della vista
Barbuto ha rivolto tre appelli. Il primo, dedicato alla cittadinanza. “Quasi tutte le malattie della vista possono essere curate o arginate se diagnosticate in tempo ma la natura asintomatica delle più gravi fa sì che molte persone siano malate senza saperlo – ha sottolineato Barbuto. “La visita oculistica regolare è la migliore forma di prevenzione. Su quasi 9 mila controlli oculistici gratuiti effettuati attraverso la campagna di prevenzione “Vista in Salute” in 54 città italiane, il 20 percento di quanti dichiaravano di vedere bene era affetto, invece, da un problema oculare”.
Rivolgendosi alle istituzioni ha proseguito: “l’oculistica rischia di uscire dal SSN. I tempi di attesa e la difficoltà e rigidità nelle prenotazioni delle visite specialistiche tendono a limitare gravemente il diritto alla salute visiva delle persone, in particolare di quelle più fragili e povere, con costi economici e un danno umano, ma anche di previdenza sociale altissimo”.
Infine, rivolgendosi agli attori sanitari e alle ASL sul territorio, ha detto: “attori del Terzo Settore come IAPB Italia possono ‘misurare’ buone pratiche sanitarie e che queste potrebbero essere più facili da accogliere per il settore pubblico potendo contare su dati autorevoli. È il caso del progetto “Vista in Salute: nuovi modelli organizzativi per la prevenzione e la diagnosi precoce oftalmica nel SSN”, finanziato dal Ministero della Salute e organizzato e redatto da IAPB Italia e CERGAS-SDA Bocconi”.
Retinografia digitale: visitati fino al 130% in più dei pazienti diabetici
Secondo lo studio, “l’introduzione della telemedicina per la retinografia digitale consentirebbe di ottenere fino al 130 percento in più dei pazienti diabetici che possono essere visitati o, alternativamente, un 55 percento in più di visite oftalmologiche da destinare all’abbattimento delle liste d’attesa, con meno costi da sostenere per il SSN”.
Glaucoma, una delle principali cause di cecità e ipovisione
Il glaucoma è una delle principali cause di cecità e ipovisione. Stime recenti indicano come, globalmente, vi siano più di 68 milioni di pazienti affetti, di cui 3.61 milioni ciechi e 4.14 milioni con gravi minorazioni visive dovute alla patologia. Durante l’evento, il professor Carlo Nucci, Ordinario di Malattie dell’Apparato Visivo e Prorettore vicario dell’Università di Roma Tor Vergata ha parlato delle innovazioni tecnologiche nell’abito della diagnosi e del trattamento della malattia. Le evidenze cliniche supportano l’utilizzo degli OCT di ultima generazione per la diagnosi precoce delle alterazioni morfologiche indotte dalla malattia. Dati che aprono all’applicazione dell’intelligenza artificiale nella diagnosi del glaucoma.
Screening della retinopatia diabetica con AI
Anche nello screening della retinopatia diabetica, l’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il campo dell’Oftalmologia. Il professor Francesco Bandello, Università Vita Salute San Raffaele Milano, ha parlato di come gli algoritmi di deep learning e le reti neurali convoluzionali stiano migliorando l’accuratezza e l’efficienza dello screening, rendendo possibile l’identificazione precoce delle lesioni retiniche.
Mutazioni genetiche e malattie oculari ereditarie
Il professor Stanislao Rizzo Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS di Roma ha sottolineato come l’AI stia assumendo un ruolo sempre più importante sia nella ricerca oftalmologica, grazie alla sua capacità di analizzare grandi volumi di dati e fornire strumenti predittivi e diagnostici avanzati, sia nel supporto decisionale.
Per esempio, può individuare correlazioni tra mutazioni genetiche e malattie oculari ereditarie al fine di accelerare la scoperta di biomarcatori e potenziali bersagli terapeutici. Alcuni algoritmi di screening sono approvati dalla Food and Drug Administration USA già dal 2018: con l’analisi delle immagini OCT, l’AI può rilevare anomalie strutturali minime che potrebbero sfuggire all’osservazione umana, migliorando la precisione diagnostica per malattie come la degenerazione maculare correlata all’età – AMD, il glaucoma e l’edema maculare.
Telemedicina
La dottoressa Stefania Fortini, vicedirettore del Polo Nazionale di Ipovisione, ha parlato della piattaforma di tele riabilitazione visiva Eyefitness, progettata dallo stesso Polo Nazionale chegarantisce per anni al paziente una continuità di cura attraverso una vera e propria tele assistenza e la miglior qualità di vita possibile.
Il dottor Manlio Nicoletti, Direttore UOC Oculistica AUSL di Bologna ha raccontato l’esperienza in corso presso l’AUSL di Bologna, dove le visite in tele oftalmologia si svolgono in centri adibiti a cliniche virtuali – Virtual Clinic – suddivise in “spokes” periferici che inviano i dati clinici dei pazienti ad un centro analisi o “hub” centrale all’Ospedale Maggiore di Bologna e al fascicolo sanitario elettronico – FSE. Attualmente, afferiscono alle cliniche virtuali della AUSL Bologna i pazienti affetti da patologie retiniche croniche e/o stabili, quali ad es. l’AMD, retinopatia diabetica, glaucoma, etc. Nell’anno di monitoraggio 2023 -2024 ad oggi, oltre 7.000 pazienti sono stati presi in carico nel servizio Telemedicina Virtual Clinic UOC Oculistica AUSL Bologna.
L’uso clinico della tele oftalmologia per la popolazione e per le ASL significano: ridotto peso degli spostamenti per i pazienti e per gli oftalmologi, una migliore aderenza dei pazienti al follow-up con programmi di screening più efficaci, informatizzazione e pieno sfruttamento delle potenzialità del fascicolo sanitario elettronico (FSE), migliore gestione dei carichi di lavoro mediante la refertazione elettronica, riduzione delle liste di attesa, migliore raccolta dei dati clinici ed epidemiologici, riduzione dei costi. Inoltre, l’analisi di una grande quantità di informazioni/immagini/dati può essere facilitata dall’impiego di intelligenza artificiale, ha ribadito lo specialista.
Obesità aumenta il rischio anche di ammalarsi di cancro. L’Obesity Day
Alimentazione, Associazioni pazienti, Benessere, News, News, Prevenzione, Stili di vitaAlmeno 13 diversi tipi di tumore sono direttamente correlati con l’obesità e la sedentarietà. Si tratta dei tumori di endometrio, mammella, colon-retto, esofago, reni e vie renali, pancreas, stomaco, cardias, fegato, ovaio, cistifellea, tiroide, del meningioma e del mieloma multiplo. L’obesità ha superato il fumo di sigaretta come principale fattore evitabile di tumori.
Molte altre neoplasie sarebbero ridotte evitando la sedentarietà, come ad esempio della mammella, indipendentemente dall’età. Anche se non sono l’unica causa dei tumori, obesità e sedentarietà alterano una grande varietà di risposte dell’organismo favorendone la crescita. I dati sono stati sottolineati in occasione dell’Obesity Day che ricorre oggi, 10 ottobre. La giornata di sensibilizzazione sull’obesità è promossa dal 2001 da ADI, Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica attraverso la sua Fondazione ADI. L’obiettivo di questa 24°edizione è di contribuire a sensibilizzare i cittadini e gli operatori sanitari sulla correlazione tra obesità e cancro.
Le iniziative
Nei Centri Obesity Day su tutto il territorio italiano si svolgono iniziative per promuovere il tema di quest’anno “Cancro: tutto il peso dell’obesità! Scopri, comprendi, previeni!”. Durante la mattinata si sono svolti sui canali social collegamenti in diretta con gli esperti, video testimonianze e consigli utili per affrontare e prevenire la patologia.
Inoltre è disponibile un test online sul sito per scoprire se, con un corretto stile di vita, si possa ridurre il rischio di sviluppare un tumore.
Obesità, legame tra perdita di peso e riduzione del rischio di tumore
Esistono ormai decine di studi che dimostrano per numerosi tumori una correlazione tra esercizio, perdita di peso e riduzione del rischio. Oltre alla quantità, incide anche la qualità dell’alimentazione. “Limitiamo l’alcol, aumentiamo i cibi integrali ricchi di fibre, consumiamo più frutta e semi oleosi. Limitiamo l’eccesso di carni, soprattutto processate, il fast food, gli alimenti fritti e preconfezionati. Inseriamo inoltre nella nostra alimentazione abituale cibi ricchi di anticancerogeni alimentari come mele, broccoli, noci, agrumi, cannella, caffè, aglio, uva, soia, tè, pomodori, curcuma ed altri”, sottolinea la campagna.
Hiv, rischio di trasmissione in allattamento
Ricerca innovazione, News, NewsPer la prima volta, tracce di virus Hiv inattivo sono state trovate nel latte materno di donne sieropositive con carica virale bassa. Questa scoperta, pubblicata di recente negli Annals of Internal Medicine da un gruppo di esperti dell’Università di Buenos Aires, rappresenta un importante passo avanti nella comprensione del legame tra Hiv e allattamento al seno.
Una scoperta importante, ma con dei limiti
Il report ha rilevato tracce di DNA virale nel latte materno, ma senza la presenza di virus Hiv integro o attivo, che potrebbe potenzialmente causare infezioni in altre persone. Questa è una differenza cruciale: il virus trovato non sembra essere in grado di replicarsi o di trasmettere l’infezione. Tuttavia, nonostante i risultati siano in parte rassicuranti, i ricercatori non sono stati in grado di escludere del tutto il rischio di trasmissione attraverso il latte materno.
In altre parole, benché il virus sia presente in forma inattiva, non è ancora possibile affermare con certezza che l’allattamento al seno sia completamente privo di rischi per le madri sieropositive. Questa zona d’incertezza è particolarmente rilevante alla luce delle mutevoli linee guida sull’alimentazione neonatale per le persone con Hiv.
L’allattamento per le madri con Hiv
Per molti anni, i protocolli nei Paesi ad alto reddito sono stati rigidi: le donne con HIV erano scoraggiate dall’allattare, anche quando la loro carica virale era non rilevabile grazie al trattamento antiretrovirale. La priorità era quella di evitare qualsiasi rischio, anche minimo, di trasmissione del virus al neonato. Tuttavia, negli ultimi anni, si è assistito a un cambiamento di prospettiva. Linee guida come quelle svizzere e statunitensi hanno cominciato a fare aperture verso l’allattamento per le donne in terapia con carica virale non rilevabile.
Questo cambiamento si basa sul principio che le persone con HIV, in trattamento antiretrovirale efficace e con una carica virale non rilevabile, non possono trasmettere il virus. Ma mentre questo concetto è stato confermato in contesti come i rapporti sessuali, non è ancora stato dimostrato in modo definitivo per l’allattamento al seno. Esiste infatti un rischio molto basso, ma non nullo, di trasmissione attraverso il latte materno.
Uno studio unico: tre donne, tre situazioni diverse
Lo studio pubblicato si è concentrato sull’analisi del latte materno di tre donne in situazioni diverse:
Durante le prime 7 settimane di allattamento, i ricercatori hanno cercato tracce del virus Hiv libero e del DNA virale associato alle cellule nel latte materno. I risultati sono stati molto specifici: nelle donne con Hiv sono stati trovati livelli molto bassi di DNA virale, tra 0,08 e 0,74 copie di DNA dell’Hiv per milione di cellule. Dopo aver analizzato 14 milioni di cellule della elite controller, i ricercatori non hanno trovato alcun provirus Hiv completo. Nel caso della donna in terapia antiretrovirale, l’analisi di 11 milioni di cellule ha rivelato solo 4 copie incomplete del genoma virale, con grandi porzioni mancanti.
Questi risultati indicano che, anche quando tracce del virus sono presenti, non si tratta di virus “funzionali” o in grado di causare infezioni. Gli autori dello studio hanno concluso che questi dati sono rassicuranti, ma sottolineano la necessità di ulteriori ricerche.
Implicazioni per il futuro
Studi come questo sono sempre più cruciali perché il contesto medico e le raccomandazioni sull’allattamento per le donne con Hiv continuano a cambiare. I progressi nella gestione dell’Hiv, grazie all’efficacia dei trattamenti antiretrovirali, stanno portando a una maggiore flessibilità nelle linee guida, ma è necessario un approccio cauto e basato su dati concreti.
Sebbene ci siano segnali incoraggianti sul fatto che il rischio di trasmissione attraverso l’allattamento al seno sia estremamente basso per le donne con una carica virale non rilevabile, la ricerca è ancora in corso per comprendere meglio tutte le possibili implicazioni.
In conclusione, il report dell’Università di Buenos Aires rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’Hiv e dei rischi associati all’allattamento, ma dimostra anche quanto sia ancora fondamentale mantenere un atteggiamento prudente e informato quando si tratta di Hiv e maternità.
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Valvulopatie, troppe diagnosi mancate
News BreviCirca 150 over 75 asintomatici sottoposti a uno screening per le valvulopatie cardiache in sei mesi. Un semplice ecocardiogramma che ha permesso di riscontrare nel 9% dei casi una patologia misconosciuta. I dati sono emersi durante l’82° Congresso nazionale FIMMG-Metis, in corso a Villasimius, i primi risultati del progetto avviato a marzo dalla Fimmg di Milano in collaborazione con l’Heart Valve Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e Fondazione Alfieri per il Cuore. L’iniziativa nasce proprio con l’obiettivo di diagnosticare e prendere in carico quanti più pazienti cronici con questo tipo di patologie.
L’importanza di fare rete
Dagli anni difficili del Covid abbiamo imparato che fare rete è l’unico modo per raggiungere tutti i pazienti, soprattutto quelli cronici che hanno bisogno quotidianamente di assistenza – ha sottolineato Anna Pozzi, segretario provinciale di FIMMG Milano – I risultati sono in linea con quanto riportato nella letteratura internazionale che evidenzia un’ incidenza di valvulopatie fino al 13% delle persone sopra i 75 anni e richiamano l’attenzione sulla necessità di estendere lo screening delle malattie valvolari al maggior numero di anziani possibile. Sommando queste informazioni con quanto segnalato dall’Istat sull’invecchiamento della popolazione italiana possiamo ipotizzare che ci siano circa 630.000 anziani con valvulopatie misconosciute sul territorio nazionale.
Un percorso continuo
Il progetto ha preso il via in un primo studio medico della provincia milanese dove, una volta a settimana, un cardiologo ecografista dell’Heart Valve Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele eseguiva, in forma gratuita, uno screening per valutare la presenza di una valvulopatia cardiaca a pazienti asintomatici con più di 75 anni attraverso un ecocardiogramma. Dopo la diagnosi ai pazienti è stata offerta la possibilità di eseguire visite periodiche e successivi accertamenti per valutare la necessità di un eventuale intervento medico, terapeutico o cardiochirurgico, sempre in collaborazione con l’Heart Valve Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Medicina del territorio
Siamo felici di aver intrapreso questo cammino con la FIMMG Milano: riteniamo che la prevenzione e la presa in carico dei pazienti cronici debba partire dalla medicina del territorio sino a comprendere gli Ospedali. Speriamo che questo primo progetto pilota di proficua collaborazione sulle valvulopatie possa essere incrementato ed esteso ad altri studi medici sul territorio a beneficio di tutta la popolazione – afferma Francesco Maisano, primario dell’Unità di Cardiochirurgia e direttore dell’Heart Valve Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore ordinario di Cardiochirurgia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele – Questi risultati sono stati possibili perché la medicina del territorio, ovvero la cooperativa IML (Iniziativa Medica Lombardia), IRCCS Ospedale San Raffaele e Fondazione Alfieri per il Cuore, si sono unite per un progetto di salute di ampio respiro e speriamo che questo possa essere di ispirazione per altre strutture e realtà del territorio a beneficio di tutti i pazienti.
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Giovani ipertesi, alto rischio di infarto e ictus
Colesterolo, infarto e ictus: come “liberare la circolazione”
News, Prevenzione, Stili di vita9,6 milioni di persone in Italia soffrono di patologie cardio-cerebrovascolari, di cui il 54% sono donne. Con 800 mila nuove diagnosi l’anno, le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel nostro Paese, responsabili del 30,8% di tutti i decessi (dati ISTAT 2021), ovvero 1 persona su 3 muore di queste malattie. Riconoscere i primi sintomi dell’ictus può fare la differenza, ma prima ancora mantenere i livelli ottimali di colesterolo LDL a seconda del rischio cardiovascolare di ognuno. Infatti, lo stile di vita è il primo fra i fattori modificabili del rischio cerebro-cardiovascolare.
Lo hanno ricordato gli specialisti durante la giornata “Liberiamo la circolazione dal Colesterolo” a Roma. L’iniziativa, con il contributo incondizionato di Daiichi Sankyo, è stata patrocinata dall’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale (A.L.I.Ce Italia ODV), Coordinamento Nazionale Associazioni del Cuore (Conacuore ODV), Fondazione Italiana per il cuore (FIPC), Società Italiana per lo studio dell’Aterosclerosi (S.I.S.A) e il sostegno di Roma Capitale.
Grazie allo stand presieduto da Federlazio i passanti hanno potuto effettuare controllo della pressione arteriosa, frequenza cardiaca, ecocardiogramma a una derivazione, misurazione della frequenza respiratoria.
La prevenzione del rischio cardiovascolare
“Ormai, grazie al progresso della ricerca medica, abbiamo a disposizione numerosi strumenti terapeutici per prevenire eventi cardiovascolari. Tuttavia solide evidenze scientifiche dimostrano che l’adesione attiva, convinta, e persistente a comportamenti salutari e all’assunzione dei farmaci prescritti ha un impatto molto importante sulla salute”, spiega il professor Alberico Catapano, Università degli studi di Milano e Multimedica IRCCS.
“Ancor meglio, aderendo e mantenendo stili di vita salutari lungo tutto il corso della vita, con accorgimenti semplici come una sana alimentazione, attività fisica adeguata, la rinuncia al fumo e la precoce identificazione di fattori di rischio cardiovascolari attraverso controlli periodici, possiamo nella maggior parte dei casi evitare che si instauri una patologia. Ma per raggiungere questo obiettivo bisogna perseverare nell’opera di sensibilizzazione ed educazione del pubblico”.
Il legame tra colesterolo, infarto e ictus
Le malattie cardio-cerebrovascolari comprendono varie condizioni, spesso asintomatiche, che colpiscono cuore e vasi sanguigni e sono caratterizzate da placche di grasso che si depositano all’interno delle pareti arteriose (aterosclerosi), determinando una riduzione o un’ostruzione del regolare flusso di sangue ai vari organi o tessuti.
La malattia coronarica, per esempio, riguarda i vasi sanguigni che irrorano il cuore e può tradursi in un’angina o infarto; mentre la malattia arteriosa periferica colpisce i vasi sanguigni che forniscono sangue alle estremità (quasi sempre a carico degli arti inferiori) che causa ischemia. Quest’ultima, malattia cerebrovascolare, può essere causata da aterosclerosi che colpisce i vasi sanguigni che arrivano al cervello e può tradursi in un ictus ischemico o in un attacco ischemico transitorio, quando l’interruzione del flusso sanguigno è temporanea.
Le dislipidemie importante fattore di rischio cardiovascolare
Le dislipidemie, sono alterazioni nella quantità di lipidi (grassi) nel sangue e sono un fattore di rischio di malattie cardio-cerebrovascolari. I lipidi viaggiano nel sangue legati a delle proteine, formando complessi lipoproteici differenti per densità, dimensione e composizione, tra cui il colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) noto come colesterolo “cattivo” e il colesterolo lipoproteico ad alta densità (C-HDL) noto come colesterolo “buono”.
Per calcolare il rischio cardiovascolare occorre rivolgersi a uno specialista che potrà suggerire le strategie migliori da adottare per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo LDL ottimali.
Per chi è a rischio cardiovascolare (CV) estremamente elevato perchè ha avuto eventi multipli, infatti, i livelli di colesterolo LDL dovrebbero essere inferiori a 40 mg/dl.
In caso di rischio CV molto alto, la riduzione di C-LDL dovrà essere maggiore del 50% rispetto al basale, fino a raggiungere valori inferiori a 55 mg/dl. Chi è considerato a rischio CV alto, dovrà ottenere una riduzione maggiore del 50% rispetto al basale, fino a raggiungere livelli di C-LDL inferiori 70 mg/dl. Per coloro che sono considerati a rischio CV moderato i livelli target di C-LDL devono essere inferiori a 100 mg/dl, mentre chi è considerato a basso rischio deve mantenere i suoi livelli di colesterolo comunque inferiori a 116 mg/dl.
Salute mentale: un adolescente su 7 ha un disturbo nel mondo, i segnali si manifestano entro i 18 anni
Adolescenti, Bambini, Benessere, News, Prevenzione, PsicologiaNel mondo 1 adolescente su 7 soffre di disturbi mentali. Lo ha ricordato l’UNICEF in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale (oggi 10 ottobre). Circa la metà (48%) di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, eppure molti casi rimangono non individuati e non trattati.
I dati
11,2 milioni circa di bambini e giovani entro i 19 anni (5,9 milioni i maschi e 5,3 milioni le femmine) nell’Unione Europea (ovvero il 13%) soffrono di un problema di salute mentale. Tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% dei ragazzi soffre di ansia e il 4% di depressione. Sono i numeri del recente rapporto dell’UNICEF “Child and adolescent mental health – The State of Children in the European Union 2024”.
Il suicidio è la seconda causa di morte (dopo gli incidenti stradali) tra i giovani dai 15 ai 19 anni nell’Unione Europea. Nel 2020, circa 931 giovani sono morti per suicidio nell’UE (circa 18 vite perse a settimana). Il 70% circa dei giovani tra i 15 e i 19 anni nell’UE che muoiono per suicidio sono maschi.
In Italia, in giovani nella stessa fascia di età che hanno perso la vita intenzionalmente tra il 2011 e il 2020, il 43% erano ragazzi e circa il 36% ragazze.
Giornata mondiale della Salute Mentale
L’UNICEF Italia dedica quest’anno la giornata al tema dell’eco-ansia o ansia climatica – termini con cui si intende l’ansia o la preoccupazione per le minacce ecologiche che il pianeta subisce. Secondo dati ISTAT in Italia il 70,3% dei giovani tra i 14 e i 19 anni si dice preoccupato per i cambiamenti climatici. Gli under18 sperimentano quotidianamente gli effetti dei cambiamenti climatici sulle loro vite e questo sta avendo un impatto sulla loro salute mentale.
L’UNICEF mette in evidenza come siano necessarie nuove ricerche e studi per produrre dati di qualità su come il clima ha un impatto sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti, affinché possano essere articolate misure di prevenzione e protezione solide, eque ed inclusive.
Le iniziative
Per sensibilizzare sul tema l’UNICEF Italia e l’Agenzia Creativa BONFIRE, con il supporto di Greencome, hanno raccolto in un video una serie di testimonianze di giovani che hanno vissuto episodi di eco-ansia. I loro racconti sono letti su un palco da persone adulte, che a partire dalla loro esperienza di genitori riflettono su queste nuove paure della Generazione Z. Maria Beatrice Alonzi, divulgatrice e scrittrice esperta di analisi comportamentale e comunicazione non verbale, aiuta a riflettere sulle considerazioni ed emozioni emerse per capire come poter riconoscere e affrontare l’ansia dei più giovani.
L’UNICEF sarà presente al Sabir, Festival diffuso delle culture mediterranee, in calendario dal 10 al 13 ottobre presso Città dell’Altra Economia a Roma, con diversi appuntamenti.
Una giornata per visitare gli ospedali storici
News, NewsIl 13 ottobre 2024 si celebra la III Giornata nazionale degli ospedali storici d’Italia. Tutti gli ospedali della rete ACOSI (Associazione Culturale per gli Ospedali Storici Italiani) apriranno al pubblico i propri spazi monumentali, offrendo ai visitatori visite guidate e concerti gratuiti. Nello spirito dell’associazione, l’iniziativa valorizza una storia illustre di scienza, carità e arte, per promuovere prassi innovative in materia di assistenza sanitaria, che integrano aspetti culturali, scientifici, architettonici e operativi.
La bellezza, l’arte e la storia
«Coniugare il binomio “Arte e Cura” è la sfida degli ospedali storici presenti in Italia, facendo convivere e prosperare due realtà: quella sanitaria e quella storico-artistica», spiega il presidente ACOSI in carica Gennaro Rispoli. «La cura del corpo deve essere associata a quella del benessere spirituale dell’individuo. La bellezza, l’arte e la storia aggiungono precipua valenza alle attività ospedaliere, soprattutto all’interno di strutture sanitarie in grado di perpetuare nei secoli la propria vocazione assistenziale. L’obiettivo di ACOSI è quello di condividere tra le aziende ed enti associati problemi e soluzioni utili ad affrontare al meglio questa sfida e di attuare le migliori pratiche inerenti alla conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, medico-scientifico, culturale e architettonico in essi racchiuso».
Il programma
Tante e tutte da vivere le iniziative in programma. A Napoli, città che quest’anno ospita la presidenza di turno, verrà inaugurata (ore 10.30) – nell’ex Ospedale della Pace in Via dei Tribunali – la mostra dal titolo “L’Ospedale e la città”, realizzata dal Museo delle Arti Sanitarie e ACOSI. Sempre all’ex Ospedale della Pace (alle 11.30) si terrà poi il concerto del Quartetto Gagliano, realizzato in collaborazione con la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Campania, della Direzione generale Spettacolo del Ministero della Cultura e la produzione esecutiva della Fondazione Pietà de’ Turchini. L’ingresso è gratuito, con prenotazione obbligatoria tramite piattaforma Eventbrite. Consigliata a tutti è la visita al Museo delle Arti Sanitarie (Ospedale degli Incurabili). Due i momenti in programma, ciascuno della durata di 45 minuti: alle 9.00 e alle 10.00. Da non perdere (sempre alle 9.00 e alle 10.00) le visite previste all’Ospedale della Santissima Annunziata e la “Ruota degli Esposti”, tra i più antichi brefotrofi d’Italia, fondato nel XIV secolo e riedificato nel XVIII secolo da Luigi Vanvitelli. Anche tante altre aziende sanitarie proporranno momenti dedicati alla storia della medicina, tra gli altri l’Ospedale Cardarelli, l’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli e l’ASL Napoli 1 Centro.
In tutta Italia
«Leggere la storia delle città e delle comunità attraverso le sue antiche corsie ospedaliere significa guardare al cuore la cultura scientifica, artistica e solidale di un popolo», conclude Rispoli. Al di là delle iniziative che prenderanno vita a Napoli, le strutture che in tutta Italia ospiteranno concerti ed eventi sono: Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, Ospedale S. Maria Nuova di Firenze, Ospedale Civile SS. Giovanni e Paolo di Venezia, Ospedale Santo Spirito in Sassia e il Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata di Roma. E ancora, l’Ospedale San Gerardo dei Tintori di Monza, l’Ospedale S. Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria, l’Ospedale Galliera di Genova, Spedali Civili di Brescia, Ospedale Maggiore di Lodi e i complessi storici dell’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli e i complessi dell’Azienda USL di Bologna (programmi e prenotazioni sul sito ACOSI).
Il Museo delle Arti Sanitarie e Storia della Medicina
Il 23 marzo del 1522, sull’antica collina di Caponapoli, la Real Santa Casa di Santa Maria del Popolo degli Incurabili fu fondata dalla Venerabile Maria Lorenza Longo (1463-1542). Alla nuova istituzione collaborò anche san Gaetano da Thiene. Medici illustri, predicatori e santi, insieme a volontari e benefattori costituirono un’autentica testimonianza della carità e della cultura medica. L’ospedale rappresentò un polo dell’assistenza medica e della cultura scientifica non di Napoli: dall’Accademia degli Oziosi e dalla cultura medico-filosofica al razionalismo illuminista, sino alla Scuola Medica Napoletana nell’Ottocento, che rappresenta un capitolo fondamentale della storia sanitaria del Paese, ed ebbe illustri esponenti come Severino, Cotugno, Quadri, Amantea, Santoro, Boccanera, Troja, Cirillo, fino a san Giuseppe Moscati.
Collezioni e percorsi
L’Associazione “Il Faro d’Ippocrate” ha dato vita al Museo delle Arti Sanitarie e Storia della Medicina. Le collezioni comprendono circa 15.000 oggetti: antichi strumenti medico-chirurgici e scientifici, documenti, reperti anatomopatologici, preparati a secco e in formalina, cere e rilievi anatomici del secolo XVIII, ricostruzioni di farmacie storiche. Il percorso di visita comprende la Farmacia storica (ove sono collocati 450 tra albarelli e idrie maiolicati), la Chiesa di Santa Maria del Popolo, la Quadreria, il Chiostro di Santa Maria delle Grazie, la Chiesa di Santa Maria Succurre Miseris dei Bianchi della Giustizia.
Cos’è ACOSI
L’Associazione Culturale Ospedali Storici Italiani (ACOSI) è un’associazione culturale no profit nata nel 2019 tra Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, IRCCS, Musei ospedalieri di storia medico-sanitaria, in possesso di significativo patrimonio artistico, storico, culturale ed architettonico, che coniugano la propria tradizione di cura e assistenza con azioni di conservazione, valorizzazione e promozione del proprio patrimonio artistico e culturale. Soci fondatori sono: Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, Ospedale Civile SS. Giovanni e Paolo di Venezia, Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, Ospedale Santo Spirito in Sassia di Roma e Museo delle Arti Sanitarie nell’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Nel 2024 la rete ACOSI è cresciuta ancora con l’adesione di altre antiche istituzioni ospedaliere, di cui quattro attive in Campania.
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Conoscere la dermatite atopica, sintomi e trattamenti
RubricheSpesso sottovalutata, la dermatite atopica è una malattia infiammatoria cronica che colpisce la pelle del viso e del corpo di neonati, bambini, adolescenti e adulti. Una malattia che, nelle forme più gravi, può essere molto invalidante e che gli esperti definiscono “multifattoriale”. Ma quali sono i sintomi e quali i trattamenti possibili per agire sull’infiammazione alla base della patologia? Ne parleremo sabato 19 ottobre ai microfoni di Radio Kiss Kiss con il professor Giuseppe Argenziano, Direttore della Clinica dermatologica dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli. Appuntamento alle 8.15 circa. Stay Tuned!
Ipertensione: metà senza diagnosi e solo il 20% di chi lo sa, si cura. Cos’è la denervazione renale
Anziani, Prevenzione, Ricerca innovazioneSi stima che circa 1,28 miliardi di adulti (di età compresa tra i 30 e i 79 anni) in tutto il mondo siano affetti da ipertensione. Tuttavia, l’ipertensione non è diagnosticata in circa il 50% dei pazienti e nel restante 50% è trattata e ben controllata solo nel 20% dei casi (studio Lancet). Aumentare la consapevolezza è fondamentale, secondo gli specialisti, in quanto la patologia si può prevenire, diagnosticare e curare.
Il recente aggiornamento delle linee guida della Società Europea dell’Ipertensione (ESH) sostiene l’uso della denervazione renale come terzo pilastro terapeutico nell’ambito del percorso di cura dell’ipertensione, insieme alle modifiche dello stile di vita e ai farmaci antipertensivi. Inoltre, anche la Società Europea di Cardiologia (ESC) nelle sue ultime linee guida raccomanda la denervazione renale come un’opzione terapeutica complementare sicura ed efficace per i pazienti con ipertensione resistente, ovvero per quei pazienti che hanno pressione arteriosa elevata nonostante l’impiego di tre farmaci anti-ipertensivi.
Cos’è la denervazione renale
La procedura di denervazione renale viene utilizzata per il controllo della pressione arteriosa e aiuta a ridurre l’ipertensione. Questo trattamento dei pazienti ipertesi implica una stretta connessione tra il paziente, la cardiologia interventistica e il centro per l’ipertensione della struttura sanitaria. Un approccio multidisciplinare rende più efficace il percorso di cura del paziente.
Presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli i pazienti con ipertensione non controllata con i farmaci vengono trattati mediante la procedura di denervazione renale. Quest’ultima è un intervento minimamente invasivo che ha come bersaglio i nervi localizzati intorno alle arterie renali che possono diventare iperattivi e causare l’ipertensione.
Dopo la sedazione, il medico pratica una piccola puntura, di solito nell’inguine, e inserisce un catetere di circa 2 mm nell’arteria che porta al rene. A questo punto si utilizza un catetere a radiofrequenza per ridurre l’attività dei nervi collegati al rene. Con questa procedura non viene impiantato alcun dispositivo.La procedura agisce disattivando i nervi vicini ai reni che possono far aumentare la pressione arteriosa.
L’ipertensione arteriosa
“L’ipertensione arteriosa è un problema importante per i pazienti di tutto il mondo. Per le persone affette da ipertensione, i farmaci e/o i cambiamenti nello stile di vita possono aiutare a ridurre la pressione sanguigna, ma per molti pazienti queste soluzioni da sole potrebbero non essere sufficienti”, dichiara Raffaele Izzo, professore di Scienze Mediche Applicate e specialista dell’ipertensione presso la AOU Federico II di Napoli, che continua: “In qualità di specialista dell’ipertensione, mi sento di affermare che esiste una terapia efficace e sicura aggiuntiva alla terapia farmacologica. Spesso sento dire dai pazienti che sarebbero disposti a esplorare diverse opzioni terapeutiche. Questo ci ha portato a individuare le innovazioni tecnologiche che potrebbero contribuire a fornire una soluzione a lungo termine per abbassare la pressione sanguigna come complemento ai cambiamenti dello stile di vita e alla gestione dei farmaci. Abbiamo constatato che la procedura di riduzione della pressione sanguigna può potenzialmente contribuire a fornire un beneficio per l’ipertensione in aggiunta ai cambiamenti dello stile di vita e alla gestione dei farmaci.”
“Oggi abbiamo a disposizione una terapia innovativa, sicura ed efficace per il trattamento dell’ipertensione resistente. – spiega il professor Giovanni Esposito, presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli e Direttore della UOC della Cardiologia dell’omonima azienda ospedaliera.
“Si tratta di una procedura minimamente invasiva durante la quale, con un dispositivo spiraliforme, viene erogata energia a radiofrequenza (RF) termo-ablando i plessi renali disposti attorno alle arterie e mantenendo inalterata la funzionalità dell’organo. Prima di questa procedura non esistevano trattamenti oltre a quello farmacologico. La riduzione della pressione arteriosa è particolarmente importante nei pazienti in politerapia, ma anche – come esplicitato dalle nuove Linee-Guida Europee – in quelli a rischio cardiovascolare molto elevato e in terapia con meno di tre farmaci, perché migliora la prevenzione di complicanze secondarie all’ipertensione quali l’infarto del miocardio, l’ictus cerebrale e l’emorragia cerebrale”.
“Sensibilizzare la popolazione sul rischio dell’ipertensione è il primo passo di una strategia comprensiva di prevenzione – spiega Raffaele Piccolo, Professore Associato di Cardiologia e Cardiologo Interventista dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. – L’efficacia dell’intervento di denervazione è ampiamente dimostrata ed è uno strumento in più per ridurre gli effetti negativi di questa condizione sulla salute delle persone. Basti pensare che con una riduzione di 10 mmHg di pressione arteriosa sistolica si ha una riduzione del rischio di infarto e ictus tra il 20 e 30%”.