Hikikomori, li chiamano così. Il termine è giapponese e significa “stare in disparte”, sono adolescenti e giovani adulti che vivono una realtà parallela in un mondo il cui orizzonte è delimitato da una porta chiusa e dalle pareti di una stanza. Quello degli hikikomori è un fenomeno sociale in crescita anche in Italia, con oltre 100.000 casi stimati. Per i genitori, comprendere questa condizione è il primo passo per rompere l’isolamento e accendere una speranza.
Chi sono gli hikikomori? Un identikit complesso
Non sono semplici “ragazzi pigri” o “dipendenti da internet”. Gli hikikomori scelgono volontariamente di ritirarsi dalla vita sociale, spesso a causa di un dolore profondo legato alle relazioni interpersonali, alla pressione scolastica o familiare, o a episodi di bullismo. Si tratta prevalentemente di giovani tra i 14 e i 30 anni che hanno di una sensibilità e un’intelligenza fuori dalla norma, ma schiacciati da aspettative esterne percepite come insostenibili.
Il ritiro può durare mesi o anni, con un uso della tecnologia che non è la causa, ma un rifugio: internet diventa l’unico canale per mantenere contatti con il mondo, studiare o coltivare interessi. “Internet è una salvezza per lo spirito”, ha spiegato in diverse interviste Elena Carolei, presidente di Hikikomori Italia, sottolineando come demonizzarlo sia un errore .
Le cause: una società che chiede troppo
Il fenomeno affonda le radici in un mix di fattori individuali, familiari e sociali. Psicologicamente, ansia, depressione o traumi come il bullismo possono innescare la chiusura. Dal punto di vista familiare, spesso si riscontrano genitori esigenti, con alte aspettative di performance, e dinamiche affettive complesse. Socialmente, la competizione, il culto della perfezione e la paura del giudizio creano un terreno fertile per l’isolamento .
«Mio figlio Paolo ha iniziato a vomitare prima delle partite di calcio e degli esami. Lo stress era ingestibile», racconta Mara, madre di un ex hikikomori, la cui testimonianza è un monito per tutti: i segnali iniziali sono spesso sottovalutati .
Come riconoscere i campanelli d’allarme
- Assenze scolastiche frequenti: saltare lezioni o evitare gite è spesso il primo sintomo.
- Ritiro progressivo: dall’evitare feste al rifiuto di uscire dalla propria stanza.
- Cambiamenti emotivi: ansia, irritabilità, o un’apatia che sostituisce la vivacità.
- Dipendenze digitali: ore trascorse online, ma non come svago, bensì come unica forma di contatto .
Non è pigrizia. È una reazione a un dolore che non riescono a verbalizzare, ribadisce in diverse interviste Marco Crepaldi, psicologo e fondatore di Hikikomori Italia .
Cosa possono fare i genitori? Cinque passi concreti
- Sospendere il giudizio: Evitare rimproveri o pressioni. «Urlare o punire aggrava il senso di inadeguatezza», avverte Carolei. Ascoltare senza giudicare è la chiave.
- Creare un ponte, non un muro: Condividere attività neutre, come un videogioco o una serie TV, può aprire spazi di dialogo. “Giocare con mio figlio è stato l’inizio della nostra riconnessione”, racconta Mara.
- Coinvolgere professionisti: Psicologi esperti in ritiro sociale o cyberpsicologi possono offrire strumenti specifici. Attenzione, però: la terapia funziona solo se il ragazzo è motivato, non se imposta.
- Collaborare con la scuola: Istituti e insegnanti devono adottare approcci flessibili, come la didattica a distanza o piani personalizzati, per evitare che l’ansia da prestazione diventi un ulteriore ostacolo.
- Unirsi a gruppi di supporto: Associazioni come Hikikomori Italia organizzano incontri tra genitori, fondamentali per condividere esperienze e strategie. “Non ero più sola: altri capivano il mio dolore”, confida Mara .
La tecnologia: un’ancora, non un nemico
Contrariamente ai luoghi comuni, internet non è il problema. Per molti hikikomori, è l’unico modo per preservare legami, studiare o esplorare passioni. “Luca ha ricostruito la fiducia in sé attraverso comunità online”, spiega Mara. Il vero rischio è l’esposizione a cyberbullismo o manipolazione: ecco perché un monitoraggio discreto della sicurezza online è essenziale .
Verso una speranza condivisa
Uscire dall’hikikomori è un percorso lento, non lineare, che richiede pazienza e amore incondizionato. “Le porte chiuse non sono definitive”, ricorda Mara. Con il giusto sostegno, molti ragazzi riescono a riaprirle, trovando nella famiglia un alleato, non un giudice.
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