Tempo di lettura: 4 minutiLo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero tra gli over 65. La patologia, inoltre, a cinque anni dall’insorgenza, in alcuni casi è anche più severa del cancro perché arriva a una mortalità di circa il 50%. A fare la differenza è la prevenzione. Lo ricorda l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) che festeggia i 10 anni di attività con un convegno all’ospedale San Raffaele Montecompatri. Oggi esistono nuovi farmaci efficaci e la possibilità di accelerare i tempi di diagnosi grazie all’innovazione. Per questo è fondamentale aumentare la consapevolezza dei pazienti, sottolinea l’associazione.
Scompenso cardiaco, nuove terapie
Sullo scompenso cardiaco negli ultimi anni la ricerca ha fatto grandi passi avanti, ma la malattia rappresenta in Italia la principale causa di ricovero tra gli ultra 65enni. Difatti, la consapevolezza pubblica è ancora insufficiente.
I costi ospedalieri per la patologia rappresentano l’1,5% della spesa sanitaria. Le ospedalizzazioni sono, infatti, un serio problema: spesso avvengono per lo stesso paziente quattro volte l’anno e ogni ricovero si accompagna ad un aumento della riduzione dell’aspettativa di vita.
Le tecnologie sono d’aiuto, come nel caso di alcuni device impiantabili di elettrostimolazione e metodiche che consentono di arrivare in sicurezza al trapianto di cuore. Ma soprattutto sono stati sviluppati nuovi farmaci, molto più efficaci.
“Oggi abbiamo la possibilità di trattare in maniera adeguata lo scompenso cardiaco, riducendo la mortalità e le ospedalizzazioni”, sottolinea Salvatore Di Somma, Direttore del Comitato Scientifico AISC/APS, Cardiologo, docente di Medicina Interna dell’Università La Sapienza di Roma e Presidente di GREAT-Italy.
“La grande novità delle nuove terapie è che sono efficaci in tutte le forme di scompenso cardiaco, sia nella forma a frazione di eiezione ridotta, sia nella forma di scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata. Tuttavia, non sono farmaci sostitutivi, ma addizionali di quelli esistenti. Questo crea una problematica in più per il paziente che dovrà aggiungere altre pillole ogni giorno, per questo è importante renderlo consapevole del beneficio della loro assunzione, in quanto migliorano l’aspettativa di vita”.
Test diagnostici per lo scompenso cardiaco
Il passo fondamentale per una presa in carico tempestiva è la diagnosi precoce. “Uno degli ostacoli – avverte Di Somma – è la scarsa diffusione del test dei peptidi natriuretici NT-pro-BNP o BNP. Si tratta di test standard che sono disponibili in pronto soccorso per diagnosticare la dispnea grave, ma sono utili anche per l’identificazione di pazienti con sintomi molto sfumati. Difatti, all’inizio lo scompenso non si presenta con l’affanno o con le gambe gonfie, ma può provocare stanchezza e astenia che la persona di una certa età tende a considerare fisiologici. In questi casi, anche l’ecocardiogramma può risultare poco significativo, mentre solo il test dei peptidi natriuretici può rivelare la presenza dello scompenso in fase precoce. Per questo è necessario l’utilizzo del test con una semplice puntura al dito anche nella medicina territoriale. Come Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) – annuncia il Professore – stiamo facendo un protocollo che prevede l’accesso a tali test anche presso i medici di medicina generale e le farmacie. Questa è la base da cui partire per ridurre mortalità e ospedalizzazioni”.
Case di comunità per le cronicità
Da pochi giorni si è conclusa la consultazione pubblica, attivata dall’Agenas, per la stesura del “Documento di indirizzo contenente indicazioni per la promozione della partecipazione e co-produzione dei pazienti, dei cittadini e della comunità nell’ambito delle Case della comunità”.
“In queste realtà – spiega il Professor Di Somma – ci saranno medici di medicina generale presenti h24, specialisti ambulatoriali e infermieri. Sul territorio ci sarà una struttura ogni 40mila abitanti. Lo scompenso cardiaco è per definizione una malattia cronica, quindi è necessario che le Case di comunità diventino un presidio territoriale per ottimizzarne la gestione. Il fine è quello di domiciliare le cure e realizzare una politica sanitaria rivolta al territorio. Le Case di comunità non vedono il medico da solo, ma un team multidisciplinare e la tecnologia di screening, consentendo una risposta ai bisogni di salute. Nelle Case ci saranno anche le associazioni dei pazienti, per offrire un supporto non solo medico ma anche sociale. Per consentire l’equità, il documento di Agenas avrà un indirizzo nazionale, affinché tutte le Regioni abbiano un modello unico. In questo tentativo di creare un percorso omogeneo, dall’ospedale al territorio, anche la riabilitazione del paziente con scompenso cardiaco rappresenta un importante anello di congiunzione”.
10 anni di AISC
Per accendere i riflettori sull’importanza della riabilitazione cardiovascolare nel percorso di cura, l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) promuove un convegno il 10 aprile 2024, presso la struttura ospedaliera San Raffaele Montecompatri, dal titolo “La riabilitazione nello Scompenso Cardiaco: un nuovo modello costruito sulle esigenze del paziente”.
Nella prima parte, gli specialisti faranno il punto sull’importanza della riabilitazione cardiaca, presentando il modello innovativo proposto a Montecompatri. L’appuntamento è anche l’occasione per celebrare il decimo anniversario dell’Associazione, con la presenza di clinici, tecnici di riabilitazione, pazienti, caregiver e rappresentanti del consiglio direttivo e del comitato scientifico.
“Come Aisc – afferma la Dottoressa Maria Rosaria Di Somma, Consigliere Delegato dell’AISC APS – operiamo a carattere nazionale e abbiamo dei centri presso gli ospedali. Oggi ne contiamo circa 80 e ora ci sarà una nuova sede che si lega all’associazione, per offrire nuove opportunità di assistenza e di cura ai pazienti, superando le criticità del sistema sanitario nazionale e regionale”.
Individuare precocemente la malattia, infatti, significa favorire un trattamento tempestivo, migliorando la prognosi e riducendo il rischio di complicanze. L’Associazione si impegna anche nella ricerca medica, promuovendo una rete nazionale di supporto ai pazienti.
Depressione, si cura con l’App
News Presa, PsicologiaPresto o tardi potrebbe arrivare anche in Italia l’App per smartphone prescrivibile dal servizio sanitario da “assumere” in associazione ai farmaci. Nessun errore, non siamo impazziti, è proprio questa l’ultima delle trovate negli Stati Uniti, il trattamento digitale è stato infatti approvato (è il primo caso) dalla Food and Drug Administration come terapia complementare ai farmaci per il disturbo depressivo maggiore.
Dai 22 anni in poi
A dare vita a questa nuova App, che si chiama Rejoyn, sono stati Otsuka Pharmaceutical e Click Therapeutics. L’App è stata concepita per affiancare i trattamenti antidepressivi tradizionali. Destinata a persone di 22 anni e oltre con diagnosi di disturbo depressivo maggiore, questa soluzione tecnologica segna certamente un passo avanti nel panorama delle terapie complementari. Una delle particolarità è che per scaricare l’App, che sarà disponibile alla fine del 2024, sarà necessaria una prescrizione medica.
La terapia
Il programma di sei settimane offerto da Rejoyn unisce due approcci terapeutici consolidati: la terapia cognitivo-emotiva e la terapia cognitivo-comportamentale. Una combinazione che mira a fornire agli utenti una strategia efficace per affrontare i sintomi debilitanti associati al disturbo depressivo maggiore.
In aggiunta ai farmaci
John Kraus, vicepresidente esecutivo e direttore medico di Otsuka, ha enfatizzato l’importanza di questa innovazione nel panorama terapeutico. Kraus sottolinea come Rejoyn, pur non sostituendo i farmaci antidepressivi, possa rappresentare un’aggiunta preziosa per coloro che non rispondono adeguatamente alle terapie tradizionali.
Memoria facciale emotiva
Il cuore dell’applicazione è costituito dal “Task di Memoria Facciale Emotiva”, un esercizio cognitivo-emotivo progettato per stimolare le regioni cerebrali coinvolte nella depressione. Questa metodologia, basata su evidenze preliminari, sembra promettere risultati positivi nel migliorare i sintomi depressivi e nell’aumentare il benessere psicologico dei pazienti.
Terapia fisica per il cervello
Brian Iacoviello, rappresentante di Click Therapeutics, ha spiegato che Rejoyn agisce come un “meccanismo neuromodulatore”, offrendo agli utenti esercizi personalizzati volti a migliorare le connessioni cerebrali coinvolte nella depressione. Questo approccio mira a fornire una sorta di “terapia fisica per il cervello”, integrando il trattamento farmacologico con un approccio più olistico alla salute mentale.
Lo studio
L’approvazione della FDA si basa sui risultati di uno studio clinico condotto su 386 individui affetti da depressione maggiore. I partecipanti che hanno utilizzato Rejoyn hanno mostrato miglioramenti nei sintomi depressivi, sebbene non statisticamente significativi. È importante notare che durante lo studio non sono stati segnalati effetti collaterali negativi. Tuttavia, è fondamentale chiarire che Rejoyn non è progettato per sostituire completamente i farmaci antidepressivi. Piuttosto, si propone come un complemento terapeutico per coloro che necessitano di un supporto aggiuntivo nella gestione della loro condizione.
Tumori: diagnosi con un soffio di fiato entro un anno
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa ricerca scientifica apre una nuova strada nella diagnosi precoce. Con un test sul respiro si potrà scoprire la presenza di malattie gravi, come i tumori. Si tratta di una tecnologia sviluppata dal Laboratorio PolySense dell’Università Aldo Moro di Bari in collaborazione con il Politecnico di Bari. Lo strumento potrebbe trasformare il modo in cui vengono identificate e trattate molte malattie gravi, inclusi i tumori.
Eccellenza italiana
Il laboratorio PolySense, guidato dal fisico Vincenzo Spagnolo, è un’eccellenza internazionale nella progettazione di sensori ottici avanzati. L’obiettivo principale della loro ricerca è sviluppare un sensore in grado di rilevare specifici composti organici volatili (VOCs) presenti nel respiro umano, che possono fungere da indicatori precoce di varie patologie, tra cui tumori (dal polmone al colon, dal fegato al pancreas e i reni), diabete, fibrosi cistica, asma e ulcere gastriche.
Vantaggi
La tecnologia del test sul respiro ha molti vantaggi rispetto ai tradizionali metodi diagnostici. Infatti, utilizzando l’intelligenza artificiale, il sensore è in grado di elaborare rapidamente i dati e identificare pattern molecolari associati a specifiche patologie. Ciò consente una diagnosi precoce e non invasiva, rendendo il test accessibile e adatto per uno screening di massa.
La tecnologia che diagnostica i tumori
Il processo di analisi del respiro si basa sulla presenza di VOCs endogeni, prodotti dai processi metabolici del corpo. In sostanza, questi composti possono essere rilevati e analizzati per identificare segnali di malattia. Entro un anno, i ricercatori prevedono di completare un prototipo del sensore, che sarà poi sottoposto a test clinici in ospedale. Si tratterebbe di un passo verso l’introduzione di questa tecnologia nel contesto clinico e potrebbe aprire la strada a una nuova era nella medicina diagnostica. In futuro, lo screening di massa tramite il respiro potrebbe diventare una pratica comune, adatta a pazienti di tutte le età e condizioni. La diagnosi precoce consente un trattamento tempestivo delle malattie gravi, la nuova tecnologia potrebbe portare benefici a milioni di persone a livello globale.
Allergie di stagione e dermatite, quale legame
Benessere, PrevenzioneLe allergie stagionali possono aggravare i sintomi della dermatite atopica. La cosiddetta febbre da fieno o rinite allergica, è spesso scatenata dai pollini delle piante, con sintomi vari. Oltre all’oculorinite, che include congestione nasale, prurito e arrossamento degli occhi, possono comparire orticaria da contatto con il polline. A fare chiarezza è la dottoressa Maria Mariano, dermatologa presso l’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma, attraverso la Fondazione Veronesi. In alcuni individui predisposti, l’allergia stagionale può peggiorare la dermatite atopica.
Allergia e dermatite
La rinite allergica, spesso ereditaria, è un segno di atopia, che indica una predisposizione a risposte immunitarie esagerate verso sostanze normalmente innocue. Questi individui possono sviluppare non solo sintomi respiratori, ma anche manifestazioni cutanee come la dermatite atopica. Quest’ultima può essere il primo stadio della marcia atopica, che porta alla comparsa di asma e rinite allergica in fasi successive della vita.
Consigli utili
Per gestire la dermatite atopica, è fondamentale evitare fattori scatenanti come allergeni e detergenti aggressivi. È importante anche prevenire le infezioni cutanee, eseguire una detersione delicata e utilizzare emollienti per rinforzare la barriera cutanea. Esistono anche trattamenti specifici, che vanno scelti in base alla gravità della patologia e sotto supervisione medica.
Dermatite e sole
I raggi solari possono avere effetti benefici sulla dermatite atopica grazie alla loro azione antinfiammatoria. Tuttavia, è importante proteggersi per evitare danni alla pelle, sottolinea la specialista. È consigliabile utilizzare protezione solare per pelli atopiche e limitare l’esposizione al sole durante le ore più calde. La patologia può causare disturbi del sonno e influire negativamente sulla qualità della vita. Può colpire varie parti del corpo, incluso il cuoio capelluto, causando rossore, desquamazione e prurito intenso.
Scompenso cardiaco, diagnosi con una puntura al dito
Associazioni pazienti, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero tra gli over 65. La patologia, inoltre, a cinque anni dall’insorgenza, in alcuni casi è anche più severa del cancro perché arriva a una mortalità di circa il 50%. A fare la differenza è la prevenzione. Lo ricorda l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) che festeggia i 10 anni di attività con un convegno all’ospedale San Raffaele Montecompatri. Oggi esistono nuovi farmaci efficaci e la possibilità di accelerare i tempi di diagnosi grazie all’innovazione. Per questo è fondamentale aumentare la consapevolezza dei pazienti, sottolinea l’associazione.
Scompenso cardiaco, nuove terapie
Sullo scompenso cardiaco negli ultimi anni la ricerca ha fatto grandi passi avanti, ma la malattia rappresenta in Italia la principale causa di ricovero tra gli ultra 65enni. Difatti, la consapevolezza pubblica è ancora insufficiente.
I costi ospedalieri per la patologia rappresentano l’1,5% della spesa sanitaria. Le ospedalizzazioni sono, infatti, un serio problema: spesso avvengono per lo stesso paziente quattro volte l’anno e ogni ricovero si accompagna ad un aumento della riduzione dell’aspettativa di vita.
Le tecnologie sono d’aiuto, come nel caso di alcuni device impiantabili di elettrostimolazione e metodiche che consentono di arrivare in sicurezza al trapianto di cuore. Ma soprattutto sono stati sviluppati nuovi farmaci, molto più efficaci.
“Oggi abbiamo la possibilità di trattare in maniera adeguata lo scompenso cardiaco, riducendo la mortalità e le ospedalizzazioni”, sottolinea Salvatore Di Somma, Direttore del Comitato Scientifico AISC/APS, Cardiologo, docente di Medicina Interna dell’Università La Sapienza di Roma e Presidente di GREAT-Italy.
“La grande novità delle nuove terapie è che sono efficaci in tutte le forme di scompenso cardiaco, sia nella forma a frazione di eiezione ridotta, sia nella forma di scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata. Tuttavia, non sono farmaci sostitutivi, ma addizionali di quelli esistenti. Questo crea una problematica in più per il paziente che dovrà aggiungere altre pillole ogni giorno, per questo è importante renderlo consapevole del beneficio della loro assunzione, in quanto migliorano l’aspettativa di vita”.
Test diagnostici per lo scompenso cardiaco
Il passo fondamentale per una presa in carico tempestiva è la diagnosi precoce. “Uno degli ostacoli – avverte Di Somma – è la scarsa diffusione del test dei peptidi natriuretici NT-pro-BNP o BNP. Si tratta di test standard che sono disponibili in pronto soccorso per diagnosticare la dispnea grave, ma sono utili anche per l’identificazione di pazienti con sintomi molto sfumati. Difatti, all’inizio lo scompenso non si presenta con l’affanno o con le gambe gonfie, ma può provocare stanchezza e astenia che la persona di una certa età tende a considerare fisiologici. In questi casi, anche l’ecocardiogramma può risultare poco significativo, mentre solo il test dei peptidi natriuretici può rivelare la presenza dello scompenso in fase precoce. Per questo è necessario l’utilizzo del test con una semplice puntura al dito anche nella medicina territoriale. Come Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) – annuncia il Professore – stiamo facendo un protocollo che prevede l’accesso a tali test anche presso i medici di medicina generale e le farmacie. Questa è la base da cui partire per ridurre mortalità e ospedalizzazioni”.
Case di comunità per le cronicità
Da pochi giorni si è conclusa la consultazione pubblica, attivata dall’Agenas, per la stesura del “Documento di indirizzo contenente indicazioni per la promozione della partecipazione e co-produzione dei pazienti, dei cittadini e della comunità nell’ambito delle Case della comunità”.
“In queste realtà – spiega il Professor Di Somma – ci saranno medici di medicina generale presenti h24, specialisti ambulatoriali e infermieri. Sul territorio ci sarà una struttura ogni 40mila abitanti. Lo scompenso cardiaco è per definizione una malattia cronica, quindi è necessario che le Case di comunità diventino un presidio territoriale per ottimizzarne la gestione. Il fine è quello di domiciliare le cure e realizzare una politica sanitaria rivolta al territorio. Le Case di comunità non vedono il medico da solo, ma un team multidisciplinare e la tecnologia di screening, consentendo una risposta ai bisogni di salute. Nelle Case ci saranno anche le associazioni dei pazienti, per offrire un supporto non solo medico ma anche sociale. Per consentire l’equità, il documento di Agenas avrà un indirizzo nazionale, affinché tutte le Regioni abbiano un modello unico. In questo tentativo di creare un percorso omogeneo, dall’ospedale al territorio, anche la riabilitazione del paziente con scompenso cardiaco rappresenta un importante anello di congiunzione”.
10 anni di AISC
Per accendere i riflettori sull’importanza della riabilitazione cardiovascolare nel percorso di cura, l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) promuove un convegno il 10 aprile 2024, presso la struttura ospedaliera San Raffaele Montecompatri, dal titolo “La riabilitazione nello Scompenso Cardiaco: un nuovo modello costruito sulle esigenze del paziente”.
Nella prima parte, gli specialisti faranno il punto sull’importanza della riabilitazione cardiaca, presentando il modello innovativo proposto a Montecompatri. L’appuntamento è anche l’occasione per celebrare il decimo anniversario dell’Associazione, con la presenza di clinici, tecnici di riabilitazione, pazienti, caregiver e rappresentanti del consiglio direttivo e del comitato scientifico.
“Come Aisc – afferma la Dottoressa Maria Rosaria Di Somma, Consigliere Delegato dell’AISC APS – operiamo a carattere nazionale e abbiamo dei centri presso gli ospedali. Oggi ne contiamo circa 80 e ora ci sarà una nuova sede che si lega all’associazione, per offrire nuove opportunità di assistenza e di cura ai pazienti, superando le criticità del sistema sanitario nazionale e regionale”.
Individuare precocemente la malattia, infatti, significa favorire un trattamento tempestivo, migliorando la prognosi e riducendo il rischio di complicanze. L’Associazione si impegna anche nella ricerca medica, promuovendo una rete nazionale di supporto ai pazienti.
Innovazione per la salute mentale: Unicef lancia HERE4U
Adolescenti, News Presa, PsicologiaIl 7 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Salute. L’innovazione può fare la differenza in questo campo, come suggeriscono i risultati presentati da UNICEF nell’ambito del servizio “HERE4U: Salute Mentale Digitale e Supporto Psicosociale a Distanza per Giovani Persone Rifugiate e Migranti”.
Il servizio dà supporto personalizzato, anonimo e gratuito a giovani rifugiati e migranti in Italia. HERE4U ha raggiunto oltre 2.000 giovani, che affrontano le sfide legate alla salute mentale. I giovani migranti e rifugiati spesso affrontano situazioni di violenza, abusi e sfruttamento lungo il loro percorso, con gravi conseguenze per il loro benessere fisico e mentale.
L’UNICEF sottolinea l’importanza dell’innovazione nel campo della salute mentale, poiché offre nuovi strumenti per affrontare i bisogni di salute di individui vulnerabili. HERE4U è integrato nella piattaforma U-Report On The Move e utilizza una strumenti digitali, come livechat, podcast e schede informative.
L’iniziativa rientra nel progetto “PROTECT” finanziato dal Dipartimento per la Migrazione e gli Affari Interni della Commissione Europea.
Cos’è la sindrome del bambino scosso
Genitorialità, News PresaLa sindrome del bambino scosso, nota anche come shaken baby syndrome (SBS), è una delle forme più gravi di maltrattamento fisico nei neonati e nei lattanti. Quello che non tutti sanno è che il rischio di procurare un danno ad un bimbo di pochi mesi è concreto e può avvenire anche in modo del tutto inconsapevole. Proviamo allora a capire di cosa si tratta, perché si verifica e quali sono i rischi associati.
Cos’è la sindrome del bambino scosso
Iniziamo col dire che questa sindrome è causata da un violento scuotimento del bambino, spesso in risposta al suo pianto inconsolabile. Ciascuno di noi a questo punto starà pensando:non sarei mai capace di fare una cosa simile. Il problema è riuscire a comprendere lo stress al quale una mamma (in misura minore anche il papà) è sottoposta nei mesi immediatamente successivi al parto. Anche involontariamente, senza rendersene conto, alcune donne possono cullare il piccolo con eccessiva veemenza e procurare dei danni. La maggior parte dei casi si verifica nel primo anno di vita, con una maggiore frequenza nei primi sei mesi.
Cause e meccanismo
La sindrome del bambino scosso si verifica quando il bambino viene tenuto per il tronco e scosso vigorosamente. A causa delle dimensioni del cranio e della muscolatura del collo ancora inadeguata, il contenuto della cavità cranica (vale a dire il cervello, il cervelletto e il midollo allungato) subisce rapidi movimenti di rotazione. Questo può portare a un trauma cerebrale, lesioni dei nervi e rottura dei vasi sanguigni con conseguenti emorragie. Il risultato è spesso una serie di complicanze neurologiche gravi.
Fattori di rischio
Come detto i fattori di rischio sono principalmente stress, frustrazione o persino la giovane età dei genitori. Le mamme sono più a rischio, perché – gioco forza – nei primi mesi è su di loro che si scarica il peso del parto. Situazioni stressanti o mancanza di supporto possono ovviamente aumentare la probabilità di scuotere il bambino. La è un altro stato d’animo pericoloso, perché quando il bimbo piange (nei primi sei mesi il suo vagito è al massimo dell’intensità) i genitori spesso non sanno come gestire la situazione e possono reagire scuotendolo.ù
Danni e conseguenze
Lo scuotimento troppo energico, come detto, può causare lesioni al cervello, che rischia di muoversi liberamente nel cranio. Questo può portare a danni motori e neurologici, soprattutto nei bambini al di sotto dei due anni. Ecco perché i è importante educare i genitori e i caregiver sulle tecniche di gestione del pianto del bambino e promuovere il supporto sociale per ridurre lo stress dei genitori-
Virus B, il primo caso nell’uomo ad Hong Kong
News Presa, PrevenzioneAd Hong Kong è stato registrato il primo caso nell’uomo di virus B trasmesso dalle scimmie. La premessa è d’obbligo, alle nostre latitudini non si corre alcun rischio, ma in vista dell’estate e di viaggi in mete da sogno la questione assume una certa rilevanza. Il caso segnalato dalle autorità sanitarie di Hong Kong riguarda un uomo di 37 anni che è ricoverato in gravi condizioni, riferisce Bloomberg, dopo essere stato attaccato da un branco in un parco.
Prestare attenzione
Le autorità sanitarie locali stanno indagando sul contagio e avvertono la popolazione di non toccare né dare da mangiare alle scimmie selvatiche. Chiunque venga ferito da una scimmia dovrebbe rivolgersi immediatamente a un medico, raccomanda il Centro di protezione della salute. Il giovane è entrato in ospedale il 21 marzo con febbre e perdita di coscienza. Secondo quanto riferito dai familiari, a fine febbraio l’uomo era stato ferito durante una visita al Kam Shan Country Park, una destinazione escursionistica nota per il suo branco di scimmie selvatiche.
I sintomi
L’herpesvirus simiae è una variante di herpesvirus che colpisce principalmente i macachi. Il rischio per l’uomo di solito è molto basso, ma il virus può essere trasmesso attraverso il contatto con fluidi corporei infetti. Solitamente morsi o graffi di macachi infetti. Nei casi in cui l’herpes virus simiae viene trasmesso agli esseri umani, i sintomi possono variare da lievi a gravi. Nei primi stadi dell’infezione, i sintomi possono includere vesciche dolorose intorno alla bocca o agli occhi, febbre, mal di testa e malessere generale, molto simili ai sintomi dell’herpes simplex. Tuttavia, nei casi più gravi, l’herpes B virus può provocare complicazioni neurologiche serie, inclusa l’encefalite.
Il virus
Il virus B o Herpesvirus simiae è naturalmente presente nella saliva, nell’urina e nelle feci dei macachi, spiega il Dipartimento della Sanità di Hong Kong. Le persone infettate possono presentare inizialmente sintomi simil-influenzali, che però rischiano di progredire fino a un’infezione del sistema nervoso centrale. La malattia può causare gravi danni cerebrali o portare alla morte, se non trattata immediatamente. Fortunatamente la trasmissione del patogeno da uomo a uomo è ritenuta rara.
Cura il diabete ma anche il cuore
News PresaUn recente studio condotto da un team di ricercatori italiani, coordinato dal professor Giuseppe Paolisso dell’Università UniCamillus di Roma e dell’Università Vanvitelli di Napoli, ha evidenziato potenti effetti protettivi sul cuore da parte di un farmaco usato per la cura del diabete, il tirzepatide (Tzt). I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Cardiovascular Diabetology.
Lo studio
Utilizzando un approccio in tre fasi, gli studiosi hanno condotto una meta-analisi sugli effetti cardiovascolari della Tzt, valutato gli effetti protettivi cardiaci in vitro su cellule cardiache umane in laboratorio e realizzato un’analisi bioinformatica per confermare il suo meccanismo d’azione. I risultati hanno dimostrato che la tirzepatide riduce significativamente le probabilità di eventi cardiovascolari gravi, proteggendo le cellule cardiache da ipertrofia, fibrosi e morte cellulare. Inoltre, favorisce la contrattilità cardiaca, offrendo un ampio spettro di benefici per la salute del cuore.
Antiobesità
Ciò che rende particolarmente interessante la scoperta è il fatto che la tirzepatide sia un farmaco antidiabetico. Questo lo rende doppio valido, considerando che i soggetti diabetici sono esposti a un maggior rischio di complicanze cardiovascolari, inclusa l’insufficienza cardiaca. Secondo il professor Paolisso, la tirzepatide rappresenta un nuovo farmaco promettente per la gestione del diabete di tipo 2, con notevoli effetti anti-obesità e protettivi nei confronti delle malattie cardiache indotte dal diabete. Gli effetti cardioprotettivi della Tzt sono attribuiti all’azione antinfiammatoria e alla capacità di contrastare lo stress ossidativo e la fibrosi cardiaca.
Presto in Italia
Lo studio coinvolge anche ricercatori dell’Università di Salerno e dell’Inra-Irccs di Ancona, evidenziando la collaborazione interdisciplinare nel promuovere la ricerca scientifica e il progresso nella lotta contro le malattie cardiovascolari e il diabete. I risultati di questo studio italiano confermano l’importanza della tirzepatide come un farmaco promettente non solo per il controllo del diabete di tipo 2, ma anche per la protezione del cuore dai danni cardiovascolari. L’arrivo imminente di questo farmaco sul mercato italiano potrebbe rappresentare un passo significativo nel migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da diabete e ridurre il rischio di gravi complicanze cardiache.
Memoria, come allenarla e mantenere il cervello giovane
Anziani, Benessere, Prevenzione, Stili di vitaL’età che avanza o ritmi della vita sostenuti possono mettere a dura prova la memoria. Tuttavia, esistono rimedi semplici che possono aiutare a mantenere la mente in forma e combattere il declino cognitivo. Il primo, ad esempio, è dormire il giusto numero di ore. Una ricerca pubblicata su Nature Neuroscience dimostra che dormire per un numero insufficiente di ore può portare a una perdita di memoria. In particolare si riferisce al sonno a onde lente ossia il sonno profondo. La carenza a lungo andare può comportare un deterioramento della corteccia prefrontale mediale.
Come funziona la memoria
La memoria è come un cestino nel cervello, dove vengono immagazzinati dati, fatti, persone e ricordi. Ogni tanto, il cestino ha bisogno di essere ripulito per liberarsi delle informazioni non necessarie. Dimenticare alcune cose ogni giorno, come il nome di una persona o un bene da acquistare al supermercato è un fatto normale. Tuttavia, diventa un problema quando le dimenticanze iniziano a condizionare negativamente la vita quotidiana.
Quante cose dimenticate al giorno
Secondo statistiche internazionali, ogni giorno le persone dimenticano da quattro a nove cose. In media, vengono persi circa 15 minuti al giorno nel tentativo di recuperare gli oggetti dimenticati. Tuttavia, secondo gli specialisti non c’è da preoccuparsi delle dimenticanze, a meno che non diventino ricorrenti e influenzino significativamente la vita quotidiana.
Come esercitare la memoria
Il nostro cervello è come un muscolo che deve essere costantemente allenato per rimanere in forma. Esistono diversi modi per esercitare la memoria, come risolvere cruciverba, leggere, praticare un hobby, imparare cose nuove e viaggiare. Anche l’attività fisica è fondamentale per mantenere il cervello attivo e favorire la circolazione sanguigna.
Cibi che favoriscono la memoria
Oltre agli esercizi mentali, una dieta equilibrata ricca di frutta e verdura può contribuire al benessere della memoria. Alcuni cibi possono fare la differenza:
Mito da sfatare
Contrariamente a quanto si possa pensare, non esiste alcuna prova scientifica che il fosforo aiuti la memoria. Per mantenere la memoria attiva e allenata, le ricerche suggeriscono dieci abitudini:
Come evolve
La memoria evolve nel corso della vita, con picchi di prestazioni in diverse fasi. Ad esempio, la velocità nel ricordare i fatti raggiunge il picco tra i 15 e i 20 anni, mentre la memoria visiva è al massimo dopo i 30 anni.
Cataratta, intervento trova sempre più ostacoli, appello degli oculisti
News PresaL’ultima revisione dei LEA – i Livelli Essenziali Assistenza sanitaria, rimandata a gennaio 2025, prevede un risarcimento dell’intervento di cataratta per gli ospedali del SSN di circa 800 euro. Per gli specialisti si tratta di una cifra troppo ridotta per coprire i costi del personale, dei materiali, della sala operatoria ma soprattutto delle tecnologie innovative.
“Se questa revisione andrà veramente in vigore, i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie decideranno di non lavorare in perdita e spingeranno i medici ad eseguire sempre meno cataratte, lasciando due alternative alle persone: chi potrà pagarsi il privato o l’assicurazione, si farà operare. Chi non avrà i mezzi, diventerà cieco o ipovedente” – spiega Francesco Bandello, Direttore Clinica Oculistica Università Vita Salute IRCCS Ospedale San Raffaele Milano e presidente dell’Associazione Pazienti Malattie Oculari.
La denuncia è stata fatta dal professor Bandello e da un nutrito panel di medici oculisti – tra i circa 6-7.000 operanti sull’intero territorio italiano, di cui intorno ai 1.500 nel SSN – ed esperti sanitari alla presenza delle istituzioni, nella Sala Stampa della Camera dei deputati, oggi 3 aprile 2024 durante l’incontro «Sanità pubblica senza cataratte. Così l’oculistica sta scomparendo dal SSN» a cura dell’Associazione Italiana Pazienti Oculari in collaborazione con A.I.M.O. Associazione Italiana Medici Oculisti e con S.I.S.O. Società Italiana Scienze Oftalmologiche.
“Il problema di fondo – spiega Bandello – è che l’Oculistica è considerata una disciplina sulla quale si può risparmiare, e rischia come già l’odontoiatria e, negli ultimi anni, la Dermatologia e, in parte, l’Otorinolaringoiatria, di venire sacrificata all’interno del SSN fino a scomparire”.
Cataratta, rischi e prospettive
“Questo provvedimento avrà degli altissimi costi sociali e non permetterà di erogare le prestazioni assistenziali con adeguati standard di qualità ed efficienza: a pagare il prezzo sarà il paziente – conferma il prof. Teresio Avitabile, presidente della Società italiana Scienze Oftalmologiche S.I.S.O.”
«L’oculistica è e rimane infatti la disciplina con il miglior rapporto costo-beneficio in tutto l’orizzonte medico (Fonte OMS) – ha specificato Alberto Quadrio Curzio, Professore Emerito di Economia politica all’Università Cattolica di Milano e Presidente onorario Associazione Pazienti malattie oculari -. Da una buona vista dipendono autonomia personale, risultati scolastici e aggiornamento delle competenze professionali, prevenzione degli infortuni sul lavoro. Perdere la vista, oltre al danno alle persone in termini di sofferenza, implica anche un costo sociale ed economico – mancati guadagni, peso sulle famiglie, assistenza di invalidità, esclusione – che è enormemente più alto di quanto costerebbe mantenere la salute visiva dentro il SSN”.
«Siamo molto preoccupati per la riduzione dei rimborsi per gli interventi oculistici ed in particolare per le cataratte e le terapie intravitreali finalizzate alle patologie retiniche che rappresentano gli interventi più eseguiti su tutto il territorio nazionale – puntualizza la dottoressa Alessandra Balestrazzi, Presidente AIMO Associazione Italiana Medici Oculisti – Piuttosto che far uscire la nostra specialità dal SSN o ridurre drasticamente il numero di interventi, si potrebbe pensare di prevedere una compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini per alcune tecnologie più costose che potrebbero permettere ai pazienti una migliore qualità della vista»
Il professor Mario Stirpe, decano dell’oculistica italiana e Presidente dell’IRCCS Fondazione Bietti, sottolinea il rischio che “l’assistenza ospedaliera venga progressivamente limitata alle materie salvavita con la consegna delle materie specialistiche ad una sanità convenzionata il cui primo obbiettivo sarà quello di mantenere bilanci positivi, e ancor peggio, l’intrusione di categorie che già oggi tendono ad assumere compiti impropri”.
“Al momento – riprende il professor Bandello – le strade che si possono prendere sono tre. Il Governo modifichi i Lea permettendo agli ospedali di ricevere almeno 1000 euro circa per intervento; oppure indichi un livello di reddito al di sotto del quale la cataratta viene garantita dal SSN; in alternativa, ammetta in maniera trasparente che tutti i cittadini e le cittadine devono pensare di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria per la salute visiva. Già ora le liste di attesa superano i 18 mesi. Se le cose rimangono come sono, eseguire la cataratta in ospedale diventerà un’illusione”.
“Quella di sacrificare l’Oculistica è una scelta lucida – conclude Bandello -. Ed è la scelta sbagliata: costa più di quanto faccia risparmiare e sacrifica il futuro di una disciplina che non potrà più contare su giovani medici formati nella sanità pubblica.”