Tempo di lettura: 3 minutiSta per iniziare TEDx Roma 2017 e avrà lo sguardo rivolto al benessere e alla sostenibilità. Si parlerà di educazione alla salute, con focus dedicati anche all’alimentazione e in particolare alla dieta mediterranea. Pensatori, visionari e innovatori dall’Italia e dal mondo proveranno a immaginare il futuro dell’umanità da oggi ai prossimi vent’anni.
La quarta edizione, in programma per l’8 aprile presso l’Auditorium Conciliazione, è intitolata “2037 – The future is our present”. Oggi durante la conferenza stampa di presentazione, guidata da Emilia Garito, organizer dell’evento, sono intervenuti Carlo Alberto Pratesi, professore ordinario di Marketing, innovazione e sostenibilità all’università Roma Tre; Marco Menichelli, esperto in intelligenza artificiale e direttore R&S di Silicondev; Giulia Baccarin, fondatrice di I-care (società specializzata nella diagnostica di precisione dello stato di salute degli impianti industriali) e vincitrice del premio Gamma Donna de Il Sole 24 Ore per l’imprenditoria femminile.
Caratteristica della formula originale e ormai consolidata delle conferenze TED (acronimo di technology, entertainment and design), è che ogni intervento dura non più di 18 minuti.
Si affronteranno tematiche che vanno dall’economia sostenibile, all’impatto della medicina più avanzata, alla cyber security e l’intelligenza artificiale, nonchè le esigenze di un mondo che cambia e richiede sempre più risorse ed energia, i percorsi possibili e gli impatti delle trasformazioni in atto. Sempre partendo dal presupposto che scelte sostenibili richiedono l’impegno sia singolarmente che globalmente. Al TEDx di Roma si è sempre parlato di futuro e di innovazione ma quest’anno è diverso, ha spiegato Emilia Garito introducendo i relatori: “il 2037 rappresenta un futuro prossimo, che stiamo progettando già ora; si tratta di una distanza temporale che noi stessi possiamo coprire, entro la quale, perciò, vedremo il risultato delle nostre scelte”.
L’organizzatrice ha inoltre ricordato la centralità dell’uomo nelle problematiche e nelle opportunità relative al progresso, e l’importanza di una riflessione comune sul come le politiche, l’economia e la tecnologia non possano prescindere dalla considerazione primaria del miglioramento della condizione umana e delle decisioni riguardo i diritti umani. “Abbiamo coinvolto persone che si pongono questi problemi tutti i giorni – ha spiegato Emilia Garito – per una visione delle potenzialità tecnologiche dell’innovazione del futuro accompagnata da una riflessione un po’ più lenta ed orientata alla comprensione dell’impatto delle scelte sulla società. Uno slow thinking, quindi, che ci renda responsabili di scelte etiche; perché già adesso l’innovazione esponenziale non consente di commettere errori ai quali non si può rimediare”.
Parlando di acqua e di futuro, per di più in prossimità della Giornata Mondiale dell’Acqua, sono stati riportati i dati del World Water Council, che parlano di quasi un miliardo di persone senza accesso ad acqua sicura e di un costo totale legato all’insicurezza delle risorse idriche per l’economia globale stimato in 500 miliardi di dollari l’anno, il quale, se si aggiunge l’impatto ambientale, cresce ulteriormente fino ad arrivare all’1% del Pil globale. “Il problema è catastrofico – ha commentato il professor Pratesi, che si concentrerà, nel suo intervento al TEDx Roma 2017, sulle tematiche relative alla sostenibilità del settore alimentare – e noi del nord del mondo ancora non lo vediamo e ci sentiamo meno colpiti da questa siccità che invece colpirà a breve tutti gli abitanti del pianeta. Tra 30/40 anni i nostri nipoti ci chiederanno increduli se veramente noi lavavamo auto e pavimenti con l’acqua potabile”. L’acqua potabile, infatti, è una piccolissima percentuale di quella presente e trasformare quella non potabile in potabile ha un’impatto energetico spaventoso per cui è un tipo di processo difficile e dispendioso da realizzare. La prima regola, pertanto, rimane il risparmio. “Bisogna educare le persone al valore dell’acqua ed utilizzare il progresso tecnologico per ridurre consumo e sprechi; per esempio servendosi di immagini satellitari per individuare le perdite degli acquedotti, grande effetto negativo della nostra distribuzione dell’acqua e che con la tecnologia può essere gestito. Non sappiamo se la purificazione dell’acqua sarà economica; sicuramente sarà sempre più economico il risparmio e qusto dipenderà molto dall’educazione fatta da bambini: se al bambino viene insegnato il valore della risorsa è probabile che da adulto mantenga quella sensibilità, se, di contro, si continua ad insegnare che l’acqua è un bene diffuso e gratis, gli atteggiamenti saranno ancora irresponsabili”.
Siamo i più sani del mondo. Italiani primi nella classifica di Bloomberg
Alimentazione, Economia sanitaria, News Presa, PrevenzioneL’importante è la salute, dicevano i nostri nonni. E l’Italia non può lamentarsi, perché è la più sana. Seppur persistano mille problemi per la gestione dell’assistenza sanitaria, la buona notizia che arriva dal Bloomberg Global Health Index (che ha analizzato le condizioni di salute di 163 Paesi) è che l’Italia è il miglior posto dove stare per vivere una vita lunga. Il nostro Paese è quello con la miglior salute del pianeta, secondo un indicatore che tiene conto di una serie di fattori come durata media della vita, nutrizione, salute mentale e fattori di rischio come tabagismo o pressione sanguigna.
Chi è nato in Italia può aspettarsi di vivere oltre gli 80 anni, chi è nato in Sierra Leone, ad esempio, in media solo fino a 52 anni.
Insomma, anche se l’Italia ha altri problemi: tra cui la crescita economica ferma, la disoccupazione a livelli altissimi e il debito pubblico tra i più elevati rispetto alla sua economia, la salute non ne risente (merito dello stile di vita italiano e della dieta mediterranea). Sottolinea Bloomberg: gli italiani sono in forma più degli americani, canadesi e inglesi, che soffrono di pressione alta e colesterolo e hanno più problemi di salute mentale.
L’Italia è prima in classifica non solo per l’aspettativa di vita alla nascita, ma anche per la sua qualità. All’Italia sono stati assegnati 93,11 punti su una scala di 100. In questo supera nazioni note per la loro longevità: da quelle del Nord Europa (l’Islanda, seconda è a 91,21 punti, la Svezia a 88,92) a quelle orientali (Giappone a 89,15, Singapore a 90,23) a quelle vicine del Mediterraneo (la Spagna è sesta con 89,19 punti).
Tra i fattori su cui il nostro Paese eccelle c’è la dieta, che ha determinato molta parte dell’alta classifica italiana (con la sua alimentazione ricca di verdure e di olio extravergine di oliva). Ad esempio gli Stati Uniti sono al 34° posto con un grado di salute di 73,05 punti su 100 anche perché presentano un indice di sovrappeso di 67,3. Gli stati più poveri – Louisiana, Mississippi, Alabama e West Virginia – sono quelli dove più del 35% della popolazione è obesa, secondo l’US Centers for Disease Control.
La ricchezza, quindi, non è direttamente proporzionale al benessere psicofisico, infatti, secondo Bloombreg quest’ultimo è più basso in Paesi più ricchi del nostro come la Germania che è al 16° posto o, appunto, gli Stati Uniti. La solidità economica conta senz’altro, visto che tra le prime venti, nella classifica dell’Indice di Bloomberg, solo Cipro e Singapore non fanno parte del gruppo Ocse, i Paesi cioè con le economie più sviluppate. Ma la ricchezza è salute solo se ci sono anche stili di vita sani e in questo l’Italia non ha rivali.
De Luca: pronti a finanziare la lotta a diverse forme di cancro
News Presa, Ricerca innovazione«La sanità campana cambia passo e punta all’obiettivo dell’eccellenza». Il governatore della Campania Vincenzo De Luca non nasconde una certa soddisfazione alla notizia che dal 3 aprile il commissario di governo Joseph Polimeni lascerà il suo attuale incarico per dedicarsi a quello di direttore sanitario a Siena. La vera notizia, ben più interessante per i cittadini, è che la Regione ha deciso di impiegare i finanziamenti europei con un solo obiettivo: «trovare nuove cure contro diverse forme di cancro». Ad annunciarlo è stato proprio il presidente De Luca, intervenuto alla presentazione del nuovo Reparto di malattie oculistiche rare dell’Azienda universitaria Vanvitelli di Napoli
Fondi per la ricerca
Per portare avanti nei fatti l’annuncio di voler dichiarare guerra al cancro, il presidente De Luca ha spiegato che non verranno più distribuiti fondi europei «a pioggia, abbiamo deciso – ha detto – di puntare alla lotta contro il cancro. Abbiamo costituito una commissione internazionale e scelto linee da finanziare per la ricerca. Questa è la sfida, impegnare risorse imponenti sul solo obiettivo di sconfiggere diverse forme di cancro». Poi, con il piglio che lo contraddistingue e che ha fatto la fortuna di imitatori come Crozza, ha aggiunto ironico: «Mi ero preoccupato, avevo letto qualche mese fa che i tedeschi avevano inventato qualcosa… mi pareva strano, i tedeschi che inventano. No i tedeschi possono programmare, su quello sono imbattibili, ma inventare… Poi ho scoperto che era una notizia falsa. Noi siamo impegnati su questa sfida. Provo a immaginare cosa sarebbe questo risultato per l’Italia e per Napoli».
La ricerca del Pascale
La notizia alla quale ha fatto riferimento De Luca è quella di un un vaccino terapeutico “universale” efficace contro tutti i tipi di cancro, arrivata proprio dalla Germania. Invece al Pascale dal primo settembre del 2013 un gruppo di ricerca internazionale è a lavoro per creare un vaccino per il cancro al fegato. Il progetto ha visto la partecipazione degli studiosi di cinque paesi differenti ed un investimento da sei milioni di euro da parte della Unione Europea. Grazie a questo impegno ed alla direzione magistrale dei ricercatori napoletani “hepavac”, il rivoluzionario vaccino ha visto la luce ed entrerà, a breve, in fase di sperimentazione.
Troppo sale nella dieta, solo il 10% degli italiani sotto i limiti dell’Oms
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneIl 75% del sale che viene assunto è nascosto negli alimenti acquistati. In Italia, come nel resto del mondo, si continua ad abusare di questo condimento, aumentando il rischio di ipertensione e ictus.
Sono gli uomini, in particolare a consumarne oltre il doppio del limite giornaliero raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che è di 10,6 grammi contro 5, e le donne 8,2 grammi. Solo il 5% degli uomini e il 15% delle donne sta sotto i limiti. Lo rileva il ministero della Salute in occasione della Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale, che si svolge dal 20 al 26 marzo. L’iniziativa è stata istituita nel 2005 ed è promossa dalla World Action on Salt and Health (Wash) per migliorare la salute delle popolazioni di tutto il mondo. I dati hanno rivelato che se si riducesse il consumo di sale nel mondo da 10 a 5 grammi al giorno, si avrebbe un calo del 23% del rischio di ictus, pari a 1,2 milioni di morti, e del 17% per le malattie cardiovascolari, pari a 3 milioni di morti.
I dati raccolti dal Ministero, con il Progetto CCM ‘MinSal 2009-2012’ attraverso l’analisi delle urine, mostrano valori nella popolazione ben superiori a quelli massimi raccomandati in tutte le Regioni, pur con differenze: minori al Nord e maggiori al Sud. In quasi tutte le regioni non più dell’1% consuma sempre pane con poco o senza sale. Anche le persone ipertese mangiano troppo salato (10,1 grammi gli uomini e 8,1 grammi le donne), così come i bambini tra i 6 e 18 anni, con 7,4 grammi al giorno tra i ragazzi e 6,7 tra le ragazze.
Al TEDx Roma si immaginerà il futuro tra 20 anni, puntando su educazione al benessere e sostenibilità
Alimentazione, Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneSta per iniziare TEDx Roma 2017 e avrà lo sguardo rivolto al benessere e alla sostenibilità. Si parlerà di educazione alla salute, con focus dedicati anche all’alimentazione e in particolare alla dieta mediterranea. Pensatori, visionari e innovatori dall’Italia e dal mondo proveranno a immaginare il futuro dell’umanità da oggi ai prossimi vent’anni.
La quarta edizione, in programma per l’8 aprile presso l’Auditorium Conciliazione, è intitolata “2037 – The future is our present”. Oggi durante la conferenza stampa di presentazione, guidata da Emilia Garito, organizer dell’evento, sono intervenuti Carlo Alberto Pratesi, professore ordinario di Marketing, innovazione e sostenibilità all’università Roma Tre; Marco Menichelli, esperto in intelligenza artificiale e direttore R&S di Silicondev; Giulia Baccarin, fondatrice di I-care (società specializzata nella diagnostica di precisione dello stato di salute degli impianti industriali) e vincitrice del premio Gamma Donna de Il Sole 24 Ore per l’imprenditoria femminile.
Caratteristica della formula originale e ormai consolidata delle conferenze TED (acronimo di technology, entertainment and design), è che ogni intervento dura non più di 18 minuti.
Si affronteranno tematiche che vanno dall’economia sostenibile, all’impatto della medicina più avanzata, alla cyber security e l’intelligenza artificiale, nonchè le esigenze di un mondo che cambia e richiede sempre più risorse ed energia, i percorsi possibili e gli impatti delle trasformazioni in atto. Sempre partendo dal presupposto che scelte sostenibili richiedono l’impegno sia singolarmente che globalmente. Al TEDx di Roma si è sempre parlato di futuro e di innovazione ma quest’anno è diverso, ha spiegato Emilia Garito introducendo i relatori: “il 2037 rappresenta un futuro prossimo, che stiamo progettando già ora; si tratta di una distanza temporale che noi stessi possiamo coprire, entro la quale, perciò, vedremo il risultato delle nostre scelte”.
L’organizzatrice ha inoltre ricordato la centralità dell’uomo nelle problematiche e nelle opportunità relative al progresso, e l’importanza di una riflessione comune sul come le politiche, l’economia e la tecnologia non possano prescindere dalla considerazione primaria del miglioramento della condizione umana e delle decisioni riguardo i diritti umani. “Abbiamo coinvolto persone che si pongono questi problemi tutti i giorni – ha spiegato Emilia Garito – per una visione delle potenzialità tecnologiche dell’innovazione del futuro accompagnata da una riflessione un po’ più lenta ed orientata alla comprensione dell’impatto delle scelte sulla società. Uno slow thinking, quindi, che ci renda responsabili di scelte etiche; perché già adesso l’innovazione esponenziale non consente di commettere errori ai quali non si può rimediare”.
Parlando di acqua e di futuro, per di più in prossimità della Giornata Mondiale dell’Acqua, sono stati riportati i dati del World Water Council, che parlano di quasi un miliardo di persone senza accesso ad acqua sicura e di un costo totale legato all’insicurezza delle risorse idriche per l’economia globale stimato in 500 miliardi di dollari l’anno, il quale, se si aggiunge l’impatto ambientale, cresce ulteriormente fino ad arrivare all’1% del Pil globale. “Il problema è catastrofico – ha commentato il professor Pratesi, che si concentrerà, nel suo intervento al TEDx Roma 2017, sulle tematiche relative alla sostenibilità del settore alimentare – e noi del nord del mondo ancora non lo vediamo e ci sentiamo meno colpiti da questa siccità che invece colpirà a breve tutti gli abitanti del pianeta. Tra 30/40 anni i nostri nipoti ci chiederanno increduli se veramente noi lavavamo auto e pavimenti con l’acqua potabile”. L’acqua potabile, infatti, è una piccolissima percentuale di quella presente e trasformare quella non potabile in potabile ha un’impatto energetico spaventoso per cui è un tipo di processo difficile e dispendioso da realizzare. La prima regola, pertanto, rimane il risparmio. “Bisogna educare le persone al valore dell’acqua ed utilizzare il progresso tecnologico per ridurre consumo e sprechi; per esempio servendosi di immagini satellitari per individuare le perdite degli acquedotti, grande effetto negativo della nostra distribuzione dell’acqua e che con la tecnologia può essere gestito. Non sappiamo se la purificazione dell’acqua sarà economica; sicuramente sarà sempre più economico il risparmio e qusto dipenderà molto dall’educazione fatta da bambini: se al bambino viene insegnato il valore della risorsa è probabile che da adulto mantenga quella sensibilità, se, di contro, si continua ad insegnare che l’acqua è un bene diffuso e gratis, gli atteggiamenti saranno ancora irresponsabili”.
Malattie oculari rare, alla Vanvietlli un reparto hi-tech
News PresaGrande attesa per l’inaugurazione di domani del nuovo reparto dedicato ai pazienti con malattie oculari rare dell’azienda ospedaliera universitaria Vanvitelli. Tutto all’insegna dell’hi-tech, con percorsi tattili “intelligenti”, bastone elettronico e messaggi vocali per consentire ai non vedenti di potersi muovere in autonomia. Tecnologie e sistemi all’avanguardia che fanno del nuovo reparto un’eccellenza unica in Italia. L’obiettivo è quello di accogliere il paziente con il sospetto di patologia oculare rara e fornirgli un inquadramento diagnostico nel più breve tempo possibile, dotato di adeguata tecnologia e un know-how specialistico.
Centro d’eccellenza
Ormai da anni il policlinico Vanvitelli è un importante punto di riferimento di rilievo nazionale per i pazienti affetti da malattie oculari rare, grazie all’esperienza pluridecennale del team multidisciplinare coordinato da Francesca Simonelli, professore ordinario e direttore della Clinica Oculistica. Tanto che dall’attivazione del registro regionale per le malattie rare (2011) la Simonelli e il suo team hanno già diagnosticato circa 2.600 pazienti provenienti dalla Campania e per circa il 45% dalle altre regioni d’Italia.
Team multidisciplinare
«Purtroppo, molti pazienti diagnosticati sono affetti da patologie causa di ipovisione grave o cecità – spiega la Simonelli – per le quali al momento non esistono cure approvate. Per questo, gli ambienti del nuovo reparto sono stati progettati per consentire al paziente con disabilità visiva di muoversi in completa autonomia grazie al percorso tattile “intelligente”, che, tramite il bastone elettronico e messaggi vocali, indirizza il paziente negli spostamenti. Inoltre, è stato organizzato un team multidisciplinare, con il coinvolgimento di diverse figure professionali: oftalmologi, ortottisti, infermieri, counsellor, operatori di orientamento e mobilità, al fine di garantire un processo riabilitativo olistico, personalizzato a seconda delle esigenze del singolo paziente».
Solidarietà e cura
Da anni, il team di malattie oculari rare collabora con la Fondazione Telethon per la ricerca di possibili cure per le malattie genetiche oculari. Questa collaborazione ha permesso la conduzione presso l’Università Vanvitelli del primo studio al mondo di terapia genica per il trattamento di una forma di cecità infantile, l’Amaurosi Congenita di Leber. In questo modo, sono stati trattati con successo sei pazienti italiani e si auspica che nei prossimi anni questo trattamento sarà approvato in Europa.
Vaccini: in Italia muoiono più anziani a causa di polmonite e influenza che in Europa
Anziani, News Presa, PrevenzioneQuest’inverno, ormai finito, ha segnato un epidemia influenzale virulenta, con un elevato tasso di mortalità inattesa. I più esposti sono soprattutto gli anziani (anche per la polmonite). In Italia ci sono stati circa il 15 per cento di over 65 morti in più, per un totale di 15 e 20 mila decessi non previsti. A rilevarlo, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in base ai dati del network EUROMOMO per il monitoraggio della mortalità, a cui partecipano 19 paesi europei.
Lo studio ha osservato un eccesso di decessi per tutte le cause nelle ultime due settimane di dicembre 2016 e nelle prime quattro di gennaio 2017 in Italia, come in Francia, Spagna e Portogallo, per rientrare nei valori attesi a fine febbraio. Ma il dato peggiore è in Italia che nella settimana di picco influenzale ha registrato un più 42% rispetto al valore atteso, ed è proprio a causa di questo ultimo dato che le morti sono attribuibili all’epidemia influenzale.
“Purtroppo altri dati confermano quello che sosteniamo da tempo, – commenta Michele Conversano, presidente HappyAgeing, Alleanza per l’Invecchiamento Attivo – ogni inverno ci sono diverse migliaia di morti l’anno per complicanze da influenza, quasi tutte tra gli anziani e per complicanze broncopolmonari. Quest’inverno, l’influenza è stata particolarmente virulenta e associata alla scarsa propensione degli anziani alla vaccinazione, ed è stata tra le cause del verificarsi del picco di decessi nel nostro Paese”.
Anche l’ISS concorda che, tra i motivi di questo incremento, c’è una scarsa copertura vaccinale, specialmente tra gli ultrasessantacinquenni, che è stata di meno di un anziano su due, quando il minimo raccomandato di copertura vaccinale sarebbe del 75%. Quest’anno, in Italia – prosegue Conversano – meno del 50 per cento degli anziani si è vaccinato contro l’influenza e, dato più allarmante, solo il 10 per cento degli over 50 è vaccinato contro la polmonite pneumococcica, malattia infettiva che provoca decessi di oltre venti volte superiori di quelli provocati dall’influenza, con oltre 9mila morti l’anno. Se si combinasse la vaccinazione antinfluenzale al vaccino antipneumococcico, si potrebbe arrivare a ridurre il numero di decessi annuale fino anche del 60 per cento.
“C’è ancora molto da fare per sensibilizzare gli anziani su un’adeguata prevenzione della sindrome influenzale e delle eventuali complicanze ad essa correlate – aggiunge il direttore di HappyAgeing Marco Magheri – da anni sosteniamo che campagne di sensibilizzazione sono quanto mai necessarie per sviluppare la consapevolezza che una migliore qualità della vita è possibile a tutte le età”.
A tavola con la LILT, per combattere e prevenire il cancro
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneLa scuola in prima linea per prevenire e combattere il cancro, e vincerà solo chi sarà in grado di portare a tavola la salute. A Scampia, negli istituti Ferraioli e Virgilio 4, prende vita il concorso enogastronomico «A tavola con la LILT», promosso dalla sezione partenopea dell’ente di volontariato oncologico. Riuscire a realizzare ricette che incoraggino una corretta alimentazione è la sfida dei genitori dei giovani alunni napoletani, una gara a suon di padelle che rappresenterà un po’ il clou della XVI edizione della Settima Nazionale di prevenzione Oncologica (18-26 marzo) organizzata della LILT di Napoli guidata dal professor Adolfo Gallipoli D’Errico. Protagonisti, i genitori degli alunni che saranno premiati nel corso di due manifestazioni culinarie che si terranno rispettivamente il 21 e il 24 marzo mattina nelle sedi degli istituti scolastici.
Giocare d’anticipo
«In realtà – spiega il professor Adolfo Gallipoli D’Errico – il nostro calendario è partito in largo anticipo con la due giorni, il 9 e il 10 marzo scorsi, dei controlli clinici di prevenzione senologica presso l’azienda Carpisa, iniziativa che lo scorso anno è stata particolarmente apprezzata e che abbiamo deciso di replicare inserendola nell’ambito della Settimana di Prevenzione. Lo stesso dicasi, sempre in tema di sana alimentazione, per l’interessante visita al Centro Depurazione Molluschi con gli alunni dell’Istituto Ferraioli». Oltre alla promozione di una sana alimentazione e corretti stili di vita, a Napoli la Settimana Nazionale della Prevenzione Oncologica è scandita anche dai controlli clinici gratuiti presso gli ambulatori LILT di Napoli e provincia che sarà possibile prenotare al numero verde 800 998877 oppure allo 081 549 5188 negli orari di ufficio.
Il rischio dell’obesità
«Come accade oramai da oltre 16 anni – aggiunge Gallipoli D’Errico – torniamo a promuovere un regime alimentare corretto nella consapevolezza dell’esistenza di una relazione tra la nutrizione e il cancro, visto che circa il 35% delle patologie oncologiche sarebbero causate da un’alimentazione scorretta. Se a questo aggiungiamo il fatto che, secondo le stime nel 2030 il 20% della popolazione maschile e il 15% di quella femminile sarà obesa e pertanto maggiormente esposta al rischio di ammalarsi, ben si comprende l’importanza della prevenzione partendo da ciò che mangiano».
Alla Milano-Sanremo la squadra dei 18 ciclisti con diabete
Associazioni pazienti, News Presa, SportAlla Milano-Sanremo anche una squadra di ciclisti con diabete. Si tratta del Team Novo Nordisk che quest’anno partecipa per la terza volta alla ‘classicissima di primavera’, dopo aver gareggiato, a inizio di stagione, nella 51/a edizione della Tirreno-Adriatico. Al via, sabato al Castello Sforzesco, anche Andrea Peron, 28 anni, di Camposanpietro (Padova), alla sua 4/a stagione con il team.
Ad Andrea Peron il diabete è stato diagnosticato a 16 anni ma non gli ha certo impedito di conquistare le sue vittorie sportive. Al suo primo anno nel Team Novo Nordisk ha collezionato 14 piazzamenti nella top 10, inclusi podi nel Tour de Beauce e nel Tour di Cina, mentre nel 2014 ha guadagnato tre traguardi nella top 10 e nell’edizione 2015 della Milano-Sanremo è stato protagonista di una fuga iniziata poco dopo la partenza e durata sino a 38 km dall’ arrivo.
“Sono orgoglioso di partecipare per il terzo anno alla più importante corsa di un giorno nel mio Paese con la maglietta Changing Diabetes”, dice Peron, consapevole di quanto la sua esperienza sia importante come incoraggiamento per le persone con diabete. “Per tutti noi – osserva il direttore generale del team, Vassili Davidenko – ogni gara è l’occasione per dimostrare che avere il diabete non significa rinunciare ai propri sogni”.
Oltre alla squadra composta da 18 ciclisti professionisti con diabete provenienti da 10 differenti Paesi, fanno parte del Team Novo Nordisk altri atleti di tutto il mondo tra cui triatleti e podisti, tutti con diabete. Il ciclismo è particolarmente indicato per una migliore gestione del diabete sia negli adulti che nei bambini. Come sport aerobico è indicato per migliorare il controllo della glicemia, prevenire le complicazioni e favorire la salute dell’ apparato cardiocircolatorio. Lo sottolineano i rappresentanti delle principali società scientifiche del diabete: Paolo Rumi per l’ Associazione Medici Diabetologi, Giorgio Sesti per la Società Italiana di Diabetologia, Franco Cerutti per la Società Italiana Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica.
Cure odontoiatriche e antibiotici, «in Italia prescrizioni facili»
News PresaAntibiotici spesso inutili e prescrizioni facili. A lanciare l’allarme sono gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SidP). Ritrovatisi in occasione del XVIII Congresso Internazionale su Parodontologia e Salute Orale, i tecnici hanno discusso dei risultati di un’indagine internazionale condotta da Key-Stone su 1.500 dentisti di 6 Paesi europei fra cui l’Italia. Gli esiti parlano chiaro.
Situazione allarmante
Estrazioni, interventi sulle gengive e sull’osso di sostegno dei denti, inserimento di impianti, trapianti di tessuti, sono circa 5 milioni gli interventi di chirurgia odontoiatrica eseguiti ogni anno nel nostro Paese. «Secondo un recente studio dell’Università di Torino” circa il 50% della popolazione ha una forma più o meno grave di parodontite. Ma solo 5 milioni di italiani vengono sottoposti a terapie specifiche della malattia, mentre oltre 20 milioni di persone non accedono alle cure». Spiega Claudio Gatti, presidente SIdP. Quattro volte su dieci il paziente esce dal dentista con la prescrizione di una bella dose di antibiotici, che però in oltre il 50% dei casi non sono necessari. Quanto all’indagine condotta da Key-Stone su un campione di 1.500 dentisti di Svezia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Italia, dipinge un’Europa divisa in due nell’atteggiamento nei confronti degli antibiotici. Accanto a un Nord Europa in cui si evita più possibile di ricorrere all’antibiotico, con la Svezia in cui le prescrizioni sono al 9%, il Regno Unito al 18% e la Germania al 20%, nei Paesi affacciati sul Mediterraneo le percentuali raddoppiano arrivando al 40% con la Francia e Italia tra le peggiori in Europa. «Queste differenze si spiegano con le linee guida presenti nei vari Paesi, la diversa copertura odontoiatrica da parte del Sistema Sanitario e la cultura e le abitudini di medici e pazienti – commenta Gatti – In Italia, per esempio, l’attività odontoiatrica è quasi tutta privata mentre in altri Paesi l’odontoiatria pubblica ha un peso più rilevante. Inoltra il sistema di controllo sulla somministrazione degli antibiotici è particolarmente capillare nei paesi nordici, e ciò riduce il rischio dell’uso non appropriato».
“Prescrizioni facili”
Abitudine pericolosa, perché oltre a esporre ai possibili effetti collaterali degli antibiotici, come ad esempio reazioni allergiche, nausea, vomito e diarrea, favoriscono la comparsa di germi resistenti: l’antibiotico dovrebbe essere dato soltanto nei casi più gravi di parodontite aggressiva o estesa a molti denti e sempre in associazione alla rimozione professionale della placca batterica da parte del dentista o dell’igienista dentale. Quindi l’antibiotico non deve mai essere usato come unica terapia ad eccezione del trattamento di situazioni acute come l’ascesso dentale, con una durata variabile a seconda del principio attivo ma mai inferiore ai tre giorni.
In Italia
Nel nostro Paese l’impiego di antibiotici è esteso e generalizzato ben oltre le reali necessità. «Gli antibiotici hanno senso nelle forme più gravi e comunque soltanto in associazione alla disgregazione della placca batterica con terapia professionale», dice Mario Aimetti, presidente eletto SIdP e professore di parodontologia presso l’Università di Torino. In caso contrario sono destinati a essere quantomeno inefficaci, per la natura stessa della placca: questa è un biofilm dove sono presenti enormi quantità di batteri, basti pensare che in un millimetro cubo di placca ci sono oltre 100 milioni di microrganismi e in un dente poco pulito si possono trovare anche 10 millimetri cubi di placca, per una popolazione di germi pari a tre volte gli abitanti degli Stati Uniti. In queste comunità batteriche si sviluppano germi patogeni che possono attaccare le gengive, ma questi in genere si trovano in profondità e non vengono raggiunti dall’antibiotico se la placca non viene spezzata. Da qui la conseguente inefficacia dell’antibiotico come unica terapia
Nanotecnologie, un progetto contro il dolore
News Presa, Ricerca innovazioneContro il dolore postoperatorio scende in campo la nanotecnologia. Si apre così una nuova frontiera che presto potrebbe trovare impiego anche nel controllo del dolore cronico. Lo studio, sia in vivo che in vitro, si basa su tecnologia miniaturizzata ed è a tutti gli effetti il battesimo del fuoco per la BIOGENAP, nato 18 mesi fa con un accordo tra Università di Parma e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Il progetto punta alla definizione di un nuovo dispositivo basato su tecniche che sono sulla scala del miliardesimo di metro, talmente piccole da poter essere anche iniettate con una siringa. In questo caso l’obiettivo è quello di arrivare a creare una sorta di “analgesico tecnologico” da utilizzare nella ferita chirurgica. Il progetto permetterà anche di approfondire come nuovi protocolli clinici terapeutici possano essere più utili per la gestione della terapia del dolore postoperatorio.
Il finanziamento
Il progetto “Nano-No-Pain” vede come coordinatori scientifici per l’Università di Parma il professor Guido Fanelli, il dottor Massimo Allegri e il dottor Dario Bugada e per il CNR-IMEM il dottor Salvatore Iannotta. A rendere possibile l’avvio delle attività è stato il finanziamento di 225mila euro cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna per circa 70mila euro. Si parte entro due mesi con il lavoro del gruppo di ricerca dell’Università di Parma e dal gruppo di ricerca CNR-IMEM.
Verso la fantascienza
Il progetto che verrà realizzato dal BIOGENAP ricorda un po’ quanto proposto in un vecchio film Hollywoodiano. Come spesso accade la realtà punta dritta verso la fantascienza. Nel caso della pellicola «Salto nel buio», il protagonista si trovava coinvolto in un esperimento scientifico che prevedeva la miniaturizzazione dei una vera e propria navicella, iniettata poi (per errore) in un corpo umano. Qui siamo anni luce da quel risultato, ma la possibilità di iniettare nanotecnologie all’interno del corpo umano è un campo che promette grandi risulti.