Tempo di lettura: 2 minutiLa povertà in Italia è ancora alta, anzi, segna un rialzo rispetto al 2015. Ad essere penalizzati sono soprattutto i minori: le difficoltà aumentano nelle famiglie numerose, dove ci sono più figli piccoli. A decretarlo sono i numeri dell’Istat. Nel 2016 le famiglie in condizioni di povertà assoluta erano un milione 619mila, per un totale di 4 milioni 742mila persone, 144 mila in più del 2015. In rapporto al numero di famiglie (25,7 milioni) e di residenti in Italia (60 milioni), l’incidenza della povertà assoluta è stata pari al 6,3% delle famiglie (contro il 6,1% del 2015) e al 7,9% degli individui (7,6% nel 2015).
Essere poveri assoluti, nella classifica Istat, significa non essere in grado di acquistare un paniere di beni e servizi «essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile» (che cambia in base al numero di componenti familiari, all’età e al comune di residenza). Una situazione che si ripercuote sulla salute della popolazione più disagiata che tende a risparmiare anche in cure e prevenzione e mette a rischio di esclusione sociale. Spicca la differenza maggiore con il 2015 nelle famiglie con tre o più figli minori, dove il tasso di povertà assoluta è stato nel 2016 del 26,8% contro il 18,3% dell’anno precedente. Non viene risparmiato dall’aumento di difficoltà neppure il Centro Italia, in particolare nei comuni medio-piccoli (fino a 50mila abitanti).
Insomma, ad essere penalizzati sono di più i minori: risalendo indietro nel tempo, rispetto al 2005, si osserva il peggioramento dell’incidenza della povertà assoluta tra i bambini, dal 3,9% al 12,5% e tra i giovani, anch’essa triplicata (dal 3,1% al 10%).
Si conferma, quindi, la relazione inversa tra poveri assoluti ed età: la percentuale di indigenti scende infatti al crescere delle fasce d’età osservate. Il minimo tocca i nuclei col capofamiglia ultra sessantaquattrenne (3,9%), il massimo le famiglie con la persona di riferimento sotto i 35 anni (10,4%). Il lavoro conta molto. Nelle famiglie operaie la povertà assoluta è doppia (12,6%) della media, mentre tra quelle di quadri e impiegati il tasso scende all’1,5%.
L’Istat fa il calcolo anche della povertà relativa in Italia che equivale a una capacità di spesa non superiore alla metà di quella media. Per esempio, per una famiglia di due componenti il tetto è pari alla spesa media di una persona, cioè 1.061 euro al mese nel 2016. La povertà relativa ha riguardato il 10,6% delle famiglie (10,4% nel 2015), cioè 2 milioni 734mila, per un totale di 8 milioni 465mila persone, il 14% dei residenti (13,7% nel 2015). Anche la povertà relativa aumenta con la dimensione familiare (come per quella assoluta): raggiungendo il 30,9% tra i nuclei con 5 o più componenti. Ad essere colpiti sono i nuclei giovani, raggiungendo il 14,6% tra quelli con persona di riferimento under 35. Nelle famiglie operaie il tasso è del 18,7%, del 31% in quelle dove il capofamiglia è disoccupato. Dal 2018, a seguito della riforma del governo Renzi, per contrastare la povertà si userà il Rei, reddito di inclusione (da un minimo di 190 a un massimo di 485 euro a famiglia) che sostituirà il Sia, Sostegno all’inclusione attiva. La spesa prevista è di 1,7 miliardi.[wl_cloud][wl_chord]
Cambiamenti climatici. OMS: ogni anno 12,6 mln di morti evitabili
PrevenzioneTra il 2030 e il 2050, i cambiamenti climatici causeranno circa 250.000 morti in più l’anno per malnutrizione, malaria, diarrea, surriscaldamento globale, oltre a miliardi di dollari in danni diretti per la salute. L’allarme arriva dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel luglio 2017 ha iniziato a lanciare il secondo ciclo dei suoi profili del clima e della salute, fornendo prove aggiornate a livello nazionale (l’Italia ancora non c’è) sui rischi e le opportunità di salute e sullo stato di avanzamento.
Che il clima incida sulla salute è ormai chiaro, se ne discute da decenni e si cercano soluzioni condivise influenzate dall’alternarsi dei governi. Attraverso l’Accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, i paesi si sono impegnati a ridurre l’inquinamento di carbonio, ad esempio attraverso la promozione di fonti energetiche più pulite e sistemi di trasporto urbano più sostenibili, che tutelano e migliorano anche la salute delle proprie popolazioni.
Il cambiamento climatico secondo l’Oms pregiudica l’accesso ad acqua sicura, cibo adeguato e aria pulita ed è responsabile ogni anno di circa 12,6 milioni di decessi a causa di fattori di rischio ambientali evitabili.
L’Oms lavora con i paesi di tutto il mondo per proteggere le popolazioni più vulnerabili dagli effetti sulla salute degli eventi meteorologici estremi e per aumentare la loro resilienza ai cambiamenti climatici a lungo termine. Le decisioni politiche e le fonti di energia inquinanti che stanno causando il cambiamento climatico stanno anche causando impatti diretti sulla salute, contribuendo in particolare ai 6,5 milioni di morti ogni anno da inquinamento atmosferico.
L’obiettivo dell’Oms è quello di spingere i paesi a valutare i vantaggi previsti per la salute dagli impegni di Parigi e promuovere scelte politiche che portano i maggiori benefici sia alla salute che all’ambiente.
Il progetto UNFCCC Climate and Health Country Profile dell’Oms dà ai ministri della sanità e ai responsabili politici della salute istantanee basate sui dati dei rischi del clima e sui rischi sanitari nei vari paesi. Il loro effetto è l’ opportunità di co-beneficio per la salute, e forniscono una piattaforma globale sui progressi nazionali nella risposta e nell’attuazione delle politiche.
Il progetto ha rafforzato i legami tra clima e comunità sanitarie; ha promosso una ricerca innovativa sul rischio nazionale per il clima e sulla modellazione dell’impatto sanitario; ha impegnato una rete interministeriale di punti di forza su aspetti climatici e sanitari per sviluppare, avanzare e diffondere i risultati.
Oms UNFCCC Clima e Salute ha anche fornito una panoramica Globale 2015.La panoramica globale è un documento complementare ai profili del paese, che descrive le tendenze globali del cambiamento climatico e della salute sperimentabili, a seconda della volontà collettiva e dell’efficacia dell’azione.
Incendi e roghi, allarme per fumo e diossina
News PresaOrmai da settimane gli incendi si susseguono senza sosta. Se il problema è nazionale è anche da dire che alcune regioni stanno “soffrendo” più di altre. La Campania in primis. Il dramma è che a bruciare non sono solo le sterpaglie, in molte zone il fumo è nero e pungente perché a bruciare è la “monnezza”. Colonne di diossina si alzano dai terreni martoriati e migliaia di cittadini non possono fare altro che avvelenarsi con quel fumo. Recente la notizia che le fiamme hanno interessato anche il cuore di Napoli, la collina di Posillipo. Molte abitazioni sono state evacuate per un incendio ad Agropoli (Salerno) dove a decine decine sono stati fattiballontanare dalle proprie abitazioni. Sul posto, oltre alle squadre dei vigili del fuoco, impegnati anche un elicottero e un canadair. Solo ieri pomeriggio, un altro incendio di vaste proporzioni aveva colpito il Comune di Capaccio Paestum, a pochi chilometri di distanza da “Collina San Marco”, costringendo un migliaio di persone ad abbandonare abitazioni private e villaggi turistici. Le fiamme erano state domate solo in tarda serata.
Malori
Un vigile del fuoco si è sentito male durante le operazioni di spegnimento di un incendio in Toscana. Secondo quanto riporta il 118 di Pistoia, un pompiere di 55 anni si è sentito male mentre lavorava a un incendio a Montale ed è stato ricoverato in codice rosso al pronto soccorso. E’ successo verso le 4. Poi, dopo gli accertamenti in ospedale, è stato dimesso in buone condizioni senza giorni di prognosi.
Rischio diossina
La preoccupazione per gli effetti di questi incendi sulla salute dei cittadini aumenta di giorno in giorno. “Al momento – spiega a Repubblica Mario Manzoni, presidente della Società italiana di endoscopia ginecologica – non ci sono dati certi, ma alcuni studi sostengono che la diossina sprigionata dagli incendi può giocare un ruolo nell’insorgenza e nel peggioramento dell’endometriosi, una patologia che sarebbe quindi correlata all’inquinamento ambientale. Altre ricerche – aggiunge – parlano di fattori alimentari che danno una maggiore aggressività della patologia. Nella nostra esperienza abbiamo affrontato le esperienze più complesse con pazienti provenienti da aree particolarmente inquinate”.
Malattie respiratorie
Al di là della diossina, che ovviamente crea grandi problemi di salute se inalata, il fumo che appesta intere città sta causando problemi ad anziani, bambini e soggetti a rischio. Gli esperti consigliano nelle zone più colpite di restare per quanto possibile a casa con le finestre chiuse. In caso di problemi è invece opportuno sentire il proprio medico di famiglia e, solo se consigliato, ricorrere al pronto soccorso. La speranza, ovviamente, è che la situazione possa presto rientrare nei canoni della normalità.
Povertà in Italia: triplicata in 11 anni. Penalizzati minori e giovani
Stili di vitaLa povertà in Italia è ancora alta, anzi, segna un rialzo rispetto al 2015. Ad essere penalizzati sono soprattutto i minori: le difficoltà aumentano nelle famiglie numerose, dove ci sono più figli piccoli. A decretarlo sono i numeri dell’Istat. Nel 2016 le famiglie in condizioni di povertà assoluta erano un milione 619mila, per un totale di 4 milioni 742mila persone, 144 mila in più del 2015. In rapporto al numero di famiglie (25,7 milioni) e di residenti in Italia (60 milioni), l’incidenza della povertà assoluta è stata pari al 6,3% delle famiglie (contro il 6,1% del 2015) e al 7,9% degli individui (7,6% nel 2015).
Essere poveri assoluti, nella classifica Istat, significa non essere in grado di acquistare un paniere di beni e servizi «essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile» (che cambia in base al numero di componenti familiari, all’età e al comune di residenza). Una situazione che si ripercuote sulla salute della popolazione più disagiata che tende a risparmiare anche in cure e prevenzione e mette a rischio di esclusione sociale. Spicca la differenza maggiore con il 2015 nelle famiglie con tre o più figli minori, dove il tasso di povertà assoluta è stato nel 2016 del 26,8% contro il 18,3% dell’anno precedente. Non viene risparmiato dall’aumento di difficoltà neppure il Centro Italia, in particolare nei comuni medio-piccoli (fino a 50mila abitanti).
Insomma, ad essere penalizzati sono di più i minori: risalendo indietro nel tempo, rispetto al 2005, si osserva il peggioramento dell’incidenza della povertà assoluta tra i bambini, dal 3,9% al 12,5% e tra i giovani, anch’essa triplicata (dal 3,1% al 10%).
Si conferma, quindi, la relazione inversa tra poveri assoluti ed età: la percentuale di indigenti scende infatti al crescere delle fasce d’età osservate. Il minimo tocca i nuclei col capofamiglia ultra sessantaquattrenne (3,9%), il massimo le famiglie con la persona di riferimento sotto i 35 anni (10,4%). Il lavoro conta molto. Nelle famiglie operaie la povertà assoluta è doppia (12,6%) della media, mentre tra quelle di quadri e impiegati il tasso scende all’1,5%.
L’Istat fa il calcolo anche della povertà relativa in Italia che equivale a una capacità di spesa non superiore alla metà di quella media. Per esempio, per una famiglia di due componenti il tetto è pari alla spesa media di una persona, cioè 1.061 euro al mese nel 2016. La povertà relativa ha riguardato il 10,6% delle famiglie (10,4% nel 2015), cioè 2 milioni 734mila, per un totale di 8 milioni 465mila persone, il 14% dei residenti (13,7% nel 2015). Anche la povertà relativa aumenta con la dimensione familiare (come per quella assoluta): raggiungendo il 30,9% tra i nuclei con 5 o più componenti. Ad essere colpiti sono i nuclei giovani, raggiungendo il 14,6% tra quelli con persona di riferimento under 35. Nelle famiglie operaie il tasso è del 18,7%, del 31% in quelle dove il capofamiglia è disoccupato. Dal 2018, a seguito della riforma del governo Renzi, per contrastare la povertà si userà il Rei, reddito di inclusione (da un minimo di 190 a un massimo di 485 euro a famiglia) che sostituirà il Sia, Sostegno all’inclusione attiva. La spesa prevista è di 1,7 miliardi.[wl_cloud][wl_chord]
Dopamina aumenta produzione anticorpi. Più sani se più felici
PrevenzioneLa Dopamina fa bene alla salute, non solo all’umore. Il neurotrasmettitore del piacere fa sì che aumenti la produzione di anticorpi nel nostro corpo. Lo rivela una ricerca internazionale pubblicata su Nature e nata in Italia, che potrebbe avere risvolti per le malattie autoimmuni e aiuta a capire perché le persone felici hanno spesso un buon sistema immunitario. Proprio così: la formazione di anticorpi contro virus e batteri è influenzata da un ormone collegato alla felicità, la dopamina.
Quando virus o batteri invadono il corpo umano, in regioni specializzate dei linfonodi, i cosiddetti centri germinativi, le cellule immunitarie (linfociti B e T) collaborano tra loro per sviluppare una risposta contro gli specifici agenti patogeni. A svolgere un ruolo in questo meccanismo sembra, appunto, essere la dopamina (uno degli ormoni collegati al piacere e neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale). Analizzando le cellule del sistema immunitario in vitro, i ricercatori hanno dimostrato che i linfociti T nel centro germinativo producono e contengono dopamina. A seguito di interazioni con linfociti B, la dopamina viene rilasciata e contribuisce al differenziamento in cellule che producono anticorpi. Attraverso simulazioni al computer ne hanno poi analizzato le conseguenze.
Nel processo controllato dalla dopamina, l’effetto più evidente è la produzione di una quantità aumentata di anticorpi.
Come spiega la prima autrice Ilenia Papa, che ha iniziato lo studio sotto la supervisione di Claudio Doglioni e Maurilio Ponzoni, del San Raffaele di Milano, per proseguirla in Australia: “per la prima volta è stato dimostrato il ruolo della dopamina nel centro germinativo: la sua azione costituisce un vantaggio nel differenziamento dei linfociti B in cellule che producono anticorpi e, potenzialmente, questo meccanismo può essere modulato in corso di malattia”. Ciò significa che potrebbe essere sfruttato per potenziare le risposte immunitarie durante infezioni aggressive. Ma potrebbe anche rivelarsi utile nei casi di malattie autoimmunitarie, dove c’è una produzione incontrollata di auto-anticorpi. Secondo gli scienziati, i farmaci che bloccano i recettori per la dopamina potrebbero costituire una terapia aggiuntiva a quelle in uso.[wl_cloud][wl_chord]
Charlie Gard, anche un medico italiano tra gli esperti del tribunale
News PresaIl piccolo Charlie Gard resta per ora condannato all’oblio, in bilico tra la vita (anche se fatta di tanta sofferenza) e la morte. A decidere se staccare la spina, o se invece tentare con la cura sperimentale, dovrà essere l’Alta Corte britannica, ma il giudice per ora non si è sentito di stabilire se il bimbo affetto da una malattia molto rara debba tentare questa strada negli Stati Uniti. Al momento l’unica cosa certa è che il nuovo pronunciamento è stabilito per lunedì. Oggi le parti si incontreranno, ma solo per cercare di capire se le posizioni possono in qualche modo avvicinarsi.
Il ruolo dell’Italia
La storia di Charlie Gard ha fatto molto rumore nel mondo, ma in Italia sembra essere seguita con empatia ancor maggiore che altrove. Così fa piacere sapere che ci sarà anche un medico italiano, dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, fra gli esperti che il giudice dell’Alta Corte di Londra Nicholas Francis ha convocato per lunedì per decidere se il piccolo Charlie potrà essere sottoposto ad una cura sperimentale.
Videoconferenza
In udienza preliminare, il giudice Nicholas Francis si era detto disposto a cambiare la sua precedente decisione in cui dava ragione ai dottori del centro pediatrico inglese dove Charlie è ricoverato, propensi a non far più soffrire il bimbo di 11 mesi staccandogli i macchinari che lo tengono in vita, ma solo a patto che le nuove informazioni in possesso dei coniugi Gard sull’efficacia di una terapia alternativa fossero inoppugnabili. Ieri è stato ascoltato in videoconferenza un neurologo americano, che la Corte ha stabilito di mantenere anonimo. Lo specialista ha spiegato che nuovi test condotti su cavie hanno mostrato che è possibile un miglioramento delle funzioni cerebrali di Charlie.
La speranza di un errore
Inoltre, ha affermato che i medici britannici potrebbero essersi sbagliati sul fatto che il bimbo abbia un danno al cervello, e che se al contrario si trattasse di un problema muscolare, le nuove terapie potrebbero funzionare. «Vale la pena provare», ha detto, spiegando che c’è una probabilità del 10 per cento di un «successo clinicamente significativo», che potrebbe arrivare fino al 56 per cento nelle possibilità di un miglioramento. Così, quando il giudice gli ha chiesto: «Se aggiorno il caso per qualche giorno lei verrebbe a Londra?», il medico ha risposto: «Se fosse necessario, con piacere». Il Great Ormond Street Hospital, dove Charlie resta in vita respirando artificialmente, ha ribadito la contrarietà al trasferimento del bimbo negli Usa, rilevando che è meglio staccare la spina.
Momenti di tensione
Nel corso dell’ultima udienza i genitori di Charlie, che da mesi si battono per tentare tutte le cure possibili, sono usciti dall’aula bruscamente criticando il giudice per aver travisato le loro dichiarazioni sulla qualità della vita del bimbo. La madre, Connie Yates, ha ribadito che secondo loro il bambino «non sta soffrendo» e che «se invece soffrisse noi non saremmo qui a lottare». Il giudice si è scusato e nel pomeriggio i coniugi Gard sono rientrati in aula. Nemmeno stavolta, tuttavia, c’è stata la svolta che la coppia tanto attendeva. Il giudice ha convocato una nuova udienza oggi pomeriggio, che tra l’altro dovrebbe essere ancora interlocutoria. L’obiettivo, infatti, è di preparare un incontro tra le parti, in vista – spera l’Alta Corte – di un accordo che finalmente sblocchi la vicenda.
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Salva padre con massaggio cardiaco, lo ha visto nelle serie tv. La storia
News PresaAveva visto praticare il massaggio cardiaco tante volte nella sua serie televisiva preferita e per questo è riuscita a salvare la vita al padre 54enne. Protagonista della storia a lieto fine è una studentessa 18enne di Montale (Pistoia). La ragazza non hai mai frequentato un corso di rianimazione di base, ma segue tutte le puntate di Grey’s Anatomy. Quando il padre si è sentito male, non ha perso tempo: ha immediatamente chiamato il 118, ha messo il telefono in vivavoce e sotto la guida dell’operatore della Centrale ha iniziato a praticare il massaggio cardiaco a suo padre. Il fatto è successo alcuni giorni fa ed è stato reso noto successivamente dall’Asl Toscana centro.
“Stavo dormendo – ha raccontato la ragazza – quando, intorno alle sei, sono stata bruscamente svegliata da mia madre, perchè il babbo, che ha 54 anni, non si svegliava e non respirava più. Sono corsa in camera e l’ho trovato disteso sul letto, privo di coscienza”. “L’ambulanza – racconta la giovane – è arrivata dopo soli 10 minuti, durante i quali ho continuato ad effettuare il massaggio cardiaco, senza fermarmi un solo secondo”. Giunti sul posto, i soccorritori hanno immediatamente effettuato la defibrillazione e continuato con le manovre di rianimazione avanzate. La catena dei soccorsi è quindi proseguita – riferiscono gli operatori sanitari – con l’esecuzione dell’elettrocardiogramma e la sua teletrasmissione al medico della cardiologia dell’ospedale San Jacopo di Pistoia.
Diagnosticata la presenza di un infarto miocardico acuto, è stata somministrata la terapia più appropriata e il paziente è stato direttamente trasferito nelle sale di emodinamica, dove ad attenderlo era già pronta l’equipe di cardiologia interventistica, che in brevissimo tempo ha provveduto a riaprire, mediante angioplastica coronarica, l’arteria responsabile dell’arresto cardiaco.
Saper effettuare un semplice massaggio cardiaco può può mantenere in vita una persona e aumentare le probabilità di ripresa. Il 70% degli Arresti Cardio Circolatori (ACC) in Europa avviene in presenza di testimoni, che potrebbero iniziare immediatamente la rianimazione cardiopolmonare.
L’uomo che dopo alcuni giorni di ricovero in terapia intensiva è stato dimesso dall’ospedale, ora sta bene e può finalmente riabbracciare la sua famiglia e sua figlia e magari, chissà, vedere qualche puntata insieme a lei.
Carenza estiva di sangue. L’iniziativa di Avis
Associazioni pazientiNon esistono stagioni dell’anno in cui venga meno il bisogno di sangue. Ma come ogni anno, anche l’estate 2017, complice l’inizio delle ferie e l’ondata di calore che sta colpendo molte regioni italiane, registra in diverse aree del Paese un preoccupante calo delle donazioni di sangue ed emocomponenti.
“Questa situazione – spiega il presidente di AVIS NAZIONALE, Alberto Argentoni –è già stata evidenziata dal Centro Nazionale Sangue e da diverse Regioni che, anche in collaborazione con il volontariato del sangue, hanno realizzato specifiche campagne estive. Rinnoviamo la richiesta a tutte le nostre sedi a proseguire con efficacia nell’attività di programmazione delle donazioni e al nostro 1.300.000 donatori periodici di mettersi a disposizione delle nostre unità di raccolta o dei centri trasfusionali per compiere un gesto di solidarietà quanto mai importante.
Abbiamo il dovere, anche in questo periodo dell’anno, di garantire l’autosufficienza di sangue ed emocomponenti in tutte le Regioni”.
Per ricordare l’importanza della programmazione della donazione di sangue, specialmente nei mesi estivi, AVIS ha lanciato una campagna estiva che riprende l’iniziativa dell’Alfabeto della solidarietà.
“Anche d’estate c’è bisogno di sangue. Fa’ anche tu come i nostri volontari: dona ora”. E’ questo lo slogan che campeggia su tutti gli strumenti della campagna estiva proposta da AVIS NAZIONALE a tutte le sue 3.400 sedi.
“Desidero ringraziare – prosegue il presidente di AVIS NAZIONALE – tutte le sedi che si stanno mobilitando, non solo per garantire l’autosufficienza nel proprio territorio ma anche – con un impegno supplementare – nelle zone carenti. Al tempo stesso, ringrazio anche i donatori che stanno rispondendo ai nostri appelli e tutti coloro che per la prima volta stanno pensando di compiere un così importante gesto di solidarietà a favore di tantissimi malati”.
Muore a 16 mesi, era positiva al morbillo
News PresaPositiva al morbillo, una bimba di soli 16 mesi è morta. Certo non è ancora chiaro se vi sia un nesso di causa-effetto tra la malattia e il decesso, ma questa brutta storia sta facendo rapidamente il giro del web. La morte della piccola risale al 28 giugno scorso, al Bambino Gesù di Roma; solo ora si viene a sapere che la bimba è risultata positiva al virus del morbillo. Ad dirlo è un comunicato dell’ospedale romano, nel quale si dice anche che sono incorso le analisi per capire se la malattia possa aver giocato un ruolo nel tragico evento. Seguita dall’Ospedale già dall’età di 3 mesi per altre malattie precedenti, la piccola paziente era stata ricoverata al Bambino Gesù il 10 giugno in seguito a febbre persistente e successiva coagulopatia, con necessità di trasferimento in Rianimazione.
La conferma
La conferma della positività al morbillo, scrive l’ospedale, è arrivata oggi dall’Istituto Superiore di Sanità. Durante la degenza le sue condizioni cliniche erano progressivamente migliorate, fino all’ultimo esame clinico obiettivo del 28 giugno nel reparto di Pediatria. «Nell’arco della serata dello stesso giorno, tuttavia – si legge nel comunicato – compariva improvvisamente nel sonno un arresto cardio-respiratorio irreversibile. Sono in corso analisi anatomo-patologiche finalizzate a verificare il nesso causale tra la malattia e l’evento fatale».
Perché vaccinare
Alberto Villani, responsabile di Pediatria Generale e Malattie Infettive del Bambino Gesù e presidente della Società Italiana di Pediatria, in un articolo de Il Messaggero spiega che «è importante sottolineare sempre come un adeguata copertura vaccinale riduce o elimina il rischio di essere contagiati dal virus del morbillo». Nello stesso articolo vengono citati i dati dell’ultimo bollettino dell’Iss: «Saliti a 3.500 da inizio anno i contagi da morbillo segnalati, nel 35% dei casi con almeno una complicanza. Il problema riguarda tutto il continente, ha ricordato la nota dell’Oms, con il virus che è attivo in Austria, Bulgaria, Germania, Italia, Romania e Spagna, mentre il Portogallo ha dichiarato lo scorso 5 luglio la fine della propria epidemia. In tutto i morti sono 35, e ai due italiani confermati si aggiungono 31 vittime in Romania, una in Germania e una in Portogallo».
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Ore decisive per il piccolo Charlie Gard
News PresaE’ un calvario infinito quello della famiglia Gard, in attesa di una decisione che a quanto pare non arriverà prima di domani. I genitori del Charlie dovranno aspettare ancora molte ore prima di sapere se l’Alta Corte di Londra autorizzerà o meno le cure che potrebbero salvare il piccolo. Con ogni probabilità l’udienza sarà infatti aggiornata a domani: il giudice Nicholas Francis ha ordinato infatti all’ospedale Great Ormond Street di fornire dati sulle dimensioni della testa di Charlie «entro domani». I genitori del piccolo Charlie hanno però abbandonato l’aula dell’Alta Corte di Londra a causa di un disaccordo con il giudice Francis su ciò che avevano detto durante l’udienza di tre mesi fa.
Aggrappati alla speranza
I genitori del piccolo sperano ovviamente «che le corti alla fine decideranno in nostro favore», permettendo di far curare il bimbo di 11 mesi da «esperti medici specializzati nella malattia». Il bimbo è infatti colpito da «deplezione del Dna mitocondriale». Il giudice Francis è chiamato a decidere se autorizzare le terapie sperimentali sul piccolo di 11 mesi gravemente malato oppure confermare la sua decisione precedente che diede ragione ai medici del Great Ormond Street autorizzandoli a staccare i macchinari che tengono in vita il neonato. Il giudice ha aperto l’udienza – alla quale assistono i genitori di Charlie – premettendo che la priorità di tutti è decidere la cosa migliore per il bambino: «Il suo benessere – ha detto Francis – è la preoccupazione principale di tutti noi».
Appesi a un filo
Sulla vicenda del piccolo Charlie si è detto ormai di tutto. Tra favorevoli e contrari, rispetto alla terapia sperimentale, l’opinione pubblica è stata coinvolta (e per certi versi travolta) ai massimi livelli. Forse anche troppo. Centinaia di migliaia i messaggi postati sui social e tramite gli account Twitter che hanno creato una pressione enorme attrno a questo caso. Viene da chiedersi con quale serenità l’Alta Corte possa prendere la sua decisione. Ma tant’è, l’interi pianeta social è appeso ad un filo, e molto probabilmente – come detto – ci resterà sino a domani. La speranza è che al più presto si possa individuare almeno una strada certa per Charlie, da troppo tempo in bilico tra la vita e la morte.
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Caldo: come conservare i medicinali in sicurezza anche in viaggio
PrevenzioneAlte temperature e umidità sono gli inconvenienti che accompagnano questo periodo dell’anno. E provocano rischi anche nella conservazione dei medicinali, soprattutto durante gli spostamenti.
Le malattie e piccoli disturbi, si sa, non vanno in ferie, e, qualunque sia la meta delle vacanze, in valigia non possono mancare i farmaci prescritti dal medico e assunti abitualmente (come ad esempio i medicinali per la pressione alta, il diabete o la pillola anticoncezionale e quelli senza obbligo di ricetta, di automedicazione per fastidi di salute che possono rovinare le vacanze, come disturbi gastro-intestinali, mal di testa, scottature ed eritemi, etc.).
Proprio come il cibo, anche tutti i farmaci – con e senza obbligo di prescrizione – con il caldo diventano più vulnerabili, e si rischia che le loro componenti chimiche possano alterarsi e, di conseguenza, la loro efficacia si riduca.
Per non farsi cogliere alla sprovvista al momento della partenza, ASSOSALUTE (Associazione nazionale farmaci di automedicazione) propone una serie di semplici consigli da seguire per conservare correttamente i nostri farmaci anche d’estate:
* Occhio all’aspetto: se il medicinale che si utilizza abitualmente appare diverso nell’aspetto o presenta dei difetti, prima di assumerlo è bene consultare il medico o chiedere consiglio a un farmacista. Se il medicinale risulta alterato nel colore, nell’odore o nella consistenza, è probabile che vi sia stata un’alterazione.