Tempo di lettura: 5 minutiIl settore sanitario vive una trasformazione che coinvolge ogni ambito, dall’evoluzione delle tecnologie alla pratica clinica e ai modelli di governance. Se n’è parlato nell’incontro ibrido: “La transizione sanitaria e dell’industria farmaceutica: risorse, innovazione e nuova governance”promosso dalla Fondazione Mesit, Medicina Sociale e Innovazione tecnologica, in collaborazione con il CEIS dell’Università Tor Vergata. L’evento rientra nell’ambito di un ciclo di incontri promossi dalla fondazione ed è disponibile al link.
Innovazione al centro
Il dibattito si è incentrato sulla competitività dell’industria farmaceutica italiana, quindi la capacità di attrarre investimenti in ricerca e sviluppo, al fine di rispondere in modo sempre più efficace ed equo ai bisogni di salute. Nel confronto è stato sottolineato il valore strategico degli investimenti sia per l’Italia e sia per l’Europa.
“La salute sta vivendo un cambiamento epocale che sta portando risultati straordinari – ha dichiarato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria e Ad di Sanofi Italia e Malta. In pochi anni stiamo giungendo all’eradicazione dell’epatite C, in 20 anni abbiamo ottenuto una riduzione del 25% della mortalità per patologie oncologiche. Poi, l’allungamento dell’aspettativa di vita per le persone con malattie cardio-metaboliche e grandi progressi nella neurologia. Ancora: oggi nel mondo ci sono 23mila nuovi farmaci in fase di ricerca e circa 2 trilioni di dollari per sostenerne lo sviluppo”, ha concluso.
Europa ha perso un quarto degli investimenti in vent’anni
“Tutto ciò che stiamo vivendo è il frutto dell’innovazione, della ricerca. Ciò, tuttavia, si inserisce in una dimensione nuova a cui tutti i sistemi sanitari e i Paesi sono chiamati a prendere: quella della competitività”, ha spiegato Cattani.
L’Europa negli ultimi vent’anni ha perso un quarto degli investimenti, destinati principalmente al mercato degli Stati Uniti, ma oggi sulla scena emergono attori nuovi. Sebbene gli Stati Uniti restino il principale player, la Cina, nei mesi scorsi, ha annunciato un mega investimento di quasi 600 miliardi di dollari in favore dell’industria farmaceutica. Inoltre ha allungato la proprietà intellettuale fino a 14 anni, entrando in competizione con gli Usa. L’Europa, al contrario, nei prossimi giorni discute al Parlamento Ue una proposta di riforma della legislazione farmaceutica che punta ad accorciare la durata dei brevetti.
Trabucco: cittadino destinatario finale
“Negli ultimi anni lo scenario è cambiato: si sono modificate le caratteristiche della popolazione e, con essi i bisogni di salute, sono mutate le tecnologie e gli strumenti che abbiamo a disposizione per assicurare il massimo di salute. Il motore di tutto è l’innovazione, ma siamo pronti, come Paese?”, si chiede il presidente di Fondazione Mesit Marco Trabucco Aurilio. “In parte sì. Il Governo ha mostrato sensibilità al tema, ma resta ancora da fare”.
“Non dimentichiamoci – ha sottolineato – che il destinatario finale al centro è sempre il paziente, il cittadino paziente, destinatario anche di quelle che sono le politiche sanitarie che poi si traducono in leggi e in decreti, si traducono in interventi sanitari, che servono a soddisfare e vanno indirizzare i bisogni di salute del cittadino”.
Nuovi processi, competenze e strategie a lungo termine
“La ricetta che abbiamo scelto per il nostro Paese è quella della crescita. Nell’ultimo anno abbiamo fatto meglio rispetto a Germania, Francia, Spagna, ma abbiamo un difetto di crescita strutturale e di competitività”, ha affermato Maurizio Casasco, deputato, responsabile nazionale del dipartimento Economia di Forza Italia. “Le trasformazioni che abbiamo davanti – come quella digitale e quella climatica – possono partire solo se si hanno i capitali per farlo: solo l’impresa può sostenere ciò. L’industria è fondamentale nella competitività del nostro Paese e quella farmaceutica riveste un ruolo particolarmente importante”. Per questo, sottolinea, è fondamentale intervenire sulla “semplificazione”, sugli “incentivi che aiutino le imprese come succede in Usa o Cina”. Poi ha ribadito l’importanza della “difesa dei brevetti” e la necessità di intervenire sulla cultura “aumentando le competenze sulle materie Stem” e l’importanza di “una revisione dei prezzi dei farmaci con una rimodulazione che li riconsideri in un’ottica costi-benefici, senza dimenticare il payback: è un sistema da correggere. Ha un costo alto – circa 2 miliardi e mezzo – su cui il Governo è già intervenuto con 1 miliardo. Tuttavia gradualmente bisognerà intervenire liberando magari risorse per la ricerca in campo farmaceutico”, ha concluso Casasco.
Legislazione Ue penalizza Italia
Sulla revisione della legislazione del farmaco europea che verrà discussa nel prossimi giorni al Parlamento Ue è intervenuto il senatore Francesco Zaffini, presidente della 10ªCommissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro. La proposta di riforma crea disparità tra i Paesi e danneggia l’Italia, ha spiegato. “Il testo che ci è stato proposto fa danno al nostro Paese in termini economici, in termini di protezione delle nostre aziende che sono le aziende che realizzano il principale fatturato in ambito europeo nella produzione del farmaco, ma fa danno anche in termini di impatto sulla nostra capacità di ricerca”, ha sottolineato Zaffini. “Siamo fiduciosi del fatto che non se ne faccia nulla, un po’ perché non siamo d’accordo noi e poi perché questo provvedimento arriva a fine legislatura europea. Siamo fiduciosi che il nuovo Parlamento, la nuova Commissione e il nuovo Consiglio sappiano meglio interpretare quella che è una giusta aspettativa”.
Dati sanitari, verso uno spazio comune europeo
I dati sanitari sono fondamentali per la gestione del sistema sanitario e per la ricerca, ma il nostro Paese ancora fatica a valorizzarli. “Abbiamo difficoltà di utilizzo per ragioni legate alla privacy, per la mancata omogeneità del dato a livello nazionale – ha spiegato Matteo Scortichini, ricercatore CEIS dell’Università di Roma Tor Vergata. In alcuni casi il dato non è disponibile e inoltre emerge un problema di tempi: affinché il dato sia utile la sua disponibilità deve essere tempestiva, ha sottolineato il ricercatore, ma spesso questo non avviene, mettendo l’Italia nella condizione di vanificare una grande opportunità.
Mennini: dati necessari per garantire accesso equo all’innovazione
Sul tema è intervenuto il prof. Francesco Saverio Mennini, Capo Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Ssn del ministero della Salute.
“Si sta lavorando con il Garante della privacy per far comprendere come i dati in sanità abbiano delle diversità rispetto ad altri ambiti”, ha spiegato. “Senza un accesso completo ai dati per il ministero della Salute diventa complicato fare programmazione sanitaria degna di questo nome. Ci aspettiamo di risolvere i problemi con i dati per permettere al ministero e agli enti collegati – penso all’Aifa – di utilizzare queste informazioni per programmare bene la politica del farmaco. Il che significa anche garantire un accesso equo ed omogeneo a farmaci e tecnologie più efficaci a tutti i cittadini”, ha aggiunto.
Una migliore programmazione, inoltre, si traduce “in risultati migliori dal punto di vista dell’efficacia dell’intervento sanitario per i pazienti e in una riduzione dei costi diretti e indiretti; oltre a rappresentare un volano per gli investimenti del settore industrial del nostro paese”, ha concluso.
Innovazione: abbattere ostacoli regionali
“I dati sono necessari anche per il monitoraggio; per capire come vengono spese le risorse e se l’impatto degli interventi è reale”, ha aggiunto Ylenja Lucaselli, deputata FdI. “Tutto questo in Italia non avviene e, di conseguenza, c’è una enorme difficoltà nel capire come le Regioni impieghino le risorse”.
“Senza dati oggi è impossibile fare politica sanitaria”, ha spiegato la senatrice Pd ed ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “Ho cercato di dare un piccolo contributo presentando un disegno di legge per potere utilizzare i dati di ricerca secondari per la prevenzione, senza cambiare il regolamento sulla privacy”. Si tratta del ddl che propone di applicare ai dati sanitari un sistema che viene già usato in ambito finanziario. “Viene detto sandbox, un termine che sta a indicare il giardino che viene usato per far giocare, in sicurezza, i bambini”, aggiunge Lorenzin. “Cosa significa? Una Asl che ha i dati da cui emerge un alert epidemiologico può invitare i cittadino a fare determinate cose, come sottoporsi a una visita, uno screening o una vaccinazione, se necessario. Oppure degli enti di ricerca possono avere la possibilità di non dover chiedere il consenso tutte le volte per poter fare una nuova ricerca. Questo diventa indispensabile per le malattie rare dove le persone coinvolte nelle ricerche sono pochissime. Immaginiamo se quel dato dovesse essere buttato invece di approfondire eventuali linee della ricerca che si stano facendo”, ha concluso Lorenzin.
Come innovazione e ricerca trasformano il settore sanitario. L’evento Mesit
Economia sanitaria, Farmaceutica, Medicina Sociale, News Presa, One health, Ricerca innovazioneIl settore sanitario vive una trasformazione che coinvolge ogni ambito, dall’evoluzione delle tecnologie alla pratica clinica e ai modelli di governance. Se n’è parlato nell’incontro ibrido: “La transizione sanitaria e dell’industria farmaceutica: risorse, innovazione e nuova governance”promosso dalla Fondazione Mesit, Medicina Sociale e Innovazione tecnologica, in collaborazione con il CEIS dell’Università Tor Vergata. L’evento rientra nell’ambito di un ciclo di incontri promossi dalla fondazione ed è disponibile al link.
Innovazione al centro
Il dibattito si è incentrato sulla competitività dell’industria farmaceutica italiana, quindi la capacità di attrarre investimenti in ricerca e sviluppo, al fine di rispondere in modo sempre più efficace ed equo ai bisogni di salute. Nel confronto è stato sottolineato il valore strategico degli investimenti sia per l’Italia e sia per l’Europa.
“La salute sta vivendo un cambiamento epocale che sta portando risultati straordinari – ha dichiarato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria e Ad di Sanofi Italia e Malta. In pochi anni stiamo giungendo all’eradicazione dell’epatite C, in 20 anni abbiamo ottenuto una riduzione del 25% della mortalità per patologie oncologiche. Poi, l’allungamento dell’aspettativa di vita per le persone con malattie cardio-metaboliche e grandi progressi nella neurologia. Ancora: oggi nel mondo ci sono 23mila nuovi farmaci in fase di ricerca e circa 2 trilioni di dollari per sostenerne lo sviluppo”, ha concluso.
Europa ha perso un quarto degli investimenti in vent’anni
“Tutto ciò che stiamo vivendo è il frutto dell’innovazione, della ricerca. Ciò, tuttavia, si inserisce in una dimensione nuova a cui tutti i sistemi sanitari e i Paesi sono chiamati a prendere: quella della competitività”, ha spiegato Cattani.
L’Europa negli ultimi vent’anni ha perso un quarto degli investimenti, destinati principalmente al mercato degli Stati Uniti, ma oggi sulla scena emergono attori nuovi. Sebbene gli Stati Uniti restino il principale player, la Cina, nei mesi scorsi, ha annunciato un mega investimento di quasi 600 miliardi di dollari in favore dell’industria farmaceutica. Inoltre ha allungato la proprietà intellettuale fino a 14 anni, entrando in competizione con gli Usa. L’Europa, al contrario, nei prossimi giorni discute al Parlamento Ue una proposta di riforma della legislazione farmaceutica che punta ad accorciare la durata dei brevetti.
Trabucco: cittadino destinatario finale
“Negli ultimi anni lo scenario è cambiato: si sono modificate le caratteristiche della popolazione e, con essi i bisogni di salute, sono mutate le tecnologie e gli strumenti che abbiamo a disposizione per assicurare il massimo di salute. Il motore di tutto è l’innovazione, ma siamo pronti, come Paese?”, si chiede il presidente di Fondazione Mesit Marco Trabucco Aurilio. “In parte sì. Il Governo ha mostrato sensibilità al tema, ma resta ancora da fare”.
“Non dimentichiamoci – ha sottolineato – che il destinatario finale al centro è sempre il paziente, il cittadino paziente, destinatario anche di quelle che sono le politiche sanitarie che poi si traducono in leggi e in decreti, si traducono in interventi sanitari, che servono a soddisfare e vanno indirizzare i bisogni di salute del cittadino”.
Nuovi processi, competenze e strategie a lungo termine
“La ricetta che abbiamo scelto per il nostro Paese è quella della crescita. Nell’ultimo anno abbiamo fatto meglio rispetto a Germania, Francia, Spagna, ma abbiamo un difetto di crescita strutturale e di competitività”, ha affermato Maurizio Casasco, deputato, responsabile nazionale del dipartimento Economia di Forza Italia. “Le trasformazioni che abbiamo davanti – come quella digitale e quella climatica – possono partire solo se si hanno i capitali per farlo: solo l’impresa può sostenere ciò. L’industria è fondamentale nella competitività del nostro Paese e quella farmaceutica riveste un ruolo particolarmente importante”. Per questo, sottolinea, è fondamentale intervenire sulla “semplificazione”, sugli “incentivi che aiutino le imprese come succede in Usa o Cina”. Poi ha ribadito l’importanza della “difesa dei brevetti” e la necessità di intervenire sulla cultura “aumentando le competenze sulle materie Stem” e l’importanza di “una revisione dei prezzi dei farmaci con una rimodulazione che li riconsideri in un’ottica costi-benefici, senza dimenticare il payback: è un sistema da correggere. Ha un costo alto – circa 2 miliardi e mezzo – su cui il Governo è già intervenuto con 1 miliardo. Tuttavia gradualmente bisognerà intervenire liberando magari risorse per la ricerca in campo farmaceutico”, ha concluso Casasco.
Legislazione Ue penalizza Italia
Sulla revisione della legislazione del farmaco europea che verrà discussa nel prossimi giorni al Parlamento Ue è intervenuto il senatore Francesco Zaffini, presidente della 10ªCommissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro. La proposta di riforma crea disparità tra i Paesi e danneggia l’Italia, ha spiegato. “Il testo che ci è stato proposto fa danno al nostro Paese in termini economici, in termini di protezione delle nostre aziende che sono le aziende che realizzano il principale fatturato in ambito europeo nella produzione del farmaco, ma fa danno anche in termini di impatto sulla nostra capacità di ricerca”, ha sottolineato Zaffini. “Siamo fiduciosi del fatto che non se ne faccia nulla, un po’ perché non siamo d’accordo noi e poi perché questo provvedimento arriva a fine legislatura europea. Siamo fiduciosi che il nuovo Parlamento, la nuova Commissione e il nuovo Consiglio sappiano meglio interpretare quella che è una giusta aspettativa”.
Dati sanitari, verso uno spazio comune europeo
I dati sanitari sono fondamentali per la gestione del sistema sanitario e per la ricerca, ma il nostro Paese ancora fatica a valorizzarli. “Abbiamo difficoltà di utilizzo per ragioni legate alla privacy, per la mancata omogeneità del dato a livello nazionale – ha spiegato Matteo Scortichini, ricercatore CEIS dell’Università di Roma Tor Vergata. In alcuni casi il dato non è disponibile e inoltre emerge un problema di tempi: affinché il dato sia utile la sua disponibilità deve essere tempestiva, ha sottolineato il ricercatore, ma spesso questo non avviene, mettendo l’Italia nella condizione di vanificare una grande opportunità.
Mennini: dati necessari per garantire accesso equo all’innovazione
Sul tema è intervenuto il prof. Francesco Saverio Mennini, Capo Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Ssn del ministero della Salute.
“Si sta lavorando con il Garante della privacy per far comprendere come i dati in sanità abbiano delle diversità rispetto ad altri ambiti”, ha spiegato. “Senza un accesso completo ai dati per il ministero della Salute diventa complicato fare programmazione sanitaria degna di questo nome. Ci aspettiamo di risolvere i problemi con i dati per permettere al ministero e agli enti collegati – penso all’Aifa – di utilizzare queste informazioni per programmare bene la politica del farmaco. Il che significa anche garantire un accesso equo ed omogeneo a farmaci e tecnologie più efficaci a tutti i cittadini”, ha aggiunto.
Una migliore programmazione, inoltre, si traduce “in risultati migliori dal punto di vista dell’efficacia dell’intervento sanitario per i pazienti e in una riduzione dei costi diretti e indiretti; oltre a rappresentare un volano per gli investimenti del settore industrial del nostro paese”, ha concluso.
Innovazione: abbattere ostacoli regionali
“I dati sono necessari anche per il monitoraggio; per capire come vengono spese le risorse e se l’impatto degli interventi è reale”, ha aggiunto Ylenja Lucaselli, deputata FdI. “Tutto questo in Italia non avviene e, di conseguenza, c’è una enorme difficoltà nel capire come le Regioni impieghino le risorse”.
“Senza dati oggi è impossibile fare politica sanitaria”, ha spiegato la senatrice Pd ed ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “Ho cercato di dare un piccolo contributo presentando un disegno di legge per potere utilizzare i dati di ricerca secondari per la prevenzione, senza cambiare il regolamento sulla privacy”. Si tratta del ddl che propone di applicare ai dati sanitari un sistema che viene già usato in ambito finanziario. “Viene detto sandbox, un termine che sta a indicare il giardino che viene usato per far giocare, in sicurezza, i bambini”, aggiunge Lorenzin. “Cosa significa? Una Asl che ha i dati da cui emerge un alert epidemiologico può invitare i cittadino a fare determinate cose, come sottoporsi a una visita, uno screening o una vaccinazione, se necessario. Oppure degli enti di ricerca possono avere la possibilità di non dover chiedere il consenso tutte le volte per poter fare una nuova ricerca. Questo diventa indispensabile per le malattie rare dove le persone coinvolte nelle ricerche sono pochissime. Immaginiamo se quel dato dovesse essere buttato invece di approfondire eventuali linee della ricerca che si stano facendo”, ha concluso Lorenzin.
Tumore al pancreas, l’efficacia di una nuova terapia
News Presa, Ricerca innovazioneUna innovativa ricerca condotta dall’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, in collaborazione con la Fondazione Airc e pubblicata su Sciences Advances, potrebbe rivoluzionare il trattamento del cancro al pancreas. Questo studio, guidato dal celebre IRCCS fondato da Umberto Veronesi, ha gettato le basi per una terapia combinata che promette di cambiare radicalmente le prospettive di cura per questa malattia devastante.
Combo
La svolta risiede nell’innovativo mix terapeutico che unisce la target therapy con l’immunoterapia. Sebbene singolarmente poco efficaci, queste due modalità, quando combinate, hanno dimostrato di ottenere risultati terapeutici promettenti, come sottolineato dagli autori coordinati da Gioacchino Natoli del Dipartimento di Oncologia Molecolare presso l’IEO. Secondo quanto riportato dagli scienziati, la combinazione di queste due terapie ha mostrato un controllo molto significativo della malattia nei modelli preclinici, aprendo la strada non solo a trattamenti più efficaci, ma anche alla possibilità di sviluppare vaccini terapeutici.
Mutazioni
Il cancro al pancreas è noto per le mutazioni del DNA ben definite che caratterizzano la malattia, tra cui le mutazioni del gene Kras. Queste mutazioni provocano una proliferazione non controllata delle cellule tumorali, rendendo difficile il trattamento. Grazie a procedure avanzate di analisi genomica e computazionale, i ricercatori sono riusciti a individuare un approccio innovativo. Lo studio ha evidenziato che il farmaco, sebbene non rallenti significativamente la crescita delle cellule tumorali, attiva meccanismi che rendono le cellule bersaglio di una risposta immunitaria.
Retrovirus
Una scoperta fondamentale è stata la capacità del farmaco di indurre l’espressione di retrovirus endogeni nelle cellule tumorali del pancreas. Questi retrovirus, solitamente considerati parte del cosiddetto “DNA spazzatura”, una volta attivati simulano un’infezione virale che attiva il sistema immunitario contro le cellule tumorali. Questo innovativo approccio terapeutico, che sfrutta la combinazione di terapie mirate e l’attivazione del sistema immunitario, potrebbe rappresentare una svolta nella lotta contro il cancro al pancreas, offrendo finalmente una speranza tangibile per i pazienti affetti da questa malattia aggressiva e spesso letale.
Otite, no alle cure fai da te
Genitorialità, News PresaCon l’arrivo della bella stagione le occasioni di svago all’aperto non mancano, ma aumenta anche il rischio di sviluppare qualche problema legato a colpi di freddo o da agenti esterni. Tra i malanni più frequenti in estate, soprattutto nei bambini, c’è l’otite: un’infiammazione dell’orecchio che può essere causata da un’infezione virale, batterica o micotica. È quindi importante conoscere i sintomi e sapere come prevenire o trattare questa condizione.
Sintomi
I sintomi dell’otite possono variare a seconda della tipologia e della zona interessata dall’infezione: in caso di quella che si definisce otite esterna il campanello d’allarme è certamente il dolore all’orecchio, ma anche una parziale diminuzione della capacità uditiva, prurito e secrezioni lungo il canale uditivo. Se si tratta di un’otite media, oltre al dolore (che sarà più intenso) si può avere la percezione di “orecchio pieno” e la fuoriuscita di pus. Nei casi più gravi, anche una riduzione significativa dell’udito e qualche linea di febbrile.
Trattamento
Il trattamento per l’otite dipende naturalmente dalla causa e dalla gravità dei sintomi. Può essere utile fare degli impacchi caldi, che possono servire ad alleviare temporaneamente il dolore. Ma in caso di otite, sempre su prescrizione medica, sarà certamente necessario assumere farmaci analgesici per il dolore, antipiretici per la febbre, antibiotici o antivirali per combattere l’infezione. Spesso anche le gocce auricolari possono aiutare.
Visita specialistica
Benché molti siano propensi alle cure fai da te, consultare uno specialista per l’otite è fondamentale. In primis è fondamentale una diagnosi accurata, un otorinolaringoiatra può determinare la causa esatta dell’otite e il tipo, che può variare da virale a batterica o fungina. Serve poi un trattamento mirato. In base alla diagnosi, lo specialista può prescrivere il trattamento più efficace, che – come detto – può includere antibiotici, antifungini o altri farmaci specifici. Un’infiammazione all’orecchio non trattata correttamente può portare a complicazioni come la perdita dell’udito, la perforazione del timpano o un’infezione cronica.
Conseguenze
Trascurare i sintomi e curare alla buona l’otite può portare nei casi più estremi alla perdita dell’udito. L’infiammazione cronica o le infezioni ricorrenti possono infatti danneggiare l’orecchio interno. Si può arrivare persino alla perforazione del timpano, l’accumulo di pressione o l’infezione può causare una rottura del timpano e non di rado l’otite può diventare cronica, con infezioni persistenti e dolore.
Salute digitale, Oms lancia prototipo di AI generativa con risposta empatica
News Presa, Ricerca innovazioneLa Giornata mondiale della salute, da poco trascorsa, quest’anno ruotava intorno al tema ‘My Health, My Right’. L’Organizzazione mondiale della Sanità per l’occasione ha lanciato Sarah un prototipo che promuove la salute digitale. La tecnologia è in grado di dare una risposta empatica potenziata, grazie all’intelligenza artificiale generativa.
Salute digitale, il prototipo
L’Oms ha dichiarato che Sarah è uno Smart AI Resource Assistant for Health che rappresenta un’evoluzione degli avatar di informazioni sanitarie basati sull’intelligenza artificiale. Il prototipo utilizza nuovi modelli linguistici e tecnologie innovative. Inoltre è in grado di coinvolgere gli utenti 24 ore su 24 in 8 lingue su più argomenti di salute, su qualsiasi dispositivo.
”Il futuro della salute è digitale e sostenere i paesi nello sfruttare la potenza delle tecnologie digitali per la salute è una priorità per l’Oms – ha dichiarato il Dg dell’Organizzazione Tedros Adhanom Ghebreyesus -. Sarah ci dà un’idea di come l’intelligenza artificiale potrebbe essere utilizzata in futuro per migliorare l’accesso alle informazioni sanitarie in modo più interattivo. Invito la comunità di ricerca ad aiutarci a continuare a esplorare come questa tecnologia possa ridurre le disuguaglianze e aiutare le persone ad accedere a informazioni sanitarie aggiornate e affidabili”.
Tecnologia senza rischio di giudizi
Sarah è alimentata dall’intelligenza artificiale generativa che, al contrario di un algoritmo o script preimpostato, consente di dare risposte più precise in tempo reale. Infatti può realizzare conversazioni dinamiche e personalizzate su larga scala che rispecchiano in modo più accurato le interazioni umane. La tecnologia, supportata da Soul Machines Biological AI, può dare risposte empatiche agli utenti in un ambiente privo di giudizi.
Il Presidential Award alla Federico II di Napoli
News BreviInnovazione
Depressione, si cura con l’App
News Presa, PsicologiaPresto o tardi potrebbe arrivare anche in Italia l’App per smartphone prescrivibile dal servizio sanitario da “assumere” in associazione ai farmaci. Nessun errore, non siamo impazziti, è proprio questa l’ultima delle trovate negli Stati Uniti, il trattamento digitale è stato infatti approvato (è il primo caso) dalla Food and Drug Administration come terapia complementare ai farmaci per il disturbo depressivo maggiore.
Dai 22 anni in poi
A dare vita a questa nuova App, che si chiama Rejoyn, sono stati Otsuka Pharmaceutical e Click Therapeutics. L’App è stata concepita per affiancare i trattamenti antidepressivi tradizionali. Destinata a persone di 22 anni e oltre con diagnosi di disturbo depressivo maggiore, questa soluzione tecnologica segna certamente un passo avanti nel panorama delle terapie complementari. Una delle particolarità è che per scaricare l’App, che sarà disponibile alla fine del 2024, sarà necessaria una prescrizione medica.
La terapia
Il programma di sei settimane offerto da Rejoyn unisce due approcci terapeutici consolidati: la terapia cognitivo-emotiva e la terapia cognitivo-comportamentale. Una combinazione che mira a fornire agli utenti una strategia efficace per affrontare i sintomi debilitanti associati al disturbo depressivo maggiore.
In aggiunta ai farmaci
John Kraus, vicepresidente esecutivo e direttore medico di Otsuka, ha enfatizzato l’importanza di questa innovazione nel panorama terapeutico. Kraus sottolinea come Rejoyn, pur non sostituendo i farmaci antidepressivi, possa rappresentare un’aggiunta preziosa per coloro che non rispondono adeguatamente alle terapie tradizionali.
Memoria facciale emotiva
Il cuore dell’applicazione è costituito dal “Task di Memoria Facciale Emotiva”, un esercizio cognitivo-emotivo progettato per stimolare le regioni cerebrali coinvolte nella depressione. Questa metodologia, basata su evidenze preliminari, sembra promettere risultati positivi nel migliorare i sintomi depressivi e nell’aumentare il benessere psicologico dei pazienti.
Terapia fisica per il cervello
Brian Iacoviello, rappresentante di Click Therapeutics, ha spiegato che Rejoyn agisce come un “meccanismo neuromodulatore”, offrendo agli utenti esercizi personalizzati volti a migliorare le connessioni cerebrali coinvolte nella depressione. Questo approccio mira a fornire una sorta di “terapia fisica per il cervello”, integrando il trattamento farmacologico con un approccio più olistico alla salute mentale.
Lo studio
L’approvazione della FDA si basa sui risultati di uno studio clinico condotto su 386 individui affetti da depressione maggiore. I partecipanti che hanno utilizzato Rejoyn hanno mostrato miglioramenti nei sintomi depressivi, sebbene non statisticamente significativi. È importante notare che durante lo studio non sono stati segnalati effetti collaterali negativi. Tuttavia, è fondamentale chiarire che Rejoyn non è progettato per sostituire completamente i farmaci antidepressivi. Piuttosto, si propone come un complemento terapeutico per coloro che necessitano di un supporto aggiuntivo nella gestione della loro condizione.
Tumori: diagnosi con un soffio di fiato entro un anno
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa ricerca scientifica apre una nuova strada nella diagnosi precoce. Con un test sul respiro si potrà scoprire la presenza di malattie gravi, come i tumori. Si tratta di una tecnologia sviluppata dal Laboratorio PolySense dell’Università Aldo Moro di Bari in collaborazione con il Politecnico di Bari. Lo strumento potrebbe trasformare il modo in cui vengono identificate e trattate molte malattie gravi, inclusi i tumori.
Eccellenza italiana
Il laboratorio PolySense, guidato dal fisico Vincenzo Spagnolo, è un’eccellenza internazionale nella progettazione di sensori ottici avanzati. L’obiettivo principale della loro ricerca è sviluppare un sensore in grado di rilevare specifici composti organici volatili (VOCs) presenti nel respiro umano, che possono fungere da indicatori precoce di varie patologie, tra cui tumori (dal polmone al colon, dal fegato al pancreas e i reni), diabete, fibrosi cistica, asma e ulcere gastriche.
Vantaggi
La tecnologia del test sul respiro ha molti vantaggi rispetto ai tradizionali metodi diagnostici. Infatti, utilizzando l’intelligenza artificiale, il sensore è in grado di elaborare rapidamente i dati e identificare pattern molecolari associati a specifiche patologie. Ciò consente una diagnosi precoce e non invasiva, rendendo il test accessibile e adatto per uno screening di massa.
La tecnologia che diagnostica i tumori
Il processo di analisi del respiro si basa sulla presenza di VOCs endogeni, prodotti dai processi metabolici del corpo. In sostanza, questi composti possono essere rilevati e analizzati per identificare segnali di malattia. Entro un anno, i ricercatori prevedono di completare un prototipo del sensore, che sarà poi sottoposto a test clinici in ospedale. Si tratterebbe di un passo verso l’introduzione di questa tecnologia nel contesto clinico e potrebbe aprire la strada a una nuova era nella medicina diagnostica. In futuro, lo screening di massa tramite il respiro potrebbe diventare una pratica comune, adatta a pazienti di tutte le età e condizioni. La diagnosi precoce consente un trattamento tempestivo delle malattie gravi, la nuova tecnologia potrebbe portare benefici a milioni di persone a livello globale.
Allergie di stagione e dermatite, quale legame
Benessere, PrevenzioneLe allergie stagionali possono aggravare i sintomi della dermatite atopica. La cosiddetta febbre da fieno o rinite allergica, è spesso scatenata dai pollini delle piante, con sintomi vari. Oltre all’oculorinite, che include congestione nasale, prurito e arrossamento degli occhi, possono comparire orticaria da contatto con il polline. A fare chiarezza è la dottoressa Maria Mariano, dermatologa presso l’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma, attraverso la Fondazione Veronesi. In alcuni individui predisposti, l’allergia stagionale può peggiorare la dermatite atopica.
Allergia e dermatite
La rinite allergica, spesso ereditaria, è un segno di atopia, che indica una predisposizione a risposte immunitarie esagerate verso sostanze normalmente innocue. Questi individui possono sviluppare non solo sintomi respiratori, ma anche manifestazioni cutanee come la dermatite atopica. Quest’ultima può essere il primo stadio della marcia atopica, che porta alla comparsa di asma e rinite allergica in fasi successive della vita.
Consigli utili
Per gestire la dermatite atopica, è fondamentale evitare fattori scatenanti come allergeni e detergenti aggressivi. È importante anche prevenire le infezioni cutanee, eseguire una detersione delicata e utilizzare emollienti per rinforzare la barriera cutanea. Esistono anche trattamenti specifici, che vanno scelti in base alla gravità della patologia e sotto supervisione medica.
Dermatite e sole
I raggi solari possono avere effetti benefici sulla dermatite atopica grazie alla loro azione antinfiammatoria. Tuttavia, è importante proteggersi per evitare danni alla pelle, sottolinea la specialista. È consigliabile utilizzare protezione solare per pelli atopiche e limitare l’esposizione al sole durante le ore più calde. La patologia può causare disturbi del sonno e influire negativamente sulla qualità della vita. Può colpire varie parti del corpo, incluso il cuoio capelluto, causando rossore, desquamazione e prurito intenso.
Scompenso cardiaco, diagnosi con una puntura al dito
Associazioni pazienti, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero tra gli over 65. La patologia, inoltre, a cinque anni dall’insorgenza, in alcuni casi è anche più severa del cancro perché arriva a una mortalità di circa il 50%. A fare la differenza è la prevenzione. Lo ricorda l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) che festeggia i 10 anni di attività con un convegno all’ospedale San Raffaele Montecompatri. Oggi esistono nuovi farmaci efficaci e la possibilità di accelerare i tempi di diagnosi grazie all’innovazione. Per questo è fondamentale aumentare la consapevolezza dei pazienti, sottolinea l’associazione.
Scompenso cardiaco, nuove terapie
Sullo scompenso cardiaco negli ultimi anni la ricerca ha fatto grandi passi avanti, ma la malattia rappresenta in Italia la principale causa di ricovero tra gli ultra 65enni. Difatti, la consapevolezza pubblica è ancora insufficiente.
I costi ospedalieri per la patologia rappresentano l’1,5% della spesa sanitaria. Le ospedalizzazioni sono, infatti, un serio problema: spesso avvengono per lo stesso paziente quattro volte l’anno e ogni ricovero si accompagna ad un aumento della riduzione dell’aspettativa di vita.
Le tecnologie sono d’aiuto, come nel caso di alcuni device impiantabili di elettrostimolazione e metodiche che consentono di arrivare in sicurezza al trapianto di cuore. Ma soprattutto sono stati sviluppati nuovi farmaci, molto più efficaci.
“Oggi abbiamo la possibilità di trattare in maniera adeguata lo scompenso cardiaco, riducendo la mortalità e le ospedalizzazioni”, sottolinea Salvatore Di Somma, Direttore del Comitato Scientifico AISC/APS, Cardiologo, docente di Medicina Interna dell’Università La Sapienza di Roma e Presidente di GREAT-Italy.
“La grande novità delle nuove terapie è che sono efficaci in tutte le forme di scompenso cardiaco, sia nella forma a frazione di eiezione ridotta, sia nella forma di scompenso cardiaco a frazione di eiezione conservata. Tuttavia, non sono farmaci sostitutivi, ma addizionali di quelli esistenti. Questo crea una problematica in più per il paziente che dovrà aggiungere altre pillole ogni giorno, per questo è importante renderlo consapevole del beneficio della loro assunzione, in quanto migliorano l’aspettativa di vita”.
Test diagnostici per lo scompenso cardiaco
Il passo fondamentale per una presa in carico tempestiva è la diagnosi precoce. “Uno degli ostacoli – avverte Di Somma – è la scarsa diffusione del test dei peptidi natriuretici NT-pro-BNP o BNP. Si tratta di test standard che sono disponibili in pronto soccorso per diagnosticare la dispnea grave, ma sono utili anche per l’identificazione di pazienti con sintomi molto sfumati. Difatti, all’inizio lo scompenso non si presenta con l’affanno o con le gambe gonfie, ma può provocare stanchezza e astenia che la persona di una certa età tende a considerare fisiologici. In questi casi, anche l’ecocardiogramma può risultare poco significativo, mentre solo il test dei peptidi natriuretici può rivelare la presenza dello scompenso in fase precoce. Per questo è necessario l’utilizzo del test con una semplice puntura al dito anche nella medicina territoriale. Come Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) – annuncia il Professore – stiamo facendo un protocollo che prevede l’accesso a tali test anche presso i medici di medicina generale e le farmacie. Questa è la base da cui partire per ridurre mortalità e ospedalizzazioni”.
Case di comunità per le cronicità
Da pochi giorni si è conclusa la consultazione pubblica, attivata dall’Agenas, per la stesura del “Documento di indirizzo contenente indicazioni per la promozione della partecipazione e co-produzione dei pazienti, dei cittadini e della comunità nell’ambito delle Case della comunità”.
“In queste realtà – spiega il Professor Di Somma – ci saranno medici di medicina generale presenti h24, specialisti ambulatoriali e infermieri. Sul territorio ci sarà una struttura ogni 40mila abitanti. Lo scompenso cardiaco è per definizione una malattia cronica, quindi è necessario che le Case di comunità diventino un presidio territoriale per ottimizzarne la gestione. Il fine è quello di domiciliare le cure e realizzare una politica sanitaria rivolta al territorio. Le Case di comunità non vedono il medico da solo, ma un team multidisciplinare e la tecnologia di screening, consentendo una risposta ai bisogni di salute. Nelle Case ci saranno anche le associazioni dei pazienti, per offrire un supporto non solo medico ma anche sociale. Per consentire l’equità, il documento di Agenas avrà un indirizzo nazionale, affinché tutte le Regioni abbiano un modello unico. In questo tentativo di creare un percorso omogeneo, dall’ospedale al territorio, anche la riabilitazione del paziente con scompenso cardiaco rappresenta un importante anello di congiunzione”.
10 anni di AISC
Per accendere i riflettori sull’importanza della riabilitazione cardiovascolare nel percorso di cura, l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC) promuove un convegno il 10 aprile 2024, presso la struttura ospedaliera San Raffaele Montecompatri, dal titolo “La riabilitazione nello Scompenso Cardiaco: un nuovo modello costruito sulle esigenze del paziente”.
Nella prima parte, gli specialisti faranno il punto sull’importanza della riabilitazione cardiaca, presentando il modello innovativo proposto a Montecompatri. L’appuntamento è anche l’occasione per celebrare il decimo anniversario dell’Associazione, con la presenza di clinici, tecnici di riabilitazione, pazienti, caregiver e rappresentanti del consiglio direttivo e del comitato scientifico.
“Come Aisc – afferma la Dottoressa Maria Rosaria Di Somma, Consigliere Delegato dell’AISC APS – operiamo a carattere nazionale e abbiamo dei centri presso gli ospedali. Oggi ne contiamo circa 80 e ora ci sarà una nuova sede che si lega all’associazione, per offrire nuove opportunità di assistenza e di cura ai pazienti, superando le criticità del sistema sanitario nazionale e regionale”.
Individuare precocemente la malattia, infatti, significa favorire un trattamento tempestivo, migliorando la prognosi e riducendo il rischio di complicanze. L’Associazione si impegna anche nella ricerca medica, promuovendo una rete nazionale di supporto ai pazienti.
Innovazione per la salute mentale: Unicef lancia HERE4U
Adolescenti, News Presa, PsicologiaIl 7 aprile si celebra la Giornata Mondiale della Salute. L’innovazione può fare la differenza in questo campo, come suggeriscono i risultati presentati da UNICEF nell’ambito del servizio “HERE4U: Salute Mentale Digitale e Supporto Psicosociale a Distanza per Giovani Persone Rifugiate e Migranti”.
Il servizio dà supporto personalizzato, anonimo e gratuito a giovani rifugiati e migranti in Italia. HERE4U ha raggiunto oltre 2.000 giovani, che affrontano le sfide legate alla salute mentale. I giovani migranti e rifugiati spesso affrontano situazioni di violenza, abusi e sfruttamento lungo il loro percorso, con gravi conseguenze per il loro benessere fisico e mentale.
L’UNICEF sottolinea l’importanza dell’innovazione nel campo della salute mentale, poiché offre nuovi strumenti per affrontare i bisogni di salute di individui vulnerabili. HERE4U è integrato nella piattaforma U-Report On The Move e utilizza una strumenti digitali, come livechat, podcast e schede informative.
L’iniziativa rientra nel progetto “PROTECT” finanziato dal Dipartimento per la Migrazione e gli Affari Interni della Commissione Europea.