Tempo di lettura: 4 minutiI disturbi del neurosviluppo sono tra le malattie più frequenti dell’età evolutiva. Per molte condizioni neuropsichiatriche l’esordio è diventato sempre più precoce negli ultimi anni. I dati sulla salute mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS segnalano un rischio nel 20 per cento tra i minorenni.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici.
L’assistenza nelle diverse fasi
Investire in servizi e programmi di salute mentale, adottare strategie di prevenzione e di diagnosi precoce e garantire una continuità di cura tra i 15 e i 24 anni: sono alcune delle urgenze emerse dal recente convegno “Dall’età evolutiva all’età adulta: transizione e tutela della salute mentale – percorsi interdisciplinari e presa in carico”. L’evento è stato organizzato da Fondazione Onda ETS e SINPF – Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, con il patrocinio di SIP – Società Italiana di Pediatria, SINPIA – Società Italiana Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SIP – Società Italiana di Psichiatria, SIMG – Società Italiana della Medicina generale e delle Cure primarie e FeDerSerD – Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze e con il contributo non condizionato di Otsuka Italia.
Marzagora: garantire continuità
“I giovani di oggi vivono un grande disagio, complice anche il ruolo della pandemia”, ha spiegato Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS. Se da un lato, è fondamentale che esprimano a gran voce questo disagio in modo tale che i genitori vengano informati e si possa, di conseguenza, intervenire tempestivamente, dall’altro si deve garantire che il servizio di presa in carico sia efficace, non dispersivo e non lasci indietro nessuno. Al compimento della maggiore età, i giovani non si devono perdere all’interno del sistema proprio perché laddove sia ottenibile la guarigione, possono essere adottati interventi efficaci in grado di ridurre l’intensità, la durata dei sintomi e le conseguenze”.
”Oltre a ciò – ha concluso Merzagora – stigma e mancanza di informazioni nei confronti della malattia mentale contribuiscono al ritardo nell’inquadramento diagnostico”.
I dati sulla salute mentale dei giovani
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS il 20 per cento tra i minorenni rischia di ammalarsi di un disturbo mentale. Inoltre, l’esordio è diventato sempre più precoce, in particolare per i disturbi del comportamento alimentare, con un’età media all’esordio di 8 anni. Se da un lato i numeri erano già consistenti in epoca prepandemica, è innegabile che siano peggiorati durante e dopo la pandemia da Covid-19. Negli ultimi quattro anni, infatti, si è registrato un aumento del 28 per cento dei disturbi mentali a seguito di una condizione globale di incertezza legata alla pandemia, al cambiamento climatico e alle guerre. I disturbi della nutrizione e alimentazione e alcuni disturbi del neurosviluppo, come il disturbo da deficit dell’attenzione o iperattività e l’autismo, in particolare, sono tematiche che sempre più richiedono il passaggio verso servizi per la salute mentale degli adulti, con esordi sempre più precoci.
In Italia
In questo scenario, l’Italia si conferma fanalino di coda in materia di fondi dedicati alla salute mentale: infatti, la spesa per la salute psichiatrica nel nostro paese non supera il 3 per cento: una cifra irrisoria, soprattutto se paragonata agli investimenti di altri paesi europei, come Germania e Francia, dove la spesa supera il 10 per cento del Fondo Sanitario. “Questo porta ad avere una risposta territoriale a questi bisogni assistenziali estremamente carente a fronte delle risorse insufficienti”, hanno spiegato gli specialisti.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici. Particolarmente delicata è la situazione della neuropsichiatria infantile, dove l’esplosione delle richieste per disturbi psichiatrici gravi e acuti sta saturando i posti disponibili, tanto che il 30 per cento dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti pediatrici e il 10 per cento dei ricoveri di minorenni per disturbi psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata.
Migliorare presa in carico
In questo contesto che si inserisce l’impegno di Fondazione Onda ETS e delle società scientifiche nel miglioramento della presa in carico dei giovani e nella tutela della loro salute mentale. L’obiettivo è promuovere una sempre più sinergica collaborazione tra neuropsichiatri, pediatri di libera scelta e i medici di Medicina generale in modo tale da delineare un percorso verso i servizi di riferimento a supporto alle famiglie, favorendo così la transizione ai servizi dell’età adulta, come ha ricordato Claudio Mencacci, Co-Presidente SINPF Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia. “I primi impegni per le patologie mentali in età pediatrica e adolescenziale sono le strategie di prevenzione, screening e diagnosi precoce, ha spiegato. “Secondariamente occorre garantire nella transizione dai 15 ai 24 anni una continuità di cura in collaborazione con la psichiatria-neuropsichiatria-dipendenze e la transizione dal pediatra al medico di Medicina generale. Di fatto si rende necessario un approccio coordinato, multidisciplinare, integrato dei servizi, una comunicazione efficace e un reale e appropriato supporto alla famiglia”.
”Le Società Scientifiche condividono sempre più una visione comune e una unità di intenti, latita ancora la risposta istituzionale e l’assenza di un prioritario investimento in servizi e programmi di salute mentale a livello nazionale. Purtroppo, continua a mancare una visione di insieme, sono stati facilitati interventi spot come il bonus psicologico o lo psicologo di base in assenza di una visione di sistema, di un coordinamento sinergico ed efficace come l’istituzione di una Agenzia Nazionale per la salute mentale che possa garantire equità e condivisione sul territorio nazionale al tempo della nuova autonomia differenziata. Un Paese che non investe sulla salute mentale dei giovani non potrà crescere, cambiare e credere nel futuro”, ha concluso.
Per garantire la continuità delle cure è necessaria la condivisione di informazioni (ospedale-territorio e territorio-territorio), ma non esiste allo stato attuale un dossier condiviso. Spesso sono richieste competenze specialistiche per le quali la formazione è insufficiente. Inoltre, sussiste il problema di fissare una soglia di età per il passaggio dai servizi dedicati all’infanzia/adolescenza a quelli dell’adulto.
Una delle criticità nella continuità di cura è l’alta percentuale di utenti che hanno avuto accesso in Pronto Soccorso senza ricevere alcuna prestazione ambulatoriale di neuropsichiatria infantile e adolescenziale nello stesso anno (74 per cento) o dopo ricovero (32 per cento) o per chi assume psicofarmaci (28 per cento).
Annegamenti, troppe morti insopportabili
NewsIn Italia, il fenomeno degli annegamenti rappresenta una tragica realtà che ogni anno distrugge troppe famiglie. Con una media di circa 400 decessi l’anno, di cui il 10% sono minori, l’importanza della prevenzione e della sorveglianza diventa evidente. In vista della Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento, istituita dalle Nazioni Unite e celebrata il 25 luglio, gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma hanno fornito preziose indicazioni per ridurre al minimo i rischi associati a questo pericoloso fenomeno.
I numeri degli annegamenti
Secondo i dati ISTAT, negli ultimi dieci anni in Italia sono morte per annegamento 3.760 persone, di cui 429 erano bambini e ragazzi. Il Lazio registra una media di 16 decessi all’anno, mentre nel centro Italia, tra il 2012 e il 2021, sono morti 55 minori. L’Istituto Superiore di Sanità, tramite il suo Osservatorio, riporta che ogni anno si registrano 800 ospedalizzazioni per annegamento, circa 60.000 salvataggi sulle spiagge e oltre 600.000 interventi di prevenzione effettuati dai bagnini.
Prevenzione
La prevenzione è fondamentale per ridurre il rischio di annegamento. È essenziale impedire l’accesso non controllato all’acqua mettendo, per i più piccoli, delle vere e proprie barriere fisiche. Ad esempio cancelli e porte chiuse, ma bisogna anche coprire le piscine quando non sono in uso. Controllare la temperatura dell’acqua, utilizzare braccioli e ciambelle, e familiarizzare i bambini con l’acqua fin dai 6 mesi di vita sono misure cruciali.
Sorveglianza
Il dottor Sebastian Cristaldi, responsabile del DEA II Livello del Bambino Gesù, sottolinea che la sorveglianza è la forma di prevenzione più efficace. “Sorveglianza non vuol dire solo non perdere mai d’occhio i bambini quando sono vicini o dentro l’acqua, vuol dire anche stargli vicini in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di imprevisti”. Anche una breve distrazione, come una telefonata, può essere fatale. Per i bambini sotto i 5-6 anni, la presenza di un genitore in acqua è indispensabile, mentre per quelli più grandi è fondamentale non perderli mai di vista, poiché possono essere trascinati sott’acqua da onde o correnti.
Rispetto delle regole
Rispetto delle regole è un altro elemento cruciale per prevenire gli annegamenti. Gli adulti devono dare il buon esempio e rispettare le segnaletiche che indicano i divieti di balneazione per ragioni di sicurezza. “Non si può fare il bagno ovunque ci sia l’acqua: fiume, lago, mare,” afferma Cristaldi. Il rispetto delle limitazioni non solo protegge gli adulti, ma insegna ai bambini l’importanza della sicurezza.
Come intervenire
Quando un episodio di annegamento si verifica, è vitale intervenire rapidamente. Lanciate in acqua qualsiasi oggetto galleggiante a cui il bambino possa aggrapparsi e il soccorso deve essere effettuato da abili nuotatori. Una volta portato il bambino a riva, se le condizioni sono buone, deve essere messo in posizione seduta e invitato a tossire. Se presenta segni di asfissia, bisogna liberare le vie respiratorie e, se necessario, praticare la respirazione bocca a bocca. In caso di perdita di coscienza, mancanza di respirazione o assenza di polso, è fondamentale richiedere immediatamente l’intervento di personale qualificato in grado di eseguire le manovre di rianimazione cardiopolmonare.
Sensibilizzare
La prevenzione degli annegamenti richiede un impegno collettivo e costante. Sorveglianza, rispetto delle regole e interventi tempestivi possono salvare vite, specialmente quelle dei più piccoli. Proprio per questo la Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento è un’importante occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo grave problema che ancora oggi causa troppe morti e promuovere una cultura della sicurezza e della prevenzione.
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Micosi delle unghie, come prevenirla in piscina
Benessere, News, Prevenzione, SportLa micosi delle unghie è un problema comune che si può prevenire. È frequente soprattutto tra gli sportivi e se non trattata può diffondersi e causare complicazioni gravi. La dottoressa Claudia Pazzini, dermatologa presso Humanitas San Pio X e i centri medici Humanitas Medical Care, spiega come prevenire e curare l’infezione.
Micosi delle unghie, le cause
L’infezione fungina delle unghie è causata da diversi tipi di funghi, tra cui Trichophyton ed Epidermophyton. Anche i lieviti, come quelli del genere Candida, e le muffe, come Aspergillus, possono essere responsabili di questa infezione. Può presentarsi con macchioline bianche, gialle, verdi o marroni. Una delle principali cause della micosi è l’ambiente caldo e umido all’interno delle scarpe, che favorisce la crescita e la diffusione dei funghi. Questo spiega perché le unghie dei piedi sono più comunemente colpite rispetto a quelle delle mani. L’infezione può essere contratta camminando a piedi nudi negli spogliatoi delle palestre e nelle piscine, dove il fungo può facilmente attecchire. Inoltre, traumi derivanti dall’uso di calzature strette o da specifiche attività sportive aumentano il rischio di infezione, poiché favoriscono l’attecchimento del fungo sulle unghie lesionate.
Sintomi della micosi delle unghie
I sintomi della micosi delle unghie possono variare, ma comunemente includono fragilità e friabilità dell’unghia, deformazione della stessa e opacità della lamina con colorazioni differenti all’interno. L’infezione può anche causare infiammazione dei tessuti circostanti all’unghia, rendendo la zona dolente e sensibile al tatto, spiega la specialista. Questi sintomi possono peggiorare se non trattati tempestivamente, portando a ulteriori complicazioni.
Micosi delle unghie, quando rivolgersi al dermatologo
Se si sospetta un’infezione fungina delle unghie, è importante rivolgersi a un dermatologo. La valutazione professionale è necessaria per diagnosticare correttamente la micosi. Il dermatologo prescriverà un esame micologico, che si effettua prelevando un frammento di unghia per l’analisi al microscopio. Questo esame permette di individuare la presenza di ife e spore, elementi caratteristici dei funghi. Inoltre, può essere eseguito un esame colturale, che consente una diagnosi più precisa dell’onicomicosi, permettendo di selezionare la terapia più adatta.
Come trattare il fungo delle unghie
Per trattare i funghi delle unghie esistono pomate o smalti antimicotici da applicare direttamente sull’unghia infetta. Un’altra opzione è l’uso di creme a base di urea al 40%, che aiutano a penetrare meglio i prodotti antifungini. In alcuni casi, il dermatologo potrebbe prescrivere antimicotici orali, come itraconazolo, fluconazolo e terbinafina, che agiscono sistemicamente per eliminare l’infezione. Per favorire la penetrazione dei prodotti antifungini, è possibile eseguire una fresatura della lamina dell’unghia, da ripetere ogni 15 giorni, oppure applicare la crema all’urea al 40% per 3 o 4 settimane. È importante notare che le cure per l’onicomicosi richiedono tempo e devono durare almeno 4-6 mesi, soprattutto nel caso delle unghie dei piedi.
Onicomicosi e salute generale
L’onicomicosi in genere non comporta rischi gravi per la salute. Tuttavia, nei soggetti immunocompromessi può estendersi ad altre unghie e ai tessuti circostanti. Per evitare complicazioni, è fondamentale evitare il fai-da-te e rivolgersi sempre a un dermatologo per una corretta diagnosi e terapia. Inoltre, le alterazioni ungueali di diversa natura, come la psoriasi ungueale, possono essere scambiate erroneamente per onicomicosi e richiedere un approccio terapeutico diverso, sottolinea la specialista.
Prevenire la micosi in piscina
La piscina è uno dei luoghi più a rischio per contrarre funghi. Per prevenire le infezioni fungine in questi ambienti, è importante adottare alcune precauzioni. Indossare sempre le ciabatte per evitare di camminare a piedi nudi nelle docce o negli spogliatoi è una delle prime misure di prevenzione, spiega la dermatologa. Inoltre, è importante mantenere i piedi e le unghie il più possibile asciutti e puliti ed evitare di tagliare la pelle intorno alle unghie per prevenire l’accesso dei germi. Infine la specialista raccomanda di non applicare smalto nelle zone con infezioni fungine e lavare accuratamente le mani dopo aver toccato un’unghia infetta per evitare la diffusione del fungo ad altre aree del corpo.
In memoria del piccolo Riccardo
Bambini, NewsÈ difficile non commuoversi nel ricordare il piccolo Riccardo, che ha trascorso la sua vita affidato alle cure degli specialisti dell’Immunologia dell’AOU Meyer Irccs. Oggi, proprio in suo ricordo, l’Ospedale Pediatrico, ha inaugurato la “Stanza Ricca”, uno spazio interamente arredato a misura di bambino, pieno di colori e con tutto il necessario per le visite mediche.
La storia di Riccardo
Due anni fa, Riccardo ci ha lasciati, ma la sua eredità vive attraverso questo progetto voluto dai suoi genitori, mamma Francesca e babbo Simone, in collaborazione con la Fondazione Meyer. Riccardo ha affrontato la sua malattia con una forza straordinaria e un’allegria contagiosa. “Per questo – hanno ricordato le dottoresse che lo hanno curato – abbiamo pensato che questa non sarà la ‘Stanza di Riccardo’, ma proprio la ‘Stanza Ricca’, per ricordare chi era Riccardo e la ricchezza che ha donato a tutti noi”.
Un progetto di speranza e cura
La “Stanza Ricca” nasce per offrire ai piccoli pazienti un luogo magico e stimolante durante le loro cure. Le pareti sono decorate con animali della savana, una delle grandi passioni di Riccardo, creando un ambiente che infonde coraggio e speranza. “Attraverso questo spazio vogliamo tenerlo con noi, per noi, ma anche per tutti i bambini presenti e futuri abitanti di questo spazio a lui dedicato”, hanno spiegato i medici dell’Immunologia.
L’importanza dello screening neonatale
Il servizio di Immunologia dell’AOU Meyer Irccs è un pioniere in Italia per quanto riguarda lo screening neonatale delle immunodeficienze. Grazie a questo programma, il Meyer può fare diagnosi precoci di malattie rare, rilevando un caso ogni 9000 nati. Questo tipo di diagnosi è cruciale perché permette di intervenire tempestivamente, prevenendo gravi infezioni che potrebbero causare danni permanenti o, nei casi più gravi, la morte del bambino.
L’eccellenza del servizio di immunologia al Meyer
Attualmente, il servizio di Immunologia dell’AOU Meyer Irccs segue circa 450 piccoli pazienti con immunodeficienza grave, fornendo le migliori terapie disponibili per garantire loro una vita il più normale possibile. Inoltre, il centro accoglie e cura decine di bambini provenienti da altre regioni italiane, e ogni giorno segue numerosi bambini con difetti immunitari minori che si risolvono con la crescita. Il servizio è anche specializzato nelle vaccinazioni in ambiente protetto per pazienti fragili o con malattie croniche.
Un impegno per il futuro
Francesca e Simone, i genitori di Riccardo, spiegano che attraverso la loro esperienza al Meyer vogliono supportare il reparto di Immunologia a offrire risposte sempre più precise ai piccoli pazienti e migliorare la qualità della permanenza in ospedale dei bambini con immunodeficienze e delle loro famiglie. La “Stanza Ricca” rappresenta non solo un tributo a Riccardo, ma anche un simbolo di speranza e di forza per tutti i bambini che dovranno affrontare sfide simili.
La Stanza Ricca
La “Stanza Ricca” al Meyer è più di uno spazio arredato: è un luogo dove la memoria di un bambino straordinario continua a vivere, portando colore e coraggio a chi ne ha più bisogno. Un progetto commovente e significativo che onora la vita di Riccardo e offre un contributo prezioso alla comunità dei piccoli pazienti e delle loro famiglie. Con l’inaugurazione di questo spazio, il Meyer continua a dimostrarsi un centro di eccellenza e innovazione nella cura delle immunodeficienze, offrendo speranza e supporto a chi affronta queste difficili sfide.
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Chirurgia pediatrica, la storia di Dastan
Bambini, NewsSi chiama Dastan (nome di fantasia per tutelarne la privacy), ha solo 7 anni ed è arrivato dal Kuwait all’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli dove è stato operato dall’equipe del professor Ciro Esposito, direttore della Chirurgia Pediatrica dell’Azienda e della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Pediatrica dell’Ateneo federiciano. Un caso clinico che è stato discusso durante l’ultimo Corso Europeo di Chirurgia Mini-invasiva e Robotica, tenutosi a Napoli l’11 e il 12 luglio. Se fino a qualche anno fa c’era una forte migrazione dei pazienti pediatrici verso il Centro Nord Italia, negli ultimi anni la Chirurgia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria partenopea è diventata centro di riferimento internazionale per il trattamento chirurgico di molte malformazioni congenite del bambino.
Il viaggio della speranza
Infatti, il piccolo Dastan è uno dei numerosi bimbi stranieri accolti ed operati dal team della Federico II. Dopo un intervento effettuato durante il primo anno di vita a Kuwait City per una grave malformazione genito-urinaria, il problema di Dastan non era stato purtroppo risolto. Da qui l’esigenza di un nuovo intervento chirurgico. I genitori di Dastan hanno fatto quello che farebbe ogni genitore, si sono informati sui migliori centri d’Europa, e così nei mesi scorsi sono arrivati ad individuare la chirurgia pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli.
Chirurgia pediatrica all’avanguardia
«Ci hanno contattato via Zoom – spiega il professor Ciro Esposito – e ci hanno parlato del piccolo e della sua storia. Dopo alcuni incontri on line, i genitori hanno deciso di venire a Napoli e così, Dastan e la sorellina, sono arrivati a Napoli nel mese di marzo per essere operati». Presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, del resto, si trovano le sale di endoscopia pediatrica e le sale operatorie chirurgiche pediatriche più moderne d’ Italia.
Tornato a sorridere
«L’intervento chirurgico di Dastan – prosegue il professor Esposito – è stato tecnicamente complesso, proprio perché il bambino era già stato operato nel suo paese. Grazie alle tecnologie mini-invasive che adottiamo abitualmente nel nostro centro, abbiamo ricostruito le sue vie genito-urinarie salvando la funzionalità dei reni. Abbiamo operato anche la sorellina che aveva un piccolo problema chirurgico che abbiamo risolto definitivamente». Tornato di recente a Napoli per un controllo, dopo una serie di monitoraggi da remoto, Dastan sta bene ed è completamente guarito.
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Presa Weekly 19 Luglio 2024
PreSa WeeklySalute mentale giovani: 74% mancata presa in carico
Adolescenti, Bambini, News, Pediatria, Prevenzione, PsicologiaI disturbi del neurosviluppo sono tra le malattie più frequenti dell’età evolutiva. Per molte condizioni neuropsichiatriche l’esordio è diventato sempre più precoce negli ultimi anni. I dati sulla salute mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS segnalano un rischio nel 20 per cento tra i minorenni.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici.
L’assistenza nelle diverse fasi
Investire in servizi e programmi di salute mentale, adottare strategie di prevenzione e di diagnosi precoce e garantire una continuità di cura tra i 15 e i 24 anni: sono alcune delle urgenze emerse dal recente convegno “Dall’età evolutiva all’età adulta: transizione e tutela della salute mentale – percorsi interdisciplinari e presa in carico”. L’evento è stato organizzato da Fondazione Onda ETS e SINPF – Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia, con il patrocinio di SIP – Società Italiana di Pediatria, SINPIA – Società Italiana Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SIP – Società Italiana di Psichiatria, SIMG – Società Italiana della Medicina generale e delle Cure primarie e FeDerSerD – Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze e con il contributo non condizionato di Otsuka Italia.
Marzagora: garantire continuità
“I giovani di oggi vivono un grande disagio, complice anche il ruolo della pandemia”, ha spiegato Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS. Se da un lato, è fondamentale che esprimano a gran voce questo disagio in modo tale che i genitori vengano informati e si possa, di conseguenza, intervenire tempestivamente, dall’altro si deve garantire che il servizio di presa in carico sia efficace, non dispersivo e non lasci indietro nessuno. Al compimento della maggiore età, i giovani non si devono perdere all’interno del sistema proprio perché laddove sia ottenibile la guarigione, possono essere adottati interventi efficaci in grado di ridurre l’intensità, la durata dei sintomi e le conseguenze”.
”Oltre a ciò – ha concluso Merzagora – stigma e mancanza di informazioni nei confronti della malattia mentale contribuiscono al ritardo nell’inquadramento diagnostico”.
I dati sulla salute mentale dei giovani
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS il 20 per cento tra i minorenni rischia di ammalarsi di un disturbo mentale. Inoltre, l’esordio è diventato sempre più precoce, in particolare per i disturbi del comportamento alimentare, con un’età media all’esordio di 8 anni. Se da un lato i numeri erano già consistenti in epoca prepandemica, è innegabile che siano peggiorati durante e dopo la pandemia da Covid-19. Negli ultimi quattro anni, infatti, si è registrato un aumento del 28 per cento dei disturbi mentali a seguito di una condizione globale di incertezza legata alla pandemia, al cambiamento climatico e alle guerre. I disturbi della nutrizione e alimentazione e alcuni disturbi del neurosviluppo, come il disturbo da deficit dell’attenzione o iperattività e l’autismo, in particolare, sono tematiche che sempre più richiedono il passaggio verso servizi per la salute mentale degli adulti, con esordi sempre più precoci.
In Italia
In questo scenario, l’Italia si conferma fanalino di coda in materia di fondi dedicati alla salute mentale: infatti, la spesa per la salute psichiatrica nel nostro paese non supera il 3 per cento: una cifra irrisoria, soprattutto se paragonata agli investimenti di altri paesi europei, come Germania e Francia, dove la spesa supera il 10 per cento del Fondo Sanitario. “Questo porta ad avere una risposta territoriale a questi bisogni assistenziali estremamente carente a fronte delle risorse insufficienti”, hanno spiegato gli specialisti.
Secondo quanto emerge dal libro bianco dell’assistenza pediatrica in Italia a cura della FIAPERD – Federazione delle Società Scientifiche e delle Associazioni dell’Area Pediatrica, presentato lo scorso dicembre, sono oltre 100 mila i minori che ogni anno vengono assistiti in reparti non pediatrici. Particolarmente delicata è la situazione della neuropsichiatria infantile, dove l’esplosione delle richieste per disturbi psichiatrici gravi e acuti sta saturando i posti disponibili, tanto che il 30 per cento dei ricoveri per disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva avviene in reparti pediatrici e il 10 per cento dei ricoveri di minorenni per disturbi psichiatrici avviene in stato di necessità in reparti psichiatrici per adulti, nonostante tale collocazione sia gravemente inappropriata.
Migliorare presa in carico
In questo contesto che si inserisce l’impegno di Fondazione Onda ETS e delle società scientifiche nel miglioramento della presa in carico dei giovani e nella tutela della loro salute mentale. L’obiettivo è promuovere una sempre più sinergica collaborazione tra neuropsichiatri, pediatri di libera scelta e i medici di Medicina generale in modo tale da delineare un percorso verso i servizi di riferimento a supporto alle famiglie, favorendo così la transizione ai servizi dell’età adulta, come ha ricordato Claudio Mencacci, Co-Presidente SINPF Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia. “I primi impegni per le patologie mentali in età pediatrica e adolescenziale sono le strategie di prevenzione, screening e diagnosi precoce, ha spiegato. “Secondariamente occorre garantire nella transizione dai 15 ai 24 anni una continuità di cura in collaborazione con la psichiatria-neuropsichiatria-dipendenze e la transizione dal pediatra al medico di Medicina generale. Di fatto si rende necessario un approccio coordinato, multidisciplinare, integrato dei servizi, una comunicazione efficace e un reale e appropriato supporto alla famiglia”.
”Le Società Scientifiche condividono sempre più una visione comune e una unità di intenti, latita ancora la risposta istituzionale e l’assenza di un prioritario investimento in servizi e programmi di salute mentale a livello nazionale. Purtroppo, continua a mancare una visione di insieme, sono stati facilitati interventi spot come il bonus psicologico o lo psicologo di base in assenza di una visione di sistema, di un coordinamento sinergico ed efficace come l’istituzione di una Agenzia Nazionale per la salute mentale che possa garantire equità e condivisione sul territorio nazionale al tempo della nuova autonomia differenziata. Un Paese che non investe sulla salute mentale dei giovani non potrà crescere, cambiare e credere nel futuro”, ha concluso.
Per garantire la continuità delle cure è necessaria la condivisione di informazioni (ospedale-territorio e territorio-territorio), ma non esiste allo stato attuale un dossier condiviso. Spesso sono richieste competenze specialistiche per le quali la formazione è insufficiente. Inoltre, sussiste il problema di fissare una soglia di età per il passaggio dai servizi dedicati all’infanzia/adolescenza a quelli dell’adulto.
Una delle criticità nella continuità di cura è l’alta percentuale di utenti che hanno avuto accesso in Pronto Soccorso senza ricevere alcuna prestazione ambulatoriale di neuropsichiatria infantile e adolescenziale nello stesso anno (74 per cento) o dopo ricovero (32 per cento) o per chi assume psicofarmaci (28 per cento).
Liste di attesa, senato approva decreto
News, Economia sanitaria, Medicina SocialeL’Assemblea del Senato ha approvato il disegno di legge 1161, convertendo in legge il decreto 73. Questo decreto contiene misure urgenti per ridurre le liste di attesa delle prestazioni sanitarie. L’originale era stato bocciato dalle Regioni, ma ora è stato modificato.
Il punto centrale della disputa era la possibilità per il ministero della Salute di scavalcare le Regioni nel controllo delle Asl per la gestione delle liste d’attesa. Ora, l’Organismo di controllo, inizialmente sotto il ministero, interverrà solo se le Regioni saranno inerti. Il controllo passerà quindi alle Regioni tramite il Ruas, il Responsabile unico dell’assistenza sanitaria della regione. Inoltre, all’Organismo sono stati tolti i poteri di polizia giudiziaria e la vigilanza sugli erogatori privati.
Liste di attesa: il nuovo testo e le regioni
Con 87 voti favorevoli e 50 contrari, il Senato ha dato il via libera al disegno di legge 1161, convertendo in legge il decreto 73. Il nuovo testo era molto atteso poiché il precedente era stato bocciato dalle Regioni, che si erano opposte perché il testo calpestava i loro poteri di organizzazione sanitaria.
L’Aula ha approvato le novità, respingendo gli emendamenti aggiuntivi proposti dalla Commissione. Ora il decreto passa alla Camera per la conversione definitiva. Le Regioni si sono dichiarate soddisfatte, ma restano preoccupazioni.
Le criticità
Raffaele Donini, coordinatore degli assessori alla salute in Conferenza, ha espresso preoccupazioni. Le criticità principali riguardano l’assenza di risorse aggiuntive e la mancanza di proposte su appropriatezza delle prestazioni e riorganizzazione della sanità territoriale.
Le dichiarazioni di Schillaci
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha espresso soddisfazione. “L’approvazione in Senato del decreto sulle liste d’attesa è una buona notizia per i cittadini e per il servizio sanitario nazionale. Ringrazio i senatori per il lavoro svolto in Commissione e in Aula e le Regioni con le quali, nell’interesse dei cittadini, siamo riusciti a trovare un punto di incontro senza snaturare un provvedimento che punta a dare risposte che gli italiani attendono da troppo tempo”, ha concluso.
Schillaci ha aggiunto: “Questo Governo, per la prima volta, interviene in modo concreto per rafforzare la capacità del servizio sanitario di erogare le cure nei tempi giusti, chiamando in causa tutti gli attori in campo. Confido che anche alla Camera, la prossima settimana, si proceda fattivamente per la definitiva approvazione del decreto che segnerà un vero cambio di passo in un’ottica di maggiore efficienza e tutela del diritto alla salute dei cittadini”.
Emicrania: cause e rimedi
Prevenzione, NewsL’emicrania è molto più di un mal di testa e non dovrebbe mai essere sottovalutata. Si tratta di un disturbo neurologico che può essere anche molto debilitante e le persone che ne soffrono sono milioni in tutto il mondo. Caratterizzata da un dolore intenso e pulsante, spesso localizzato su un solo lato della testa, l’emicrania può essere accompagnata da nausea, vomito e sensibilità alla luce e ai suoni. Proviamo a capire quali sono le principali cause dell’emicrania e i possibili rimedi per gestire e alleviare questo disturbo.
Cause dell’emicrania
Le cause precise dell’emicrania non sono ancora completamente comprese, ma i ricercatori hanno identificato diversi fattori che possono scatenare o contribuire a questo disturbo:
Rimedi per l’emicrania
Gestire l’emicrania richiede un approccio personalizzato, poiché ciò che funziona per una persona potrebbe non funzionare per un’altra. Ecco alcuni dei rimedi più comuni:
Ridurre e gestire lo stress
La gestione dello stress è un punto imprescindibile se si vuole combattere efficacemente l’emicrania. Tecniche di gestione dello stress come la respirazione profonda, la mindfulness e le tecniche di rilassamento possono aiutare a prevenire gli attacchi. Per questo, anche un sonno di qualità e in quantità adeguata è fondamentale. Gli sbalzi nei ritmi sonno-veglia possono scatenare emicranie, quindi è importante mantenere una routine regolare. Ci sono poi quelli che i medici chiamano “trigger ambientali”, come luce troppo intensa o rumori eccessivi: per questo proteggere gli occhi da luci intense con occhiali da sole, usare tappi per le orecchie in ambienti rumorosi e cercare di mantenere una temperatura ambiente confortevole sono “trucchi” da non sottovalutare.
Condizione complessa
L’emicrania è una condizione complessa e individuale che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita. Comprendere le cause e individuare i rimedi più efficaci richiede tempo e spesso un approccio multidisciplinare. Consultare un medico o uno specialista è fondamentale per ottenere una diagnosi accurata e un piano di trattamento personalizzato.
Adottare uno stile di vita sano, ridurre lo stress e riconoscere i propri fattori scatenanti sono passi cruciali per gestire e ridurre la frequenza e l’intensità delle emicranie. Con le giuste strategie, è possibile vivere una vita più equilibrata e meno affetta da questo doloroso disturbo.
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Le 7 cause della fascite plantare
News, News, SportLa fascite plantare è una delle principali cause di dolore al tallone e alla pianta del piede. Si tratta di un problema più comune di quanto si possa credere e il sintomi principale è il dolore legato all’infiammazione della fascia o aponeurosi plantare, una formazione di tessuto connettivo a forma di ventaglio situata nella parte inferiore del piede che collega il calcagno alla base delle dita.
Cause della fascite plantare
Le cause della fascite plantare possono essere almeno 7:
Sintomi della fascite plantare
Il sintomo principale della fascite plantare è un dolore acuto e localizzato nella pianta del piede e nel tallone, spesso molto intenso, che rende difficoltosa la deambulazione. Questo dolore può presentarsi sia a riposo, dopo lunghi periodi di inattività, che durante il movimento o al contatto con il suolo. Di solito colpisce un solo piede, ma può essere bilaterale.
Diagnosi della Fascite Plantare
La diagnosi di fascite plantare è prevalentemente clinica e si basa su un’anamnesi accurata e un esame clinico. In alcuni casi, può essere utile confermare la diagnosi con un’ecografia dei tessuti molli. Radiografie o risonanze magnetiche non sono generalmente necessarie a meno che non vi siano dubbi diagnostici o mancanza di risposta al trattamento.
I rimedi più efficaci
Esistono diversi livelli di intervento e opzioni terapeutiche per trattare la fascite plantare, che devono essere decisi dallo specialista. Prima di tutto bisogna individuare la causa scatenante e intervenire su quella, ad esempio se si tratta di peso eccessivo o di scarpe inadeguate. Altra causa, potrebbe essere un dismorfismo del piede, sulla quale si può intervenire con una valutazione dinamica del passo o usando plantari ortopedici personalizzati. Una soluzione può essere quella di adottare supporti specifici, ad esempio talloniere in gel per ridurre il carico sul tallone o si possono fare degli esercizi di stretching dolce della fascia plantare.
Terapie fisiche:
Se il problema è più serio si può ricorrere, sempre dopo un consulto medico, ad un bendaggio funzionale per alleviare immediatamente il dolore e sottoporsi a laserterapia o Tecar terapia. Molto efficaci possono essere le onde d’urto focali, solitamente in cicli di tre applicazioni settimanali, per ridurre il dolore e rigenerare i tessuti. Più di rado è necessario ricorrere alla chirurgia. Solo in casi di fascite plantare cronica o resistente ai trattamenti, potrebbe infatti essere necessario un intervento chirurgico mininvasivo. Questo prevede l’allungamento e la cruentazione della fascia plantare attraverso una piccola incisione.
L’importanza di un consulto specialistico
La fascite plantare può essere una condizione dolorosa e debilitante, ma con una diagnosi corretta e un trattamento adeguato, è possibile alleviare il dolore e migliorare la qualità della vita. Consultare uno specialista è fondamentale per individuare le cause specifiche e adottare le strategie terapeutiche più appropriate.
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Potenziare sanità nelle aree interne: obiettivo del nuovo Intergruppo parlamentare
Anziani, Medicina Sociale, PrevenzioneLe aree interne rappresentano oltre il 60% del territorio nazionale, con 4 mila comuni e 13 milioni di abitanti, il 22,7% della popolazione italiana. Spesso queste zone sono carenti di servizi essenziali, soprattutto sanitari. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) offre un’opportunità per sviluppare la sanità territoriale in queste aree. A tal fine, è stato presentato l’Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne.
Convegno al Senato: La Nuova Sanità Territoriale
Il tema è stato discusso ieri al Senato nel convegno “La nuova sanità territoriale, le emergenze e le aree interne”. L’iniziativa del senatore Guido Quintino Liris è stata un’occasione per riflettere sulle necessità delle aree interne, una parte significativa del nostro Paese, soprattutto alla luce del PNRR. Durante il convegno, è stato presentato l’Intergruppo parlamentare sulla prevenzione e le emergenze sanitarie nelle aree interne, presieduto dal Sen. Guido Quintino Liris e dalla Sen. Daniela Sbrollini.
Aree interne italiane
Le aree interne sono caratterizzate da “centri minori” spesso di piccole dimensioni, distanti dai servizi essenziali come istruzione, salute e mobilità. Queste zone coprono oltre il 60% del territorio nazionale, includono 4.000 comuni e ospitano 13 milioni di abitanti, pari al 22,7% della popolazione italiana. Questi territori affrontano rischi di spopolamento, mobilità giovanile elevata e ridotta natalità. La qualità dei servizi è spesso limitata e la popolazione è generalmente meno digitalizzata e con fragilità formative.
Problemi nell’istruzione e spopolamento
Nelle aree interne, l’istruzione incontra spesso difficoltà che aggravano la tendenza allo spopolamento. L’offerta educativa è compromessa dalle difficoltà di spostamento e dalla mobilità degli insegnanti. Oltre l’80% dei comuni nelle aree interne non ha scuole superiori statali e il 39% non ospita scuole medie. Le realtà montane e le piccole isole, che fanno parte delle aree interne, risultano poco connesse ai centri di erogazione dei servizi primari.
Isolamento e servizi essenziali
Le aree interne marginali vivono spesso una situazione di isolamento in termini di accesso ai servizi essenziali. I comuni “polo” sono quelli che offrono un’offerta scolastica articolata, un ospedale con DEA di I livello e una stazione ferroviaria di tipo silver. I comuni che distano meno di 27,7 minuti dal polo sono definiti “cintura”. Quelli che distano oltre 27,7 minuti sono classificati come aree interne e si suddividono in intermedi, periferici e ultraperiferici, in base alla distanza.
Sanità nelle aree interne
Nei comuni periferici e ultraperiferici, oltre un residente su quattro ha almeno 65 anni. Circa 1,5 milioni di cittadini con diabete vivono in queste aree marginali, aumentando il bisogno di un sistema sociale più robusto mentre le risorse diminuiscono. Le calamità naturali, accentuate dai cambiamenti climatici, rendono questi territori ancora più fragili.
I presidi sanitari diffusi
La presenza di presidi sanitari diffusi è cruciale nelle aree interne. Questi si collegano alle politiche di prossimità, considerando la difficoltà dei collegamenti, la lontananza dai servizi essenziali e l’invecchiamento della popolazione. Il PNRR punta a sviluppare una nuova rete di sanità territoriale, considerata un investimento più che un costo.
Dichiarazioni del senatore Guido Quintino Liris
Il senatore Guido Quintino Liris ha dichiarato: “Il PNRR identifica nello sviluppo della nuova rete di sanità territoriale un punto di sostegno alle politiche di riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili. La spesa sanitaria non è più vista come un costo, ma come un investimento. Prevenzione, territorio e prossimità diventano le parole chiave per una sanità vicina ai bisogni della popolazione. È strategico potenziare la sanità territoriale nelle aree interne attraverso telemedicina, teleassistenza, assistenza domiciliare integrata e le case e ospedali di comunità.”
Dichiarazioni della senatrice Daniela Sbrollini
La senatrice Daniela Sbrollini ha aggiunto: “Nelle aree interne oltre la metà delle case di comunità previste col PNRR sarà spoke e il 23,3% dei futuri ospedali di comunità sarà realizzato con nuove costruzioni o ampliamenti. L’obiettivo centrale è costruire una rete di servizi sanitari di prossimità con punti di digitalizzazione, telemedicina, farmacie dei servizi, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, per promuovere una equità socio-sanitaria in tutto il Paese.”
Intervento del Ministro della Salute, Orazio Schillaci
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha sottolineato: “Dobbiamo dare ai 13 milioni di italiani che vivono nelle aree interne la possibilità di curarsi vicino casa. Penso agli anziani e ai più vulnerabili, che hanno bisogni sociali e sanitari legati a patologie croniche. La realizzazione del 30% delle case di comunità e di oltre il 20% degli ospedali di comunità nelle aree interne rafforzerà la capacità di risposta del Servizio Sanitario Nazionale. Abbiamo aumentato di 250 milioni le risorse per l’assistenza domiciliare e di 500 milioni per la telemedicina.”
Protezione civile e politiche del mare
“L’Italia purtroppo non è un Paese per la prevenzione, non siamo fatti per prevenire il rischio e non abbiamo una buona cultura nell’approccio con il rischio. Ce ne stiamo accorgendo anche in questi giorni guardando la realtà dei Campi Flegrei – ha dichiarato il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci. “Naturalmente la complessità della materia richiede un confronto con tutte le amministrazioni dello Stato”, ha concluso.