Genitori che resistono (a caro prezzo): il peso invisibile dei bias sulla genitorialità. L’analisi di Cristina Di Loreto
Dalle ultime ricerche sui genitori lavoratori di Me First®, svolte in collaborazione con LabCom, former spin-off dell’Università di Firenze, emerge uno stato di emergenza psicosociale non indifferente. Entrambi i report delle ricerche sono scaricabili al sito.
I numeri parlano chiaro. Il 91.04% delle madri lavoratrici si dedica mai o quasi mai a hobby e passioni personali dal lunedì al venerdì. Eppure, l’84.1% dichiara di bilanciare bene famiglia e lavoro. A quale prezzo? Il 48.2% mostra alti livelli di esaurimento emotivo, il 78.3% convive con un senso di colpa materno elevato e il 50.6% si percepisce penalizzata nel mondo del lavoro per essere madre. È il cosiddetto maternal wall.
Non va meglio per i padri. L’86.01% del campione risponde “mai” o “quasi mai” alla domanda su quanto tempo dedichi ai propri hobby e passioni durante la settimana. Il 48.2% bilancia bene famiglia e lavoro, ma il 66% registra livelli medio-elevati di esaurimento emotivo. L’85% soffre di paternal guilt, mentre il 66% sente di essere penalizzato nel mondo del lavoro per il solo fatto di essere padre: il paternal wall.
Genitori che si sacrificano, si annullano, e si sentono penalizzati sul lavoro, travolti da sensi di colpa e da un esaurimento emotivo che appare sistemico.
A chi dare la responsabilità di questo disagio? Le cause sono multidimensionali, ma in pochi pensano al ruolo dei bias cognitivi. Quei meccanismi mentali, scorciatoie di pensiero, che ci portano a decidere e agire sulla base di credenze stereotipate, non fondate sulla realtà.
Tra i più noti ci sono il maternal bias, che porta a considerare le madri meno competenti e ingaggiate rispetto alle donne senza figli; il flexibility stigma, che penalizza chi richiede orari flessibili o congedi, giudicandolo poco ambizioso; l’ideal worker bias, secondo cui il lavoratore ideale è sempre disponibile, senza vincoli familiari; e infine i bias di genere sulla genitorialità, secondo cui è la madre a doversi occupare della cura e il padre a portare il pane a casa.
Il danno è duplice: questi bias condizionano scelte aziendali su promozioni, ruoli di responsabilità, quote societarie e progetti. Ma, peggio ancora, spesso sono interiorizzati dalle stesse persone che li subiscono, portandole a credere di non essere all’altezza.
Cosa fare per invertire il trend? Investire su formazioni manageriali specifiche, a stampo psicologico, e programmi di empowerment genitoriale. Solo così si può stimolare un cambiamento di mindset urgente e necessario.
Di questo ci occupiamo noi di Me First®. Dal 2020 portiamo avanti “la rivoluzione del concetto di genitorialità”: una trasformazione reale del mindset là dove è più urgente e necessaria — nelle persone e nelle aziende.
Cristina Di Loreto
Psicologa psicoterapeuta
Founder e ideatrice di Me First®