Cronicità, negli ultimi 6 mesi il 71% ha dimenticato la terapia
Le cronicità sono la causa principale di morte nel mondo. Secondo il rapporto Oms, circa 17 milioni di persone muoiono prematuramente ogni anno. Si tratta di malattie come cardiopatie, ictus, cancro, diabete, malattie respiratorie, ma anche malattie mentali, disturbi muscolo-scheletrici e dell’apparato gastrointestinale. Le malattie croniche possono riguardare anche difetti della vista, dell’udito e patologie genetiche. In generale hanno origine in età giovanile, ma che richiedono anche decenni prima di manifestarsi clinicamente.
Un’indagine ha coinvolto oltre 300 pazienti con cronicità, tra i 30 e 70 anni, analizzandone il vissuto e la propensione all’uso della tecnologia. La ricerca ha indagato l’aderenza terapeutica, lo stato emotivo, la qualità della vita, la prevenzione, le visite di controllo e i canali di comunicazione con operatori e strutture sanitarie. I pazienti cronici mostrano una buona propensione all’utilizzo della tecnologia anche nelle fasce d’età più alte.
Comorbidità: oltre la metà degli intervistati ha più patologie
Molti pazienti con cronicità hanno più patologie croniche (comorbidità o multimorbidità). La patologia, considerando quelle più diffuse, ha una storia media di almeno 8 anni, con un picco di 16 anni nei casi di malattie respiratorio polmonari. Le cronicità più diffuse sono l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, seguite da disturbi depressivi e ansia. Mentre le prime due sembrano più frequenti tra i pazienti maturi (61-70 anni), la depressione e l’ansia sono particolarmente accentuate tra i giovani (33% tra i 30-40 enni).
Cronicità, giovani più a rischio depressione
Sono i giovani a vivere più negativamente la malattia. Il 68% degli intervistati tra i 30 e i 40 anni ha necessità di un sostegno psicologico per far fronte a problemi di depressione e ansia causati dalla cronicità. In particolare, il 63% dei 30-40 enni vive più negativamente le cronicità, contro il 45% dei 61-70 enni. Questo stato d’animo si riflette sulla salute mentale. Il 68% dei pazienti tra i 30 e i 40 anni contro il 37% del campione ha cercato un sostegno psicologico. Il 32% dei 30-40 enni si è rivolto a figure professionali, come psicologi o psicoterapeuti. Il 27% dei 30-40 enni si è rivolto solo ai familiari.
Capacità di reagire nelle fasce più grandi
Nonostante le preoccupazioni, lo scoraggiamento e il senso di limitazione, emerge anche la capacità di reagire e affrontare la cronicità con tranquillità e ottimismo. Riguarda però le fasce più grandi: il 40% dei pazienti tra i 61 e i 70 anni nel tempo hanno creato strategie conservative per gestire le patologie sul piano emotivo.
Il profilo digitale dei pazienti cronici
Un intervistato su quattro tra i 51 e 60 anni possiede dispositivi di monitoraggio della salute connessi ad una applicazione digitale (es. saturimetro, termometro, glucometro, pulsossimetro). In media il campione dispone di 4 device. I dispositivi più diffusi sono lo smartphone (92% dei rispondenti, più gradito alle donne) e il computer fisso o portatile (84%). L’88% si connette quotidianamente a Internet e il 60% rimane connesso almeno 4 ore al giorno.
I risultati emergono dalla ricerca “Sfide e opportunità nell’aderenza terapeutica dei pazienti cronici: l’apporto della tecnologia” realizzata da Qwince con Doxa Pharma.
Privacy e Fascicolo Sanitario Elettronico integrato
L’80% dei pazienti cronici intervistati valuta positivamente l’idea di una piattaforma digitale integrata. Oltre 6 soggetti su 10 si dichiarano propensi a utilizzarla. Protezione della privacy e accesso continuo alle informazioni clinico-sanitarie e allo storico dei dati del paziente sono requisiti indispensabili. Lo afferma l’87% dei malati cronici coinvolti. Fondamentale è inoltre l’integrazione con il Fascicolo Sanitario Elettronico e la multicanalità, cioè la disponibilità del servizio su più dispositivi come smartphone, computer e tablet.
L’impatto della cronicità sulla qualità della vita
Per un paziente su 2 la malattia cronica ha un impatto negativo sulla qualità della vita. Recarsi dal medico per sottoporsi alle visite e prenotare esami e controlli presso studi, centri e strutture sanitarie sono i due aspetti più impegnativi secondo la metà del campione circa. In particolare la difficoltà è maggiore tra i giovani (più di 6 su 10) e al Sud, dove l’accesso ai servizi sanitari è più difficile. Seguono la prenotazione e il ritiro dei farmaci che per circa 4 pazienti su 10 incidono sia dal punto di vista del dispendio di tempo che dei costi da affrontare.
L’aderenza alla terapia
L’aderenza alla terapia è una condizione fondamentale per i malati cronici. Quanto più è bassa, tanto più è alto il rischio di conseguenze per il paziente. Infatti aumenta il rischio di comorbidità, di acutizzazione della cronicità, di ospedalizzazione e di disabilità e perdita di autosufficienza.
Dalla ricerca emerge che 8 intervistati su 10 assumono farmaci per il trattamento della patologia di cui soffrono. La quota sale quasi a 10 su 10 nei pazienti con comorbidità. Dei pazienti sottoposti a terapie farmacologiche, il 55% assume due o più farmaci. Anche la frequenza di assunzione è elevata: l’87% almeno una volta e il 35% più volte al giorno.
Per non dimenticare di assumere il farmaco, il 66% degli intervistati mette in atto varie “strategie”, come ad esempio posizionare la confezione in un luogo specifico della casa, impostare sveglie, utilizzare promemoria sullo smartphone o app specifiche. Il restante 34% cerca semplicemente di ricordarsene affidandosi alla propria memoria. Il rischio che il farmaco possa essere dimenticato, soprattutto per questi ultimi, esiste e i dati della ricerca lo confermano: negli ultimi 6 mesi è successo al 71% degli intervistati.
Sono i giovani ad aderire meno alla terapia (82%). Nonostante oltre due terzi di loro abbia una strategia per ricordarsi di assumere il farmaco e circa un terzo usi strumenti digitali come promemoria sul telefono o sul computer, i pazienti tra i 30-40 anni sono coloro che più facilmente se ne dimenticano. Potrebbe incidere lo stile di vita più dinamico o la storia con la patologia più breve.
I pazienti intervistati ritengono utili le piattaforme e i servizi per gestire la terapia e promuovere il contatto con il medico o con altre figure coinvolte nel processo di cura. L’82% dei soggetti coinvolti ritiene un servizio digitale di questo tipo utile per migliorare la qualità della propria vita.
Cronicità e visite di controllo
Il percorso di cura del malato cronico prevede visite ed esami di controllo. I tempi di attesa del servizio sanitario pubblico inducono ad un ricorso sempre più frequente alle strutture private, convenzionate e non. Il malato cronico deve spesso gestire in autonomia le prenotazioni. Solo il 13% dei pazienti intervistati dichiara di ricevere un aiuto dal proprio centro medico di riferimento nel gestire la prenotazione inviando un promemoria per ricordare gli appuntamenti da fissare. Per non dimenticare prenotazioni e appuntamenti, alcuni (66%) mettono in atto strategie ricorrendo all’utilizzo di strumenti digitali (32%), quali promemoria e calendari su dispositivi mobili e computer, o affidandosi ai calendari cartacei (23%). Tuttavia, il 35% dei pazienti dichiara di aver dimenticato di prenotare almeno una visita negli ultimi 6 mesi. La maggior parte degli intervistati (74%) esprime apertura verso l’utilizzo di servizi e piattaforme digitali.
Gestione dei referti, tra cartaceo e digitale
Un altro aspetto è la gestione di referti medici e documenti in formati e supporti differenti, che secondo un terzo degli intervistati risulta difficile. Sebbene il digitale abbia iniziato a diffondersi (uso prevalente nel 25% del campione), predomina ancora l’uso del cartaceo (49%). Secondo il sondaggio, il 77% raccoglie i documenti cartacei in cartelline, mentre solo il 24% del campione archivia su computer o app. Il 71% dei pazienti dichiara interesse verso l’utilizzo di una piattaforma digitale per l’archiviazione dei documenti diagnostici.
La prenotazione di farmaci e visite avviene ancora prevalentemente di persona e/o al telefono, lo dichiara oltre l’80% degli intervistati. Più del 30% di coloro che non sono mai ricorsi ai canali digitali afferma però di aver scartato l’idea di utilizzare il servizio online non per scelta ma perché non disponibile. Il 26% non era a conoscenza dell’esistenza del servizio.
Per il ritiro di referti e la richiesta di prescrizioni e certificati medici, oltre il 50% del campione sceglie anche il canale digitale, principalmente siti web e posta elettronica. Tra coloro che invece preferiscono le modalità tradizionali di interazione, circa il 30% ritiene i canali digitali poco affidabili e teme per la privacy e la sicurezza dei propri dati.
Contatto fisico prevale sui consulti online
I consulti online registrano la percentuale più bassa. Solo il 19% degli intervistati ha utilizzato anche servizi web o app per consultare un medico negli ultimi sei mesi, a dimostrazione dell’importanza attribuita al contatto fisico rispetto a quello virtuale.
La comunicazione digitale non sempre passa attraverso canali adeguati. Le chat di messaggistica istantanea sono usate impropriamente per scambiare informazioni di natura sanitaria. Eppure le condizioni di utilizzo ne vietano espressamente l’impiego perché non vi è nessuna garanzia del rispetto dei principi del regolamento europeo GDPR. Questa modalità di comunicazione espone quindi il medico e la struttura sanitaria a rischi di natura medico-legale.
Oltre alla crescente richiesta di app di messaggistica e app specifiche (del centro medico, della farmacia, ecc.), tra le modalità d’interazione desiderate emerge l’interesse del 24% degli intervistati (in particolare nel 37% della fascia tra 51 e 60 anni) verso piattaforme dedicate alla comunicazione tra medici, farmacisti e pazienti, utilizzate attualmente solo dal 7% del campione.