Tempo di lettura: 4 minutiL’Italia è il Paese più vecchio d’Europa. Oggi gli over 65 sono il 23,5 per cento della popolazione e si prevede che una persona su tre lo sarà nel 2050. Questo cambiamento demografico potrebbe essere percepito come un freno ma, al contrario,gli over 65 “possono agire nella società come forza unificatrice”. Se n’è parlato nel Convegno “Intergenerazionalità, risorsa per le comunità” su iniziativa del Sen. Mario Occhiuto. La pandemia da Covid-19, che ha visto gli anziani come i soggetti più vulnerabili, ha allontanato le generazioni, a causa dell’isolamento necessario. Oggi, però, giovani e anziani in Italia, come emerge dall’indagine “Unifying Generations”, desiderano essere più vicini e “apprezzano reciprocamente il contributo che gli uni possono dare agli altri”.
37 per cento fa volontariato
Il 74 per cento degli over65 del nostro Paese aiuta economicamente figli e nipoti, il 37 per cento fa volontariato. Gli anziani sono un soggetto fondamentale nel welfare familiare e una componente attiva. L’85 per cento dei giovani giudica importante il sostegno fornito dagli anziani nella vita quotidiana.
L’83 per cento sia dei giovani sia degli anziani ritiene positiva una maggiore interazione fra gli uni e gli altri. I numeri smentiscono quindi lo stereotipo degli anziani come “peso” e di un conflitto intergenerazionale. Disegnano uno scenario in cui si impone la necessità di costruire la condizione per facilitare l’unione fra le generazioni. Significa creare un sistema sanitario che fronteggi l’invecchiamento della popolazione. Realizzare città che siano luoghi di incontro e di benessere, health city in cui si possa praticare movimento e attività fisica, che facilitino le relazioni e allo stesso tempo i sani stili di vita. E ancora, puntare sull’alfabetizzazione digitale per ridurre quel divario nell’uso delle tecnologie. L’incontro è realizzato in collaborazione con Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città, Fondazione Longevitas, Silver Economy Network, Edwards Lifesciences, Health City Institute, C14+.
Stile di vita over 65
“Gli anziani rappresentano una parte vitale della nostra popolazione e l’intergenerazionalità è una risorsa che la politica ha il dovere di incentivare. Occorre promuovere i sani stili di vita, perno delle politiche di prevenzione, e agire a partire dai contesti urbani, agevolando le persone a mantenere una vita attiva a tutte le età”, dichiara il Sen. Mario Occhiuto, Co-presidente Intergruppo Parlamentare Qualità della vita nelle città, Segretario VII Commissione del Senato. “Il nostro Intergruppo – continua – è già impegnato su questo fronte attraverso la firma, avvenuta nei mesi corsi, di un protocollo d’intesa sull’invecchiamento attivo con altre sette organizzazioni. Costituisce un’alleanza strategica per promuovere l’inclusione sociale, la vita attiva, la salute nelle città anche in una prospettiva “age-friendly” al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini in termini di sana longevità”.
“Il rapporto fra le diverse generazioni rappresenta una risorsa fondamentale del nostro Paese”, dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Co-presidente Intergruppo Parlamentare Qualità della vita nelle città, Vicepresidente della X Commissione del Senato. “Dall’incontro di oggi emerge uno scenario reale che è in netto contrasto con la narrazione predominante di un conflitto intergenerazionale. Al contrario, si delinea un quadro chiaro del contributo sociale ed economico fondamentale apportato dagli anziani, un contributo che è molto apprezzato dai giovani. La società spesso considera l’invecchiamento della popolazione come un problema, ma, invece, una popolazione anziana sana, attiva e impegnata può dare un contributo significativo a tutta la comunità”.
“Gli anziani rappresentano nel nostro Paese un supporto essenziale per le proprie famiglie, per la comunità locale e per la società in generale, sia dal punto di vista sociale sia economico”, dichiara l’On. Roberto Pella, Co-presidente Intergruppo Parlamentare Qualità della vita nelle città e Vicepresidente ANCI, Associazione nazionale comuni italiani, «Lungi dall’esserci un conflitto tra le generazioni, è comune convinzione che la tutela delle persone anziane si realizza attraverso sempre maggiori possibilità di interazioni e coesione intergenerazionali e che vi è la necessità di un continuum di servizi volti a favorire la dimensione della vita di relazione. Dobbiamo pensare alle nostre città come spazi che facilitino questo incontro, promuovendo e consolidando questo patto fra le generazioni, che rappresenta un pilastro per la crescita del nostro Paese. Gli imminenti decreti attuativi del Ddl Anziani siamo convinti andranno in questa direzione, dando finalmente corpo ai contenuti di una riforma che ha rappresentato una vera svolta in questo senso”.
“I dati del rapporto presentato oggi sono assolutamente incoraggianti”, dichiara Eleonora Selvi, Presidente Fondazione Longevitas. “L’ageismo è, purtroppo, un fenomeno innegabilmente presente nella nostra società, in sanità, dove assistiamo a discriminazioni nell’accesso all’assistenza sanitaria, nei luoghi di lavoro, nelle rappresentazioni dei media, nella pubblicità. Rafforzare i legami intergenerazionali rappresenta il miglior modo per contrastare questo fenomeno, e da questo punto di vista l’Italia, in ragione delle sue dinamiche demografiche, deve diventare un faro di civiltà e inclusione”.
“Il quadro che emerge dal rapporto presentato oggi offre elementi interessanti sul ruolo della popolazione anziana nella società e sul potenziale della solidarietà intergenerazionale, smentendo il luogo comune di un conflitto intergenerazionale e di una generazione più anziana che rappresenterebbe solo un peso per la società”, dichiara Ketty Vaccaro, Direttore Area Welfare e Salute Fondazione Censis, “Il contributo sociale ed economico apportato dagli anziani appare chiaro, come anche l’apprezzamento da parte della generazione più giovane rispetto a questo contributo e il desiderio che le relazioni intergenerazionali, già molto presenti nel nostro Paese, siano incentivate. L’invecchiamento della popolazione, che è un dato strutturale nel nostro contesto, va considerato ed affrontato in una chiave nuova, non solo sotto il profilo dell’equilibrio del welfare e delle innegabili necessità assistenziali ma anche come una conquista sociale ed una enorme potenzialità, che va supportata attraverso interventi che garantiscano una qualità di vita adeguata e facilitino la coesione intergenerazionale e tutti i benefici che ne derivano”.
“Vivendo più a lungo e in maniera più sana, è importante trasformare la percezione della generazione più anziana”, sottolinea Luigi Mazzei, Direttore Generale di Edwards Lifesciences Italia, “Il rapporto Unifying Generations, commissionato da Edwards Lifesciences, fa luce sul prezioso contributo sociale ed economico della popolazione anziana e dimostra l’importanza di proteggerne la salute e il benessere”.
Trekking in alta montagna, quali rischi per il cuore
News Presa, Prevenzione, SportApprofittando del bel tempo sono in molti che “scappano” dalla città per il week end e si dedicano a passeggiate ed escursioni in montagna. Tuttavia, se si sceglie di camminare su sentieri di montagna, è importante considerare alcune precauzioni, soprattutto se si hanno malattie cardiovascolari. Già, perché se è vero che sono moltissimi i benefici di una giornata di trekking (ancor più ad alta quota), è anche in presenza di fattori di rischio è bene prendere delle precauzioni.
Rischi per il cuore
Le persone con insufficienza cardiaca, cardiopatia ischemica, valvulopatie, ipertensione arteriosa o aritmie dovrebbero consultare il proprio cardiologo prima di intraprendere escursioni in alta quota. È essenziale valutare attentamente la situazione e prepararsi adeguatamente.
Altitudine
In alta quota, la minor disponibilità di ossigeno può mettere sotto stress il cuore, soprattutto per coloro che non sono abituati all’altitudine. L’organismo richiede un maggiore sforzo al cuore e ai polmoni per compensare la carenza di ossigeno. La ridotta capacità di utilizzare l’ossigeno a queste altitudini aumenta il rischio cardiovascolare. Il cambio di temperatura può portare a episodi di angina a freddo, soprattutto in persone con cardiopatia ischemica.
Sintomi
I sintomi del mal di montagna includono mal di testa, debolezza, nausea, mancanza di respiro e dolore toracico. Nelle persone con problemi cardiaci, è fondamentale prestare attenzione ai sintomi cardiologici come mancanza di respiro, dolore al petto, palpitazioni e sensazione di svenimento. In caso di tali sintomi, è importante cercare assistenza medica tempestivamente.
Precauzioni
Prima di un soggiorno in alta quota, evitare un periodo prolungato di sedentarietà. È consigliabile prepararsi fisicamente e adattarsi gradualmente alla montagna, con una salita graduale per valutare la capacità del corpo di sopportare lo sforzo senza sintomi. Una visita cardiologica con elettrocardiogramma è il primo passo per individuare eventuali problemi cardiaci e stabilire se sono necessari ulteriori accertamenti. Il cardiologo fornirà anche consigli personalizzati sulla terapia e i farmaci da portare in alta quota, tenendo conto del quadro clinico di ciascun paziente. Insomma, pianificare con cura e adottare precauzioni adeguate può garantire un’esperienza di camminata in montagna più sicura e gratificante per la salute.
20mln italiani con malattie della pelle, l’iniziativa
Benessere, News PresaUn terzo della popolazione nel nostro Paese ha problemi dermatologici. Si tratta di 20 milioni di italiani colpiti da psoriasi, eczemi o altre patologie cutanee. Le malattie della pelle spesso sono croniche e compromettono la salute e la qualità di vita. La prevalenza è in aumento anche per via dell’innalzamento dell’età media della popolazione, “sono indispensabili ulteriori risposte sanitarie e assistenziali che possono e devono derivare da adeguati, urgenti ed incisivi provvedimenti legislativi”. Così la Senatrice Daniela Sbrollini, ha spiegato la nascita dell’Intergruppo Parlamentare sulle Malattie Dermatologiche e la Salute della Pelle del quale è co-presidente, con il Sen. Renato Ancorotti.
“Le malattie dermatologiche includono un ampio spettro di condizioni, alcune delle quali possono essere croniche, recidivanti e infiammatorie, mentre altre possono essere acute o meno gravi”, ha spiegato il prof. Francesco Cusano, Presidente ADOI. “Rispetto a tutte è fondamentale però, oggi più che mai, considerare e approfondire non solo gli effetti estetici ed esteriori ma anche l’impatto esistenziale sulla vita dei pazienti. Indipendentemente dalla natura della condizione, è fondamentale per il nostro sistema sanitario adottare un approccio organizzativo-gestionale che sia informato da Linee Guida e Percorsi Diagnostico-terapeutici aggiornati”.
“Una regia istituzionale può garantire un’adeguata distribuzione dei finanziamenti alla ricerca finalizzata a studi ambientali, epidemiologici e patogenetici che sono necessari all’approfondimento della conoscenza delle malattie cutanee e di conseguenza allo sviluppo di strategie preventive e terapie avanzate”, ha detto il Prof. Marco Ardigò consigliere della Societa’ Italiana di Dermatologia e Venereologia (SiDeMaST).
Sulle problematiche socio-sanitarie è intervenuta Valeria Corazza, Presidente dell’Associazione Pazienti Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza (APIAFCO) e dell’ Alleanza italiana persone con psoriasi. “Se le molte sofferenze, le limitazioni imposte alla quotidianità, le complessità dell’accesso a diagnosi e a risposte sanitarie incisive fossero conosciute in modo adeguato, probabilmente i pazienti avrebbero visto nuove modalità gestionali della patologia, nuove linee guida, nuovi percorsi diagnostico-terapeutici”, ha ribadito. In altre parole, “avrebbero visto profilarsi una nuova era assistenziale per questa patologia che invece è ancora drammaticamente lontana. E’ questo lo spirito con il quale noi pazienti guardiamo all’impulso che questo Intergruppo Parlamentare potrà dare rispetto alle risposte che noi pazienti attendiamo da tanto tempo”.
Giornata della consapevolezza sulla balbuzie, quando intervenire
Associazioni pazienti, Medicina Sociale, News PresaLa balbuzie è spesso sottovalutata e non va confusa con le disfluenze dell’età evolutiva. Oggi 22 ottobre, si celebra la Giornata internazionale della consapevolezza sulla Balbuzie. Sul disturbo ruotano ancora molte false credenze, nonostante sia un fenomeno in crescita negli ultimi dieci anni.
Balbetta il 17% degli italiani (i maschi sono più colpiti, con un rapporto di 4:1 rispetto alle donne). Tra questi ci sono anche molti personaggi del mondo dello spettacolo. Infatti con la balbuzie si può convivere, senza compromettere qualsiasi ambito della vita. A fare la differenza è un intervento tempestivo multidisciplinare già da bambini, a un anno dalla comparsa del disturbo. Si può imparare a gestirla affidandosi al logopedista formato in balbuzie, e a uno psicologo, quando c’è un vissuto negativo nei confronti del disturbo.
In particolare, le manifestazioni della balbuzie cambiano da persona a persona, ma anche nello stesso soggetto possono variare lungo l’arco della vita in termini di frequenza, durata, tipologia e severità.
Balbuzie, ancora permane lo stigma
L’Osservatorio Voice Shaming, una iniziativa dell’associazione Vivavoce, ha messo in luce la discriminazione vocale che le persone balbuzienti affrontano, principalmente nell’ambito scolastico. Secondo un’indagine, il 99% dei partecipanti è stato deriso o umiliato a causa della voce.
Il campione di 205 persone balbuzienti, di età compresa tra 14 e 64 anni, ha dimostrato che l’ambiente scolastico è il più a rischio discriminazione, con il 73% dei casi. La balbuzie influisce sulla qualità della vita delle persone, spingendo molti a fare rinunce professionali e sociali.
L’indagine rivela che l’adolescenza è il periodo più critico. Il voice shaming si manifesta principalmente attraverso derisione (48% dei casi) e giudizio (32%), mentre è meno comune l’esposizione a violenze fisiche o verbali (4,3%).
Per coloro che subiscono il voice shaming, l’esperienza è spesso paragonabile a quella del bullismo. Le reazioni emotive riportate includono umiliazione (62%), senso di inadeguatezza (53%), rabbia (46%) e frustrazione (45%). La tattica difensiva più comune è la dissimulazione, con il 62% degli intervistati che ignora gli insulti e il 19% che finge di riderci sopra.
La Giornata Internazionale della Sensibilizzazione alla Balbuzie è un’occasione per riflettere e agire, per costruire un ambiente scolastico e sociale più inclusivo e rispettoso delle diversità, come ha sottolineato l’associazione in occasione della presentazione dei dati.
Malattie cardiovascolari, 80% evitabili. Algoritmo misura rischio
Alimentazione, Prevenzione, Stili di vitaLe malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte nel nostro Paese. La ricerca cerca di tracciare la strada per ridurre la mortalità. Secondo i dati, infatti, l’80% di questi decessi sono in gran parte prevenibili con uno stile di vita sano. Oggi sono disponibili algoritmi di valutazione del rischio cardiovascolare modificabile, ma sono tutti sviluppati e calibrati per le popolazioni degli Stati Uniti e dell’Europa settentrionale.
Nel contesto italiano è appena nato il Moli-sani Risk Score, un nuovo algoritmo per la prevenzione cardiovascolare, nell’ambito del Progetto Moli-sani. Si tratta di uno schema di punteggio numerico che valuta i vari fattori di rischio modificabili e quindi il beneficio ottenibile con strategie di prevenzione. I Risk score, quindi, aiutano i medici a identificare chi è a basso o alto rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, guidando decisioni cliniche.
L’algoritmo prende in considerazione i principali fattori di rischio: abitudine al fumo, dieta, livelli di colesterolo LDL e HDL, trigliceridi e glucosio, pressione arteriosa, massa grassa e attività fisica. Sono tutti ben conosciuti e, soprattutto, modificabili con semplici cambiamenti nel proprio stile di vita. Il Moli-sani Risk Score include nel calcolo il contributo della dieta mediterranea, riconosciuta per gli effetti benefici sulla salute del cuore.
Pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Cardiology, l’algoritmo è stato realizzato, nel contesto della Rete Cardiologica I.R.C.C.S., dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli. Il team ha collaborato con Mediterranea Cardiocentro di Napoli, Centro Cardiologico Monzino I.R.C.C.S. di Milano, Dipartimento di Biotecnologia medica e medicina traslazionale dell’Università di Milano, Laboratorio di prevenzione cardiovascolare dell’Istituto Mario Negri I.R.C.C.S. di Milano e Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università dell’Insubria di Varese.
Augusto Di Castelnuovo del Mediterranea Cardiocentro di Napoli ha spiegato: “Per quantificare al meglio il ruolo dei fattori di rischio cardiovascolare, il Moli-sani Risk Score è stato elaborato come una somma ponderata delle sue componenti, con pesi che riflettono la forza dell’associazione di ciascun fattore di rischio con il rischio cardiovascolare. Un’altra caratteristica dell’algoritmo è che ciascun fattore di rischio contribuisce in modo continuo al punteggio: il peso di un fattore aumenta quanto più il suo valore si discosta dal livello ottimale”.
Grazie a questo approccio ponderato e al focus sulle caratteristiche della popolazione italiana, il nuovo algoritmo potrà migliorare l’efficacia degli interventi di prevenzione.
“L’algoritmo – aggiunge Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. NEUROMED e Professore Ordinario di Igiene e Salute Pubblica all’Università dell’Insubria di Varese-Como – potrà essere utilizzato per progettare strategie di intervento, quantificarne l’efficacia e confrontare diversi approcci di prevenzione cardiovascolare. Ciò renderà più facile ai medici comunicare con le persone interessate. Sarà in particolare utilizzato nello studio di intervento CV-PREVITAL della Rete Cardiologica I.R.C.C.S. e sarà il primo interamente sviluppato in un Paese europeo, avendo quindi il potenziale per essere utilizzato in popolazioni che condividono caratteristiche simili”.
L’algoritmo, così come i suoi analoghi realizzati in altri Paesi, non è in grado di predire il rischio cardiovascolare globale a livello individuale, in quanto non tiene in considerazione fattori di rischio come età e sesso che non sono modificabili. Deve invece essere considerato come uno strumento per misurare il ruolo combinato dei vari fattori di rischio modificabili.
Sanità digitale e telemedicina, le sfide sul territorio
News Presa, Ricerca innovazioneIl digitale e la telemedicina sono tra i temi su cui ruotano le principali sfide della sanità del futuro. Se n’è parlato a Welfair 2023 – La fiera del fare Sanità, appena conclusa. Nel suo intervento, il prof. Antonio Gaddi, presidente della Società Italiana di Telemedicina ha ribadito: “in questo dialogo costante tra strutture centrali e regionali, le postazioni di Telemedicina non potranno essere vincolate in un punto dello spazio ma dovranno essere disseminate per seguire il cittadino nel suo diritto di spostarsi. Per questo la tutela del dato si accompagna alla sua mobilità. Per questo il tema della telemedicina è, prima di tutto, un tema di infrastruttura: efficace e protetta. È un percorso di anni che dipende dall’azione di molti soggetti istituzionali, ma serve l’apporto di co-produzione di tutte le imprese coinvolte.”
Per quanto riguarda il dato sanitario: “Oltre ad una sua archiviazione presso strutture centralizzate, il dato sanitario deve stare presso l’azienda sanitaria di riferimento che l’ha prodotto e deve poter essere poi visualizzato, usato, elaborato in tempi ragionevoli da chi, a valle, sia in grado di aiutare il percorso di cura del cittadino – ha detto il direttore di Assinter Italia, Maria Immacolata Cammarota.
“In altre parole, se io eseguo un esame radiologico presso la struttura sanitaria d’appartenenza, oggi, grazie alla nuova architettura digitale messa in campo dal nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico sono previsti dei filtri aziendali (gateway) che ‘puliscano’, codifichino e validino il dato o documento sanitario così da poter essere trasferito correttamente ad altri medici, altre strutture ospedaliere, altre Regioni. Le aziende sanitarie devono essere quindi in grado, nel quadro della prossima sanità digitale, di produrre il dato, validarlo e renderlo disponibile a chi, per le dovute finalità lo possa utilizzare – anche in Regioni diverse”.
Tra i punti emersi, ha detto Andrea Gallo, direttore responsabile Fasi, “il passaggio da diritto alla privacy a protezione del dato che, quando soddisfatte le condizioni di protezione, l’attuale GDPR consente di far circolare i dati fra gli attori del sistema sanitario”. In merito al PNRR, “probabilmente sono stati troppi i finanziamenti e gli investimenti finanziati di qualità non sempre eccellente, mettendo in secondo piano come poi le strutture dovranno effettivamente funzionare nel 2026. Infine – ha concluso – lo spinoso tema della formazione agli operatori sanitari coinvolti nel processo della sanità digitale”.
Microbi multiresistenti agli antibiotici causano +35% di mortalità
Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneI microbi multiresistenti agli antibiotici sono un’emergenza sanitaria con proiezioni preoccupanti. Il fenomeno è in crescita in tutta Europa e l’Italia è tra i Paesi con le peggiori performance, con 15mila morti l’anno a causa dei germi resistenti. Secondo i dati di settembre 2023 dello studio Alarico, su 17 ospedali italiani le infezioni da microrganismi multiresistenti carbapenetici causano un eccesso di mortalità fino al 35%. Da qui nasce il progetto Resistimit, una piattaforma realizzata dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT per combattere i microrganismi multiresistenti agli antibiotici.
L’iniziativa prevede il registro dinamico italiano sullo studio delle infezioni da germi multiresistenti. Coinvolge 30 centri infettivologici suddivisi tra Nord, Centro e Sud in un sistema di sorveglianza e una piattaforma software per la messa in rete dei dati. Questi ultimi, tramite intelligenza artificiale, diventeranno uno strumento anche per prevedere gli scenari futuri.
Microbi multiresistenti agli antibiotici, il progetto
Resistimit è nato a fine 2022 in dieci centri pilota, dislocati in tutte le aree del Paese: Roma con Spallanzani, Tor Vergata e Umberto I, Napoli con Cotugno e Federico II, Bari, Foggia, Palermo, Pisa, Varese, Modena, Perugia, Padova. “Il progetto ora si estende su 30 centri infettivologici a livello nazionale, dieci in ogni area geografica tra Nord, Centro e Sud – spiega il Prof. Marco Falcone, Segretario SIMIT – Queste 30 unità operative di malattie infettive svolgeranno un’attività di sorveglianza e condivideranno dati continuamente attualizzati su trend epidemiologici, caratteristiche dell’infezione, mortalità associata all’infezione e altri parametri utili. Oggetto di studio saranno batteri, funghi, virus e ogni altro microrganismo resistenti ai farmaci. I nostri centri clinici devono fornire ai decisori, compresa AIFA, un supporto tecnico-scientifico basato su dati di real-life per dimostrare efficacia e sicurezza dell’uso degli antibiotici nel nostro Paese. Gli antibiotici restano un prezioso strumento salvavita, ma devono essere usati con consapevolezza”.
La tecnologia
“La piattaforma software che utilizzeremo permetterà non solo di mettere in rete tutti i dati di real life, ma anche di determinare un sistema di analisi dei dati stessi tramite l’intelligenza artificiale con analisi predittive – evidenzia il Prof. Marco Falcone – Ciò significa che avremo la possibilità di anticipare le diagnosi, identificare il miglior trattamento, individuare i casi più complessi, fino a migliorare la gestione delle infezioni e ridurre la mortalità. Questo trasforma la ricerca da statica a dinamica”.
Gli ultimi dati proposti anche da OMS e ECDC confermano il trend peggiorativo dei germi multiresistenti in tutto il continente.“L’Italia resta il primo Paese europeo per numero di infezioni e di morti, con circa 15mila decessi l’anno stimabili come causati da microrganismi resistenti agli antibiotici – evidenzia il Prof. Marco Falcone. “Come indicato dai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050 l’antibiotico-resistenza sarà la prima causa di morte a livello globale, provocando 10 milioni di decessi. Nel nostro lavoro verranno utilizzati anche i dati della rete ALARICO (Advancing knowLedge on Antimicrobial Resistant Infections Collaboration Network), i cui recenti aggiornamenti di settembre 2023 relativi a 17 ospedali italiani attestano come le infezioni da microrganismi multiresistenti carbapenetici, i più difficili da trattare, causano, rispetto ai microrganismi sensibili a questi antibiotici, un eccesso di mortalità che può arrivare fino al 35%”.
“Con questo progetto si vuole fornire supporto sia ai clinici che alle istituzioni – sottolinea il Prof. Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT e coordinatore del progetto insieme al Prof. Falcone. Si affianca ai sistemi di sorveglianza ministeriali, ma si caratterizza per il valore aggiunto della gestione clinica, per la dinamicità, per gli interventi in real life. Si offre un prezioso strumento per analizzare nel dettaglio tutte le sfaccettature di questa problematica e per ottenere informazioni aggiornate sulle infezioni provocate da microrganismi multiresistenti”.
Il colera, tra medicina e cultura
News PresaEra il 28 agosto del 1973 quando a Torre del Greco si sviluppò il primo focolaio dell’infezione colerica che portò alla morte due donne all’ospedale Maresca. Subito partì una campagna di disinfezione nelle strade tra Napoli e provincia tra apprensione e timori della popolazione, sebbene il contagio facesse registrare numeri bassi nei decessi. In prima linea l’ospedale Domenico Cotugno, dedicato alle malattie infettive e diretto dal medico Ferruccio De Lorenzo, che ospitò oltre novecento ammalati e che fu visitato dall’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone di cui divenne celebre la fotografia che lo ritrasse mentre girava per i reparti dei convalescenti.
L’incontro
Un tema che, tra storia, sanità e cultura, sarà discusso mercoledì 25 ottobre a partire dalle 10.00 nella Sala del Lazzaretto dell’ex Ospedale della Pace a Napoli nel convegno “1973-2023 Napoli ai tempi del colera – Il Cotugno si racconta tra medicina e cultura” organizzato dal Museo delle Arti Sanitarie e dall’Azienda Ospedaliera dei Colli (Monaldi, Cotugno, C.T.O.) col patrocinio di Regione Campania, Comune di Napoli, Acosi (Associazione Culturale Ospedali Storici Italiani), Ordine dei Farmacisti di Napoli. Protagonisti saranno medici che a fine estate del 1973 hanno vissuto quei giorni drammatici in prima linea.
Accusa alle cozze
Vasta eco suscitò il colera anche all’estero. Utile fu la campagna vaccinale avviata il primo settembre in diversi luoghi della città. Nei pannelli della mostra ‘Pianeta Pandemia’ allestita nella Sala del Lazzaretto si vedono uomini e donne in fila in attesa del vaccino, e all’esterno della sede del Municipio issano cartelli con la scritta ‘Vogliamo il vaccino’. L’epidemia anche se contrastata dal vaccino ebbe ripercussioni politiche, economiche e urbanistiche a Napoli e nell’intera Campania.
Fake news e superstizioni
«Di questo si parla oggi, di una storia recente della città fatta di mille racconti con una risposta forte delle istituzioni e cittadini», dice il direttore scientifico del Museo di Arti Sanitarie, Gennaro Rispoli. «Ma è anche l’occasione di raccontare fake news e superstizioni e soprattutto il clima culturale che la città visse con difficoltà e ferma fierezza mentre il degrado fu occasione per sempre per bollare la nostra terra come terra del cholera morbus».
Impegno costante
«Ricordiamo i giorni difficili del Colera a Napoli – dice Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli – ma negli anni tante sono state le sfide che sono state raccolte dal personale del Cotugno. Un polo sanitario di eccellenza che da sempre è in prima linea nelle grandi emergenze: dal Colera, all’HIV fino ai recenti tempi del Covid. La storia di Napoli e della Campania si intreccia con quella del polo infettivologico della Campania. È importante continuare a tener vivo il ricordo ascoltando le voci di chi quei giorni li ha vissuti da protagonista. Coltiviamo la memoria per costruire il futuro».
Osteoporosi, dieta e stili di vita sani possono aiutare
Anziani, News Presa, PrevenzioneOggi (20 ottobre) ricorre la giornata mondiale per la prevenzione dell’osteoporosi. Una patologia della quale si sente parlare spesso, ma che non tutti poi conoscono realmente. Proviamo allora a fare un po’ di chiarezza e, magari, a dare qualche utile consiglio per salvarsi le ossa. Iniziamo col dire che l’osteoporosi è una condizione che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Il problema è che spesso passa inosservata fino a quando non si verificano fratture o problemi di salute correlati.
Fragili come il vetro
Si tratta insomma di una malattia scheletrica, caratterizzata da una diminuzione della densità minerale ossea. Questo rende le ossa fragili come il vetro. La struttura interna delle ossa diventa porosa e meno densa, il che aumenta il rischio di fratture, soprattutto a livello delle anche, della colonna vertebrale e del polso.
Fattori di Rischio
Tra le cause di questa malattia c’è in primis l’età: l’osteoporosi colpisce infatti con maggior frequenza le persone anziane, in particolare le donne dopo la menopausa. Con l’invecchiamento, la densità ossea tende a diminuire. Altro fattore predisponente è il genere. Come detto le donne sono più suscettibili all’osteoporosi rispetto agli uomini, in gran parte a causa dei cambiamenti ormonali. Poi, la storia familiare: se si hanno parenti stretti che hanno sofferto o soffrono di osteoporosi il rischio di sviluppare la malattia è maggiore. Infine, una dieta povera di vitamina D, la sedentarietà e stili di vita non sani possono contribuire in modo negativo.
Sintomi
L’osteoporosi è spesso definita “il ladro silenzioso delle ossa” perché spesso non causa sintomi evidenti fino a quando non si verificano fratture. Tuttavia, alcuni segnali di avvertimento possono includere:
La gestione dell’osteoporosi comprende una combinazione di cambiamenti nello stile di vita, farmaci e terapie preventive. Ecco alcune opzioni di trattamento comuni:
Malanni dell’autunno: i falsi miti sull’alimentazione
Alimentazione, Benessere, News PresaL’autunno e il calo delle temperature porta i primi malanni di stagione. L’alimentazione, come sempre, può venire in aiuto. Gli elementi nutrizionali, infatti, sono alleati della prevenzione, sebbene ci siano falsi miti diffusi. L’autore del Metodo Bianchini, basato sulla reazione chimica degli alimenti, spiega come fare chiarezza tra le false credenze.
Alimentazione contro i malanni di stagione
Per prevenire o affrontare i primi malanni di stagione, si può iniziare dalla scelta di quello che mangiamo, spiega Paolo Bianchini. “Un’alimentazione antinfiammatoria è utile per prevenire ogni tipo di disturbo e patologia. Il piatto antinfiammatorio per eccellenza – precisa Bianchini, consulente nutrizionale e nutraceutico e autore del metodo omonimo – è costituito da proteine e un contorno abbondante di verdure verdi o cipolle, condito con olio extra vergine d’oliva e spezie come curcuma, pepe, peperoncino, aglio”.
Falsi miti diffusi
Alcuni alimenti aiutano ad affrontare il cambio di stagione, alleviando i sintomi e rinforzando il sistema immunitario. Tuttavia, ci sono luoghi comuni molto diffusi. Eccone alcuni:
Lo zenzero utilizzato per insaporire le pietanze o per preparare tisane è ideale per combattere le malattie da raffreddamento?
VERO. “Lo zenzero, infatti, è ricco di vitamina C, vitamina B6, micronutrienti come magnesio, potassio, rame, manganese, fibre e acqua. Molti studi in vivo hanno dimostrato la capacità di questa radice di sopprimere le citochine pro-infiammatorie e di ridurre l’induzione dei geni infiammatori”.
Per combattere l’influenza e i malanni di stagione una tazza di brodo caldo può aiutare?
VERO. “È una fonte perfetta di nutrimenti utili a tonificare il nostro sistema naturale di difesa. Contiene proteine, grassi, vitamine e sostanze quali creatina, xantina, sali minerali, come ferro, calcio, selenio, zinco, magnesio e potassio”.
In caso di raffreddore e mal di gola gli infusi sono corroboranti ma non svolgono alcuna azione specifica?
FALSO. “Le tisane a base di cannella, per esempio, sono un ottimo rimedio. La cannella è antisettica, battericida e disinfettante e risulta particolarmente valida a combattere le affezioni del cavo orale e delle vie respiratorie. Ottima soprattutto in associazione con lo zenzero”.
È vero che se hai mal di gola è meglio evitare l’aglio perché irrita le mucose?
FALSO. “L’aglio è una fonte di antiossidanti e dei precursori di una molecola, l’allicina, dotata di attività antibatterica, antivirale e antimicotica“.
Le cipolle aiutano a contrastare i disturbi delle vie respiratorie?
VERO. “Le cipolle prevengono e combattono le congestioni nasali e respiratorie, hanno proprietà antistaminiche, antibatteriche, antinfiammatorie e antisettiche”.
Sarebbe meglio escludere le uova dalla dieta per qualche giorno quando si è malati?
FALSO. “Le uova hanno ottime proprietà nutrizionali e contribuiscono a rifornire l’organismo di vitamine e sali minerali utili a soddisfare i fabbisogni delle cellule. Inoltre sono ricche di micronutrienti che supportano il buon funzionamento del sistema immunitario”.
È vero che le verdure della famiglia delle brassicacee sono le più ricche di nutrienti essenziali per il benessere e allontanare malanni?
VERO. “In particolare cavolo nero, broccoli, cavolini di Bruxelles e rucola sono tra le verdure che contengono il maggior numero di nutrienti considerati essenziali per la salute: potassio, calcio e fosforo, vitamina A, C e K. Per quanto riguarda la vitamina C le quantità sono: cavolo nero (120 mg), broccoli (93 mg), cavolini di bruxelles (85 mg), rucola (110mg), il tutto su 100gr”.
Silver economy, è over 65 il 23,5 degli italiani
Anziani, Economia sanitaria, News Presa, Nuove tendenzeL’Italia è il Paese più vecchio d’Europa. Oggi gli over 65 sono il 23,5 per cento della popolazione e si prevede che una persona su tre lo sarà nel 2050. Questo cambiamento demografico potrebbe essere percepito come un freno ma, al contrario,gli over 65 “possono agire nella società come forza unificatrice”. Se n’è parlato nel Convegno “Intergenerazionalità, risorsa per le comunità” su iniziativa del Sen. Mario Occhiuto. La pandemia da Covid-19, che ha visto gli anziani come i soggetti più vulnerabili, ha allontanato le generazioni, a causa dell’isolamento necessario. Oggi, però, giovani e anziani in Italia, come emerge dall’indagine “Unifying Generations”, desiderano essere più vicini e “apprezzano reciprocamente il contributo che gli uni possono dare agli altri”.
37 per cento fa volontariato
Il 74 per cento degli over65 del nostro Paese aiuta economicamente figli e nipoti, il 37 per cento fa volontariato. Gli anziani sono un soggetto fondamentale nel welfare familiare e una componente attiva. L’85 per cento dei giovani giudica importante il sostegno fornito dagli anziani nella vita quotidiana.
L’83 per cento sia dei giovani sia degli anziani ritiene positiva una maggiore interazione fra gli uni e gli altri. I numeri smentiscono quindi lo stereotipo degli anziani come “peso” e di un conflitto intergenerazionale. Disegnano uno scenario in cui si impone la necessità di costruire la condizione per facilitare l’unione fra le generazioni. Significa creare un sistema sanitario che fronteggi l’invecchiamento della popolazione. Realizzare città che siano luoghi di incontro e di benessere, health city in cui si possa praticare movimento e attività fisica, che facilitino le relazioni e allo stesso tempo i sani stili di vita. E ancora, puntare sull’alfabetizzazione digitale per ridurre quel divario nell’uso delle tecnologie. L’incontro è realizzato in collaborazione con Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città, Fondazione Longevitas, Silver Economy Network, Edwards Lifesciences, Health City Institute, C14+.
Stile di vita over 65
“Gli anziani rappresentano una parte vitale della nostra popolazione e l’intergenerazionalità è una risorsa che la politica ha il dovere di incentivare. Occorre promuovere i sani stili di vita, perno delle politiche di prevenzione, e agire a partire dai contesti urbani, agevolando le persone a mantenere una vita attiva a tutte le età”, dichiara il Sen. Mario Occhiuto, Co-presidente Intergruppo Parlamentare Qualità della vita nelle città, Segretario VII Commissione del Senato. “Il nostro Intergruppo – continua – è già impegnato su questo fronte attraverso la firma, avvenuta nei mesi corsi, di un protocollo d’intesa sull’invecchiamento attivo con altre sette organizzazioni. Costituisce un’alleanza strategica per promuovere l’inclusione sociale, la vita attiva, la salute nelle città anche in una prospettiva “age-friendly” al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini in termini di sana longevità”.
“Il rapporto fra le diverse generazioni rappresenta una risorsa fondamentale del nostro Paese”, dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Co-presidente Intergruppo Parlamentare Qualità della vita nelle città, Vicepresidente della X Commissione del Senato. “Dall’incontro di oggi emerge uno scenario reale che è in netto contrasto con la narrazione predominante di un conflitto intergenerazionale. Al contrario, si delinea un quadro chiaro del contributo sociale ed economico fondamentale apportato dagli anziani, un contributo che è molto apprezzato dai giovani. La società spesso considera l’invecchiamento della popolazione come un problema, ma, invece, una popolazione anziana sana, attiva e impegnata può dare un contributo significativo a tutta la comunità”.
“Gli anziani rappresentano nel nostro Paese un supporto essenziale per le proprie famiglie, per la comunità locale e per la società in generale, sia dal punto di vista sociale sia economico”, dichiara l’On. Roberto Pella, Co-presidente Intergruppo Parlamentare Qualità della vita nelle città e Vicepresidente ANCI, Associazione nazionale comuni italiani, «Lungi dall’esserci un conflitto tra le generazioni, è comune convinzione che la tutela delle persone anziane si realizza attraverso sempre maggiori possibilità di interazioni e coesione intergenerazionali e che vi è la necessità di un continuum di servizi volti a favorire la dimensione della vita di relazione. Dobbiamo pensare alle nostre città come spazi che facilitino questo incontro, promuovendo e consolidando questo patto fra le generazioni, che rappresenta un pilastro per la crescita del nostro Paese. Gli imminenti decreti attuativi del Ddl Anziani siamo convinti andranno in questa direzione, dando finalmente corpo ai contenuti di una riforma che ha rappresentato una vera svolta in questo senso”.
“I dati del rapporto presentato oggi sono assolutamente incoraggianti”, dichiara Eleonora Selvi, Presidente Fondazione Longevitas. “L’ageismo è, purtroppo, un fenomeno innegabilmente presente nella nostra società, in sanità, dove assistiamo a discriminazioni nell’accesso all’assistenza sanitaria, nei luoghi di lavoro, nelle rappresentazioni dei media, nella pubblicità. Rafforzare i legami intergenerazionali rappresenta il miglior modo per contrastare questo fenomeno, e da questo punto di vista l’Italia, in ragione delle sue dinamiche demografiche, deve diventare un faro di civiltà e inclusione”.
“Il quadro che emerge dal rapporto presentato oggi offre elementi interessanti sul ruolo della popolazione anziana nella società e sul potenziale della solidarietà intergenerazionale, smentendo il luogo comune di un conflitto intergenerazionale e di una generazione più anziana che rappresenterebbe solo un peso per la società”, dichiara Ketty Vaccaro, Direttore Area Welfare e Salute Fondazione Censis, “Il contributo sociale ed economico apportato dagli anziani appare chiaro, come anche l’apprezzamento da parte della generazione più giovane rispetto a questo contributo e il desiderio che le relazioni intergenerazionali, già molto presenti nel nostro Paese, siano incentivate. L’invecchiamento della popolazione, che è un dato strutturale nel nostro contesto, va considerato ed affrontato in una chiave nuova, non solo sotto il profilo dell’equilibrio del welfare e delle innegabili necessità assistenziali ma anche come una conquista sociale ed una enorme potenzialità, che va supportata attraverso interventi che garantiscano una qualità di vita adeguata e facilitino la coesione intergenerazionale e tutti i benefici che ne derivano”.
“Vivendo più a lungo e in maniera più sana, è importante trasformare la percezione della generazione più anziana”, sottolinea Luigi Mazzei, Direttore Generale di Edwards Lifesciences Italia, “Il rapporto Unifying Generations, commissionato da Edwards Lifesciences, fa luce sul prezioso contributo sociale ed economico della popolazione anziana e dimostra l’importanza di proteggerne la salute e il benessere”.