Tempo di lettura: 3 minutiIl corpo umano ha sistemi molto efficienti per riconoscere il “self” ovvero le cellule proprie dell’organismo. In questo modo i meccanismi di difesa riescono a centrare il bersaglio. Tuttavia, alcune volte qualcosa può minare questo equilibrio e possono iniziare le malattie autoimmuni. Succede quando il “programma di tolleranza” che governa l’equilibrio delle difese si altera. Una ricerca italiana ha fatto chiarezza sul perché il sistema difensivo in alcune persone si altera: cioè si scatena contro le cellule cardiache e le attacca. Si tratta di uno dei risvolti del long covid, per questo gli studiosi prevedono sviluppi per terapie future dei postumi dovuti al Covid-19.
Long Covid, se il sistema immunitario combatte contro se stesso
Nel corpo circolano migliaia di cellule immunitarie in grado di riconoscere e potenzialmente attaccare i propri organi e tessuti. Tuttavia esiste un “programma di tolleranza” che, se attivo, impedisce l’aggressione nei confronti di se stesso.
Uno studio condotto dai ricercatori di Humanitas apre la strada a una migliore comprensione del Long Covid. La ricerca ha coinvolto pazienti con postumi cardiaci da Covid. I risultati pubblicati sulla rivista Circulation dimostrano come l’incontro di alcune di queste cellule immunitarie con SARS-CoV-2 sia in grado di spegnere accidentalmente il programma di tolleranza, scatenando le cellule contro il tessuto cardiaco. Il meccanismo autoimmune identificato, che può persistere per mesi dopo la fine dell’infezione, potrebbe spiegare anche altri sintomi associati a questa patologia.
Long Covid e cuore
La metà dei pazienti ricoverati per COVID-19 con alti livelli di troponina (un indicatore di danno al tessuto cardiaco) presentano anomalie nella risonanza magnetica cardiaca anche a 6 mesi dalla guarigione.
“Le complicanze cardiovascolari sono frequenti nei pazienti guariti da COVID-19, soprattutto in chi ha sofferto di una forma grave dell’infezione – spiega il prof. Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas e docente Humanitas University.
Il danno subito da organi e tessuti a seguito di un’infezione come COVID-19 può essere spiegato attraverso due fenomeni, anche coesistenti. Il primo è l’aggressione diretta da parte del virus e il danno collaterale dovuto alla risposta immunitaria scatenata dal virus e poi rivolta – erroneamente – contro il tessuto. «Il secondo fenomeno è in grado di spiegare il danneggiamento di tessuti che SARS-CoV-2 non ha attaccato direttamente – continua il prof. Condorelli. Oltre a spiegare perché questo danno persista anche dopo l’infezione, cioè quando il virus non è più presente, come accade nel Long Covid».
La perdita di tolleranza immunologica
Per capire cosa succede nel caso di complicanze cardiovascolari, i ricercatori hanno coinvolto pazienti ricoverati in Humanitas con COVID-19. Si sono concentrati in particolare su chi, a distanza di 6 mesi dalle dimissioni, mostrava un danno cardiaco alla risonanza magnetica, pur non avendo una storia pregressa di malattie cardiovascolari.
“Analizzando i campioni di questi pazienti abbiamo scoperto un’attivazione anomala di alcuni tipi di globuli bianchi – le cellule B, quelle deputate a produrre gli anticorpi – e abbiamo identificato la presenza di alcuni auto-anticorpi che riconoscono i tessuti del cuore”. “Questi auto-anticorpi sono assenti nei pazienti ricoverati con COVID-19 ma senza danni cardiaci e sono sufficienti a scatenare una reazione autoimmune contro il cuore – spiegano i ricercatori Marco Cremonesi e Arianna Felicetta, primi autori dello studio.
I dati, seppur indicativi e su un piccolo numero di pazienti, confermano l’ipotesi dei ricercatori: “il danno cardiaco è compatibile con un meccanismo chiamato ‘perdita di tolleranza immunologica’– spiega il prof. Marinos Kallikourdis, capo del Laboratorio di Immunità Adattiva di Humanitas e docente Humanitas University.
Può spiegare altre reazioni nel long covid
Secondo gli scienziati, durante l’infezione da COVID-19 alcune cellule immunitarie fatte per riconoscere i tessuti vengono accidentalmente stimolate dall’incontro con il virus e spengono “il freno” che, in condizioni normali, impedisce loro di aggredire il proprio organismo.
“La perdita di tolleranza immunologica potrebbe spiegare anche la varietà dei sintomi del Long COVID: benché si tratti di un meccanismo singolo, può infatti produrre conseguenze cliniche molto diverse tra loro, a seconda del tipo di specificità delle cellule immunitarie che perdono la tolleranza dopo l’incontro con SARS-CoV-2 – continua Kallikourdis -. Ciò significa che lo stesso meccanismo potrebbe spiegare altre reazioni autoimmuni, ad esempio contro il tessuto nervoso, tipiche del Long Covid”.
Se ulteriormente confermati, i risultati, oltre al ruolo dell’immunità nelle malattie cardiache, possono dimostrare l’efficacia di alcuni farmaci immunomodulanti nel trattamento dei pazienti Covid.
Il team di ricercatori
La ricerca nasce dal lavoro congiunto tra il gruppo di Marinos Kallikourdis, a capo del Laboratorio di Immunità Adattiva di Humanitas, e il gruppo di Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas, con il supporto del team di Marco Francone, responsabile dell’Imaging Cardiovascolare di Humanitas, tutti e tre docenti presso Humanitas University. Lo studio è stato possibile anche grazie al sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca e di Fondazione Umberto Veronesi ETS.
Il lavoro è frutto dell’impegno scientifico di Humanitas nella comprensione del Long Covid che ha portato anche ai recenti risultati, della ricerca pubblicata sulla rivista Clinical Infectious Diseasese e coordinata da Maria Rescigno e Alberto Mantovani, in cui si dimostra l’efficacia della vaccinazione anti-COVID-19 nel ridurre la durata dell’infezione e nel prevenire l’insorgenza del Long Covid, a ulteriore conferma di un precedente articolo firmato dallo stesso gruppo su JAMA nel 2022.
Long Covid e danni al cuore, come il sistema immunitario attacca cellule
Covid, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneIl corpo umano ha sistemi molto efficienti per riconoscere il “self” ovvero le cellule proprie dell’organismo. In questo modo i meccanismi di difesa riescono a centrare il bersaglio. Tuttavia, alcune volte qualcosa può minare questo equilibrio e possono iniziare le malattie autoimmuni. Succede quando il “programma di tolleranza” che governa l’equilibrio delle difese si altera. Una ricerca italiana ha fatto chiarezza sul perché il sistema difensivo in alcune persone si altera: cioè si scatena contro le cellule cardiache e le attacca. Si tratta di uno dei risvolti del long covid, per questo gli studiosi prevedono sviluppi per terapie future dei postumi dovuti al Covid-19.
Long Covid, se il sistema immunitario combatte contro se stesso
Nel corpo circolano migliaia di cellule immunitarie in grado di riconoscere e potenzialmente attaccare i propri organi e tessuti. Tuttavia esiste un “programma di tolleranza” che, se attivo, impedisce l’aggressione nei confronti di se stesso.
Uno studio condotto dai ricercatori di Humanitas apre la strada a una migliore comprensione del Long Covid. La ricerca ha coinvolto pazienti con postumi cardiaci da Covid. I risultati pubblicati sulla rivista Circulation dimostrano come l’incontro di alcune di queste cellule immunitarie con SARS-CoV-2 sia in grado di spegnere accidentalmente il programma di tolleranza, scatenando le cellule contro il tessuto cardiaco. Il meccanismo autoimmune identificato, che può persistere per mesi dopo la fine dell’infezione, potrebbe spiegare anche altri sintomi associati a questa patologia.
Long Covid e cuore
La metà dei pazienti ricoverati per COVID-19 con alti livelli di troponina (un indicatore di danno al tessuto cardiaco) presentano anomalie nella risonanza magnetica cardiaca anche a 6 mesi dalla guarigione.
“Le complicanze cardiovascolari sono frequenti nei pazienti guariti da COVID-19, soprattutto in chi ha sofferto di una forma grave dell’infezione – spiega il prof. Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas e docente Humanitas University.
Il danno subito da organi e tessuti a seguito di un’infezione come COVID-19 può essere spiegato attraverso due fenomeni, anche coesistenti. Il primo è l’aggressione diretta da parte del virus e il danno collaterale dovuto alla risposta immunitaria scatenata dal virus e poi rivolta – erroneamente – contro il tessuto. «Il secondo fenomeno è in grado di spiegare il danneggiamento di tessuti che SARS-CoV-2 non ha attaccato direttamente – continua il prof. Condorelli. Oltre a spiegare perché questo danno persista anche dopo l’infezione, cioè quando il virus non è più presente, come accade nel Long Covid».
La perdita di tolleranza immunologica
Per capire cosa succede nel caso di complicanze cardiovascolari, i ricercatori hanno coinvolto pazienti ricoverati in Humanitas con COVID-19. Si sono concentrati in particolare su chi, a distanza di 6 mesi dalle dimissioni, mostrava un danno cardiaco alla risonanza magnetica, pur non avendo una storia pregressa di malattie cardiovascolari.
“Analizzando i campioni di questi pazienti abbiamo scoperto un’attivazione anomala di alcuni tipi di globuli bianchi – le cellule B, quelle deputate a produrre gli anticorpi – e abbiamo identificato la presenza di alcuni auto-anticorpi che riconoscono i tessuti del cuore”. “Questi auto-anticorpi sono assenti nei pazienti ricoverati con COVID-19 ma senza danni cardiaci e sono sufficienti a scatenare una reazione autoimmune contro il cuore – spiegano i ricercatori Marco Cremonesi e Arianna Felicetta, primi autori dello studio.
I dati, seppur indicativi e su un piccolo numero di pazienti, confermano l’ipotesi dei ricercatori: “il danno cardiaco è compatibile con un meccanismo chiamato ‘perdita di tolleranza immunologica’– spiega il prof. Marinos Kallikourdis, capo del Laboratorio di Immunità Adattiva di Humanitas e docente Humanitas University.
Può spiegare altre reazioni nel long covid
Secondo gli scienziati, durante l’infezione da COVID-19 alcune cellule immunitarie fatte per riconoscere i tessuti vengono accidentalmente stimolate dall’incontro con il virus e spengono “il freno” che, in condizioni normali, impedisce loro di aggredire il proprio organismo.
“La perdita di tolleranza immunologica potrebbe spiegare anche la varietà dei sintomi del Long COVID: benché si tratti di un meccanismo singolo, può infatti produrre conseguenze cliniche molto diverse tra loro, a seconda del tipo di specificità delle cellule immunitarie che perdono la tolleranza dopo l’incontro con SARS-CoV-2 – continua Kallikourdis -. Ciò significa che lo stesso meccanismo potrebbe spiegare altre reazioni autoimmuni, ad esempio contro il tessuto nervoso, tipiche del Long Covid”.
Se ulteriormente confermati, i risultati, oltre al ruolo dell’immunità nelle malattie cardiache, possono dimostrare l’efficacia di alcuni farmaci immunomodulanti nel trattamento dei pazienti Covid.
Il team di ricercatori
La ricerca nasce dal lavoro congiunto tra il gruppo di Marinos Kallikourdis, a capo del Laboratorio di Immunità Adattiva di Humanitas, e il gruppo di Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas, con il supporto del team di Marco Francone, responsabile dell’Imaging Cardiovascolare di Humanitas, tutti e tre docenti presso Humanitas University. Lo studio è stato possibile anche grazie al sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca e di Fondazione Umberto Veronesi ETS.
Il lavoro è frutto dell’impegno scientifico di Humanitas nella comprensione del Long Covid che ha portato anche ai recenti risultati, della ricerca pubblicata sulla rivista Clinical Infectious Diseasese e coordinata da Maria Rescigno e Alberto Mantovani, in cui si dimostra l’efficacia della vaccinazione anti-COVID-19 nel ridurre la durata dell’infezione e nel prevenire l’insorgenza del Long Covid, a ulteriore conferma di un precedente articolo firmato dallo stesso gruppo su JAMA nel 2022.
Medicina estetica cura, rischi da interventi trasformativi
News PresaCon i social media ogni canone estetico dettato dal momento diventa raggiungibile con un filtro. Questa possibilità può creare una dissociazione tra il sé reale e quello online. Una tendenza che mette a rischio soprattutto le fasce più vulnerabili, come quella degli adolescenti, fino a spingere molte ragazzine a rivolgersi al chirurgo per apparire come sui social. Basta fare un giro sulle varie piattaforme per capire la portata del fenomeno e i rischi connessi. I numeri li riporta la Società Italiana di Medicina Estetica che prende posizione contro gli interventi estetici fatti per moda.
Sono oltre 71 milioni, per esempio, le visualizzazioni su TikTok per il tag #rinofiller. Nove milioni e mezzo quelle per #rinofillertransformation e 12,1 milioni per #rinofillermilano, cui seguono molti altri tag sullo stesso tema.
Sui social nessuno parla di rischi
Si tratta di “numeri impressionanti – avverte il prof. Emanuele Bartoletti, presidente della Società Italiana di Medicina Estetica (SIME) – ma sui social media mancano informazioni complete sui trattamenti di medicina estetica, inclusi i rischi, gli effetti collaterali e le reazioni avverse. Foto e video sono spesso alterate da filtri, informazioni fuorvianti e ideati per scopi commerciali non dichiarati”.
“La medicina estetica – ribadisce Bartoletti – è una disciplina medica che realizza un programma di medicina sociale, preventiva, curativa e riabilitativa al servizio della collettività. Il suo scopo ultimo è la costruzione e la ricostruzione dell’equilibrio psicofisico individuale. Eppure, negli ultimi anni purtroppo, abbiamo assistito ad una trasformazione di questo concetto determinata da una spinta consumistica eccessiva della quale anche questa disciplina è stata vittima”. Invece riguarda anche il trattamento delle disgrazie fisiche e delle alterazioni estetiche costituzionali, ricordano gli specialisti. Inoltre tratta le sequele inestetiche delle malattie e degli incidenti traumatici, la prevenzione dell’invecchiamento e tanto altro.
Medicina estetica non “trasformativa”
“È evidente come la vera Medicina Estetica – che è necessario far conoscere a colleghi medici, pubblico ed istituzioni – vada a sfatare l’idea sbagliata ma sempre più diffusa, che si tratti, invece, di una disciplina trasformativa, che cambia i tratti della persona seguendo canoni innaturali e artificiali troppo spesso assecondando i desideri alla moda delle singole persone – prosegue il presidente della SIME.
La bellezza pronta e subito, la trasformazione, l’inseguire una giovinezza a tutti i costi hanno reso molti pazienti delle maschere grottesche e dirette verso un’omologazione che nulla ha a che vedere con la medicina. A questo purtroppo ha portato anche una “disponibilità” di medici non preparati a esaudire in maniera acritica tutte le richieste dei pazienti. Un messaggio, questo, che porteremo con forza anche alla Fiera Welfair 2023, organizzata da Fiera Roma”.
Diagnosi strutturata e corretta informazione
“Con la tavola rotonda a Welfair 2023 SIME – Società Italiana di Medicina Estetica vuole dunque ribadire con forza il ruolo della medicina estetica: una Medicina soprattutto preventiva ed educativa, che non può prescindere da un approccio diagnostico strutturato necessario a mettere poi in atto un programma di manutenzione e un programma di correzione che coinvolga solo i difetti estetici esistenti dovuti a malformazioni costituzionali o ai segni dell’invecchiamento, oltre che curare patologie ad evoluzione cronica”.
“Quello che ci proponiamo – continua il presidente SIME – è far nascere una nuova stagione di corretta informazione e comunicazione sanitaria tra tutti gli stakeholders perchè un’idea sbagliata di Medicina Estetica può avere gravi ripercussioni. È facile capire come un medico estetico non possa improvvisarsi solo dopo aver frequentato dei corsi online o dei weekend aziendali sull’uso dei filler, ma dovrà investire tempo per poter acquisire e metabolizzare tutte le nozioni scientifiche che devono far parte del suo bagaglio culturale affidandosi a corsi specifici e completi anche nel training pratico, come quelli quadriennali organizzati dalle Società Scientifiche o a Master Universitari. Solo affidandosi a questi medici un paziente sano che si rivolge alla Medicina Estetica non rischierà di “ammalarsi” per una terapia errata, mal condotta o senza indicazione”.
Il tema verrà affrontato a Welfair 2023 dal 18 al 20 ottobre 2023, “un nuovo format di fiera sanitaria – spiega il co-organizzatore Claudio Lo Tufo, – concepito per generare processi di cambiamento facendo confrontare su temi specifici tutti gli attori della filiera”.
“È quindi importante che Welfair 2023 abbia collocazione nella Capitale, dove si incontrano i più autorevoli livelli della governance e della politica sanitaria nazionale e regionale – conclude Fabio Casasoli, Amministratore Unico di Fiera Roma”.
Covid, serve chiarezza: ecco i sintomi
Covid, News Presa, PrevenzioneQuali sono i sintomi del Covid? La domanda potrebbe sembrare banale, ma non lo è. A causa del susseguirsi di mutazioni e di varianti, anche i sintomi cambiano di frequentemente. Oggi più che mai si devono cancellare le bufale sul Covid e far emergere la realtà dei fatti. Mal di testa intenso e un mal di gola persistente sono ad oggi i campanelli d’allarme ai quali prestare attenzione in fatto di Covid.
Da Pirola a Eris
La variante che ha rovinato l’estate a centinaia di migliaia di vacanzieri è Pirola. Una mutazione del virus (la BA.2.86) che non ha destato grandi preoccupazioni. Due studi svolti indipendentemente dall’Università di Pechino e dal Karolinska Institutet di Stoccolma hanno osservato come Pirola sia stata meno contagiosa delle altre in circolazione, benché capace di sfuggire alla risposta immunitaria. Eris (variante EG.5) sta rubando la scena per la sua diffusività, nonostante non sembri in grado di procurare danni significativi. I suoi sintomi predominanti sono la febbre alta, il mal di gola, e forti dolori articolari e muscolari.
Vaccini
Quello che in molti ora si chiedono è: bisogna fare il vaccino per il Covid? Infettivologi e medici di famiglia non hanno dubbi, i vaccini sono ancora essenziali. In modo particolare, l’Ema sostiene che il vaccino sarà essenziale per garantire un’elevata protezione contro queste nuove varianti del Covid. Questa versione aggiornata del vaccino sarà adatta sia per gli adulti che per i bambini a partire dai 6 mesi di età. Gli adulti e i bambini di almeno 5 anni che necessitano della vaccinazione dovrebbero ricevere una singola dose, senza tener conto del loro stato vaccinale precedente.
Sicurezza
Nonostante oggi gli scettici sui vaccini siano molti meno che in passato, ancora ci si chiede se i vaccini siano sicuri. Il Ministero della Salute ribadisce che non si corre alcun rischio. I vaccini vengono infatti autorizzati solo dopo un’attenta valutazione del profilo di sicurezza in base agli studi effettuati nella fase di sperimentazione. In ogni caso, il profilo di sicurezza viene continuamente monitorato anche dopo l’autorizzazione. Inoltre, l’Agenzia italiana del farmaco pubblica report periodici sulla farmacovigilanza dei vaccini Covid-19.
Neurostimolazione per spegnere l’emicrania
News Presa, Ricerca innovazioneSpegnere l’emicrania attraverso la neurostimolazione, senza l’uso di farmaci. Il progetto coordinato dall’Università di Pisa promette di cambiare in meglio la vita di moltissime persone nel mondo. Solo in Italia sono infatti centinaia di migliaia i pazienti che devono combattere ogni giorno con nevralgie spesso invalidanti. Un passo in avanti epocale, se il progetto porterà ai risultati attesi, perché in questo modo si potrà evitare l’assunzione continua di farmaci antidolorifici e antinfiammatori.
Il prototipo
Il progetto “Tara” punta alla realizzazione di un prototipo di neurostimolatore che potrà essere impiantato sottopelle. Il dispositivo sarà simile a un piccolo cilindro dotato di elettrodi da inserire fra collo e nuca, capace, tramite una centralina esterna, di dialogare con una app per gestire e controllare la generazione degli impulsi. Il tutto impiantato senza bisogno di ricorrere alla chirurgia. L’app consentirà ai pazienti di monitorare il proprio stato di salute e di scegliere i programmi di neurostimolazione più adatti in accordo con lo specialista.
Partnership
Il progetto Tara – si legge in una nota dell’Università di Pisa – è stato finanziato per un totale di circa 6 milioni di euro. Una somma importante, della quale ben 358mila destinati all’Ateneo pisano. Iniziato nel 2022, il progetto dura tre anni e coinvolge un consorzio internazionale e multidisciplinare. Il pool comprende esperti di ingegneria elettronica, ingegneria biomedica, informatica e medicina. Oltre all’Università di Pisa, i partner coinvolti sono nove: Capri Medical (Irlanda), Sensichips srl (Italia), Univerzitetni klinicni center Maribor (Slovenia), Brai3n (Belgio), Skein-Ukraine (Ucraina). E ancora, Crowdhelix (Irlanda), South Tees Hospitals Nhs Foundation Trust (Regno Unito), Centre for Process Innovation (Regno Unito), European Society of Regional Anaesthesia and Pain Therapy (Svizzera). Una partnership internazionale grazie alla quale, si spera, sarà possibile usare la neurostimolazione per spegnere l’emicrania, che può essere legata alla cause più disparate.
Chi è
Un ruolo chiave nel progetto lo riveste Massimo Piotto, impegnato da più di 20 anni nella ricerca relativa allo sviluppo di sensori integrati, Micro Electro-Mechanical Systems (MEMS) e interfacce elettroniche per sensori. Ha partecipato a numerosi progetti nazionali e internazionali e fa parte del gruppo di ricerca UNIPI “Integrated Circuits and Sensors (ICS)” del professore Paolo Bruschi come responsabile del laboratorio “Integrated Sensor Systems (ISS)” del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione.
Violenza sulle donne, Fiss: esperti formati per nuove generazioni
Adolescenti, Medicina Sociale, Prevenzione, PsicologiaLa violenza sulle donne continua a essere una piaga sociale da affrontare con urgenza. I femminicidi, gli stupri, le aggressioni denunciate e raccontate sono solo una piccola parte di un fenomeno che spesso si consuma nel silenzio delle mura domestiche e può consumarsi anche tra i banchi di scuola. E con la violenza sommersa l’Italia non può fare i conti ma il sistema di protezione sta crescendo. Crescono infatti le richieste di aiuto al numero telefonico 1522 antiviolenza e antistalking. In tutte le regioni esistono 373 Centri Antiviolenza (Cav) e 431 Case Rifugio. Le donne che cercano protezione da abusi fisici e psicologici sono è in continuo aumento. Nei centri operatrici e volontarie sono in prima linea a sostegno delle donne vittime di soprusi. Il fenomeno viene monitorato dal 2017 dall’Istat e dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Educare nuove generazioni per contrastare violenza
La Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (Fiss) ha chiesto a Governo e Ministeri di avvalersi delle figure competenti e di accelerare sulle linee guida per l’educazione sessuale. “La cultura del cambiamento contro la violenza passa dalla costruzione di una Etica del rispetto e delle relazioni corrette – ha ribadirlo il Consiglio direttivo Fiss.
“Come Federazione – afferma il Consiglio -, ci battiamo da tanti anni per avere anche in Italia una educazione sessuale e affettiva formando persone in grado di occuparsi di questi temi importanti: gli esperti in educazione sessuale e affettiva e i consulenti sessuali. Siamo sempre stati convinti che dobbiamo formare professionisti capaci di lavorare a scuola, nei consultori, negli spazi giovani, nel rapporto con i genitori e con gli adulti autorevoli, perché nessuno deve isolare le generazioni”.
Le linee guida OMS
“Alcuni anni fa la FISS si è occupata della traduzione e adattamento all’Italia delle Linee Guida per l’educazione sessuale in Europa dell’OMS, giungendo, attraverso un composito tavolo di lavoro, ad una proposta di linee di indirizzo nazionali per l’educazione all’affettività, alla sessualità e alla salute riproduttiva nelle scuole, attualmente in itinere presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito e il Ministero della Salute. “Queste linee guida – conclude il Consiglio direttivo della Federazione -, che delineano i principali obiettivi e contenuti riferiti alle diverse fasce di età, dalla scuola d’infanzia alle scuole secondarie di secondo grado, una volta varate, costituirebbero un valido strumento di promozione della salute sessuale e riproduttiva, di educazione al rispetto e di prevenzione della violenza”.
Con innovazione farmaceutica -40% di morti in Italia per malattie croniche in 20 anni
Eventi d'interesse, Farmaceutica, News PresaIn Italia la mortalità per patologie croniche si è ridotta del 40% negli ultimi vent’anni grazie all’innovazione farmaceutica. Le persone vive dopo una diagnosi di tumore in 10 anni sono aumentate di un milione. Nel 2022, nel nostro Paese il settore farmaceutico si è confermato fra quelli a più alto tasso di innovazione, con investimenti pari a 3,3 miliardi di euro, di cui 1,4 destinati agli impianti di produzione e 1,9 alla ricerca e sviluppo. Il settore oggi rappresenta il 2% del PIL ma potrebbe generare ulteriore ricchezza e crescita economica con un contesto più favorevole ad aumentare gli investimenti dall’estero e a sostenere la ricerca e l’innovazione. Il punto è stato fatto di recente al Forum di Cernobbio 2023, a partire da una nuova governance, da un diverso modello di finanziamento della spesa farmaceutica pubblica e da un Piano Nazionale delle Life Sciences.
L’innovazione in Italia
Nel 2022 l’Italia ha raggiunto un valore di produzione farmaceutica di oltre 49 miliardi di euro. Le aziende a capitale estero costituiscono un motore trainante e un forte stimolo per l’innovazione, con un’incidenza in termini di valore della produzione maggiore del 60%. Per la prima volta sono resi disponibili i “numeri” generati dall’attività economica di queste imprese, pubblicati nel Libro bianco (“Aumentare l’attrazione degli investimenti esteri per la competitività del Sistema-Italia – Quale strategia per l’industria farmaceutica”), realizzato da The European House-Ambrosetti in collaborazione con Iapg (associazione delle aziende farmaceutiche italiane a capitale americano) e Eunipharma (gruppo delle aziende farmaceutiche italiane a capitale europeo e nipponico) e presentato recentemente alla 49° edizione del Forum Ambrosetti a Cernobbio. Un altro elemento che distingue il settore è la forza lavoro qualificata, con il 54% degli occupati laureati (rispetto al 21% rilevato nell’industria) e un’occupazione femminile superiore agli altri settori, attestandosi al 44% rispetto al 29% della media manifatturiera e raggiungendo il 53% nella R&S.
Il Libro bianco – si legge in una nota – evidenzia come 47 aziende associate a Iapg ed Eunipharma generino un valore della produzione pari a 29,3 miliardi di euro nel 2022 (60% dell’intero settore), in crescita a ritmi superiori rispetto ai parametri di riferimento. Nell’ultimo anno, il contributo complessivo (diretto, indiretto e indotto) di queste aziende al PIL è stato pari a 19,8 miliardi di euro, un valore superiore all’1% dell’intero PIL nazionale. Il contributo passa anche dagli investimenti: 2,1 miliardi nel 2022 in produzione e ricerca (il 61% degli investimenti del settore).
Investire in salute
“Per aumentare l’attrattività e la competitività dell’Italia a livello internazionale nel settore farmaceutico – ha affermato Nicoletta Luppi, presidente dello Iapg – è urgente definire una nuova governance della spesa farmaceutica. Il meccanismo del payback farmaceutico ha rappresentato di fatto negli anni un co-finanziamento della spesa sanitaria pubblica che trasferisce sulle imprese l’onere del surplus di spesa, fissando a priori un tetto che non tiene conto dell’evoluzione dei bisogni di salute e dei trend demografici e dell’innovazione generata dalle aziende”. “Investire in salute e attrarre risorse per l’innovazione farmaceutica – spiega Luppi – rappresenta oggi un’indifferibile priorità strategica in uno scenario demografico preoccupante in Italia, oltre a rappresentare una risorsa per la crescita economica”.
“All’interno di un contesto globale sempre più competitivo – ha sottolineato Lorenzo Wittum, chairman di Eunipharma – è fondamentale che il Paese garantisca condizioni politico-istituzionali, normative e industriali in grado di favorire ulteriori investimenti rispetto a quelli già pianificati per i prossimi anni. L’industria del farmaco e l’innovazione trasferita con le notevoli conoscenze che la R&S comporta non può non essere parte integrante di un processo di sviluppo del Paese. Il nostro settore è pronto ad agire per cogliere tutte le opportunità che supportino gli investimenti esteri in Italia, ma ha bisogno di un intervento chiaro per superare ciò che ha limitato l’attrattività in questi anni, come il livello di impatto che il payback ha già raggiunto e che in previsione andrà ad aumentare, la necessità di una riforma di Aifa in linea con gli standard europei, la semplificazione normativa e maggiori strumenti a supporto degli investimenti in R&S”.
I rischi nascosti della meningite
Bambini, Genitorialità, News Presa, PediatriaDopo le ultime rivelazioni sulla morte della 27enne Valeria Fioravanti, la cui meningite fu scambiata per una cefalea e poi, a un secondo controllo, per una lombosciatalgia, si sono riaccesi i riflettori sui rischi – spesso nascosti – di questa malattia. Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene dell’Università Vita-Salute San Raffaele, ricorda che in Italia la malattia è endemica. Fortunatamente, si tratta di una patologia poco contagiosa, ma con un alto rischio di morte se la diagnosi non arriva in tempo.
Incidenza in calo
Fortunatamente, gli ultimi dati resi noti dall’Istituto Superiore di Sanità evidenziano un calo delle infezioni nel nostro Paese nel triennio 2019-2021. In particolare, l’incidenza della meningite da meningococco è scesa dallo 0,32 a 0,04 casi ogni 100mila abitanti. L’ultimo report, risalente al 2021, precisa che nel nostro Paese i casi da meningococco sono stati 26, da meningite pneumococcica ammontano a 480 e da emofilo risultano 67. I tre tipi di meningite si sono tutti dimostrati in crescente diminuzione rispetto agli anni precedenti.
I sintomi
Resta un problema enorme arrivare a una diagnosi precoce, perché i sintomi sono spesso aspecifici. Il mal di testa è uno dei sintomi più importanti, ma è anche vero che è un sintomo molto poco specifico, può insorgere per tantissime altre cause. Oltre al mal di testa si possono presentare rigidità della nuca, febbre, senso di confusione, annebbiamento mentale, sonnolenza. In alcuni casi si può manifestare anche vomito.
I vaccini
Lo specialista sottolinea come oggi ci siano le armi per prevenirla, si pensi ai vaccini per la forma meningicoccica sia A, che C, che B. Ma non sempre i genitori scelgono la profilassi. In molti casi manca un’informazione corretta sui vaccini, in altri i pregiudizi spingono i genitori a considerare le vaccinazioni inutili e potenzialmente dannose. Un problema tutt’altro che risolto sul quale è importante mantenere alta la guardia.
Epilessia farmaco-resistente, Aifa rende rimborsabile cura orale
FarmaceuticaSi stima siano circa 600 mila gli italiani con epilessia, una malattia neurologica tra le più diffuse. La prevalenza è di circa l’uno per cento e colpisce in maniera indistinta entrambi i sessi, provocando crisi improvvise. La patologia ancora oggi porta con sé uno stigma sociale che spinge spesso pazienti e familiari a nasconderla. Le cause dell’epilessia possono essere varie così come la scelta della cura.
L’Agenzia Italiana del Farmaco ha appena reso rimborsabile in classe A l’unica terapia disponibile per l’epilessia nei casi in cui il trattamento standard con uno o più farmaci anticrisi non abbia funzionato. Si tratta della sospensione orale di clobazam, indicata per adulti e bambini a partire da un mese di età.
«Si osservano due picchi di incidenza: il primo in età prescolare e il secondo, in crescita considerato anche l’aumento dell’età media della popolazione, negli anziani e grandi anziani. Alla base delle crisi possono esserci molte cause, tanto che sarebbe più appropriato parlare di epilessie piuttosto che di epilessia. Il tipo di epilessia influenza la scelta della terapia farmacologica, ma oggi, oltre a questo, è sempre più importante tenere in considerazione anche altri fattori come l’età, il genere, la presenza di altre malattie e quindi l’uso di altri farmaci che possono interagire con i trattamenti. Tra questi, l’età è particolarmente importante. Ad esempio, bisogna considerare che i bambini possono avere difficoltà a deglutire le compresse e, soprattutto per loro, è necessario scegliere un farmaco, oltre che efficace, anche in grado di non interferire con lo sviluppo cognitivo», spiega Laura Tassi, Presidente della LICE – Lega Italiana Contro l’Epilessia.
Epilessia nei bambini
Trattare le epilessie in età pediatrica risulta complesso perché le forme sono molto eterogenee. Inoltre i trattamenti disponibili hanno una bassa specificità, infatti sono pochi i farmaci anticrisi raccomandati dalle linee guida autorizzati anche in età pediatrica. Il farmaco a sospensione orale è ad oggi l’unico indicato a partire da un mese di età per tutti i tipi di crisi epilettiche, quando i trattamenti di prima linea sono inefficaci o non tollerati in bambini, giovani e adulti.
«Il clobazam è una delle benzodiazepine più prescritte per il trattamento delle epilessie farmaco-resistenti. La sospensione orale, adesso rimborsabile, presenta delle caratteristiche che la rendono una formulazione ‘a misura di bambino’ e, in generale, di pazienti con difficoltà a deglutire», dichiara Pasquale Striano, Direttore dell’Unità Operativa di Neurologia Pediatrica e Malattie Muscolari, IRCCS Istituto ‘G. Gaslini’ e Professore di Pediatria presso il Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili (DINOGMI), Università di Genova. «Un altro aspetto clinico rilevante è la possibilità di modulare in modo più graduale e accurato il dosaggio – aggiunge.
Nonostante i molti progressi compiuti nella gestione delle persone con epilessia, circa uno su tre continua a soffrire di crisi refrattarie a combinazioni multiple di farmaci antiepilettici. Il mancato controllo delle crisi impatta in modo negativo sui pazienti sia dal punto di vista clinico sia della qualità di vita. In molti studi, sia su popolazione adulta sia pediatrica, la terapia aggiuntiva ha dimostrato di ridurre significativamente la frequenza delle crisi epilettiche.
Infermieri in fuga: meglio dimettersi
Economia sanitaria, News PresaSono centinaia gli infermieri che chiedono di essere trasferiti per riavvicinarsi a casa e, se questo non è possibile, non esitano a dimettersi. È ormai un vero e proprio caso quello della fuga dal Nord degli infermieri, esasperati da un costo della vita che continua a salire. Così, in molti preferiscono rinunciare a un posto fisso, piuttosto che lavorare con turni massacranti solo per pagare le spese. In particolare, pronto soccorso e reparti nevralgici, soprattutto di Emilia Romagna e Liguria, stanno perdendo infermieri che si dimettono per tornare al Sud.
Stipendi inadeguati
A denunciare questo incredibile fenomeno è il presidente nazionale del sindacato Nursing Up, Antonio De Palma, che parla di una situazione ormai molto complessa. Nonostante la situazione degli ospedali del Sud non è migliore che al Nord, sottolinea De Palma, questa emorragia non conosce fine. Colpa di stipendi che nella maggior parte dei casi non arrivano a superare i 1.400 euro al mese, certamente troppo poco per città come Bologna o Milano.
Verso il Sud
Si registra quindi un esodo di infermieri verso le strutture del Sud, nonostante il caos dei pronto soccorso è lo stesso, peggiore e insostenibile è la situazione delle violenze perpetrate durante le ore notturne ai danni degli operatori sanitari. “Se nel 2022 avevamo evidenziato una situazione preoccupante per regioni come Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Veneto, con ben 1530 dimissioni di operatori sanitari, per la maggior parte infermieri – sottolinea De Palma – adesso nell’occhio del ciclone ci sono Emilia Romagna e Liguria”.
I numeri
Il dato dell’Ausl di Bologna è emblematico, solo negli ultimi giorni sono arrivate ben 18 dimissioni, senza preavviso, da parte di infermieri, per un totale di ben 40 dimissioni negli ultimi tre mesi. Lo scorso anno dall’azienda sanitaria bolognese sono usciti 270 infermieri, mentre nel 2021, erano stati 180. Solo in piccola parte si tratta di pensionamenti programmati, mentre per oltre il 50% sono dimissioni.
Mancanza di iscrizioni
Non a caso sempre meno giovani scelgono la professione: l’ateneo genovese, al corso di scienze infermieristiche si troverà per la prima volta ad avere più posti, 460, rispetto ai 448 candidati. C’è stato solo un flebilissimo aumento di assunzioni, poco più del 2% (Ufficio Statistiche del Ministero Salute, 2021). Una situazione problematica, insomma, che rischia di aggravarsi con l’andar del tempo e che da mesi spinge medici e personale sanitario a protestare con il Governo.
Hiv ma non solo, infezioni in aumento spesso senza diagnosi
News Presa, PrevenzioneLe infezioni sessuali sono cresciute negli ultimi dieci anni nel mondo arrivando a circa un milione l’anno. Il trend è in forte aumento anche in Italia e riguarda in particolare i giovani.
La salute sessuale è un diritto che va garantito durante tutta la vita, dall’adolescenza e alla terza età, ha ribadito l’Oms. Ciò non significa solo avere rapporti sicuri, evitando la trasmissione di infezioni, ma anche avere relazioni sessuali sane e pienamente consensuali. Lo ha ricordato l’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione della giornata internazionale di oggi, 4 settembre, promossa dalla World Association for Sexual Health.
Hiv, hpv e non solo. Le infezioni sessuali
Non solo hiv, ma anche sifilide, clamidia, gonorrea e papilloma virus: il sesso non protetto è veicolo per malattie che possono procurare infezioni croniche e complicanze a lungo termine. Nel nostro Paese, il Sistema di sorveglianza sentinella coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, dal 1991 al 2021 ha segnalato 151.384 nuovi casi di infezioni, con un aumento costante a partire dal 2005 e un rallentamento nel 2020 a causa dell’emergenza Covid. La fascia di età più colpita è quella tra i 15 e i 24 anni.
L’aumento rilevante, osservato in Italia nell’ultimo decennio, in particolare tra i giovani – ha spiegato Barbara Suligoi, responsabile del sistema di sorveglianza Ist dell’Iss – indica la scarsa consapevolezza e l’insufficiente informazione del cittadino. “La patologia più diagnosticata sono i condilomi – ha sottolineato – sono causati dal virus del papilloma umano e sono pertanto prevenibili dalla vaccinazione anti-HPV, che previene anche vari tumori ano-genitali”.
La maggior parte di queste infezioni sono curabili se diagnosticate e trattate tempestivamente, altrimenti si corre un grave rischio di conseguenze a distanza di tempo, come problemi durante la gravidanza, sterilità e tumori. “Per questo – ha ribadito – è importante rivolgersi tempestivamente al medico e in presenza di qualsiasi disturbo a livello genitale”.
Spesso asintomatiche ma con conseguenze
Spesso queste infezioni possono restare asintomatiche a lungo, ma si possono prevenire evitando rapporti non protetti con partner di cui non si conosce lo stato di salute, ha spiegato Suligoi.
Salute sessuale però vuol dire anche altro, per l’Organizzazione mondiale della Sanità: “è un diritto” e “fa parte di una vita normale e sana”. Un concetto inserito anche nell’ultima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie, che per la prima volta contiene un capitolo sulla salute sessuale. “Ci si è impegnati molto finora sulla prevenzione delle malattie, senza riconoscere come il sesso sicuro significhi anche promuovere l’intimità, il piacere, il consenso e il benessere”, ha affermato la Lianne Gonsalves, del programma speciale dell’Oms dedicato al tema.
“Il diritto alla salute sessuale – ricorda il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) – è negato quando il sesso è avvolto nella vergogna e nell’ignoranza, o legato alla coercizione, all’abuso o allo sfruttamento”, ma anche quando manca l’accesso alla contraccezione. Per questo, la Giornata mondiale della salute sessuale quest’anno mette in luce l’importanza del consenso (#Consent), rendendolo il claim dell’iniziativa. “Il consenso è un elemento cruciale di qualsiasi incontro sessuale sano e dobbiamo educare noi stessi e gli altri su cosa significhi”, scrive la World Association for Sexual Health. Questo passa anche “per il rispetto delle scelte di ciascuno in materia, indipendentemente dal genere e dall’orientamento”.