Tempo di lettura: 4 minutiIn Europa, secondo il report OMS 2022, più di un adulto su 2 e più di un bambino su 3 convivono con sovrappeso o obesità. Almeno 2,8 milioni di adulti muoiono ogni anno a causa di questa patologia e delle sue conseguenze. Inoltre l’obesità è causa di morte prematura ed è collegata ad almeno 200 complicanze tra cui diabete di tipo 2, tumori, ipertensione, dislipidemia, malattia coronarica e apnee ostruttive. Comparati a soggetti normopeso, gli individui obesi hanno 12 volte il rischio di sviluppare quattro o più malattie correlate.
Nonostante i numeri e la minaccia crescente che rappresenta per la sostenibilità socio-sanitaria ed economica del Paese, per molto tempo la malattia non è stata riconosciuta come una patologia prioritaria nelle agende politiche.
Obesità, emergenza globale
L’obesità è una delle principali sfide sanitarie globali con tassi di crescita e impatti tanto allarmanti da portare l’Organizzazione Mondiale della Sanità a coniare il termine “Globesità”. Il fenomeno è in sensibile aumento e riguarda più dell’11% della popolazione, mentre il 33% dei cittadini risulta in sovrappeso.
Si tratta di un problema sociale e sanitario in rapida crescita, specie nei Paesi a medio-alto reddito. Nel mondo un miliardo di persone convive con l’obesità. Le proiezioni ipotizzano al 2035 che metà della popolazione mondiale ne sarà affetta.
Percezione della patologia
L’85% degli italiani la considera una patologia complessa, associata a molteplici cause (genetiche, endocrino-metaboliche, ambientali, comportamentali) e non semplicemente una conseguenza di alimentazione e stili di vita scorretti. Il 73% la ritiene una delle malattie più diffuse e una delle principali cause di mortalità. Circa la metà degli italiani (49%) è consapevole che è una malattia cronica e un fattore di rischio per altre patologie, meno di un terzo (29%) la reputa conseguenza di cattive abitudini e solo il 4% un mero problema estetico.
Sono alcuni dei dati che emergono dal documento “Obesità in Italia. Percezioni, costi e sfide per il futuro” realizzato da IPSOS, I-COM e Università del Piemonte Orientale (UPO) con il contributo incondizionato di Lilly, presentati a Venezia nel corso dell’evento “Obesità: percezioni, ostacoli e strategie – Il modello Italia tra scienza e politica”, a margine del Congresso Europeo sull’Obesità – ECO 2024.
Ruolo degli stereotipi
Negli anni si sono consolidate due visioni opposte nell’opinione pubblica riguardo alla patologia. La prima è orientata a ritenerla esclusiva responsabilità dell’individuo, l’altra a riconoscerla come vera e propria malattia altamente complessa e per questo meritevole di cure e servizi. Il prevalere della prima ha prodotto un fiorire di stereotipi, radicati nel comune sentire, che minano il riconoscimento della malattia come reale stato patologico e colpevolizzano le persone con obesità, alimentando lo stigma sociale e clinico.
La ricerca rivela che sono le stesse persone con obesità ad avere ancora più radicate certe convinzioni negative. Infatti, nel 74% delle persone che si definiscono obese prevale la percezione di non riuscire a controllare l’appetito, mentre il 66% di esse si addossa la responsabilità personale dell’eccesso di grasso.
La consapevolezza dell’impatto della patologia appare unanime anche tra le Istituzioni, che esprimono forte consenso per possibili investimenti mirati in prevenzione, sensibilizzazione e cura, che potrebbero ridurre l’incidenza, con un impatto positivo sulla spesa pubblica attraverso la riduzione di costi diretti e indiretti ad essa associati.
Impatto economico
Si stima che ridurre il tasso della patologia del solo 5% porterebbe ad una riduzione annuale del 5,2% nei costi economici globali tra il 2020 e il 2060.
“L’obesità in termini di impatto clinico e spesa medica per il trattamento, rappresenta una sfida che se non affrontata finirà per condizionare le generazioni future con importanti ricadute negative sulla società e sul servizio sanitario nazionale – sottolinea Umberto Agrimi, Direttore del Dipartimento Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità. Si prevede che l’impatto economico dell’obesità raggiungerà, in media, l’8,4% della spesa sanitaria totale nei paesi OCSE nel 2050. I costi sanitari diretti dell’obesità, secondo l’European Health Interview Survey (EHIS), si attestano tra il 2,4% e il 4,8% della spesa sanitaria complessiva nei Paesi ad alto reddito.
In Italia i costi totali ammontano a 13,34 miliardi di euro nel 2020 (0,8% del PIL) di cui 59% di costi sanitari diretti e 41% di costi indiretti, con un contributo simile imputabile ad assenteismo e presenteismo e conseguente perdita di produttività. Il costo medio dei farmaci per le persone in sovrappeso o obese rispettivamente è da 2 a 2,5 volte superiore al costo sostenuto per persone normopeso. Il costo medio annuo di una persona con obesità ammonta a 1.166.52 euro. L’obesità ha quindi un peso economico significativo e comporta un aumentato ricorso a beni e servizi sanitari; inoltre, l’obesità comporta un pesante costo individuale in termini di deterioramento della qualità di vita”.
Obesità e presa in carico
L’indagine rileva che il 72% degli italiani attribuisce un grado di responsabilità alle Istituzioni per il vuoto legislativo presente e il 42% riconosce responsabilità imputabili anche ai medici. Occorre una strategia nazionale coraggiosa e integrata che consideri l’obesità una priorità per l’agenda pubblica non solo sanitaria ma anche politica.
Cappellacci: obesità impatta su aspettativa di vita
“L’obesità è una malattia potenzialmente mortale e capace di ridurre in modo considerevole l’aspettativa di vita attraverso complicanze severe di varia natura – commenta Ugo Cappellacci, Presidente Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati – in questi anni recenti è cresciuta la sensibilità e l’attenzione dei decisori politici su questa patologia, grazie anche alla collaborazione con esperti nazionali e internazionali e le Associazioni dei pazienti.
Al momento è in esame alla Camera Dei Deputati una proposta di legge che ha la finalità di riconoscere l’obesità come grave malattia cui dedicare attenzione e risorse, per garantire una strategica ed efficace azione di prevenzione, contrasto e cura. L’iter è complesso ma i rappresentanti dei diversi schieramenti politici sono impegnati in uno sforzo collaborativo e partecipativo inteso a migliorare la qualità di vita delle persone con obesità. Auspichiamo che l’intenso lavoro porti in tempi brevi risultati concreti”.
Monti: incoraggiare esercizio fisico
“L’obesità è un fenomeno in crescita nel nostro Paese, soprattutto tra i giovani. Corretta informazione, sensibilizzazione e campagne per educare ad adottare abitudini alimentari sane, incoraggiare l’esercizio fisico e promuovere politiche che rendano più accessibili le scelte alimentari salutari, soprattutto tra le fasce più a rischio di popolazione, sono azioni assolutamente prioritarie – aggiunge Emanuele Monti, Presidente Commissione Welfare Regione Lombardia, e chiude – come ricordato anche dall’Onorevole Cappellacci, massima attenzione e grande impegno delle istituzioni in questo senso per rispondere alla sfida e ai bisogni di salute delle persone”.
Sclerosi tuberosa: colpisce 1 bambino su 6.000
BambiniLa sclerosi tuberosa è una malattia genetica rara. Non è una malattia della quale si sente parlare spesso, benché colpisca un bambino ogni 6.000 nuovi nati. È dovuta all’alterazione di uno dei geni (TSC1 o TSC2) che contengono le informazioni necessarie per produrre le proteine che contribuiscono a impedire lo sviluppo di tumori. Questa malattia, infatti, è caratterizzata dalla formazione di tumori benigni multipli (amartomi) localizzati prevalentemente a livello cerebrale, renale, cardiaco, polmonare e cutaneo. Le manifestazioni cliniche variano da soggetto a soggetto; nei casi più complessi possono portare a disabilità gravi, impattando notevolmente sulla qualità di vita dei bambini e delle loro famiglie.
Ospedale Bambino Gesù
Sono oltre 150 i bambini e i ragazzi con sclerosi tuberosa assistiti al Bambino Gesù negli ultimi 3 anni. Si tratta di una delle più ampie casistiche a livello nazionale di pazienti pediatrici affetti da questa malattia genetica rara che colpisce diversi organi con manifestazioni cliniche anche molto gravi. Nella Giornata internazionale di sensibilizzazione sulla malattia (mercoledì 15 maggio) l’Ospedale Pediatrico della Santa Sede ospita l’incontro scientifico per specialisti e famiglie promosso dall’Associazione Sclerosi Tuberosa, alla presenza del prof. John Bissler, nefrologo di fama internazionale.
Sclerosi tuberosa: la diagnosi
La diagnosi precoce, già in epoca prenatale, prima della comparsa dei sintomi, permette ai clinici di identificare diversi segni di allarme e, quindi, di mitigare il decorso della malattia. Non esiste al momento una cura specifica e risolutiva, tuttavia, grazie alla ricerca scientifica e alla disponibilità di nuovi farmaci, è possibile trattare in modo efficace le singole manifestazioni e complicanze. Considerato il numero degli organi coinvolti e l’estrema variabilità dei sintomi, al Bambino Gesù la gestione dei pazienti è multidisciplinare.
I dati
Sono oltre 150, negli ultimi 3 anni, i bambini e i ragazzi affetti da sclerosi tuberosa assistiti al Bambino Gesù, la maggior parte dei quali di età compresa tra i 6 e i 14 anni. Nel periodo considerato sono stati disposti 620 ricoveri e day hospital, vale a dire una media di 4 ospedalizzazioni a paziente. Nel 45% dei casi, si tratta di bambini che arrivano da fuori regione Lazio per accedere al percorso multidisciplinare dedicato alla patologia.
Équipe dedicata
All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Centro di riferimento nazionale per il trattamento della sclerosi tuberosa, un’équipe di specialisti diverse aree (neurologo, nefrologo, genetista, dermatologo, oculista, cardiologo, broncopneumologo, neuropsichiatra, neurochirurgo, radiologo interventista) coordinata dai medici dell’Unità di Neurologia dello Sviluppo, si occupa del trattamento dei bambini e ragazzi affetti dalla malattia. Le visite e gli esami previsti all’interno del percorso in day hospital vengono stabiliti sulla base delle necessità del singolo paziente. Sul fronte della ricerca scientifica, l’Ospedale è coordinatore di uno studio che mira, attraverso l’analisi del microbiota intestinale, a individuare nuovi elementi (biomarcatori) che possano predire l’evoluzione di questa malattia rara. Secondo le conoscenze attuali, infatti, le manifestazioni della sclerosi tuberosa non sono ancora del tutto prevedibili.
Tutti fumatori per colpa dell’inquinamento
News, Prevenzione, Stili di vitaSalutisti o no, vivere nelle grandi città ci trasforma tutti in fumatori. Pur senza aver mai acceso una sigaretta, l’effetto dell’inquinamento sui nostri polmoni è spesso paragonabile ai danni causati dal tabacco. Insomma, facciamo tanto per tenerci in forma, ma quanto incide l’inquinamento atmosferico sulla salute dei nostri polmoni? Una domanda che non possiamo sottovalutare, soprattutto perché nel 2024 alcune delle principali città italiane hanno fatto registrare dati di inquinamento atmosferico da record. Insomma, a poco sembra essere valsa la decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2021 di aggiornare le linee guida relative alla qualità dell’aria, abbassando i limiti per le sostanze inquinanti.
Polmoni sotto attacco
Negli ultimi anni, sempre più studi scientifici hanno messo in luce la stretta correlazione tra inquinamento atmosferico, condizioni climatiche avverse e gravi problemi di salute respiratoria. I gas di scarico delle auto, i fumi delle industrie e le particelle sottili presenti nell’aria sono una vera minaccia per il nostro sistema respiratorio e il rischio di sviluppare, o veder peggiorare, malattie come asma, bronchite e BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) è sempre più alto.
Sintomi
Sono sempre più le ricerche scientifiche che sempre più evidenze indicano le polveri sottili come uno dei principali colpevoli nell’aumentare l’incidenza di neoplasie polmonari. Ma quali sono i sintomi ai quali è bene prestare attenzione? Gli specialisti non hanno dubbi: tosse persistente, difficoltà respiratorie, stanchezza cronica e infezioni ricorrenti sono i campanelli d’allarme che non vanno sottovalutati e che richiedono l’attenzione di uno specialista pneumologo.
Consigli
Chi soffre di asma può (e certamente dovrebbe) adottare alcune precauzioni per limitare l’esposizione alle sostanze inquinanti. Un aiuto può arrivare dalle app che consentono di monitorare la qualità dell’aria ed evitare di pianificare attività all’aperto nei giorni in cui l’inquinamento è più elevato. Per quanto possa essere fastidiosa, una valida alleata è la mascherina, che riesce a filtrare gran parte delle particelle e delle polveri dannose. Infine, quando si pratica attività fisica all’aperto in città, è sempre consigliabile farlo durante le prime ore del mattino, quando le concentrazioni di polveri sottili sono più basse, e preferire percorsi meno trafficati.
Patologie cardiovascolari 1ª causa di morte. La prevenzione
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Farmaceutica, RubricheSecondo i dati ISTAT, nel 2021 le patologie cardiovascolari, con oltre 216mila decessi, hanno pesato per il 30,8% sulla mortalità. Sindromi coronariche acute (attacco cardiaco; infarto miocardico; angina instabile), scompenso e insufficienza cardiaca, patologie strutturali del cuore come stenosi aortica, rigurgito mitralico e tricuspidale rappresentano le prime cause di ospedalizzazione e decesso.
Negli ultimi anni è migliorata la prognosi, grazie alle nuove strategie terapeutiche, mediche e interventistiche e ai programmi di prevenzione secondaria. Tuttavia, spesso i miglioramenti rischiano di rimanere isolati se competenze e risorse disponibili non vengono condivise tra i vari centri. Per superare questo limite, le quattro Unità Operative di Cardiologia della Sicilia orientale (Catania, Messina, Ragusa, Siracusa) lanciano la “Sicilian Cardiovascular Academy”, un modello estensibile ad altre realtà regionali che prevede la messa in rete di know-how e strumenti, per offrire a ogni paziente la migliore prestazione possibile. Inoltre, si punta alla formazione continua del personale sanitario (clinico, chirurgico, tecnico, inferimieristico).
Prevenzione secondaria delle patologie cardiovascolari
La ricerca e le nuove tecnologie, anche nell’ambito delle patologie cardiovascolari, hanno rivoluzionato il percorso di diagnosi e cura. “Le nuove terapie permettono di guardare con maggiore ottimismo al futuro, ma bisogna intervenire sulla prevenzione secondaria – sottolinea Marco Contarini, Direttore del Dipartimento di Emergenza dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa e Direttore della Cardiologia del PO Umberto I di Siracusa.
”Non basta la raccomandazione al soggetto sano di un corretto stile di vita (prevenzione primaria), ma serve attenzione per chi abbia già una patologia conclamata. Chi ha avuto un infarto o è stato sottoposto a un intervento di angioplastica – prosegue – non può definirsi guarito, ma ha superato un evento acuto grazie alla cardiologia interventistica e resta soggetto al rischio di una recidiva”.
Recidive, fattori di rischio e nuove terapie
“Per ridurre le probabilità di nuovi eventi, si devono gestire i fattori di rischio: ipercolesterolemia, diabete, obesità – Antonio Micari, Professore Ordinario di Cardiologia presso Università di Messina, Direttore Cardiologia Invasiva -. Per la prima ci sono farmaci innovativi che hanno dimostrato di ridurre la mortalità con poche somministrazioni eseguite sottocute. Per diabete e obesità, invece, esistono nuovi trattamenti, già molto diffusi negli Stati Uniti, che riducono anche il rischio di decesso. Inoltre, le tecniche più moderne consentono di ridurre dell’80% la recidiva della Fibrillazione Atriale, che è la prima causa di ictus sopra i 50 anni”.
Patologie cardiovascolari, una rete per mettere il paziente al centro
Per mettere il paziente al centro e intervenire sui fattori di rischio, è necessaria una rete di diversi centri che condividano tra loro il know-how e le tecnologie in continua evoluzione. Inoltre, sottolineano gli specialisti, serve una divisione di compiti tra il territorio, che deve farsi carico delle riacutizzazioni più semplici e svolgere una funzione di filtro, e la cardiologia ospedaliera, che interviene nei casi più gravi con il ricovero.
“Da qui è emersa la nostra esigenza di discutere e confrontarsi con tutti gli specialisti impegnati in ambito cardiologico – spiega Antonino Nicosia, Direttore Dipartimento Cardio-Neuro-Vascolare, ASP Ragusa – La rete a cui lavoriamo rappresenta un nuovo sistema di cura in grado di erogare la prestazione sanitaria opportuna, nel luogo e nei tempi corretti mediante percorsi interconnessi che offrano al paziente il trattamento adatto, indipendentemente da dove questi si trova e considerando la limitatezza di risorse. La Sicilian Cardiovascular Academy si propone di coinvolgere in un network tutti i cardiologi dell’Isola, di fare rete per crescere insieme, per poi formare anche i pazienti”.
Obesità, nel 2035 interesserà metà popolazione
Alimentazione, PrevenzioneIn Europa, secondo il report OMS 2022, più di un adulto su 2 e più di un bambino su 3 convivono con sovrappeso o obesità. Almeno 2,8 milioni di adulti muoiono ogni anno a causa di questa patologia e delle sue conseguenze. Inoltre l’obesità è causa di morte prematura ed è collegata ad almeno 200 complicanze tra cui diabete di tipo 2, tumori, ipertensione, dislipidemia, malattia coronarica e apnee ostruttive. Comparati a soggetti normopeso, gli individui obesi hanno 12 volte il rischio di sviluppare quattro o più malattie correlate.
Nonostante i numeri e la minaccia crescente che rappresenta per la sostenibilità socio-sanitaria ed economica del Paese, per molto tempo la malattia non è stata riconosciuta come una patologia prioritaria nelle agende politiche.
Obesità, emergenza globale
L’obesità è una delle principali sfide sanitarie globali con tassi di crescita e impatti tanto allarmanti da portare l’Organizzazione Mondiale della Sanità a coniare il termine “Globesità”. Il fenomeno è in sensibile aumento e riguarda più dell’11% della popolazione, mentre il 33% dei cittadini risulta in sovrappeso.
Si tratta di un problema sociale e sanitario in rapida crescita, specie nei Paesi a medio-alto reddito. Nel mondo un miliardo di persone convive con l’obesità. Le proiezioni ipotizzano al 2035 che metà della popolazione mondiale ne sarà affetta.
Percezione della patologia
L’85% degli italiani la considera una patologia complessa, associata a molteplici cause (genetiche, endocrino-metaboliche, ambientali, comportamentali) e non semplicemente una conseguenza di alimentazione e stili di vita scorretti. Il 73% la ritiene una delle malattie più diffuse e una delle principali cause di mortalità. Circa la metà degli italiani (49%) è consapevole che è una malattia cronica e un fattore di rischio per altre patologie, meno di un terzo (29%) la reputa conseguenza di cattive abitudini e solo il 4% un mero problema estetico.
Sono alcuni dei dati che emergono dal documento “Obesità in Italia. Percezioni, costi e sfide per il futuro” realizzato da IPSOS, I-COM e Università del Piemonte Orientale (UPO) con il contributo incondizionato di Lilly, presentati a Venezia nel corso dell’evento “Obesità: percezioni, ostacoli e strategie – Il modello Italia tra scienza e politica”, a margine del Congresso Europeo sull’Obesità – ECO 2024.
Ruolo degli stereotipi
Negli anni si sono consolidate due visioni opposte nell’opinione pubblica riguardo alla patologia. La prima è orientata a ritenerla esclusiva responsabilità dell’individuo, l’altra a riconoscerla come vera e propria malattia altamente complessa e per questo meritevole di cure e servizi. Il prevalere della prima ha prodotto un fiorire di stereotipi, radicati nel comune sentire, che minano il riconoscimento della malattia come reale stato patologico e colpevolizzano le persone con obesità, alimentando lo stigma sociale e clinico.
La ricerca rivela che sono le stesse persone con obesità ad avere ancora più radicate certe convinzioni negative. Infatti, nel 74% delle persone che si definiscono obese prevale la percezione di non riuscire a controllare l’appetito, mentre il 66% di esse si addossa la responsabilità personale dell’eccesso di grasso.
La consapevolezza dell’impatto della patologia appare unanime anche tra le Istituzioni, che esprimono forte consenso per possibili investimenti mirati in prevenzione, sensibilizzazione e cura, che potrebbero ridurre l’incidenza, con un impatto positivo sulla spesa pubblica attraverso la riduzione di costi diretti e indiretti ad essa associati.
Impatto economico
Si stima che ridurre il tasso della patologia del solo 5% porterebbe ad una riduzione annuale del 5,2% nei costi economici globali tra il 2020 e il 2060.
“L’obesità in termini di impatto clinico e spesa medica per il trattamento, rappresenta una sfida che se non affrontata finirà per condizionare le generazioni future con importanti ricadute negative sulla società e sul servizio sanitario nazionale – sottolinea Umberto Agrimi, Direttore del Dipartimento Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell’Istituto Superiore di Sanità. Si prevede che l’impatto economico dell’obesità raggiungerà, in media, l’8,4% della spesa sanitaria totale nei paesi OCSE nel 2050. I costi sanitari diretti dell’obesità, secondo l’European Health Interview Survey (EHIS), si attestano tra il 2,4% e il 4,8% della spesa sanitaria complessiva nei Paesi ad alto reddito.
In Italia i costi totali ammontano a 13,34 miliardi di euro nel 2020 (0,8% del PIL) di cui 59% di costi sanitari diretti e 41% di costi indiretti, con un contributo simile imputabile ad assenteismo e presenteismo e conseguente perdita di produttività. Il costo medio dei farmaci per le persone in sovrappeso o obese rispettivamente è da 2 a 2,5 volte superiore al costo sostenuto per persone normopeso. Il costo medio annuo di una persona con obesità ammonta a 1.166.52 euro. L’obesità ha quindi un peso economico significativo e comporta un aumentato ricorso a beni e servizi sanitari; inoltre, l’obesità comporta un pesante costo individuale in termini di deterioramento della qualità di vita”.
Obesità e presa in carico
L’indagine rileva che il 72% degli italiani attribuisce un grado di responsabilità alle Istituzioni per il vuoto legislativo presente e il 42% riconosce responsabilità imputabili anche ai medici. Occorre una strategia nazionale coraggiosa e integrata che consideri l’obesità una priorità per l’agenda pubblica non solo sanitaria ma anche politica.
Cappellacci: obesità impatta su aspettativa di vita
“L’obesità è una malattia potenzialmente mortale e capace di ridurre in modo considerevole l’aspettativa di vita attraverso complicanze severe di varia natura – commenta Ugo Cappellacci, Presidente Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati – in questi anni recenti è cresciuta la sensibilità e l’attenzione dei decisori politici su questa patologia, grazie anche alla collaborazione con esperti nazionali e internazionali e le Associazioni dei pazienti.
Al momento è in esame alla Camera Dei Deputati una proposta di legge che ha la finalità di riconoscere l’obesità come grave malattia cui dedicare attenzione e risorse, per garantire una strategica ed efficace azione di prevenzione, contrasto e cura. L’iter è complesso ma i rappresentanti dei diversi schieramenti politici sono impegnati in uno sforzo collaborativo e partecipativo inteso a migliorare la qualità di vita delle persone con obesità. Auspichiamo che l’intenso lavoro porti in tempi brevi risultati concreti”.
Monti: incoraggiare esercizio fisico
“L’obesità è un fenomeno in crescita nel nostro Paese, soprattutto tra i giovani. Corretta informazione, sensibilizzazione e campagne per educare ad adottare abitudini alimentari sane, incoraggiare l’esercizio fisico e promuovere politiche che rendano più accessibili le scelte alimentari salutari, soprattutto tra le fasce più a rischio di popolazione, sono azioni assolutamente prioritarie – aggiunge Emanuele Monti, Presidente Commissione Welfare Regione Lombardia, e chiude – come ricordato anche dall’Onorevole Cappellacci, massima attenzione e grande impegno delle istituzioni in questo senso per rispondere alla sfida e ai bisogni di salute delle persone”.
5 milioni di italiani senza aiuto psicologico per motivi economici
Adolescenti, PsicologiaSono cinque milioni gli italiani che non accedono all’aiuto psicologico per motivi economici. Per quanto riguarda i giovani, sette su dieci non ricevono il sostegno di cui avrebbero bisogno, con pesanti ricadute sul presente e sul futuro.
Oggi inizia la settimana dedicata alla salute mentale. Il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, David Lazzari, ha espresso preoccupazione, in occasione del convegno sui 35 anni dalla legge della professione psicologica. Nonostante la crescita della comunità professionale in Italia, con oltre 130 mila psicologi, esiste una grave mancanza di risposta ai bisogni della popolazione, ha spiegato.
Mancato accesso all’aiuto psicologico
Secondo i dati, circa 5 milioni di italiani non possono accedere alle cure psicologiche a causa di motivi economici. Questo si traduce in un accesso limitato ai servizi essenziali per la salute mentale, con conseguenze pesanti sul benessere individuale e sociale.
Carenze nei servizi pubblici
L’assenza di una rete psicologica pubblica ostacola la prevenzione e l’intervento precoce nei confronti dei disturbi mentali. La mancanza di psicologi nelle scuole, nelle cure primarie e negli ospedali contribuisce all’aggravarsi delle situazioni, generando costi sanitari e sociali elevati.
Psicologia in Italia
Lazzari sottolinea l’importanza di considerare la psicologia non solo come un costo, ma come un investimento nella salute e nel benessere della società. I dati del bonus psicologico, emersi dal Progetto PsyCare, dimostrano i benefici economici degli interventi psicologici, evidenziando il ruolo centrale della professione psicologica nel contesto nazionale. Lazzari ha denunciato l’approccio “miope e classista” che limita l’accesso alla psicologia solo a coloro che possono permettersela, promuovendo invece un’equa distribuzione dei servizi psicologici per tutti i cittadini.
Pelle e psoriasi: 90% pazienti soffre di stress e peggiora malattia
NewsSono oltre due milioni gli italiani affetti dalla psoriasi: la patologia della pelle in un terzo dei casi evolve e diventa di grado severo. Si tratta di una malattia infiammatoria che si manifesta con arrossamenti e squame (psoriasi a placche). Nel 90% dei pazienti le prime chiazze arrivano a seguito di un evento stressante: lo stress nervoso, dunque, può essere un fattore scatenante. Non si tratta solo di un effetto psicologico, esiste un profondo legame tra sistema nervoso centrale e pelle, documentato da diverse ricerche: lo stress può attivare l’infiammazione della malattia psoriasica e accentuarne i sintomi. Ci sono altri fattori che aggravano la malattia, come il fumo, l’obesità e la concomitanza di altre patologie. Il manifestarsi di psoriasi, è un segnale esagerato di difesa del sistema immunitario che provoca un aumento della proliferazione delle cellule della pelle, che iniziano così a produrre squame e chiazze rosse. Le chiazze possono comparire in qualunque parte del corpo, anche se le zone più colpite dalla malattia sono il cuoio capelluto, i gomiti, i palmi delle mani e la pianta dei piedi, le unghie e le ginocchia. Chi ne è affetto spesso non conosce i sintomi e non si reca tempestivamente dallo specialista, questo provoca un ritardo nella diagnosi e nell’inizio delle cure che potrebbero rallentare l’evoluzione della malattia. Secondo gli studi epidemiologici più recenti, in Italia ne soffre circa il 3 per cento della popolazione (il dato include dalle forme più lievi fino a quelle molto gravi). La psoriasi si manifesta in uomini e donne in uguale misura e nella maggior parte dei casi compare in età adulta, in alcuni casi ha carattere ereditario, quindi può colpire più membri della stessa famiglia.
Psoriasi, risvolti psicologici
La maggior parte dei malati sottovaluta i sintomi iniziali e non si rivolge ai centri di riferimento, dove invece i pazienti sono seguiti con terapie personalizzate, anche in considerazione del rischio di malattie concomitanti che fanno della psoriasi una malattia sistemica e non solo cutanea. Insieme, infatti, possono sorgere ad esempio artrite, depressione, obesità, diabete, ipertensione e malattie cardiovascolari. Inoltre il supporto psicologico è fondamentale, affinché i pazienti non si scoraggino e non abbandonino le cure: nell’80 per cento dei casi la depressione è in agguato.
Tante varianti
Ci sono diverse varianti di psoriasi: la più diffusa è quella «a placche» che riguarda l’80-90% dei casi. Altre forme meno comuni includono quella «invertita», che si manifesta con chiazze rosse non desquamate sotto le ascelle, sui genitali e sull’addome di chi è in sovrappeso, fino al solco sottomammario. Tra gli adolescenti è molto diffusa la «psoriasi guttata». In Italia ne soffrono in più di 500mila ragazzi, si presenta con piccole chiazze desquamate su tronco, braccia, gambe e cuoio capelluto. Esistono poi le varianti «pustolosa» ed «eritrodermica»: la prima si presenta con pustole anche molto localizzate, mentre nella seconda la pelle appare infiammata e arrossata, provoca prurito o bruciore ed è tra le forme più gravi.
Le cure
Oggi sono disponibili molte cure per ogni caso. Si va da quelle topiche (come creme, lozioni, gel o spray in mousse) da applicare direttamente sulla pelle, ai trattamenti sistemici tradizionali (come ciclosporina e methotrexate). Inoltre, ci sono ormai diversi farmaci biologici che hanno un ottimo profilo di sicurezza e consentono di ottenere una cute completamente ‘pulita’ nei casi di psoriasi o artrite psoriasi più severi che non abbiano risposto o per i quali siano controindicate le terapie standard. Nel frattempo, la ricerca continua a fare passi da gigante e nuovi medicinali hanno dato promettenti risultati nelle fasi più avanzate di sperimentazione.
Neuralink, risultati straordinari dopo i primi 100 giorni
Ricerca innovazioneSono trascorsi 100 giorni dall’impianto del primo chip Neuralink nel cervello di Noland Arbaugh, paziente zero per la tecnologia che consente all’essere umano di connettersi ai computer attraverso il pensiero. Il paziente arruolato nello studio Prime ha ricevuto un impianto di 1.024 elettrodi distribuiti su 64 fili altamente flessibili e ultrasottili per registrare l’attività neurale. Un sistema hi-tech che nei primi 100 giorni dentro il cervello di Noland ha regalato traguardi da record, ma ha costretto anche gli ingegneri e i ricercatori a risolvere intoppi. Incidenti di percorso, poi risolti.
Velocità di trasmissione Neuralink
Il problema si è verificato “nelle settimane successive all’intervento – hanno raccontato gli esperti di Neuralink nel loro resoconto – alcuni “fili” del chip “si sono ritirati dal cervello, determinando una netta diminuzione del numero di elettrodi efficaci. Ciò ha portato a una riduzione dei valori di bit al secondo (Bps)”, l’unità di misura con cui sono state valutate le performance dell’impianto.
Algoritmo
In risposta a questo cambiamento – hanno spiegato ancora gli esperti – abbiamo modificato l’algoritmo di registrazione per renderlo più sensibile ai segnali della popolazione neurale, migliorato le tecniche per tradurre questi segnali in movimenti del cursore e migliorato l’interfaccia utente”. Queste modifiche “hanno prodotto un miglioramento rapido e duraturo del valore Bps, che ora ha superato la performance iniziale di Noland”.
Sessioni di lavoro
Nei giorni feriali, Noland è impegnato in sessioni di ricerca per un massimo di 8 ore al giorno. Nei fine settimana, l’uso personale e ricreativo dell’impianto può superare le 10 ore al giorno. Recentemente il paziente zero ha utilizzato il dispositivo per un totale di 69 ore in una sola settimana: 35 di sessioni strutturate e ulteriori 34 di uso personale. Le sessioni permettono di valutare le performance del device.
I punteggi
Più sono alti i valori Bps, migliore è il controllo delNeuralink nel cervello di Noland Arbaugh, paziente zero per la tecnologia che consente all’essere umano di connettersi ai computer attraverso il pensiero. Successivamente ha raggiunto 8 Bps e attualmente sta cercando di battere i punteggi degli ingegneri Neuralinkbattere i punteggi degli ingegneri Neuralink utilizzando un mouse”.
Salute mentale: 13% di bambini e giovani europei con disturbi
Adolescenti, Bambini, PsicologiaCirca 11,2 milioni di bambini e giovani entro i 19 anni nell’Unione Europea (il 13%) soffrono di un problema di salute mentale. In particolare, tra i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani europei nella stessa fascia di età.
Settimana della salute mentale
In occasione della Settimana europea della salute mentale (13-19 maggio), l’UNICEF ricorda i numeri della pubblicazione “Child and adolescent mental health – The State of Children in the European Union 2024”. Nell’Unione Europea il 13% dei giovani soffre di un problema di salute mentale. Circa 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine fino a 19 anni soffrono di disturbi. Nel 2020, circa 931 giovani sono morti per suicidio nell’UE, equivalenti alla perdita di circa 18 vite a settimana. La prevalenza del suicidio è diminuita nel corso del tempo nell’UE, con il 20% dei suicidi in meno nel 2020 rispetto al 2011. Circa il 70% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni nell’UE che muoiono per suicidio sono maschi.
In Italia
In Italia, tra i ragazzi tra i 15 e i 19 anni che hanno perso la vita intenzionalmente tra il 2011 e il 2020 il 43% erano ragazzi e circa il 36% ragazze.
Circa la metà (48%) di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, eppure molti casi rimangono non individuati e non trattati. Nell’Unione Europea i dati sull’accesso ai servizi per la salute mentale da parte dei bambini sono limitati, ma le evidenze indicano che, nel 2022, per quasi la metà dei giovani adulti (tra i 18 e i 29 anni) i bisogni di assistenza per la salute mentale non erano soddisfatti.
I livelli di alta soddisfazione della vita tra i quindicenni sono scesi da circa il 74% nel 2018 al 69% nel 2022 nei 23 Paesi per i quali sono disponibili i dati. Ciò equivale a oltre 220.000 ragazzi di 15 anni in meno in 23 Paesi dell’UE con un’alta soddisfazione di vita nel 2022 rispetto al 2018.
Azioni per promuovere la salute mentale
Secondo l’UNICEF, nonostante la maggiore attenzione dopo la pandemia, nei Paesi dell’UE gli investimenti nei servizi per la salute mentale sono esigui rispetto a quelli per la salute fisica. “È necessario porre maggiore enfasi sull’affrontare le cause profonde dei problemi di salute mentale attraverso iniziative di prevenzione e la promozione di una salute mentale e di un benessere positivi”.
Prevenzione in Italia
Lo scorso 6 marzo, una delegazione dell’UNICEF Italia e dell’Ufficio Regionale UNICEF per l’Europa e l’Asia Centrale hanno incontrato il Ministro della Salute Orazio Schillaci, al quale sono state consegnate le oltre 21 mila adesioni raccolte per la petizione UNICEF “Salute per la mente di bambini e adolescenti” per chiedere azioni a sostegno del benessere psicosociale e della salute mentale di bambine, bambini e adolescenti.
L’UNICEF Italia ha realizzato una serie di materiali per sensibilizzare sul tema:
Altre iniziative
Tra le altre iniziative dell’Ufficio UNICEF per l’Europa e l’Asia centrale in Italia, rivolte al gruppo di minori stranieri non accompagnati in Italia, anche:
A 73 anni operata in ossigenazione extracorporea
News, Ricerca innovazioneLuisa (nome di fantasia a tutela della privacy) ha un solo polmone e a 73 anni è stata operata in ossigenazione extracorporea. La donna ha infatti rischiato di morire soffocata quando un tumore le ha ostruito la trachea. La storia di questa paziente ha fatto scalpore perché è stata salvata grazie ad un intervento straordinario, mai tentato prima in un caso tanto complesso.
Urgenza
Lo straordinario intervento è stato pianificato dall’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Toracica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli. “Se non avessimo asportato velocemente il tumore – spiega il professor Alfonso Fiorelli, direttore della Chirurgia Toracica – la paziente sarebbe morta per soffocamento”. Un compito non semplice, visto che Luisa era già stata sottoposta cinque anni prima all’asportazione del polmone sinistro a causa di un’altra neoplasia. “Operarla in queste condizioni sarebbe stato un grosso rischio – prosegue il chirurgo – un solo polmone poteva non essere sufficiente ad assicurare l’ossigenazione del sangue”.
Collaborazione multidisciplinare
Di qui l’esigenza di pianificare un intervento mai realizzato prima, coinvolgendo diverse specialità dell’Azienda Ospedaliera Universitaria: la Cardiochirurgia diretta dalla professoressa Marisa De Feo, la Pneumologia diretta dal professor Andrea Bianco e l’Anestesia diretta dalla professoressa Maria Caterina Pace. Il team multidisciplinare è stato coordinato dal professor Ludovico Docimo, direttore del dipartimento di Medico-Chirurgico ad Alta Specialità, mentre la dottoressa Diana Mancino ha coordinato l’attività infermieristica operatoria e il professor Ferraro le fasi dell’anestesia in corso di intervento.
Ossigenazione extracorporea a membrana
Tra gli aspetti straordinari dell’operazione c’è l’impiego del sistema di Ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO), che ha permesso al professor Fiorelli l’asportazione endoscopica del tumore con il laser. Questa tecnologia supporta le funzioni vitali mediante la circolazione extracorporea, aumentando l’ossigenazione del sangue, riducendo i valori ematici di anidride carbonica, incrementando la gittata cardiaca e agendo sulla temperatura corporea.
Verso il trapianto di polmone
Grazie a questo intervento, è stato possibile dimettere Luisa dopo due giorni, affidandola cure degli oncologi per i successivi trattamenti. Interventi come quello che ha salvato la vita di Luisa sono resi possibili dall’alta specializzazione dei professionisti a lavoro presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria, ma anche dall’innovazione tecnologica fortemente voluta dal direttore generale Ferdinando Russo, con il supporto del magnifico rettore Francesco Nicoletti. Innovazione che aiuta sensibilmente a ridurre la migrazione sanitaria. “Questo – conclude il professor Fiorelli – è il punto di partenza verso il raggiungimento di nuovi traguardi, non ultimo il trapianto di polmone”.
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