Tempo di lettura: 3 minutiSecondo le stime più recenti, la tossicità finanziaria colpisce il 26% delle persone con cancro. Il cancro della mammella è la neoplasia più comune del sesso femminile con circa 55.900 nuovi casi l’anno. Gli effetti del cancro al seno sono quindi anche economici e finanziari e i dati restituiscono un divario di genere anche nella cura.
Un questionario dell’Associazione Andos realizzato con CREA Sanità sarà somministrato alle donne operate al seno su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è fare luce sulle complicanze economiche che pesano sulle donne e le loro famiglie. L’iniziativa è stata annunciata dalla Presidente dell’ANDOS Nazionale, Flori Degrassi, durante il talk ‘Effetti Collaterali’ organizzato su iniziativa dell’Osservatorio MOHRE.
Cancro al seno e impoverimento economico dopo la diagnosi
“Nel nostro particolare ambito, molto si è fatto per migliorare la diagnosi e la terapia”, ha detto Flori Degrassi, Presidente ANDOS Nazionale. Oggi però in molte regioni si cominciano a riscontrare problemi legati alla difficoltà di ottenere appuntamenti diagnostici anche durante il follow-up legati alla mancanza di presa in carico delle donne e alle difficoltà di essere trattate chirurgicamente e terapeuticamente nei tempi prescritti”.
“Con l’abbassarsi dell’età delle donne con diagnosi di cancro al seno – ha spiegato Degrassi – stanno aumentando velocemente le difficoltà economiche negli anni successivi alla diagnosi per diminuzione del reddito o perdita del lavoro, aumento delle spese mediche e per l’acquisto di farmaci di supporto, costi di viaggio e alloggio per raggiungere i centri di cura, ricorso alla sanità privata per indagini che aggirino i tempi delle liste di attesa e per le donne in chemioterapia, acquisto delle parrucche, ecc”.
L’impoverimento interessa spesso anche familiari e caregivers a causa delle conseguenze delle assenze forzate dal lavoro o della cessazione di attività in proprio. “Per questo motivo – ha commentato Degrassi – ANDOS e CREA Sanità hanno predisposto un’indagine che affianca all’analisi del Professor Perrone la valutazione di situazioni di fragilità psicologica, familiare e sociale delle donne operate di carcinoma mammario, con l’obiettivo di orientare l’intervento dell’Associazione a supporto di queste donne, attraverso l’azione degli oltre cinquanta comitati diffusi su tutto il territorio nazionale”.
Cancro al seno e svantaggio economico
Lo svantaggio economico è correlato anche a ritardi nella diagnosi che influiscono sulle possibilità di guarigione. “Le differenze economiche tra uomini e donne non si fermano alla retribuzione e alla carriera ma emergono anche di fronte ad una diagnosi di cancro, le differenze di reddito aumentano la sofferenza economica se è la donna ad ammalarsi – ha sottolineato Simona Saraceno, Presidente del Comitato ANDOS Roma, che prosegue – essere donna è un fattore di rischio primario per la tossicità finanziaria: un recente studio di Jama Network Open ha calcolato la presenza di difficoltà economiche nel 35,3% delle donne con cancro al seno dei paesi ad alto reddito e nel 78,8% di quelli a medio reddito”.
“I problemi economici, la perdita del lavoro o del reddito, i debiti preesistenti o contratti in occasione della malattia rientrano tra i ‘determinanti sociali di salute’” ha sottolineato Johann Rossi Mason, Direttrice del MOHREe promotrice dell’evento “Le condizioni e i contesti di vita hanno un peso sia sul rischio di ammalarsi che sulla possibilità di sopravvivenza. Basti pensare che uno studio appena pubblicato su Journal of Public Health ha evidenziato che circa il 25% dei decessi per cancro interessa persone con basso livello di istruzione”.
Carico allostatico
“Lo ‘stress finanziario’ che influisce anche sulla salute a lungo termine, sull’aderenza alle cure, la capacità di seguire corretti stili di vita e fare controlli periodici si somma allo stress cronico determina quello che viene chiamato ‘carico allostatico’ capace di peggiorare la salute globale. Oggi esistono validi strumenti, come il test PROFFIT (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity) che possono misurare questo disagio e orientare misure di sostegno ad hoc. Ad esempio, sostegno economico nelle pazienti a rischio, servizi di assistenza e riabilitazione, supporto psicologico gratuito e l’ampliamento della copertura del SSN per alcune spese, in modo da dare a tutti le stesse opportunità di accesso” ha concluso Rossi Mason.
“Problematiche relative all’accesso alle prestazioni e alla presa in carico, spesa privata, effetti sulle capacità di acquisto e andamento della qualità della vita delle donne operate al seno sono le aree sulle quali indagherà la survey realizzata con ANDOS – ha spiegato il Professor Federico Spandonaro, economista e presidente del comitato scientifico di CREA Sanità – con l’obiettivo di misurare, attraverso la rete territoriale dell’Associazione l’incidenza del fenomeno di impoverimento causato dalla malattia su questo specifico target”.
“La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro – ha spiegato infine Francesco Perrone, Presidente AIOM. “Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e il 22,5% peggiora questa condizione di disagio durante il trattamento. Questi ultimi, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto. Alla luce di questi dati, ci siamo chiesti quali fossero le cause. Da qui il questionario PROFFIT (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity), uno strumento opensource che abbiamo messo a disposizione della comunità scientifica e che è incluso nella survey ANDOS, dalla quale ci aspettiamo ulteriori e indispensabili elementi di indirizzo”.
Inquinamento e polmoni: riconoscere sintomi e proteggersi
Benessere, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaL’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2021 ha abbassato i limiti di inquinamento atmosferico, suggerendo azioni più incisive per la qualità dell’aria. Una mossa supportata da diversi studi che evidenziano i danni alla salute causati dagli inquinanti. A fare il punto sui rischi e sulla prevenzione è la dottoressa Paola Scarano, pneumologa presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, in un approfondimento. I polmoni sono vulnerabili, con un rischio di sviluppare o aggravare malattie respiratorie o tumori.
Inquinanti, danni polmonari e sintomi
Studi scientifici sempre più numerosi confermano la correlazione tra inquinamento atmosferico, condizioni climatiche e malattie respiratorie. Gas di scarico, fumi industriali e condizioni climatiche avverse mettono in pericolo l’apparato respiratorio, favorendo patologie come asma bronchiale, bronchite e BPCO. C’è anche un aumento del rischio di allergie respiratorie. In particolare, le polveri sottili sono tra i principali responsabili del legame tra inquinamento atmosferico e rischio di tumori polmonari. Tuttavia, il fumo di sigaretta rimane il primo fattore di rischio per il tumore al polmone.
In generale, una tosse persistente, dispnea (fiato corto), stanchezza cronica o infezioni respiratorie ricorrenti richiedono una valutazione specialistica pneumologica.
Inquinamento e asma
L’inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici influenzano le malattie respiratorie e allergiche, inclusa l’asma. Monitorare la qualità dell’aria tramite app sugli smartphone aiuta a limitare l’esposizione nei giorni peggiori. Proteggere naso e bocca con mascherine o sciarpe riduce l’inalazione di particelle inquinanti. La specialista inoltre suggerisce a chi soffre di asma di preferire attività all’aperto in zone meno inquinate come montagna o mare, oltre ad avere con sé farmaci di emergenza.
Inquinamento atmosferico in Italia
Il report di Legambiente “Mal’Aria di città 2024” analizza i livelli di polveri sottili (PM10, PM2,5) e biossido di azoto (NO2) nei capoluoghi di provincia italiani. Nel 2023, 18 città su 98 hanno superato i limiti normativi per gli sforamenti di PM10. Le città italiane mostrano ancora ritardi nei confronti dei valori proposti dalla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entreranno in vigore dal 2030. Attualmente è in corso una campagna per promuovere la mobilità sostenibile e ridurre l’inquinamento, al fine di rendere le città più salubri e vivibili.
Dengue, la peggiore epidemia di sempre
News PresaL’America si trova ad affrontare una delle peggiori epidemie di febbre Dengue nella sua storia, con oltre 3,5 milioni di casi confermati e almeno mille morti. Un fenomeno preoccupante quello evidenziato nel rapporto pubblicato dall’Organizzazione panamericana della Sanità (Paho), che sottolinea un aumento esponenziale dei casi rispetto agli anni precedenti.
Dati shock
Secondo i dati riportati dalla Paho, nei primi tre mesi del 2024, l’incidenza della febbre Dengue è aumentata del 249% rispetto all’anno precedente e del 354% rispetto alla media degli ultimi 5 anni. Questo incremento vertiginoso ha colpito principalmente il Brasile, l’Argentina e il Paraguay, che insieme concentrano l’80% dei casi mondiali.
Incremento
In particolare, il Brasile ha segnalato oltre 2,3 milioni di casi confermati fino al 27 marzo, con un’incidenza di 1.144 casi per centomila abitanti. Nel Paese sudamericano, almeno 830 persone hanno perso la vita a causa della febbre Dengue, mettendo in luce una condizione divenuta ormai molto grave.
Paraguay e Argentina
Anche il Paraguay ha registrato un aumento significativo dei casi, con un balzo di 23 volte rispetto all’anno precedente, passando da circa 6.900 casi nel 2023 a oltre 160.900 nel 2024. Inoltre, il numero di decessi nel Paese è salito a 43, mettendo in luce l’impatto letale della malattia. Analogamente, l’Argentina ha visto un notevole aumento dei casi, passando da 8.300 nel 2023 a oltre 102.800 nel 2024. In Argentina sono stati segnalati 69 decessi causati dalla febbre Dengue, evidenziando la gravità della situazione sanitaria.
Salute pubblica
L’epidemia di febbre Dengue che sta colpendo l’America nel 2024 è fonte di grande preoccupazione per le autorità sanitarie. L’aumento esponenziale dei casi, soprattutto nei Paesi come il Brasile, l’Argentina e il Paraguay, richiede un intervento urgente per contenere la diffusione della malattia e proteggere la salute pubblica. La collaborazione internazionale e gli sforzi congiunti delle comunità scientifiche sono fondamentali per affrontare questa sfida sanitaria e mitigarne gli effetti devastanti sulla popolazione.
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Patologie neurologiche, perché aumentano. Come ridurre ictus e demenza
Ricerca innovazione, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaIl 43% della popolazione mondiale, pari a 3,4 miliardi di individui, convive con una condizione neurologica. Lo ha svelato uno studio recente pubblicato su The Lancet Neurology. Tra queste patologie neurologiche spiccano l’ictus, l’encefalopatia neonatale (lesione cerebrale), l’emicrania cronica, la demenza, la neuropatia diabetica (danno ai nervi), meningite, epilessia, complicazioni neurologiche da parto pretermine, disturbo dello spettro autistico e altre ancora.
I dati, provenienti dal Global Burden of Disease, Injuries, and Risk Factor Study (GBD), rivelano un aumento del 18,2% nei Disability-Adjusted Life Years (DALY: anni di vita in salute persi a causa della disabilità) attribuiti a queste patologie nel periodo 1990-2021. Tuttavia, i tassi di mortalità standardizzati per età sono diminuiti del 33,6%, mentre i tassi di DALY standardizzati per età hanno registrato un calo del 27%. Questo suggerisce che, nonostante l’aumento numerico, l’efficienza nei trattamenti e nelle cure è migliorata.
Patologie neurologiche, come fare prevenzione
L’ampio spettro delle patologie neurologiche considerate in questo studio, ora estese a 37 condizioni, apre nuove prospettive sulla loro prevenzione e gestione. Tuttavia, la ricerca evidenzia una mancanza di conoscenze sui fattori di rischio, un’area critica per la pianificazione delle politiche sanitarie.
Un focus particolare è stato posto sulla valutazione degli effetti della riduzione dei fattori di rischio. L’identificazione di 20 fattori modificabili, come l’ipertensione e l’inquinamento atmosferico, evidenzia il potenziale di prevenzione fino all’84% degli anni persi in salute per ictus.
Inoltre, i numeri mostrano come prevenire l’esposizione al piombo ridurrebbe la disabilità intellettiva idiopatica del 63%. Prevenire i livelli elevati di glucosio plasmatico a digiuno, invece, ridurrebbe la demenza del 14%.
Il fumo è un altro fattore di rischio che impatta in modo significativo sul rischio di ictus, demenza e sclerosi multipla.
Dalla Neuropatia Diabetica al COVID-19
La neuropatia diabetica rappresenta una delle condizioni in più rapida crescita, triplicando il numero di casi dal 1990 al 2021. Allo stesso tempo, il COVID-19 ha introdotto nuove complicazioni neurologiche, rappresentando oltre 23 milioni di casi.
Disuguaglianze Socio-Economiche
Le disuguaglianze nell’accesso alle cure emergono come un’ombra su questo panorama. Oltre l’80% dei decessi e delle perdite di salute neurologiche si verificano nei paesi a basso e medio reddito, evidenziando la necessità di interventi mirati e di equità nell’accesso alle cure.
L’Assemblea Mondiale della Sanità del 2022 ha adottato l’Azione Globale Intersettoriale sulle Epilessie e Altre Condizioni Neurologiche 2022-2031, delineando una roadmap per affrontare questa sfida crescente. Investimenti in ricerca, supporto al personale sanitario e accesso equo alle cure sono prioritari.
Linfonodi ingrossati, un campanello d’allarme
PrevenzioneI linfonodi, che sono anche conosciuti come ghiandole linfatiche, sono una parte fondamentale del sistema linfatico. Sono dei piccoli noduli che hanno una forma arrotondata e si trovano distribuiti lungo le vie linfatiche. Il loro compito è quello di generare una risposta immunitaria contro sostanze dannose trasportate dalla linfa. In media, ogni individuo ospita circa 600 “stazioni linfonodali” nel proprio corpo.
Cause dell’ingrossamento
A volte può capitare che i linfonodi si ingrossino e che si crei una “linfoadenopatia”, condizione che può derivare da diverse cause. Va anche detto che alcune persne possono avere questi noduli naturalmente più grandi rispetto alla media. Tuttavia, l’ingrossamento dei linfonodi non è mai un buon segnale. Spesso è spesso associato a infezioni, sia virali (come mononucleosi, varicella zoster, citomegalovirus e Hiv), batteriche (come streptococco, sifilide e tubercolosi) o parassitarie (toxoplasmosi e leishmaniosi). Anche malattie sistemiche, autoimmuni o neoplastiche possono provocare l’ingrossamento dei linfonodi.
Sintomi e manifestazioni
L’infiammazione del sistema linfatico può essere superficiale, localizzata al collo, aòle ascelle o all’inguine, facilmente rilevabili durante un esame fisico, o essere concentrata in profondità, ad esempio nel torace o nell’addome, dove servono tecniche di imaging come ecografia o Tac per fare una diagnosi. La presenza di linfonodi ingrossati può manifestarsi con sintomi come febbre, affaticamento, perdita di peso o sudorazione notturna. Inoltre, l’autoesame dei linfonodi superficiali è cruciale per individuare precocemente eventuali cambiamenti.
Quando rivolgersi al medico
Se l’ingrossamento dei linfonodi persiste per diverse settimane o se si accompagna a sintomi preoccupanti, è consigliabile consultare un medico. L’osservazione della velocità di crescita e della consistenza del linfonodo è cruciale per valutare la sua natura. Linfonodi che crescono rapidamente sono spesso legati a processi infiammatori, mentre una crescita graduale può essere associata a patologie neoplastiche. La consistenza del linfonodo, inoltre, può fornire indicazioni sulla sua natura, con linfonodi duri e indolori che sollevano sospetti di neoplasie, mentre quelli elastici e dolenti suggeriscono più comunemente cause infettive o infiammatorie. La cosa essenziale è, in presenza di sintomi, non perdere mai tempo e rivolgersi ad uno specialista.
Prestazioni sanitarie in farmacia con Ddl Semplificazioni
Anziani, Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneDalla scelta del medico al ritiro dei farmaci per i pazienti assistiti a domicilio. Con il via libera del Consiglio dei Ministri al Disegno di legge per la Semplificazione e la digitalizzazione arrivano nuove prestazioni in farmacia. Per migliorare l’accesso ai servizi sanitari, vengono ampliati i vaccini somministrabili, i test diagnostici e viene introdotta la telemedicina. L’erogazione di prestazioni, in locali separati da quelli principali, deve avere la denominazione di “farmacia dei servizi”.
Test diagnostici e vaccini sotto casa
Il Ddl amplia anche le competenze. I farmacisti formati dovranno essere in grado di somministrare i vaccini individuati dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale e di eseguire test diagnostici, compreso il prelievo di campioni biologici. Una delle principali modifiche riguarda l’eliminazione degli oneri a carico degli assistiti e il superamento del requisito dell’autocontrollo per l’effettuazione di prestazioni analitiche di prima istanza. Questo snellimento delle procedure potrebbe contribuire a rendere più efficienti i servizi offerti dalle farmacie. Inoltre, il disegno di legge propone l’introduzione di nuove prestazioni, come l’effettuazione di test diagnostici per contrastare l’antibiotico-resistenza, a supporto dei medici di medicina generale e dei pediatri. Inoltre, i farmacisti potrebbero fornire servizi di telemedicina nel rispetto dei requisiti funzionali e delle linee guida nazionali. Un’altra modifica significativa riguarda la dispensazione dei farmaci e dei dispositivi medici necessari ai pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semiresidenziale.
Spazi separati in farmacia
Per quanto riguarda l’organizzazione degli spazi, si prevede l’utilizzo di locali separati per le attività della farmacia dei servizi. Il ritiro delle prescrizioni mediche e qualsiasi dispensazione o vendita di farmaci sarebbe quindi vietato in tali locali. Infine, per garantire un’identificazione immediata dei servizi offerti, i titolari di farmacia devono apporre un’insegna con la denominazione “Farmacia dei servizi”. Questo dovrebbe facilitare l’accesso dei cittadini alle prestazioni sanitarie offerte dalle farmacie.
Cancro al seno, indagine sulla tossicità finanziaria
News PresaSecondo le stime più recenti, la tossicità finanziaria colpisce il 26% delle persone con cancro. Il cancro della mammella è la neoplasia più comune del sesso femminile con circa 55.900 nuovi casi l’anno. Gli effetti del cancro al seno sono quindi anche economici e finanziari e i dati restituiscono un divario di genere anche nella cura.
Un questionario dell’Associazione Andos realizzato con CREA Sanità sarà somministrato alle donne operate al seno su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è fare luce sulle complicanze economiche che pesano sulle donne e le loro famiglie. L’iniziativa è stata annunciata dalla Presidente dell’ANDOS Nazionale, Flori Degrassi, durante il talk ‘Effetti Collaterali’ organizzato su iniziativa dell’Osservatorio MOHRE.
Cancro al seno e impoverimento economico dopo la diagnosi
“Nel nostro particolare ambito, molto si è fatto per migliorare la diagnosi e la terapia”, ha detto Flori Degrassi, Presidente ANDOS Nazionale. Oggi però in molte regioni si cominciano a riscontrare problemi legati alla difficoltà di ottenere appuntamenti diagnostici anche durante il follow-up legati alla mancanza di presa in carico delle donne e alle difficoltà di essere trattate chirurgicamente e terapeuticamente nei tempi prescritti”.
“Con l’abbassarsi dell’età delle donne con diagnosi di cancro al seno – ha spiegato Degrassi – stanno aumentando velocemente le difficoltà economiche negli anni successivi alla diagnosi per diminuzione del reddito o perdita del lavoro, aumento delle spese mediche e per l’acquisto di farmaci di supporto, costi di viaggio e alloggio per raggiungere i centri di cura, ricorso alla sanità privata per indagini che aggirino i tempi delle liste di attesa e per le donne in chemioterapia, acquisto delle parrucche, ecc”.
L’impoverimento interessa spesso anche familiari e caregivers a causa delle conseguenze delle assenze forzate dal lavoro o della cessazione di attività in proprio. “Per questo motivo – ha commentato Degrassi – ANDOS e CREA Sanità hanno predisposto un’indagine che affianca all’analisi del Professor Perrone la valutazione di situazioni di fragilità psicologica, familiare e sociale delle donne operate di carcinoma mammario, con l’obiettivo di orientare l’intervento dell’Associazione a supporto di queste donne, attraverso l’azione degli oltre cinquanta comitati diffusi su tutto il territorio nazionale”.
Cancro al seno e svantaggio economico
Lo svantaggio economico è correlato anche a ritardi nella diagnosi che influiscono sulle possibilità di guarigione. “Le differenze economiche tra uomini e donne non si fermano alla retribuzione e alla carriera ma emergono anche di fronte ad una diagnosi di cancro, le differenze di reddito aumentano la sofferenza economica se è la donna ad ammalarsi – ha sottolineato Simona Saraceno, Presidente del Comitato ANDOS Roma, che prosegue – essere donna è un fattore di rischio primario per la tossicità finanziaria: un recente studio di Jama Network Open ha calcolato la presenza di difficoltà economiche nel 35,3% delle donne con cancro al seno dei paesi ad alto reddito e nel 78,8% di quelli a medio reddito”.
“I problemi economici, la perdita del lavoro o del reddito, i debiti preesistenti o contratti in occasione della malattia rientrano tra i ‘determinanti sociali di salute’” ha sottolineato Johann Rossi Mason, Direttrice del MOHREe promotrice dell’evento “Le condizioni e i contesti di vita hanno un peso sia sul rischio di ammalarsi che sulla possibilità di sopravvivenza. Basti pensare che uno studio appena pubblicato su Journal of Public Health ha evidenziato che circa il 25% dei decessi per cancro interessa persone con basso livello di istruzione”.
Carico allostatico
“Lo ‘stress finanziario’ che influisce anche sulla salute a lungo termine, sull’aderenza alle cure, la capacità di seguire corretti stili di vita e fare controlli periodici si somma allo stress cronico determina quello che viene chiamato ‘carico allostatico’ capace di peggiorare la salute globale. Oggi esistono validi strumenti, come il test PROFFIT (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity) che possono misurare questo disagio e orientare misure di sostegno ad hoc. Ad esempio, sostegno economico nelle pazienti a rischio, servizi di assistenza e riabilitazione, supporto psicologico gratuito e l’ampliamento della copertura del SSN per alcune spese, in modo da dare a tutti le stesse opportunità di accesso” ha concluso Rossi Mason.
“Problematiche relative all’accesso alle prestazioni e alla presa in carico, spesa privata, effetti sulle capacità di acquisto e andamento della qualità della vita delle donne operate al seno sono le aree sulle quali indagherà la survey realizzata con ANDOS – ha spiegato il Professor Federico Spandonaro, economista e presidente del comitato scientifico di CREA Sanità – con l’obiettivo di misurare, attraverso la rete territoriale dell’Associazione l’incidenza del fenomeno di impoverimento causato dalla malattia su questo specifico target”.
“La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro – ha spiegato infine Francesco Perrone, Presidente AIOM. “Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e il 22,5% peggiora questa condizione di disagio durante il trattamento. Questi ultimi, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto. Alla luce di questi dati, ci siamo chiesti quali fossero le cause. Da qui il questionario PROFFIT (Patient Reported Outcome for Fighting Financial Toxicity), uno strumento opensource che abbiamo messo a disposizione della comunità scientifica e che è incluso nella survey ANDOS, dalla quale ci aspettiamo ulteriori e indispensabili elementi di indirizzo”.
Longevità: dipende al 70% dai primi 1000 giorni di vita
Anziani, Bambini, Benessere, Genitorialità, Madri-padri, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaNascere e crescere bene significa anche invecchiare meglio. In altre parole: le scelte consapevoli fatte nei primi 1000 giorni di vita di un bambino possono incidere sullo stato di salute migliorandolo del 70%. Una recente ricerca del Lancet lo ha messo nero su bianco, come anche la Fondazione Giovanni Lorenzini che promuove il progetto “I primi 1000 giorni di vita”. Il lavoro nasce per sensibilizzare l’importanza del periodo che va dal pre-concepimento ai 2 anni di età dell’individuo. Un capitale formidabile a vantaggio non solo della crescita ma anche dell’invecchiamento. Il tema della longevità è stato al centro del “Milan Summit Longevity”, da poco concluso a Milano.
“Per invecchiare bene e in salute bisogna aver vissuto degli ottimi primi 1000 giorni di vita e adottato comportamenti salutari per tutta la vita. Concetto quasi ovvio per gli stili di vita, ma non così conosciuto quando si parla dei 33 mesi così decisivi all’inizio della vita – interviene nel corso di “Milan Summit Longevity” Emanuela Folco, Segretario Generale Fondazione Giovanni Lorenzini – che ciascuno di noi trascorre a partire da ancora prima di essere nella pancia della mamma. Siamo molto orgogliosi di sostenere questo progetto, in linea con le direttive OMS e l’agenda 2030 delle Nazioni Unite, e che noi promuoviamo con questa sintesi: se cambi l’inizio della storia, cambi tutta la storia”.
“È incredibile riflettere su come le scelte e gli investimenti dei genitori possano influenzare il futuro benessere dei propri figli in modi così profondi e duraturi. Il fatto che il nostro ambiente prenatale – continua Elia Biganzoli, membro del Comitato Scientifico di Fondazione Giovanni Lorenzini, organizzatore della giornata conclusiva del Milan Longevity Summit e Coordinatore del progetto HEBE – possa modulare l’espressione genica e influenzare la nostra salute e longevità è affascinante e allo stesso tempo incoraggiante. Come scienziati, siamo grati di poter contribuire a comprendere meglio questi meccanismi cellulari e a trasmettere questa conoscenza alle future generazioni, per favorire una vita sana e piena per tutti.”
Primi anni influenzano anzianità
La ricerca scientifica ha dimostrato in molti studi che il corso del periodo pre-concezionale, della gravidanza e dei primi due anni di vita, sono così determinanti al punto di influenzare fino al 70% la salute futura dell’individuo.
L’iniziativa “I primi 1000 giorni di vita” vuole promuovere conoscenze che promuovano scelte responsabili, evidenziando il ruolo chiave della genitorialità consapevole.
“Durante i mesi di pre-concepimento che solitamente non sono mai meno di 6, entrambi i genitori con tutti i loro comportamenti e i loro stili di vita, sono responsabili del futuro del loro figlio. La madre – precisa Sergio Pecorelli, Professore e Rettore Emerito Università di Brescia e Presidente Fondazione Giovanni Lorenzini New York – è responsabile di quello che avviene in gravidanza e lo farà prestando attenzione a fare esercizio fisico, a nutrirsi correttamente, a limitare e gestire lo stress. Ma anche il padre gioca un ruolo molto importante con il suo stile di vita e l’ambiente in cui vive. Questo “vantaggio” del bambino si ripercuoterà sul suo futuro stato di salute durante la vecchiaia incidendo in modo decisamente positivo”.
Epigenetica, segreto della longevità
L’epigenetica è una branca della genetica che si occupa dei cambiamenti ereditabili da una cellula o da un organismo in cui non si osserva una variazione del genotipo. Lo stato di salute prima del concepimento è strettamente correlata all’esito della gravidanza; ricerche relative a tutto il corso della vita indicano il pre-concepimento come il periodo più critico per la salute tra generazioni.
“I segnali ambientali epigenetici sono molteplici: dal cibo che ingeriamo, da come e quanto muoviamo il corpo, da come ci relazioniamo con l’ambiente e con le persone, come gestiamo le nostre emozioni, i nostri pensieri, dall’aria che respiriamo. Gli stili di vita, gli stressors, le condizioni psico-emozionali dei futuri genitori – continua Pecorelli – hanno il potenziale di influenzare il rischio delle malattie croniche. La nostra salute e il nostro benessere quando cresciamo, da adulti e anche da anziani, dipende da ciò che succede prima del concepimento e durante i primi 1.000 giorni di vita”.
Investimento pre-natale per longevità
L’esposizione a stress durante la gravidanza è stata più volte associata all’insorgenza nei figli di determinate condizioni cardiovascolari, metaboliche, neurologiche e condizioni mentali e cognitive.
“Identificare le persone che intendono pianificare una gravidanza, fornisce una finestra di opportunità per migliorare la salute prima del concepimento – conclude Folco – mentre iniziative per ridurre i determinanti dei rischi pre-concezionali, come ad esempio obesità, fumo, uso di sostanze stupefacenti, abuso di alcol, sono essenziali per migliorare gli esiti. Investire nella salute pre-concezionale e prenatale non solo contribuisce al benessere a breve termine, ma offre anche una solida base per un invecchiamento migliore e più attivo nel lungo periodo. Comprendere e affrontare consapevolmente la gravidanza non solo può migliorare la salute dei figli fin dall’inizio della vita, ma può anche favorire un invecchiamento più sano e resiliente”.
Consumo di uova e colesterolo: uno studio sfata il mito
AlimentazioneUno studio presentato al congresso dell’American College of Cardiology, condotto dal Duke Clinical Research Institute di Durham (North Carolina), ha sollevato una questione importante riguardo al consumo di uova e il loro impatto sul colesterolo. Contrariamente alle credenze comuni, sembra che il consumo regolare di uova non aumenti i livelli di colesterolo nel sangue, come evidenziato dallo studio chiamato Prosperity.
Lo studio
Lo studio Prosperity si è concentrato sull’analisi degli effetti del consumo di 12 o più uova a settimana rispetto a una dieta senza uova, su 140 pazienti affetti da malattie cardiovascolari o con un elevato rischio cardiovascolare. Durante il periodo di quattro mesi di studio, i ricercatori hanno osservato che i livelli di colesterolo sono rimasti pressoché simili tra coloro che consumavano uova regolarmente e coloro che non le assumevano affatto.
Nuovo punto di vista
La coordinatrice della ricerca, Nina Nouhravesh, ha sottolineato l’importanza di queste scoperte, soprattutto considerando le preoccupazioni precedentemente sollevate riguardo alla sicurezza del consumo di uova, specialmente per le persone a rischio di malattie cardiache. Nouhravesh ha enfatizzato che, nonostante le dimensioni limitate dello studio, fornisce rassicurazioni significative sull’accettabilità del consumo di uova per quanto riguarda gli effetti sui lipidi nel sangue.
Omega 3
Particolare attenzione è stata dedicata alle uova fortificate, che contengono meno grassi saturi e una gamma più ampia di vitamine e minerali essenziali, come iodio, vitamine del gruppo B, vitamina D, selenio e acidi grassi omega-3. I pazienti coinvolti nello studio sono stati assegnati casualmente a consumare 12 uova fortificate a settimana o meno di due uova di qualsiasi tipo a settimana. Tutti i pazienti, con un’età media di 66 anni e affetti da precedenti eventi cardiovascolari o almeno due fattori di rischio cardiovascolare, sono stati sottoposti a controlli regolari mediante visite periodiche ed esami del sangue.
Contributo importante
Lo studio Prosperity rappresenta un passo avanti significativo nel comprendere l’effetto del consumo di uova sulla salute cardiovascolare. Le sue conclusioni suggeriscono che il consumo abituale di uova, specialmente quelle fortificate, può essere considerato sicuro e potenzialmente benefico per individui a rischio cardiovascolare elevato. Tuttavia, ulteriori ricerche su scala più ampia sono necessarie per confermare e approfondire queste conclusioni. In ogni caso, questo studio offre un contributo importante nel dissipare le preoccupazioni riguardanti il consumo di uova e il colesterolo.
Donne in sanità, costrette a scegliere tra famiglia e carriera
News Presa«Al Sud le donne che lavorano nel SSN devono scegliere tra famiglia e carriera e per le famiglie dei camici bianchi non c’è quasi nessun aiuto. Una situazione inaccettabile alla quale occorre porre rimedio». A denunciarlo è il segretario regionale dell’Anaao Assomed Bruno Zuccarelli, sulla base dei di un’indagine prodotta dal Gruppo Donne del sindacato della dirigenza medica e sanitaria ; gruppo che vede come responsabile la dottoressa Marlene Giugliano. «Nelle strutture sanitarie italiane abbiamo 220 asili aziendali, di cui 208 sono al Nord (23 solo in Lombardia).
La Campania
In Campania gli asili nido su 16 aziende ospedaliere sono solo 2: Cardarelli e Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II. Il Moscati di Avellino aveva un asilo nido che è stato chiuso con la pandemia pandemia. Una condizione vergognosa e desolante», aggiunge Zuccarelli. Ma i dati raccolti dal sindacato dicono anche altro: se si guarda al personale del servizio sanitario nazionale, il 68% è costituito da donne, quasi 7 operatori su 10, con un forte sbilanciamento verso il Nord dove le donne sono il 76%, mentre al Sud solo il 50%.
Gap
«Un divario tra Nord e Sud, quello della sanità, che si lega alle condizioni di difficoltà che le donne devono affrontare – aggiunge Giugliano -, del resto in Campania il costo medio della retta mensile di un asilo è di 300 euro, con cifre che in alcuni casi arrivano anche a 600 euro. E nella nostra regione c’è un posto in asili nido solo ogni 10 bambini». Per questo le donne campane dell’Anaao chiedono di essere ascoltate dalle Istituzioni regionali, così come dalle Aziende ospedaliere e Sanitarie.
Proposte
Tre i punti chiave sui quali intervenire: creazione di asili nido aziendali che rappresentano una forma di attenzione per le esigenze dei propri dipendenti e consentono una migliore conciliazione dei tempi casa-lavoro; sostituzione dei dirigenti in astensione obbligatoria per maternità o paternità e applicazione delle norme già esistenti, come flessibilità oraria; nomina, costituzione e funzionamento dei Comitati unici di garanzia (Cug). «Sono organismi che prevedono compiti propositivi, consultivi e di verifica in materia di pari opportunità e di benessere organizzativo per contribuire all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, agevolando l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni e favorendo l’affezione al lavoro, garantendo un ambiente lavorativo nel quale sia contrastata qualsiasi forma di discriminazione», spiega Giugliano. In regioni come la nostra questi organismi hanno solo un ruolo formale cosa che non siamo più disposte ad accettare».
Prostata, screening per diagnosi precoce del tumore
News Presa, PrevenzioneIn Europa oltre 2 milioni di uomini convivono con il tumore alla prostata. Nel nostro Paese rappresenta il 20 per cento dei tumori maschili con 41 mila nuove diagnosi ogni anno. L’innovazione ha portato nuove possibilità di cura riducendo la mortalità, ma a fare la differenza è sempre la diagnosi precoce. Oggi per la diagnosi di questo tumore è previsto l’esame del PSA (Antigene Prostatico Specifico). Viene indicato per uomini sopra i 40 anni in caso di familiarità per tumore alla prostata e uomini sopra i 50 anni come screening. Tuttavia, i numeri suggeriscono la necessità di considerare una nuova strategia di prevenzione.
Da qui nasce Let’s Talk Prostate Cancer Expert Group, gruppo che riunisce gli stakeholder delle principali organizzazioni in Europa nel campo del tumore della prostata ed è presieduto da membri del Parlamento europeo. L’obiettivo è incentivare i protocolli di screening organizzati e basati sul rischio del tumore della prostata in tutti gli Stati membri dell’UE. Istituzioni, clinici e associazioni europee hanno fatto il punto in un incontro virtuale, in cui è intervenuta anche la Fondazione Onda, portando l’esperienza italiana.
Tumore prostata, modello italiano
Ogni anno sono 41 mila le nuove diagnosi di tumore della prostata in Italia. Il Piano europeo di lotta contro il cancro, presentato nel 2021, e la pubblicazione nel dicembre 2022 dell’aggiornamento delle Raccomandazioni sugli screening oncologici invitano a prendere in considerazione lo screening organizzato, oltre che per altri tipi di tumore, anche per il tumore della prostata. L’obiettivo è sollecitare una maggiore attenzione verso la diagnosi precoce riducendo la mortalità e le diseguaglianze.
In Italia, dove un programma di screening organizzato per questo tumore non è attivo, si stanno però facendo passi avanti. Il Ministero della Salute ha recentemente stanziato 500.000 euro per la realizzazione di un progetto pilota per un programma di screening organizzato basato sul rischio del tumore della prostata nella Regione Toscana. Questo progetto ha l’obiettivo di valutare l’accettabilità, l’accuratezza e la fattibilità di protocolli di screening che utilizzano il PSA con risonanza magnetica come test di triage per i soggetti positivi al fine di ridurre la sovradiagnosi e migliorare la diagnosi precoce nella popolazione target.
«Il tumore della prostata è diventato parte integrante delle nostre campagne a partire dall’inizio del 2022 quando abbiamo creato il network degli ospedali con il Bollino Azzurro, riconoscimento assegnato ai centri che garantiscono un approccio multiprofessionale e interdisciplinare dei percorsi diagnostici e terapeutici per questo tumore e abbiamo poi avviato un progetto di ampio respiro in risposta alle Raccomandazioni del Consiglio europeo sullo screening del tumore della prostata», dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda. «A seguito della pubblicazione del nostro Libro bianco sul tema, abbiamo realizzato un progetto di sensibilizzazione sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce del tumore della prostata».
«Sono onorata di aver potuto portare questa importante esperienza e il nostro impegno come best practice a livello europeo», conclude la Dott.ssa Merzagora.