Tempo di lettura: 3 minutiAnche un consumo moderato di alcol, compreso il vino, specie fra i giovani, impatta sulla salute del fegato. In particolare aumenta il rischio di epatopatie, sia acute che croniche. In occasione della Giornata della Prevenzione Alcolica, la Società Italiana di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva (SIGE) si è unita alle iniziative globali per aumentare la consapevolezza sui rischi legati all’alcol.
Alcol e rischi
L’alcol è tra i primi fattori di rischio per la salute a livello globale. “Anche quantità moderate di alcol possono danneggiare il fegato o accelerare la progressione di malattie epatiche già presenti come la steatosi epatica non alcolica fino alla cirrosi e al cancro del fegato”, afferma la Professoressa Carmelina Loguercio, Docente presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, recentemente insignita di un Premio alla carriera dalla SIGE.
“Riguardo all’alcol, l’unico strumento per i pazienti è l’astinenza dall’alcol – conferma il professor Domenico Alvaro, ordinario di Gastroenterologia e preside della Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’Università di Roma La Sapienza – obiettivo che purtroppo è difficile da raggiungere”.
Sulle malattie epatiche avanzate da alcol, “ se fino a pochi anni fa, per i pazienti con consumo attivo il trapianto era un tabù, oggi si sta cambiando atteggiamento, anche se purtroppo in vari centri trapianti il paziente non completamente astinente non viene trapiantato. I dati attuali ci dicono che i famosi sei mesi di astinenza da alcol non sempre sono obbligatori per poter mettere un paziente con malattia avanzata di fegato in lista trapianto. Si è visto che in caso di malattia acuta subcronica da alcol, il trapianto può essere comunque consigliato perché i dati a lungo termine ci dicono che comunque si riduce in maniera significativa la mortalità”.
Stile di vita
In Italia, il consumo di vino è spesso legato a momenti conviviali e a una tradizione culturale. Tuttavia, secondo gli studi, nessun livello di consumo alcolico è completamente sicuro per la salute. Studi recenti indicano che anche piccole quantità di alcol possono impattare a lungo termine, soprattutto se il consumo inizia in giovane età. I dati pubblicati in questi giorni da Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità (Ona-Iss) mostrano come nel 2022 circa 8 milioni di italiani di età superiore a 11 anni (pari al 21,2% degli uomini e al 9,1% delle donne) hanno bevuto una quantità di alcol tale da mettere la propria salute a rischio. Inoltre, sono 3milioni e 700 mila le persone che hanno bevuto per ubriacarsi e per 770mila italiani il consumo di alcol è stato così alto da provocare un danno a livello fisico o mentale.
Cirrosi epatica
In Italia il numero di pazienti affetti da cirrosi epatica non è noto con certezza. Nel 2022 una prima stima del numero di pazienti con diagnosi nota di cirrosi epatica ne valuta circa 180.000 – dati Associazione Epac.it. “Se parliamo della fase avanzata, cioè di cirrosi epatica, si stima che in Italia esistano in realtà circa 500.000 soggetti, diagnostici e non, con cirrosi, come dato di prevalenza. Una grossa parte di questi probabilmente rappresenta la parte nascosta dell’iceberg ma attualmente possiamo dire che su 500.000 circa la metà sono di eziologia alcolica e l’altra metà sono legate alla sindrome metabolica, ovviamente escludendo le cause virali che sono in netta discesa” – precisa il professor Domenico Alvaro.
Il rischio è particolarmente elevato tra i giovani, dove stili di vita scorretti possono promuovere comportamenti di consumo alcolico progressivamente dannoso per la salute globale. ” È fondamentale, pertanto, intervenire precocemente sulle abitudini del consumo alcolico fra i giovani, promuovendo stili di vita salutari e informando sulle potenziali conseguenze negative”, sottolinea la professoressa Loguercio.
“Ci sono due cause di malattia epatica che continuano a crearci grossi problemi. Il primo è l’alcol, l’altra è la sindrome metabolica, quest’ultima in progressivo aumento d’incidenza. Di fatto, non ci sono evidenze di una riduzione di consumo di alcol, soprattutto tra i giovani, cosa che rappresenta un problema sociale enormemente importante anche nelle fasce medie o alte di età, soprattutto nel Nord Italia – interviene il professor Domenico Alvaro. – L’alcol rappresenta ancora oggi una delle principali cause di malattie epatiche e la disassuefazione dall’alcol è un reale problema che richiede una gestione multidisciplinare del paziente”.
Gli specialisti della SIGE chiedono azioni preventive attraverso campagne informative e politiche pubbliche che sostengano l’educazione al rischio alcolico, in particolare tra i giovani e durante gli eventi sociali e culturali.
“La prevenzione è la nostra migliore alleata nella lotta contro le epatopatie, specie quelle legate all’alcol. Infatti, solo attraverso la consapevolezza e l’educazione possiamo sperare di ridurne l’incidenza”, conclude la prof.ssa Loguercio.
Malattia di pompe, nuova terapia e diagnosi precoce
News, Partner, PrevenzioneUna patologia rara che però può essere tenuta a bada con una terapia innovativa. Parliamo della Malattia di Pompe con la dottoressa Lucia Ruggiero, ricercatrice all’Università Federico II di Napoli, dirigente medico presso la U.O.C. di Neurologia e responsabile dell’ambulatorio di malattie neuromuscolari. È proprio lei a spiegare che la Malattia di Pompe «è legata al deficit dell’enzima alfa-glucosidasi acida (GAA), con l’effetto di creare nel tempo un accumulo di glicogeno all’interno delle fibre muscolari e, di conseguenza una degenerazione della fibrocellula».
Danno muscolare
Semplificando non poco, si crea a lungo andare un danno muscolare che in alcuni casi ha effetti devastanti sulla vita dei pazienti. Anche per la Malattia di Pompe occorre distinguere tra forme più lievi, che solitamente hanno un’insorgenza tardiva, e forme aggressive, evidenti già alla nascita. Bene chiarire subito che questa malattia rara è, nella maggior parte dei casi, autosomica recessiva; questo significa che il difetto enzimatico viene ereditato da entrambi i genitori. «Solo in casi rarissimi – dice Ruggiero – ci troviamo difronte a forme causate da un difetto ereditato da un solo genitore combinato ad una mutazione che di forma de novo nel paziente». I sintomi nell’adulto sono quasi sempre difficili da scovare, perché sono sintomi per lo più generici e poco indicativi. Non a caso, la dottoressa Ruggiero parla di sintomi «subdoli», si può avere quello che all’apparenza è un semplice affaticamento muscolare o una mialgia.
Sintomi
«Sintomi che, in assenza di un trattamento, diventano sempre più gravi sino ad arrivare ad un vero e proprio deficit respiratorio e all’incapacità di camminare». Facile comprendere quale possa essere l’impatto sulla qualità di vita e il costo sociale di questa malattia. Fortunatamente, la Malattia di Pompe ha un trattamento. «Resta una malattia cronica – chiarisce la specialista – ma possiamo intervenire con una terapia enzimatica sostitutiva molto efficace». Di qui l’importanza di una diagnosi precoce. A causa della rarità e della somiglianza della malattia di Pompe con altre patologie neuromuscolari, possono verificarsi notevoli ritardi nella diagnosi: 3 mesi, in media, nei bambini, dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi; circa 7 anni, in media, per i pazienti con malattia di Pompe ad esordio tardivo.
Terapia
«Oggi con delle analisi biochimiche possiamo avere un’indicazione chiara di un’eventuale danno a carico del muscolo, che può essere alterato anche prima i che il quadro diventi poi conclamato». Questo consente di partire in modo precoce con la terapia che, come detto, per la Malattia di Pompe è molto efficace. «La prima terapia per la malattia di Pompe è stata approvata in Europa nel 2006, e resa disponibile anche in Italia. Si tratta di una terapia enzimatica sostitutiva, ovvero un trattamento che sostituisce l’enzima mancante o difettoso e degrada il glicogeno accumulato nei lisosomi delle cellule muscolari. L’enzima sostitutivo viene prodotto biotecnologicamente e somministrato per via endovenosa.
Innovazione
La terapia enzimatica sostitutiva con GAA umano ricombinante prolunga in modo significativo la sopravvivenza del bambino affetto dalla forma classica della patologia, riduce significativamente la cardiomiopatia ed è stato dimostrato che risulta più efficace se somministrata in uno stadio iniziale della malattia». Ad oggi sono oltre 1.500 pazienti in trattamento in tutto il mondo. Nel giugno 2022, la Commissione Europea ha inoltre concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio di una seconda terapia enzimatica sostitutiva per il trattamento della malattia di Pompe a insorgenza tardiva (LOPD) e infantile (IOPD) con differenze clinicamente significative sia in pazienti affetti da malattia di Pompe ad esordio tardivo che a esordio infantile. «La possibilità di differenziare correttamente la malattia di Pompe da altre patologie è fondamentale per minimizzare i ritardi diagnostici e contrastare la progressione della patologia».
Articolo pubblicato si IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Arcangelo Barbato con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Editoria: Speciale Salute e Prevenzione di Aprile
Bambini, News Presa, Prevenzione, SpecialiIn collaborazione con Il Mattino, lo Speciale che il network editoriale PreSa dedica ai temi della Salute e della Prevenzione. I maggiori esperti nazionali ed internazionali intervistati sui temi di stretta attualità. In questo numero occhi puntati sulla galassia delle malattie rare, con un approfondimento sulla Malattia di Pompe. Spazio poi alla denatalità, al management sanitario e ai problemi gastrointestinali. Tutto questo, e tanto di più, sempre con un linguaggio chiaro e diretto.
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ECO, screening tumori salvano vite. Italia in ritardo
Associazioni pazienti, Eventi e premi, News Presa, PrevenzionePrima si scopre un cancro, migliore è la prognosi. Eppure sono ancora moltissimi gli italiani che oggi convivono con una malattia non diagnosticata, rendendo potenzialmente più difficile e meno efficace l’eventuale trattamento. Da qui l’iniziativa dell’European Cancer Organisation (Organizzazione Europea per la lotta al Cancro –ECO) che ha organizzato nei giorni scorsi un evento al Senato della Repubblica. Al centro i metodi innovativi per migliorare, promuovere e rendere accessibile a tutti i cittadini la diagnosi precoce dei tumori.
Durante l’evento, ECO ha presentato il suo nuovo “Report Nazionale per l’Italia”, redatto in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi che ha inoltre contributito con la raccolta
dei dati e con la promozione del report stesso.
Screening, tra le criticità divario tra nord e sud nell’accesso
I dati emersi sono allarmanti, tra cui:
In Italia diagnosi tumori tardive
In Italia i pazienti vengono diagnosticati quando sono giá in stadi piú avanzati del tumore, rispetto al resto d’Europa. Ciò ha un impatto diretto sugli esiti e sulle possibilità di sopravvivenza dei pazienti. Durante l’evento, ECO ha presentato una serie di raccomandazioni specifiche tratte dal suo Manifesto europeo contro il cancro per il 2024, evidenziando le migliori pratiche che possono
essere intraprese a livello nazionale.
Il Manifesto di ECO per la lotta ai tumori
Le proposte riflettono le esperienze e le prospettive raccolte negli ultimi 5 anni tramite le politiche per la lotta contro il cancro promosse dall’Unione Europea.
Tali raccomandazioni includono:
gli allarmi precoci causati dal cancro.
per consentire una comparabilità efficace.
screening (ad esempio attraverso l’uso dell’auto-campionamento).
L’evento ha inoltre fatto il punto su temi come la crisi del personale italiano in oncologia e l’importanza
della vaccinazione contro il papillomavirus (HPV) come metodo di prevenzione efficace contro il
cancro del collo dell’utero e del pene, e altri tipi di tumore, sia nelle donne sia negli uomini.
Salute Donna: settimana di visite gratuite negli Ospedali Bollino Rosa
Benessere, Eventi e premi, News Presa, PrevenzioneIl 22 aprile si celebra la Giornata nazionale della Salute della Donna. La Fondazione Onda ETS anche quest’anno organizza dal 18 al 24 aprile la nona edizione dell’(H) Open Week con l’obiettivo di promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura al femminile.
Le oltre 260 strutture del network Bollino Rosa che hanno aderito all’iniziativa offriranno gratuitamente servizi clinici, diagnostici e informativi (in presenza e a distanza) nelle aree specialistiche di cardiologia, colonproctologia, dermatologia, diabetologia, dietologia e nutrizione, endocrinologia e malattie del metabolismo, ginecologia e ostetricia, medicina della riproduzione, neurologia, oncologia ginecologica, oncologia medica, pneumologia, psichiatria, reumatologia, senologia, urologia e nell’ambito dei percorsi dedicati alla violenza sulla donna.
«Giunta ormai alla sua nona edizione, l’(H) Open week sulla salute della donna sottolinea nuovamente quanto sia fondamentale continuare ad occuparsi della salute femminile come valore in sé e come valore sociale, invitandoci ad agire sempre più concretamente»,commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS. «Fondazione Onda ETS rinnova il suo impegno nei confronti della salute della donna: una causa che sentiamo nostra da quando l’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin istituì la giornata dedicata alla salute femminile e da lì sempre onorata. Gli Ospedali del network Bollino Rosa aderenti all’iniziativa offrono una settimana di servizi gratuiti come visite, consulenze telefoniche, eventi e colloqui a distanza, info point e distribuzione di materiale informativo per avvicinare la popolazione femminile a diagnosi sempre più precoci e a percorsi di cura personalizzati».
Salute donna, come prenotare le visite gratuite
Sono consultabili sul sito www.bollinirosa.it tutti i servizi offerti con indicazioni su date, orari e modalità di prenotazione. È possibile selezionare la regione e la provincia di interesse per visualizzare l’elenco degli ospedali aderenti e consultare i servizi offerti.
Fondazione Onda ETS dal 2007 attribuisce agli ospedali che erogano servizi dedicati alla prevenzione, diagnosi e cura delle principali patologie femminili il riconoscimento del Bollino Rosa. Il network, composto da 361 ospedali dislocati sul territorio nazionale, sostiene Fondazione Onda ETS nel promuovere, anche all’interno degli ospedali, un approccio “di genere” nella definizione e nella programmazione strategica dei servizi clinico-assistenziali, indispensabile per garantire il diritto alla salute non solo delle donne ma anche degli uomini.
Due tumori e un intervento grazie alla chirurgia robotica
Ricerca innovazioneL’intervento è stato eseguito a marzo su un paziente marchigiano di 75 anni, dall’équipe chirurgiche guidate dai professori Matteo Rottoli e Riccardo Schiavina. Sono stati asportati il rene sinistro (interessato da un carcinoma renale papillare) e il colon destro (adenocarcinoma) nel corso della stessa seduta operatoria. I due tumori maligni sono stati rimossi nel corso della stessa operazione, con l’ausilio della chirurgia robotica che ha consentito di ridurre i tempi e di limitare l’invasività dell’operazione.
L’operazione rappresenta un ulteriore passo in avanti nella recente ma già consolidata storia della chirurgia robotica bolognese. Gli ambiti di ricerca sugli approcci innovativi sono moltissimi: non solo la chirurgia del tratto alimentare – il Prof. Rottoli è il chirurgo che ha eseguito il più alto numero di resezioni intestinali al mondo con Hugo e, più in generale, l’IRCCS è centro di riferimento per il training chirurgico e lo sviluppo delle nuove tecnologie robotiche – ma anche cardiaca, ginecologica, ginecologica-oncologica, oftalmologia, ortopedica, pediatrica, senologica, testa-collo, toracica e urologica. “Grazie alla versatilità, alla maggior comodità e ai costi più contenuti della piattaforma gli interventi che possono essere eseguiti con il robot sono in continuo aumento”, spiega il Prof. Schiavina, specialista dell’Urologia diretta dal Prof. Eugenio Brunocilla. “Inoltre grazie alla consolle aperta il nuovo robot consente di aumentare la possibilità di fare formazione in ambito chirurgico poiché più chirurghi hanno accesso allo schermo 3D e possono passare agevolmente gli strumenti per l’insegnamento dei vari passaggi dell’intervento”.
Chirurgia robotica, Sant’Orsola è l’ospedale dei robot
“Hugo”, nuova piattaforma di Medtronic, si è inserito lo scorso anno all’interno di un trend già ben definito, affiancando il robot chirurgico “Da Vinci” – operativo al Sant’Orsola dal 2015 – e il “Da Vinci XI” utilizzato presso l’Ospedale Maggiore dalla Chirurgia Toracica e dalla Chirurgia Generale dell’IRCCS.
Negli anni l’incremento del numero di dispostivi è andato di pari passo con la crescita costante degli interventi di chirurgia robotica eseguiti: dai 167 del 2015 ai 1.050 del 2023 (+38% sul 2022).
L’utilizzo delle piattaforme robotiche permette di ridurre significativamente la necessità di interventi chirurgici di revisione, i tassi di infezione, le complicanze e, di conseguenza, la durata del ricovero. La possibilità di visualizzare e sovraimporre modelli 3D in tempo reale durante l’operazione, inoltre, consente di amplificare i vantaggi dati dalla chirurgia robotica e di espandere le possibilità di risparmio d’organo in vari ambiti.
Biosimilari, Egualia: ampliare accesso terapie biologiche
FarmaceuticaSemplificazioni normative, snellimento burocratico e politiche di prezzo intelligenti e lungimiranti per ampliare l’accesso alle terapie biologiche non protette da brevetto che “salvano la vita a milioni di pazienti europei, riducendo le disuguaglianze di accesso e il peso delle malattie croniche”. Lo chiede in una nota ufficiale, Medicines for Europe – associazione europea dei produttori di generici, biosimilari e Value Added Medicines, di cui fa parte anche l’Italiana Egualia.
“Per non perdere nei prossimi decenni opportunità di cura e apporto alla sostenibilità dei sistemi sanitari (risparmi cumulativi di 50 miliardi di euro dal 2006, 10 miliardi di euro solo nel 2023)”, le aziende europee del comparto hanno sollecitato decisioni urgenti in occasione della 20a conferenza annuale da poco conclusa ad Amsterdam.
“Una strategia globale sui medicinali biosimilari per l’Europa – scrivono in una nota – deve responsabilizzare ulteriormente tutti gli attori del mondo della salute; accelerare la razionalizzazione dei processi regolatori per garantire che i pazienti europei possano accedere ad un più ampio numero di farmaci biologici; affrontare efficacemente le barriere e incoraggiare una sana concorrenza nel settore dei farmaci biologici; sostenere e far crescere gli investimenti dei produttori di biosimilari anche nelle biotecnologie di prossima generazione, in quanto settore sanitario ed economico strategico”.
Obiettivi condivisi da Marco Forestiere (vicepresidente di Egualia con delega per i biosimilari): “Nel nostro Paese – spiega – è indispensabile rivedere il meccanismo di governance della spesa farmaceutica per creare un sistema industriale più sostenibile, a partire dal superamento del meccanismo del payback. I biosimilari sono inclusi nel conteggio della spesa, pur rappresentando una spesa virtuosa, un fattore di risparmio. Allo stesso modo andrebbero adottati nelle gare pubbliche parametri di valutazione che oltre al prezzo tengano conto di anche di ulteriori indicatori qualitativi, immaginando magari dei sistemi premianti che consentano alle Regioni di reinvestire parte del risparmio generato in farmaci innovativi e servizi al paziente”.
Acufene, una nuova terapia può risolverlo
News Presa, Ricerca innovazioneÈ la relazione tra acufene (o tinnitus) e sordità ad avere guidato uno studio della Harvard Medical School che apre la strada a una possibile cura. Se l’acufene fa sentire cose che non ci sono, con la sordità si perde la percezione di alcuni suoni. In realtà la perdita di input dalle orecchie induce il cervello a compensare con suoni illusori, meccanismo simile a quello dell’arto fantasma nelle persone amputate. Le onde sonore attraverso il timpano raggiungono il fluido all’interno di una camera a spirale dell’orecchio interno chiamata “coclea”; le cellule dotate di minuscoli peli movimentati da questo fluido trasformano le onde sonore in impulsi elettrici che dai nervi arrivano al cervello, queste cellule ciliate muoiono gradualmente con l’età soprattutto quelle che registrano i suoni ad alta frequenza.
Fibre nervose
Gli studi della Harvard Medical School hanno dimostrato che le fibre nervose sono più vulnerabili ai danni da rumore rispetto alle cellule ciliate e tre tipi di fibre sensibili a volumi diversi hanno sensibilità differenti; quelle che elaborano i suoni forti si danneggiano più facilmente, questo spiega anche perché – spesso – gli anziani abbiano difficoltà a comprendere le parole in ambienti rumorosi. Ma c’è chi con un buon udito soffre di acufene o chi senza avere l’acufene non sente bene in ambienti rumorosi, in questo caso si parla di sordità nascosta.
Neurotrofina 3
Le persone con un dito normale sofferenti di acufene hanno un’attività inferiore nei nervi acustici rispetto a quelle senza acufene e anche l’esposizione al rumore può influenzare i nervi cocleari e causare una perdita uditiva nascosta anche prima di uccidere le cellule ciliate, questo ha aperto esperimenti di rigenerazione delle fibre del nervo cocleare attraverso la neurotrofina 3, molecola che promuove la formazione di sinapsi nell’orecchio negli embrioni. Una terapia che in sperimentazione ha eliminato l’acufene e anche restituito completamente l’udito.
Presa Weekly 19 Aprile 2024
PreSa WeeklyInfluenza aviaria, paura per il salto di specie
News PresaIl virus H5N1, quello dell’influenza aviaria, fa tremare la comunità scientifica. Di queste ore l’allerta lanciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) che ha chiaramente espresso «enorme preoccupazione» per questa nuova minaccia, che potrebbe diventare un problema serio in caso di trasmissione da uomo a uomo. Negli ultimi mesi, infatti, il ceppo H5N1 dell’influenza aviaria ha visto una crescente diffusione e Jeremy Farrar, capo dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite, in una conferenza stampa a Ginevra ha messo in evidenza come questo agente patogeno ha dimostrato «un tasso di mortalità straordinariamente alto» nelle persone infettate attraverso il contatto con animali infetti.
Adattamento
Il passo che andrà assolutamente evitato è quello successivo, vale a dire la capacità del virus di adattarsi per riuscire a passare da uomo a uomo. Una precisazione è d’obbligo: attualmente non esistono prove di trasmissione da uomo a uomo del virus H5N1. Tra il 2003 e il 1° aprile 2024, l’Oms ha dichiarato di aver registrato un totale di 889 casi umani di influenza aviaria in 23 paesi, inclusi 463 decessi, portando il tasso di mortalità al 52%. Ma sempre casi di infezione da animale a uomo. All’inizio di aprile le autorità americane hanno comunicato che una persona era risultata positiva all’influenza aviaria dopo essere stata contagiata da una mucca da latte in Texas.
Nel mondo
Ad oggi, fortunatamente, i casi di trasmissione all’uomo restano rari, ma questo non significa che non esista un rischio. Un bambino di nove anni, portatore del ceppo H5N1, è morto di influenza aviaria in Cambogia a febbraio, dopo tre decessi nello stesso paese nel 2023. Il sintomo al quale prestare attenzione, sempre che si entri in contatto con animali infetti, è quello dell’occhio rosso (corrispondente alla congiuntivite). Quando «si entra nella popolazione dei mammiferi, allora ci si avvicina agli esseri umani», ha detto ancora Farrar, avvertendo che «questo virus è solo alla ricerca di nuovi ospiti. È una vera preoccupazione». Farrar ha chiesto quindi di rafforzare il monitoraggio, avvertendo che è «molto importante capire quante infezioni umane si stanno verificando, perché è lì che avverrà l’adattamento del virus».
In Italia
Nel nostro paese, 11 nuovi focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità da sottotipo H5N1 sono stati confermati in allevamenti di pollame nel periodo compreso da fine marzo 2023 a dicembre 2023. Nel 2024 è stato sinora confermato un solo focolaio nel mese di febbraio. Ora, a livello mondiale, sarà determinante tenere alta la guardia ed evitare che questo virus possa compiere il salto che lo renderebbe molto pericoloso per l’uomo.
Alcol, in Italia 500mila con cirrosi, molti senza diagnosi
News PresaAnche un consumo moderato di alcol, compreso il vino, specie fra i giovani, impatta sulla salute del fegato. In particolare aumenta il rischio di epatopatie, sia acute che croniche. In occasione della Giornata della Prevenzione Alcolica, la Società Italiana di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva (SIGE) si è unita alle iniziative globali per aumentare la consapevolezza sui rischi legati all’alcol.
Alcol e rischi
L’alcol è tra i primi fattori di rischio per la salute a livello globale. “Anche quantità moderate di alcol possono danneggiare il fegato o accelerare la progressione di malattie epatiche già presenti come la steatosi epatica non alcolica fino alla cirrosi e al cancro del fegato”, afferma la Professoressa Carmelina Loguercio, Docente presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, recentemente insignita di un Premio alla carriera dalla SIGE.
“Riguardo all’alcol, l’unico strumento per i pazienti è l’astinenza dall’alcol – conferma il professor Domenico Alvaro, ordinario di Gastroenterologia e preside della Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’Università di Roma La Sapienza – obiettivo che purtroppo è difficile da raggiungere”.
Sulle malattie epatiche avanzate da alcol, “ se fino a pochi anni fa, per i pazienti con consumo attivo il trapianto era un tabù, oggi si sta cambiando atteggiamento, anche se purtroppo in vari centri trapianti il paziente non completamente astinente non viene trapiantato. I dati attuali ci dicono che i famosi sei mesi di astinenza da alcol non sempre sono obbligatori per poter mettere un paziente con malattia avanzata di fegato in lista trapianto. Si è visto che in caso di malattia acuta subcronica da alcol, il trapianto può essere comunque consigliato perché i dati a lungo termine ci dicono che comunque si riduce in maniera significativa la mortalità”.
Stile di vita
In Italia, il consumo di vino è spesso legato a momenti conviviali e a una tradizione culturale. Tuttavia, secondo gli studi, nessun livello di consumo alcolico è completamente sicuro per la salute. Studi recenti indicano che anche piccole quantità di alcol possono impattare a lungo termine, soprattutto se il consumo inizia in giovane età. I dati pubblicati in questi giorni da Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità (Ona-Iss) mostrano come nel 2022 circa 8 milioni di italiani di età superiore a 11 anni (pari al 21,2% degli uomini e al 9,1% delle donne) hanno bevuto una quantità di alcol tale da mettere la propria salute a rischio. Inoltre, sono 3milioni e 700 mila le persone che hanno bevuto per ubriacarsi e per 770mila italiani il consumo di alcol è stato così alto da provocare un danno a livello fisico o mentale.
Cirrosi epatica
In Italia il numero di pazienti affetti da cirrosi epatica non è noto con certezza. Nel 2022 una prima stima del numero di pazienti con diagnosi nota di cirrosi epatica ne valuta circa 180.000 – dati Associazione Epac.it. “Se parliamo della fase avanzata, cioè di cirrosi epatica, si stima che in Italia esistano in realtà circa 500.000 soggetti, diagnostici e non, con cirrosi, come dato di prevalenza. Una grossa parte di questi probabilmente rappresenta la parte nascosta dell’iceberg ma attualmente possiamo dire che su 500.000 circa la metà sono di eziologia alcolica e l’altra metà sono legate alla sindrome metabolica, ovviamente escludendo le cause virali che sono in netta discesa” – precisa il professor Domenico Alvaro.
Il rischio è particolarmente elevato tra i giovani, dove stili di vita scorretti possono promuovere comportamenti di consumo alcolico progressivamente dannoso per la salute globale. ” È fondamentale, pertanto, intervenire precocemente sulle abitudini del consumo alcolico fra i giovani, promuovendo stili di vita salutari e informando sulle potenziali conseguenze negative”, sottolinea la professoressa Loguercio.
“Ci sono due cause di malattia epatica che continuano a crearci grossi problemi. Il primo è l’alcol, l’altra è la sindrome metabolica, quest’ultima in progressivo aumento d’incidenza. Di fatto, non ci sono evidenze di una riduzione di consumo di alcol, soprattutto tra i giovani, cosa che rappresenta un problema sociale enormemente importante anche nelle fasce medie o alte di età, soprattutto nel Nord Italia – interviene il professor Domenico Alvaro. – L’alcol rappresenta ancora oggi una delle principali cause di malattie epatiche e la disassuefazione dall’alcol è un reale problema che richiede una gestione multidisciplinare del paziente”.
Gli specialisti della SIGE chiedono azioni preventive attraverso campagne informative e politiche pubbliche che sostengano l’educazione al rischio alcolico, in particolare tra i giovani e durante gli eventi sociali e culturali.
“La prevenzione è la nostra migliore alleata nella lotta contro le epatopatie, specie quelle legate all’alcol. Infatti, solo attraverso la consapevolezza e l’educazione possiamo sperare di ridurne l’incidenza”, conclude la prof.ssa Loguercio.