Tempo di lettura: 6 minutiNe soffrono 350 milioni di persone nel mondo, in Italia il 15-20 per cento della popolazione. Sono un grave onere sociale ed economico, ma manca ad oggi una rete clinica dedicata all’allergologia che possa contrastare il loro impatto sulla vita dei cittadini. In Italia circa il 10 per cento dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma e l’80 per cento di essi è allergico. Le allergie respiratorie, infatti, sono la causa dell’asma nell’80 per cento dei casi, per questo è fondamentale agire la prevenzione. Dal “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie”, siglato da 15 organizzazioni, arriva uno stimolo importante a porle al centro dell’agenda istituzionale.
Le allergie respiratorie crescono in tutto il mondo
Le allergie respiratorie pesano a livello globale. In particolare comportano un consistente onere sociale ed economico per i sistemi sanitari nazionali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e i dati presenti in letteratura circa 350 milioni di persone soffrono in tutto il mondo di malattie connesse alle allergie respiratorie (quali la rinite e l’asma bronchiale) con carattere di cronicità, che influenzano pesantemente la qualità di vita con grandi implicazioni sociali, economiche e cliniche. La comparsa e la ricorrenza dei sintomi (soprattutto tosse e difficoltà respiratoria) richiedono una gestione impegnativa, con visite specialistiche regolari, urgenti e anche ricoveri per la gestione dei casi più severi. Da qui l’esigenza di un “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie”, presentato ieri in una conferenza presso la Camera dei Deputati e sottoscritto da 15 organizzazioni rappresentative del mondo medico-scientifico, dei pazienti, delle istituzioni.
Le cause dell’aumento e i numeri in Italia
Il National Institute of Health degli Stati Uniti ha riconosciuto l’ipotesi che l’aumento del livello di igiene e l’esposizione a sostanze inquinanti, tipici delle società più avanzate del mondo, influiscano sulla risposta immune favorendo sensibilizzazione allergica. A quello ambientale si aggiungono altri fattori di rischio individuali, genetici e legati alla familiarità, comportamentali e relativi a stili di vita inadeguati. Nel nostro Paese si stima che ogni anno circa dieci milioni di persone si ammalano di allergie respiratorie per l’esposizione ad allergeni di pollini, muffe, acari e animali domestici. Secondo le stime, circa il 15-20 per cento della popolazione italiana soffre di allergie, fenomeno in crescita, soprattutto tra i più giovani e le donne. I costi diretti dell’asma, derivanti dall’uso dei farmaci e dei servizi sanitari, rappresentano circa l’1-2 per cento della spesa sanitaria, mentre quelli indiretti (per assenteismo scolastico e riduzione dei giorni di lavoro dei genitori per l’assistenza al figlio), nei casi più gravi, costituiscono oltre il 50 per cento dei costi complessivi, arrivando a incidere, in termini economici, più di patologie quali tubercolosi e infezione da HIV combinati.
Secondo i promotori del manifesto, l’assistenza allergologica appare fortemente ridimensionata a livello nazionale e regionale. “Non è sempre garantito l’equo accesso all’impiego delle terapie più avanzate per il trattamento delle allergie respiratorie, incluse le terapie desensibilizzanti e le NPP (“Named Patient Products”) disciplinate dall’art. 5 della Legge n. 94/1998, in linea con i principi di appropriatezza terapeutica, della sostenibilità per il sistema sanitario nazionale e dell’equità di accesso alle cure in tutte le regioni”.
Il “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie”
Il “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie” è sviluppato da BHAVE, con il coinvolgimento oltre delle società scientifiche, anche di Cittadinanzattiva, Respiriamo Insieme e ALAMA. Il documento si focalizza su temi cruciali, quali i diritti della persona con allergie respiratorie, le aspettative e responsabilità della persona con allergie respiratorie e dei suoi familiari, l’associazionismo responsabile, la prevenzione delle allergie respiratorie, la remissione e controllo delle allergie respiratorie, l’impegno nella ricerca, l’educazione continua della persona con allergie respiratorie, il dialogo medico-persona, le allergie respiratorie in età evolutiva e nell’anziano fragile, e il rapporto delle allergie respiratorie col fenomeno dell’immigrazione e col territorio.
Il Manifesto, che viene presentato a un anno dal lancio del Patto di legislatura sulle allergie respiratorie, è controfirmato da 15 organizzazioni, ovvero: Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie, AAIITO – Associazione Allergologi Italiani del Territorio ed Ospedalieri, ALAMA-APS – Associazione Liberi dall’Asma, dalle Malattie Allergiche, Atopiche, Respiratorie e Rare aderente a FederASMA e ALLERGIE Federazione Italiana Pazienti Odv, Associazione Respiriamo Insieme, Cities+, Cittadinanzattiva, EAACI – European Academy of Allergy and Clinical Immunology, Federsanità, Health City Institute, Planetary Health Inner Circle, SIAAIC – Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica, SIAIP – Società Italiana di Allergologia e Immunologia pediatrica, SIMRI – Società Italiana di malattie respiratorie infantili, SIMG – Società Italiana Medicina Generale, SIP – Società Italiana di Pediatria.
«Il Manifesto vuole essere uno stimolo ed una roadmap che possa far crescere e potenziare il sistema di accesso alle cure per le persone affette da allergie respiratorie», dichiara l’On. Paolo Ciani, vicepresidente gruppo PD-IDP e Segretario della XII Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie.
«A fronte di una situazione epidemiologica e clinica di estrema rilevanza, l’assistenza allergologica versa in una situazione spesso preoccupante. Con la dismissione di strutture in ambito ospedaliero, come purtroppo avvenuto in questi ultimi anni per incomprensibili e infruttuose politiche di tagli lineari, si è drammaticamente ridotta la possibilità di intervenire su malattie gravi e potenzialmente fatali e che necessitano di un setting assistenziale complesso e realizzabile solo in ambienti protetti e da personale a questo dedicato e specificatamente addestrato. Inoltre credo sia opportuno inserire l’immunoterapia specifica e gli NPP tra i trattamenti autorizzati da parte di AIFA, come unica terapia in grado di modificare la storia naturale delle allergie, una terapia che riesce a desensibilizzare progressivamente l’organismo nei confronti di specifici allergeni, inducendo con il tempo una tolleranza verso gli inalanti interessati», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Vice Presidente della 1Oa Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato.
Asma: nell’80 per cento dei casi nasce da allergie respiratorie, fondamentale prevenzione
«In Italia circa il 10 per cento dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma e l’80 per cento di essi è allergico. Le allergie respiratorie sono la causa dell’asma nell’80 per cento dei casi, per questo è fondamentale agire sulla prevenzione. È nei primi anni di vita spesso l’origine di molte malattie polmonari croniche dell’adulto, tra cui l’asma, che purtroppo registrano tassi di morbilità e mortalità ancora preoccupanti. L’auspicio è che il Manifesto presentato oggi sia uno stimolo all’adozione di strumenti adeguati per il contrasto a queste malattie a tutte le età, da quella pediatrica a quella anziana», dichiara Michele Miraglia del Giudice, Presidente Società Italiana di Allergologia e Immunologia pediatrica (SIAIP).
L’impatto dell’inquinamento
«È importante sollecitare l’intervento della politica sul tema delle allergie respiratorie e promuovere le azioni per contrastare l’impatto di queste malattie, come il monitoraggio aerobiologico di pollini allergenici e spore fungine attraverso siti di misura, disposti a rete, diffusi su tutto il territorio nazionale. Le malattie allergiche sono strettamente correlate all’inquinamento e alla immissione di nuove sostanze chimiche nell’ambiente di vita. Gli effetti dell’inquinamento atmosferico hanno un impatto significativo, rispetto alle allergie, particolarmente nei contesti urbani. Questo significa che il carico assistenziale sarà destinato ad accrescersi ulteriormente nel tempo e con esso i costi sanitari che potrebbero invece essere ridotti con l’adozione di politiche pubbliche orientate alle buone pratiche della prevenzione», dichiara Andrea Lenzi, Presidente Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute.
«Le malattie allergiche comportano un grande carico assistenziale, avendo raggiunto ormai una prevalenza nella popolazione generale del 20 per cento, ed è ulteriormente preoccupante il loro continuo incremento. A fronte di questo scenario, è grave la mancanza di ogni riferimento alla definizione di una rete clinica dedicata all’allergologia, a differenza di quanto previsto per numerose altre discipline a minore impatto epidemiologico ed assistenziale. È anche indispensabile che la formazione medica preveda in ogni Università un Corso specifico di Allergologia ed Immunologia Clinica, che attualmente è presente solo in alcuni Atenei.», dichiara Mario Di Gioacchino, Presidente Comitato scientifico dell’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Presidente Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC).
«La mancata definizione, ad oggi, di un modello assistenziale reticolare a complessità crescente (Hub, Spoke e primo livello) rispetto alle malattie allergologiche, impedisce una loro gestione integrata che consenta al paziente di essere inserito in un percorso assistenziale coordinato tra i diversi livelli a crescente complessità, a partire dal proprio medico di famiglia. Occorre su questo un intervento urgente. È importante, inoltre, che a livello di casa della comunità, di livello Hub, sia espressamente prevista la figura dello specialista allergologo e garantita un’assistenza di qualità. È infine importante sottolineare l’assoluta disomogeneità di assistenza ed accesso alle cure a livello nazionale rispetto alle allergie respiratorie, con disuguaglianze a livello regionale, quale una delle massime priorità di intervento», dichiara Lorenzo Cecchi, Presidente Associazione Allergologi Italiani del Territorio ed ospedalieri (AAIITO).
«Occorre potenziare e razionalizzare l’assistenza alle persone che soffrono di queste malattie, aumentare i fondi per la ricerca, implementare la gestione integrata, promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini e assicurare il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale», dichiara Stefano Del Giacco, Past President European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI).
Allergie respiratorie aumentano a causa di sostanze inquinanti. Le cure e l’assistenza: presentato Manifesto
Associazioni pazienti, Benessere, Economia sanitaria, Eventi d'interesse, One health, PrevenzioneNe soffrono 350 milioni di persone nel mondo, in Italia il 15-20 per cento della popolazione. Sono un grave onere sociale ed economico, ma manca ad oggi una rete clinica dedicata all’allergologia che possa contrastare il loro impatto sulla vita dei cittadini. In Italia circa il 10 per cento dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma e l’80 per cento di essi è allergico. Le allergie respiratorie, infatti, sono la causa dell’asma nell’80 per cento dei casi, per questo è fondamentale agire la prevenzione. Dal “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie”, siglato da 15 organizzazioni, arriva uno stimolo importante a porle al centro dell’agenda istituzionale.
Le allergie respiratorie crescono in tutto il mondo
Le allergie respiratorie pesano a livello globale. In particolare comportano un consistente onere sociale ed economico per i sistemi sanitari nazionali. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità e i dati presenti in letteratura circa 350 milioni di persone soffrono in tutto il mondo di malattie connesse alle allergie respiratorie (quali la rinite e l’asma bronchiale) con carattere di cronicità, che influenzano pesantemente la qualità di vita con grandi implicazioni sociali, economiche e cliniche. La comparsa e la ricorrenza dei sintomi (soprattutto tosse e difficoltà respiratoria) richiedono una gestione impegnativa, con visite specialistiche regolari, urgenti e anche ricoveri per la gestione dei casi più severi. Da qui l’esigenza di un “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie”, presentato ieri in una conferenza presso la Camera dei Deputati e sottoscritto da 15 organizzazioni rappresentative del mondo medico-scientifico, dei pazienti, delle istituzioni.
Le cause dell’aumento e i numeri in Italia
Il National Institute of Health degli Stati Uniti ha riconosciuto l’ipotesi che l’aumento del livello di igiene e l’esposizione a sostanze inquinanti, tipici delle società più avanzate del mondo, influiscano sulla risposta immune favorendo sensibilizzazione allergica. A quello ambientale si aggiungono altri fattori di rischio individuali, genetici e legati alla familiarità, comportamentali e relativi a stili di vita inadeguati. Nel nostro Paese si stima che ogni anno circa dieci milioni di persone si ammalano di allergie respiratorie per l’esposizione ad allergeni di pollini, muffe, acari e animali domestici. Secondo le stime, circa il 15-20 per cento della popolazione italiana soffre di allergie, fenomeno in crescita, soprattutto tra i più giovani e le donne. I costi diretti dell’asma, derivanti dall’uso dei farmaci e dei servizi sanitari, rappresentano circa l’1-2 per cento della spesa sanitaria, mentre quelli indiretti (per assenteismo scolastico e riduzione dei giorni di lavoro dei genitori per l’assistenza al figlio), nei casi più gravi, costituiscono oltre il 50 per cento dei costi complessivi, arrivando a incidere, in termini economici, più di patologie quali tubercolosi e infezione da HIV combinati.
Secondo i promotori del manifesto, l’assistenza allergologica appare fortemente ridimensionata a livello nazionale e regionale. “Non è sempre garantito l’equo accesso all’impiego delle terapie più avanzate per il trattamento delle allergie respiratorie, incluse le terapie desensibilizzanti e le NPP (“Named Patient Products”) disciplinate dall’art. 5 della Legge n. 94/1998, in linea con i principi di appropriatezza terapeutica, della sostenibilità per il sistema sanitario nazionale e dell’equità di accesso alle cure in tutte le regioni”.
Il “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie”
Il “Manifesto dei diritti e dei doveri delle persone con allergie respiratorie” è sviluppato da BHAVE, con il coinvolgimento oltre delle società scientifiche, anche di Cittadinanzattiva, Respiriamo Insieme e ALAMA. Il documento si focalizza su temi cruciali, quali i diritti della persona con allergie respiratorie, le aspettative e responsabilità della persona con allergie respiratorie e dei suoi familiari, l’associazionismo responsabile, la prevenzione delle allergie respiratorie, la remissione e controllo delle allergie respiratorie, l’impegno nella ricerca, l’educazione continua della persona con allergie respiratorie, il dialogo medico-persona, le allergie respiratorie in età evolutiva e nell’anziano fragile, e il rapporto delle allergie respiratorie col fenomeno dell’immigrazione e col territorio.
Il Manifesto, che viene presentato a un anno dal lancio del Patto di legislatura sulle allergie respiratorie, è controfirmato da 15 organizzazioni, ovvero: Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie, AAIITO – Associazione Allergologi Italiani del Territorio ed Ospedalieri, ALAMA-APS – Associazione Liberi dall’Asma, dalle Malattie Allergiche, Atopiche, Respiratorie e Rare aderente a FederASMA e ALLERGIE Federazione Italiana Pazienti Odv, Associazione Respiriamo Insieme, Cities+, Cittadinanzattiva, EAACI – European Academy of Allergy and Clinical Immunology, Federsanità, Health City Institute, Planetary Health Inner Circle, SIAAIC – Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica, SIAIP – Società Italiana di Allergologia e Immunologia pediatrica, SIMRI – Società Italiana di malattie respiratorie infantili, SIMG – Società Italiana Medicina Generale, SIP – Società Italiana di Pediatria.
«Il Manifesto vuole essere uno stimolo ed una roadmap che possa far crescere e potenziare il sistema di accesso alle cure per le persone affette da allergie respiratorie», dichiara l’On. Paolo Ciani, vicepresidente gruppo PD-IDP e Segretario della XII Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie.
«A fronte di una situazione epidemiologica e clinica di estrema rilevanza, l’assistenza allergologica versa in una situazione spesso preoccupante. Con la dismissione di strutture in ambito ospedaliero, come purtroppo avvenuto in questi ultimi anni per incomprensibili e infruttuose politiche di tagli lineari, si è drammaticamente ridotta la possibilità di intervenire su malattie gravi e potenzialmente fatali e che necessitano di un setting assistenziale complesso e realizzabile solo in ambienti protetti e da personale a questo dedicato e specificatamente addestrato. Inoltre credo sia opportuno inserire l’immunoterapia specifica e gli NPP tra i trattamenti autorizzati da parte di AIFA, come unica terapia in grado di modificare la storia naturale delle allergie, una terapia che riesce a desensibilizzare progressivamente l’organismo nei confronti di specifici allergeni, inducendo con il tempo una tolleranza verso gli inalanti interessati», dichiara la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Vice Presidente della 1Oa Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato.
Asma: nell’80 per cento dei casi nasce da allergie respiratorie, fondamentale prevenzione
«In Italia circa il 10 per cento dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma e l’80 per cento di essi è allergico. Le allergie respiratorie sono la causa dell’asma nell’80 per cento dei casi, per questo è fondamentale agire sulla prevenzione. È nei primi anni di vita spesso l’origine di molte malattie polmonari croniche dell’adulto, tra cui l’asma, che purtroppo registrano tassi di morbilità e mortalità ancora preoccupanti. L’auspicio è che il Manifesto presentato oggi sia uno stimolo all’adozione di strumenti adeguati per il contrasto a queste malattie a tutte le età, da quella pediatrica a quella anziana», dichiara Michele Miraglia del Giudice, Presidente Società Italiana di Allergologia e Immunologia pediatrica (SIAIP).
L’impatto dell’inquinamento
«È importante sollecitare l’intervento della politica sul tema delle allergie respiratorie e promuovere le azioni per contrastare l’impatto di queste malattie, come il monitoraggio aerobiologico di pollini allergenici e spore fungine attraverso siti di misura, disposti a rete, diffusi su tutto il territorio nazionale. Le malattie allergiche sono strettamente correlate all’inquinamento e alla immissione di nuove sostanze chimiche nell’ambiente di vita. Gli effetti dell’inquinamento atmosferico hanno un impatto significativo, rispetto alle allergie, particolarmente nei contesti urbani. Questo significa che il carico assistenziale sarà destinato ad accrescersi ulteriormente nel tempo e con esso i costi sanitari che potrebbero invece essere ridotti con l’adozione di politiche pubbliche orientate alle buone pratiche della prevenzione», dichiara Andrea Lenzi, Presidente Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute.
«Le malattie allergiche comportano un grande carico assistenziale, avendo raggiunto ormai una prevalenza nella popolazione generale del 20 per cento, ed è ulteriormente preoccupante il loro continuo incremento. A fronte di questo scenario, è grave la mancanza di ogni riferimento alla definizione di una rete clinica dedicata all’allergologia, a differenza di quanto previsto per numerose altre discipline a minore impatto epidemiologico ed assistenziale. È anche indispensabile che la formazione medica preveda in ogni Università un Corso specifico di Allergologia ed Immunologia Clinica, che attualmente è presente solo in alcuni Atenei.», dichiara Mario Di Gioacchino, Presidente Comitato scientifico dell’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Presidente Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC).
«La mancata definizione, ad oggi, di un modello assistenziale reticolare a complessità crescente (Hub, Spoke e primo livello) rispetto alle malattie allergologiche, impedisce una loro gestione integrata che consenta al paziente di essere inserito in un percorso assistenziale coordinato tra i diversi livelli a crescente complessità, a partire dal proprio medico di famiglia. Occorre su questo un intervento urgente. È importante, inoltre, che a livello di casa della comunità, di livello Hub, sia espressamente prevista la figura dello specialista allergologo e garantita un’assistenza di qualità. È infine importante sottolineare l’assoluta disomogeneità di assistenza ed accesso alle cure a livello nazionale rispetto alle allergie respiratorie, con disuguaglianze a livello regionale, quale una delle massime priorità di intervento», dichiara Lorenzo Cecchi, Presidente Associazione Allergologi Italiani del Territorio ed ospedalieri (AAIITO).
«Occorre potenziare e razionalizzare l’assistenza alle persone che soffrono di queste malattie, aumentare i fondi per la ricerca, implementare la gestione integrata, promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini e assicurare il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale», dichiara Stefano Del Giacco, Past President European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI).
Inclusione e disabilità: il lavoro e lo sport chiavi per superare le barriere
Medicina Sociale, Eventi d'interesseL’inclusione delle persone con disabilità è un valore sociale ed economico. Eppure l’accesso al lavoro e allo sport, due ambiti fondamentali per la realizzazione personale e la partecipazione attiva nella società, rimane spesso difficile per chi affronta barriere fisiche o mentali. Questi ostacoli limitano l’autonomia e la crescita professionale di molti individui, nonostante l’impegno crescente di istituzioni e aziende. Se n’è discusso di recente nella conferenza organizzata dal Diversity & Inclusion Hub, al Senato, in cui sono stati presentati l’ultimo numero de “L’inclusione” e l’iniziativa InSport, organizzata dall’osservatorio.
L’evento, fortemente voluto dal Senatore Guido Liris, è stato un’occasione per fare il punto su ciò che è stato fatto e su ciò che ancora resta da fare per garantire pari opportunità alle persone con disabilità. “È un ambito importante a livello sociale e culturale”, ha dichiarato il senatore Liris in apertura. “Il governo Meloni e il ministro Locatelli hanno fatto molto in termini di inclusione e accessibilità. È fondamentale avere una cultura legislativa adeguata e investire nel settore sociale, poiché tali investimenti portano a ricadute positive nel lungo termine: ciò che spendiamo oggi ci consente di gestire meglio le sfide future.”
Disabilità e inclusione, aziende e mondo sportivo
Aziende, università e organizzazioni non profit giocano un ruolo cruciale nella costruzione di una società più inclusiva. Francesca Buttara, membro del comitato scientifico di SuperJob, ha illustrato il contributo di questa piattaforma di e-recruitment, nata con l’obiettivo di facilitare l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità. “Vogliamo trasformare i pregiudizi su chi è percepito come diverso in una chiave di successo nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni”, ha spiegato Buttara. SuperJob ha ampliato il proprio raggio d’azione coinvolgendo anche famiglie e bambini in attività sportive, utilizzando lo sport come strumento di inclusione e lotta alla discriminazione.
Il tema dell’inclusione lavorativa è stato approfondito anche da altri esperti presenti all’evento, tra cui Francesca Caricchia, Senior Executive Director di Page Group, Laura Rita Iacovone, Docente e Ricercatore di Marketing Dipartimento di Economia Management e Metodi Quantitativi – DEMM Università degli Studi di Milano, Anna Maria Morrone,Responsabile Organization & People Development Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, e Francesca Pucci, Consulente comunicazione e relazioni istituzionali di Assi Gulliver. Durante il dibattito è emersa l’importanza di politiche aziendali per promuovere un ambiente di lavoro inclusivo, dove la diversità sia riconosciuta come un valore aggiunto.
Lo sport come veicolo di integrazione
Un altro importante filone trattato durante l’incontro è stato il ruolo dello sport nell’inclusione sociale. L’iniziativa InSport, promossa dall’Osservatorio Diversity & Inclusion, ha avuto come obiettivo quello di creare spazi di interazione per ragazzi con disabilità, favorendo il loro coinvolgimento nello sport. L’evento, tenutosi il 16 settembre al PalaLuiss di Roma, ha dimostrato quanto lo sport possa essere un potente veicolo di crescita e di integrazione, fornendo opportunità di partecipazione anche ai più giovani.
Diversi ospiti hanno raccontato le proprie esperienze in questo ambito. Edoardo Vittorio Agnelli, di Opera in Corsia, e Paolo Del Bene, direttore sportivo della Luiss, hanno sottolineato il valore dell’inclusione attraverso le attività sportive. Gianluca Morelli, presidente di Divertitempo Onlus, ha ricordato come queste iniziative possano contribuire a superare barriere non solo fisiche, ma soprattutto mentali. “In Senato si decide il presente e il futuro dei cittadini”, ha dichiarato Morelli. “Grazie a eventi come questo possiamo affermare che i ragazzi con disabilità non solo devono poter fare sport, ma devono poter aspirare anche a una carriera lavorativa, cosa che troppo spesso viene loro preclusa”.
Il valore della diversità nel mondo del lavoro
Ottavia Landi, direttore delle relazioni esterne di Neopharmed Gentili, ha ribadito l’impegno dell’azienda nel promuovere una cultura inclusiva: “Crediamo fermamente che la diversità sia un valore. Vogliamo che ognuno possa sentirsi supportato e apprezzato per il proprio bagaglio di competenze e idee”. Gianluca Morelli ha evidenziato come, per molte persone con disabilità, la possibilità di entrare nel mondo del lavoro rimanga ancora un obiettivo difficile da raggiungere. “Superare le barriere architettoniche è solo il primo passo”, ha detto Morelli. “Dobbiamo abbattere anche le barriere mentali che ancora oggi impediscono a molti ragazzi di sognare un futuro professionale. Iniziative come questa devono essere sostenute e tutelate, perché dimostrano che i nostri ragazzi possono sorprendere”.
Alessandro Carella, presidente di Mio fratello è figlio unico Onlus, ha chiuso la conferenza con un appello a rendere l’accessibilità la norma, non l’eccezione. “Ogni bambino dovrebbe poter scegliere il proprio sport e immaginare la propria carriera senza dover affrontare ostacoli aggiuntivi solo perché ha una fragilità”, ha affermato Carella. L’inclusione deve diventare una realtà tangibile in tutti i contesti, perché solo così si potrà garantire a tutti la possibilità di esprimersi e crescere. La conferenza è stata organizzata da CORE grazie al supporto dei partner dell’Hub Axpo, Gruppo FS Italiane e Neopharmed Gentili e in collaborazione con Sport Luiss e la fondazione Laureus.
Medici esposti a troppi rischi.
RubricheLa situazione della Sanità pubblica in Italia, e le condizioni lavorative dei medici non fanno eccezione, presenta diverse criticità. Carenze di personale, lunghe liste di attesa per le prestazioni sanitarie, violenza contro gli operatori sanitari, carenze strutturali sono solo alcune delle cause. Ma quali sono le possibili soluzioni? Lo abbiamo chiesto al dottor Luigi Sodano, direttore nazionale della Scuola di Formazione Sindacale del Sumai. «In primis affrontare il tema dell’adeguamento stipendiale e delle condizioni contrattuali, che da tempo sono al centro delle rivendicazioni sindacali sia della dirigenza medica che di quella convenzionata. Gli stipendi dei medici sono imparagonabili a quelli dei colleghi in altri Paesi europei e, comunque, non sono assolutamente commisurati alla responsabilità e alle ore di lavoro».
Flessibilità per i medici
Per Sodano «Va considerata la possibilità di consentire di esercitare una libera professione vera e autonoma. Serve una maggiore flessibilità lavorativa, sia in termini di orari che di modalità di lavoro, un miglior bilanciamento tra vita lavorativa e personale». Per quanto riguarda gli aspetti strutturali Sodano parla di modelli assistenziali «più efficaci e più efficienti che ancora non si vedono. È fuor di dubbio che una medicina generale potenziata può aiutare, ma in Italia esiste una medicina specialistica territoriale che, nata come una eccellenza italiana, è stata sempre più emarginata a seguito di una prevalente visione ospedalocentrica della politica, a fronte invece di potenzialità enormi mai espresse. La specialistica ambulatoriale territoriale è un settore cruciale per permettere il decongestionamento degli ospedali, potenziare questo settore, anche attraverso nuovi incarichi e investimenti in strutture, potrebbe contribuire a migliorare l’accesso alle cure e ridurre le liste di attesa, garantendo un servizio più capillare e vicino ai cittadini». Come ridurre i tempi di attesa per le prestazioni? «Aumentando l’offerta di prestazioni ambulatoriali, ampliando l’orario di apertura degli ambulatori e potenziando il personale di supporto, introducendo sistemi di prenotazione più efficienti e piattaforme digitali che permettano di gestire meglio le agende».
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 29 settembre 2024 a Firma di Renato Bellotti con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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Ospedali storici, memoria e gioielli dell’arte sanitaria
RubricheTra visite guidate e concerti gratuiti, il 13 ottobre si celebrerà la Giornata Nazionale degli Ospedali Storici italiani. Tutti gli Ospedali della rete ACOSI apriranno al pubblico i propri spazi monumentali con l’obiettivo di valorizzare una storia illustre di scienza, carità e arte. Ma anche per promuovere prassi innovative in materia di assistenza sanitaria, che integrano aspetti culturali, scientifici, architettonici e operativi. Tra le altre, sarà possibile ammirare le meraviglie del Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, dell’Ospedale Civile Santissimi Giovanni e Paolo di Venezia. E ancora: Ospedale Santo Spirito in Sassia e il Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata di Roma, Museo Arti Sanitarie – Ospedale degli Incurabili, Ospedale Cardarelli e Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli, Ospedale San Gerardo dei Tintori di Monza, Ospedale Sant’Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria, Ospedale Galliera di Genova, Ospedali Civili di Brescia, Ospedale Maggiore di Lodi e i complessi storici dell’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli e i complessi dell’Azienda USL di Bologna (programmi e prenotazioni sul sito ACOSI).
Mostra e concerto
Napoli, che ospita la presidenza ACOSI affidata quest’anno al professor Gennaro Rispoli, proporrà attività all’Ospedale degli Incurabili, all’ex Ospedale della Pace e all’Annunziata. Nell’ex Ospedale della Pace sarà inaugurata la mostra dal titolo “L’Ospedale e la città”, del Museo delle Arti Sanitarie e ACOSI. Una giornata con tanti spunti, arricchita dalla presenza del presidente Vincenzo De Luca, del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, del direttore generale dell’ASL Napoli 1 Centro Ciro Verdoliva, del direttore generale dell’AORN Cardarelli Antonio D’Amore e del direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli Anna Jervolino. A moderare il dibattito il soprintendente Gabriele Capone e il presidente ACOSI Gennaro Rispoli. A chiudere la mattinata sarà il concerto del Quartetto Gagliano, realizzato in collaborazione con la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Campania, della Direzione generale Spettacolo del Ministero della Cultura e la produzione esecutiva della Fondazione Pietà de’ Turchini. Un grande evento ad ingresso gratuito, con prenotazione obbligatoria tramite la piattaforma Eventbrite.
Il congresso
La giornata nazionale anticipa quello che sarà il Convegno Nazionale ACOSI (il 23 e 24 novembre) che sarà inaugurato nella Sala dei Baroni nel Maschio Angioino di Napoli, mentre i lavori proseguiranno nella Sala del Lazzaretto dell’ex Ospedale della Pace. «L’Associazione Culturale Ospedali Storici Italiani (ACOSI) – spiega Rispoli – è un’associazione culturale no profit nata nel 2019 tra Aziende Sanitarie ed Ospedaliere, IRCCS, Musei ospedalieri di storia medico-sanitaria, in possesso di significativo patrimonio artistico, storico, culturale e architettonico, che coniugano la propria tradizione di cura e assistenza con azioni di conservazione, valorizzazione e promozione del proprio patrimonio artistico e culturale».
Il presidente ACOSI Gennaro Rispoli
Soci fondatori sono: Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, Ospedale Civile SS. Giovanni e Paolo di Venezia, Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, Ospedale Santo Spirito in Sassia di Roma e Museo delle Arti Sanitarie nell’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Nel 2024 la rete ACOSI è cresciuta ancora con l’adesione di altre antiche istituzioni ospedaliere, di cui quattro attive in Campania.
Tra arte e medicina
Quest’anno la Presidenza di ACOSI spetta al chirurgo Gennaro Rispoli, direttore scientifico del Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina negli Incurabili. «Il binomio “Arte e Cura” è la sfida degli ospedali storici presenti in Italia nel far convivere e prosperare due realtà: quella sanitaria e quella storico–artistica», ricorda Rispoli.
«La cura del corpo deve essere associata a quella del benessere spirituale dell’individuo. La bellezza, l’arte e la storia aggiungono precipua valenza alle attività ospedaliere, soprattutto all’interno di strutture sanitarie in grado di perpetuare nei secoli la propria vocazione assistenziale. L’obiettivo di ACOSI è quello di condividere tra le aziende ed enti associati problemi e soluzioni utili ad affrontare al meglio questa sfida e di attuare le migliori pratiche inerenti alla conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, medico-scientifico, culturale e architettonico in loro possesso».
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 29 settembre 2024 a Firma di Renato Bellotti con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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Ripensare i modelli di assistenza, decisiva la rete di prevenzione
RubricheSenza alcun dubbio, l’evento promosso dalla Fondazione Mesit ha avuto il grande merito di mettere in luce il ruolo centrale che viene svolto dagli atenei nella formazione delle nuove generazioni. Levialdi Ghiron, rettore dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ha sottolineato che l’evento è stato «molto importante e consenta di mettere al centro il ruolo che l’Università può giocare in linea con i nuovi bisogni della società anche rispetto al concetto di approccio One Health, al passo con i tempi». Tra i momenti clou, la tavola rotonda con la relazione di Giovanni Leonardi (direttore del Dipartimento della salute umana, della salute animale e dell’ecosistema One Health e dei rapporti Internazionali – Ministero della Salute), che ha dichiarato: «Questo evento ha messo in risalto il tema dell’approccio circolare ai temi della salute: della salute umana, dell’ambiente e della sanità animale. Un tema che presuppone la necessità che i professionisti uniscano le loro conoscenze, il loro modo di lavorare e che abbiano questo approccio circolare ai temi della salute».
L’uomo e l’ambiente
Leonardi ha poi aggiunto: «Non ci può essere salute umana se non c’è allo stesso tempo la tutela dell’ambiente e tutela della salute animale. I determinanti di salute di cui si è parlato sono fondamentali. E quindi l’esposizione dell’uomo all’ambiente determina il suo stato di salute così come gli stili di vita che adotta. Se vogliamo preservare la salute dei cittadini dobbiamo preservare la sostenibilità del servizio sanitario nazionale e lavorare sulla prevenzione». Molto favorevole rispetto all’evento voluto dalla Fondazione Mesit anche il commento di Eugenio Guglielmelli, rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, che ha parlato di «un’importante opportunità di dialogo e di espressione delle sfide che ci attendono quando prendiamo in considerazione il tema della salute globale One Health; leve fondamentali su cui anche il mio ateneo – ha detto – sta investendo per sviluppare percorsi formativi basati sulla ricerca, anche con centri di simulazione, per riuscire a formare i nuovi talenti che possano essere la leva fondamentale per concepire e organizzare il mondo sanitario del futuro nel modo giusto e sostenibile centrato sulla persona come leva fondamentale».
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 29 settembre 2024 a Firma di Piero Speno con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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Tumore al polmone, cure innovative “a misura” per allungare sopravvivenza
Associazioni pazienti, NewsOgni anno nel Lazio si registrano oltre 3.500 nuovi casi di tumore al polmone, di cui quasi 1.800 nella forma non a piccole cellule (NSCLC) “oncogene addicted”. Si tratta di forme della malattia legate a una specifica mutazione genetica per alcune delle quali esistono farmaci orali mirati.
Se la Ricerca oggi consente di prolungare la sopravvivenza dei pazienti, clinici e istituzioni sono al lavoro per semplificare i percorsi di cura e consentire ai pazienti di assumere i trattamenti a casa, specialmente nel caso delle terapie orali. Se n’è discusso ieri pomeriggio a Roma alla tavola rotonda “Il valore dell’innovazione nei percorsi di cura dei pazienti con NSCLC Oncogene Addicted”. Presenti le associazioni pazienti WALCE Onlus (Women Against Lung Cancer in Europe) e FAVO (la Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia).
I numeri del tumore al polmone
Il tumore del polmone è considerato un ‘big killer’, non solo perché ha un’incidenza tra le più alte a livello globale, ma anche perché rappresenta la principale causa di morte per cancro con 1 milione e 800mila decessi l’anno. Nel 2023, l’Italia ha registrato circa 44mila nuove diagnosi di tumore del polmone, di cui oltre 3.500 nel Lazio.
Spiega Emilio Bria (responsabile dell’Unità di Oncologia Toracico-Polmonare del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma): “L’85% delle diagnosi del tumore al polmone sono tumori ‘non a piccole cellule’ (o NSCLC), una forma, quest’ultima, che nel 60% dei casi mostra specifiche alterazioni genetiche. Individuare le caratteristiche molecolari può aprire dunque a 4 pazienti ogni 10 nuove opportunità per trattamenti personalizzati e in molti casi può determinare un aumento significativo della sopravvivenza ed un miglioramento della qualità di vita.
Ad esempio, per una delle mutazioni genetiche più frequenti, la KRASG12C, che caratterizza il 12-13% dei tumori NSCLC, abbiamo da poco a disposizione un farmaco orale, specifico, ‘intelligente’, in grado di bloccare la crescita delle cellule neoplastiche in quei pazienti nei quali il trattamento standard non è in grado più di controllare la malattia.
Inoltre, essendo un farmaco in compresse, il Servizio Sanitario Nazionale è in grado, dopo la prescrizione da parte di oncologi che operano nel contesto dei centri della rete regionale oncologica (centri prescrittori), di distribuire questa terapia grazie al sistema delle farmacie delle ASL a livello territoriale, consentendo quindi al paziente di preservare la propria quotidianità e migliorare la qualità della propria vita”.
Percorsi a misura di persona
Per le terapie oncologiche orali i percorsi di cura si apprestano a diventare più “a misura” di persona. “Nella nostra Regione la distribuzione dei farmaci orali avviene attraverso le farmacie ospedaliera – spiega Federico Cappuzzo (direttore di Oncologia medica 2 presso l’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma), –. Ma per i pazienti oncologici assumere la terapia autonomamente a casa rappresenta un grande miglioramento della qualità di vita. Certamente la distribuzione attraverso dei canali ‘semi-domiciliari’, con la possibilità di ritirare il farmaco nella farmacia di zona invece che all’ospedale, potrebbe essere molto utile”.
In particolare, sottolinea, “il primo passo nel tumore del polmone è la diagnosi precoce e definirne la ‘carta d’identità’. Effettuare il test molecolare a tutti i pazienti con tumore polmonare, significa, infatti, evitare di perdere pazienti che possono avere la mutazione e porre le basi per una prognosi favorevole”.
I percorsi di cura nel Lazio
In questa direzione che vanno iniziative sviluppate da strutture private accreditate e ASL. “L’Ospedale Regina Apostolorum – afferma Gabriele Coppa (direttore generale dell’Ospedale Regina Apostolorum e Ospedale di Aprilia) – è il primo ente privato accreditato a partecipare a un tavolo multidisciplinare. Questo incontro riunisce regolarmente un gruppo selezionato di oncologi e chirurghi provenienti da diverse strutture pubbliche e private della ASL Roma 6.
L’obiettivo è discutere casi specifici e complessi, valutando le terapie più appropriate per ciascun paziente. Grazie a questo tavolo, è possibile accelerare l’accesso a terapie innovative, che nel Lazio possono essere fornite esclusivamente da strutture pubbliche, a eccezione di poche situazioni particolari. Di solito, queste terapie comportano lunghe attese e complicazioni logistiche per i pazienti, come la necessità di spostarsi tra diverse strutture nella Regione”.
Nuovi modelli organizzativi per abbattere disparità d’accesso
L’innovazione in oncologia, quindi, passa sia da farmaci nuovi e più efficaci, così come da modelli organizzativi innovativi che ‘avvicinano’ le cure al paziente.
“La ricerca clinica, nell’ambito della medicina di precisione, ha recentemente permesso di sviluppare anche per pazienti con carcinoma polmonare, farmaci che prolungano significativamente la sopravvivenza, libera da malattia con anche la prospettiva in più de 20% dei casi, di cronicizzazione e possibile guarigione – dichiara Francesco De Lorenzo (presidente nazionale FAVO).
”Questi – prosegue – sono farmaci salvavita che vanno quindi somministrati con immediatezza a tutti i malati che siano sensibili a tali specifici trattamenti. È pertanto necessario e urgente superare inaccettabili ritardi e disuguaglianze nell’accesso. La FAVO è mobilitata, in collaborazione con le società scientifiche, ad ottenere la revisione dei meccanismi precoci di accesso. Ciò è del tutto in linea con quanto richiesto dalla Mission on Cancer e dal Piano Oncologico Europeo”.
Melanoma, 1 paziente su 5 aspetta fino a 3 mesi asportazione
Associazioni pazienti, News, PrevenzioneUna persona con diagnosi di melanoma su cinque aspetta fino a tre mesi per l’asportazione. Il 30 per cento dei pazienti lamenta un percorso di cura non lineare e con difficoltà terapeutiche o comunicative. I dati emergono da una recente indagine qualitativa realizzata su circa 60 pazienti con melanoma afferenti alle principali associazioni. I tempi sono rapidi per la maggior parte di loro, ma i tempi d’attesa ancora esistenti non vanno d’accordo con velocità e aggressività di questo tumore della pelle. Inoltre, dai numeri appare ancora insufficiente il supporto psicologico ricevuto dopo l’intervento chirurgico per un paziente su due.
L’iniziativa
“Più informazione sui fattori di rischio e di prevenzione primaria, secondaria e terziaria del melanoma con campagne istituzionali di comunicazione come realizzato nelle azioni contro il tabacco e restrizioni sull’uso dei lettini abbronzanti, etichettandoli come cancerogeni. E poi Centri specializzati per il melanoma dotati di equipe multidisciplinari. Una rete territoriale che metta in contatto i centri di riferimento con i centri periferici e il territorio. Omogeneità della qualità e della tempistica delle prestazioni su tutto il territorio nazionale. Accesso precoce alle cure disponibili, un supporto psicologico continuativo e strutturato durante il percorso di cura per i pazienti e per i caregiver”.
Sono questi alcuni dei punti sottolineati dalle associazioni nell’ambito della gestione e il trattamento del tumore della pelle. Il tema è stato al centro dell’evento conclusivo del progetto “SUNrise: facciamo luce sul melanoma” promosso da IMI (Intergruppo Melanoma Italiano), con il supporto incondizionato di Pierre Fabre Pharma e il coinvolgimento di otto Associazioni dei pazienti con melanoma sull’intero territorio italiano: Associazione Italiana Lotta al Melanoma “Amici di Gabriella Pomposelli” AILMAG; A.I.Ma.Me; Associazione Melanoma Day; APaIM; Carolina Zani Melanoma Foundation; Comitato Emme Rouge Onlus; Insieme con il sole dentro; Melanoma Italia Onlus.
Il melanoma
Il melanoma nel nostro Paese è il terzo tumore più frequente sia negli uomini che nelle donne al di sotto dei 50 anni. In Italia si registrano ogni anno circa 12.700 nuovi casi, ovvero 12/15 nuovi casi ogni 100mila abitanti con un’incidenza in continuo aumento anche nella popolazione più giovane.
“Il progetto ‘SUNrise, facciamo luce sul melanoma’ è un progetto che nasce dai pazienti e pone al centro i loro bisogni – spiega il prof. Mario Mandalà, Presidente Intergruppo Melanoma Italiano (IMI), Professore di oncologia medica Università degli studi di Perugia e Direttore dell’Unità operativa di Oncologia Medica Ospedale Santa Maria della Misericordia, Perugia – è la voce delle persone colpite da questa malattia che vuole portare il loro pensiero e le loro necessità alle Istituzioni. SUNrise è uno strumento conoscitivo dei loro bisogni e un’opportunità di risposta a tutti i pazienti da parte delle istituzioni”.
I bisogni dei pazienti e risultati della Survey
Per intercettare i bisogni dei pazienti nell’ambito del progetto “SUNrise: facciamo luce sul melanoma” è stata realizzata una Survey qualitativa che ha visto protagonisti circa 60 pazienti con melanoma aderenti alle otto Associazioni. Per la totalità dei partecipanti alla Survey (equamente distribuiti tra uomini e donne, il 57% nella fascia di età dai 50 ai 64 anni) c’è un reale bisogno di ricevere una corretta informazione sui fattori di rischio e di prevenzione. Informazioni che dovrebbero arrivare sia dalle Istituzioni, ad esempio con campagne di comunicazione, sia dagli operatori sanitari. Tant’è che sono segnalate dal 30% dei pazienti difficoltà durante il percorso di cura nel ricevere informazioni e comunicare con i medici.
I pazienti segnalano anche criticità sul fronte del supporto psicologico. Il 35% vorrebbe riceverlo in modo continuativo e strutturato per sé e/o per i caregivers, in quanto lo considera ‘molto importante per migliorare la qualità di vita’ (l’80% dei rispondenti). Appena il 4% non lo ritiene importante. La maggioranza dei pazienti (il 52%) boccia, quindi, il supporto psicologico ricevuto dopo l’intervento chirurgico di asportazione del melanoma. Al contrario il 61% dei pazienti promuove il supporto socio-assistenziale ricevuto nella fase di follow up.
Per quanto riguarda i tempi di attesa per l’asportazione circa il 70% dei rispondenti ha effettuato la visita specialistica entro un mese, ma 1 su 5 ha aspettato fino a 3 mesi e alcuni pazienti anche oltre.
La Survey ha poi indagato su altre necessità dei pazienti: il 32% vorrebbe avere a disposizione più giorni di permesso retribuito al mese per effettuare visite, trattamenti e follow up; il 25% strade semplificate per la richiesta di invalidità civile e/o 104/92. Ancora, il 76% dei pazienti reclama la presenza nei team multidisciplinari di un paziente esperto o di un’associazione.
Uomini, animali natura. La salute è globale.
One healthServe una connessione di saperi tra mondo universitario e mondo delle professioni se si vuole dare sostanza al concetto della “One Health”, vale a dire la strategia globale basata sull’interconnessione tra la salute di uomini, degli animali e dell’ambiente. È a partire da questo assunto che la Fondazione Mesit ha voluto realizzare, con il contributo non condizionato di Gilead, l’incontro Università, Salute e Società, occasione per valorizzare il ruolo, sempre più centrale, svolto dagli atenei nella formazione delle nuove generazioni. L’incontro, moderato dalla giornalista Irma D’Aria, ha visto – tra gli altri – gli interventi di Eugenio Guglielmelli (rettore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma), Carlo Colapietro (direttore Centro di Ricerca Interdipartimentale Europeo di Studi Avanzati sull’Innovazione Digitale IDEAS, Università degli Studi Roma Tre), Alessandro Sorrone (segretario generale della Fondazione MESIT Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica).
Salute per tutti
«La salute è un bene, un “diritto” e un dovere per tutti – ricorda Marco Trabucco Aurilio (presidente della Fondazione Mesit) – purtroppo, nonostante le diverse organizzazioni mondiali si siano impegnate, oramai da tempo, a favorire il principio della “salute per tutti” si constata ancora l’insufficienza delle condizioni di salute in gran parte dell’umanità. La pandemia ha reso evidenti, come mai prima, le lacune del nostro modello di welfare, e ha posto il mondo intero di fronte alla necessità di prendere seriamente in considerazione gli appelli lanciati nel recente passato rispetto alla copertura sanitaria universale e all’equità di accesso ai servizi sanitari».
Il ruolo degli atenei
Le università sono saldamente radicate nel tessuto sociale ed economico delle rispettive regioni, agiscono come motori di internazionalizzazione e innovazione, alcune interconnesse da strutture politiche come, ad esempio, i gemellaggi tra città e i partenariati regionali, europei e internazionali. Sono coinvolte, in particolare, su tematiche legate alla sostenibilità (energetica, economico-finanziaria, della mobilità), ai rischi naturali e antropici (geo-ambientali e ecologici), alle tecnologie dell’informazione (metaverso, intelligenza artificiale, trasformazione digitale e cybersicurezza) e, soprattutto, alla salute (medicina di precisione, terapia genica, lotta alle malattie infettive emergenti)Dal canto loro, gli studenti dimostrano di essere ad un nuovo approccio sistemico e collaborativo alla salute, che valorizzi la One Health come nuova visione e strategia per un futuro sostenibile, con un consenso molto ampio. Di conseguenza, un’azione di formazione in grado di coinvolgere e motivare si conferma quindi fondamentale per non dissipare un patrimonio importante di fiducia nella possibilità di generare una nuova relazione positiva tra mondo umano e non umano.
Guidare il cambiamento
Una centralità, quella del mondo accademico, sottolineata dall’assessore all’Università della Regione Lazio Luisa Regimenti. «L’Università ha tre missioni: la formazione, la ricerca e la divulgazione. Su questi tre pilastri si possono creare nuove competenze, carriere e opportunità di lavoro. Questo è vero – ha proseguito l’assessore – soprattutto nell’ambito del sistema Salute, oggi in rapido mutamento dopo l’esperienza della pandemia Covid. I medici e i professionisti sanitari del futuro dovranno essere perfettamente in grado di padroneggiare tutte le innovazioni tecnologiche che stanno trasformando le cure. L’Università italiana, a partire dagli Atenei del Lazio, può e deve guidare questa trasformazione, che passa dalle terapie digitali all’intelligenza artificiale, che sta portando a risultati straordinari nell’ambito dell’assistenza e delle cure. La Regione Lazio non farà mancare il sostegno a un processo dal quale dipende la qualità delle cure e la capacità di offrire un’assistenza sanitaria sempre più personalizzata, precisa e orientata ai bisogni del paziente».
Una forte partecipazione degli atenei universitari, insomma, che continuano nella loro crescita a svolgere un ruolo fondamentale nella formazione dei nuovi cittadini e dei nuovi professionisti competenti e preparati, in grado di affrontare le sfide presenti e future. I nuovi cittadini quindi, come portavoce di istanze favorevoli relative alla specifica tematica e generatori di consenso.
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 29 settembre 2024 a Firma di Piero Speno con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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Antibiotici, l’uso smodato rovina uomini e animali
RubricheLa resistenza agli antimicrobici (AMR) è una minaccia crescente per la salute pubblica mondiale, con conseguenze devastanti in termini di morbilità e mortalità. In Italia, così come in altri Paesi, l’abuso e l’uso improprio di antibiotici, non solo in medicina umana ma anche nella veterinaria e nell’agricoltura, stanno aggravando questo problema. È una crisi silenziosa che rischia di compromettere decenni di progressi nella medicina moderna. Ma la lotta contro l’AMR non può essere solo una questione per i medici e gli scienziati. Serve un impegno collettivo che coinvolga tutti gli attori della società, compresi i pazienti. Le associazioni dei pazienti, in particolare, hanno un ruolo fondamentale nell’educazione sanitaria, promuovendo l’uso responsabile degli antibiotici e sensibilizzando l’opinione pubblica. Attraverso una formazione partecipata e un consenso forte tra queste associazioni, è possibile amplificare la voce dei pazienti e influenzare positivamente le politiche sanitarie. Affrontare l’AMR richiede un cambiamento culturale, una presa di coscienza collettiva. Solo lavorando insieme, con un’alleanza tra cittadini, associazioni e istituzioni, possiamo sperare di contrastare efficacemente questa emergenza.
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 29 settembre 2024 a Firma di Mario Rocci con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
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Il futuro della sanità passa dall’intelligenza artificiale e dalla digitalizzazione
Economia sanitaria, News, Prevenzione, Ricerca innovazione“Le nuove tecnologie possono aiutarci a preservare la qualità della vita dei pazienti, intercettando i loro bisogni anche al di fuori degli ospedali”. Così il Senatore Guido Liris ha sintetizzato l’urgenza di un cambiamento radicale nel sistema sanitario italiano, durante la terza edizione dell’Healthcare Innovation Forum, tenutasi ieri all’Auditorium del Museo dell’Ara Pacis a Roma. L’evento ha messo al centro l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione come motori di una trasformazione necessaria per affrontare le sfide sanitarie del futuro.
L’Healthcare Innovation Forum, organizzato da CORE con il contributo scientifico di esperti del settore, ha messo al centro i grandi temi che stanno ridisegnando la sanità, come l’intelligenza artificiale, la “Value-Based Healthcare” e l’Health Technology Assessment. Tematiche orientate alla sostenibilità del sistema sanitario, alla qualità delle cure e alla centralità del paziente.
One health al centro delle politiche sanitarie
Il concetto di “One Health” è stato uno dei temi chiave del dibattito. Questo approccio olistico riconosce che la salute umana è strettamente legata a quella animale e ambientale, da qui l’importanza di promuovere politiche sanitarie che considerino l’interdipendenza tra i tre ambiti. Non si tratta solo di un concetto teorico, ma di un obiettivo pratico che deve essere integrato nel sistema sanitario per garantire un futuro più sostenibile. Tra i punti più urgenti, la necessità di affrontare l’antibiotico resistenza (Amr) che causa nel mondo cinque milioni di morti ogni anno. Un fenomeno che vede l’Italia maglia nera in Europa, con 11 mila morti l’anno dovute a infezioni da batteri resistenti, con percentuali tra le più alte d’Europa. Inoltre, secondo un nuovo studio del Global Research on Antimicrobial Resistance (GRAM) Project, pubblicato su Lancet , il numero di morti supererà i 39 milioni in tutto il mondo nei prossimi 25 anni.
Gli esperti presenti al forum hanno sottolineato come la “One Health” possa essere potenziata dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale e dalla ricerca traslazionale. Queste tecnologie permettono di monitorare e prevedere l’evoluzione delle malattie in maniera più efficace, promuovendo interventi tempestivi e mirati. Il passaggio verso una sanità basata sulla prevenzione e sull’integrazione tra salute umana, animale e ambientale è, quindi, una delle sfide cruciali per il futuro del sistema sanitario nazionale.
Value based healthcare: i costi non fanno il valore
La necessità di ripensare il modello sanitario in termini di sostenibilità ed efficienza ha guidato il dibattito sul concetto di “Value-Based Healthcare” (VBHC). Questo modello si basa sul valore che le cure portano al paziente, non sul costo. Per esempio, alcune terapie possono portare benefici nel lungo periodo che possono rivelarsi più sostenibili rispetto ad altre che hanno un costo più basso, riducendo i costi di ospedalizzazione. L’obiettivo è migliorare i risultati clinici, ridurre gli sprechi e garantire un accesso più equo ai servizi sanitari, abbattendo le disuguaglianze regionali.
Uno strumento centrale per implementare questo modello è l’Health Technology Assessment (HTA), che permette di valutare l’impatto delle nuove tecnologie sanitarie. Senza una valutazione accurata, il rischio è di investire in tecnologie che non apportano un reale beneficio al paziente o che non migliorano l’efficienza del sistema. L’HTA permette di evitare questi errori e di orientare le scelte politiche e amministrative verso soluzioni concrete che migliorino la qualità dell’assistenza.
L’intelligenza artificiale: alleato per il sistema sanitario
L’intelligenza artificiale (IA) è emersa come una delle soluzioni più promettenti per rivoluzionare il settore sanitario. Ma come ha sottolineato Pierpaolo Truglia, Healthcare Senior Sales Manager di Engineering, l’IA non è fine a se stessa. “È una leva fondamentale per trasformare il settore sanitario, migliorando la prevenzione, la diagnosi e la gestione delle malattie”, ha dichiarato Truglia. Durante il forum, è stato discusso come l’IA possa essere utilizzata per raccogliere e analizzare enormi quantità di dati clinici, migliorando le diagnosi precoci e rendendo più efficiente la gestione delle strutture sanitarie, accelerando gli studi clinici.
Un uso più strategico dell’IA permetterebbe di ridurre i tempi di attesa e i costi operativi, consentendo ai medici di concentrarsi su casi più complessi e di migliorare l’esperienza complessiva dei pazienti. Tuttavia, gli esperti hanno ribadito l’importanza di implementare queste tecnologie in modo etico e sicuro, garantendo la protezione dei dati sensibili dei pazienti e rispettando la normativa sulla privacy.
Operation management: riorganizzare per migliorare l’efficienza
L’Operation Management (OM) è un altro tema affrontato durante il forum. La gestione operativa delle strutture sanitarie è essenziale per garantire un servizio efficiente, riducendo sprechi e ottimizzando le risorse. Il modello dell’OM si propone di abbattere le inefficienze che oggi affliggono il sistema sanitario, in particolare le liste d’attesa, uno dei maggiori problemi per i pazienti italiani.
L’utilizzo della tecnologia e dei dati può contribuire a migliorare i flussi di lavoro, ottimizzando la gestione dei reparti e garantendo che le risorse siano allocate nel modo più efficiente possibile. Questo approccio non solo riduce i costi, ma migliora anche la qualità delle cure, permettendo ai pazienti di ricevere assistenza in tempi più rapidi. La digitalizzazione delle procedure è il primo passo in questo processo di trasformazione.
Alcuni interventi
Tutti gli interventi hanno sottolineato la necessità di un cambiamento radicale. Il Senatore Guido Liris ha evidenziato come l’invecchiamento della popolazione stia aumentando la pressione sul sistema sanitario. “La popolazione è sempre più longeva, e questo genera una domanda crescente di assistenza sanitaria”, ha dichiarato Liris. Ha aggiunto che le nuove tecnologie sono essenziali per rispondere a questa sfida, permettendo di mantenere alta la qualità della vita dei pazienti anche al di fuori degli ospedali tradizionali.
Antonello Aurigemma, Presidente del Consiglio Regionale del Lazio, ha posto l’accento sull’importanza della prevenzione. “Per troppi anni la prevenzione è stata vista come un costo, quando invece è un investimento”, ha affermato. Aurigemma ha chiesto un impegno maggiore per uniformare i servizi sanitari tra le diverse regioni, sottolineando che oggi esistono forti disparità che devono essere superate.
Giuseppe Navanteri, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Clinica e ICT all’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, ha sottolineato l’importanza di innovare il sistema sanitario, andando oltre le strategie tradizionali. “Il nostro sistema sanitario nazionale deve evolversi”, ha detto Navanteri, aggiungendo che l’innovazione non riguarda solo l’introduzione di nuove tecnologie, ma anche l’adozione di nuovi modelli organizzativi che possano migliorare i risultati clinici.
L’evento è stato realizzato con il contributo incondizionato di AGFA HealthCare, B. Braun Milano S.p.A., Biessemedica, Enbiotech, Engineering, Fujifilm Healthcare, KBMS, NGC Medical, Oracle, Samsung e con il patrocinio di AgID, AIIC, Confindustria Dispositivi Medici e Regione Lazio.