Tempo di lettura: 5 minutiIl settore sanitario vive una trasformazione che coinvolge ogni ambito, dall’evoluzione delle tecnologie alla pratica clinica e ai modelli di governance. Se n’è parlato nell’incontro ibrido: “La transizione sanitaria e dell’industria farmaceutica: risorse, innovazione e nuova governance”promosso dalla Fondazione Mesit, Medicina Sociale e Innovazione tecnologica, in collaborazione con il CEIS dell’Università Tor Vergata. L’evento rientra nell’ambito di un ciclo di incontri promossi dalla fondazione ed è disponibile al link.
Innovazione al centro
Il dibattito si è incentrato sulla competitività dell’industria farmaceutica italiana, quindi la capacità di attrarre investimenti in ricerca e sviluppo, al fine di rispondere in modo sempre più efficace ed equo ai bisogni di salute. Nel confronto è stato sottolineato il valore strategico degli investimenti sia per l’Italia e sia per l’Europa.
“La salute sta vivendo un cambiamento epocale che sta portando risultati straordinari – ha dichiarato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria e Ad di Sanofi Italia e Malta. In pochi anni stiamo giungendo all’eradicazione dell’epatite C, in 20 anni abbiamo ottenuto una riduzione del 25% della mortalità per patologie oncologiche. Poi, l’allungamento dell’aspettativa di vita per le persone con malattie cardio-metaboliche e grandi progressi nella neurologia. Ancora: oggi nel mondo ci sono 23mila nuovi farmaci in fase di ricerca e circa 2 trilioni di dollari per sostenerne lo sviluppo”, ha concluso.
Europa ha perso un quarto degli investimenti in vent’anni
“Tutto ciò che stiamo vivendo è il frutto dell’innovazione, della ricerca. Ciò, tuttavia, si inserisce in una dimensione nuova a cui tutti i sistemi sanitari e i Paesi sono chiamati a prendere: quella della competitività”, ha spiegato Cattani.
L’Europa negli ultimi vent’anni ha perso un quarto degli investimenti, destinati principalmente al mercato degli Stati Uniti, ma oggi sulla scena emergono attori nuovi. Sebbene gli Stati Uniti restino il principale player, la Cina, nei mesi scorsi, ha annunciato un mega investimento di quasi 600 miliardi di dollari in favore dell’industria farmaceutica. Inoltre ha allungato la proprietà intellettuale fino a 14 anni, entrando in competizione con gli Usa. L’Europa, al contrario, nei prossimi giorni discute al Parlamento Ue una proposta di riforma della legislazione farmaceutica che punta ad accorciare la durata dei brevetti.
Trabucco: cittadino destinatario finale
“Negli ultimi anni lo scenario è cambiato: si sono modificate le caratteristiche della popolazione e, con essi i bisogni di salute, sono mutate le tecnologie e gli strumenti che abbiamo a disposizione per assicurare il massimo di salute. Il motore di tutto è l’innovazione, ma siamo pronti, come Paese?”, si chiede il presidente di Fondazione Mesit Marco Trabucco Aurilio. “In parte sì. Il Governo ha mostrato sensibilità al tema, ma resta ancora da fare”.
“Non dimentichiamoci – ha sottolineato – che il destinatario finale al centro è sempre il paziente, il cittadino paziente, destinatario anche di quelle che sono le politiche sanitarie che poi si traducono in leggi e in decreti, si traducono in interventi sanitari, che servono a soddisfare e vanno indirizzare i bisogni di salute del cittadino”.
Nuovi processi, competenze e strategie a lungo termine
“La ricetta che abbiamo scelto per il nostro Paese è quella della crescita. Nell’ultimo anno abbiamo fatto meglio rispetto a Germania, Francia, Spagna, ma abbiamo un difetto di crescita strutturale e di competitività”, ha affermato Maurizio Casasco, deputato, responsabile nazionale del dipartimento Economia di Forza Italia. “Le trasformazioni che abbiamo davanti – come quella digitale e quella climatica – possono partire solo se si hanno i capitali per farlo: solo l’impresa può sostenere ciò. L’industria è fondamentale nella competitività del nostro Paese e quella farmaceutica riveste un ruolo particolarmente importante”. Per questo, sottolinea, è fondamentale intervenire sulla “semplificazione”, sugli “incentivi che aiutino le imprese come succede in Usa o Cina”. Poi ha ribadito l’importanza della “difesa dei brevetti” e la necessità di intervenire sulla cultura “aumentando le competenze sulle materie Stem” e l’importanza di “una revisione dei prezzi dei farmaci con una rimodulazione che li riconsideri in un’ottica costi-benefici, senza dimenticare il payback: è un sistema da correggere. Ha un costo alto – circa 2 miliardi e mezzo – su cui il Governo è già intervenuto con 1 miliardo. Tuttavia gradualmente bisognerà intervenire liberando magari risorse per la ricerca in campo farmaceutico”, ha concluso Casasco.
Legislazione Ue penalizza Italia
Sulla revisione della legislazione del farmaco europea che verrà discussa nel prossimi giorni al Parlamento Ue è intervenuto il senatore Francesco Zaffini, presidente della 10ªCommissione Affari Sociali, Sanità, Lavoro. La proposta di riforma crea disparità tra i Paesi e danneggia l’Italia, ha spiegato. “Il testo che ci è stato proposto fa danno al nostro Paese in termini economici, in termini di protezione delle nostre aziende che sono le aziende che realizzano il principale fatturato in ambito europeo nella produzione del farmaco, ma fa danno anche in termini di impatto sulla nostra capacità di ricerca”, ha sottolineato Zaffini. “Siamo fiduciosi del fatto che non se ne faccia nulla, un po’ perché non siamo d’accordo noi e poi perché questo provvedimento arriva a fine legislatura europea. Siamo fiduciosi che il nuovo Parlamento, la nuova Commissione e il nuovo Consiglio sappiano meglio interpretare quella che è una giusta aspettativa”.
Dati sanitari, verso uno spazio comune europeo
I dati sanitari sono fondamentali per la gestione del sistema sanitario e per la ricerca, ma il nostro Paese ancora fatica a valorizzarli. “Abbiamo difficoltà di utilizzo per ragioni legate alla privacy, per la mancata omogeneità del dato a livello nazionale – ha spiegato Matteo Scortichini, ricercatore CEIS dell’Università di Roma Tor Vergata. In alcuni casi il dato non è disponibile e inoltre emerge un problema di tempi: affinché il dato sia utile la sua disponibilità deve essere tempestiva, ha sottolineato il ricercatore, ma spesso questo non avviene, mettendo l’Italia nella condizione di vanificare una grande opportunità.
Mennini: dati necessari per garantire accesso equo all’innovazione
Sul tema è intervenuto il prof. Francesco Saverio Mennini, Capo Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Ssn del ministero della Salute.
“Si sta lavorando con il Garante della privacy per far comprendere come i dati in sanità abbiano delle diversità rispetto ad altri ambiti”, ha spiegato. “Senza un accesso completo ai dati per il ministero della Salute diventa complicato fare programmazione sanitaria degna di questo nome. Ci aspettiamo di risolvere i problemi con i dati per permettere al ministero e agli enti collegati – penso all’Aifa – di utilizzare queste informazioni per programmare bene la politica del farmaco. Il che significa anche garantire un accesso equo ed omogeneo a farmaci e tecnologie più efficaci a tutti i cittadini”, ha aggiunto.
Una migliore programmazione, inoltre, si traduce “in risultati migliori dal punto di vista dell’efficacia dell’intervento sanitario per i pazienti e in una riduzione dei costi diretti e indiretti; oltre a rappresentare un volano per gli investimenti del settore industrial del nostro paese”, ha concluso.
Innovazione: abbattere ostacoli regionali
“I dati sono necessari anche per il monitoraggio; per capire come vengono spese le risorse e se l’impatto degli interventi è reale”, ha aggiunto Ylenja Lucaselli, deputata FdI. “Tutto questo in Italia non avviene e, di conseguenza, c’è una enorme difficoltà nel capire come le Regioni impieghino le risorse”.
“Senza dati oggi è impossibile fare politica sanitaria”, ha spiegato la senatrice Pd ed ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “Ho cercato di dare un piccolo contributo presentando un disegno di legge per potere utilizzare i dati di ricerca secondari per la prevenzione, senza cambiare il regolamento sulla privacy”. Si tratta del ddl che propone di applicare ai dati sanitari un sistema che viene già usato in ambito finanziario. “Viene detto sandbox, un termine che sta a indicare il giardino che viene usato per far giocare, in sicurezza, i bambini”, aggiunge Lorenzin. “Cosa significa? Una Asl che ha i dati da cui emerge un alert epidemiologico può invitare i cittadino a fare determinate cose, come sottoporsi a una visita, uno screening o una vaccinazione, se necessario. Oppure degli enti di ricerca possono avere la possibilità di non dover chiedere il consenso tutte le volte per poter fare una nuova ricerca. Questo diventa indispensabile per le malattie rare dove le persone coinvolte nelle ricerche sono pochissime. Immaginiamo se quel dato dovesse essere buttato invece di approfondire eventuali linee della ricerca che si stano facendo”, ha concluso Lorenzin.