La chirurgia e la cura del tumore della mammella? L’Italia è forse il Paese migliore in Europa. C’è da crederci se dirlo è Paolo Veronesi, ordinario di Chirurgia generale dell’Università di Milano e direttore dell’Unità operativa di Chirurgia senologica dell’Istituto Europeo di Oncologia.
Intervenuto a Napoli per una lezione nell’ambito dei seminari di chirurgia organizzati dalla Scuola di Specializzazione in Chirurgia generale dell’Università Federico II, Veronesi ha spiegato che «in Italia si cura meglio e si guarisce meglio dal tumore al seno grazie al nostro Sistema sanitario nazionale e all’istituzione delle Breast Unit che sono l’unico luogo in cui si possono curare i tumori della mammella perché al loro interno dialogano tutti gli specialisti. L’approccio multidisciplinare è quello che dà i migliori risultati in termini di guarigione».
CHIRURGIA CONSERVATIVA
Ruolo chiave nella cura del tumore alla mammella lo ha avuto la ricerca. Per Veronesi la chirurgia senologica ha fatto negli ultimi anni enormi passi in avanti e grandi progressi arrivando così a una chirurgia sempre più “conservativa e rispettosa” dell’immagine della donna, evitando di fare interventi che compromettano le attività funzionali. Oggi è possibile effettuare radioterapie sempre più limitate nel tempo e più concentrate e quindi con minori effetti collaterali. Soprattutto la grande innovazione è stata nelle terapie mediche sempre più mirate con terapie a bersaglio molecolare, immunoterapia e la possibilità di evitare la chemioterapia quando se ne può fare a meno grazie ai test genomici che sono patrimonio comune in tutte le regioni italiane.
GUARIGIONI
Veronesi ha fatto riferimento ad alcuni dati che indicano come oggi si tocchi il 90 per cento di guarigioni a 5 anni, ma allo stesso tempo si registra un aumento dell’incidenza della malattia. «Per fortuna – ha sottolineato – dopo la pandemia sono ripresi gli screening e le attività di prevenzione che ci consentono di vedere i tumori in fase inziale con elevatissime possibilità di guarigione».
SINERGIE
In sala non solo specializzandi dell’Ateneo federiciano ma anche oncologi, biologi e professori. «Ritengo che questo sia un momento importante – ha detto Giovanni De Palma, direttore della Scuola federiciana – per l’elevata qualificazione scientifica del professore Veronesi, tra i massimi esperti di una patologia sempre più frequente ma sempre più curabile soprattutto se identificata in fase precoce». Tra i presenti anche Tommaso Pellegrino, chirurgo oncologo Breast Unit dell’Azienda ospedaliera universitaria Federico II, che ha evidenziato come l’Unità federiciana costituisca «un punto di riferimento per la Campania in termini di numeri, di ricerca e per qualità. La presenza del professore Veronesi – ha concluso – è la dimostrazione che nel nostro territorio abbiamo costruito una sinergia importante finalizzata a formare nel modo migliore possibile i nostri specializzandi».