Insonnia incubo per il 20% degli italiani. Cura in arrivo
In aiuto di chi soffre di insonnia arriva un’antagonista blocca-orexina, la ‘direttrice’ del sonno. Si tratta, infatti, di uno dei principali neurotrasmettitori in grado di agire sul sonno. Uno studio appena pubblicato su Lancet e su Sleep Journal ne ha messo in luce l’importanza. Gli studiosi hanno messo a punto la prima molecola che sfrutta un meccanismo, appartenente alla classe dei DORA (Dual Orexin Receptor Antagonists), capace di inibire l’attività dei due recettori principali dell’orexina favorendo l’insorgenza e il mantenimento del sonno.
Insonnia, problema globale
Oltre un terzo della popolazione mondiale è colpita da insonnia e/o da disturbi del sonno. In Italia ne soffre il 20%, in molti casi in forma cronica. I sintomi sono persistenti nell’80% dei casi dopo 1 anno dalla diagnosi e nel 60% dei casi a 5 anni. Sulla mancanza di sonno pesa ulteriormente la copresenza di possibili disturbi psichiatrici o psicoemotivi, soprattutto depressione e ansia. Un effetto domino in cui anche la pandemia ha avuto il suo ruolo. Infatti, il confinamento obbligato ha creato nuovi modelli psicopatologici con disturbi d’ansia, dell’umore, disturbi post traumatici da stress, dipendenza da alcol, esplosi in maniera esponenziale nell’arco di pochi mesi.
La nuova scoperta
La nuova scoperta rappresenta un punto di svolta. Gli scienziati hanno scoperto un nuovo antagonista in grado di agire sull’orexina, bloccando la sua attività sui due recettori più importanti. L’orexina, infatti, è uno dei principali neurotrasmettitori in grado di agire sul sonno, una vera ‘direttrice d’orchestra’. Gli studiosi hanno analizzato l’efficacia di questo farmaco. Si tratta di una nuova molecola appartenente alla classe dei DORA (Dual Orexin Receptor Antagonists) si chiama daridorexant e agisce con un bersaglio diverso da quello dei farmaci tradizionali.
Daridorexant regola i cicli sonno-veglia che sono alterati in chi soffre di disturbi del sonno, permettendo quindi anche maggiori performance nello svolgimento delle funzioni diurne, spesso offuscate dagli effetti dell’insonnia. Inoltre ha un profilo di sicurezza favorevole e la riduzione degli effetti avversi. Se ne è parlato in una delle principali sessioni scientifiche del XXIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Neuro-Psico-Farmacologia (SINPF), nei due hub di Milano e Venezia.
I disturbi psichiatrici connessi
“Si definisce insonnia – spiega Claudio Mencacci, direttore emerito di psichiatria all’ospedale Fatebenefratelli di Milano e co-presidente SINPF – l’insoddisfazione per la quantità o la qualità del sonno, associata alla difficoltà nell’iniziare e mantenere il sonno da almeno 3 mesi. Questo risulta pertanto perturbato da frequenti risvegli o da problemi di riaddormentamento dopo i risvegli, con un conseguente impatto sulle ore diurne: sonnolenza, iperattività e un generale peggioramento della qualità della vita sono le conseguenze più evidenti.
L’insonnia in alcuni casi può essere riconosciuta anche come sintomo di alcuni disturbi psichiatrici – continua Mencacci –. In questo caso le cause possono essere riconducibili a diversi fattori: un disallineamento del ritmo sonno-veglia rispetto a un ritmo considerato normale, per via ad esempio di cambiamenti di fusi orari o turni di lavoro o altra causa; uno sfasamento del ritmo biologico, come causa primaria, tipico ad esempio di chi soffre di irregolarità del ritmo sonno-veglia; un ritardo o un anticipo della fase di sonno che inducono rispettivamente un’insonnia iniziale o una sonnolenza serale con un precoce risveglio al mattino; un ritmo sonno-veglia diverso dalle 24 ore con un ritardo di 1-2 ore che si somma di giorno in giorno con inevitabili conseguenze.
Non ultimo, i cicli alterati di sonno possono essere dovuti anche a insonnie situazionali, quando ad esempio si tende a risolvere l’insonnia reattiva assecondando i propri orari fisiologici di addormentamento e risveglio mattutino, indipendentemente dagli orari convenzionali”.
Le cure personalizzate
“Per tutti questi contesti – prosegue Matteo Balestrieri, Ordinario di Psichiatria all’Università di Udine e co-presidente della SINPF – oggi disponiamo di terapie ad hoc che grazie, alla diversa pluralità di azione, consentono di modulare e personalizzare la cura, ad esempio confezionando una terapia in funzione della presenza di comorbilità di ansia e depressione, della durata dell’insonnia, scegliendo farmaci che non diano dipendenza nel lungo termine, e dell’età del paziente, usando ad esempio farmaci che non compromettono l’abilità diurna nel paziente anziano. I nuovi farmaci che agiscono antagonizzando l’orexina, di cui oggi grazie all’estensione della prescrivibilità può avvantaggiarsi anche lo psichiatra, consentono di ottenere benefici di efficacia a fronte del contenimento dei costi sociali e assistenziali, spesso elevatissimi, dell’insonnia”.