Oltre il 4% delle nascite con PMA: studio Humanitas ha indagato rischio per il cuore delle madri
Sempre più coppie ricorrono alla procreazione medicalmente assistita, come la fecondazione in vitro e l’inseminazione intrauterina. Oggi le tecniche di PMA sono responsabili di circa il 4% delle gravidanze nel mondo, con risultati sempre più solidi nel favorire il concepimento.
In particolare, in Italia, dall’entrata in vigore della legge 40, la PMA è quasi raddoppiata passando dai 63.585 trattamenti del 2005 ai 109.755 del 2022. Il tasso di successo, invece, è più che triplicato: la percentuale di bambini nati vivi sulla popolazione generale che nel 2005 era dell’1,22%, nel 2022 è arrivata al 4,25%.
Questa tendenza in aumento sottolinea l’importanza di confermare la sicurezza delle tecniche nel lungo periodo. Da qui nasce lo studio di Humanitas. La buona notizia è che i risultati confermano che le tecniche di riproduzione assistita non aumentano il rischio cardiovascolare per le madri. Il lavoro è stato pubblicato sull’European Heart Journal a firma di Giulio Stefanini, cardiologo responsabile della Ricerca Clinica del Cardio Center di Humanitas – diretto dal prof. Gianluigi Condorelli – e di Nicoletta Di Simone, ginecologa responsabile del Centro Multidisciplinare di Patologia della Gravidanza di Humanitas San Pio X, entrambi professori di Humanitas University.
PMA sicura per il cuore delle madri: lo studio durato 10 anni
La meta-analisi – che consiste nel combinare statisticamente i risultati di più studi clinici indipendenti in modo rigoroso, per trarre conclusioni più affidabili – ha preso in considerazione dieci studi (selezionati tra più di 7000 condotti sul tema) e ha incluso complessivamente oltre 500.000 donne che si sono avvalse di tecniche di procreazione assistita, con oltre 36 milioni di donne non trattate come gruppo di controllo. Gli autori sono intervenuti sulle pagine dell’istituto di ricerca.
«I risultati ottenuti sono rassicuranti – commenta il prof. Giulio Stefanini –: non è stata riscontrata alcuna evidenza significativa che l’uso della PMA aumenti il rischio di eventi cardiovascolari gravi, cioè di infarti, ictus o tromboembolie, nei 10 anni di follow-up inclusi negli studi. Non solo, ma il tasso di rischio di disturbi cardiovascolari, anche non acuti, tende a diminuire con il passare del tempo, fino a stabilizzarsi a livelli simili a quelli delle donne non trattate. Questi risultati sono importanti per le donne che ricorrono alle tecniche di riproduzione assistita e per i professionisti sanitari, poiché suggeriscono la necessità di monitorare la salute cardiovascolare delle pazienti soprattutto nei primi anni dopo il trattamento».
«È essenziale valutare i rischi associati al trattamento caso per caso, in modo personalizzato – spiega la prof.ssa Nicoletta Di Simone – soprattutto considerato che le donne che si rivolgono a queste soluzioni possono avere fattori di rischio cardiovascolare preesistenti, quali età più avanzata, patologie ipertensive pregresse, obesità o diabete. Sappiamo anche che alcune condizioni cardiovascolari, come la preeclampsia, si manifestano con maggiore frequenza durante le gravidanze da PMA ed è fondamentale trattarle in modo idoneo. Per tutte queste ragioni è bene che chi si sottopone al trattamento segua un attento monitoraggio in centri ginecologici e ostetrici che offrano approcci di cura multidisciplinari e che siano in grado di effettuare un adeguato follow-up».
PMA: i prossimi passi della Ricerca
Il passo successivo sarà studiare l’impatto cardiovascolare specifico delle diverse tecniche di PMA e come questo cambi in base al numero di cicli effettuati, per identificare eventuali disparità tra le tecniche e fattori di rischio particolari, su cui occorrerà porre particolare attenzione.
«In Humanitas siamo impegnati a garantire che le donne ricevano terapie di alta qualità, supportate dalle più recenti evidenze scientifiche, sia durante che dopo il trattamento di fertilità – afferma il prof. Paolo Emanuele Levi Setti, responsabile del Fertility Center dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, uno dei più grandi in Italia –. La PMA deve essere infatti considerata all’interno del più ampio percorso di cura della paziente, un percorso che inizia prima del trattamento e prosegue dopo di esso. Per fare questo è fondamentale la collaborazione tra le discipline e l’impegno costante nella ricerca scientifica, che ci consentirà di rendere la PMA sempre più efficace e sempre più sicura».