La depressione è una patologia complessa che emerge in forme diverse. La risposta ai trattamenti varia molto da persona a persona. Oggi, il 30-40 per cento delle persone affette da depressione non risponde alle terapie disponibili. Il dato pesa sui sistemi sanitari e sulla qualità della vita dei pazienti. Questo ha spinto la ricerca scientifica a indagare le ragioni delle variabilità. Un nuovo studio pubblicato su Nature Medicine ha individuato almeno sei diversi tipi di depressione, o “biotipi”. Si distinguono per specifici pattern di attivazione cerebrale, rispondendo in modo diverso alle strategie terapeutiche.
Sei biotipi per comprendere la depressione
La ricerca, condotta da un team guidato dal neuroscienziato italiano Leonardo Tozzi della Stanford University, ha analizzato l’attività cerebrale di 801 pazienti. Il lavoro si è concentrato sull’individuazione di specifici schemi di attivazione o non attivazione di circuiti cerebrali, i quali sembrano determinare la tipologia di depressione e, di conseguenza, la risposta alle cure. Questi sei biotipi sono associati a circuiti responsabili di funzioni cognitive come l’attenzione, l’autocontrollo e le emozioni. Ad esempio, un biotipo è caratterizzato da un’iperconnettività nei circuiti dell’attenzione, mentre un altro da un’iperattivazione del “Default Mode Network“, che si attiva quando il cervello non è impegnato in compiti specifici.
Lo studio si è basato su tecniche avanzate di neuroimmagine e analisi dei dati, permettendo ai ricercatori di sviluppare una mappa più dettagliata di come il cervello si comporta nei diversi tipi di depressione. I risultati potrebbero portare alla creazione di trattamenti mirati e personalizzati.
I risultati delle terapie nei sei biotipi
I ricercatori hanno analizzato anche l’efficacia dei trattamenti su un campione di 250 pazienti, monitorando la risposta ai diversi approcci terapeutici. In particolare, hanno testato farmaci antidepressivi e terapie psicologiche specifiche. I risultati hanno mostrato che alcuni biotipi rispondono meglio alla psicoterapia, mentre altri trovano maggiore beneficio dai farmaci.
Ad esempio, il biotipo “Default with salience and attention hyperconnectivity” ha mostrato una maggiore risposta alla psicoterapia, mentre il biotipo “Attention hypoconnectivity” ha risposto meno bene a questo tipo di trattamento. Il biotipo “Cognitive control hyperactivation” ha invece registrato un miglioramento con un farmaco specifico. Questi risultati indicano che l’identificazione del biotipo di appartenenza potrebbe orientare in modo più preciso i medici nella scelta della terapia, riducendo il numero di pazienti che non rispondono ai trattamenti.
Verso cure personalizzate
La possibilità di associare un determinato biotipo a una specifica terapia potrebbe rivoluzionare la pratica psichiatrica. Leonardo Tozzi, in collaborazione con il team di Stanford, sta ora lavorando a trial clinici sperimentali per verificare l’efficacia di trattamenti mirati. I prossimi passi includeranno studi randomizzati per confermare i risultati e offrire una base solida per l’applicazione clinica.
I costi economici e sociali della depressione
La depressione pesa anche sul piano economico e sociale. Negli Stati Uniti, i costi legati alla disabilità causata dalla depressione ammontano a 336 miliardi di dollari. Si tratta della principale causa di perdita di produttività lavorativa a livello globale. I giovani sono particolarmente colpiti, con un tasso di suicidi che è triplicato negli ultimi 30 anni.
Il problema della depressione non diagnosticata
Uno dei principali ostacoli alla cura della depressione è la mancanza di diagnosi. Gli studi indicano che solo una persona su cinque affetta da depressione maggiore riceve cure adeguate. Molti pazienti non sanno di poter beneficiare di trattamenti specifici e interpretano i sintomi come una normale reazione a situazioni difficili. La depressione è spesso confusa con stati di tristezza o disagio temporanei, invece è una patologia complessa. I sintomi sono persistenti e impattano significativamente sulla vita personale e sociale.
Come funziona il cervello nella depressione
Il cervello è un sistema complesso, formato da circuiti che collegano diverse aree e si attivano a seconda delle funzioni svolte. Nel caso della depressione, alcuni circuiti sono maggiormente coinvolti, come il circuito del “Default Mode Network”, che si attiva quando non si è impegnati in compiti specifici, e che è spesso collegato alla ruminazione tipica della depressione. Altri circuiti interessati includono quelli responsabili delle emozioni, sia positive che negative, e quelli che regolano l’attenzione e il controllo cognitivo.
La scoperta di sei biotipi distinti fa luce sulla possibilità di personalizzare i trattamenti, migliorando la risposta dei pazienti alle terapie. Il prossimo obiettivo è confermare questi risultati con studi clinici prospettici e randomizzati. La depressione rimane una delle principali sfide della salute pubblica, ma la ricerca scientifica continua a fare progressi verso un futuro in cui le cure saranno sempre più efficaci e personalizzate.