Tempo di lettura: 3 minutiLa cannabis è la sostanza d’abuso più utilizzata nel mondo occidentale. Un numero sempre maggiore di Stati americani la sta legalizzando, sia per uso terapeutico che ricreativo e resta la sostanza d’abuso più utilizzata soprattutto negli Usa. In una recente ricerca 22,2 milioni gli americani di età superiore ai 12 anni che ne hanno dichiarato il consumo nell’arco del mese antecedente al sondaggio (90% degli adulti per uso ricreativo, mentre solo il 10% con finalità curative). Tra il 2002 e il 2015 la percentuale di quanti riferiscono di aver fatto consumo di cannabis nel mese precedente è aumentata dal 6,2 all’8,3%.
La National Academies of Sciences, Engineering e Medicine ha deciso di fare il punto della situazione, attingendo a quanto pubblicato in letteratura scientifica dal 1999 ad oggi. Sono stati esaminati oltre 10 mila lavori dal team di studiosi, presieduto da Marie McCormick, professore of salute materno-infantile, dipartimento di scienze sociali e comportamentali presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health e professore di pediatria presso la Harvard Medical School (USA). Il rapporto è pubblicato sul sito della National Academies Press ed è consultabile gratuitamente.
“La crescente accettazione, disponibilità e il conseguente uso sempre più diffuso della cannabis – afferma la McCormick – stanno sollevando una serie di preoccupazioni di salute pubblica. A questo si aggiunge il fatto che una mancanza di conoscenze realmente complete sugli effetti della cannabis ha generato incertezza sui suoi eventuali effetti positivi o negativi per la salute. Per questo abbiamo portato avanti questa revisione ampia e approfondita delle ricerche più recenti, al fine di chiarire cosa la scienza dice al riguardo e di mettere in luce le aree che hanno bisogno di ulteriori approfondimenti”.
A livello terapeutico, cannabis e cannabinoidi si usano per trattare il dolore cronico negli adulti. Nei pazienti con sclerosi multipla affetti da spasmi, l’assunzione a breve termine di ‘cannabinoidi orali’ migliora il sintomo. In presenza di nausea e vomito da chemioterapia, alcuni cannabinoidi orali sono efficaci nel prevenire e nel trattare questi problemi.
Dall’altra parte, aumenta, invece, il rischio di rimanere coinvolti in incidenti stradali da parte di chi fa uso di cannabis prima di mettersi alla guida. Negli Stati Usa ci sono state segnalazioni di overdose accidentali nei bambini, soprattutto per ingestione (78% dei casi). Dal 2000 al 2013 il numero di chiamate ai centri antiveleni, correlate all’esposizione alla cannabis nei bambini al di sotto dei 6 anni è risultato infatti superiore di 2,82 volte negli Stati che ne hanno legalizzato l’uso.
Secondo il rapporto appena pubblicato, l’uso di cannabis non si associa ad aumentato rischio di quei tumori (polmone, testa collo), correlati al fumo di sigaretta, ma si associa, invece, ad una maggior frequenza di episodi bronchitici cronici e ad un peggioramento dei sintomi respiratori (tosse produttiva cronica).
Mancano dati sulla relazione cannabis-immunità, sia nella popolazione generale che in quella con infezione da HIV. Piccoli studi suggeriscono che l’esposizione regolare alla cannabis potrebbe esercitare un’azione anti-infiammatoria.
Gli studi analizzati dal rapporto suggeriscono che l’uso di cannabis potrebbe aumentare il rischio di sviluppare schizofrenia, altre psicosi, disturbo d’ansia sociale e in misura minore depressione.
D’altra parte, nei soggetti affetti da schizofrenia o altre psicosi, una storia di uso di cannabis potrebbe essere legata a migliori performance nei processi di apprendimento e mnemonici.
I forti consumatori di cannabis riferiscono più di frequente pensieri suicidari e nei soggetti bipolari i sintomi risultano peggiori.
Ci sono anche discrete evidenze che legano il consumo di cannabis allo sviluppo di dipendenza e disordini da abuso da altre sostanze, quali alcol, tabacco e altre droghe.
Subito dopo l’impiego di cannabis i processi di apprendimento, memoria e attenzione risultano alterati. Ci sono anche limitate evidenze di una persistenza di alterazioni nei campi cognitivi di apprendimento, memoria e attenzione nei soggetti che hanno smesso di fumare cannabis. Altri studi suggeriscono che l’uso di cannabis potrebbe essere correlato a qualche problema di risultato scolastico, ma anche nelle relazioni e nei ruoli sociali.
Gli strati neuronali deputati allo sviluppo delle funzioni cognitive sono attivi al massimo nei periodi dell’adolescenza e nella prima età adulta, che è proprio quando la maggior parte delle persone comincia ad avvicinarsi alla cannabis.
Infine, fumare cannabis in gravidanza si associa ad un minor peso alla nascita del bambino secondo alcuni studi.
Schistosomiasi, il parassita diagnosticato in Italia
PrevenzioneSi chiama schistosomiasi ed è una malattia che in Italia non era mai arrivata. L’esigenza di parlare al passato è legata a due diagnosi avvenute in questi giorni ad Eboli, due ragazzi malesi colpiti dal parassita sono infatti ricoverati in isolamento in attesa che si trovi il farmaco. Nota anche come febbre della lumaca o febbre di Katayama, questa malattia tropicale è causata dalla presenza nell’organismo di un parassita e, se non curata adeguatamente, è letale.
Malattie delle migrazioni
A portare in Italia malattie mai arrivate prima o debellate da tempo è la globalizzazione, in alcuni casi anche le migrazioni legate ai viaggi della speranza. Ma sarebbe più giusto dire della disperazione. Così è stato per i due ventenni ospitati in un centro d’accoglienza nel Vallo di Diano. «Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un ritorno di alcune malattie infettive ormai superate», – spiega Giuseppe Bamonte primario dell’Unità Operativa di Oncodermovenereologia e Medicina delle Migrazioni e malattie infettive dell’ospedale Maria Santissima Addolorata di Eboli. «Molte sono associate al fenomeno della migrazione – aggiunge – anche per questo è stato attivato con i fondi ministeriali il reparto di medicina delle migrazioni».
Mai prima d’ora
Appena sono arrivati i ragazzi, ascoltati i sintomi, i medici hanno effettuato gli esami. Avuta la diagnosi è stata fatta la richiesta del farmaco presso una farmacia dello Stato del Vaticano. I due casi di bilharzosi diagnosticati ad Eboli sono gli unici in Italia. Il reparto Malattie infettive del “Maria Santissima Addolorata” di Eboli è una struttura di eccellenza. Al suo interno sono presenti ben due camere a pressione negativa utilizzate nei casi di potenziale contagio virale. In Italia ce ne sono meno di venti e Eboli è l’unico del meridione a possederle. Vi operano tre medici specialisti, personale infermieristico e ausiliari tutti debitamente formati a gestire anche casi e complicanze particolarmente gravi.
Tutti gli effetti della cannabis. Rapporto dagli Stati Uniti
Associazioni pazienti, Farmaceutica, News PresaLa cannabis è la sostanza d’abuso più utilizzata nel mondo occidentale. Un numero sempre maggiore di Stati americani la sta legalizzando, sia per uso terapeutico che ricreativo e resta la sostanza d’abuso più utilizzata soprattutto negli Usa. In una recente ricerca 22,2 milioni gli americani di età superiore ai 12 anni che ne hanno dichiarato il consumo nell’arco del mese antecedente al sondaggio (90% degli adulti per uso ricreativo, mentre solo il 10% con finalità curative). Tra il 2002 e il 2015 la percentuale di quanti riferiscono di aver fatto consumo di cannabis nel mese precedente è aumentata dal 6,2 all’8,3%.
La National Academies of Sciences, Engineering e Medicine ha deciso di fare il punto della situazione, attingendo a quanto pubblicato in letteratura scientifica dal 1999 ad oggi. Sono stati esaminati oltre 10 mila lavori dal team di studiosi, presieduto da Marie McCormick, professore of salute materno-infantile, dipartimento di scienze sociali e comportamentali presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health e professore di pediatria presso la Harvard Medical School (USA). Il rapporto è pubblicato sul sito della National Academies Press ed è consultabile gratuitamente.
“La crescente accettazione, disponibilità e il conseguente uso sempre più diffuso della cannabis – afferma la McCormick – stanno sollevando una serie di preoccupazioni di salute pubblica. A questo si aggiunge il fatto che una mancanza di conoscenze realmente complete sugli effetti della cannabis ha generato incertezza sui suoi eventuali effetti positivi o negativi per la salute. Per questo abbiamo portato avanti questa revisione ampia e approfondita delle ricerche più recenti, al fine di chiarire cosa la scienza dice al riguardo e di mettere in luce le aree che hanno bisogno di ulteriori approfondimenti”.
A livello terapeutico, cannabis e cannabinoidi si usano per trattare il dolore cronico negli adulti. Nei pazienti con sclerosi multipla affetti da spasmi, l’assunzione a breve termine di ‘cannabinoidi orali’ migliora il sintomo. In presenza di nausea e vomito da chemioterapia, alcuni cannabinoidi orali sono efficaci nel prevenire e nel trattare questi problemi.
Dall’altra parte, aumenta, invece, il rischio di rimanere coinvolti in incidenti stradali da parte di chi fa uso di cannabis prima di mettersi alla guida. Negli Stati Usa ci sono state segnalazioni di overdose accidentali nei bambini, soprattutto per ingestione (78% dei casi). Dal 2000 al 2013 il numero di chiamate ai centri antiveleni, correlate all’esposizione alla cannabis nei bambini al di sotto dei 6 anni è risultato infatti superiore di 2,82 volte negli Stati che ne hanno legalizzato l’uso.
Secondo il rapporto appena pubblicato, l’uso di cannabis non si associa ad aumentato rischio di quei tumori (polmone, testa collo), correlati al fumo di sigaretta, ma si associa, invece, ad una maggior frequenza di episodi bronchitici cronici e ad un peggioramento dei sintomi respiratori (tosse produttiva cronica).
Mancano dati sulla relazione cannabis-immunità, sia nella popolazione generale che in quella con infezione da HIV. Piccoli studi suggeriscono che l’esposizione regolare alla cannabis potrebbe esercitare un’azione anti-infiammatoria.
Gli studi analizzati dal rapporto suggeriscono che l’uso di cannabis potrebbe aumentare il rischio di sviluppare schizofrenia, altre psicosi, disturbo d’ansia sociale e in misura minore depressione.
D’altra parte, nei soggetti affetti da schizofrenia o altre psicosi, una storia di uso di cannabis potrebbe essere legata a migliori performance nei processi di apprendimento e mnemonici.
I forti consumatori di cannabis riferiscono più di frequente pensieri suicidari e nei soggetti bipolari i sintomi risultano peggiori.
Ci sono anche discrete evidenze che legano il consumo di cannabis allo sviluppo di dipendenza e disordini da abuso da altre sostanze, quali alcol, tabacco e altre droghe.
Subito dopo l’impiego di cannabis i processi di apprendimento, memoria e attenzione risultano alterati. Ci sono anche limitate evidenze di una persistenza di alterazioni nei campi cognitivi di apprendimento, memoria e attenzione nei soggetti che hanno smesso di fumare cannabis. Altri studi suggeriscono che l’uso di cannabis potrebbe essere correlato a qualche problema di risultato scolastico, ma anche nelle relazioni e nei ruoli sociali.
Gli strati neuronali deputati allo sviluppo delle funzioni cognitive sono attivi al massimo nei periodi dell’adolescenza e nella prima età adulta, che è proprio quando la maggior parte delle persone comincia ad avvicinarsi alla cannabis.
Infine, fumare cannabis in gravidanza si associa ad un minor peso alla nascita del bambino secondo alcuni studi.
Obesità: la soluzione è tassare le bevande zuccherate. Proposta choc
Alimentazione, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneCi sarebbero decine di migliaia di obesi in meno, meno diabete e meno carie da curare se ci fosse una tassa sulle bevande zuccherate. A dirlo è un gruppo di ricercatori britannici con il supporto di un team neozelandese. La scorsa primavera, infatti, il governo britannico ha proposto di introdurre una tassazione sui soft drink, a ‘intensità’ modulata sulla base del loro contenuto di zucchero (tasse alte per drink con > 8 gr di zucchero /100 mL, tasse moderate per drink con 5-8 gr di zucchero /100 mL, nessuna tassazione per concentrazione di zuccheri < 5 gr/100 mL).
Un team di studiosi di varie università inglesi (Oxford, Cambridge, Reading) e neo-zelandesi (università di Otago, Wellington), sotto la guida di Adam Briggs dell’Università di Oxford, ha fatto una simulazione dei possibili impatti sulla salute (da quello più ottimistico a quello peggiore) per la popolazione inglese, sulla base di tre diversi scenari di risposta da parte delle industrie produttrici di bibite zuccherate.
Lo studio è stato pubblicato su Lancet Public Health. Gli autori si sono focalizzati su obesità, diabete e problemi dentari, patologie per le quali esiste un forte rapporto di causalità con il consumo di bevande zuccherate. Anche se l’impatto della sugar-tax avrebbe conseguenze positive anche su una serie di patologie croniche che potrebbero dare segno di sé più avanti nel tempo, quali cardiopatie, ictus, dolori lombari, osteoatrite.
Le tre le possibili risposte da parte dell’industria alimentare erano: la riformulazione degli ingredienti delle bibite, riducendo lo zucchero presente, un aumento del prezzo del prodotto (per assorbire l’impatto della tassazione), una variazione dello share di mercato relativo alle bibite a concentrazione di zucchero alta, media e bassa (con uno spostamento dei consumi su quelle a contenuto medio-basso).
Lo scenario migliore per la salute in termini di risposta dell’industria sarebbe la riduzione del contenuto di zucchero nelle bevande. Questo porterebbe ad una riduzione di 144.383 persone affette da obesità, tra adulti e bambini, delle attuali 15.470.813; le nuove diagnosi di diabete di tipo 2 per anno si ridurrebbero di oltre 19.000, mentre ci sarebbero ogni anno quasi 270.000 denti in meno da curare per carie o altri problemi.
Analizzando lo scenario ‘aumento dei prezzi delle bibite zuccherate’, nella migliore delle ipotesi la riduzione dei soggetti obesi si attesterebbe intorno a 81.594, i nuovi casi di diabete diminuirebbero di 10.861 l’anno e i denti da curare sarebbero ogni anno 149.378 in meno.
La ‘ridistribuzione delle quote di mercato a favore delle bevande meno zuccherate’, invece, nella migliore delle ipotesi porterebbe a ridurre di 91.094 persone la popolazione obesa, di 1.528 i nuovi casi di diabete l’anno e di 172.718 i denti da curare.
I benefici più consistenti per la salute orale e per l’obesità si registrerebbero nei soggetti al di sotto dei 18 anni, mentre le riduzioni assolute più importanti sul fronte del diabete si vedrebbero negli over 65.
Un anno di benessere fisico e mentale. I consigli dell’Oms
Alimentazione, Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, PsicologiaL’anno è appena cominciato e ogni inizio porta con sé i buoni propositi, anche dal punto di vista della salute. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha stilato un vademecum con nove semplici consigli per salvaguardare il proprio benessere. Attività fisica, mangiare sano, non fumare e non bere alcolici ormai si conoscono a memoria. Subito dopo, invece, iniziano quelli meno scontati, come la regola di vaccinarsi, praticare sesso sicuro, stare lontani dallo stress, rispettare le regole di sicurezza stradale e, infine, praticare una buona igiene quotidiana.
In particolare, l’Oms spiega: non fare un’attività fisica regolare è tra le prime dieci cause di morte nel mondo ed aumenta i fattori di rischio per le patologie non trasmissibili, come il cancro o il diabete. Eppure un adulto su quattro non risulta fisicamente attivo al punto giusto. Tra i 5 e i 17 anni l’attività fisica dovrebbe essere quotidiana per almeno 60 minuti. Dalla maggiore età fino ai 64 anni la direttiva è di praticarla per almeno 150 minuti a settimana. L’intensità ovviamente deve essere regolata in base al soggetto
Lo sport va poi associato ad una buona alimentazione. L’Oms, tra i consigli, raccomanda di non superare il 30% del grasso totale nei pasti giornalieri. Gli zuccheri devono restare a 10 punti percentuali. Gli adulti possono prevenire l’ipertensione e ridurre il rischio di malattie cardiache e ictus regolando l’assunzione di sale sotto i 5 g al giorno. Considerando che, come l’attività fisica, anche la dieta è un abito da cucire su misura, c’è comunque un consiglio valido per tutti: mangiare almeno 400 g, o 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, meglio se crude e di stagione.
Terzo proposito del nuovo anno: smettere di fumare. Ci sono benefici anche immediati: entro 20 minuti la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna diminuiscono. Dopo 12 ore il livello di monossido di carbonio nel sangue torna alla normalità. Dalle 2 alle 12 settimane che seguono l’ultimo tiro di sigaretta aumenta la funzionalità polmonare, fino alla scomparsa di quella tosse che sembrava cronica, dopo 9 mesi. Ad un anno di distanza il rischio di malattia coronarica si dimezza rispetto a quello di un fumatore. Trascorsi 5 anni il rischio di ictus si riduce a quello di un non fumatore. Lo stesso dopo 10 anni per il cancro al polmone. Come il fumo anche l’alcol nuoce gravemente alla salute. Ma uno stato mentale alterato dagli effetti dell’alcol può causare conseguenze anche a terze persone, soprattutto per chi, infrangendo la legge, si mette alla guida.
L’Oms ricorda poi che è importante seguire il calendario vaccinale così come prescritto dal proprio Paese e di praticare sesso sicuro per evitare un aumento della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili.
È necessario anche evitare i fattori di stress per non incorrere in patologie psicologiche che possono colpire chiunque, l’Oms tra tutte cita la depressione che provoca angoscia mentale e influisce sulla capacità di svolgere le attività quotidiane, con conseguenze anche devastanti sui rapporti sociali e familiari.
Se non ci si ammala, si può comunque morire sulle strade, ogni anno, in tutto il mondo, si registrano circa 1,25 milioni di vittime. Per questo un altro dei buoni propositi per il 2017 è di rispettare tutte le regole del codice stradale, non abbassando mai il livello di attenzione. L’ultimo tra i consigli è di lavarsi bene le mani per prevenire importanti infezioni. Per capire quanto tempo bisogna dedicare, il consiglio è di insaponare e risciacquare e non smettere fin quando non si avrà finito di cantare per due volte “Happy Birthday”.
Obesità infantile, la Campania sull’orlo del baratro
AlimentazioneOggi giorno quasi tutti hanno problemi di linea, il dramma è quando ad averse chili di troppo sono i bambini. Succede ovunque in Italia, ma in Campania si sta creando un vero e proprio allarme. La regione è infatti maglia nera per l’obesità infantile, con il record negativo di un bambino su 2 con problemi di peso. Il dato preciso registra un 28% di bimbi campani tra gli 8 e i 9 in sovrappeso, il 13,7 obeso e il 5,5% con un’obesità severa. E se è vero che la somma fa il totale, la drammatica verità è che in Campania il 47,8% dei ragazzini (dati diffusi da Okkio alla Salute) è in sovrappeso.
Come intervenire?
È possibile prevenire l’obesità infantile? Un aiuto lo offre la dieta mediterranea, che è considerata il miglior modello per la prevenzione di malattie cronico-degenerative come le malattie cardiovascolari, il diabete, l’obesità e il cancro. Proprio il ruolo della dieta mediterranea nello svezzamento sarà al centro del dibattito pubblico (il terzo di nove appuntamenti della V edizione di Mondo Donna) dal titolo «Prevenire l’obesità infantile? Proviamoci con la dieta mediterranea», promosso a Napoli domani (18 gennaio 2017) alle 17 dalla Clinica Mediterranea al Punto Luce di Piazzetta San Vincenzo 21, nel quartiere Sanità. Interverranno Salvatore Auricchio, professore di pediatria dell’Università Federico II di Napoli, la pediatra Raffaella De Franchis e Francesca Romano Marta, di Save the Children Italia.
Medulloblastoma, presto una nuova terapia
Ricerca innovazioneMedulloblastoma. Nonostante il nome sia poco noto, si tratta della forma più diffusa di tumore cerebrale dell’infanzia. La notizia è che un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma ha sviluppato un trattamento che riesce a far regredire la neoplasia o farla scomparire del tutto, senza provocare danni cognitivi i neoplasie secondarie. Si tratta di un passo in avanti determinante, perché nonostante questa forma di tumore abbia un tasso di sopravvivenza accettabile, la tossicità dei trattamenti disponibili (in particolare della radioterapia) lasciano nei pazienti danni gravi. I ricercatori del Cnr, grazie all’esperienza maturata in un decennio di studi sullo sviluppo dei neuroni nel cervello e nel cervelletto (neurogenesi), ha dimostrato in vivo che dopo il trattamento con la proteina Cxcl3, anche se il tumore ha già iniziato a svilupparsi, il medulloblastoma non si forma più o scompare completamente. Lo studio è pubblicato su Frontiers in Pharmacology.
Un uovo approccio
La strada tracciata è totalmente diversa da quelle che si percorrono oggi. L’approccio attuale si basa infatti sul blocco della proliferazione dei precursori cerebellari neoplastici grazie all’impiego di sostanze tossiche. La ricerca del Cnr sfrutta invece la plasticità residua del precursore cerebellare neoplastico. «La proteina Cxcl3 – spiega Felice Tirone dell’Ibcn-Cnr, che ha guidato la ricerca in collaborazione con Manuela Ceccarelli e Laura Micheli – ne forza la migrazione al di fuori della zona proliferativa del cervelletto verso la parte interna, dove i precursori neoplastici differenziano, uscendo definitivamente dal programma di sviluppo del tumore. Già nel 2012 avevamo identificato la chemokina Cxcl3 quale possibile target terapeutico, dimostrando che la mancanza di questa proteina si lega a un notevole aumento della frequenza del medulloblastoma, poiché i precursori cerebellari, cioè le cellule giovani che poi diventano neuroni, non riescono più a migrare al di fuori della zona proliferativa alla superficie del cervelletto e tendono a diventare neoplastici. Una permanenza eccessiva nella zona proliferativa rende cioè i precursori più suscettibili alle mutazioni che inducono la proliferazione incontrollata».
La nascita di una terapia
Il prossimo passo è quello di studiare l’applicabilità nell’uomo di questo trattamento, che è stato brevettato dal Cnr. «Cxcl3 – dicono i ricercatori – sembra essere privo di tossicità anche ad alte dosi, ma resta da chiarire se la plasticità dei precursori cerebellari tumorali, cioè la capacità di differenziare dopo la migrazione, permane a stadi più avanzati del tumore». Un’applicazione possibile sarebbe nella sindrome di Gorlin, dove il medulloblastoma è trasmesso geneticamente, e quindi la sua insorgenza è più prevedibile e monitorabile sin dalle fasi iniziali di sviluppo.
Fumo: l’obiettivo è ridurre i dipendenti al 5% della popolazione
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneNel mondo i fumatori sono circa 650 milioni. Secondo l’OMS, il fumo è “la prima causa al mondo di morte evitabile”. Ogni anno 5 milioni di persone in tutto il mondo muoiono per cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie. Un numero che potrebbe aumentare fino a 10 milioni entro il 2030. Nell’Unione europea si stima che fumino 4,5 milioni di persone e che ogni anno siano 650 mila i decessi correlati al fumo. La dipendenza dal fumo è stata inserita dal 1994 nella lista delle “dipendenze patologiche” da parte della società psichiatrica americana e classificata come malattia dall’OMS. Dati recenti dicono che il 20,6% degli Italiani fuma e si registra una riduzione inferiore al 2% sia negli uomini che nelle donne. Le morti dovute al fumo ogni anno in Italia sono circa 80 mila.
Un gruppo internazionale di ricercatori su temi di salute pubblica guidati da Robert Beaglehole e Ruth Bonita dell’Università di Auckland in Nuova Zelanda ha realizzato uno studio con l’obiettivo (raggiungibile entro il 2040) di arrivare ad un mondo dove meno del 5% della popolazione faccia uso del tabacco. Gli esperti hanno spiegato come è possibile, in uno speciale della rivista The Lancet. In occasione della “Conferenza Mondiale Tabacco o Salute (World Conference on Tobacco or Health)” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che avrà come tema “Tabacco e malattie non trasmissibili”, in programma ad Abu Dhabi dal 17 al 21 marzo prossimo, i ricercatori lanceranno un appello alle Nazioni Unite perché “mettano il turbo” alle azioni contro la vendita e il consumo di tabacco. In caso contrario, si calcola che un miliardo di persone morirà per il fumo e gli altri usi del tabacco entro fine secolo. Oltre l’80% avverrà in paesi a basso e medio reddito, le cui popolazioni saranno più colpite dal peso economico e sociale devastante delle malattie da tabacco.
Il professor Beaglehole spiega: «È giunto il momento per il mondo di riconoscere l’inaccettabilità del danno procurato dall’industria del tabacco e lavorare per un mondo praticamente privo di vendita legale e illegale dei prodotti del tabacco. Un mondo in cui il tabacco è lontano dagli occhi, lontano dal cuore, e fuori moda – ma non vietato – è realizzabile in meno di tre decenni da adesso, ma solo con il pieno impegno da parte dei governi, agenzie internazionali, come l’ONU e l’OMS, e la società civile». Un decennio dopo l’introduzione della Convenzione quadro sul controllo del tabacco (FCTC) – il trattato internazionale che ha appena festeggiato i dieci anni di vita, messo a punto dall’Organizzazione mondiale della sanità e sottoscritto da centinaia di paesi- solo il 15% della popolazione mondiale ha accesso adeguato ai programmi di disassuefazione dal fumo. Inoltre, meno di una persona su dieci nel mondo è coperta dalla tassazione del tabacco a livelli raccomandati dalla Convenzione, nonostante la ricerca mostri che l’aumento del costo del tabacco per il consumatore attraverso la tassazione è uno dei modi più efficaci per ridurre il consumo. Nello stesso periodo, 50 milioni di morti sono stati causati dal tabacco, indicando che la sola Convenzione non è sufficiente per conseguire riduzioni sostanziali nell’uso del tabacco nella popolazione.
Il rapporto evidenzia anche come “il potere di mercato delle aziende produttrici di tabacco è aumentata negli ultimi anni, creando nuove sfide per gli sforzi di controllo del tabacco. A partire dal 2014, le 5 maggiori aziende produttrici di tabacco hanno rappresentato il 85% del mercato globale delle ‘bionde’.
“Questo rapporto – afferma Douglas Bettcher, direttore dell’OMS per la prevenzione delle malattie non trasmissibili – dimostra come le vite possono essere salvate e le economie possano prosperare quando i governi attuano politiche di costo-efficacia, e misure collaudate, come l’aumento in modo significativo delle tasse e dei prezzi sui prodotti del tabacco, e il divieto di commercializzazione del tabacco e il fumo in pubblico”.
Cardarelli, un intervento straordinario contro il cancro
Ricerca innovazioneIl Cardarelli di Napoli protagonista di un intervento che ha dell’incredibile. Sabato nell’ospedale del Vomero è stata portata a termine con successo una lobectomia polmonare per un tumore maligno, intervento delicatissimo realizzato grazie alla tecnologia robotica del “da Vinci” e all’esperienza acquisita in questi anni dal Gruppo Robotico InterOspedaliero (GRIO). Alla guida dell’equipe chirurgica robotica il dottor Gianluca Guggino, dell’Unità Operativa di Chirurgia Toracica del Cardarelli. E stato lui, con la collaborazione della professoressa Franca Melfi dell’Università di Pisa, a portare a termine un’operazione che è tra le prime mai eseguite in Italia.
Ridurre la migrazione sanitaria
«Un intervento – sottolinea il direttore generale dell’Ospedale Cardarelli Ciro Verdoliva –estremamente delicato e preciso, che permette una dissezione anatomica limitata al lobo polmonare effettivamente interessato dal cancro, su un paziente che presentava comorbidità come diabete e broncopneumopatia cronico ostruttiva, quindi candidato ideale per un intervento di chirurgia robotica finalizzata anche a ridurre le complicanze postoperatorie e un recupero funzionale più rapido. L’ennesima conferma dell’eccellenza della sanità campana. Una sanità che sempre più si va strutturando per offrire ai cittadini del meridione d’Italia nuovi riferimenti. Il nostro scopo, in linea con gli obiettivi posti dal presidente della Giunta Regionale, è infatti quello di valorizzare le eccellenze, così da evitare il fenomeno della “mobilità passiva” che tanto incide sulle casse regionali e sui costi sociali in generale.
Il GRIO e il post di De Luca
A rendere possibile questo nuovo traguardo è l’esperienza messa in campo dal Gruppo Robotico Inter-Ospedaliero (GRIO), coordinato dal dr. Guido De Sena, costituito dal Policlinico Federico II, dal Pascale, dal Monaldi e dal Cardarelli. I quattro Ospedali nell’insieme hanno eseguito circa 500 interventi. Con questa metodica al Cardarelli nel 2016 sono stati operati 153 pazienti nelle varie discipline: chirurgia generale, urologia, chirurgia toracica, ginecologia, chirurgia epatica.
Il post di Vincenzo De Luca sull’intervento tenutosi al Cardarelli
L’intervento è stato accolto con favore anche dal presidente della Giunta Regionale Vincenzo De Luca, che in un post su Facebook ha scritto: «Alta professionalità, lavoro d’equipe, tecnologie avanzatissime, sinergia con gli altri ospedali: dal #Cardarelli ancora un esempio di eccellenza per la sanità campana. Un intervento delicatissimo risolto con tecniche all’avanguardia e grande competenza. I nostri complimenti ai medici, al personale sanitario, ai vertici del Cardarelli».
Aumentano ipertesi nel mondo: 10mila casi in più ogni 100mila persone
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneAumentano gli ipertesi nel mondo: arrivando, in 25 anni, a 10 mila casi in più ogni 100 mila persone. Di conseguenza aumentano anche le patologie e le disabilità correlate. La pressione alta, infatti, può portare a complicazioni di salute e a eventi fatali quando supera i 110 mmHg. La notizia dell’aumento arriva da un’analisi internazionale con dati provenienti da tutto il mondo, condotta da Gregory Roth, della University of Washington di Seattle, pubblicata da JAMA e ripresa da Reuters Health. Roth e colleghi hanno analizzato i dati del Global Burden of Disease, Injuries and Risk Factor del 2015, uno studio internazionale su ipertesi con pressione sanguigna sistolica compresa tra 110 e 115 mmHg o superiore a 140 mmHg. La prevalenza di sistolica tra 110 e 115 mmHg è passata da 73.119 casi per 100.000 persone nel 1990 a 81.373 casi ogni 100.000 persone nel 2015. Allo stesso modo, la sistolica di 140 mmHg o superiore è aumentata da 17.307 a 20.526 casi per 100.000 persone nello stesso periodo di tempo. In particolare hanno anche scoperto che le morti a causa di pressione sistolica tra 110 e 115 mmHg sono aumentate di circa il 10 per 100.000 nell’ultimo quarto di secolo, mentre i decessi dovuti a pressione sistolica di 140 mmHg o superiore sono aumentati di circa l’otto per 100.000. La maggior parte dei decessi correlati all’elevata pressione sistolica sono stati dovuti a malattie cardiache e a ictus.
“I nuovi risultati suggeriscono che l’ipertensione rappresenta il principale fattore di rischio cardiaco modificabile”, afferma John Bisognano, cardiologo alla Universityof Rochester Medical Center di New York e presidente della American Society of Hypertension. Secondo il National Institutes of Health degli Stati Uniti, può esserci una predisposizione genetica tra le cause dell’ipertensione, oltre a un’alimentazione ad alto contenuto di sale, un uso eccessivo di alcol, stili di vita sedentari, infine il sovrappeso e l’obesità. “Se è consigliato loro un trattamento, dovrebbero capire che è per una buona ragione e che ci si aspetta che cali il rischio di ictus e malattie renali”, dice il clinico statunitense.
Bimba cerebrolesa: madre disperata scrive un “romanzo fiore”. La storia
Associazioni pazienti, News Presa, PsicologiaLa bambina-fiore è un romanzo scritto a quattro mani dall’autrice Rossella Calabrò e dalla counsellor sistemico relazionale Elena Malagoli, madre di Ilaria, una bimba affetta da grave cerebrolesione.
Il romanzo racconta il viaggio di una madre disperata alla ricerca di sua figlia e del valore della sua stessa maternità. Nella Bambina-fiore Rossella Calabrò parla al posto della piccola Ilaria, dando voce a una bimba che voce non ha e restituendo a Elena Malagoli l’amore unico e insostituibile di sua figlia.
«Questo romanzo punta l’attenzione sulle difficoltà delle famiglie che affrontano la disabilità.»
«La Bambina-fiore è uno di quei libri che ti entrano dentro e non ti abbandonano più; una narrazione delicata e piena di pathos, commovente e coinvolgente, ci conduce nel percorso di accettazione di Elena di questa figlia così diversa e verso la sua rinascita, come donna e mamma.»
Ilaria non parla, non si muove, non vede, non comprende. Però una carezza può farla sbocciare in un sorriso di rugiada. Il canto di un uccellino sa germogliare nel suo cuore e farsi mondo. Ilaria è affetta da grave cerebrolesione. Ilaria è la principessa del Regno Vegetale. Ilaria è una bambina-fiore, ha radici profonde e tenaci, eppure un colpo di vento può dilaniare i suoi petali, strapparla dal suo silenzioso regno e far gridare i cuori.
Questo libro è la storia vera, profonda, di una madre e della sua bambina-fiore. “Degli anni del loro amore lento a germogliare, difficile da coltivare ma rapido a trasformarsi in puro sgomento. In rifiuto, senso di colpa, smarrimento, in una disperazione che ha il colore del buio e l’odore del gelo. Ma il sole accarezza piano, col suo calore, la bambina-fiore e sua madre. Splende sulla loro forza e soprattutto sulla loro fragilità. Una fragilità preziosa e fertile. Perché forse è proprio da lì che occorre ricominciare a seminare. E il miglior nutrimento è il sorriso”.