Tempo di lettura: 4 minutiL’inclusione è un valore per l’intera comunità. Eppure i modelli organizzativi spesso non riescono a tutelare i diritti delle persone con disabilità intellettive. Spesso sono le associazioni a colmare le lacune. Sulla sostenibilità di un percorso di emancipazione concreta delle persone con disabilità si è discusso di recente in un incontro in Puglia, a Lecce, promosso dalla Fondazione Div.ergo – ONLUS.
Inoltre la Fondazione Div.ergo – ONLUS di Lecce è appena risultata vincitrice del “Premio Internazionale Inclusione 3.0”, per la categoria inclusione sociale e lavorativa, organizzato dall’Università degli Studi di Macerata.
Inclusione e lavoro, il dibattito
Nell’incontro leccese, dal titolo: “Lavoro o lavoretti? – esperienze, prospettive e ostacoli per l’inclusione lavorativa di persone con disabilità intellettiva”, rappresentanti delle associazioni e mondo accademico, con il supporto delle Istituzioni, si sono confrontati. Tra le sfide da affrontare, vi è l’immagine che inchioda le persone con disabilità intellettiva nel ruolo di semplici destinatari di politiche assistenziali, ostacolando la loro piena inclusione nel mondo del lavoro.
Dall’analisi è emerso come i giovani con disabilità intellettiva si trovino dinanzi al continuo ricorso ad esperienze di formazione post scolastiche che – spesso – difficilmente sfociano in veri percorsi lavorativi. Assumono, invece, la forma dell’espediente per occupare il tempo, sottolinea la fondazione. Se il mercato non è disposto a pagare il costo dei beni sociali, allora è necessario realizzare un modo per moltiplicare forme sostenibili di impresa sociale. L’incontro ha cercato di individuare – con l’aiuto del prof. Carlo Lepri – i cambi di paradigma sociali e culturali. Inoltre ha indagato i passaggi legislativi necessari a tutelare l’esercizio dei diritti di cittadinanza secondo i principi di autodeterminazione e non discriminazione, in coerenza con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18.
Persone con disabilità intellettiva, eterni bambini. L’importanza di immaginarsi adulti
“Inizia a prendere spazio una rappresentazione legata all’idea adulta della persona con disabilità intellettiva e non secondo un’immagine infantilizzante”, mette in luce la fondazione. Spesso per le persone con disabilità intellettiva i progetti di vita autonoma sono impantanati nella gestione delle problematiche della quotidianità. Si scontrano con la fatica dei genitori di vedere il figlio in prospettiva e ad agire dei distanziamenti necessari. Difatti, molte di queste persone, nella loro condizione di disabilità, stentano a realizzare i normali processi di contrapposizione ai genitori, ad uscire dal nucleo familiare, perpetuando, invece, forme di simbiosi e di dipendenza.
Molto dipende dal contesto e dall’approccio di chi è parte della rete sociale delle persone con disabilità intellettiva. È importante, invece, decostruire l’immagine del bambino per costruire quella dell’adulto.
Lavoro e inclusione: tre esperienze a confronto
Il lavoro, accanto al suo valore remunerativo, assume un carattere di generatore di benessere e di promozione della vita umana. Si tratta di un’occasione di socializzazione ed è un organizzatore del tempo. Per questo molte esperienze di inclusione lavorativa che si riducono a poche ore a settimana rischiano di essere poco significative. Il lavoro, qualunque esso sia, è per ciascuno partecipazione al bene comune. Infine, il lavoro è fonte di identità, fa acquisire dei ruoli, una funzione sociale.
Spunto per queste riflessioni è stata la restituzione dei risultati dei progetti “Trasformiamoci”, presentato dalla presidente dott.ssa Annalisa Paradiso, e del progetto “Essenze”, presentato dalla dott.ssa Maria Teresa Pati, presidente della Fondazione Div.ergo – ONLUS, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e dalla Regione Puglia, Assessorato al Welfare nell’ambito della misura “Puglia Capitale Sociale 3.0” Linea A.
Agricoltura sociale per l’inclusione di giovani con disabilità intellettiva
Trasformiamoci, promosso dalla cooperativa Filodolio con il sostegno di Fondazione Prosolidar, ha realizzato percorsi di agricoltura sociale che hanno coinvolto cinque giovani con disabilità intellettiva, impegnati, dapprima, nel recupero e nella coltivazione di oltre quattro ettari di terreno incolti o abbandonati, con la produzione di ortaggi, grano, legumi, micro-ortaggi, zafferano e topinambur, e poi nella trasformazione dei prodotti orticoli e nel confezionamento e distribuzione.
Altra esperienza innovativa promossa da Fondazione Div.ergo – ONLUS è quella del progetto “Laboratorio creativo Div.ergo”, laboratorio di creazione di prodotti artigianali, che sul tema dell’inclusione lavorativa ha mosso importanti passi. Dal 1° marzo 2024 saranno assunte altre due giovani con disabilità intellettiva, grazie al contributo di Chapron Charity Foundation, che si aggiungeranno ai 4 già assunti dal 2016 in poi. In totale sono tre contratti a tempo indeterminato e tre contratti a tempo determinato.
Infezioni sessualmente trasmesse in aumento in Europa, spesso asintomatiche
News Presa, PrevenzioneLe infezioni sessualmente trasmesse (IST) registrano un aumento in Europa. Secondo l’ultima relazione epidemiologica del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), i casi di IST, in particolare di sifilide, gonorrea e clamidia, sono in crescita rispetto agli anni precedenti.
Crescita esponenziale dei casi
Nel corso del 2022, il numero di casi segnalati ha evidenziato un forte incremento rispetto all’anno precedente. In particolare, si è registrato un aumento del 48% dei casi di gonorrea, del 34% dei casi di sifilide e del 16% dei casi di clamidia.
Come sottolineato da Andrea Ammon, direttore dell’ECDC, attraverso la Fondazione Veronesi, affrontare l’incremento significativo dei casi di IST richiede un’immediata attenzione e sforzi concertati. Test, trattamento e prevenzione devono essere al centro di qualsiasi strategia a lungo termine. È fondamentale prioritizzare l’educazione alla salute sessuale, ampliare l’accesso ai servizi di test e trattamento e combattere lo stigma associato alle IST. Solo promuovendo un dialogo aperto e una consapevolezza diffusa sulle malattie sessualmente trasmissibili sarà possibile ridurre i tassi di trasmissione e proteggere la salute pubblica, ha spiegato.
Infezioni sessualmente trasmesse e rischio complicazioni
Sebbene le IST come clamidia, gonorrea e sifilide siano trattabili, se trascurate possono provocare gravi complicazioni, tra cui malattie infiammatorie pelviche, dolore cronico, sterilità (nel caso di clamidia e gonorrea) e problemi neurologici e cardiovascolari (nella sifilide). Inoltre, l’infezione da sifilide non trattata durante la gravidanza può causare gravi conseguenze per il neonato.
Strategie di prevenzione
L’utilizzo regolare e corretto del preservativo previene la trasmissione delle malattie sessualmente trasmissibili. I test per le IST, soprattutto per coloro che hanno partner sessuali nuovi o multipli, sono fondamentali per la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo. Alcune di queste infezioni possono essere asintomatiche, per questo gli specialisti raccomandano il test prima di avere rapporti non protetti e in caso di sospetta infezione, di rivolgersi tempestivamente al medico.
Cioccolato fondente, un farmaco naturale
Alimentazione, News PresaNella controversia tra il cioccolato al latte e quello fondente, la ricerca scientifica offre spunti interessanti per aiutare a prendere una decisione informata. Sebbene i due tipi possano sembrare simili in termini di apporto calorico, grassi e carboidrati, la composizione nutrizionale e gli effetti sul corpo li distinguono.
Superfood
Secondo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione di Medicina Personalizzata (FMP), il cioccolato fondente emerge come un vero e proprio superfood. Ricco di vitamine e antiossidanti come polifenoli e flavonoidi, è considerato quasi un “farmaco” naturale. Contiene anche fosforo, potassio, acido oleico e linoleico, elementi preziosi per il nostro organismo.
Stimolante
Uno degli aspetti più interessanti del cioccolato fondente è l’effetto stimolante grazie alla teobromina, un alcaloide purinico. Questa sostanza conferisce al cioccolato fondente una funzione eccitante che può migliorare l’attenzione e la resistenza alla fatica. Inoltre, il cioccolato fondente può contribuire a mantenere bassi i livelli di colesterolo LDL, noto come “colesterolo cattivo”, grazie al suo contenuto di acido oleico.
Buon umore
Ma le proprietà benefiche del cioccolato non finiscono qui. Contiene aminoacidi aromatici come la fenilalanina, la tirosina e soprattutto il triptofano, che possono favorire la produzione di serotonina. Questo neurotransmettitore è noto per il suo ruolo nel migliorare l’umore, ridurre l’ansia e aumentare l’attenzione.
Come in amore
Infatti, il consumo di cioccolato può suscitare sensazioni di benessere e euforia simili a quelle dell’innamoramento, grazie al coinvolgimento di endorfine e feniletilamina contenute nel cacao. Inoltre, il cioccolato è l’unico alimento naturale che contiene anandamide, conosciuta come la “molecola della beatitudine”, che può influenzare i meccanismi del piacere e del desiderio sessuale.
Intestino
Anche il microbiota intestinale sembra apprezzare il cioccolato, trasformando i polifenoli del cacao in composti bioattivi che esercitano un effetto probiotico benefico sull’organismo. Tuttavia, è importante consumare cioccolato con moderazione e all’interno di una dieta equilibrata. L’eccesso di cioccolato potrebbe interferire con l’assorbimento del calcio e potrebbe essere controindicato per chi soffre di allergie alimentari.
Trapianto di rene da maiale, ora c’è speranza
News Presa, Ricerca innovazioneVivo grazie al trapianto di rene espiantato ad un maiale. Gli occhi di mezzo mondo sono puntati agli Stati Uniti, dove i chirurghi di Boston hanno realizzato con successo (sino a questo momento) un trapianto mai effettuato: un rene geneticamente modificato “donato” da un maiale. Una strada già vista in passato, non è la prima volta che si punta ad un suino per l’espianto, ma la tecnica adoperata questa volta e la tipologia di organo aprono a nuove speranze.
Speranza concreta
Il ricevente, anche questa è la novità, è stavolta un uomo che potrebbe realmente beneficiare dell’intervento. Il 62enne è affetto da una malattia renale terminale. Nei tentativi effettuati negli anni precedenti le procedure erano state tentate su pazienti in morte cerebrale. Il trapianto, in caso di successo, offrirà dunque speranza concreta a tanti malati.
Pronto alle dimissioni
Come andrà per il paziente del Massachusetts General Hospital toccherà vederlo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, ma il New York Times parla per ora di segnali promettenti: l’organo ha iniziato a produrre urina poco dopo l’intervento e le condizioni del paziente continuano a migliorare, dicono dall’ospedale. “La nostra speranza è che questo approccio al trapianto offra un’ancora di salvezza a milioni di pazienti in tutto il mondo che soffrono di insufficienza renale”, ha affermato il dottor Tatsuo Kawai, un membro del team. L’ospedale ha riferito che il paziente, Richard Slayman di Weymouth, Massachusetts, “si sta riprendendo bene e dovrebbe essere dimesso presto”.
In attesa
Slayman, che soffre di diabete di tipo 2 e ipertensione, aveva ricevuto un trapianto di rene umano nel 2018 ma cinque anni dopo ha iniziato ad avere problemi. Slayman ha detto di aver accettato il trapianto di rene di maiale “non solo come un modo per aiutarmi, ma come un modo per dare speranza alle migliaia di persone che hanno bisogno di un trapianto per sopravvivere”. Attualmente, solo in Italia, sono circa 8 mila le persone in attesa di un trapianto in Italia: 5800 persone attendono un nuovo rene, 1000 un fegato, 700 un cuore, 300 un polmone, 200 un pancreas e 5 l’intestino. L’intervento realizzato al si aggiunge a una serie di procedure innovative che promettono di offrire nuove speranze a quanti sono in attesa di un trapianto.
Virus respiratori, quando e quali vaccini disponibili
News PresaIn ogni momento i pazienti fragili possono vaccinarsi contro Covid, Virus Sinciziale, Pneumococco, Herpes Zoster. Queste e le altre infezioni diffuse aumentano i rischi di morbilità e mortalità. Tuttavia possono essere prevenute con i vaccini, raccomandati dagli specialisti soprattutto ai pazienti fragili, agli anziani e ai bambini. Il punto sulla prevenzione e la cura è stato fatto in un incontro al Ministero della Salute, dal titolo “Infezioni respiratorie: strategie di prevenzione vaccinale e corretto uso degli antibiotici”, promosso dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, insieme ad altre società scientifiche e associazioni di pazienti.
Infezioni respiratorie più a rischio
“Le infezioni respiratorie rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità per i pazienti fragili come anziani, soggetti immunocompromessi, malati cronici, bambini, le cui difese immunitarie sono più deboli, su cui determinano un alto numero di ospedalizzazioni, perdita di giornate lavoro e un significativo numero di decessi – ha sottolineato il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT -. Gli ultimi due inverni hanno visto la concomitanza di tre virus, influenza, SARS-CoV-2, RSV, con code fino alla primavera. Per alleviare gli effetti di queste infezioni è fondamentale raccomandare sorveglianza e vaccinazione. La prima è guidata da RespiVirNet, il Sistema di Sorveglianza Integrata coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità con il sostegno del Ministero della Salute. Servono poi massicce campagne di prevenzione, dalle vaccinazioni stagionali contro l’influenza alle vaccinazioni contro Covid-19, Pneumococco, Herpes Zoster, Meningococco, Virus Respiratorio Sinciziale. Il Pneumococco può provocare polmoniti ed essere causa di mortalità nell’anziano. Il Covid oggi fa meno paura, ma nel 2023 ha provocato 10.500 decessi per cui occorre proteggere i pazienti fragili con i vaccini aggiornati e con anticorpi monoclonali e farmaci antivirali nei casi indicati. I vaccini offrono importanti soluzioni anche contro l’Herpes Zoster, che genera una grave compromissione della qualità della vita con la nevralgia post-erpetica; nel paziente oncologico può anche ritardare la cura della patologia di base. Le vaccinazioni, inoltre, hanno anche una funzione contro l’antibiotico-resistenza, in quanto limitano l’uso inappropriato della terapia antibiotica”.
Virus sinciziale
Il Virus Respiratorio Sinciziale – RSV provoca malattie respiratorie acute, che possono progredire in forme severe, con coinvolgimento delle basse vie aeree, determinando complicanze, esacerbazioni di comorbidità preesistenti, ospedalizzazioni e morte. In Europa, provoca più del 60% delle infezioni respiratorie acute in bambini inferiori ai 5 anni, mentre negli adulti over 60 vengono stimati circa 3 milioni di casi di sindromi respiratorie acute, con più di 465mila ospedalizzazioni e oltre 33mila decessi. Ogni anno, nella popolazione italiana di età superiore ai 60 anni si stima che il RSV provochi circa 290mila casi di infezione respiratoria acuta, 26mila casi di ospedalizzazione e 1.800 decessi in ospedale. Inoltre, l’infezione non conferisce una robusta immunità a lungo termine. Ad oggi, RSV è la terza causa più frequente di malattia del tratto respiratorio negli adulti, insieme al virus influenzale e al SARS-CoV-2.
“Il Virus Respiratorio Sinciziale può assumere una forma grave nelle persone vulnerabili, come gli adulti immunocompromessi e coloro che hanno malattie croniche polmonari o cardiache – spiega Roberto Parrella, Presidente SIMIT –. L’RSV può esacerbare condizioni come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)e l’asma e può portare a conseguenze gravi, come polmonite, ospedalizzazione ed a volte anche al decesso. Nei bambini sotto i 5 anni più del 60 % delle infezioni respiratorie sono dovute al RSV , raggiungendo l’80% sotto l’anno di vita. Con i nuovi vaccini abbiamo strumenti prima impensabili: sono indicati per la immunizzazione passiva contro la malattia da RSV nei neonati dalla nascita fino a 6 mesi di vita mediante la somministrazione alle madri in gravidanza e sono utilizzabili anche per proteggere gli adulti di età pari o superiore a 60 anni mediante immunizzazione attiva prevenendo l’insorgenza di patologia severa da RSV in questi soggetti più vulnerabili, a causa di condizioni sottostanti, comorbidità o immunodepressione. Questi vaccini hanno dimostrato efficacia notevole e sicurezza”.
Adulto fragile e nuovo vaccino
“Nei Paesi industrializzati, il RSV, negli adulti, provoca oltre 420mila ricoveri ogni anno e 29mila decessi – aggiunge il Prof. Massimo Andreoni –. Finora non sono state disponibili terapie e vaccinazioni, ma è da poco disponibile in Italia il primo vaccino per gli adulti, con straordinaria efficacia nei soggetti con più di 60 anni di età e in coloro che siano affetti da comorbosità quali malattie respiratorie croniche, cardiopatie, diabete, insufficienza renale e tutti i quadri di immunodepressione. La possibilità di oggi di prevenire l’infezione in questi soggetti rappresenta un importante passo avanti all’armamentario in nostro possesso per la prevenzione delle malattie respiratorie nel paziente adulto fragile. È pertanto auspicabile che questa vaccinazione entri presto nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale e che possa diventare uno strumento diffuso su tutto il territorio nazionale”.
Inclusione e lavoro. Dall’orto al laboratorio: tre progetti virtuosi
Economia sanitaria, Eventi d'interesse, Medicina Sociale, News Presa, Psicologia, Ricerca innovazioneL’inclusione è un valore per l’intera comunità. Eppure i modelli organizzativi spesso non riescono a tutelare i diritti delle persone con disabilità intellettive. Spesso sono le associazioni a colmare le lacune. Sulla sostenibilità di un percorso di emancipazione concreta delle persone con disabilità si è discusso di recente in un incontro in Puglia, a Lecce, promosso dalla Fondazione Div.ergo – ONLUS.
Inoltre la Fondazione Div.ergo – ONLUS di Lecce è appena risultata vincitrice del “Premio Internazionale Inclusione 3.0”, per la categoria inclusione sociale e lavorativa, organizzato dall’Università degli Studi di Macerata.
Inclusione e lavoro, il dibattito
Nell’incontro leccese, dal titolo: “Lavoro o lavoretti? – esperienze, prospettive e ostacoli per l’inclusione lavorativa di persone con disabilità intellettiva”, rappresentanti delle associazioni e mondo accademico, con il supporto delle Istituzioni, si sono confrontati. Tra le sfide da affrontare, vi è l’immagine che inchioda le persone con disabilità intellettiva nel ruolo di semplici destinatari di politiche assistenziali, ostacolando la loro piena inclusione nel mondo del lavoro.
Dall’analisi è emerso come i giovani con disabilità intellettiva si trovino dinanzi al continuo ricorso ad esperienze di formazione post scolastiche che – spesso – difficilmente sfociano in veri percorsi lavorativi. Assumono, invece, la forma dell’espediente per occupare il tempo, sottolinea la fondazione. Se il mercato non è disposto a pagare il costo dei beni sociali, allora è necessario realizzare un modo per moltiplicare forme sostenibili di impresa sociale. L’incontro ha cercato di individuare – con l’aiuto del prof. Carlo Lepri – i cambi di paradigma sociali e culturali. Inoltre ha indagato i passaggi legislativi necessari a tutelare l’esercizio dei diritti di cittadinanza secondo i principi di autodeterminazione e non discriminazione, in coerenza con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18.
Persone con disabilità intellettiva, eterni bambini. L’importanza di immaginarsi adulti
“Inizia a prendere spazio una rappresentazione legata all’idea adulta della persona con disabilità intellettiva e non secondo un’immagine infantilizzante”, mette in luce la fondazione. Spesso per le persone con disabilità intellettiva i progetti di vita autonoma sono impantanati nella gestione delle problematiche della quotidianità. Si scontrano con la fatica dei genitori di vedere il figlio in prospettiva e ad agire dei distanziamenti necessari. Difatti, molte di queste persone, nella loro condizione di disabilità, stentano a realizzare i normali processi di contrapposizione ai genitori, ad uscire dal nucleo familiare, perpetuando, invece, forme di simbiosi e di dipendenza.
Molto dipende dal contesto e dall’approccio di chi è parte della rete sociale delle persone con disabilità intellettiva. È importante, invece, decostruire l’immagine del bambino per costruire quella dell’adulto.
Lavoro e inclusione: tre esperienze a confronto
Il lavoro, accanto al suo valore remunerativo, assume un carattere di generatore di benessere e di promozione della vita umana. Si tratta di un’occasione di socializzazione ed è un organizzatore del tempo. Per questo molte esperienze di inclusione lavorativa che si riducono a poche ore a settimana rischiano di essere poco significative. Il lavoro, qualunque esso sia, è per ciascuno partecipazione al bene comune. Infine, il lavoro è fonte di identità, fa acquisire dei ruoli, una funzione sociale.
Spunto per queste riflessioni è stata la restituzione dei risultati dei progetti “Trasformiamoci”, presentato dalla presidente dott.ssa Annalisa Paradiso, e del progetto “Essenze”, presentato dalla dott.ssa Maria Teresa Pati, presidente della Fondazione Div.ergo – ONLUS, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e dalla Regione Puglia, Assessorato al Welfare nell’ambito della misura “Puglia Capitale Sociale 3.0” Linea A.
Agricoltura sociale per l’inclusione di giovani con disabilità intellettiva
Trasformiamoci, promosso dalla cooperativa Filodolio con il sostegno di Fondazione Prosolidar, ha realizzato percorsi di agricoltura sociale che hanno coinvolto cinque giovani con disabilità intellettiva, impegnati, dapprima, nel recupero e nella coltivazione di oltre quattro ettari di terreno incolti o abbandonati, con la produzione di ortaggi, grano, legumi, micro-ortaggi, zafferano e topinambur, e poi nella trasformazione dei prodotti orticoli e nel confezionamento e distribuzione.
Altra esperienza innovativa promossa da Fondazione Div.ergo – ONLUS è quella del progetto “Laboratorio creativo Div.ergo”, laboratorio di creazione di prodotti artigianali, che sul tema dell’inclusione lavorativa ha mosso importanti passi. Dal 1° marzo 2024 saranno assunte altre due giovani con disabilità intellettiva, grazie al contributo di Chapron Charity Foundation, che si aggiungeranno ai 4 già assunti dal 2016 in poi. In totale sono tre contratti a tempo indeterminato e tre contratti a tempo determinato.
Kate Middleton svela il cancro e incoraggia i malati ad avere speranza
Farmaceutica, PrevenzioneKate Middleton, principessa del Galles, attraverso un videomessaggio sui suoi canali social ufficiali, registrato dalla BBC, ha rivelato di avere in cancro. Gli è stato diagnosticato dopo un intervento chirurgico all’addome a gennaio. È stato solo a fine febbraio che è venuto alla luce il verdetto della presenza di cellule tumorali. Una scoperta che ha portato alla scelta del team medico di consigliare un ciclo di chemioterapia preventiva, anche conosciuta come chemioterapia adiuvante. Questo tipo di trattamento è mirato a eliminare le cellule tumorali rimanenti nel corpo dopo un intervento chirurgico.
La principessa ha dichiarato di essere nelle prime fasi del trattamento e di rispondere positivamente alle terapie. Tuttavia, la chemioterapia può causare una serie di effetti collaterali, tra cui la perdita di capelli, la nausea e altri disturbi. Da qui la decisione di affrontare questa sfida in privato, per proteggere il benessere anche della famiglia. Nel videomessaggio, Kate ha rivelato di aver dedicato del tempo per spiegare la situazione ai figli, George, Charlotte e Louis, cercando di rassicurarli sul suo stato di salute.
Kate Middleton e il percorso di chemioterapia preventiva
La chemioterapia preventiva è una parte cruciale del percorso di guarigione di Kate Middleton. Questo trattamento è progettato per ridurre al minimo il rischio di recidiva del cancro e per garantire una piena e completa guarigione. La scelta di condividere la storia e il suo percorso di cura è un esempio di forza e di sostegno nei confronti di tutti coloro che affrontano la malattia. Nel video, infatti, viene lanciato un messaggio di incoraggiamento che va in più direzioni. Sottolinea l’importanza della prevenzione e della fiducia nella scienza, nel momento in cui ringrazia i medici. Inoltre si conclude con un invito a non perdere mai la speranza.
Lampade solari: enorme rischio di sviluppare il cancro
News Presa, Stili di vitaInutile girarci intorno: le lampade solari sono cancerogene e usarle significa aumentare in modo sensibile il rischio di sviluppare a lungo termine un cancro della pelle. Il rischio deriva dalle radiazioni che queste lampade emettono per stimolare la melanina, queste radiazioni sono state identificate come un fattore di rischio per vari tumori della pelle, tra i quali melanomi e carcinomi a cellule non-melanoma. Sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) hanno ribadito più volte l’importanza di comprendere i rischi associati all’uso di questi dispositivi. In occasione del Congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO) Paolo Ascierto (direttore dell’Unità Oncologia, melanoma, immunoterapia e terapie innovative dell’Istituto Pascale di Napoli) aveva spiegato che averne fatta anche solo una sotto i 30 anni aumenta il rischio di melanoma del 75%.
Consenso unanime
Non a caso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato i lettini solari come cancerogeni. L’esposizione ai raggi UV, sia naturali che artificiali, può non solo aumentare il rischio di cancro della pelle, ma anche accelerare l’invecchiamento cutaneo, causando rughe, macchie solari e altri segni di invecchiamento precoce.
Le norme
La Commissione Europea SCHEER ha concluso che non esistono limiti sicuri di esposizione alle radiazioni UV emesse dalle lampade solari. Questo ha portato a restrizioni normative sull’uso di tali dispositivi, comprese le restrizioni sull’accesso per i minori di 18 anni, le donne in gravidanza e le persone con una storia di tumori cutanei. In Italia l’uso delle apparecchiature abbronzanti impone agli operatori il dovere di informare gli utenti sui rischi per la salute e di adottare precauzioni per garantire un utilizzo sicuro.
Prendersi cura della pelle
Data l’importanza della protezione della pelle, è fondamentale adottare una corretta routine di cura. Ciò include la detersione delicata con detergenti adatti al proprio tipo di pelle, l’utilizzo di prodotti esfolianti per rimuovere le cellule morte, l’idratazione regolare e l’uso di sieri contenenti antiossidanti per proteggere la pelle dai danni ambientali.
Visite di controllo
Tuttavia, la migliore raccomandazione per mantenere la salute della pelle è quella di consultare un dermatologo. Questo professionista può fornire consigli personalizzati e suggerire trattamenti specifici per affrontare le esigenze individuali della pelle, garantendo un aspetto sano e luminoso nel lungo termine.
Corretti stili di vita
Certamente l’abbronzatura ci fa sembrare più attraenti, ma è fondamentale essere consapevoli dei rischi associati all’uso di lampade solari e lettini abbronzanti. Quini, quando ci esponiamo ai raggi UV è sempre bene usare la testa e, in ogni caso, è sempre opportuno prenderci cura della salute della pelle attraverso una corretta skincare. Questo ci aiuterà a preservare non solo la bellezza della pelle ma anche di mantenerci in salute a lungo termine.
Raro ma lo puoi trovare: giochi per aiutare i genitori a riconoscere le LSD
Associazioni pazienti, Bambini, Farmaceutica, Genitorialità, News Presa, PrevenzioneAlcune malattie possono rimanere nascoste e non dare sintomi per molti anni anche se presenti sin dalla nascita. Tuttavia è possibile trovare un indizio e mettersi sulle loro tracce. Il format “Bravo Chi Trova”, payoff della terza edizione di “Raro Chi Trova” 2024, fa leva proprio sulla metafora del gioco associato alle informazioni e alla consapevolezza per arrivare a cogliere ciò che è difficile da individuare. Una serie di giochi con vignette e indovinelli basati sulla logica e l’intuito, ritagliati a misura di bambino, possono aiutare genitori e neogenitori a mettersi sulle tracce e a scoprire le LSD, malattie da accumulo lisosomiale di origine genetica, che si manifestano nei primi anni di vita, poco conosciute e dalla diagnosi complessa e spesso molto tardiva.
Raro chi trova
Il gioco e la scoperta sono il fil rouge delle tre edizioni di “Raro Chi Trova”, campagna di sensibilizzazione sulle malattie di Fabry e di Gaucher e la sindrome di Hunter, promossa da Takeda Italia con il patrocinio di Società Italiana di Pediatria (SIP), Associazione Italiana Anderson Fabry (AIAF), Associazione Italiana Gaucher (AIG) e Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini (AIMPS).
Destinatari principali della nuova wave della campagna “Raro Chi Trova” sono i genitori di neonati o bambini nei primi anni di vita, che il più delle volte sono impreparati in merito all’esistenza e alle caratteristiche delle malattie da accumulo lisosomiale.
«Informare i genitori come si propone la campagna di sensibilizzazione “Raro Chi Trova” è fondamentale per aumentare la conoscenza ed è il primo passo verso la consapevolezza per arrivare a scoprire le anticipatamente la malattia di Fabry con una diagnosi neonatale. – Osserva Stefania Tobaldini, Presidente AIAF (Associazione Italiana Anderson-Fabry APS) – Sapere se il proprio bambino ha una patologia rara aiuta la famiglia ad affrontare e a non subire le sue conseguenze, a sopportarne il peso dal punto di vista emotivo e gestionale, evitando le peregrinazioni da un medico all’altro. Inoltre, un genitore informato e consapevole riesce ad avere un dialogo proattivo con il medico curante, a tutto vantaggio del piccolo paziente. Infine, la diagnosi precoce consente di effettuare un’indagine a tappeto tra i familiari più stretti. In questo senso è prezioso il lavoro delle Associazioni, che attraverso molteplici attività diffondono l’informazione e la conoscenza nella popolazione e supportano le famiglie e i pazienti».
Diagnosi precoce
La campagna “Raro Chi Trova” quest’anno focalizza l’attenzione sull’importanza di una diagnosi precoce e corretta. Il più delle volte il paziente arriva alla diagnosi con sintomi gravi e uno stadio avanzato della malattia che ha già compromesso pesantemente la qualità della vita. Il percorso diagnostico è simile ad un labirinto la cui via d’uscita può essere trovata attraverso lo screening neonatale che consente di intraprendere tempestivamente le terapie che possono migliorare la qualità e la sopravvivenza di vita dei pazienti.
«La diagnosi è un momento cruciale per i piccoli pazienti e le loro famiglie. La malattia di Gaucher può manifestarsi in modo differente da caso a caso a seconda che sia del tipo I, II o III – dichiara Fernanda Torquati, Presidente AIG (Associazione Italiana Gaucher) – i bambini colpiti possono essere asintomatici e avere una vita normale oppure possono presentare forme molto gravi. Senza una diagnosi certa o, peggio, tardiva, non solo la malattia di Gaucher peggiora ma la stessa aspettativa di vita si riduce, anche di decenni».
Lo screening neonatale consente di diagnosticare tempestivamente le malattie congenite in fase preclinica e presintomatica, e di iniziare prima possibile le terapie disponibili e i trattamenti più adeguati al caso clinico ai primi sintomi o addirittura prima che questi si manifestino. L’Italia ha la politica di screening neonatale più avanzata in Europa, con oltre 40 malattie metaboliche ereditarie incluse nel panel di screening neonatale esteso. La legge di bilancio 2019 stabilisce l’inserimento di 10 ulteriori patologie metaboliche, tra cui le LSD, un bisogno al momento inevaso.
Malato raro difficile da identificare
«Ricevere una diagnosi di LSD è un dramma per il bambino e per tutta la famiglia – commenta Flavio Bertoglio, Presidente AIMPS (Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini ETS) – si tratta di malattie che sconvolgono e destabilizzano le dinamiche familiari, lavorative e relazionali. Soprattutto nel post diagnosi. In questo senso, lo screening neonatale assume un valore assoluto. È impensabile e improbabile che un pediatra con tutta la buona volontà riesca a decodificare una malattia da accumulo lisosomiale, pertanto, nella maggior parte dei casi trascorre molto tempo prima che si arrivi ad una diagnosi. La chiave di volta è proprio lo screening neonatale, per questo motivo, al fine di evitare lo screening a tappeto di tutti i neonati e superare i famosi ‘allegati’, AIMPS ha presentato al legislatore una proposta molto semplice: sottoporre a screening neonatale tutte le malattie rare che hanno, o che avranno, una terapia riconosciuta».
16 giochi di logica
I 16 games funzionali di “Bravo Chi Trova” rappresentati da vignette e indovinelli con illustrazioni colorate, propongono prove di abilità da rivolgere grazie alla logica e all’allenamento. A cadenza settimanale viene postato un gioco sul profilo Instagram di “Raro Chi Trova”. Gli utenti potranno condividere le loro soluzioni nei commenti del post e alla fine di ogni mese verrà pubblicata la soluzione dell’enigma.
La landing page offre agli utenti informazioni sulle LSD con un focus sulle malattie e lo screening neonatale esteso, con infografiche di approfondimento scaricabili, le edizioni precedenti della campagna e altre quattro sezioni con le novità. Inoltre è disponibile il podcast “Le LSD in poche parole”. L’opuscolo “Bravo Chi Trova” con tutti i giochi è scaricabile sul sito della campagna www.rarochitrova.it.
Gravidanza over 40, solo il 5% ci riesce
Bambini, Genitorialità, News PresaSi può riuscire ad avere una gravidanza dopo i 40 anni? Secondo l’American Society for Reproductive Medicine, la possibilità di concepire spontaneamente alla soglia dei 40 anni è solo del 5% ad ogni ciclo, sempre che la donna ovuli regolarmente e l’uomo abbia una qualità seminale sufficiente. Lo afferma Daniela Galliano, ginecologa e specialista in medicina della riproduzione, direttrice del Centro Ivi di Roma, specializzato in fecondazione assistita.
Ostacoli e rischi
Aumentando l’età della madre, crescono i rischi durante la gravidanza, sia per la madre che per il bambino. Le complicazioni come il diabete gestazionale, l’ipertensione associata alla gravidanza, il parto cesareo e il parto prematuro diventano più comuni. Inoltre, il rischio di aborto nel primo trimestre aumenta significativamente a partire dai 35 anni. È fondamentale considerare che il corpo di una donna over 40 potrebbe avere una tolleranza inferiore agli stress della gravidanza rispetto a quello di una donna più giovane.
I lati positivi
Tuttavia, ci sono anche vantaggi nell’affrontare la maternità in età più matura. Le donne che decidono di avere figli a questo stadio della loro vita spesso lo fanno in seguito a riflessioni profonde e hanno una maggiore stabilità economica e psicologica. Questo può favorire un ambiente familiare più maturo e preparato a gestire le sfide dell’essere genitori. Qualunque sia l’età della futura mamma, gli esperti raccomandano una giusta attività fisica.
Avanzare dell’età
Ma quali sono le possibilità concrete di avere una gravidanza oltre i 40 anni? Gli esperti avvertono che dopo i 43 anni, le probabilità di concepire con i propri ovociti diminuiscono drasticamente. Pertanto, molte donne in questa fascia di età possono considerare l’utilizzo degli ovociti donati per aumentare le possibilità di successo. In generale, i trattamenti di fecondazione assistita sono sconsigliati per le donne oltre i 50 anni, poiché possono comportare rischi sia per la madre che per il bambino.
I progressi
Fortunatamente, la scienza offre oggi una serie di soluzioni per le coppie che desiderano diventare genitori più tardi nella vita. Tecniche come la diagnosi genetica preimpianto consentono di identificare anomalie genetiche prima dell’impianto degli embrioni, riducendo il rischio di aborti e complicazioni legate alla gravidanza. La medicina riproduttiva gioca un ruolo cruciale nel rendere possibile la maternità oltre i 40 anni, mitigando i rischi associati alle gravidanze tardive. È cruciale affrontare tempestivamente il percorso di fecondazione assistita per coloro che non possono permettersi di rinviare il loro sogno di diventare genitori. Quindi, benché le gravidanze oltre i 40 anni presentino sfide uniche, con la giusta assistenza medica e il supporto adeguato, molte donne possono realizzare il loro desiderio di diventare madri anche in età più avanzata.
Meteorismo, eliminarlo con la dieta
Alimentazione, News PresaIl meteorismo è un disturbo molto comune che può causare disagio e imbarazzo. Si tratta di un accumulo eccessivo di gas nell’intestino che provoca gonfiore e a volte dolore. Ma cosa causa il meteorismo e come possiamo affrontarlo e risolverlo? Diciamo subito che le cause del meteorismo possono essere diverse. Almeno quattro sono le più comuni. Alcuni quando mangiano ingeriscono aria, succede soprattutto quando si ha fretta nel magiare o nel bere e quest’aria finisce per farsi sentire nella pancia. Altra causa è la scelta di alimenti che favoriscono la produzione di gas, come legumi, cavoli, cipolle, bevande gassate e birra. Solitamente, se il problema persiste è perché c’è uno squilibrio nella flora intestinale, quindi un eccesso di batteri “cattivi” rispetto a quelli “buoni”. Oppure può essere a causa dello stress, che può influenzare la digestione e favorire l’accumulo di gas.
I sintomi
Se quelle delle quali abbiamo appena parlato sono le principali cause, proviamo a capire quali sono i principali sintomi:
Come affrontarlo
Prima di provare con una vera e propria cura farmacologica si possono provare dei metodi naturali per affrontare il meteorismo. Il primo è quello di mangiare lentamente: prendersi il tempo per mangiare e masticare bene può ridurre l’ingestione di aria. Sono veri e propri toccasana alcuni infusi, ad esempio di finocchio, o l’assunzione di probiotici, per riequilibrare la flora intestinale. I frutti di mirtillo rosso palustre e di mirto possiedono una notevole azione antifermentativa. L’angelica, la melissa, la camomilla sono utili in caso di spasmi intestinali. La senna è capace di migliorare la motilità intestinale. L’anice è utile per ridurre la fermentazione e favorire la digestione. E al di là di questi piccoli segreti di natura, non dovrebbe mai mancare l’attività fisica, perché fare sport può aiutare a stimolare la digestione e ridurre l’accumulo di gas. Infine, possono essere di supporto alcune tecniche di rilassamento come lo yoga o la meditazione.
A tavola
Uno dei punti chiavi è l’alimentazione: ad esempio, la carne magra, sia rossa che bianca, proveniente da tagli magri e senza grasso, è un’ottima scelta. Anche il pesce magro, come il salmone e il pesce azzurro, ricchi di acidi grassi polinsaturi come gli omega-3, può essere benefico. Le uova, non più di 2 a settimana, i formaggi stagionati come il Parmigiano, privo di lattosio, il latte e lo yogurt senza lattosio, il pane non lievitato, le schiacciatine, i cracker e il riso sono tutti alimenti che possono aiutare a ridurre il meteorismo. Anche alcune varietà di frutta, come mele e banane, e le fibre, presenti in verdure a foglia verde, frutta fresca, legumi, cereali integrali e semi, possono essere utili. Va detto però che la risposta del corpo agli alimenti può variare da persona a persona.
Quando andare da uno specialista
Se queste semplici ma cruciali regole di vita non dovessero portare al risultato sperato, allora sarebbe certamente una buona idea rivolgersi ad un gastroenterologo e iniziare, se del caso, una terapia farmacologica. L’importante è non vergognarsi mai, ma comprendere che si tratta di un problema non solo molto comune ma anche risolvibile.