Tempo di lettura: 2 minutiIn Italia gli over 65 sono il 21 per cento circa della popolazione, tre punti percentuali in più della media europea. Ma oggi il ciclo vitale è cambiato. Se Dante quando inizia “nel mezzo del cammin di nostra vita”, ha circa 35 anni, oggi lo stesso momento può essere collocato tra i 50 e i 60 anni.
Negli Stati Uniti, ad esempio, sono state varate diverse leggi per contrastare la discriminazione dei lavoratori ultrasessantacinquenni.
Massimo Ammaniti, psicoanalista di fama internazionale, professore onorario della Sapienza Università di Roma, alle virtù della “quarta età” ha dedicato il saggio “La curiosità non invecchia” (Mondadori): raccolta di testimonianze di ottantenni e novantenni (tra gli altri Andrea Camilleri, Luciana Castellina, Raffaele La Capria, Aldo Masullo, Mario Pirani) che raccontano come è cambiato il loro modo di vivere sentimenti ed esperienze.
Per restare giovani bisogna «essere a contatto con i propri pensieri, saperli elaborare, è una attività fondamentale che ci accompagna nel corso degli anni – racconta Ammaniti in un’intervista a L’Espresso. E la vecchiaia – continua – è un periodo particolarmente fruttuoso, per riprendere il “De senectute” di Cicerone: la persona ritrova il filo della propria vita, scopre il desiderio che ha mosso la propria esistenza. L’accettazione dell’età che avanza genera riflessi positivi sul piano psicologico e anche sul cervello. Se invece la vecchiaia viene rifiutata si va incontro a un deterioramento generale, e nei neuroni possono depositarsi le placche senili che caratterizzano la malattia di Alzheimer».
Per lo psicanalista, in poche parole, bisogna stare a contatto con i giovani, scrivere e viaggiare se è possibile, ma soprattutto restare curiosi e non rifiutare la propria età che avanza. «Tra gli aspetti decisivi c’è la curiosità – spiega – evitare di chiudersi nelle proprie abitudini e prendersi cura del corpo: mangiare bene, fare sport per quanto possibile, continuare a viaggiare. Ed è cruciale coltivare il rapporto con le nuove generazioni. I club per vecchi vanno bene, ma attraverso i giovani il vecchio resta in contatto con la vita».
Tra le attività in grado di rallentare l’invecchiamento c’è la scrittura.
«Scrivere significa far vivere al di fuori di sé i propri ricordi, lasciare un’eredità. Mi viene in mente una frase che Freud disse a una collega che aveva scritto un libro: “Lo faccia uscire, lo pubblichi, lo faccia vivere”. La scrittura mette il nostro mondo a disposizione degli altri».
Infine, anche l’amore è molto importante, come del resto l’investimento libidico, che non sfocia necessariamente nel rapporto sessuale, ma rende la vita più ricca. Anche nella quarta età, quindi, possono nascere grandi attrazioni e simpatie.
mHealth: la tecnologia a sostegno dei pazienti che fa risparmiare la sanità
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa tecnologia crea grandi opportunità per il settore della sanità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OSM) definisce l’mHealth come “l’uso efficiente e sicuro delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione a sostegno dei settori della sanità e relativi alla salute […]”, comprendendo l’assistenza sanitaria, le politiche di prevenzione, la ricerca (e il supporto di essa) e l’educazione alla salute.
Sono tante le ricerche che hanno dimostrato che non esiste un digital divide quando il servizio di mHealth è semplice, immediatamente accessibile e capace di creare valore per il paziente.
FAVO e FIASO hanno avviato con il XII Rapporto sulla Condizione del Malato Oncologico una collaborazione per promuovere la diffusione delle buone pratiche di mobile health (mHealth) al fine di migliorare la qualità della relazione medico-paziente; semplificare l’accesso ai servizi sanitari; sviluppare nuove aree di ricerca.
In questo primo anno sono pervenuti 18 progetti. Una commissione congiunta FAVO- FIASO ha selezionato le tre iniziative, afferenti all’ASST di Crema, all’AUSL di Modena, all’APSS di Trento, maggiormente aderenti ai criteri definiti nella call. Tutti i progetti saranno raccontati su una sezione sui siti di FAVO e FIASO, per dare visibilità a quelle buone pratiche di mHealth che possono essere replicate o da cui trarre spunto per lo sviluppo di soluzioni innovative centrate sui pazienti.
La possibilità per ciascun paziente di avere informazioni sulle proprie condizioni, condividerle con i propri medici e ottenere risposte immediate offre ai sistemi sanitari l’occasione di rivedere i propri processi di cura anche attraverso percorsi personalizzati, di ottenere informazioni utili per ottimizzare l’uso delle risorse umane, tecniche ed economiche, e apre scenari importanti anche dal punto di vista della ricerca scientifica.
È possibile immaginare un diverso uso dei servizi mHealth a seconda della fascia di età: 181 milioni di pazienti europei potrebbero usare servizi di mHealth, di cui più del 77% potrebbe migliorare la qualità della propria vita.
Si stima che il risparmio per la spesa sanitaria a livello europeo sarebbe di 99 miliardi di euro, con la possibilità di incrementare di poco meno di 25 milioni il numero di pazienti presi in cura.
Gli ostacoli principali sono sicuramente culturali, organizzativi e solo in parte tecnologici. La possibilità di aprire spazi di collaborazione fra associazioni dei pazienti, Aziende sanitarie, personale sanitario, università e imprese ITC o start up rappresenta oggi un possibile percorso per accelerare questa trasformazione verso un modello sanitario più incentrato sul paziente. Emergono così due temi, quello dell’open source e dell’open innovation, come possibilità di accedere ad una digitalizzazione a costo zero per il malato. La tecnologia può diventare uno strumento di costruzione di nuovi network tra Aziende, in un’ottica di codificazione, replicabilità e condivisione delle buone pratiche in sanità.
Sport, i più motivati sono quelli che abbandonano prima
Psicologia, SportCosa centra la psicologia con la forma fisica? A quanto pare molto. A rivelarlo sono i dati pubblicati su BMC Public Health, che svelano come la chiave della motivazione sia nell’approccio rilassato. Secondo i ricercatori, infatti, i segreto sarebbe nel concentrarsi non tanto sull’intensità dell’esercizio fisico o sul «senso del dovere», bensì sulla sensazione di benessere che deriva dallo sport.
Lo studio
Condotta all’Università del Michigan, l’indagine ha preso in considerazione 40 donne tra i 22 ei 49 anni. Di queste, 29 erano inattive (facevano meno di due ore settimanali di esercizio fisico), mentre 11 attive (lo facevano per almeno due ore). I ricercatori le hanno sottoposte a domande sull’atteggiamento verso l’esercizio fisico. Ne è emerso che le inattive condividevano alcune convinzioni. Ad esempio, che l’esercizio per essere «valido» doveva essere intenso, e che il fare attività fisica impediva loro di rilassarsi nel tempo libero. Molte delle donne «pigrone» hanno spiegato di sentirsi «sotto pressione» e di dover fare sport per migliorare la salute o perdere peso. Queste aspettative circa l’attività fisica, secondo cui deve essere intensa per essere efficace, frenano però le donne dal raggiungere gli obiettivi di allenamento. Un approccio più rilassato, invece, potrebbe aumentare la motivazione. Le donne attive fisicamente, infatti, sono risultate più serene sulla possibilità di saltare la palestra. Nessuna di loro ha mai pensato che l’esercizio debba essere tra le massime priorità, né che fosse da ostacolo per il loro libero. Questo modo di vedere le cose, conclude lo studio, potrebbe aumentare la voglia di fare movimento.
La palestra secondo i Jackal
Iscriversi in palestra, magari con un abbonamento annuale, per poi mollare dopo un solo giorno è un episodio tanto comune da essere diventato traccia per un video di successo dei The Jackal.[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=SnifCNwiQB0[/youtube]Un modo esilarante per far riflettere tutti sull’importanza di vivere con serenità il proprio tempo, senza stress e soprattutto senza mai dimenticare che fare sport aiuta a vivere una condizione psicologica migliore.
Così «cambiamo la realtà della sclerosi multipla»
Economia sanitaria, News PresaNuovamente di scena il congresso scientifico annuale di AISM e della sua Fondazione, e il titolo scelto per quest’anno la dice lunga: «Insieme cambiamo la realtà della sclerosi multipla». Un tema declinato in tutte le possibili accezioni, a cominciare dal discorso su «scienza della sostenibilità collettiva».
Alla base di questo concetto c’è la considerazione che la capacità di concretizzare le priorità della ricerca dell’agenda «Sclerosi Multipla 2020» sarà tanto maggiore quanto l’agenda delle persone con sclerosi multipla diventerà l’agenda di tutti gli attori che hanno potere decisionale nella sua realizzazione.
Un cambio di prospettiva
Avere obiettivi comuni e nuove metriche per valutare l’impatto collettivo della ricerca sulla persona garantirà a tutte le parti interessate di rimanere impegnate per cambiare la realtà della sclerosi multipla. Non è un caso che il congresso annuale ha previsto due presentazioni utili a conoscere l’esperienza di altre malattie neurologiche, dal punto di vista dei meccanismi patologici della malattia e dei trattamenti neuroriabilitativi. Dal punto di vista scientifico «imparare» da altre malattie che condividono meccanismi comuni alla sclerosi multipla faciliterà lo sviluppo di nuovi farmaci e l’utilizzo di farmaci già esistenti per altre patologie a favore della sclerosi multipla.
Un confronto fondamentale
Conoscere l’efficacia terapeutica dei trattamenti riabilitativi adottati per altre malattie neurologiche è utile anche per stabilire alleanze verso un miglior accesso a trattamenti neuroriabilitativi. Uno dei momenti più attesi è poi quello della lettura magistrale della professoressa Catherine Lubetzki che presenterà i potenziali bersagli terapeutici per promuovere la rimielinizzazione, e le sfide da affrontare nel progettare nuove terapie di rimielinizzazione, tra cui la necessità di identificare marcatori di neuroprotezione e rimielinizzazione per valutare l’efficacia terapeutica di possibili trattamenti.
Il piano nazionale
Il congresso è stata l’occasione per presentare le iniziative strategiche di ricerca nazionali sulla sclerosi multipla, in particolare verrà fatto il punto sull’iniziativa internazionale della «Progressive MS Alliance» dedicata alla creazione di una piattaforma integrata per la ricerca e lo sviluppo di terapie per le forme progressive di sclerosi multipla.
Pensami
Il primo giorno del Congresso si concluderà presentando i risultati dello studio «Pensami» e mostrando come una ricerca scientifica rigorosa ed eccellente possa avere un impatto sulla qualità della vita delle persone con sclerosi multipla, seguita dalla presentazione dei progetti di neuroriabilitazione e qualità della vita finanziati da FISM e conclusi nel 2016. Il secondo giorno del congresso si aprirà con la lettura del professor Raj Kapoor sulle iniziative globali per rispondere all’urgente bisogno di trovare trattamenti per prevenire la disabilità e per preservare la qualità della vita delle persone colpite dalla SM. Inoltre saranno presentati i progetti di ricerca sulla diagnosi e il monitoraggio di malattia, per avere una diagnosi sempre più precoce e garantire un trattamento più personalizzato per le persone SM; gli studi che indagano i meccanismi patogenetici e i fattori di rischio, e la ricerca per sviluppare nuovi e sempre migliori trattamenti terapeutici e sintomatici.
Cancro. Chi è più povero ha un rischio di morte del 20% in più
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneSecondo nuove ricerche chi è più povero, anche se in regime di Ssn con cure gratuite, ha un rischio di morte per tumore più alto del 20%. La sopravvivenza media della popolazione italiana affetta da malattie neoplastiche è aumentata nel corso degli anni. Secondo il più recente rapporto AIOM – AIRTUM sui Tumori in Italia, nel 2015 le persone vive dopo una diagnosi di tumore erano 3.037.127, ovvero circa il 5% dell’intera popolazione italiana, con una sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi di un tumore maligno del 57% fra gli uomini e del 63% fra le donne. Parallelamente, cresce la ricerca sui nuovi farmaci oncologici, che rappresentano il 30% del totale.
Al problema delle lunghe attese per i farmaci innovativi, si accompagna il problema della cosiddetta “tossicità finanziaria” che rappresenta un problema noto già da vari anni negli Stati Uniti, dove la compartecipazione diretta dei pazienti (out-of-pocket ovvero di tasca propria) alla spesa per i farmaci antineoplastici è sotto accusa, per via dell’aumento smisurato dei costi. Nel corso degli anni, sono molti gli studi che hanno dimostrato come i problemi economici incidano in maniera negativa sulla qualità della vita dei pazienti americani e sono anche stati recentemente pubblicati dati che dimostrano come i pazienti oncologici americani che si dichiarino in bancarotta abbiano un rischio di morte aumentato di circa l’80% rispetto a quelli che non hanno problemi economici.
In Italia, pur essendo in regime di SSN che non prevede compartecipazione alla spesa per farmaci antineoplastici, secondo il Rapporto Favo, si sono riscontrati dati simili, seppure con effetti di dimensioni minori a quanto avviene negli Stati Uniti.
In particolare, in un pool di 16 sperimentazioni (3670 pazienti) in cui era stato utilizzato uno strumento che indaga i problemi economici, è stato riscontrato che per i pazienti con difficoltà economiche alla diagnosi, la terapia ha meno probabilità di produrre l’auspicato beneficio in qualità della vita, e che per i pazienti che peggiorano i propri problemi economici durante la terapia vi è un rischio di morte più elevato del 20 per cento.
Cancro. In Italia attesa fino a 3 anni per farmaco innovativo.
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, Ricerca innovazioneIn alcune Regioni d’Italia si può attendere anche 3 anni per avere un farmaco innovativo. E per si ammala di tumore, i problemi economici possono accorciargli la vita. È la denuncia che arriva dal nuovo Rapporto 2017 della Favo
Tra il momento della registrazione in Europa e l’effettiva messa in circolo in Italia dei farmaci innovativi possono passare fino a 1.074 giorni nelle Regioni più “lente” a recepire le nuove autorizzazioni al commercio. La buona notizia è però che, nonostante questo, la sopravvivenza da cancro migliora.
In particolare, i pazienti oncologici italiani attendono in media 806 giorni, cioè 2,2 anni, per accedere a un farmaco anti-cancro innovativo. Un tempo che trascorre fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione presso l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella prima Regione italiana. Un termine che può dilatarsi fino a tre anni in alcune regioni.
Il IX Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici è stato presentato di recente al Senato nel corso della XII Giornata del malato oncologico, organizzata da FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia).
Dal punto di vista economico, non c’è dubbio che i farmaci antineoplastici e immunomodulatori rappresentino una voce di spesa importante del Sistema Sanitario Nazionale. Il vero problema è che è che il processo che va dall’approvazione europea alla reale disponibilità concreta del farmaco per i cittadini, particolarmente lento, possa tradursi in una forma di razionamento che penalizza fortemente i malati, specialmente nel caso di farmaci innovativi salvavita.
Un farmaco da quando l’Azienda deposita il dossier di autorizzazione e valutazione presso EMA a quando diviene effettivamente disponibile al paziente nella prima regione in cui il farmaco viene movimentato, necessita di un tempo medio di 806 giorni, ovvero 2,2 anni.
Tale scenario muta quando viene valutata la movimentazione nell’ultima regione individuata, passando a 1074 giorni, ovvero circa 3 anni.
Inoltre, la malattia si accompagna alla cosiddetta “tossicità finanziaria”, cioè la crisi economica individuale conseguente al cancro e alle sue cure, problema noto da diversi anni negli Stati Uniti, ma che interessa il 22,5% dei pazienti italiani. Chi ha difficoltà economiche presenta anche un rischio di morte del 20% più alto rispetto alle persone colpite dal cancro, ma senza problemi economici.
Esame di Stato, uguali per tutti?
Bambini, News Presa, PsicologiaA breve dovrebbero essere pubblicate da parte del ministero dell’Istruzione le liste con i nomi dei componenti delle commissioni di maturità per l’esame di Stato. Sarà proprio il Miur a comunicare la data precisa della comunicazione. La commissione d’esame di maturità 2017 sarà, come gli altri anni, mista. Questo vuol dire che sarà composta per metà da commissari esterni e per metà da interni (le commissioni di Maturità sono composte da 6 commissari e un presidente di commissione esterno). Nell’attesa, quasi superfluo da ricordare, l’esercito dei maturandi si prepara in un misto di angoscia ed euforia.
Ma l’esame di Stato è uguale per tutti?
La domanda sorge spontanea pensando a tutti gli studenti che dovranno affrontare le prove sopportando anche il peso di un disturbo specifico dell’apprendimento, studenti ai quali troppo spesso viene negata la possibilità di sostenere la maturità alla pari con gli altri compagni.
Le regole
Così come riportato sul portale dell’Aid, con l’ordinanza ministeriale 257/2017, il Miur ha diffuso le istruzioni e le modalità organizzative e operative per lo svolgimento dell’esame di Stato. E tra queste non mancano certo quelle che riguardano gli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). L’articolo 23 intitolato «Esame dei candidati con DSA e BES» chiarisce che «la commissione d’esame terrà in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, adeguatamente certificate, relative ai candidati con disturbi specifici di apprendimento», in particolare dovranno essere adeguate alla situazione soggettiva le modalità didattiche, le forme di valutazione individuate e l’individuate nei percorsi didattici individualizzati e personalizzati.
Strumenti compensativi
E’ importante sottolineare che durante l’esame di Stato i ragazzi potranno utilizzare tutti gli strumenti compensativi (inclusivi i software informatici) e le misure dispensative previste nel loro PDP e utilizzate durante l’anno scolastico. Uno dei suggerimenti che arrivano dall’Aid è di consegnare i materiali prodotti dai ragazzi durante l’anno anticipatamente alla segreteria della scuola, così che mappe, tabelle e formulari vengano timbrati, firmati e messi nella cartelletta personale dello studente. La cartella sarà poi a sua disposizione durante le prove d’esame. Allo stesso modo è bene prendere contatto e chiedere informazioni in merito direttamente al coordinatore di classe o al referente DSA dell’istituto.
Un esame sereno
L’articolo 23 precisa inoltre che «potranno essere previste particolari attenzioni finalizzate a rendere sereno per tali candidati lo svolgimento dell’esame sia al momento delle prove scritte, sia in fase di colloquio». Questo significa che i candidati potranno usufruire di dispositivi per l’ascolto dei testi della prova registrati in formati “mp3”. Per la piena comprensione del testo delle prove scritte, la Commissione può prevedere di individuare un proprio componente che possa leggere i testi delle prove scritte. Per i candidati che utilizzano la sintesi vocale, la Commissione può provvedere alla trascrizione del testo su supporto informatico. Queste sono solo alcune delle regole che è importante conoscere in vista degli esami. Molti altri consigli si possono trovare sul sito dell’Aid.
Per metà delle donne età giusta per diventare mamma è entro i 40 anni
Bambini, News Presa, Nuove tendenze, Prevenzione, Ricerca innovazioneUna donna su due desidera diventare mamma in età tra i 35 e i 40 anni, nel 30% dei casi tra i 30 e i 35 anni, ma anche nel 10% quando si è over 40 e solo il 5% under30. Questi dati emergono dalle risposte dell’indagine effettuata lo scorso 8 marzo all’European Hospital di Roma in occasione di una giornata di visite gratuite, promosse dalla struttura sotto il coordinamento del professor Ermanno Greco, direttore scientifico del Centro di medicina e biologia della riproduzione. Il ‘Questionario sugli atteggiamenti nei confronti della genitorialità, le intenzioni nell’avere un figlio e sulla conoscenza dei problemi di infertilità’, a cui hanno risposto 136 donne italiane (tranne una proveniente dal Perù e dalla Grecia) con età media di 36 anni, si basa su modelli già validati in passato nel Nord Europa, Nord America ed Est Europa.
Comprende sette categorie di domande: 1) caratteristiche sociodemografiche e storia riproduttiva; 2) le future intenzioni ad avere un figlio; 3) l’importanza ad avere un figlio; 4) presunti comportamenti in caso di infertilità; 5) circostanze importanti per decidere ad avere un figlio; 6) cambiamenti di vita, percepiti come positivi o negativi, relativi alla genitorialità; 7) le conoscenze riguardo i problemi alla fertilità.
”Il desiderio di avere un figlio è davvero preminente nella quasi totalità delle donne intervistate – sottolinea il professor Ermanno Greco – e ritenuto di altissima importanza. Il 55% delle donne lo vorrebbe tra i 35 e i 40 anni, segno di percorso di maturità anche lavorativa che però va in conflitto con l’età migliore per diventar mamma, ovvero sotto i 30 anni”.
Per quanto riguarda i cambiamenti di vita legati alla genitorialità, percepiti come positivi o negativi, la maggioranza delle donne (l’80%) ritiene che avere un figlio porta a svilupparsi come persona, a dare e ricevere più amore, può rafforzare il rapporto con il proprio partner, che può cambiare la visione su ciò che è importante nella vita, che si fa qualcosa che è il senso della vita, che ci saranno nuovi interessi ma che comunque c’è meno tempo da dedicare al lavoro e alla carriera, un’economia più povera e più difficoltà nel mercato del lavoro.
”Riguardo le conoscenze sull’infertilità – prosegue il professor Greco – il 90% delle intervistate ritiene che l’età più fertile è tra i 20 ed i 35 anni, con circa il 2% che risponde di non saperlo. La maggioranza sostiene che vi è una leggera diminuzione dell’infertilità tra i 35 ed i 40 anni (l’80%) e una marcata riduzione dopo i 40 anni, alcuni sostengono dopo i 45-50 anni. Infine la maggior parte non è a conoscenza (l’80%) di quante coppie sono infertili e di quante probabilità di successo, in media, ci sono per avere un bambino sia naturalmente che con la FIV. Inoltre questa voglia di diventare madre è talmente grande che la maggior parte delle donne accetta il trattamento di fecondazione artificiale per risolvere il loro problema”.
Ammaniti: essere curiosi e accettare età che avanza per restare giovani
Anziani, News Presa, Prevenzione, PsicologiaIn Italia gli over 65 sono il 21 per cento circa della popolazione, tre punti percentuali in più della media europea. Ma oggi il ciclo vitale è cambiato. Se Dante quando inizia “nel mezzo del cammin di nostra vita”, ha circa 35 anni, oggi lo stesso momento può essere collocato tra i 50 e i 60 anni.
Negli Stati Uniti, ad esempio, sono state varate diverse leggi per contrastare la discriminazione dei lavoratori ultrasessantacinquenni.
Massimo Ammaniti, psicoanalista di fama internazionale, professore onorario della Sapienza Università di Roma, alle virtù della “quarta età” ha dedicato il saggio “La curiosità non invecchia” (Mondadori): raccolta di testimonianze di ottantenni e novantenni (tra gli altri Andrea Camilleri, Luciana Castellina, Raffaele La Capria, Aldo Masullo, Mario Pirani) che raccontano come è cambiato il loro modo di vivere sentimenti ed esperienze.
Per restare giovani bisogna «essere a contatto con i propri pensieri, saperli elaborare, è una attività fondamentale che ci accompagna nel corso degli anni – racconta Ammaniti in un’intervista a L’Espresso. E la vecchiaia – continua – è un periodo particolarmente fruttuoso, per riprendere il “De senectute” di Cicerone: la persona ritrova il filo della propria vita, scopre il desiderio che ha mosso la propria esistenza. L’accettazione dell’età che avanza genera riflessi positivi sul piano psicologico e anche sul cervello. Se invece la vecchiaia viene rifiutata si va incontro a un deterioramento generale, e nei neuroni possono depositarsi le placche senili che caratterizzano la malattia di Alzheimer».
Per lo psicanalista, in poche parole, bisogna stare a contatto con i giovani, scrivere e viaggiare se è possibile, ma soprattutto restare curiosi e non rifiutare la propria età che avanza. «Tra gli aspetti decisivi c’è la curiosità – spiega – evitare di chiudersi nelle proprie abitudini e prendersi cura del corpo: mangiare bene, fare sport per quanto possibile, continuare a viaggiare. Ed è cruciale coltivare il rapporto con le nuove generazioni. I club per vecchi vanno bene, ma attraverso i giovani il vecchio resta in contatto con la vita».
Tra le attività in grado di rallentare l’invecchiamento c’è la scrittura.
«Scrivere significa far vivere al di fuori di sé i propri ricordi, lasciare un’eredità. Mi viene in mente una frase che Freud disse a una collega che aveva scritto un libro: “Lo faccia uscire, lo pubblichi, lo faccia vivere”. La scrittura mette il nostro mondo a disposizione degli altri».
Infine, anche l’amore è molto importante, come del resto l’investimento libidico, che non sfocia necessariamente nel rapporto sessuale, ma rende la vita più ricca. Anche nella quarta età, quindi, possono nascere grandi attrazioni e simpatie.
Mieloma multiplo e linfoma, il ruolo dell’autotrapianto
News Presall mieloma multiplo è una di quelle neoplasie per le quali è necessaria una maggiore informazione. Per questo motivo ne parliamo con Giorgina Specchia, direttore dell’unità operativa di Ematologia con Trapianto al Policlinico-Università di Bari.
È lei a spiegare che «questa neoplasia è caratterizzata dalla proliferazione incontrollata di “plasmacellule” capaci di produrre una proteina monoclonale e di determinare danni in organi quali il rene o l’osso, causando osteolisi». L’incidenza è di circa tre casi annui ogni 100 mila abitanti e colpisce più frequentemente gli adulti anziani di sesso maschile (età media 65 anni).
«Il mieloma multiplo – aggiunge – rappresenta l’1% di tutte le neoplasie e circa il 10% delle neoplasie ematologiche». Ma come va affrontato?
Il programma terapeutico
«L’indicazione al trattamento dipende in prima istanza dalla diagnosi di mieloma multiplo definito sintomatico sulla base della presenza dei criteri CRAB (ipercalcemia, insufficienza renale, anemia, lesioni ossee), dalla plasmocitosi midollare e così via. Il programma terapeutico viene poi definito sulla base dell’età, delle comorbidità e di altri fattori clinici specifici. È necessario definire all’inizio il profilo clinico-biologico del paziente candidato o no all’autotrapianto per la scelta del protocollo iniziale; infatti le terapie sono diverse per i pazienti eleggibili o meno all’autotrapianto».
La selezione del paziente candidato al trapianto è uno step importante del percorso terapeutico, si basa su rigorosi criteri clinici, anagrafici e anche sulla biologia della malattia. Per i pazienti candidati all’autotrapianto è prevista una fase di induzione ed una successiva in cui si utilizzano alte dosi di chemioterapici antineoplastici e la reinfusione di cellule staminali emopoietiche. «Oggi – dice Specchia – numerose evidenze di trials e di real life documentano il ruolo dell’autotrapianto, anche doppio, sulla migliore sopravvivenza libera da malattia».
La mobilitazione
La professoressa spiega che dopo la prima fase (terapia di induzione 3-4 cicli), viene effettuata la valutazione dello stato della malattia e delle condizioni cliniche del paziente e si procede alla fase della mobilizzazione che prevede comunemente la somministrazione di un antiblastico e del fattore di crescita granulocitario (G-CSF) per poco meno di una settimana allo scopo di mobilizzare le cellule staminali emopoietiche dal midollo osseo al sangue venoso periferico dove vengono giornalmente contate in citofluorimetria grazie all’espressione sulla loro superficie di un marcatore specifico. È necessario considerare che circa il 10% dei pazienti sono definiti «cattivi mobilizzatori» poiché non mobilizzano un numero sufficiente di cellule staminali e che per questo hanno bisogno di una «procedura di salvataggio» che prevede l’impiego di un altro fattore più potente, che per il suo meccanismo di azione su uno specifico antigene di membrana, consente di mobilizzare dal midollo osseo un più alto numero di cellule staminali. Questa stessa procedura può essere utilizzata nel trattamento del linfoma. Inoltre, anche per alcuni linfomi, oggi c’è l’indicazione all’autotrapianto, in questo caso in seconda linea di trattamento e non in prima come il mieloma.
«I linfomi sono un gruppo molto eterogeneo di neoplasie – dice l’ematologo – caratterizzate dalla proliferazione clonale di cellule linfoidi a livello degli organi emolinfopoietici e anche in altre sedi definite extranodali. Di grande utilità clinica è la classificazione WHO che definisce rigorosi criteri istopatologici per la diagnosi e quindi utili per la scelta del trattamento. Quello che preoccupa è che l’incidenza dei linfomi nei paesi occidentali a sviluppo industriale aumenta in genere con l’età anche se alcuni tipi di linfomi sono più frequenti nei giovani. Basti pensare che i linfomi rappresentano circa il 3-5% di tutte le neoplasie. Un problema con il quale negli anni a venire saremo chiamati sempre più a fare i conti. Sicuramente però sia i nuovi farmaci che le procedure trapiantologiche hanno un ruolo importante nel migliorare la sopravvivenza di questi pazienti.
I segreti danneggiano intestino e abbassano difese. I più comuni
News Presa, Prevenzione, PsicologiaÈ stato calcolato che il 95 per cento degli individui custodisca dei segreti. In media, 13 alla volta vengono tenuti chiusi nel cuore e di questi, cinque sono davvero inconfessabili. Un abitudine, questa, che provoca danni alla salute. I segreti possono essere i più vari, possono riguardare ogni ambito della vita e qualche volta ci si trova a dover custodire un segreto che non è scaturito da se stessi. Ad ogni modo, quando qualcosa viene tenuto nascosto, aumentano i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Questo può portare problemi di vario tipo, tra cui ripercussioni sull’ intestino e il metabolismo. Inoltre può generare problemi di pressione alta, l’invecchiamento della pelle e un sistema immunitario debole. Non è tanto nascondere i segreti a innescare questo processo responsabile di conseguenze per la salute, quanto pensarci di continuo. Questa rivelazione emerge da una ricerca della Columbia University di New York, pubblicata sulla rivista Journal of Personality and Social Psychology. Lo studio ha preso in esame 10 diversi lavori precedenti, incrociando i dati e approfondendo anche i segreti che più frequentemente vengono mantenuti nascosti. Tra i più comuni ci sono: fantasie sessuali o romantiche su una persona diversa dal proprio partner, questioni finanziarie o familiari, ambizioni, scarsa considerazione di noi stessi e persino, più in fondo nella classifica, avere avuto un aborto.