Tempo di lettura: 4 minutiIl 14 agosto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria internazionale per il focolaio di vaiolo delle scimmie, noto come Mpox, scoppiato in Africa. Il giorno successivo, la Svezia ha registrato il primo caso della variante più pericolosa, Clade 1b, al di fuori del continente africano. Questa variante, più letale e contagiosa, si sta diffondendo anche attraverso contatti non sessuali, mettendo a rischio anche i bambini.
Secondo il ministro della salute svedese Jakob Forssmed non è il caso di fare allarmismi. Tuttavia, la comunità scientifica sottolinea la necessità di aumentare la sorveglianza e sensibilizzare la popolazione a livello globale.
Il primo caso di vaiolo delle scimmie in Europa
Il primo caso di vaiolo delle scimmie causato dalla variante Clade 1 è stato diagnosticato a Stoccolma, in Svezia. Questo segna il primo caso al di fuori dell’Africa, ma le autorità svedesi invitano a evitare il panico. Forssmed ha dichiarato che il rischio di infezione è basso, sono disponibili vaccini e il Paese è ben equipaggiato per affrontare la situazione.
Hans Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’Oms, ha esortato i Paesi europei a migliorare i controlli e a rafforzare l’accesso a vaccini e antivirali. L’Oms ha sottolineato che, in un contesto globalizzato, era solo questione di tempo prima che la variante più grave del virus venisse individuata in altre regioni.
Le misure di controllo globale e l’allerta crescente
In risposta alla dichiarazione di emergenza dell’Oms, il Pakistan ha segnalato tre nuovi casi di Mpox, mentre la Cina ha intensificato i controlli su persone e merci potenzialmente esposte al virus. La situazione in Africa centrale, dove il Clade 1b ha avuto origine, è invece preoccupante.
Kluge ha sottolineato l’importanza di potenziare i test diagnostici, in quanto i test sierologici attuali possono solo escludere l’infezione. La comunità scientifica globale sta monitorando con attenzione l’evolversi della situazione.
Che cos’è l’mpox e perché il clade 1b è più letale
Il Mpox, noto come vaiolo delle scimmie, è stato individuato per la prima volta nell’uomo nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo. Esistono due sottotipi del virus: il Clade 1, più letale, endemico nel bacino del Congo, e il Clade 2, meno grave, presente in alcune parti dell’Africa occidentale.
Il virus è salito alla ribalta nel maggio 2022, quando il Clade 2b, meno letale, si è diffuso globalmente, colpendo soprattutto uomini gay e bisessuali. Grazie a una campagna di vaccinazione e a cambiamenti comportamentali, l’epidemia è stata contenuta, ma il virus è rimasto endemico in alcune zone dove i vaccini non sono disponibili.
Il numero crescente di decessi, soprattutto tra i bambini
Quest’anno, in Congo, sono stati segnalati oltre 15.600 casi e 537 decessi, superando il totale dello scorso anno. La maggior parte dei decessi ha riguardato bambini sotto i 15 anni, suggerendo un cambiamento nelle modalità di trasmissione della malattia.
Diversamente dall’epidemia globale del 2022, l’ultima ondata è stata spinta dal clade 1, più letale, e dalla sua nuova variante mutata. È stata individuata per la prima volta in persone che si prostituivano o dedite alla prostituzione nella remota città mineraria di Kamituga, nella Repubblica Democratica del Congo. Tuttavia, il virus si è diffuso anche attraverso contatti non sessuali, infettando bambini a scuola.
Come si trasmette il virus mpox: modalità di contagio
Il virus Mpox può diffondersi attraverso il contatto ravvicinato. Questo include il contatto diretto pelle a pelle con eruzioni cutanee, secrezioni delle vie respiratorie e fluidi corporei. Le donne incinte possono trasmettere il virus al feto durante la gravidanza o al neonato durante il parto.
Il contagio può avvenire anche tramite il contatto con oggetti, tessuti o superfici contaminati. Sebbene la trasmissione attraverso goccioline respiratorie nel contatto ravvicinato sia possibile, è meno comune. In particolare, il nuovo ceppo Clade 1b, più virulento, può infettare anche i bambini tramite superfici contaminate.
I sintomi del vaiolo delle scimmie e come riconoscerli
I sintomi di Mpox tendono a comparire tra sei e 13 giorni dopo l’infezione, con febbre, mal di testa, dolori muscolari e debolezza. I linfonodi ingrossati e le eruzioni cutanee sono segni distintivi. L’eruzione si manifesta entro tre giorni dalla comparsa della febbre e tende a concentrarsi su viso, mani e piedi.
Nei bambini, l’eruzione può essere confusa con il morbillo o la varicella. I sintomi durano da due a quattro settimane e scompaiono spontaneamente nella maggior parte dei casi.
Le terapie disponibili per il vaiolo delle scimmie
La maggior parte delle infezioni da Mpox guarisce senza trattamenti specifici. Per alleviare il dolore e prevenire complicazioni, gli esperti sanitari raccomandano di trattare i sintomi. Alcuni trattamenti sviluppati per il vaiolo, sembrano efficaci anche contro Mpox, anche se sono ancora in fase di studio. In ogni caso, la prima cosa da fare è rivolgersi al proprio medico se si sospetta un contagio.
La letalità del nuovo ceppo clade 1b
Secondo l’Oms, il Clade 1b causa la morte nel 3,6%-5% dei casi, con un rischio maggiore per neonati, bambini e persone con sistemi immunitari vulnerabili, inclusi quelli con HIV non trattato. Questo ceppo ha conseguenze più gravi rispetto al Clade 2, anche se i tassi di mortalità variano a seconda delle epidemie.
Diffusione del virus: i dati aggiornati
Nella prima metà di quest’anno, sono stati segnalati più casi di Mpox rispetto a tutto il 2023. Tra gennaio 2022 e agosto 2024, secondo i dati dell’Oms, si sono registrati 38.465 casi di Mpox e 1.456 decessi in Africa, con la maggior parte dei casi recenti concentrati nella Repubblica Democratica del Congo. Anche Burundi, Kenya, Ruanda e Uganda hanno segnalato i loro primi casi di Mpox.
Vaccinazione e prevenzione: chi è a rischio
Secondo l’ECDC e i CDC americani, non c’è un vero allarme globale, ma alcune persone più a rischio potrebbero dover considerare la vaccinazione. Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Clinico all’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive di Roma, ha dichiarato che la vaccinazione antivaiolosa precedente non conferisce un’immunità sicura contro Mpox. In Italia, chi è stato vaccinato in passato può ricevere una dose di vaccino, mentre chi non è stato vaccinato deve fare due dosi a distanza di un mese.

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Vaiolo delle scimmie: come si trasmette e perché il clade 1b è più pericoloso
Adolescenti, Anziani, Bambini, Benessere, News, Notizie, PrevenzioneIl 14 agosto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria internazionale per il focolaio di vaiolo delle scimmie, noto come Mpox, scoppiato in Africa. Il giorno successivo, la Svezia ha registrato il primo caso della variante più pericolosa, Clade 1b, al di fuori del continente africano. Questa variante, più letale e contagiosa, si sta diffondendo anche attraverso contatti non sessuali, mettendo a rischio anche i bambini.
Secondo il ministro della salute svedese Jakob Forssmed non è il caso di fare allarmismi. Tuttavia, la comunità scientifica sottolinea la necessità di aumentare la sorveglianza e sensibilizzare la popolazione a livello globale.
Il primo caso di vaiolo delle scimmie in Europa
Il primo caso di vaiolo delle scimmie causato dalla variante Clade 1 è stato diagnosticato a Stoccolma, in Svezia. Questo segna il primo caso al di fuori dell’Africa, ma le autorità svedesi invitano a evitare il panico. Forssmed ha dichiarato che il rischio di infezione è basso, sono disponibili vaccini e il Paese è ben equipaggiato per affrontare la situazione.
Hans Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’Oms, ha esortato i Paesi europei a migliorare i controlli e a rafforzare l’accesso a vaccini e antivirali. L’Oms ha sottolineato che, in un contesto globalizzato, era solo questione di tempo prima che la variante più grave del virus venisse individuata in altre regioni.
Le misure di controllo globale e l’allerta crescente
In risposta alla dichiarazione di emergenza dell’Oms, il Pakistan ha segnalato tre nuovi casi di Mpox, mentre la Cina ha intensificato i controlli su persone e merci potenzialmente esposte al virus. La situazione in Africa centrale, dove il Clade 1b ha avuto origine, è invece preoccupante.
Kluge ha sottolineato l’importanza di potenziare i test diagnostici, in quanto i test sierologici attuali possono solo escludere l’infezione. La comunità scientifica globale sta monitorando con attenzione l’evolversi della situazione.
Che cos’è l’mpox e perché il clade 1b è più letale
Il Mpox, noto come vaiolo delle scimmie, è stato individuato per la prima volta nell’uomo nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo. Esistono due sottotipi del virus: il Clade 1, più letale, endemico nel bacino del Congo, e il Clade 2, meno grave, presente in alcune parti dell’Africa occidentale.
Il virus è salito alla ribalta nel maggio 2022, quando il Clade 2b, meno letale, si è diffuso globalmente, colpendo soprattutto uomini gay e bisessuali. Grazie a una campagna di vaccinazione e a cambiamenti comportamentali, l’epidemia è stata contenuta, ma il virus è rimasto endemico in alcune zone dove i vaccini non sono disponibili.
Il numero crescente di decessi, soprattutto tra i bambini
Quest’anno, in Congo, sono stati segnalati oltre 15.600 casi e 537 decessi, superando il totale dello scorso anno. La maggior parte dei decessi ha riguardato bambini sotto i 15 anni, suggerendo un cambiamento nelle modalità di trasmissione della malattia.
Diversamente dall’epidemia globale del 2022, l’ultima ondata è stata spinta dal clade 1, più letale, e dalla sua nuova variante mutata. È stata individuata per la prima volta in persone che si prostituivano o dedite alla prostituzione nella remota città mineraria di Kamituga, nella Repubblica Democratica del Congo. Tuttavia, il virus si è diffuso anche attraverso contatti non sessuali, infettando bambini a scuola.
Come si trasmette il virus mpox: modalità di contagio
Il virus Mpox può diffondersi attraverso il contatto ravvicinato. Questo include il contatto diretto pelle a pelle con eruzioni cutanee, secrezioni delle vie respiratorie e fluidi corporei. Le donne incinte possono trasmettere il virus al feto durante la gravidanza o al neonato durante il parto.
Il contagio può avvenire anche tramite il contatto con oggetti, tessuti o superfici contaminati. Sebbene la trasmissione attraverso goccioline respiratorie nel contatto ravvicinato sia possibile, è meno comune. In particolare, il nuovo ceppo Clade 1b, più virulento, può infettare anche i bambini tramite superfici contaminate.
I sintomi del vaiolo delle scimmie e come riconoscerli
I sintomi di Mpox tendono a comparire tra sei e 13 giorni dopo l’infezione, con febbre, mal di testa, dolori muscolari e debolezza. I linfonodi ingrossati e le eruzioni cutanee sono segni distintivi. L’eruzione si manifesta entro tre giorni dalla comparsa della febbre e tende a concentrarsi su viso, mani e piedi.
Nei bambini, l’eruzione può essere confusa con il morbillo o la varicella. I sintomi durano da due a quattro settimane e scompaiono spontaneamente nella maggior parte dei casi.
Le terapie disponibili per il vaiolo delle scimmie
La maggior parte delle infezioni da Mpox guarisce senza trattamenti specifici. Per alleviare il dolore e prevenire complicazioni, gli esperti sanitari raccomandano di trattare i sintomi. Alcuni trattamenti sviluppati per il vaiolo, sembrano efficaci anche contro Mpox, anche se sono ancora in fase di studio. In ogni caso, la prima cosa da fare è rivolgersi al proprio medico se si sospetta un contagio.
La letalità del nuovo ceppo clade 1b
Secondo l’Oms, il Clade 1b causa la morte nel 3,6%-5% dei casi, con un rischio maggiore per neonati, bambini e persone con sistemi immunitari vulnerabili, inclusi quelli con HIV non trattato. Questo ceppo ha conseguenze più gravi rispetto al Clade 2, anche se i tassi di mortalità variano a seconda delle epidemie.
Diffusione del virus: i dati aggiornati
Nella prima metà di quest’anno, sono stati segnalati più casi di Mpox rispetto a tutto il 2023. Tra gennaio 2022 e agosto 2024, secondo i dati dell’Oms, si sono registrati 38.465 casi di Mpox e 1.456 decessi in Africa, con la maggior parte dei casi recenti concentrati nella Repubblica Democratica del Congo. Anche Burundi, Kenya, Ruanda e Uganda hanno segnalato i loro primi casi di Mpox.
Vaccinazione e prevenzione: chi è a rischio
Secondo l’ECDC e i CDC americani, non c’è un vero allarme globale, ma alcune persone più a rischio potrebbero dover considerare la vaccinazione. Andrea Antinori, direttore del Dipartimento Clinico all’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive di Roma, ha dichiarato che la vaccinazione antivaiolosa precedente non conferisce un’immunità sicura contro Mpox. In Italia, chi è stato vaccinato in passato può ricevere una dose di vaccino, mentre chi non è stato vaccinato deve fare due dosi a distanza di un mese.
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Caldo estremo in aumento: 466 milioni di bambini a rischio
Bambini, Benessere, News, NotizieIl caldo estremo è una minaccia crescente in tutto il mondo. Secondo i dati, 466 milioni di bambini vivono in aree con un numero raddoppiato di giorni estremamente caldi rispetto a sei decenni fa. Il cambiamento climatico sta accelerando, avverte l’Unicef. Le stime indicano che il numero di giornate con temperature superiori a 35 gradi Celsius è in forte crescita. Questo fenomeno ha effetti diretti sulla salute e sul benessere dei bambini. Secondo Catherine Russell, Direttrice generale dell’Unicef, “le giornate estive più calde stanno diventando la norma”. Il problema non è solo la frequenza, ma anche la gravità del caldo.
Aree più colpite e rischi per la salute
Secondo l’analisi dell’Unicef, i bambini in Africa occidentale e centrale sono i più esposti. In paesi come Mali e Niger, i bambini affrontano più della metà dell’anno con temperature superiori a 35 gradi. Nello specifico, 123 milioni di bambini in questa regione vivono in condizioni di caldo estremo per almeno 95 giorni all’anno. Questi numeri sono preoccupanti anche in altre regioni, come l’America Latina e i Caraibi, dove quasi 48 milioni di bambini vivono in aree con giorni estremamente caldi raddoppiati rispetto al passato.
Dati sull’italia: il caldo estremo colpisce anche i bambini italiani
In Italia, il fenomeno del caldo estremo è in aumento. Negli anni Sessanta si registrava una media di 0,79 giorni di caldo estremo all’anno. Nel periodo 2020-2024, questo numero è salito a 4,72 giorni, un aumento di quasi sei volte. La frequenza delle ondate di calore è passata da 4,97 a 13,49 all’anno. In Italia, 7,6 milioni di bambini vivono in aree con una frequenza delle ondate di calore raddoppiata rispetto agli anni Sessanta. Di questi, 3,4 milioni vivono in aree dove questa frequenza è triplicata.
Dati sul caldo estremo e l’impatto sui bambini
Il caldo estremo ha effetti diretti sulla salute dei bambini. Lo stress da calore può causare complicanze in gravidanza, esiti avversi del parto e malattie croniche gestazionali. Questo tipo di stress è anche collegato alla malnutrizione e aumenta la vulnerabilità dei bambini alle malattie infettive, come la malaria e la dengue. Il caldo influisce anche sullo sviluppo neurologico e sulla salute mentale. I corpi dei bambini, sottolinea Russell, sono più vulnerabili al caldo rispetto a quelli degli adulti, poiché si riscaldano più rapidamente e si raffreddano più lentamente.
Il riscaldamento globale e le disuguaglianze sociali
Il cambiamento climatico non colpisce tutti allo stesso modo. I bambini che vivono in condizioni di povertà o in aree già vulnerabili sono i più colpiti. La mancanza di infrastrutture adeguate amplifica gli effetti del caldo estremo. L’Unicef sottolinea come i rischi legati al clima influenzino anche la sicurezza alimentare e la disponibilità di acqua, danneggiando infrastrutture e interrompendo i servizi essenziali per i bambini, come l’istruzione.
Necessità di un’azione globale urgente
Nei prossimi mesi, i Paesi membri dell’Accordo di Parigi dovranno presentare nuovi piani climatici nazionali. Questi piani rappresentano un’opportunità unica per affrontare il riscaldamento globale. L’Unicef chiede ai Governi di agire con urgenza per ridurre le emissioni e proteggere i bambini dai rischi legati al clima. Secondo l’analisi, un’azione immediata è necessaria per salvaguardare il diritto dei bambini a un ambiente sano e sicuro.
Strategie per proteggere i bambini dai rischi climatici
Per proteggere i bambini, secondo l’Unicef è necessario adattare i servizi sociali essenziali al cambiamento climatico. Gli operatori sanitari devono essere formati per affrontare lo stress da calore. Le scuole e le strutture sanitarie devono essere preparate per resistere al caldo estremo. Infine, è fondamentale garantire che i bambini ricevano un’istruzione che li prepari ad affrontare le sfide del cambiamento climatico.
Sordi per il Covid, studio rileva problemi di udito tre volte più frequenti
News, Benessere, Notizie, Prevenzione, Ricerca innovazioneIl Covid-19 non solo mette a rischio il gusto e l’olfatto, ma può anche compromettere l’udito. Uno studio condotto su 6,7 milioni di persone in Corea del Sud mostra che l’infezione aumenta il rischio di perdita dell’udito e ipoacusia neurosensoriale (Ssnhl) nei giovani adulti. L’analisi riguarda persone tra i 20 e i 39 anni senza precedenti problemi di udito, dal gennaio 2020 al dicembre 2022. Il 72% di loro aveva contratto il Covid e il 93,1% aveva completato il ciclo di vaccinazioni. La ricerca è stata pubblicata su eClinicalMedicine.
Dati su sordità e ipoacusia
I problemi di udito sono tre volte più frequenti dopo il Covid. I giovani adulti sono particolarmente vulnerabili. Nel periodo di studio, si sono verificati 38.269 casi di sordità e 5.908 casi di ipoacusia neurosensoriale. Questa ipoacusia è causata da danni al nervo acustico, riducendo la percezione di alcune frequenze e distorcendo i suoni. Il rischio di queste condizioni è risultato significativamente più alto nel gruppo che aveva contratto il virus Sars-CoV-2.
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Giovani adulti a rischio maggiore
I giovani adulti con diabete sono particolarmente a rischio di perdita dell’udito correlata al Covid. Anche i livelli anomali di colesterolo aumentano il rischio di ipoacusia neurosensoriale. I ricercatori sottolineano che questi problemi sono emersi come un nuovo problema di salute pubblica in seguito alla pandemia.
Raccomandazioni per gli operatori sanitari
I ricercatori raccomandano agli operatori sanitari di essere consapevoli dell’aumento del rischio di problemi uditivi nei giovani adulti affetti da Covid-19. Suggeriscono di effettuare screening e follow-up adeguati. Ulteriori studi con dati audiologici oggettivi e periodi di follow-up più lunghi sono necessari per comprendere meglio i meccanismi biologici alla base degli effetti del virus sull’udito.
Impatto sulla qualità della vita
La perdita dell’udito nei giovani può avere un impatto significativo sulla qualità della vita, sul rendimento scolastico e professionale, e sulle relazioni sociali. Questi problemi, se non trattati adeguatamente, possono compromettere la quotidianità.
Invecchiamento della pelle, a cosa serve il collagene
NewsL’invecchiamento della pelle coinvolge fattori esterni e interni. Secondo la dottoressa Marzia Baldi, dermatologa presso l’Ambulatorio di Dermatologia di Humanitas Gavazzeni (Bergamo), i principali responsabili dell’invecchiamento cutaneo sono il tempo e l’esposizione solare. Con l’avanzare dell’età, infatti, la pelle perde tonicità ed elasticità a causa della diminuzione del collagene, una proteina fondamentale nel derma. La disposizione delle sue fibre parallelamente alla superficie cutanea dà forza e resistenza alla pelle. Oltre al processo di invecchiamento fisiologico e la genetica, anche l’esposizione al sole, nota come fotoinvecchiamento, gioca un ruolo determinante.
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Cause dell’invecchiamento della pelle e il ruolo del collagene
La dottoressa Baldi spiega che il collagene, che costituisce il derma, si riduce naturalmente con l’età. Il tempo, infatti, è il primo fattore che causa l’invecchiamento della pelle. Le concentrazioni di collagene diminuiscono, portando a una perdita di turgore e compattezza della pelle. La degradazione avviene attraverso specifici enzimi che frammentano le lunghe catene proteiche del collagene, questi frammenti più corti non hanno le stesse proprietà meccaniche del collagene originale. In una pelle giovane, la sintesi di nuovo collagene e la degradazione si bilanciano, con il passare degli anni questo equilibrio si rompe. La degradazione del collagene supera la sua sintesi e il risultato è una pelle meno tonica e più fragile.
Stress ossidativo e invecchiamento cutaneo
La dottoressa Baldi sottolinea l’importanza dello stress ossidativo nel processo di invecchiamento. Lo stress ossidativo, causato da esposizione solare e inquinamento, produce radicali liberi che accelerano la degradazione del collagene. Questo fenomeno può essere endogeno o esogeno. L’esposizione solare scorretta e l’inquinamento sono le cause principali dello stress ossidativo esogeno. Lo stress ossidativo porta alla produzione di radicali liberi. I radicali liberi modificano la struttura della pelle, alterano il normale metabolismo del collagene e ne accelerano la degradazione. Gli antiossidanti aiutano a contrastare questi effetti, proteggono le fibre strutturali del collagene dalla degradazione eccessiva e non controllata, rallentando il processo di invecchiamento della pelle.
Creme al collagene contro l’invecchiamento della pelle
Secondo la specialista, le creme al collagene potrebbero non essere efficaci nel contrastare l’invecchiamento della pelle. Il motivo è legato alla dimensione delle molecole di collagene, che sono troppo grandi per penetrare efficacemente nell’epidermide. Di conseguenza, il collagene presente in queste creme non raggiunge il derma. La dermatologa consiglia invece di proteggere la pelle dall’esposizione solare con filtri adeguati. Questi creano uno scudo difensivo per gli strati sottostanti della pelle. Anche potenziare il microbioma superficiale è importante, perché aiuta a mantenere la barriera cutanea in buona salute, così come avere una dieta e uno stile di vita sani.
Reflusso gastroesofageo: cause, sintomi, prevenzione e cura
Alimentazione, News, Prevenzione, Stili di vitaIl reflusso gastroesofageo colpisce milioni di persone ogni anno. Si verifica quando l’acido dello stomaco risale nell’esofago. La pirosi, o bruciore di stomaco, è il sintomo più comune. In Italia, secondo le stime, circa il 30% della popolazione soffre di reflusso gastroesofageo, con una prevalenza maggiore nei mesi più freddi. Le festività e il consumo di cibi ricchi di grassi e zuccheri peggiorano la condizione. A lungo andare, il reflusso può portare complicanze più serie, come l’esofagite e l’esofago di Barrett.
Cosa provoca il reflusso gastroesofageo
Le cause del reflusso gastroesofageo sono molteplici. La principale è l’indebolimento dello sfintere esofageo inferiore, il muscolo che separa lo stomaco dall’esofago. Questo muscolo dovrebbe aprirsi per permettere il passaggio del cibo e chiudersi per impedire la risalita dei succhi gastrici. Quando funziona male, l’acido risale, provocando i sintomi del reflusso. L’obesità, la gravidanza e il fumo sono tra i principali fattori di rischio. Anche l’alimentazione è determinante, cibi grassi, cioccolato, menta, alcol, caffè e bevande gassate potrebbero favorire il reflusso. Lo stress, in particolare, può peggiorare i sintomi a causa della variazione degli ormoni che regolano la digestione.
Sintomi
I sintomi del reflusso gastroesofageo variano, il bruciore di stomaco è il più diffuso. Si manifesta come una sensazione di bruciore che parte dallo sterno e può risalire fino al collo. Spesso è accompagnato da rigurgito acido o acido in bocca. Altri sintomi includono difficoltà a deglutire, tosse cronica, raucedine e, in alcuni casi, dolore al petto . Questo dolore può essere confuso con un infarto, il che rende importante una diagnosi corretta. In casi gravi, il reflusso può causare danni all’esofago, come l’esofagite, che aumenta il rischio di esofago di Barrett, una condizione precancerosa.
Prevenire e gestire il reflusso gastroesofageo: dieta e stile di vita
Il reflusso gastroesofageo è un disturbo comune ma gestibile. La prevenzione inizia con una corretta alimentazione e uno stile di vita sano. Ridurre l’assunzione di cibi che scatenano il reflusso, mantenere un peso equilibrato, evitare il fumo e ridurre lo stress possono fare una grande differenza.
Il primo passo è modificare la dieta e lo stile di vita. Può essere utile evitare alcuni cibi che aumentano il reflusso, come i fritti, i cibi piccanti, il cioccolato, il caffè, le bevande gassate e alcoliche, gli agrumi e i pomodori. Ridurre le porzioni e mangiare lentamente aiuta a prevenire la pressione sullo stomaco. Inoltre è importante non coricarsi subito dopo i pasti e aspettare almeno tre ore prima di andare a letto. Sollevare la testata del letto di 15-20 centimetri è un metodo efficace per prevenire la risalita dell’acido.
Lo stile di vita è altrettanto importante. Mantenere un peso sano è essenziale, poiché l’obesità è uno dei principali fattori di rischio per il reflusso gastroesofageo. Anche una perdita di peso moderata, pari al 10% del peso corporeo, può migliorare significativamente i sintomi. Il fumo può peggiorare il reflusso, poiché la nicotina indebolisce lo sfintere esofageo. In particolare, lo stress cronico è uno dei fattori di rischio, per questo attività come lo yoga e la meditazione possono essere utili per gestire i livelli di stress.
Cura del reflusso
Non sempre i cambiamenti nello stile di vita sono sufficienti, è fondamentale rivolgersi al proprio medico o allo specialista gastroenterologo che potrebbe prescrivere una cura farmacologica. Gli antiacidi, disponibili senza prescrizione, neutralizzano temporaneamente l’acido gastrico, offrendo sollievo rapido ma breve. Tra i farmaci disponibili esistono gli inibitori della pompa protonica (IPP) che riducono la produzione di acido gastrico e sono spesso prescritti per trattamenti a lungo termine. Secondo gli studi sono efficaci nel 70-80% dei casi. Gli H2-antagonisti, un’altra classe di farmaci, bloccano i recettori dell’istamina, riducendo anch’essi la produzione di acido. Tuttavia, un uso prolungato di IPP può causare effetti collaterali, per questo è importante attenersi strettamente alle indicazioni del medico.
Quando è necessario l’intervento chirurgico
Il reflusso gastroesofageo può portare a complicanze gravi. L’esofagite è una delle più comuni e, se non trattata, può causare ulcere esofagee che a loro volta possono portare a sanguinamenti e difficoltà a deglutire. L’esofago di Barrett è un’altra complicanza che aumenta il rischio di cancro esofageo. Secondo gli studi, circa il 10-15% delle persone con reflusso gastroesofageo sviluppa questa condizione. Quando i trattamenti farmacologici non funzionano, può essere necessario l’intervento chirurgico. Studi mostrano che il 90% dei pazienti operati sperimenta una riduzione significativa dei sintomi.
Alzheimer, esame del sangue diagnostica malattia con precisione al 90%
Anziani, News, Ricerca innovazioneUn esame del sangue ha dimostrato di poter diagnosticare l’Alzheimer con una precisione del 90%. Questa scoperta, pubblicata sulla rivista Jama Neurology, arriva da un gruppo di ricerca dell’Università di Lund, in Svezia. Lo studio ha dimostrato che il test funziona anche in contesti sanitari di routine, come la diagnosi precoce, nell’assistenza primaria e specialistica.
Come funziona il test per la diagnosi precoce dell’Alzheimer
Il test misura i livelli di plasma fosforilato tau 217 (p-tau217), un biomarcatore chiave per la malattia. Le persone affette presentano livelli elevati di questa molecola, insieme all’accumulo di betamiloide e proteine tau nel cervello. La ricerca su questo metodo è iniziata nel 2019. A inizio anno, uno studio ha indicato che il test ha un’accuratezza paragonabile, se non superiore, ai test del liquido cerebrospinale.
L’esame è in grado di rilevare i cambiamenti associati alla malattia prima che i sintomi siano evidenti, monitorando la progressione nel tempo. La nuova ricerca ha combinato il test p-tau217 con la misurazione di un altro biomarcatore della patologia, beta-amiloide 40/42, confermandone l’affidabilità anche in contesti sanitari di routine.
Lo studio e il confronto con le valutazioni mediche
Lo studio ha coinvolto 1.213 persone con lieve perdita di memoria. Di questi, 515 sono stati valutati nell’assistenza primaria e 698 in una clinica specialistica della memoria. I risultati dell’esame del sangue sono stati confrontati con quelli del tradizionale test del liquido cerebrospinale, confermando un’accuratezza del 90%.
L’accuratezza dell’esame è stata confrontata con le diagnosi dei medici. I neurologi hanno diagnosticato correttamente la malattia nel 73% dei casi, mentre i medici di base nel 61%. Questi risultati evidenziano come l’adozione del test del sangue possa migliorare la diagnosi della malattia.
Prospettive future
Il coordinatore dello studio, Sebastian Palmqvist, sottolinea il potenziale del test nel migliorare la diagnosi, soprattutto nelle cure primarie. Infatti la perdita di memoria può derivare anche da altre condizioni curabili, come la depressione o la stanchezza cronica. I ricercatori lavorano ora per definire linee guida cliniche per l’uso dell’esame nell’assistenza sanitaria. Il test del sangue potrebbe ridurre il rischio di diagnosi errate, migliorando l’assistenza sanitaria complessiva.
Visitare musei riduce ansia e migliora salute mentale, studio a Verona dà prime conferme
Benessere, News, Prevenzione, Psicologia, Ricerca innovazioneVisitare i musei non è solo un’attività culturale ma anche uno strumento per il benessere mentale. I primi dati di uno studio, infatti, dimostrano come riduca l’ansia e aiuti la salute mentale. La ricerca è realizzata dall’Università di Verona con Palazzo Maffei e i dati della fase pilota danno già le prime conferme.
Il progetto Minerva
Il progetto Minerva nasce dalla collaborazione tra Palazzo Maffei Casa Museo e il Centro OMS per la ricerca in salute mentale dell’Università di Verona. L’obiettivo è valutare l’impatto dell’esperienza museale sul benessere psicologico, sulla sintomatologia ansioso-depressiva e sul funzionamento generale. Il progetto mira a migliorare il benessere psicologico dei partecipanti, ridurre i sintomi ansiosi e depressivi.
La fase pilota
La fase pilota del progetto è iniziata a Palazzo Maffei nel maggio scorso. Ha coinvolto un campione di 36 partecipanti, composto per l’82% da donne, con un’età media di 50 anni e un range di età tra i 21 e gli 80 anni. La maggior parte dei partecipanti aveva un titolo di laurea magistrale. Il 42% era composto da persone coniugate e il 63% con figli, rappresentando diverse situazioni lavorative.
Visitare musei fa bene alla salute, i risultati dello studio
Prima del percorso museale, il 67% dei partecipanti riportava un disagio psicologico significativo, con ansia lieve e sintomi depressivi di varia entità. Dopo i tre incontri programmati, i partecipanti hanno evidenziato un miglioramento in tutte le aree di indagine. C’è stata una riduzione significativa dei sintomi ansiosi (p-value < 0,022) e depressivi (p-value < 0,037), e del disagio psicologico (p-value < 0,001). Inoltre, è stato osservato un incremento del benessere psicologico. Più del 90% dei partecipanti ha riferito che il percorso museale è stato soddisfacente, interessante e appropriato ai bisogni personali.
La fase esecutiva
Con i dati positivi della fase pilota, il progetto MINERVA si prepara a entrare nella fase esecutiva che inizierà a settembre. La partecipazione è gratuita e aperta a un pubblico maggiorenne. La seconda fase prevede tre nuovi appuntamenti il 6, 13 e 20 settembre, con visite guidate settimanali. I temi sono: “antico e moderno: un dialogo continuo”, “scienza nascosta nell’arte”, “arte e benessere psicologico: una connessione con le opere”. I partecipanti devono seguire tutte e tre le visite e rispondere ai questionari del team di ricercatori prima e dopo l’esperienza museale.
Benessere psicofisico dall’esperienza nei musei
Il progetto Minerva rappresenta uno dei primi tentativi scientifici di misurare il benessere psicologico derivante dall’esperienza museale, contribuendo alla comprensione di come l’arte possa migliorare la salute mentale. La professoressa Michela Nosè, responsabile del progetto, sottolinea che i risultati preliminari, nonostante il campione limitato, sono promettenti. Questo permette di dare continuità al progetto e di strutturare nuovi percorsi per raggiungere un campione più significativo.
La Cappella Sistina dei Musei Vaticani in occasione dell’apertura serale
L’impegno di palazzo maffei
Vanessa Carlon, Direttrice di Palazzo Maffei Casa Museo, sottolinea l’importanza della fruizione artistica nella vita delle persone. Il museo, nato per volontà del collezionista Luigi Carlon, crede nel potere dell’arte di contribuire al benessere individuale e collettivo. La collaborazione con il Centro OMS per la Ricerca in Salute Mentale mira a dimostrare scientificamente l’impatto positivo dei musei sulla salute mentale.
Il progetto, con i suoi risultati preliminari promettenti, apre nuove prospettive su come l’arte possa essere integrata nelle strategie di salute mentale.
Eccessiva esposizione al sole può causare metastasi da melanoma
News, Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaL’eccessiva esposizione al sole può causare metastasi a partire da un melanoma, che è il tumore della pelle più comune. Uno studio tedesco, con la collaborazione dei ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano, ha dimostrato questo rischio. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.
Meccanismo alla base delle metastasi
Dodici anni fa, un team di ricercatori del San Raffaele, coordinato da Marco Bianchi, scoprì che la proteina HMGB1 viene rilasciata dalle cellule quando muoiono. Questa proteina, soprannominata “allarmina”, segnala al sistema immunitario la presenza di cellule morte o stressate. La scoperta ha aperto la strada a uno studio che spiega il meccanismo delle metastasi da melanoma.
Quando la pelle è esposta eccessivamente al sole, si arrossa e le cellule stressate rilasciano l’allarmina. Questa proteina richiama i neutrofili, globuli bianchi presenti nel sangue per combattere le infezioni. Se è presente un melanoma, anche le cellule tumorali rilasciano allarmina, richiamando i neutrofili che liberano la molecola Tnf. Questa molecola induce le cellule del melanoma a disseminarsi, producendo metastasi.
Esposizione al sole e diffusione delle metastasi
Questo processo è distinto dall’insorgenza del tumore. Marco Bianchi ha spiegato all’Ansa come un melanoma primario si diffonde verso i polmoni. Una scottatura da troppo sole deve essere evitata, soprattutto se è presente un melanoma. Anche se il melanoma è piccolo, c’è il rischio di metastasi. La migrazione delle cellule tumorali rende i melanomi pericolosi. Mentre il tumore primario può essere asportato con successo, le metastasi rispondono poco alle cure.
Bianchi conclude che se riuscissero a catturare l’allarmina appena rilasciata, potrebbero bloccare le metastasi del melanoma e forse di altri tumori dove è coinvolta l’infiammazione.
La protezione solare durante l’esposizione al sole
La protezione solare aiuta a proteggere dai danni alla pelle. L’uso regolare di creme solari, cappelli e abbigliamento protettivo riduce il rischio di scottature e di conseguenza, quello di sviluppare un melanoma. Gli specialisti sottolineano l’importanza di evitare l’esposizione solare nelle ore più calde della giornata e sottoporsi a controlli dermatologici regolari, specialmente se si ha una predisposizione familiare o molti nei.
‘La memoria della pelle’, leggere e regalare un romanzo sulla prevenzione
La comunità scientifica continua a lavorare per comprendere meglio i meccanismi alla base delle metastasi e sviluppare nuove strategie di prevenzione e trattamento. La prevenzione rimane il primo passo per ridurre l’incidenza del melanoma e le sue complicanze.
Un libro di medicina narrativa, nato con l’obiettivo di diffondere consapevolezza sulla patologia e la prevenzione, è “La memoria della pelle”, edito da Giunti. Nell’ultimo decennio il melanoma ha raggiunto a livello mondiale le centomila diagnosi l’anno, con un incremento del 15 per cento. Il romanzo è scritto da Marco Trabucco Aurilio, presidente della Fondazione Mesit; Paolo Ascierto, oncologo e ricercatore (massimo esperto di melanoma al mondo nel decennio 2013-2023, secondo la classifica Expertscape dell’Università del North Carolina); e Gian Paolo Montali, direttore generale della Ryder Cup 2023.
La medicina narrativa è un mezzo per arrivare soprattutto ai più giovani, hanno spiegato gli autori. Infatti, se il melanoma è stato per anni un tumore tipico dell’anziano, oggi il picco è a 40 anni ed è la prima causa di morte tra i ragazzi nella fascia d’età 20-30 anni.
Conclusioni dello studio
Lo studio dimostra l’importanza di prevenire l’esposizione eccessiva al sole. La scoperta del ruolo della proteina HMGB1 e della molecola Tnf apre nuove strade per la ricerca di trattamenti contro le metastasi da melanoma. Gli esperti sono ottimisti sul fatto che questa conoscenza potrà portare a nuove terapie in grado di bloccare la diffusione delle cellule tumorali.
Alimentazione in estate: come mantenere una dieta equilibrata e sana
Alimentazione, NewsDurante il periodo estivo, tra spostamenti e temperature alte, è più difficile mantenere un’alimentazione equilibrata. La dottoressa Martina Francia, nutrizionista presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e Humanitas Medical Care, spiega come seguire una dieta sana in vacanza, evitando zuccheri e grassi in eccesso. La colazione rimane il momento più importante, per assicurarsi una corretta dose di nutrienti ed evitare di arrivare affamati a metà giornata. Yogurt naturale o kefir con frutta fresca di stagione, frutta secca e cereali integrali come riso soffiato, fiocchi d’avena o crusca di frumento sono scelte valide, spiega la specialista. La colazione deve essere, quindi, equilibrata.
Per chi preferisce una colazione salata – sottolinea la nutrizionista – pane integrale tostato con uovo o formaggio fresco come ricotta o fiocchi di latte, insieme a frutta fresca, è una buona opzione. Questi alimenti forniscono i nutrienti necessari per affrontare la mattinata, senza cedere a snack ipercalorici.
Pranzi e cene: mantenere la routine
Mantenere una routine alimentare regolare anche in estate è fondamentale. La dottoressa Francia suggerisce di consumare pasti principali a pranzo e cena, integrati da due spuntini, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio. Questo aiuta a mantenere attivo il metabolismo e a evitare di mangiare troppo ai pasti.
Il piatto di Harvard
Ogni pasto dovrebbe includere carboidrati integrali, proteine e verdure. Il “piatto del Mangiar Sano” di Harvard prevede un quarto di carboidrati, un quarto di proteine e metà piatto di frutta e verdura. Alcuni esempi di pasti equilibrati sono insalate miste, quinoa, patate, cous cous, abbinati con proteine animali o vegetali; in alternativa, piadine con hummus di ceci e verdure grigliate.
Idratazione: quanta acqua bere
L’acqua è essenziale per mantenere l’idratazione, soprattutto in estate. La specialista raccomanda di bere almeno due litri di acqua al giorno per le donne e due litri e mezzo per gli uomini. È importante bere regolarmente e non aspettare di avvertire la sete, segnale di disidratazione.
Limitare il consumo di alcolici e bevande gassate, che aumentano la disidratazione e l’apporto di zuccheri, è un’altra raccomandazione fondamentale. Gli infusi freddi a base di frutta ed erbe di stagione sono ottime alternative per idratarsi.
Frutta e verdura: i benefici
In estate, la sudorazione causa una perdita di sali minerali e vitamine. Consumare tre porzioni di frutta e verdura di stagione al giorno è fondamentale. Questi alimenti favoriscono l’assorbimento del ferro grazie alla vitamina C e forniscono fibre necessarie per la digestione. Frutti come pesche, albicocche, prugne e verdure come spinaci sono ricchi di potassio, che aiuta a combattere la ritenzione idrica e a mantenere la forza muscolare.
Proteine: preferire quelle vegetali
Per le proteine, è meglio scegliere proteine più digeribili e consumate con moderazione. Evitare carne rossa e cibi grassi e elaborati è importante, poiché rallentano la digestione. I legumi sono, invece, una preziosa fonte di proteine vegetali e possono essere aggiunti a insalate o utilizzati in piatti unici.
L’olio d’oliva può sostituire il burro, specialmente se usato a crudo su verdure cotte al vapore. Ridurre formaggi e affettati è consigliato, così come limitare l’assunzione di sale, preferendo il sale iodato.
Il gelato
Il gelato, sebbene sembri leggero, è ricco di zuccheri. Preferire il gelato artigianale a quello confezionato, optando per gusti alla frutta e sorbetti, magari con una sola crema, è una scelta più sana. Anche in questo caso, moderazione e scelta consapevole sono fondamentali per mantenere un’alimentazione equilibrata.
In conclusione, secondo la specialista, l’alimentazione in estate richiede attenzione per mantenere un equilibrio nutrizionale. Bere acqua regolarmente, preferire frutta e verdura di stagione, scegliere proteine di origine vegetale e limitare i cibi pesanti sono passi essenziali per godersi le vacanze e sentirsi bene.
Aumentano gli incidenti stradali: italiani e sicurezza in viaggio
NewsGli incidenti stradali in Italia sono in aumento, ma una grande percentuale di italiani non utilizza correttamente i dispositivi di protezione. Secondo l’analisi pubblicata dall’Iss, sono quattro le categorie principali che influenzano lo stato di attenzione e concentrazione del guidatore.
Dati Aci-Istat sugli incidenti stradali
Nel 2023, le abitudini di spostamento degli italiani sono tornate ai livelli pre-COVID. Il numero delle vittime è migliorato rispetto al 2022, ma gli incidenti e i feriti sono aumentati. Secondo il Report Aci-Istat del 25 luglio 2024, si sono registrati 166.525 incidenti con lesioni, ovvero 456 incidenti al giorno. Il 73,3% degli incidenti avviene sulle strade urbane, il 21,4% su strade extraurbane e il 5,3% in autostrada.
I principali fattori di incidente sono la distrazione alla guida (15,1%), il mancato rispetto della precedenza (12,9%) e la velocità eccessiva (8,4%). I costi sociali dell’incidentalità ammontano a 18 miliardi di euro, pari all’1% del PIL. Nel 2023, le vittime sono state 3.039, con una media di 8 al giorno. Il 79,5% delle vittime sono uomini, il 20,5% donne.
Utilizzo dei dispositivi di sicurezza
Secondo i dati della sorveglianza PASSI, l’uso della cintura di sicurezza anteriore è diffuso, ma non totale come richiesto dalla legge. Solo il 36% degli intervistati dichiara di usare sempre la cintura posteriore. L’uso del casco in motocicletta è quasi universale, con il 96% degli intervistati che lo indossa sempre. Dal 2011, PASSI monitora anche l’utilizzo di seggiolini per bambini: nel biennio 2021-2022, due persone su dieci non usano questi dispositivi o non li possiedono.
Guida sotto effetto di alcol
Gli ultimi dati PASSI rivelano che il 5% degli intervistati ha guidato sotto l’effetto dell’alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista. Questo comportamento è più frequente nella fascia d’età 25-34 anni (8%) e tra gli uomini (7%, rispetto al 2% delle donne). Nonostante una riduzione costante nel tempo, nel 2022 i dati sono tornati ai livelli pre-pandemici.
Fattori di rischio incidenti
Il consumo di alcol è il principale fattore di rischio per incidenti stradali gravi o mortali. Il rischio aumenta esponenzialmente quando la concentrazione di alcol nel sangue raggiunge i 50 mg/100 ml. Anche l’assunzione di droghe e certi farmaci può aumentare significativamente il rischio di incidenti. Malattie come epilessia, diabete e problemi di vista sono altri fattori critici.
Alcol, giovani più a rischio
I giovani sono particolarmente vulnerabili agli effetti dell’alcol sulla guida. Nel biennio 2021-2022, il 5% degli intervistati ha guidato dopo aver consumato alcolici. Questo comportamento è più comune tra i 25-34 anni (8%) e tra gli uomini (7%). Anche se solo il 4% dei giovani tra i 18-21 anni ha dichiarato di guidare dopo aver bevuto, il rischio di incidenti aumenta con la diminuzione dell’età.
Distrazione alla guida
La distrazione alla guida è una delle principali cause di incidenti stradali. L’uso del cellulare, lo stress e la stanchezza sono fattori che riducono l’attenzione e aumentano il rischio di incidenti. Il mancato rispetto delle norme del codice della strada e l’uso inadeguato dei dispositivi di sicurezza, soprattutto in ambiente urbano, sono altri elementi critici.