Tempo di lettura: 2 minutiProfessor Colacurci, esiste un legame tra obesità e fertilità della coppia?
«C’è sicuramente una riduzione della capacità riproduttiva, determinata da una peggiore qualità gametica in entrambi i partner. Inoltre, non si devono trascurare altri fattori molto importanti, primo tra tutti che una gravidanza insorta in una donna obesa è una gravidanza ad alto rischio».
Pericoli che riguardano madre e bambino?
«Sì, sul versante fetale si osserva una maggiore incidenza di aborti spontanei, un incremento delle patologie congenite fetali, una maggiore percentuale di ritardi di accrescimento o di macrosomia fetale. Le ripercussioni si osservano anche sui bambini nel corso del loro sviluppo postnatale. Molto frequenti anche le patologie a carico delle future madri, come il diabete gestazionale, le sindromi ipertensive, le complicazioni emorragiche durante il parto e il secondamento. Si pensi che più del 50% delle morti materne da parto che ci sono state negli ultimi anni in Italia hanno colpito donne obese di età superiore ai 40 anni».
Come si possono evitare questi rischi?
«La prevenzione di queste complicanze è essenzialmente legata ad un giusto peso. Si dovrebbe concepire quando il BMI (parametro che valuta il livello di obesità, ndr) non supera 25, al massimo 30. Ma, ad ogni modo, la valutazione del grado di obesità e di quanto è necessario “dimagrire” è una valutazione complessa, che deve tenere conto di vari fattori, che deve essere fatta su ogni singola persona e non può essere definita da semplici parametri numerici rigidi».
Professore, qual è il giusto comportamento da parte dei ginecologi?
«Un atteggiamento corretto dei sanitari che si interessano di riproduzione è programmare l’inizio della gravidanza o l’inizio delle terapie per ottenere una gravidanza, come le procedure PMA, solo quando la donna ha raggiunto valori di BMI rassicuranti. Il ginecologo dovrebbe affidare, in un’ottica multidisciplinare, la donna ad una equipe competente che valuti l’assetto metabolico-endocrinologico-nutrizionale e porti la donna al BMI convenuto, in un lasso di tempo breve, compatibile con la realizzazione del desiderio di avere un figlio. Tutto questo, scegliendo la strategia terapeutica più opportuna tra quelle attualmente disponibili, guardando a protocolli nutrizionali, terapie farmacologiche, palloncino intra-gastrico e chirurgia dell’obesità».
Spesso si sente parlare di nuove opportunità offerte da percorsi più rapidi rispetto alle precedenti diete, più semplici della chirurgia bariatrica, ma leggermente più invasivi rispetto alla semplice dieta. Questo è il caso del palloncino intragastrico di cui si è discusso durante il convegno?
«Il palloncino gastrico di nuova generazione che non prevede un’inserzione chirurgica, ma viene semplicemente deglutito, rappresenta un’ulteriore arma di contrasto all’obesità. Inoltre, ha l’enorme vantaggio di assicurare risultati adeguati in un breve lasso di tempo, compatibili con la programmazione delle procedure PMA. Ma, ripeto, spetta all’equipe metabolico-nutrizionistica scegliere per ciascuna donna il percorso terapeutico più idoneo».
Perché è importante parlare di questi temi?
«Alla tavola rotonda sono stati invitati alcuni tra i maggiori esperti della medicina della riproduzione campana, con lo scopo di definire un atteggiamento comune e condiviso sulla gestione della donna obesa con desiderio riproduttivo. Solo così si potrà garantire a tutte le donne, in qualsiasi centro vadano, la stessa sicurezza e omogeneità di indicazioni e di prestazione».
Articolo pubblicato si IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Emanuela di Napoli Pignatelli con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Morbillo, casi aumentati di 60 volte tra il ’22 e il ’23
Bambini, PrevenzioneNegli ultimi tre anni, più di 1,8 milioni di bambini nella Regione europea dell’OMS hanno saltato la vaccinazione contro il morbillo. La conseguenza è un aumento di 60 volte del numero di casi di morbillo nel 2023 rispetto al 2022.
L’istituzione del Programma Ampliato di Immunizzazione (EPI), 50 anni fa, è stato un momento cruciale nella storia della salute pubblica e ha salvato milioni di vite a livello globale ogni anno. Nel 1974, solo il 5% dei bambini del mondo era stato vaccinato contro difterite, tetano e pertosse. Oggi questa percentuale è salita a quasi l’85% dei bambini nel mondo e al 94% nella regione europea dell’OMS.
Solo cinque anni dopo l’introduzione dell’EPI, il vaiolo è stato eradicato. Da allora, il raggio d’azione geografico del poliovirus selvaggio si è ridotto a soli due Paesi e la minaccia di diverse gravi malattie infettive dei bambini è diminuita drasticamente. La continua innovazione nel campo dell’immunologia ha portato allo sviluppo di vaccini in grado di proteggere da un numero ancora maggiore di malattie, aprendo
la possibilità nella Regione europea di eliminare l’epatite B e il cancro alla cervice uterina nel prossimo futuro. Nonostante i traguardi, oggi alcune vaccinazioni vedono un brusco calo.
OMS/UNICEF/Commissione europea lanciano l’allarme sul calo delle vaccinazioni nei bambini
“Mentre celebriamo questi risultati monumentali – si legge nella nota – che hanno protetto la salute di più generazioni, rimaniamo sulla scia della pandemia da COVID-19 e del suo impatto senza precedenti sulle nostre società ed economie, sui sistemi sanitari e sulla fornitura di assistenza sanitaria. Il calo dei tassi di vaccinazione in alcuni Paesi della Regione europea tra il 2020 e il 2022 mette in luce la vulnerabilità del nostro successo. Negli ultimi tre anni, più di 1,8 milioni di bambini nella Regione europea dell’OMS hanno saltato la vaccinazione contro il morbillo. La conseguenza è un aumento di 60 volte del numero di casi di morbillo nel 2023 rispetto al 2022. La nostra determinazione a fornire i benefici della vaccinazione a tutti, ovunque, non deve vacillare. In un contesto di crisi multiple e di diffusione della disinformazione nella regione, l’OMS, l’UNICEF e la Commissione europea si impegnano a continuare a lavorare insieme, in stretta collaborazione con gli Stati membri in tutta Europa, per sostenere i sistemi sanitari e garantire un accesso equo ai servizi di vaccinazione. Insieme, continueremo a sensibilizzare l’opinione pubblica sui benefici della vaccinazione e a rafforzare la fiducia nei vaccini per sostenere la domanda pubblica di vaccini, ora e in futuro. Allo stesso tempo, continueremo a contribuire a garantire che i sistemi sanitari siano adeguatamente preparati per qualsiasi epidemia e pandemia futura. Nel nostro obiettivo comune di garantire vite più sane e sicure alle generazioni attuali e future – conclude la nota – è indispensabile che la vaccinazione rimanga una pietra miliare della salute pubblica”.
Manager della sanità, la sfida della formazione
News, News Presa, RubricheSanità «L’obiettivo della Fondazione è quello di promuovere l’eccellenza nella formazione e nella ricerca in Management Sanitario, alla luce di un momento storico del Paese che impone un grande cambio di passo nell’organizzazione e management in Sanità nell’ottica del potenziamento e della valorizzazione del Servizio sanitario pubblico». Non ha dubbi Maria Triassi, presidente della Fondazione e direttore del Master di II livello in Management Sanitario dell’Università Federico II, spiegando le ragioni che hanno portato alla nascita dell’Associazione e della Fondazione “Triassi per il Management Sanitario”, ambito nel quale dedica molte energie con risultati straordinari. La Fondazione, che non ha scopo di lucro, ha tra i suoi obiettivi promuovere tutti gli ambiti di tutela della salute e del benessere, incentivando in particolare la formazione e la ricerca in tutti gli ambiti in cui il management sanitario possa fornire un contributo, attraverso lo studio, l’elaborazione e promozione di modelli organizzavi e gestionali virtuosi al servizio della sanità pubblica; ma anche tenendo conto della grande rivoluzione che la sanità pubblica si appresta ad affrontare: la ristrutturazione della medicina territoriale e ospedaliera, la transizione digitale, l’innovazione tecnologica, il monitoraggio e la promozione dello stato di salute dell’ambiente.
Il Consiglio
Un progetto che vede al fianco di Triassi, Antonio Salvatore (Vicepresidente), Anna Russo, Pasquale Arpaia, Mariarosaria Basile e Paolo Montuori (Consiglieri). «La formazione specifica in materia di innovazione tecnologica – dice Antonio Salvatore – rappresenta il pilastro portante dell’evoluzione della nuova offerta assistenziale nell’ottica di rafforzare il servizio sanitario pubblico in cui la macchina non potrà sostituire l’uomo, ma potrà essere sicuramente un suo valido ausilio». Altra novità in tema di formazione manageriale è la istituzione e la partenza del corso di Alta Formazione Manageriale utile anche per la rivalidazione dell’attestato di formazione manageriale, ai sensi del D.Lgs n°502 del 1992, che partirà nell’autunno del 2024. «Il corso mira a fornire le conoscenze tecniche, giuridiche ed economiche per lo sviluppo e la gestione di modelli organizzativi dei servizi sanitari e sociosanitari nelle istituzioni sanitarie (pubbliche e private)», sottolinea Triassi, che poi evidenzia come sia materia di formazione anche «l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche, dei big-data e delle tecnologie digitali nelle attività di ricerca scientifica applicata alla Sanità quali fattori di miglioramento di efficacia e di efficienza delle cure e della prevenzione». Il corso consente non solo di acquisire competenze innovative in tema di management sanitario a tutti i professionisti che intendono farlo, ma anche di rivalidare il certificato di formazione manageriale e di aggiornare le conoscenze già acquisite.
Obiettivi formativi
Il corso è rivolto in prima istanza ai professionisti che hanno già un Master di II livello in Management Sanitario o un certificato di formazione manageriale (ai sensi del D.Lgs n° 502 del 1992) che ha necessità di rivalidazione, ma anche a tutti i professionisti della sanità che vogliano approfondire le tematiche innovative del Management Sanitario, per valorizzare la loro professione. In considerazione del forte legame tra Management Sanitario e Innovazione Tecnologica e Organizzativa il corso si configura come III livello (Post-Master) per acquisire le competenze manageriali di elevato livello attraverso lo studio di casi concreti e testimonianze, ma anche le competenze tecniche in materia di nuovi modelli organizzativi, strumenti di sanità digitale, telemedicina e intelligenza artificiale. Il corso avrà una durata di 3 mesi e sarà organizzato in 4 moduli per 48 ore di lezioni frontali e 102 ore di studio individuale. Saranno ammessi 30 discenti per edizione: l’emanazione del bando è prevista per settembre 2024 e sarà consultabile in una apposita sezione del sito unina.it
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Renato Bellotti con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Sindrome da ostruzione in uscita
News, RubricheSindrome da ostruzione, ci sono disturbi che ancora oggi sono un tabù e, per una forma di estremo pudore, anche i pazienti sono poco inclini a parlarne e cercare aiuto. È il caso della sindrome da ostruzione in uscita, una condizione che può influenzare profondamente la vita quotidiana di chi ne soffre. Si tratta di un disturbo che interessa il processo di evacuazione intestinale, rendendo difficile, e talvolta doloroso, il passaggio delle feci. «Questa difficoltà non è da sottovalutare, poiché può portare a complicazioni e ridurre significativamente la qualità della vita», spiega Francesco Selvaggi, ordinario di Chirurgia e primario del reparto di Chirurgia Colorettale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli.
Cause e sintomi
«Le cause di questa sindrome – aggiunge il professor Selvaggi – possono essere molteplici e spesso si dividono in due categorie principali: cause organiche e cause funzionali. Le cause organiche sono quelle che hanno a che fare con anomalie fisiche o strutturali, come ad esempio un prolasso rettale, un’intussuscezione (disturbo per cui un segmento dell’intestino scivola su un altro, ndr) o nei casi più gravi la presenza di tumori che possono ostruire il passaggio delle feci. D’altra parte, le cause funzionali sono legate a disfunzioni dei muscoli del pavimento pelvico o a problemi di coordinazione tra i muscoli e i nervi coinvolti nel processo di defecazione». I sintomi possono variare da persona a persona, ma in genere includono difficoltà a svuotare completamente l’intestino, necessità di sforzarsi eccessivamente per evacuare, e una frequenza ridotta dei movimenti intestinali. Altri segni possono essere la presenza di dolore durante o dopo la defecazione, gonfiore addominale e, in alcuni casi, la necessità di assistere manualmente l’evacuazione. Come sempre in questi casi, il fattore decisivo è la diagnosi precoce. Per diagnosticare la sindrome da ostruzione in uscita, i medici possono avvalersi di diversi strumenti. Selvaggi chiarisce che oltre all’esame clinico, che include l’esame rettale digitale, possono essere utilizzati esami di imaging come la defecografia e la risonanza defecografica, che permette di identificare eventuali anomalie strutturali. La manometria anorettale è un altro esame fondamentale che misura la pressione all’interno del retto e valuta la funzione dei muscoli.
Come intervenire
Quanto al trattamento «varia a seconda della causa sottostante e della gravità dei sintomi. Per le cause funzionali, spesso si inizia con un approccio conservativo che può includere modifiche alla dieta, come l’aumento dell’assunzione di fibre e liquidi, e l’uso di lassativi per ammorbidire le feci e facilitarne il passaggio. La fisioterapia – prosegue lo specialista – può essere molto utile per insegnare ai pazienti come rilassare e attivare correttamente i muscoli del pavimento pelvico. Dove è presente un prolasso interno che viene ben evidenziato con esame clinico e defecografico, spesso associato al rettocele, l’unica soluzione valida è l’intervento chirurgico mininvasivo transanale. L’intervento prevede la resezione del retto con tecnica definita secondo Altemeier, oppure una plicatura della parte muscolare del retto secondo Delorme, con un tempo di degenza media di 24 o 48 ore. Affrontare la sindrome da ostruzione in uscita richiede un approccio multidisciplinare, in questo senso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli è un punto di riferimento non solo regionale. È importante affidarsi ad una equipe specializzata per trovare la strategia di trattamento più efficace. «Con il supporto adeguato e, se necessario, con l’aiuto della chirurgia – conclude Selvaggi – è possibile superare le difficoltà legate a questa condizione e a ritrovare una vita più confortevole e senza ostacoli».
Articolo pubblicato si IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Renato Bellotti con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Alla ricerca di un bebè, troppe incognite se obesi
Bambini, Genitorialità, Partner, RubricheProfessor Colacurci, esiste un legame tra obesità e fertilità della coppia?
«C’è sicuramente una riduzione della capacità riproduttiva, determinata da una peggiore qualità gametica in entrambi i partner. Inoltre, non si devono trascurare altri fattori molto importanti, primo tra tutti che una gravidanza insorta in una donna obesa è una gravidanza ad alto rischio».
Pericoli che riguardano madre e bambino?
«Sì, sul versante fetale si osserva una maggiore incidenza di aborti spontanei, un incremento delle patologie congenite fetali, una maggiore percentuale di ritardi di accrescimento o di macrosomia fetale. Le ripercussioni si osservano anche sui bambini nel corso del loro sviluppo postnatale. Molto frequenti anche le patologie a carico delle future madri, come il diabete gestazionale, le sindromi ipertensive, le complicazioni emorragiche durante il parto e il secondamento. Si pensi che più del 50% delle morti materne da parto che ci sono state negli ultimi anni in Italia hanno colpito donne obese di età superiore ai 40 anni».
Come si possono evitare questi rischi?
«La prevenzione di queste complicanze è essenzialmente legata ad un giusto peso. Si dovrebbe concepire quando il BMI (parametro che valuta il livello di obesità, ndr) non supera 25, al massimo 30. Ma, ad ogni modo, la valutazione del grado di obesità e di quanto è necessario “dimagrire” è una valutazione complessa, che deve tenere conto di vari fattori, che deve essere fatta su ogni singola persona e non può essere definita da semplici parametri numerici rigidi».
Professore, qual è il giusto comportamento da parte dei ginecologi?
«Un atteggiamento corretto dei sanitari che si interessano di riproduzione è programmare l’inizio della gravidanza o l’inizio delle terapie per ottenere una gravidanza, come le procedure PMA, solo quando la donna ha raggiunto valori di BMI rassicuranti. Il ginecologo dovrebbe affidare, in un’ottica multidisciplinare, la donna ad una equipe competente che valuti l’assetto metabolico-endocrinologico-nutrizionale e porti la donna al BMI convenuto, in un lasso di tempo breve, compatibile con la realizzazione del desiderio di avere un figlio. Tutto questo, scegliendo la strategia terapeutica più opportuna tra quelle attualmente disponibili, guardando a protocolli nutrizionali, terapie farmacologiche, palloncino intra-gastrico e chirurgia dell’obesità».
Spesso si sente parlare di nuove opportunità offerte da percorsi più rapidi rispetto alle precedenti diete, più semplici della chirurgia bariatrica, ma leggermente più invasivi rispetto alla semplice dieta. Questo è il caso del palloncino intragastrico di cui si è discusso durante il convegno?
«Il palloncino gastrico di nuova generazione che non prevede un’inserzione chirurgica, ma viene semplicemente deglutito, rappresenta un’ulteriore arma di contrasto all’obesità. Inoltre, ha l’enorme vantaggio di assicurare risultati adeguati in un breve lasso di tempo, compatibili con la programmazione delle procedure PMA. Ma, ripeto, spetta all’equipe metabolico-nutrizionistica scegliere per ciascuna donna il percorso terapeutico più idoneo».
Perché è importante parlare di questi temi?
«Alla tavola rotonda sono stati invitati alcuni tra i maggiori esperti della medicina della riproduzione campana, con lo scopo di definire un atteggiamento comune e condiviso sulla gestione della donna obesa con desiderio riproduttivo. Solo così si potrà garantire a tutte le donne, in qualsiasi centro vadano, la stessa sicurezza e omogeneità di indicazioni e di prestazione».
Articolo pubblicato si IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Emanuela di Napoli Pignatelli con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Culle vuote, quando manca il desiderio di maternità
News Presa, Partner, PrevenzioneUno dei problemi che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi anni, e che di certo avrà grosse ripercussioni, è il calo della natalità. Il tema della denatalità, dal punto di vista clinico, è stato ampiamente dibattuto nel corso di un incontro voluto e organizzato dai professori Nicola Colacurci (past president della SIGO) e Filippo Ubaldi (responsabile clinico del gruppo Generalife) e che ha visto la presenza dei responsabili dei maggiori centri di PMA Campani. Una faculty d’eccezione che ha discusso anche del rapporto esistente tra obesità, desiderio e capacità riproduttiva e per cercare di definire un atteggiamento condiviso. Ma quali sono le strategie per invertire questa tendenza?
Maternità Sostegno
Gli esperti non hanno dubbi: in primis occorre incentivare il desiderio di maternità, rendendo la gravidanza non penalizzante ai fini sociali e lavorativi, assicurando sostegno economico alla coppia non solo nel periodo della gravidanza, ma anche nei primi 1.000 giorni di vita del bambino. Occorre, inoltre, facilitare l’accesso alle procedure di diagnosi e terapia della sterilità di coppia, con omogeneizzazione dei percorsi di riproduzione assistita (PMA) su tutto il territorio; incentivare la cultura della prevenzione e preservazione della fertilità, trasmettendo messaggi chiari sugli stili di vita che facilitano il mantenimento della propria fertilità. E ancora, spiegando ad ogni donna quelli che sono i limiti del potenziale riproduttivo, che diminuisce con l’età a partire dai 35-37 anni, e illustrando con chiarezza le indicazioni e i limiti di una preservazione della fertilità, cioè della possibilità di crioconservare i propri ovociti.
Maternità PMA
Proprio quest’ultima procedura (attualmente fornita dal Servizio sanitario nazionale solo in caso di una patologia oncologica) se allargata anche alle donne non affette da patologie tumorali, sarebbe sicuramente un’ulteriore arma di contrasto all’infertilità da esaurimento ovarico. Naturalmente, con le giuste indicazioni e limiti. Questo per iniziare, ma c’è un altro tema che grava sulla fertilità: l’obesità, che nel mondo occidentale ormai dilaga. L’Italia non ha ancora raggiunto i livelli e la gravità di altri paesi, ma di anno in anno si osserva un ulteriore aumento dell’incidenza. Benché i rapporti tra obesità e riproduzione siano ormai noti, è ancora scarsa l’attenzione delle donne e degli operatori sanitari al problema.
Articolo pubblicato si IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Marcella Travazza con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Malattia di pompe, nuova terapia e diagnosi precoce
News, Partner, PrevenzioneUna patologia rara che però può essere tenuta a bada con una terapia innovativa. Parliamo della Malattia di Pompe con la dottoressa Lucia Ruggiero, ricercatrice all’Università Federico II di Napoli, dirigente medico presso la U.O.C. di Neurologia e responsabile dell’ambulatorio di malattie neuromuscolari. È proprio lei a spiegare che la Malattia di Pompe «è legata al deficit dell’enzima alfa-glucosidasi acida (GAA), con l’effetto di creare nel tempo un accumulo di glicogeno all’interno delle fibre muscolari e, di conseguenza una degenerazione della fibrocellula».
Danno muscolare
Semplificando non poco, si crea a lungo andare un danno muscolare che in alcuni casi ha effetti devastanti sulla vita dei pazienti. Anche per la Malattia di Pompe occorre distinguere tra forme più lievi, che solitamente hanno un’insorgenza tardiva, e forme aggressive, evidenti già alla nascita. Bene chiarire subito che questa malattia rara è, nella maggior parte dei casi, autosomica recessiva; questo significa che il difetto enzimatico viene ereditato da entrambi i genitori. «Solo in casi rarissimi – dice Ruggiero – ci troviamo difronte a forme causate da un difetto ereditato da un solo genitore combinato ad una mutazione che di forma de novo nel paziente». I sintomi nell’adulto sono quasi sempre difficili da scovare, perché sono sintomi per lo più generici e poco indicativi. Non a caso, la dottoressa Ruggiero parla di sintomi «subdoli», si può avere quello che all’apparenza è un semplice affaticamento muscolare o una mialgia.
Sintomi
«Sintomi che, in assenza di un trattamento, diventano sempre più gravi sino ad arrivare ad un vero e proprio deficit respiratorio e all’incapacità di camminare». Facile comprendere quale possa essere l’impatto sulla qualità di vita e il costo sociale di questa malattia. Fortunatamente, la Malattia di Pompe ha un trattamento. «Resta una malattia cronica – chiarisce la specialista – ma possiamo intervenire con una terapia enzimatica sostitutiva molto efficace». Di qui l’importanza di una diagnosi precoce. A causa della rarità e della somiglianza della malattia di Pompe con altre patologie neuromuscolari, possono verificarsi notevoli ritardi nella diagnosi: 3 mesi, in media, nei bambini, dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi; circa 7 anni, in media, per i pazienti con malattia di Pompe ad esordio tardivo.
Terapia
«Oggi con delle analisi biochimiche possiamo avere un’indicazione chiara di un’eventuale danno a carico del muscolo, che può essere alterato anche prima i che il quadro diventi poi conclamato». Questo consente di partire in modo precoce con la terapia che, come detto, per la Malattia di Pompe è molto efficace. «La prima terapia per la malattia di Pompe è stata approvata in Europa nel 2006, e resa disponibile anche in Italia. Si tratta di una terapia enzimatica sostitutiva, ovvero un trattamento che sostituisce l’enzima mancante o difettoso e degrada il glicogeno accumulato nei lisosomi delle cellule muscolari. L’enzima sostitutivo viene prodotto biotecnologicamente e somministrato per via endovenosa.
Innovazione
La terapia enzimatica sostitutiva con GAA umano ricombinante prolunga in modo significativo la sopravvivenza del bambino affetto dalla forma classica della patologia, riduce significativamente la cardiomiopatia ed è stato dimostrato che risulta più efficace se somministrata in uno stadio iniziale della malattia». Ad oggi sono oltre 1.500 pazienti in trattamento in tutto il mondo. Nel giugno 2022, la Commissione Europea ha inoltre concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio di una seconda terapia enzimatica sostitutiva per il trattamento della malattia di Pompe a insorgenza tardiva (LOPD) e infantile (IOPD) con differenze clinicamente significative sia in pazienti affetti da malattia di Pompe ad esordio tardivo che a esordio infantile. «La possibilità di differenziare correttamente la malattia di Pompe da altre patologie è fondamentale per minimizzare i ritardi diagnostici e contrastare la progressione della patologia».
Articolo pubblicato si IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Arcangelo Barbato con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute
Editoria: Speciale Salute e Prevenzione di Aprile
Bambini, News Presa, Prevenzione, SpecialiIn collaborazione con Il Mattino, lo Speciale che il network editoriale PreSa dedica ai temi della Salute e della Prevenzione. I maggiori esperti nazionali ed internazionali intervistati sui temi di stretta attualità. In questo numero occhi puntati sulla galassia delle malattie rare, con un approfondimento sulla Malattia di Pompe. Spazio poi alla denatalità, al management sanitario e ai problemi gastrointestinali. Tutto questo, e tanto di più, sempre con un linguaggio chiaro e diretto.
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ECO, screening tumori salvano vite. Italia in ritardo
Associazioni pazienti, Eventi e premi, News Presa, PrevenzionePrima si scopre un cancro, migliore è la prognosi. Eppure sono ancora moltissimi gli italiani che oggi convivono con una malattia non diagnosticata, rendendo potenzialmente più difficile e meno efficace l’eventuale trattamento. Da qui l’iniziativa dell’European Cancer Organisation (Organizzazione Europea per la lotta al Cancro –ECO) che ha organizzato nei giorni scorsi un evento al Senato della Repubblica. Al centro i metodi innovativi per migliorare, promuovere e rendere accessibile a tutti i cittadini la diagnosi precoce dei tumori.
Durante l’evento, ECO ha presentato il suo nuovo “Report Nazionale per l’Italia”, redatto in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi che ha inoltre contributito con la raccolta
dei dati e con la promozione del report stesso.
Screening, tra le criticità divario tra nord e sud nell’accesso
I dati emersi sono allarmanti, tra cui:
In Italia diagnosi tumori tardive
In Italia i pazienti vengono diagnosticati quando sono giá in stadi piú avanzati del tumore, rispetto al resto d’Europa. Ciò ha un impatto diretto sugli esiti e sulle possibilità di sopravvivenza dei pazienti. Durante l’evento, ECO ha presentato una serie di raccomandazioni specifiche tratte dal suo Manifesto europeo contro il cancro per il 2024, evidenziando le migliori pratiche che possono
essere intraprese a livello nazionale.
Il Manifesto di ECO per la lotta ai tumori
Le proposte riflettono le esperienze e le prospettive raccolte negli ultimi 5 anni tramite le politiche per la lotta contro il cancro promosse dall’Unione Europea.
Tali raccomandazioni includono:
gli allarmi precoci causati dal cancro.
per consentire una comparabilità efficace.
screening (ad esempio attraverso l’uso dell’auto-campionamento).
L’evento ha inoltre fatto il punto su temi come la crisi del personale italiano in oncologia e l’importanza
della vaccinazione contro il papillomavirus (HPV) come metodo di prevenzione efficace contro il
cancro del collo dell’utero e del pene, e altri tipi di tumore, sia nelle donne sia negli uomini.
Salute Donna: settimana di visite gratuite negli Ospedali Bollino Rosa
Benessere, Eventi e premi, News Presa, PrevenzioneIl 22 aprile si celebra la Giornata nazionale della Salute della Donna. La Fondazione Onda ETS anche quest’anno organizza dal 18 al 24 aprile la nona edizione dell’(H) Open Week con l’obiettivo di promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura al femminile.
Le oltre 260 strutture del network Bollino Rosa che hanno aderito all’iniziativa offriranno gratuitamente servizi clinici, diagnostici e informativi (in presenza e a distanza) nelle aree specialistiche di cardiologia, colonproctologia, dermatologia, diabetologia, dietologia e nutrizione, endocrinologia e malattie del metabolismo, ginecologia e ostetricia, medicina della riproduzione, neurologia, oncologia ginecologica, oncologia medica, pneumologia, psichiatria, reumatologia, senologia, urologia e nell’ambito dei percorsi dedicati alla violenza sulla donna.
«Giunta ormai alla sua nona edizione, l’(H) Open week sulla salute della donna sottolinea nuovamente quanto sia fondamentale continuare ad occuparsi della salute femminile come valore in sé e come valore sociale, invitandoci ad agire sempre più concretamente»,commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS. «Fondazione Onda ETS rinnova il suo impegno nei confronti della salute della donna: una causa che sentiamo nostra da quando l’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin istituì la giornata dedicata alla salute femminile e da lì sempre onorata. Gli Ospedali del network Bollino Rosa aderenti all’iniziativa offrono una settimana di servizi gratuiti come visite, consulenze telefoniche, eventi e colloqui a distanza, info point e distribuzione di materiale informativo per avvicinare la popolazione femminile a diagnosi sempre più precoci e a percorsi di cura personalizzati».
Salute donna, come prenotare le visite gratuite
Sono consultabili sul sito www.bollinirosa.it tutti i servizi offerti con indicazioni su date, orari e modalità di prenotazione. È possibile selezionare la regione e la provincia di interesse per visualizzare l’elenco degli ospedali aderenti e consultare i servizi offerti.
Fondazione Onda ETS dal 2007 attribuisce agli ospedali che erogano servizi dedicati alla prevenzione, diagnosi e cura delle principali patologie femminili il riconoscimento del Bollino Rosa. Il network, composto da 361 ospedali dislocati sul territorio nazionale, sostiene Fondazione Onda ETS nel promuovere, anche all’interno degli ospedali, un approccio “di genere” nella definizione e nella programmazione strategica dei servizi clinico-assistenziali, indispensabile per garantire il diritto alla salute non solo delle donne ma anche degli uomini.
Due tumori e un intervento grazie alla chirurgia robotica
Ricerca innovazioneL’intervento è stato eseguito a marzo su un paziente marchigiano di 75 anni, dall’équipe chirurgiche guidate dai professori Matteo Rottoli e Riccardo Schiavina. Sono stati asportati il rene sinistro (interessato da un carcinoma renale papillare) e il colon destro (adenocarcinoma) nel corso della stessa seduta operatoria. I due tumori maligni sono stati rimossi nel corso della stessa operazione, con l’ausilio della chirurgia robotica che ha consentito di ridurre i tempi e di limitare l’invasività dell’operazione.
L’operazione rappresenta un ulteriore passo in avanti nella recente ma già consolidata storia della chirurgia robotica bolognese. Gli ambiti di ricerca sugli approcci innovativi sono moltissimi: non solo la chirurgia del tratto alimentare – il Prof. Rottoli è il chirurgo che ha eseguito il più alto numero di resezioni intestinali al mondo con Hugo e, più in generale, l’IRCCS è centro di riferimento per il training chirurgico e lo sviluppo delle nuove tecnologie robotiche – ma anche cardiaca, ginecologica, ginecologica-oncologica, oftalmologia, ortopedica, pediatrica, senologica, testa-collo, toracica e urologica. “Grazie alla versatilità, alla maggior comodità e ai costi più contenuti della piattaforma gli interventi che possono essere eseguiti con il robot sono in continuo aumento”, spiega il Prof. Schiavina, specialista dell’Urologia diretta dal Prof. Eugenio Brunocilla. “Inoltre grazie alla consolle aperta il nuovo robot consente di aumentare la possibilità di fare formazione in ambito chirurgico poiché più chirurghi hanno accesso allo schermo 3D e possono passare agevolmente gli strumenti per l’insegnamento dei vari passaggi dell’intervento”.
Chirurgia robotica, Sant’Orsola è l’ospedale dei robot
“Hugo”, nuova piattaforma di Medtronic, si è inserito lo scorso anno all’interno di un trend già ben definito, affiancando il robot chirurgico “Da Vinci” – operativo al Sant’Orsola dal 2015 – e il “Da Vinci XI” utilizzato presso l’Ospedale Maggiore dalla Chirurgia Toracica e dalla Chirurgia Generale dell’IRCCS.
Negli anni l’incremento del numero di dispostivi è andato di pari passo con la crescita costante degli interventi di chirurgia robotica eseguiti: dai 167 del 2015 ai 1.050 del 2023 (+38% sul 2022).
L’utilizzo delle piattaforme robotiche permette di ridurre significativamente la necessità di interventi chirurgici di revisione, i tassi di infezione, le complicanze e, di conseguenza, la durata del ricovero. La possibilità di visualizzare e sovraimporre modelli 3D in tempo reale durante l’operazione, inoltre, consente di amplificare i vantaggi dati dalla chirurgia robotica e di espandere le possibilità di risparmio d’organo in vari ambiti.