Tempo di lettura: 5 minutiL’aria inquinata è responsabile di oltre 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni nel mondo (dati riferiti al 2021). Secondo le stime, l’inquinamento atmosferico è il secondo fattore principale di rischio di morte per questa fascia di età. Ogni giorno quasi 2 mila bambini con meno di cinque anni muoiono per gli impatti sulla salute. Nel complesso, l’aria inquinata è responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. Inoltre, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.
Decessi e malattie croniche per l’aria inquinata, i nuovi dati
Secondo la quinta edizione del Rapporto State of Global Air (SoGA), cresce l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana. Oggi rappresenta il secondo principale fattore di rischio di morte a livello globale.
Il Rapporto, pubblicato oggi dall’Health Effects Institute (HEI- un’organizzazione di ricerca indipendente no-profit con sede negli Stati Uniti), realizzato per la prima volta in collaborazione con l’UNICEF, ha rilevato che l’inquinamento atmosferico è stato responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. In aggiunta a questi decessi, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.
Particelle entrano nel flusso sanguigno e aumentano rischio di ictus, cancro e diabete
Oltre il 90% dei decessi dovuti all’inquinamento atmosferico – 7,8 milioni di persone – è attribuito all’inquinamento atmosferico da PM2,5, compreso quello ambientale e domestico. Queste minuscole particelle, che misurano meno di 2,5 micrometri di diametro, sono così piccole che rimangono nei polmoni e possono entrare nel flusso sanguigno, influenzando molti sistemi degli organi.
In particolare, aumentano il rischio di malattie non trasmissibili negli adulti come le malattie cardiache, l’ictus, il diabete, il cancro ai polmoni e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Secondo il rapporto, il PM2,5 è risultato essere il più costante e accurato indicatore di risultati negativi per la salute in tutto il mondo.
Bambini al di sotto dei 5 anni più vulnerabili
Il Rapporto rileva che i bambini al di sotto dei cinque anni sono particolarmente vulnerabili. Gli effetti sulla salute includono nascita prematura, basso peso alla nascita, asma e malattie polmonari. Nel 2021, l’esposizione all’inquinamento atmosferico è stata collegata a più di 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni, rendendolo il secondo fattore principale di rischio di morte a livello globale per questa fascia di età, dopo la malnutrizione. Ben 500 mila di questi decessi di bambini erano legati all’inquinamento atmosferico domestico dovuto alla cottura in casa con combustibili inquinanti, soprattutto in Africa e in Asia.
Preoccupazione per la salute globale
Il nuovo Rapporto SoGA offre un’analisi dettagliata dei dati recentemente pubblicati dallo studio Global Burden of Disease del 2021. In particolare, mostra il grave impatto sulla salute umana di inquinanti come il particolato fine esterno (PM2,5), l’inquinamento atmosferico domestico, l’ozono (O3) e il biossido di azoto (NO2) in tutto il mondo. Il rapporto include dati relativi a più di 200 Paesi e territori in tutto il mondo, indicando che quasi ogni persona sulla terra respira ogni giorno livelli malsani di inquinamento atmosferico, con implicazioni di vasta portata per la salute.
Inquinamento atmosferico e cambiamento climatico
L’inquinamento atmosferico da PM2,5 deriva dalla combustione di combustibili fossili e biomassa in settori quali i trasporti, le abitazioni, le centrali elettriche a carbone, le attività industriali e gli incendi boschivi. Queste emissioni non solo hanno un impatto sulla salute delle persone, ma contribuiscono anche ai gas serra che stanno riscaldando il pianeta. Le popolazioni più vulnerabili sono colpite in modo sproporzionato sia dai rischi climatici che dall’aria inquinata.
Nel 2021, l’esposizione a lungo termine all’ozono ha contribuito a 489.518 decessi stimati a livello globale, tra cui 14.000 decessi per BPCO legati all’ozono negli Stati Uniti, più alti rispetto ad altri Paesi ad alto reddito. Con il continuo riscaldamento del mondo dovuto agli effetti del cambiamento climatico, le aree con alti livelli di NO2 possono aspettarsi livelli più elevati di ozono, con effetti ancora più gravi sulla salute.
Paesi ad alto reddito: livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute
Per la prima volta, il Rapporto di quest’anno include i livelli di esposizione e i relativi effetti sulla salute del biossido di azoto (NO2), compreso l’impatto dell’esposizione a NO2 sullo sviluppo dell’asma dei bambini. I gas di scarico del traffico sono una delle principali fonti di NO2, il che significa che le aree urbane densamente popolate, in particolare nei Paesi ad alto reddito, registrano spesso i livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute.
“Questo nuovo Rapporto ci ricorda con chiarezza l’impatto significativo che l’inquinamento atmosferico ha sulla salute umana, con un onere troppo elevato a carico dei bambini piccoli, delle popolazioni più anziane e dei Paesi a basso e medio reddito”, ha dichiarato Pallavi Pant, responsabile del settore Salute globale dell’HEI, che ha supervisionato la pubblicazione del rapporto SoGA. “Questo indica chiaramente l’opportunità per le città e i Paesi di considerare la qualità dell’aria e l’inquinamento atmosferico come fattori ad alto rischio quando si sviluppano politiche sanitarie e altri programmi di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili”.
Salute dei bambini, danni già nel grembo materno
Alcuni dei maggiori impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico si registrano nei bambini. I bambini sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento atmosferico e i suoi danni possono iniziare già nel grembo materno, con effetti sulla salute che possono durare tutta la vita. Ad esempio, i bambini inalano più aria per chilogrammo di peso corporeo e assorbono più inquinanti rispetto agli adulti mentre i loro polmoni, i loro corpi e i loro cervelli sono ancora in fase di sviluppo.
L’esposizione all’inquinamento atmosferico nei bambini piccoli è legata alla polmonite, responsabile di 1 decesso su 5 di bambini a livello globale, e all’asma, la malattia respiratoria cronica più comune nei bambini più grandi. Inoltre pesano le disuguaglianze legate all’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini. Il tasso di mortalità legato all’inquinamento atmosferico nei bambini al di sotto dei cinque anni in Africa orientale, occidentale, centrale e meridionale è 100 volte più alto rispetto alle loro controparti nei Paesi ad alto reddito.
Ci sono anche buone notizie
Il rapporto SoGA contiene anche buone notizie. Dal 2000, il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni è diminuito del 53%, grazie soprattutto agli sforzi volti ad ampliare l’accesso all’energia pulita per cucinare, oltre che ai miglioramenti nell’accesso all’assistenza sanitaria e alla nutrizione e a una maggiore consapevolezza dei danni associati all’esposizione all’inquinamento atmosferico domestico.
Molti Paesi, in particolare quelli che registrano i livelli più elevati di inquinamento atmosferico, stanno finalmente affrontando il problema di petto. Le azioni per la qualità dell’aria in regioni come l’Africa, l’America Latina e l’Asia, come l’installazione di reti di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, l’attuazione di politiche più severe sulla qualità dell’aria o la compensazione dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico con il passaggio a veicoli ibridi o elettrici, stanno avendo un impatto misurabile sull’inquinamento e sul miglioramento della salute pubblica.
Prospettive future
“Ci auguriamo che il nostro Rapporto State of Global Air fornisca sia le informazioni che l’ispirazione per un cambiamento”, ha dichiarato la presidente dell’HEI, Elena Craft. “L’inquinamento atmosferico ha enormi implicazioni per la salute. Sappiamo che migliorare la qualità dell’aria e la salute pubblica globale è pratico e realizzabile”.
“È indispensabile che i governi e le imprese prendano in considerazione queste stime e i dati disponibili a livello locale e li utilizzino per elaborare azioni significative e incentrate sui bambini per ridurre l’inquinamento atmosferico e proteggere la salute dei bambini”, ha dichiarato Kitty van der Heijden, vicedirettrice generale dell’UNICEF.
Sarcomi, tumori rari difficili da riconoscere
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Prevenzione, Ricerca innovazionePossono insorgere in qualsiasi parte del corpo e colpire a ogni età: i sarcomi sono difficili da riconoscere. Non hanno sintomi specifici in fase iniziale e programmi di screening facilmente attuabili. Diagnosi tardive, totalmente errate o inaccurate, trattamenti spesso non appropriati, interventi chirurgici non adeguati sono causa di un elevato burden – fisico, psicologico ed economico – per i pazienti e di costi evitabili per il Servizio Sanitario.
Sarcomi, tumori rari senza sintomi specifici
I sarcomi sono una famiglia eterogenea di tumori rari che originano in muscoli, tendini, sinovie, tessuto adiposo e tessuti connettivi in genere, con un’incidenza pari a meno di 6 persone su 100.000 all’anno. Per la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti è essenziale la presa in carico all’interno di reti dedicate, basate su Centri di riferimento dotati di competenze specialistiche e di un insieme di requisiti specifici a partire dalla presenza di un team multidisciplinare.
Per fotografare la realtà italiana dei sarcomi, far emergere le criticità e suggerire le prospettive future, Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS ha ideato e realizzato “Sarcomi dalle esperienze alle proposte. Libro Bianco su stato dell’arte e prospettive future”, il primo lavoro del genere mai realizzato in Italia, presentato ieri alla Camera dei Deputati a Roma, nell’ambito di un evento istituzionale organizzato su iniziativa dell’Onorevole Walter Rizzetto.
La voce dei pazienti
Il Libro Bianco parte dall’ascolto della voce dei pazienti, integrato con approfondimenti clinico-organizzativi di esperti, per portare all’attenzione delle Istituzioni le principali criticità e proposte/raccomandazioni di miglioramento e rendere al più presto operativa la Rete Nazionale Tumori Rari.
«Il Governo è intensamente impegnato su tanti fronti della Sanità pubblica, a cominciare dal reperimento di risorse sempre maggiori per offrire servizi adeguati ai cittadini, in particolare alle persone con malattie rare. L’opera di volontariato italiano rappresenta un patrimonio immenso e irrinunciabile per il tessuto sociale ed economico di questa Nazione ed un tassello fondamentale nella collaborazione sinergica con le Istituzioni, la comunità scientifica e il mondo della ricerca» – con questo messaggio di saluto del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è aperto l’evento.
Il Libro Bianco
«Le ragioni e finalità alla base di questo Libro Bianco sui sarcomi sono molteplici e interdipendenti – ha dichiarato Ornella Gonzato, Presidente Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS – Per dar voce a pazienti con sarcoma e ai loro familiari/accudenti che sperimentano sulla propria vita percorsi ancora troppo pieni di ostacoli, a causa della rarità e complessità di queste neoplasie. Per generare evidenze attraverso i dati raccolti a livello nazionale, sia dell’area pediatrica e adolescenziale sia dell’adulto. Per diffondere cultura e consapevolezza su questa famiglia di tumori, grazie anche alla preziosa integrazione dei numerosi approfondimenti specialistici di clinici e ricercatori.
Per fornire una fotografia sullo stato attuale e sulle proposte per il futuro, individuando alcune tra le principali criticità. Per concorrere a portare all’attenzione istituzionale la necessità di potenziare al più presto la collaborazione tra i Centri di riferimento e la piena operatività della Rete Nazionale Tumori Rari, per garantire ai pazienti qualità e sicurezza delle cure, per stimolare e rafforzare sinergie tra tutti gli attori del sistema salute, sviluppando “reti virtuose” e affrontare le molte sfide in uno scenario con potenzialità tecnologiche del tutto nuove ed al contempo bisognoso di umanizzazione delle cure, nel rispetto della dignità di ogni persona, evitando che i numeri sostituiscano il nome proprio.
Al Ministro della Salute, Orazio Schillaci, al Presidente della Conferenza Stato-Regioni, Massimiliano Fedriga e al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone va un sentito ringraziamento per la vicinanza istituzionale espressa nella prefazione al volume».
Il Libro Bianco sui sarcomi si colloca all’interno di un percorso di advocacy che la Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS porta avanti da più di 15 anni con una crescente informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, dei clinici e delle Istituzioni, che nel 2023 è culminato nella campagna “Pazienti esperti e Istituzioni insieme nella sfida ai sarcomi. Verso una nuova umanizzazione delle cure”, cui ha fatto seguito la realizzazione di “Vivere con il sarcoma in Italia”, la prima indagine a livello nazionale condotta su queste patologie dall’Istituto di ricerca AstraRicerche, rivolta ai pazienti e ai loro caregiver.
L’indagine ha costituito la base per la stesura ed è stata incorporata come primo capitolo del Libro Bianco, che, anche attraverso un insieme di approfondimenti sul piano clinico-organizzativo, ha consentito di delineare lo stato dell’arte nel nostro Paese e le istanze per il futuro.
I risultati dell’indagine sui sarcomi
I risultati fanno emergere due elementi significativi: da un lato, una gestione ancora sub-ottimale dei pazienti e della malattia, sebbene per alcuni aspetti molto migliorata nel complesso rispetto al passato, dall’altro il pesante burden della patologia e dei trattamenti sulla vita dei pazienti, l’85% dei quali dichiara di aver subito un impatto importante, sia dal punto di vista psicologico che sulla sfera economica-professionale e affettiva-relazionale.
Il dato più rilevante riguarda le diagnosi tardive, non corrette o inaccurate. Quasi la metà del campione (49,4%) prima della diagnosi di sarcoma ha ricevuto diagnosi differenti, poi rivelatesi errate o non accurate. Rispetto alla comparsa dei primi sintomi (dolore e/o tumefazione), il 17,5% ha dovuto attendere per la diagnosi dai 6 ai 12 mesi, il 6,5% dai 13 ai 24 mesi e il 4,8% anche più di 2 anni.
La chirurgia, trattamento principale nei sarcomi, che necessita di competenze e Centri specialistici, rappresenta una criticità. La biopsia non sempre risulta effettuata correttamente, con conseguente impatto sia sulla diagnosi sia sulla prognosi. Inoltre, circa nel 25% dei casi, l’intervento chirurgico viene eseguito anche in ospedali locali. Il supporto psicologico è offerto gratuitamente soltanto al 32,6% dei pazienti, laddove l’impatto psicologico negativo è dichiarato da quasi il 90% degli intervistati. La comunicazione medico-paziente è un’altra area di criticità: meno di 2/3 del campione ritiene di essere informato. Solo al 26,8% è stato chiesto di donare campioni biologici per la ricerca e solo al 23% offerta la possibilità di partecipare ad una sperimentazione clinica.
Prospettive future
Il Libro Bianco si chiude con un elenco di proposte/raccomandazioni rivolte alle Istituzioni, da interventi volti a migliorare l’appropriatezza diagnostica e chirurgica, nonché la qualità e sicurezza complessiva dei percorsi di cura e assistenza, alla necessità di maggiori investimenti nella ricerca. Obiettivo ultimo è superare iniquità e disparità di accesso ai trattamenti dovute alla rarità e complessità di queste neoplasie: traguardo raggiungibile principalmente attraverso il potenziamento della collaborazione dei Centri di riferimento e la piena operatività della Rete Nazionale Tumori Rari.
Il processo per l’istituzionalizzazione della RNTR sancito dall’intesa Stato-Regioni nel 2017, quale modello organizzativo-gestionale per l’assistenza ad alta specializzazione in patologie rare e complesse, ha fatto un passo avanti con il recente Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 2023. Ora spetta alle Regioni e alle Provincie Autonome recepire questo documento, mettendo in atto una collaborazione operativa tra singole Regioni e livello nazionale.
I sarcomi, inoltre, sono tra i primi tumori rari solidi dell’adulto per cui il modello della Rete dovrebbe essere applicato come richiamato dal Piano Oncologico Nazionale 2023-2027. Un passaggio cruciale perché solo la collaborazione tra Centri di riferimento ad alta specializzazione consente di realizzare sinergie nella ricerca e migliorare la presa in carico dei pazienti a vantaggio della qualità delle cure e della loro vita.
I 6 step della dieta contro le zanzare
Alimentazione, News, Stili di vitaEsiste una dieta antizanzare? Uno stile alimentare che possa modificare il nostro odore e renderci, per così dire, meno “appetibili” per le zanzare? Secondo alcuni studi sì. In particolare ci sarebbero delle categorie di alimenti che, combinati con specifici stili di vita, avrebbero il potere di influenzare l’odore della nostra pelle attivando una sorta di repellente naturale. Ma, è importante notare che l’efficacia di questi metodi può variare da persona a persona.
I 6 step in tavola
Di tutti i rimedi naturali oggi disponibili, l’alimentazione è certamente quella che può incidere di più e portare a benefici concreti. Proviamo allora a tracciare i 6 step degli alimenti che si possono e non si possono mangiare se di vuole realizzare una dieta antizanzare. In primis, aglio e cipolla. Consumare aglio e cipolla può alterare l’odore della pelle, rendendola meno attraente per le zanzare. Questi alimenti contengono infatti composti solforati che possono essere emessi attraverso i pori della pelle. Bene anche assumere la giusta dose di vitamina B1 (tiamina): alcuni studi suggeriscono che l’assunzione di vitamina B1 potrebbe rendere l’odore della pelle meno appetibile per le zanzare. Ma non servono integratori, meglio assumere la vitamina B1 in alimenti come cereali integrali, fagioli, semi di girasole e carne di maiale.
Acido citrico, spezie e aceto di mele
Altro composto che ha il potere di tenere lontane questi insetti è l’acido citrico, che si trova negli agrumi, come limoni, arance e lime. Inoltre, le spezie, sono veri e propri repellenti naturali. Il basilico, il pepe nero e il peperoncino, contengono oli essenziali che possono respingere le zanzare. Ancora, aceto di mele: anche bere una piccola quantità di aceto di mele diluito con acqua può alterare l’odore della pelle. Tuttavia, è importante limitarsi a poche gocce per evitare problemi di salute.
Zuccheri e all’alcool attirano le zanzare
Ciò che si deve assolutamente evitare sono i cibi ricchi di zucchero e alcool. Questo perché l’alcool e gli alimenti zuccherati possono aumentare l’attrazione delle zanzare verso di noi. Ridurre il consumo di queste sostanze potrebbe aiutare a diminuire la loro attrattiva. È bene anche ricordare che oltre a questi consigli alimentari, ci sono altre strategie efficaci per proteggersi dalle zanzare, come l’uso di repellenti per insetti, zanzariere e indossare abiti coprenti. Inoltre, sono diversi i tipi di zanzara che si possono incontrare nel nostro paese e non tutte rispondono allo stesso modo agli stimoli esterni.
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HIV, oggi gravidanza sicura con nuove terapie
Associazioni pazienti, Bambini, NewsLe conquiste scientifiche degli ultimi anni hanno reso l’HIV un’infezione cronica. La terapia antiretrovirale, se assunta regolarmente, è in grado di azzerare la viremia fino a rendere il virus non trasmissibile nel rapporto sessuale. Ciò permette dunque di azzerare il rischio di trasmissione del virus nella coppia sierodiscordante. Questo progresso ha i suoi effetti anche sulla trasmissione materno-fetale.
Oggi la gravidanza di una donna con HIV è un percorso possibile e sicuro. Il rischio di trasmissione del virus è ormai prossimo allo zero se vengono seguite tutte le indicazioni nella gravidanza. Se ne è parlato nella 16° edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, iniziata oggi a Roma, all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Madri con HIV, sull’allattamento al seno pochi dati
“Prima della terapia antiretrovirale il rischio di trasmissione dell’HIV dalla madre al feto era del 25%, mentre ad oggi, in chi assume regolarmente la terapia e ha la carica virale soppressa, siamo quasi allo zero – sottolinea la Prof.ssa Cristina Mussini, Vicepresidente SIMIT –. La terapia è efficace, ben tollerata dalla donna, non dannosa per il feto e può accompagnare la paziente in tutti i cambiamenti fisiologici che avvengono durante la gravidanza.
Non è più necessario che una donna con HIV ricorra necessariamente all’inseminazione artificiale e diventa possibile anche un parto per via naturale. Resta ancora aperto il dibattito attorno all’ allattamento al seno, anche perché mancano dati certi. In ogni caso, il risultato raggiunto rappresenta un cambiamento epocale e un’ulteriore normalizzazione dell’infezione da HIV”.
Gravidanza di una donna con HIV si può definire sicura se la terapia è regolare
“La terapia antiretrovirale abbatte il rischio che la donna in gravidanza trasmetta HIV al bambino – spiega Lucia Taramasso, infettivologa presso IRCCS Policlinico San Martino, Genova –Il rischio di trasmissione nella coppia madre-bambino è prossimo allo zero. La gravidanza di una donna con HIV si può definire sicura. Condizione imprescindibile è naturalmente che la madre segua con regolarità la terapia.
Il continuo aggiornamento dei registri osservazionali ed i dati derivati dai trials clinici ci hanno permesso un ulteriore passo avanti, consentendo di dimostrare che la maggior parte dei moderni farmaci antiretrovirali oggi disponibili, caratterizzati da alta efficacia e tollerabilità, sono sicuri anche in gravidanza. La donna con HIV non deve avere timore di intraprendere una gravidanza, che può invece vivere serenamente e con entusiasmo, come tutte le donne”.
Allattamento al seno
I punti su cui il dibattito resta aperto sono l’allattamento al seno e la somministrazione della profilassi antiretrovirale al bambino. “Le attuali linee guida internazionali ci dicono che l’utilizzo del latte artificiale elimina il rischio di trasmissione postnatale dell’HIV al neonato. In caso di allattamento al seno, il raggiungimento ed il mantenimento della soppressione virologica durante la gravidanza e il post-partum riducono il rischio di trasmissione a meno dell’1%, ma non a zero.– evidenzia Lucia Taramasso.
La difficoltà nella gestione dell’allattamento materno dipende dalla mancanza di dati sicuri in una fase di vita così delicata. I dati disponibili ad oggi riportano sporadici casi di trasmissione del virus dalla madre al bambino anche in caso di carica virale soppressa ed adeguatamente controllata dalla terapia, il rischio è tuttavia stimato al di sotto dell’1% in queste situazioni”.
Terapia al neonato
“L’altro tema analizzato a ICAR 2024 è la somministrazione di una profilassi antivirale al neonato – aggiunge Taramasso – Le Linee Guida europee e americane consigliano di somministrare un farmaco antiretrovirale al neonato per aumentare la protezione nei confronti dell’acquisizione dell’HIV, anche nel bambino nato a termine da madre con viremia stabilmente undetectable e che non riceve l’allattamento materno. Tuttavia, non mancano modelli, come quello svizzero, che hanno eliminato questa raccomandazione nei casi in cui il rischio di trasmissione sia considerato basso e la madre sia stata aderente alla terapia per tutta la gravidanza”.
Una verruca non rovinerà l’estate
AdolescentiLe verruche sono un comune disturbo della pelle, spesso associato all’esposizione a ambienti umidi e poco igienici. Tra gli inestetismi della pelle sono forse i più resistenti ad andare via e se non trattati adeguatamente possono causare problemi. Ma, ad ogni modo, non sarà di certo una verruca a rovinare l’estate.
Cos’è una verruca?
Una verruca è un’escrescenza cutanea causata dal papillomavirus umano (HPV). Si presenta come papula sulla pelle, talvolta pigmentata e ispessita. Può comparire in diverse zone del corpo, tra cui mani, piedi e viso. Sebbene le verruche siano generalmente innocue, possono essere esteticamente sgradevoli e causare fastidi o dolore.
È possibile contagiarsi
Le verruche sono contagiose e possono trasmettersi attraverso il contatto con il sangue. È importante sfatare il mito che le verruche si contraggano esclusivamente in piscina o in palestra. Infatti, individui che non frequentano questi ambienti possono comunque sviluppare verruche. Questo accade perché alcuni soggetti, come i bambini affetti da dermatite atopica, possono sviluppare verruche virali e molluschi contagiosi più frequentemente a causa di un sistema immunitario indebolito e deficitario.
Cerotti contro le verruche: sono utili?
I cerotti contro le verruche, disponibili in commercio, contengono acido salicilico che aiuta a rimuovere le verruche. Questo trattamento può essere efficace per eliminare le verruche più superficiali. Tuttavia, se il problema persiste, è consigliabile considerare altre opzioni terapeutiche come la crioterapia.
Che cos’è la crioterapia
La crioterapia è un trattamento che prevede l’applicazione di azoto liquido a temperature estremamente basse, circa -180 gradi centigradi, per congelare la verruca. Questo processo provoca la formazione di una bolla che successivamente stacca la verruca. Dopo circa un mese, la lesione viene controllata nuovamente e, se necessario, si può effettuare un’altra seduta. Questo metodo è efficace ma può richiedere più di un trattamento per eliminare completamente la verruca.
Come funziona il laser
Il laser rappresenta un’alternativa alla crioterapia per il trattamento delle verruche. Utilizzando il laser CO2, la verruca viene carbonizzata e bruciata, creando una piccola ferita che guarisce rapidamente. A differenza della crioterapia, il laser è solitamente sufficiente in una sola seduta poiché riesce a penetrare in profondità. Questo trattamento richiede una leggera anestesia locale per minimizzare il dolore.
fare prevenzione
La prevenzione delle verruche è essenziale per evitare la diffusione del virus. Ecco alcuni consigli utili:
Tante possibili soluzioni
Le verruche sono un problema cutaneo comune che può essere gestito efficacemente con i giusti trattamenti. Dai cerotti contenenti acido salicilico alla crioterapia e al trattamento laser, esistono diverse opzioni per rimuovere le verruche. È importante consultare un dermatologo per determinare il trattamento più adatto alle proprie esigenze e adottare misure preventive per evitare la diffusione del virus.
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Bambini, aria inquinata 2° fattore di rischio morte
Bambini, Economia sanitaria, News, News, PrevenzioneL’aria inquinata è responsabile di oltre 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni nel mondo (dati riferiti al 2021). Secondo le stime, l’inquinamento atmosferico è il secondo fattore principale di rischio di morte per questa fascia di età. Ogni giorno quasi 2 mila bambini con meno di cinque anni muoiono per gli impatti sulla salute. Nel complesso, l’aria inquinata è responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. Inoltre, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.
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Oltre il 90% dei decessi dovuti all’inquinamento atmosferico – 7,8 milioni di persone – è attribuito all’inquinamento atmosferico da PM2,5, compreso quello ambientale e domestico. Queste minuscole particelle, che misurano meno di 2,5 micrometri di diametro, sono così piccole che rimangono nei polmoni e possono entrare nel flusso sanguigno, influenzando molti sistemi degli organi.
In particolare, aumentano il rischio di malattie non trasmissibili negli adulti come le malattie cardiache, l’ictus, il diabete, il cancro ai polmoni e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Secondo il rapporto, il PM2,5 è risultato essere il più costante e accurato indicatore di risultati negativi per la salute in tutto il mondo.
Bambini al di sotto dei 5 anni più vulnerabili
Il Rapporto rileva che i bambini al di sotto dei cinque anni sono particolarmente vulnerabili. Gli effetti sulla salute includono nascita prematura, basso peso alla nascita, asma e malattie polmonari. Nel 2021, l’esposizione all’inquinamento atmosferico è stata collegata a più di 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni, rendendolo il secondo fattore principale di rischio di morte a livello globale per questa fascia di età, dopo la malnutrizione. Ben 500 mila di questi decessi di bambini erano legati all’inquinamento atmosferico domestico dovuto alla cottura in casa con combustibili inquinanti, soprattutto in Africa e in Asia.
Preoccupazione per la salute globale
Il nuovo Rapporto SoGA offre un’analisi dettagliata dei dati recentemente pubblicati dallo studio Global Burden of Disease del 2021. In particolare, mostra il grave impatto sulla salute umana di inquinanti come il particolato fine esterno (PM2,5), l’inquinamento atmosferico domestico, l’ozono (O3) e il biossido di azoto (NO2) in tutto il mondo. Il rapporto include dati relativi a più di 200 Paesi e territori in tutto il mondo, indicando che quasi ogni persona sulla terra respira ogni giorno livelli malsani di inquinamento atmosferico, con implicazioni di vasta portata per la salute.
Inquinamento atmosferico e cambiamento climatico
L’inquinamento atmosferico da PM2,5 deriva dalla combustione di combustibili fossili e biomassa in settori quali i trasporti, le abitazioni, le centrali elettriche a carbone, le attività industriali e gli incendi boschivi. Queste emissioni non solo hanno un impatto sulla salute delle persone, ma contribuiscono anche ai gas serra che stanno riscaldando il pianeta. Le popolazioni più vulnerabili sono colpite in modo sproporzionato sia dai rischi climatici che dall’aria inquinata.
Nel 2021, l’esposizione a lungo termine all’ozono ha contribuito a 489.518 decessi stimati a livello globale, tra cui 14.000 decessi per BPCO legati all’ozono negli Stati Uniti, più alti rispetto ad altri Paesi ad alto reddito. Con il continuo riscaldamento del mondo dovuto agli effetti del cambiamento climatico, le aree con alti livelli di NO2 possono aspettarsi livelli più elevati di ozono, con effetti ancora più gravi sulla salute.
Paesi ad alto reddito: livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute
Per la prima volta, il Rapporto di quest’anno include i livelli di esposizione e i relativi effetti sulla salute del biossido di azoto (NO2), compreso l’impatto dell’esposizione a NO2 sullo sviluppo dell’asma dei bambini. I gas di scarico del traffico sono una delle principali fonti di NO2, il che significa che le aree urbane densamente popolate, in particolare nei Paesi ad alto reddito, registrano spesso i livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute.
“Questo nuovo Rapporto ci ricorda con chiarezza l’impatto significativo che l’inquinamento atmosferico ha sulla salute umana, con un onere troppo elevato a carico dei bambini piccoli, delle popolazioni più anziane e dei Paesi a basso e medio reddito”, ha dichiarato Pallavi Pant, responsabile del settore Salute globale dell’HEI, che ha supervisionato la pubblicazione del rapporto SoGA. “Questo indica chiaramente l’opportunità per le città e i Paesi di considerare la qualità dell’aria e l’inquinamento atmosferico come fattori ad alto rischio quando si sviluppano politiche sanitarie e altri programmi di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili”.
Salute dei bambini, danni già nel grembo materno
Alcuni dei maggiori impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico si registrano nei bambini. I bambini sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento atmosferico e i suoi danni possono iniziare già nel grembo materno, con effetti sulla salute che possono durare tutta la vita. Ad esempio, i bambini inalano più aria per chilogrammo di peso corporeo e assorbono più inquinanti rispetto agli adulti mentre i loro polmoni, i loro corpi e i loro cervelli sono ancora in fase di sviluppo.
L’esposizione all’inquinamento atmosferico nei bambini piccoli è legata alla polmonite, responsabile di 1 decesso su 5 di bambini a livello globale, e all’asma, la malattia respiratoria cronica più comune nei bambini più grandi. Inoltre pesano le disuguaglianze legate all’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini. Il tasso di mortalità legato all’inquinamento atmosferico nei bambini al di sotto dei cinque anni in Africa orientale, occidentale, centrale e meridionale è 100 volte più alto rispetto alle loro controparti nei Paesi ad alto reddito.
Ci sono anche buone notizie
Il rapporto SoGA contiene anche buone notizie. Dal 2000, il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni è diminuito del 53%, grazie soprattutto agli sforzi volti ad ampliare l’accesso all’energia pulita per cucinare, oltre che ai miglioramenti nell’accesso all’assistenza sanitaria e alla nutrizione e a una maggiore consapevolezza dei danni associati all’esposizione all’inquinamento atmosferico domestico.
Molti Paesi, in particolare quelli che registrano i livelli più elevati di inquinamento atmosferico, stanno finalmente affrontando il problema di petto. Le azioni per la qualità dell’aria in regioni come l’Africa, l’America Latina e l’Asia, come l’installazione di reti di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, l’attuazione di politiche più severe sulla qualità dell’aria o la compensazione dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico con il passaggio a veicoli ibridi o elettrici, stanno avendo un impatto misurabile sull’inquinamento e sul miglioramento della salute pubblica.
Prospettive future
“Ci auguriamo che il nostro Rapporto State of Global Air fornisca sia le informazioni che l’ispirazione per un cambiamento”, ha dichiarato la presidente dell’HEI, Elena Craft. “L’inquinamento atmosferico ha enormi implicazioni per la salute. Sappiamo che migliorare la qualità dell’aria e la salute pubblica globale è pratico e realizzabile”.
“È indispensabile che i governi e le imprese prendano in considerazione queste stime e i dati disponibili a livello locale e li utilizzino per elaborare azioni significative e incentrate sui bambini per ridurre l’inquinamento atmosferico e proteggere la salute dei bambini”, ha dichiarato Kitty van der Heijden, vicedirettrice generale dell’UNICEF.
SLA, un farmaco contro il cancro potrebbe cambiare tutto
Ricerca innovazione, NewsScienziati italiani hanno scoperto un possibile approccio terapeutico per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Un passo avanti che potrebbe rivelarsi determinante, perché la malattia è neurodegenerativa ed è devastante, caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni, le cellule nervose che controllano i movimenti. Le scoperte scientifiche del team italiano aprono ora a nuove speranze per il trattamento di questa patologia. Un innovativo approccio terapeutico è stato individuato attraverso uno studio pubblicato su Nature Communications, coordinato dalla Sapienza Università di Roma e dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Roma.
Cos’è la SLA?
La SLA, o Sclerosi Laterale Amiotrofica, è una malattia neurologica che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose del cervello e del midollo spinale che controllano il movimento dei muscoli. Con la progressiva degenerazione di queste cellule, i pazienti perdono gradualmente la capacità di muoversi, parlare, deglutire e, infine, respirare. I sintomi iniziali della possono includere debolezza muscolare, spasmi, crampi e difficoltà nel camminare. Man mano che la malattia avanza, i sintomi peggiorano, portando a una significativa compromissione della qualità della vita.
La scoperta del team italiano
Finanziato da un progetto ERC-Synergy, il nuovo studio è stato coordinato dalla professoressa Irene Bozzoni del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e del centro CLNS2 di IIT di Roma. Il team di ricerca ha scoperto che circa il 10% dei casi di SLA è legato a alterazioni nelle proteine che formano i cosiddetti granuli da stress. Questi granuli, sotto particolari condizioni, si trasformano in aggregati tossici per i motoneuroni a causa di proteine aberranti.
Modifica dell’RNA
Un punto cruciale della scoperta riguarda una specifica modifica chimica dell’RNA, nota come N6-metiladenosina (m6A), che gioca un ruolo fondamentale nella formazione di questi aggregati. La SLA, soprattutto nelle forme più aggressive, è caratterizzata da alti livelli di m6A. Riducendo tali livelli, i ricercatori sono riusciti a normalizzare la formazione dei granuli da stress.
Un farmaco contro la leucemia potrebbe curare la SLA
La chiave della scoperta risiede nell’uso di una molecola chiamata STM2457, attualmente in sperimentazione clinica per il trattamento della leucemia. “Siamo riusciti a diminuire i livelli di m6A utilizzando STM2457,” spiega la professoressa Bozzoni. “Questa scoperta apre alla possibilità di utilizzarla anche come nuovo approccio terapeutico per il trattamento della SLA.”
Conseguenze per la qualità della vita
Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. Attualmente, non esiste una cura per la SLA, e i trattamenti disponibili possono solo rallentare il progresso della malattia. La possibilità di un nuovo farmaco che possa intervenire direttamente sui meccanismi cellulari alla base della SLA rappresenta un passo avanti significativo. La SLA non solo priva i pazienti delle loro capacità motorie, ma ha anche un impatto devastante sulla loro qualità di vita. La perdita progressiva delle funzioni motorie porta a una dipendenza totale da assistenza per le attività quotidiane, e i pazienti spesso necessitano di supporti tecnologici per comunicare e respirare. L’introduzione di un trattamento efficace potrebbe migliorare significativamente la vita dei pazienti e delle loro famiglie, riducendo i sintomi e rallentando la progressione della malattia.
Una speranza in più
Questa scoperta rappresenta una svolta promettente nella ricerca sulla SLA. Il lavoro del team italiano non solo approfondisce la nostra comprensione dei meccanismi cellulari alla base della SLA, ma identifica anche nuove potenziali strade terapeutiche. Mentre la sperimentazione clinica del farmaco STM2457 continua, c’è speranza che un giorno possa offrire una nuova luce ai pazienti affetti da questa devastante malattia. Il lavoro del team italiano non solo approfondisce la nostra comprensione dei meccanismi cellulari alla base della SLA, ma identifica anche nuove potenziali strade terapeutiche. Mentre la sperimentazione clinica del farmaco STM2457 continua, c’è speranza che un giorno possa offrire una nuova luce ai pazienti affetti da questa devastante malattia.
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Superfood per lo sport, bastano 53 grammi di mandorle
Alimentazione, News, SportLa chiamano energia verde per lo sport ed è il frutto dell’evoluzione dell’alimentazione. Gli esperti in nutrizione umana hanno ormai ampliato il proprio orizzonte e riconoscono l’importanza degli alimenti naturali e integrali nel migliorare le prestazioni atletiche. In questo senso, è molto interessante uno studio pubblicato su Frontiers in Nutrition (finanziato dall’Almond Board of California) che ha rivelato come una manciata di mandorle può avere un impatto significativo sulla riduzione dell’indolenzimento muscolare e sul miglioramento delle prestazioni durante il recupero post-esercizio.
Il ruolo degli alimenti vegetali nella nutrizione sportiva
Contrariamente allo stereotipo del palestrato che consuma esclusivamente pollo alla griglia e riso bollito, c’è una crescente attenzione verso l’integrazione di alimenti vegetali nella dieta degli atleti. Questo movimento include campioni di livello mondiale come Lionel Messi, Novak Djokovic, le sorelle Williams e Lewis Hamilton, che hanno adottato diete a base vegetale per migliorare le loro prestazioni e il recupero.
I benefici delle mandorle nello sport
Il nuovo studio ha evidenziato che il consumo di 57 grammi di mandorle crude intere al giorno per otto settimane comporta una significativa riduzione dell’indolenzimento muscolare. I partecipanti hanno registrato una riduzione di quasi il 25% dell’indolenzimento muscolare durante l’esecuzione di un esercizio di potenza esplosiva nel periodo di recupero cumulativo di 72 ore.
Addio alla sensazione di fatica
Questi risultati si aggiungono a ricerche precedenti, ma lo studio condotto dal dottor David Nieman ha dimostrato come uno spuntino a base di mandorle possa ridurre la sensazione di fatica e tensione, aumentare la forza in gambe e schiena, e diminuire i danni muscolari durante il primo giorno di recupero.
Lo studio e i suoi risultati
Lo studio di Nieman ha utilizzato un disegno randomizzato a gruppi paralleli, in cui i partecipanti al trattamento hanno consumato 57 grammi di mandorle al giorno, suddivisi tra mattina e pomeriggio, per quattro settimane. I partecipanti al gruppo di controllo hanno consumato una barretta di cereali con lo stesso apporto calorico.
Le analisi
Al termine delle quattro settimane, i ricercatori hanno analizzato vari parametri, tra cui le ossilipine plasmatiche, i fenoli urinari, le citochine plasmatiche, i biomarcatori di danno muscolare, gli stati d’animo e le prestazioni di esercizio. I soggetti che avevano consumato le mandorle hanno mostrato livelli più bassi di creatina chinasi nel siero, un marcatore del danno muscolare, e livelli più elevati di ossilipine 12,13-DiHome, che aiuta il muscolo a bruciare più grasso come combustibile durante l’esercizio.
Effetto antinfiammatorio
Michelangelo Giampietro, specialista in Medicina dello Sport e in Scienza dell’Alimentazione, ha commentato: “Sebbene lo studio condotto da Nieman abbia coinvolto adulti che non praticano regolarmente esercizio fisico e che dovevano sottoporsi a esercizi di contro resistenza, che causano una maggiore infiammazione a livello muscolare, il consumo di 57 grammi di mandorle ha portato a un miglioramento del recupero post-allenamento. L’effetto antinfiammatorio del consumo di mandorle è stato attribuito alla produzione di ossilipine, e questo è stato confermato sia in laboratorio che attraverso un questionario compilato dai partecipanti”.
Un Superfood per tutti
Le mandorle non sono solo per gli atleti di alto livello. Anche i principianti e coloro che non svolgono regolarmente attività fisica possono beneficiare dei loro nutrienti, vitamine, fibre e grassi buoni. Integrarle nella propria dieta può aiutare a migliorare il recupero post-esercizio, ridurre l’infiammazione e supportare una migliore qualità generale della dieta. Un consumo moderato può contribuire a migliorare le prestazioni, ridurre l’indolenzimento muscolare e favorire una migliore risposta infiammatoria post-esercizio. Che il proprio livello sia quello di atleti professionisti o di semplici principianti, l’integrazione delle giusta quantità di mandorle nella dieta può rappresentare un passo importante verso il raggiungimento degli obiettivi di fitness e benessere.
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HIV, nel Lazio record di diagnosi
Associazioni pazienti, News, PrevenzioneLa Regione Lazio e la città di Roma sono i luoghi che segnano la maggiore incidenza di casi di HIV nel 2022 in Italia. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, sono state notificate 293 nuove diagnosi di HIV, in oltre il 60% dei casi in fase avanzata, per un’incidenza di 4.8 x 100mila residenti, superiore alla media nazionale, che è di 3.2 x 100mila. L’incidenza si rivela ancora più elevata nella città di Roma (5.2 x 100mila). Il tema verrà affrontato proprio nella capitale in occasione della 16°edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research da domani, 19 giugno, fino al 21 giugno, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
HIV, i dati sulla diffusione
In Italia oggi vi sono poco più di 140mila persone che vivono con HIV, di cui circa 10mila sono inconsapevoli di aver contratto l’infezione. Recentemente il Sistema Nazionale di Sorveglianza dell’ISS ha contato poco meno di duemila nuove infezioni ogni anno. Nel 2022 ha riportato 1.888 nuove diagnosi, di cui il 58% in fase avanzata di malattia.
“I dati più recenti confermano la necessità di diffondere maggiormente il test per poter intervenire quando si è ancora in tempo per limitare le conseguenze dell’infezione – sottolinea la Prof.ssa Antonella Cingolani, copresidente ICAR – La terapia antiretrovirale, infatti, permette alle persone con HIV di cronicizzare l’infezione e di avere una qualità di vita simile alla popolazione generale. Inoltre, se la terapia è assunta regolarmente, la viremia si può azzerare fino a rendere il virus non trasmissibile, come sancito dall’equazione U=U, Undetectable=Untrasmittable”.
“Analizzando i dati regionali – prosegue la specialista – emerge il primato negativo del Lazio, dove l’incidenza delle nuove diagnosi per 100mila residenti è di 4.8, superiore al resto del Paese. In virtù delle sue caratteristiche, il Lazio è da sempre una delle regioni con il maggior numero di contagi, ma a differenza di altre aree, come la Lombardia, non è riuscito a invertire il trend. Le cause possono essere diverse.
Uno degli elementi ancora carenti è la diffusione sul territorio di punti informativi, test rapidi, strumenti di prevenzione anche al di fuori degli ospedali di riferimento. In alcune città la diffusione di check point, spesso gestiti dalle associazioni, ha sicuramente favorito la consapevolezza e incentivato un approccio più completo alla prevenzione della trasmissione di HIV e delle altre malattie sessualmente trasmissibili”.
A Milano il “FAST-TRACK CITY” per la diagnosi dell’hiv
Milano è stata per anni la città con più casi di contagio in Italia. Nel 2018 il Sindaco Giuseppe Sala ha firmato l’adesione del Comune al progetto internazionale per la lotta all’Hiv “Fast Track Cities” . Con l’ingresso del capoluogo lombardo in questa rete globale, sono calate le nuove diagnosi.
“In questi anni, si sono diffusi servizi che permettono di veicolare messaggi per la prevenzione e la cura dell’HIV – sottolinea la Prof.ssa Giulia Carla Marchetti, copresidente ICAR –. I check point sul territorio si caratterizzano per l’assenza di barriere e per la presenza di ‘peers’, dei pari, talvolta persone con HIV, con cui l’utente può avere un colloquio informativo sui rischi di contagio da HIV e da Infezioni Sessualmente Trasmesse.
In questi luoghi è possibile fare test rapidi e, se necessario, essere indirizzati verso i centri infettivologici. Una città fast track non si contraddistingue solo per i check point, ma anche per le iniziative sul territorio, come i test e le informazioni portate ai diretti interessati senza mediazioni nelle zone della movida. Una molteplicità di azioni che permettono di diversificare gli sforzi per pervenire al risultato auspicato: diagnosi precoci, avvio della terapia, riduzione dei contagi, secondo il principio del ‘treatment as prevention’”.
Prospettive
“Il check point milanese a cui hanno collaborato le varie associazioni della Community con attività come test rapidi e poi anche con l’attivazione del centro PrEP al di fuori del contesto sanitario sono stati elementi molto importanti per favorire le diagnosi precoci – spiega Massimo Farinella, copresidente ICAR.
“A Roma vi sono varie attività, ma il salto di qualità con l’adesione al progetto fast track cities permetterebbe di sistematizzare e implementare meglio le varie iniziative, anche quelle che si svolgono al di fuori del contesto sanitario, permettendo anche una maggiore diffusione della PrEP. Lo sforzo però deve essere collettivo e richiede l’impiego di risorse: dietro a una fast track city c’è una rete di istituzioni che supporta le attività di tutti i soggetti, centri clinici, associazioni e altri servizi community based che operano attraverso una strategia pianificata per raggiungere gli obiettivi UNAIDS”, conclude.
Mai così caldo! I medici lanciano l’allarme
Anziani, News, PrevenzioneChe i cambiamenti climatici avessero ormai portato ad un caldo estivo insopportabile era evidente da tempo, ma mai si era arrivato di questi tempi a temperature così asfissianti. A lanciare un appello ai cittadini sono ora i medici di famiglia della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), Corrado Calamaro e Luigi Sparano. «Sono anni ormai che d’estate riceviamo chiamate dai nostri pazienti per colpi di calore e altri problemi legati all’aumento delle temperature, ma non abbiamo mai dovuto affrontare un caldo come quello prospettato in questi giorni. Spiamo molto preoccupati per gli effetti che le massime previste, con temperature percepite vicine ai 40, potranno avere. Non solo le persone anziane, ma tutti, dovrebbero evitare per quanto possibile di uscire nelle ore più calde e, comunque, di affrontare lunghi tratti al sole».
Il caldo torrido di Minosse
A spaventare è Minosse, anticiclone che sta per travolgere l’Italia con temperature record su quasi tutto il Nord, il Centro e il Sud. Alla luce delle previsioni meteo che prospettano un’ondata di caldo senza precedenti, i medici di famiglia della Fimmg lanciano un appello alla popolazione, in particolare alle persone anziane e fragili, affinché adottino misure precauzionali per proteggersi ed evitare di dover ricorrere al pronto soccorso. «Il grande caldo può rappresentare un serio pericolo, soprattutto per coloro che soffrono di patologie croniche o hanno un sistema immunitario compromesso», chiariscono Sparano e Calamaro.
Undici città in allerta gialla
Oggi, 18 giugno, è previsto bollino giallo (allerta 1) in 11 delle 27 città monitorate dal bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute. Le massime di oggi si porteranno fino a 38°C in Sicilia e Sardegna (non escluse però punte di 41°C locali, come a Perfugas e Mara nel sassarese), 36°C a Benevento e Foggia ma, per la prima volta nel 2024, anche 34°C a Roma, Firenze e Frosinone. Le città in allerta gialla sono Ancora, Bologna, Cagliari, Campobasso, Firenze, Frosinone, Latina, Palermo, Pescara, Rieti e Viterbo. Mentre sarà bollino arancione (allerta 2, quindi condizioni meteorologiche che comportano un rischio per la salute della popolazione) a Perugia e Roma. E mercoledì saliranno a 10 le città da bollino arancione: Ancona, Bologna, Campobasso, Frosinone, Palermo, Perugia, Pescara, Rieti, Roma e Viterbo.
Il decalogo della salute
I medici di famiglia hanno anche elaborato un decalogo di consigli pratici per aiutare le persone più vulnerabili a gestire al meglio le giornate di caldo intenso:
Semplici ma fondamentali consigli per affrontare in sicurezza le prossime settimane di caldo intenso. «È importante che ogni cittadino faccia la propria parte per proteggere la propria salute e quella dei propri cari», concludono i medici di famiglia.
Tumore al seno metastatico: 37mila donne in Italia. Il forum pazienti
Economia sanitaria, Medicina Sociale, News, PsicologiaIn Italia più di 37 mila donne convivono con un tumore al seno metastatico, con una prospettiva di sopravvivenza che la ricerca ha reso sempre più alta. La diagnosi di cancro alla mammella stravolge la vita delle pazienti e apre molti interrogativi. Come aumentare anche la qualità di vita, partendo dai loro bisogni, è stato il tema protagonista della prima edizione del Patient Forum.
Durante un incontro sono state messe al centro le donne con malattia metastatica. Il forum ha indagato i dubbi delle pazienti: dalla possibilità di ritornare al lavoro, alla capacità di essere presente con la famiglia, allo stile di vita per affrontare il percorso. Il Patient Forum si è tenuto a Milano, promosso da ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno), Europa Donna Italia, F.A.V.O. (Fondazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), Fondazione IncontraDonna, Salute Donna e Komen Italia, con il contributo non condizionante di Gilead.
I temi dell’iniziativa saranno la base per un documento a firma congiunta da portare all’attenzione delle istituzioni al fine garantire un percorso migliore alle pazienti. Il primo aspetto affrontato nel corso dell’evento, alla luce anche del difficile momento economico, è stato quello della “tossicità finanziaria” nel contesto del tumore al seno metastatico.
Tossicità finanziaria
«La diagnosi della malattia va a stravolgere anche la situazione lavorativa di una donna, con la perdita o la riduzione del reddito che si combina a un aumento dei costi da sostenere non solo per i farmaci non prescrivibili e i trattamenti per gli effetti collaterali delle terapie, ma anche per il sommarsi di tante spese indirette», ha sottolineato Flori Degrassi, presidente di ANDOS.
«Il problema si fa ancora più sentire per le lavoratrici con partita Iva iscritte alla gestione separata Inps: per loro sono previsti assegni di malattia e di ricovero spesso irrisori, che non coprono minimamente la perdita indotta dal non poter lavorare a causa del tumore. Ma spesso la situazione lavorativa si fa difficile anche per chi ha tutele contrattuali: si va da demansionamenti più o meno velati a espliciti inviti a dare le dimissioni. Occorre allora mettere a punto un piano con soluzioni innovative che permettano alle donne di concentrarsi solo sulla guarigione: per questo ANDOS, insieme a CREA Sanità, ha elaborato un questionario che è stato inviato ai suoi 52 comitati per ricevere segnalazioni, idee e suggerimenti utili direttamente dalle pazienti».
Supporto psicologico per le persone con tumore metastatico
Il 98% delle pazienti ritiene lo psico-oncologo un bisogno essenziale, ma solo il 25% di loro ha avuto la possibilità di accedere al servizio tramite la struttura ospedaliera che le aveva in cura. Questo il dato rilevato dal progetto di advocacy ForteMente, promosso da Europa Donna Italia in partnership con la Società Italiana di Psico-Oncologia e Senonetwork, con l’obiettivo di assicurare alle pazienti con tumore al seno un adeguato supporto psico-oncologico. Il progetto è stato sviluppato in tre differenti fasi di rilevazione, con un focus sulle donne con tumore al seno metastatico.
«Conclusosi nel 2022 con la stesura di un policy brief, ForteMente ha messo in luce: scarsa considerazione del bisogno, mancanza di informazione, carenza di personale dedicato e formato – ha evidenziato Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia-. Per questo motivo a maggio 2023, abbiamo inviato un questionario ai coordinatori delle Breast Unit per indagare il reale stato dell’arte del servizio di psico-oncologia ed è emersa un’erogazione carente: solo il 28,7% delle Breast Unit può fare affidamento sullo psico-oncologo per più di 20 ore settimanali e solo il 26,4% può garantire la sua presenza lungo tutto il percorso terapeutico. Per queste ragioni la nostra attività di advocacy prosegue con sempre più convinzione.».
Alimentazione con tumore al seno metastatico
Il Patient Forum di Milano ha evidenziato come la qualità della vita di una donna con tumore al seno metastatico passa anche da un miglioramento della qualità della sua alimentazione. «La malnutrizione non va considerata un’ineluttabile conseguenza della malattia oncologica, ma invece un fattore da prevenire o risolvere fornendo alla paziente tutte le indicazioni utili», ha affermato Adele Patrini, Coordinatrice di F.A.V.O. Lombardia, che insieme a F.A.V.O Nazionale dal 2016 promuove la “Carta dei Diritti del malato oncologico all’appropriato e tempestivo supporto nutrizionale” in collaborazione con l’Associazione Italiana di Oncologia Medica e la Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo.
«Sin dal momento della diagnosi, le Aziende sanitarie devono garantire una tempestiva valutazione dello stato di nutrizione, suggerendo quindi un corretto piano alimentare per favorire la terapia di supporto e aiutare al meglio l’organismo aggredito dal cancro. Va però sottolineato che purtroppo ciò non sempre avviene, a dispetto del fatto che si tratta di un diritto sancito dalla nostra Carta a livello nazionale».
Il carengiver
“Prendersi cura anche di chi si prende cura” è stato invece l’invito lanciato al Patient Forum dalla Fondazione IncontraDonna per sottolineare l’importanza di ascoltare e sostenere anche i caregiver. «La figura del caregiver familiare è stata definita per legge come “la persona che assiste e si prende cura del coniuge, del compagno unito civilmente o di un familiare entro il secondo/terzo grado, per periodi limitati o per tutta la vita”, alla quale è assegnata una serie di tutele come i 3 giorni mensili di permesso lavorativo o il cosiddetto “Bonus Caregiver” gestito localmente delle Regioni. Si stima che in Italia ci siano almeno 7 milioni di caregiver non professionali che assistono familiari malati o non autosufficienti, ma ancora non c’è un adeguato riconoscimento giuridico, un soddisfacente accesso a servizi socioassistenziali e supporto psicologico, spesso anche l’informazione è carente.», ha evidenziato Adriana Bonifacino, Presidente di Fondazione IncontraDonna.
«Continueremo ad impegnarci per mantenere alta l’attenzione sul tema e a supportare i caregiver con progetti anche a loro dedicati (RESTART Cancer-Care ad esempio è aperto a pazienti e caregiver, così come le masterclass di CurARTE ). Con una certezza alla base: migliorare la qualità della vita di un caregiver significa anche migliorare quella della persona che assiste, cosa che può protrarsi per anni come nel caso di una malattia metastatica cronicizzata».
Attività fisica con tumore al seno metastatico
Le terapie integrate sono un’altra arma per combattere il tumore al seno metastatico, facendo aumentare la fiducia e la determinazione delle pazienti. Un esempio arriva dal progetto Metadinamiche, promosso da Komen Italia in collaborazione con l’Associazione Onconauti. Otto donne che, sfidando i limiti imposti dalla malattia tumorale metastatica, zaino in spalla e in compagnia di operatori specializzati hanno percorso in cinque giorni 40 km lungo il cammino del Salento.
«Si è trattato di un viaggio dal duplice valore terapeutico: il percorso fisico e quello interiore per recuperare il benessere psicofisico e raggiungere un nuovo equilibrio», ha dichiarato la professoressa Daniela Terribile, presidente di Komen Italia. «Ma più in generale l’’iniziativa vuole porre l’accento sull’atteggiamento proattivo con cui si può affrontare il tumore del seno metastatico: un messaggio che sarà ora inviato anche attraverso il docufilm “Metadinamiche” per contribuire a diffondere la conoscenza delle terapie integrate e favorirne l’accessibilità da parte delle donne con tumore del seno metastatico».
Rapporto medico paziente
Altra sfida lanciata dal Patient Forum di Milano ha riguardato il miglioramento della comunicazione e del rapporto tra i medici e le pazienti. «Occorre un maggior investimento in termini di tempo, partendo da un presupposto fondamentale: ridurre le liste d’attesa non significa andare a diminuire il tempo delle visite per aumentare così il numero totale di quelle effettuate in un giorno. Significa invece aumentare il numero degli specialisti e dare a ognuno il proprio ruolo nell’assistenza del malato», ha precisato la prof.ssa Anna Maria Mancuso, presidente di Salute Donna ODV.
«Perseguire questo obiettivo è la strategia vincente per facilitare una migliore gestione dei sintomi, aumentare l’aderenza ai piani di cura e migliorare la percezione delle pazienti riguardo la qualità delle terapie ricevute, innalzando di molto la fiducia nei confronti dei medici curanti. Tutti fattori che contribuiscono a migliorare la qualità delle terapie e di conseguenza la vita delle donne con tumore al seno metastatico».
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PDTA
Ultimo argomento condiviso con il pubblico presente, ma non per ordine d’importanza, è stato il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, sul quale tutte le associazioni si sono espresse. Le pazienti con tumore al seno metastatico affrontano una malattia “differente” che necessita di un percorso dedicato.
Il PDTA si deve basare su un approccio multidisciplinare. Le pazienti necessitano di diagnosi tempestive, trattamenti personalizzati e supporto psicologico continuo. I loro bisogni differiscono in termini di gestione del dolore, effetti collaterali dei trattamenti e supporto emotivo. È fondamentale garantire un accesso rapido alle cure palliative e creare un ambiente di sostegno che coinvolga anche le famiglie, migliorando così la qualità della vita.
“Il Patient Forum rappresenta per noi un impegno importante. – Afferma Gemma Saccomanni, Sr. Director Public Affairs di Gilead Sciences. – Il confronto e lo scambio di esperienze con tutte le associazioni che ogni giorno operano in oncologia per raggiungere traguardi sempre nuovi per le pazienti con tumore al seno metastatico, uniti alla voce delle donne colpite dalla malattia, sono l’esempio tangibile di quanto ascoltare e parlare apertamente di queste tematiche sia il primo passo per raggiungere importanti obiettivi. Siamo onorati di aver dato il via a un’iniziativa che speriamo in futuro possa essere sempre più inclusiva e diventare una cassa di risonanza rivolta a tutti gli interlocutori coinvolti, dai medici alle istituzioni.”