Tempo di lettura: 3 minutiUna persona con epilessia su tre è farmacoresistente. In pratica, il 30-40% delle persone con la patologia non raggiunge il controllo ottimale della malattia. Tuttavia, la libertà dalle crisi è l’obiettivo primario del trattamento dell’epilessia focale.
Epilessia focale
L’epilessia è una patologia neurologica complessa che colpisce un gran numero di persone nel nostro Paese, interessando circa 600.000 persone in Italia. Questa condizione può insorgere a qualsiasi età, ma la maggior parte dei casi si presenta durante l’infanzia o l’età avanzata. Tra le diverse forme di epilessia esistenti, l’epilessia focale è una delle più comuni: provoca crisi che si originano in specifiche aree del cervello. Rappresenta una sfida per il SSN e richiede approcci diagnostici e terapeutici mirati.
Il documento
Potrebbe rappresentare un riferimento nella gestione e nel trattamento dell’epilessia focale il documento di consenso intitolato “Current challenges in focal epilepsy treatment: an Italian Delphi consensus1”, appena pubblicato sulla rivista internazionale “Epilepsy & Behavior”. Con il supporto di Ethos – e il contributo non condizionante di Angelini Pharma – la Consensus ha riunito 52 esperti italiani di epilessia focale per discutere la gestione di questa condizione neurologica. Gli esperti hanno analizzato le tappe che una persona con epilessia deve affrontare per accedere alle cure del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), definendo il percorso di cura ottimale e le fasi cruciali nella ricerca del trattamento più efficace. Durante l’incontro è stata sottolineata l’importanza dell’’epilessia non controllata’, sono stati identificati i metodi di monitoraggio ottimali e sono stati valutati gli esiti riportati direttamente dalle persone con epilessia per garantire una migliore qualità delle cure.
Gli specialisti hanno discusso di come ottenere il migliore controllo della malattia e migliorare la qualità della vita delle persone con Epilessia. Questo include l’importanza di una diagnosi precoce, la personalizzazione dei percorsi di trattamento e la gestione delle complicanze associate alla resistenza ai farmaci.
Accesso alle cure
Le linee guida internazionali insistono sulla necessità che le persone con Epilessia siano seguite dai Centri per la diagnosi e cura dell’Epilessia: “Dalla ricerca è emerso un forte consenso (90%) sull’importanza di intervenire tempestivamente sin dall’esordio della malattia, ma si evidenzia anche una lacuna nei protocolli standardizzati di cura. Inoltre, l’86% dei partecipanti ritiene che ogni Regione dovrebbe avere un Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per l’epilessia, attualmente presente solo in 5 regioni. Infine, il 79,6% ritiene che la consapevolezza sui Centri per l’epilessia e i trattamenti disponibili sia ancora insufficiente” ha dichiarato il Prof. Oriano Mecarelli Dipartimento di Neuroscienze Umane, La Sapienza Università di Roma e Past President LICE, Lega Italiana contro l’Epilessia
La condizione di epilessia controllata vs. non controllata ai fini della cura – “La ricerca ha messo in luce che, nonostante i progressi, vi è ancora un significativo gap nella gestione ottimale dell’epilessia focale, con il 30-40% delle persone con Epilessia che non raggiunge il controllo ottimale della malattia. Eppure, la completa cessazione delle crisi è un obiettivo possibile, dobbiamo esplorare altre opzioni terapeutiche, come terapie di terza linea e la chirurgia, quando i trattamenti standard non siano sufficienti a raggiungere il target di ‘libertà completa dalle crisi’” ha sottolineato il Prof. Giancarlo Di Gennaro, Direttore del Centro Epilessia presso l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed IRCCS di Pozzilli.
Epilessia in età pediatrica
La transizione dalle cure pediatriche a quelle dell’adulto – “Diciamo sempre che quello nella malattia è un viaggio, ed è per questo che è importante definirne le tappe e le fasi, specialmente nella ricerca del trattamento più adatto, efficace e con il minor numero di effetti collaterali possibili, nel rispetto dell’individualità della persona con epilessia. Penso ad esempio al momento in cui il paziente pediatrico diventa adulto e alla delicatezza del passaggio ad un diverso specialista che si interseca con diverse esigenze di vita nelle dimensioni mediche, psicosociali ma anche professionali” spiega il Prof. Federico Vigevano Dipartimento di Neuroriabilitazione Pediatrica, IRCCS San Raffaele, Roma
“Ai numerosi problemi di gestione si aggiunge il fenomeno della farmacoresistenza, ossia il fallimento di almeno due tentativi di regimi anticrisi, adeguatamente scelti e tollerati. In questo caso è coerente pensare ad una ulteriore opzione di trattamento” aggiunge la Prof.ssa Simona Lattanzi, Clinica Neurologica, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona.
Presa in carico, ma anche follow up adeguato – “Il monitoraggio regolare delle persone con epilessia è parte integrante del percorso per valutare l’efficacia del trattamento, purtroppo la lunghezza delle liste di attesa, al momento, rappresenta una barriera, prosegue Lattanzi.
È stato anche discusso l’impiego dei Patient-Reported Outcomes (PROs) per valutare la qualità del servizio e della cura, sottolineando come questi strumenti siano essenziali per una pratica clinica orientata alla persona. “Le indagini basate sugli esiti riferiti dagli assistiti” sottolinea il Dott. Matteo Scortichini Facoltà di Economia, Valutazione Economica e HTA (EEHTA), CEIS, Università di Roma “Tor Vergata”; Institute for Leadership and Management in Health, Kingston University London, UK “sono un fattore fondamentale per la personalizzazione del trattamento perché contribuiscono a delineare il percorso di cura ideale identificando sia eventuali inefficienze del sistema che le aree di miglioramento. Tanto da essere utili non solo nella pratica clinica ma anche nell’ambito dei trial di ricerca.
Cancro e modifiche epigenetiche, scoperto nuovo fattore scatenante
Farmaceutica, News, Ricerca innovazioneLa scienza ha raggiunto risultati straordinari nella comprensione del cancro. Uno dei più importanti è la dimostrazione che l’inizio e la progressione della malattia dipendano da mutazioni nei geni delle cellule. La scoperta che i tumori siano legati ai danni al genoma ha aperto la strada a una continua ricerca di nuovi geni implicati nei più diversi tipi di cancro, facendo nascere nuove terapie e diagnosi più precise.
Ruolo nascosto delle modifiche epigenetiche
Recenti scoperte stanno portando alla luce un altro importante fattore associato al cancro: le modifiche epigenetiche. Si tratta di cambiamenti nella regolazione dell’attività dei geni che avvengono senza alterare la sequenza del DNA. Questi cambiamenti possono influenzare quali geni vengono “accesi” o “spenti” in una cellula, determinando così il suo comportamento e la sua funzione.
Come influenzano il cancro, lo studio
Negli ultimi anni, gli scienziati hanno scoperto che le modifiche epigenetiche possono giocare un ruolo significativo nello sviluppo del cancro. Queste modifiche possono alterare l’attività dei geni coinvolti nella crescita cellulare, nella divisione e nella morte cellulare, contribuendo così alla formazione di tumori.
Recentemente, uno studio pubblicato su Nature ha dimostrato che le modifiche epigenetiche possono portare alla formazione di tumori, anche in assenza di mutazioni del DNA. In particolare, l’abbassamento temporaneo di certe proteine chiamate Polycomb ha causato la formazione di tumori nel moscerino della frutta, e questo effetto è stato irreversibile.
Implicazioni per la ricerca sul cancro
Questa scoperta rivoluzionaria suggerisce che le modifiche epigenetiche possono essere un fattore critico nello sviluppo del cancro e potrebbero rappresentare nuovi bersagli terapeutici. Capire come queste modifiche influenzano il cancro potrebbe portare a terapie più mirate ed efficaci migliorando le prospettive di cura per i pazienti oncologici.
Fentanyl, anche in Italia la droga zombie
NewsPer la prima volta anche l’Italia si trova a fare seriamente i conti con l’allarme Fentanyl, oppioide sintetico 80 volte più potente della morfina. Ad accendere un campanello d’allarme è stato il ritrovamento della sostanza in una dose di eroina a Perugia, fatto che ha preoccupato non poco le autorità sul rischio che ora possa diffondersi come sostanza da taglio.
Livello 3
Che si tratti di un rischio concreto lo dimostra anche il fatto che il direttore alla prevenzione del Ministero della Salute, Francesco Vaia, ha inviato una nota alle Regioni per segnale l’innalzamento dell’allerta per il Fentanyl in Italia al livello 3. La nota chiede agli Assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Province Autonome di diramare le informazioni con urgenza ai Dipartimenti per le dipendenze e dei Servizi pubblici per le dipendenze (SerD) delle Aassll, e alle Comunità terapeutiche e al personale socio-sanitario delle per «informare le persone che fanno uso di sostanze dei gravissimi rischi per la salute.
Cos’è
A rendere così pericoloso il Fentanyl è il suo effetto devastante. La caratteristica principale è la sua estrema potenza: dosi piccolissime possono avere effetti terribili sul sistema nervoso centrale, portando rapidamente a un’overdose. Non è un caso che il farmaco abbia ricevuto il triste soprannome di “droga zombie” a causa del suo effetto depressivo sul sistema respiratorio. Chi ne fa uso può sembrare in uno stato di trance, con respirazione rallentata e rischio di arresto respiratorio.
Inconsapevoli
La linea tra la dose “efficace” e quella letale è molto sottile. Anche una piccola quantità in più può portare a un’overdose fatale. Un problema enorme è che il Fentanyl viene spesso usato come sostanza di taglio in altre droghe, come l’eroina o la cocaina. Questo aumenta il rischio di overdose per gli utenti che non sono consapevoli della sua presenza.
Epilessia, approccio mirato per i pazienti che non rispondono alle terapie
NewsUna persona con epilessia su tre è farmacoresistente. In pratica, il 30-40% delle persone con la patologia non raggiunge il controllo ottimale della malattia. Tuttavia, la libertà dalle crisi è l’obiettivo primario del trattamento dell’epilessia focale.
Epilessia focale
L’epilessia è una patologia neurologica complessa che colpisce un gran numero di persone nel nostro Paese, interessando circa 600.000 persone in Italia. Questa condizione può insorgere a qualsiasi età, ma la maggior parte dei casi si presenta durante l’infanzia o l’età avanzata. Tra le diverse forme di epilessia esistenti, l’epilessia focale è una delle più comuni: provoca crisi che si originano in specifiche aree del cervello. Rappresenta una sfida per il SSN e richiede approcci diagnostici e terapeutici mirati.
Il documento
Potrebbe rappresentare un riferimento nella gestione e nel trattamento dell’epilessia focale il documento di consenso intitolato “Current challenges in focal epilepsy treatment: an Italian Delphi consensus1”, appena pubblicato sulla rivista internazionale “Epilepsy & Behavior”. Con il supporto di Ethos – e il contributo non condizionante di Angelini Pharma – la Consensus ha riunito 52 esperti italiani di epilessia focale per discutere la gestione di questa condizione neurologica. Gli esperti hanno analizzato le tappe che una persona con epilessia deve affrontare per accedere alle cure del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), definendo il percorso di cura ottimale e le fasi cruciali nella ricerca del trattamento più efficace. Durante l’incontro è stata sottolineata l’importanza dell’’epilessia non controllata’, sono stati identificati i metodi di monitoraggio ottimali e sono stati valutati gli esiti riportati direttamente dalle persone con epilessia per garantire una migliore qualità delle cure.
Gli specialisti hanno discusso di come ottenere il migliore controllo della malattia e migliorare la qualità della vita delle persone con Epilessia. Questo include l’importanza di una diagnosi precoce, la personalizzazione dei percorsi di trattamento e la gestione delle complicanze associate alla resistenza ai farmaci.
Accesso alle cure
Le linee guida internazionali insistono sulla necessità che le persone con Epilessia siano seguite dai Centri per la diagnosi e cura dell’Epilessia: “Dalla ricerca è emerso un forte consenso (90%) sull’importanza di intervenire tempestivamente sin dall’esordio della malattia, ma si evidenzia anche una lacuna nei protocolli standardizzati di cura. Inoltre, l’86% dei partecipanti ritiene che ogni Regione dovrebbe avere un Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per l’epilessia, attualmente presente solo in 5 regioni. Infine, il 79,6% ritiene che la consapevolezza sui Centri per l’epilessia e i trattamenti disponibili sia ancora insufficiente” ha dichiarato il Prof. Oriano Mecarelli Dipartimento di Neuroscienze Umane, La Sapienza Università di Roma e Past President LICE, Lega Italiana contro l’Epilessia
La condizione di epilessia controllata vs. non controllata ai fini della cura – “La ricerca ha messo in luce che, nonostante i progressi, vi è ancora un significativo gap nella gestione ottimale dell’epilessia focale, con il 30-40% delle persone con Epilessia che non raggiunge il controllo ottimale della malattia. Eppure, la completa cessazione delle crisi è un obiettivo possibile, dobbiamo esplorare altre opzioni terapeutiche, come terapie di terza linea e la chirurgia, quando i trattamenti standard non siano sufficienti a raggiungere il target di ‘libertà completa dalle crisi’” ha sottolineato il Prof. Giancarlo Di Gennaro, Direttore del Centro Epilessia presso l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed IRCCS di Pozzilli.
Epilessia in età pediatrica
La transizione dalle cure pediatriche a quelle dell’adulto – “Diciamo sempre che quello nella malattia è un viaggio, ed è per questo che è importante definirne le tappe e le fasi, specialmente nella ricerca del trattamento più adatto, efficace e con il minor numero di effetti collaterali possibili, nel rispetto dell’individualità della persona con epilessia. Penso ad esempio al momento in cui il paziente pediatrico diventa adulto e alla delicatezza del passaggio ad un diverso specialista che si interseca con diverse esigenze di vita nelle dimensioni mediche, psicosociali ma anche professionali” spiega il Prof. Federico Vigevano Dipartimento di Neuroriabilitazione Pediatrica, IRCCS San Raffaele, Roma
“Ai numerosi problemi di gestione si aggiunge il fenomeno della farmacoresistenza, ossia il fallimento di almeno due tentativi di regimi anticrisi, adeguatamente scelti e tollerati. In questo caso è coerente pensare ad una ulteriore opzione di trattamento” aggiunge la Prof.ssa Simona Lattanzi, Clinica Neurologica, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ancona.
Presa in carico, ma anche follow up adeguato – “Il monitoraggio regolare delle persone con epilessia è parte integrante del percorso per valutare l’efficacia del trattamento, purtroppo la lunghezza delle liste di attesa, al momento, rappresenta una barriera, prosegue Lattanzi.
È stato anche discusso l’impiego dei Patient-Reported Outcomes (PROs) per valutare la qualità del servizio e della cura, sottolineando come questi strumenti siano essenziali per una pratica clinica orientata alla persona. “Le indagini basate sugli esiti riferiti dagli assistiti” sottolinea il Dott. Matteo Scortichini Facoltà di Economia, Valutazione Economica e HTA (EEHTA), CEIS, Università di Roma “Tor Vergata”; Institute for Leadership and Management in Health, Kingston University London, UK “sono un fattore fondamentale per la personalizzazione del trattamento perché contribuiscono a delineare il percorso di cura ideale identificando sia eventuali inefficienze del sistema che le aree di miglioramento. Tanto da essere utili non solo nella pratica clinica ma anche nell’ambito dei trial di ricerca.
“Il profumo dei ricordi”, per sostenere i pazienti con poliposi nasale
NewsLa rinosinusite cronica con poliposi nasale è una malattia infiammatoria di tipo 2 che riguarda il 4% della popolazione mondiale. Si tratta di una patologia che può incidere pesantemente sulla qualità della vita di chi ne è affetto. Tra i sintomi più gravi vi è la perdita totale o parziale dell’olfatto, il senso che più di tutti è legato alle emozioni e ai ricordi.
Per sensibilizzare sulla patologia è nata la campagna “Il Profumo dei Ricordi” ideata da Sanofi Italia, insieme alle associazioni dei pazienti FederASMA e Allergie Onlus e Associazione Respiriamo Insieme, e in collaborazione con Aquaflor Firenze. Il progetto, grazie alla creazione di una fragranza per ambienti, parla di ricordi ritrovati e vuole lanciare un messaggio di speranza per chi convive con la rinosinusite cronica con poliposi nasale. L’iniziativa e le Associazioni possono essere sostenute in modo attivo.
Liste d’attesa e ritardi, i cittadini costretti al privato
Economia sanitaria, NewsListe d’attesa tre cittadini su quattro hanno rinunciato a curarsi con il Servizio sanitario nazionale, ma due su tre sperano ancora in una sanità totalmente pubblica. È questo uno degli aspetti più significativi che emergere dal sondaggio condotto da Ipsos in occasione della giornata mondiale della salute. Dell’indagine realizzata dall’Osservatorio ItaliaInsight di Ipsos, colpisce che il 74% delle persone intervistate ha dovuto rinunciare almeno una volta ad una prestazione del Servizio sanitario nazionale a causa dei tempi di attesa (è accaduto più frequentemente al 65% dei cittadini). Si aggiunga che il 57% degli intervistati ha dovuto rinunciare perché la prestazione non era erogata nella propria zona. E come sempre, il dato è più preoccupante nelle regioni del Centro Nord e del Centro Sud, ma si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il Paese.
Difendere il diritto alla salute
L’80% dei cittadini che hanno rinunciato a curarsi nel Servizio sanitario nazionale ha avuto comunque la possibilità di rivolgersi a un servizio privato per ottenere la prestazione, mentre il 16% ha del tutto rinunciato alle cure, una percentuale che tende a raddoppiare tra le fasce della popolazione più in difficoltà economiche e socialmente più marginali. Nonostante queste evidenti lacune, il 64% del campione sostiene che la sanità debba essere esclusivamente pubblica “ad ogni costo” (metà dell’intera popolazione accetterebbe anche un aumento delle tasse se finalizzate a sostenere il SSN) mentre il 26% accetterebbe un sistema misto pubblico-privato.
Medici di famiglia
Una posizioni più dure a riguardo è quella di Silvestro Scotti, segretario generale di Fimmg “L’offerta specialistica risente in tutto il Paese di una insufficiente disponibilità di risorse economiche ed organizzative per garantire i livelli essenziali di assistenza – sottolinea – e a questo si aggiunge la difficoltà per molti cittadini di raggiungere il luogo in cui la prestazione viene offerta, spesso troppo lontana dai luoghi di vita delle persone. La medicina generale si riconferma ancora una volta l’unico vero baluardo del Servizio sanitario nazionale strutturalmente adeguato a fornire ai cittadini un’assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socio-economiche, trasversalmente in tutto il Paese”.
Accesso alle cure
Scotti ricorda poi come l’accesso alle prestazioni indifferibili dal proprio medico non prevede liste di attesa, mentre le visite programmate vengono effettuate entro pochi giorni. Per questi motivi i cittadini non rinunciano alle prestazioni del proprio medico di famiglia, a differenza di quello che accade in altri ambiti. La difesa del servizio sanitario pubblico, conclude Scotti, passa attraverso la difesa della medicina generale, che è ancora oggi espressione compiuta dei principi che ne hanno ispirato l’istituzione.
Oblio oncologico, nuovi termini per alcune patologie
News, News PresaUn nuovo Decreto (24 aprile 2024) pubblicato già in Gazzetta Ufficiale, riduce ulteriormente i termini (stabiliti in 10 anni) per alcune neoplasie oncologiche rispetto a quelli previsti dalla legge sull’oblio oncologico del 2023. Si arriva addirittura entro un anno dalla fine delle cure se la diagnosi è precedente al compimento del 21° anno di età.
La nuova legge sull’oblio oncologico
La legge sull’oblio oncologico garantisce alle persone che nella loro vita hanno sofferto di un cancro il diritto di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica. L’iniziativa mette fine così a discriminazioni e ostacoli nell’accesso a pratiche burocratiche e bancarie e perfino alla possibilità di adozione.
«Accogliamo con immensa soddisfazione questo ulteriore passo avanti della Politica su un tema a noi molto caro e per il quale ci battiamo da almeno un decennio – afferma Annamaria Mancuso, Presidente di Salute Donna ODV e Coordinatrice del Gruppo di advocacy “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” – le persone colpite da un cancro devono sopportare un lungo e faticoso percorso di cura e follow up, è giusto che al termine delle cure quando la malattia è sconfitta, possano tornare a vivere come tutti gli altri cittadini italiani e accedere a quelli che sono diritti inalienabili della persona. Ringraziamo i politici e i legislatori sensibili a queste problematiche e auspichiamo di proseguire insieme a loro sulla strada del dialogo proficuo e costruttivo».
Le neoplasie elencate nella Tabella allegata al recente Decreto sono:
Poliposi nasale: intervista al Prof. La Mantia
Podcast“Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi”
Mesotelioma pleurico, cos’è e come si affronta
News, Prevenzione“Ho il mesotelioma, un tumore molto cattivo”. Le parole che hanno scioccato milioni di telespettatori le ha pronunciate il giornalista Franco Di Mare, ospite di Che tempo che fa, che ha rivelato di essere gravemente malato. In un’intervista al Corriere ha poi aggiunto di avere “poco da vivere”. Ma cos’è il mesotelioma pleurico? proviamo a capirlo assieme.
Aggressivo
È una forma grave di cancro che colpisce la membrana sottile (pleura) che riveste i polmoni e la cavità toracica. Spesso associato all’esposizione all’amianto, questo tipo di cancro richiede una diagnosi tempestiva e un trattamento specializzato. In questa guida, esploreremo approfonditamente le cause, i sintomi, la diagnosi e le opzioni di trattamento disponibili per coloro che affrontano questa malattia debilitante.+
Le cause
Il principale fattore di rischio per lo sviluppo del mesotelioma pleurico è l’esposizione all’amianto. Questa sostanza tossica è stata ampiamente utilizzata in molte industrie per decenni, soprattutto nella costruzione, nei cantieri navali e nell’industria automobilistica. Anche se l’amianto è stato bandito in molti paesi, il rischio di sviluppare il mesotelioma pleurico persiste per coloro che sono stati esposti in passato.
I sintomi
I sintomi del mesotelioma pleurico possono variare da persona a persona e possono essere facilmente confusi con altre condizioni polmonari. Tuttavia, i sintomi comuni includono dolore toracico persistente, difficoltà respiratoria, affaticamento, perdita di peso non spiegata e tosse persistente. È fondamentale consultare un medico se si sospetta di avere questi sintomi, specialmente per coloro che hanno una storia di esposizione all’amianto.
La diagnosi
La diagnosi precoce del mesotelioma pleurico è essenziale per migliorare le prospettive di trattamento e sopravvivenza. I test diagnostici possono includere raggi X del torace, tomografia computerizzata (TC), risonanza magnetica (RM) e biopsie per confermare la presenza del cancro. I medici possono anche valutare la storia di esposizione all’amianto del paziente per determinare il rischio e l’origine della malattia.
Trattamento
Il trattamento del mesotelioma pleurico dipende dallo stadio della malattia e dalle condizioni generali del paziente. Le opzioni di trattamento possono includere la chirurgia per rimuovere il tumore e parte della pleura, la chemioterapia per distruggere le cellule cancerose e la radioterapia per ridurre la dimensione del tumore e alleviare i sintomi. In alcuni casi, possono essere utilizzate terapie innovative come l’immunoterapia o la terapia genica. La cosa importante da comprendere è che, nonostante la gravità della malattia, con una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo, è possibile migliorare significativamente le prospettive di sopravvivenza e la qualità della vita per coloro che vivono con il mesotelioma pleurico.
Ascoltare errori grammaticali mette sotto stress il cuore. Lo studio
NewsUn’indagine condotta presso l’Università di Birmingham ha indagato gli effetti degli errori grammaticali sulla salute fisica e mentale degli individui. I risultati dimostrano che ascoltare “strafalcioni” influisce sulla variabilità della frequenza cardiaca, segnalando uno stato di tensione e stress.
Questo studio, guidato dai professori Dagmar Divjak, specialista in linguistica cognitiva, e Peter Milin, esperto di psicologia del linguaggio, fa emergere una nuova dimensione nella relazione tra fisiologia umana e comprensione linguistica.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Neurolinguistics, ha coinvolto 41 partecipanti, esaminando il legame tra errori grammaticali e la Heart Rate Variability (HRV), un indicatore fisiologico dell’attività del sistema nervoso autonomo. I risultati hanno rivelato una correlazione diretta tra la presenza di errori grammaticali e la diminuzione della HRV: più errori una persona ascolta, più regolare diventa il suo battito cardiaco, suggerendo uno stato di stress e tensione.
Ascoltare errori mette a rischio il cuore
La ridotta variabilità cardiaca, emersa dalla ricerca, è stata associata a un aumento del rischio cardiologico. In altre parole, indica una minore capacità del cuore di adattarsi alle esigenze dell’organismo. Questo fenomeno è stato assimilato a camminare sempre allo stesso passo: un ritmo rigido e regolare aumenta il rischio di cadute in caso di perturbazioni, poiché limita la capacità di adattamento del corpo.
Gli autori dello studio ipotizzano che l’HRV potrebbe fungere da indicatore di conoscenza linguistica, permettendo di valutare la correttezza linguistica tramite reazioni fisiologiche. Ad esempio, misurando l’HRV di un madrelingua inglese durante l’ascolto di uno straniero che parla inglese, è possibile determinare se il parlante straniero sta utilizzando correttamente la lingua. Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per valutare l’influenza di altri fattori, come la gradevolezza della voce o dell’accento, sui risultati ottenuti.
Demenza: lavoro creativo dopo i 30 anni protegge quanto istruzione
Anziani, News, News Presa, Prevenzione, PsicologiaUn recente studio condotto da ricercatori norvegesi e americani, pubblicato su Neurology rivela che i titoli accademici offrono una protezione parziale dal rischio di demenza nell’età avanzata. La vera difesa risiede nell’esercizio di una mente creativa tra i 30 e i 65 anni.
Demenza, indici di rischio
Un alto livello di istruzione unito alla creatività rappresentano un simbolo di resistenza alla demenza e al mild cognitive impairment (MCI), una condizione precursore della demenza.
Tuttavia, la bassa istruzione può essere compensata dalla creatività. Infatti i ricercatori hanno scoperto che le abilità cognitive acquisite a scuola proteggono al pari di lavori che stimolano mentalmente. Questo significa che anche chi ha una laurea, ma svolge un lavoro monotono e poco stimolante, affronta lo stesso rischio di demenza di chi ha solo la licenza media o il diploma, ma svolge un lavoro creativo e coinvolgente, come orafi o sarti.
Demenza e routine nel lavoro
Gli studiosi hanno sviluppato l’indice RTI (routine task intensity index) per misurare il livello di routine nel lavoro. Insegnanti elementari e liceali hanno un RTI basso, mentre assistenti d’infanzia e infermieri hanno un RTI medio-basso e negozianti un RTI medio-alto.
Nuove professioni e automazione
Il vecchio dizionario dei titoli professionali USA non è più affidabile, dato che i lavori non sono più semplici mansioni manuali. Oggi, con l’automazione del lavoro, anche la catena di montaggio richiede competenze avanzate in tecnologie digitali, intelligenza artificiale e robotica.
Entro il 2030, in Italia, saranno automatizzati 7 milioni di posti di lavoro, con conseguente impatto sul decadimento cognitivo dei lavoratori meno qualificati.
Fattori di rischio e prevenzione
Altri fattori che contribuiscono al rischio di demenza includono lo stato civile, la solitudine, il tempo libero per attività ricreative, obesità, diabete, calo dell’udito, fumo e mancanza di attività fisica.
Uno dei fattori più importanti di prevenzione sono le relazioni sociali, le attività culturali o di volontariato e avere un supporto emotivo.
La riduzione dell’isolamento sociale può ridurre il rischio di depressione, collegata alla demenza e all’Alzheimer. Vivere in modo interattivo con gli altri può non solo ridurre il rischio di demenza ma anche aumentare la longevità.