Tempo di lettura: 3 minutiUn tumore raro, un 0intervento straordinario e una giovane incinta, sono gli elementi chiave di una storia che sta facendo il giro del web. Torino diventa il palcoscenico di un caso medico straordinario, con un lieto fine che ha toccato il cuore di molti. Andiamo con ordine. Una donna di 36 anni ha partorito un bambino in perfetta salute, pochi mesi dopo aver subito un complesso intervento neurochirurgico per rimuovere un tumore raro alla testa. Un caso, una storia, che ha coinvolto l’eccellenza medica della Città della Salute di Torino, richiamando esperti da diverse specialità per una sfida senza precedenti.
La diagnosi di tumore durante la gravidanza
Il caso ha avuto inizio durante il terzo mese di gravidanza, quando la futura mamma ha iniziato a manifestare disturbi alla vista. Questi sintomi hanno spinto i medici del reparto di Ostetricia e Ginecologia universitaria 1 dell’ospedale Sant’Anna, diretto da Chiara Benedetto, a effettuare degli approfondimenti diagnostici. La risonanza magnetica ha rivelato un tumore di 1,5 cm, situata in una zona critica del cranio, dove stava iniziando a comprimere i nervi responsabili del movimento oculare.
Il tumore, rivelatosi poi un condrosarcoma, è molto raro e di solito si sviluppa nelle ossa lunghe. Tuttavia, in questo caso, la massa si era formata all’interno della scatola cranica, rendendo l’intervento chirurgico l’unica opzione possibile.
Un intervento neurochirurgico mini-invasivo
Data la delicatezza della situazione, i medici torinesi hanno concordato sulla necessità di un intervento neurochirurgico immediato. L’operazione è stata eseguita presso l’ospedale Molinette, utilizzando una tecnica mini-invasiva endoscopica. L’equipe, guidata dal dottor Francesco Zenga e dalla dottoressa Federica Penner, ha eseguito l’intervento passando attraverso le narici della paziente per raggiungere il centro del cranio, dove il tumore si era insediato.
Questo approccio innovativo ha permesso di ridurre al minimo l’invasività e di evitare ulteriori complicazioni per la gravidanza. L’intervento, durato circa tre ore, si è concluso con successo, permettendo alla donna di continuare la gravidanza in sicurezza.
Un parto sicuro e un bambino in salute
Alla 38sima settimana di gravidanza, dopo mesi di cure e monitoraggi costanti, la donna ha partorito con taglio cesareo un bambino sano, del peso di 3 chili e 90 grammi. Mamma e figlio sono ora a casa, e nonostante la donna debba proseguire le cure per il tumore, il peggio sembra ormai alle spalle.
Il ruolo cruciale della sinergia medica
Il successo di questa complessa vicenda è stato possibile grazie a un approccio multidisciplinare, come sottolineato dai medici coinvolti. “Sono felice che questa mamma sia riuscita a realizzare il suo sogno, nonostante abbia dovuto affrontare una sfida molto impegnativa”, ha dichiarato la professoressa Chiara Benedetto, che ha seguito la paziente durante l’intera gravidanza. La dottoressa ha evidenziato come il risultato sia stato frutto di un grande lavoro di squadra.
Anche il dottor Francesco Zenga ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra specialisti, infermieri e medici. “Un intervento neurochirurgico durante una gravidanza presenta sfide enormi, soprattutto quando coinvolge una zona così delicata, ricca di strutture e vasi sanguigni”, ha commentato Zenga, evidenziando la complessità dell’operazione.
Un caso medico unico nella letteratura scientifica
Secondo quanto riportato dalla documentazione medica, questo caso rappresenta un unicum nella letteratura scientifica per due motivi principali. In primo luogo, la rarità del condrosarcoma, un tumore della cartilagine che solitamente colpisce le ossa lunghe, ma che in questo caso si è sviluppato all’interno del cranio. In secondo luogo, la peculiarità di un intervento neurochirurgico su una donna in stato avanzato di gravidanza.
Una nuova speranza
Questo caso straordinario è un esempio di come la medicina moderna, attraverso la collaborazione tra specialisti di diverse discipline, possa affrontare sfide complesse e apparentemente insormontabili, garantendo la salute di mamma e bambino. La vicenda della giovane madre torinese, che ha dovuto affrontare un delicato intervento chirurgico durante la gravidanza, si conclude con un lieto fine, offrendo una speranza e un esempio per tante altre donne che potrebbero trovarsi in situazioni simili.
Grazie all’eccellenza medica e a un approccio innovativo e multidisciplinare, la mamma e il suo bambino sono ora a casa, pronti a guardare al futuro con serenità.
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Carboidrati, quando ci fanno male
Alimentazione, Benessere, NewsI carboidrati sono visti in genere come il male assoluto. Ma sono veramente così dannosi? Iniziamo col comprendere cosa sono. Si tratta di composti chimici costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno e, insieme a proteine e grassi, rappresentano i principali macronutrienti di cui il corpo umano necessita. Questi nutrienti si trovano soprattutto nei cereali e in altri alimenti di origine vegetale, e vengono suddivisi in semplici e complessi. Proviamo allora a vedere la loro classificazione, il loro ruolo nell’organismo e le quantità raccomandate, basandoci sulle recenti linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Semplici e complessi: differenze e fonti
Come detto, i carboidrati si distinguono principalmente in semplici e complessi. Questa classificazione si basa sulla loro struttura chimica e sulla velocità con cui vengono digeriti e assimilati dal corpo. Quelli semplici, o anche zuccheri semplici, comprendono i monosaccaridi e disaccaridi. Sono rapidamente assimilati dall’organismo e vengono utilizzati immediatamente come fonte di energia. Ma quali sono gli alimenti che li contengono? Principalmente:
A causa del loro rapido assorbimento, possono provocare picchi glicemici, aumentando il rischio di sviluppare problemi metabolici, come il diabete, se consumati in eccesso. Altra storia quella dei carboidrati complessi, che sono costituiti da catene più lunghe di zuccheri, come gli oligosaccaridi e i polisaccaridi. Sono presenti in alimenti come:
A differenza dei carboidrati semplici, quelli complessi vengono digeriti più lentamente, garantendo un rilascio graduale di energia. Sono anche più ricchi di fibre, vitamine e minerali, rendendoli una scelta migliore per il mantenimento di una dieta equilibrata e per il controllo della glicemia.
Come lavorano per l’organismo
Benché spesso demonizzati, non dobbiamo mai dimenticare che i carboidrati sono la principale fonte di energia per il corpo umano. Durante la digestione, vengono convertiti in glucosio, che alimenta le cellule e sostiene il metabolismo. Alcune delle funzioni chiave dei carboidrati sono la produzione di energia, il metabolismo dei lipidi e la funzione digestiva. Vediamoli nel dettaglio: per quel che concerne la produzione di energia, il glucosio derivato dai carboidrati viene utilizzato immediatamente o immagazzinato sotto forma di glicogeno nel fegato e nei muscoli.
Inoltre, i carboidrati svolgono anche un ruolo importante nella gestione dei livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue. E, infine, le fibre, un tipo di carboidrato complesso non digeribile, favoriscono la regolarità intestinale e contribuiscono alla salute del microbiota. I carboidrati complessi, grazie alla presenza di fibre, aiutano a ridurre l’assorbimento di colesterolo, contribuiscono a regolare la glicemia e prolungano il senso di sazietà, supportando così il controllo del peso.
Aumento di peso: mito o realtà?
L’idea che i carboidrati siano direttamente responsabili dell’aumento di peso è un mito ampiamente diffuso, ma non sempre accurato. L’aumento di peso si verifica solo quando l’assunzione di carboidrati supera le necessità energetiche del corpo. Quando i carboidrati vengono consumati in eccesso, il corpo li immagazzina sotto forma di grasso. Tuttavia, se si mantengono porzioni adeguate, i carboidrati non sono un fattore diretto di aumento di peso. Infatti, un’alimentazione bilanciata dovrebbe includere una porzione di carboidrati in ogni pasto, suddividendo l’assunzione giornaliera in questo modo:
La gusta quantità?
L’OMS raccomanda di limitare il consumo di zuccheri liberi (quelli aggiunti o presenti naturalmente in succhi e dolci) e di prediligere carboidrati di qualità, come quelli contenuti nei cereali integrali, nelle verdure, nella frutta e nei legumi. Le indicazioni variano in base all’età e al fabbisogno energetico.
Linee guida per gli adulti e i bambini
I nutrizionisti concordano nel considerare che l’alimentazione di un adulto che non presenta particolari patoligie dovrebbe prevedere almeno 400 grammi di verdura e frutta al giorno
25 grammi di fibre alimentari naturali. Per i bambini le linee guida stabiliscono invece che:
Queste raccomandazioni aiutano a garantire un apporto sufficiente di nutrienti essenziali, riducendo il rischio di malattie croniche come diabete, obesità e malattie cardiovascolari.
Alla base di una sana alimentazione
I carboidrati sono un elemento essenziale della dieta, fornendo energia e supportando numerose funzioni corporee. Scegliere carboidrati di qualità, come quelli presenti nei cereali integrali, nelle verdure, nella frutta e nei legumi, è fondamentale per mantenere un buon stato di salute e prevenire patologie legate all’alimentazione. Un consumo equilibrato, seguendo le linee guida dell’OMS, garantisce l’apporto corretto di carboidrati senza il rischio di aumentare il peso corporeo.
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G7 sulla disabilità: ad Assisi i grandi del mondo per diritti e inclusione
Associazioni pazienti, Eventi d'interesse, Medicina Sociale, NewsIl primo G7 sulla disabilità si è aperto ieri, 14 ottobre, ad Assisi. L’incontro, promosso dall’Italia, coinvolge i leader dei Paesi del G7 e ospiti speciali da Tunisia, Kenya, Cile, Vietnam e Sudafrica. Obiettivo: definire strategie comuni per migliorare la vita delle persone, un tema che per la prima volta entra nell’agenda delle grandi potenze mondiali. Il vertice si concluderà domani, 16 ottobre con la firma della Carta di Solfagnano, un documento che punta a fissare impegni concreti su lavoro, vita indipendente e accesso ai servizi.
Italia protagonista con il primo vertice globale sulla disabilità
L’evento di Assisi è il primo summit mondiale dedicato alla disabilità. La ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli ha lanciato l’idea nel 2023, durante la Conferenza ONU sui diritti delle persone diversamente abili, ricevendo subito il sostegno del governo italiano. L’obiettivo è costruire una piattaforma di confronto tra i Paesi del G7 per affrontare il tema su scala globale. L’Umbria è stata scelta per il suo legame con la pace e l’accoglienza.
Il vertice riunisce i ministri dei Paesi del G7 – Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Italia – insieme ai rappresentanti di cinque Paesi ospiti. Un’occasione per definire strategie comuni e ascoltare le associazioni che ogni giorno si occupano dei diritti delle persone diversamente abili. Le sfide riguardano in particolare l’integrazione sociosanitaria, l’inclusione scolastica e lavorativa, e il supporto ai caregiver familiari.
La carta di solfagnano: impegno su otto punti chiave
Il cuore del G7 sarà la firma della Carta di Solfagnano, prevista per il 16 ottobre. Si tratta di un documento che impegna i Paesi firmatari a lavorare su otto temi fondamentali per la vita delle persone diversamente abili. Tra questi, l’inclusione lavorativa, la vita indipendente, l’accesso ai servizi e la partecipazione allo sport. Inoltre, si parla di intelligenza artificiale e nuove tecnologie, per capire come queste possano migliorare o complicare la loro vita. La ministra Locatelli ha spiegato che l’obiettivo del G7 è dare un segnale chiaro: mettere al centro dell’azione politica internazionale le persone con disabilità, affinché possano partecipare pienamente alla vita civile e sociale.
Protezione nelle emergenze
Uno dei temi centrali del vertice è la protezione durante le emergenze. Che si tratti di crisi climatiche, umanitarie o conflitti, le persone con abilità diverse sono spesso le più vulnerabili. La Protezione Civile italiana, con l’intervento del capo dipartimento Fabio Ciciliano, ha portato la sua esperienza nel gestire emergenze come terremoti e alluvioni.
Si discutono nuove misure di sicurezza che possano essere applicate anche a livello internazionale, con un focus specifico sulla protezione in situazioni critiche, che è uno dei pilastri della Carta di Solfagnano.
Risorse e investimenti: l’italia stanzia oltre 400 milioni
La discussione non si limita alle politiche, ma anche alla presentazione dei piani di finanziamento per sostenere le persone con disabilità. L’Italia ha stanziato oltre 400 milioni di euro nell’ambito della riforma della disabilità, con un piano di sperimentazione che partirà in nove province. Tra gli altri fondi, ci sono 50 milioni per il turismo accessibile, 217 milioni per promuovere l’autonomia e 50 milioni per il trasporto scolastico degli studenti diversamente abili.
Una parte rilevante sarà dedicata al bando da quasi 300 milioni rivolto agli Enti del Terzo Settore, che attraverso progetti di inclusione lavorativa puntano a creare opportunità di autonomia. La ministra Locatelli ha annunciato anche il lancio di un progetto pilota in dieci Comuni per sviluppare nuove pratiche di inclusione nelle periferie urbane, in collaborazione con il Terzo Settore.
Buone pratiche e confronto internazionale
Un tema cruciale sarà il “dopo di noi”, ossia le misure da adottare per garantire assistenza e autonomia alle persone con abilità diverse una volta che i familiari non saranno più in grado di occuparsene.
Il futuro della disabilità nelle politiche globali
Il G7 sulla disabilità punta a inserire stabilmente il tema nell’agenda internazionale dei prossimi incontri tra le grandi potenze.
Il confronto ad Assisi è l’inizio di un percorso che dovrà portare a risultati tangibili nel prossimo futuro, a partire dal Piano Nazionale sulla Disabilità. Il documento, elaborato dall’Osservatorio Nazionale e firmato dal Presidente della Repubblica, traccerà la rotta per i prossimi anni, in linea con gli standard della Convenzione ONU sui diritti delle persone con abilità diverse.
Come dimagrire in modo sano e mantenere il peso a lungo
Alimentazione, Benessere, News, Prevenzione, Stili di vitaPerdere peso non riguarda solo l’aspetto, ma è una questione di salute. Il sovrappeso aumenta il rischio di patologie croniche come il diabete, le malattie cardiovascolari e persino alcuni tipi di tumore. Tuttavia esiste una strategia efficace per dimagrire, non riprendere i chili persi e, soprattutto, non mettere a rischio la salute. Non esiste una soluzione universale, ma ci sono linee guida per una perdita di peso duratura.
Come prevenire l’accumulo di peso
Secondo uno studio della Cornell University, un modo per evitare l’accumulo di chili è pesarsi regolarmente. Monitorare il peso una volta a settimana, possibilmente lo stesso giorno, permette di intervenire tempestivamente. Se si nota un aumento, bisogna ridurre gli alimenti superflui come dolci e alcolici, e aumentare l’attività fisica. Gli esperti suggeriscono che chi ha un sovrappeso limitato (fino a 5-6 chili in più) può risolvere il problema con dieta e movimento. Se il sovrappeso è più grave, è necessario l’intervento di un nutrizionista o di un medico.
Una dieta equilibrata per perdere peso
La base di un’alimentazione equilibrata è data da alimenti di origine vegetale: cereali (pane, pasta, riso, mais), poi legumi, verdure, frutta fresca, frutta secca in guscio, piccole quantità di prodotti animali (tra cui preferire latticini e pesce). Questi cibi forniscono energia e nutrienti senza appesantire l’organismo. I prodotti di origine animale, come latticini e pesce, devono essere integrati in piccole quantità. Ad ogni pasto si può alternare le proteine per i secondi piatti: legumi, pesce, uova, formaggi. Alcuni esperti consigliano il pesce per le sue proprietà benefiche sul metabolismo e per la prevenzione di malattie cardiovascolari.
Carboidrati e proteine: sfatiamo i miti
Molti regimi alimentari moderni demonizzano i carboidrati e promuovono un consumo elevato di proteine. Tuttavia, gli specialisti mettono in guardia da questa tendenza. I carboidrati, infatti, dovrebbero costituire tra il 45% e il 60% dell’energia giornaliera. Eliminare del tutto pane, pasta e cereali non è necessario per dimagrire. Un eccesso di proteine, inoltre, può avere effetti negativi sul lungo periodo, alterando il metabolismo. È importante mantenere un equilibrio tra i vari nutrienti, con un apporto moderato di grassi e proteine.
Come misurare il peso e la forma fisica
Il primo strumento per valutare il proprio stato di salute è l’indice di massa corporea (IMC), che si ottiene dividendo il peso per il quadrato dell’altezza. Un valore di IMC inferiore a 25 indica un peso normale, mentre valori superiori segnalano sovrappeso o obesità. Ma l’IMC non racconta tutto: per valutare la distribuzione del grasso corporeo è utile misurare la circonferenza vita. Questa misura, presa appena sopra l’ombelico, non dovrebbe superare i 94 cm negli uomini e gli 80 cm nelle donne. Un accumulo di grasso viscerale, concentrato nella zona addominale, è un indicatore di rischio per malattie metaboliche.
La dieta mediterranea è la scelta migliore
Tra le molte diete proposte per dimagrire, quella mediterranea resta la più raccomandata dagli esperti. Studi che hanno messo a confronto diete iperproteiche, chetogeniche e mediterranee hanno dimostrato che, sebbene le prime due facciano perdere più peso all’inizio, è il modello mediterraneo che garantisce una perdita di peso duratura. La dieta mediterranea è caratterizzata da una ricca presenza di carboidrati provenienti da fonti naturali come cereali integrali, frutta e verdura. Questo modello alimentare non solo favorisce il dimagrimento, ma migliora anche la salute generale.
Cosa mangiare a colazione, pranzo e cena
La dieta mediterranea prevede una distribuzione equilibrata dei pasti durante la giornata. A colazione, si può consumare latte o yogurt con cereali, pane integrale o biscotti secchi. Gli spuntini di metà mattina e pomeriggio possono includere yogurt o frutta fresca. A pranzo, un piatto di pasta o riso con verdure può essere accompagnato da un secondo a base di legumi o pesce. La cena dovrebbe essere più leggera rispetto al pranzo, con una porzione di proteine e verdure. È importante evitare eccessi, soprattutto la sera, quando il metabolismo è meno attivo.
L’importanza del sonno per il peso
Il sonno gioca un ruolo cruciale nel controllo del peso. Dormire poco influisce negativamente sul metabolismo, portando a un aumento di peso. Per questo è preferibile cenare entro le 20:00 per garantire una digestione corretta e non disturbare il sonno. Mangiare troppo tardi, soprattutto cibi pesanti, può interferire con il riposo, riducendo la qualità del sonno e rallentando il metabolismo. Dormire almeno sette-otto ore a notte aiuta a mantenere un equilibrio metabolico sano.
Il fumo aumenta il rischio di morte del 21%
Ricerca innovazione, News, News, PrevenzioneFumare fa male, questo lo sanno tutti. Ciò che non si sapeva, in termini statistici, è di quanto può aumentare la vita se si butta via la sigaretta. O quanto aumenta il rischio di morte per chi non abbandona le “bionde”. Insomma, vediamo dati alla mano, quanto ci costa il vizio del fumo.
Non è mai troppo tardi
A fare luce sulla situazione è uno studio Pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, il rapporto dei ricercatori dell’università del Michigan non lascia spazio ad alcun dubbio: non è mai troppo tardi per smettere di fumare. Buttare le sigarette anche a 75 anni di età aumenta del 14% le probabilità di guadagnare 1 anno intero di vita. Per chi smette a 65 anni invece, dopo aver fumato sin da giovane, le probabilità di 1 anno in più di longevità salgono del 23%.
Aumento del rischio
I ricercatori hanno analizzato i dati di varie indagini su fumo e longevità, ed hanno osservato che in generale, per i fumatori da oltre 30 anni e di mezza età, il rischio di morte nei 25 anni successivi risultava più alto del 21% rispetto ai non fumatori.Ma dai calcoli degli studiosi è anche emerso che eliminare il fumo a qualsiasi età fa inevitabilmente salire l’aspettativa di vita anche a 75 anni.
Correlazione tra fumo di sigaretta e tumore al polmone
Il fumo di sigaretta contiene oltre 70 sostanze chimiche cancerogene, che danneggiano il DNA delle cellule polmonari e compromettono i meccanismi di difesa naturale dell’organismo. Con il tempo, questo porta a mutazioni cellulari che favoriscono lo sviluppo di tumori maligni.
Perché il fumo aumenta il rischio di tumore?
Le sostanze nocive presenti nel fumo, come il catrame e la nicotina, irritano le cellule che rivestono le vie respiratorie. Questo continuo stress cellulare accelera i danni al DNA e riduce la capacità del corpo di riparare i tessuti danneggiati, creando un terreno fertile per la formazione di cellule tumorali. Inoltre, il fumo compromette il sistema immunitario, che ha un ruolo chiave nel prevenire la crescita tumorale.
Fumo passivo: un rischio da non sottovalutare
Non sono solo i fumatori attivi a correre pericoli. Anche il fumo passivo — l’esposizione al fumo da parte di chi vive o lavora accanto ai fumatori — è stato collegato a un aumento del rischio di tumore al polmone. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che ogni anno circa 1,2 milioni di persone muoiono a causa del fumo passivo.
Quali sono i vantaggi di smettere di fumare?
Smettere di fumare porta benefici immediati e a lungo termine per la salute. Uno dei principali è la riduzione significativa del rischio di sviluppare il tumore al polmone. Smettere di fumare non è facile, ma è possibile con la giusta strategia. In primis, la decisione di smettere di fumare deve essere consapevole. Riconoscere le motivazioni personali, come la salute, la famiglia o la prevenzione delle malattie, può rafforzare l’impegno. Esistono diversi approcci che possono aiutare a smettere di fumare. Tra i più efficaci ci sono:
Errori da evitare
Tumore al polmone: fattori di rischio oltre il fumo
Sebbene il fumo di sigaretta sia il principale responsabile dei casi di tumore al polmone, esistono altri fattori che possono aumentare il rischio:
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Tumore al seno e altri tumori femminili in aumento tra le giovani: come prevenirli. Al via Pittarosso Pink Parade
Benessere, Eventi d'interesse, News, News, Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaIl tumore al seno continua a essere una delle principali minacce per la salute femminile in Italia e nel mondo. Negli ultimi anni, si è registrato un aumento dei casi tra le donne più giovani. Nel nostro Paese ogni anno vengono diagnosticati 55.900 nuovi casi di tumore al seno, con un’incidenza sempre maggiore anche tra le under 40.
La prevenzione e la consapevolezza sono i temi al centro dell’undicesima edizione della Pittarosso Pink Parade, evento promosso dalla Fondazione Veronesi per finanziare la ricerca sui tumori femminili e promuovere l’importanza dei controlli periodici.
Diagnosi precoce e nuove terapie: i numeri del cancro al seno in Italia
La diagnosi precoce determina le possibilità di guarigione. L’88% delle donne a cui viene diagnosticato un tumore al seno in stadio precoce riesce a sopravvivere oltre i cinque anni, un risultato che testimonia i progressi fatti nella diagnosi e nel trattamento della malattia. Tuttavia, nel caso del tumore all’ovaio, uno dei tumori femminili più difficili da trattare, il tasso di sopravvivenza a cinque anni scende drasticamente al 43%. La diagnosi precoce in questo caso è ancora più problematica, in quanto i sintomi tendono a manifestarsi solo quando la malattia è in stadio avanzato. Il carcinoma ovarico, infatti, non presenta segnali evidenti nelle fasi iniziali e spesso viene diagnosticato troppo tardi.
Le terapie per il tumore ovarico includono interventi chirurgici e trattamenti farmacologici come la chemioterapia. Tuttavia, molte pazienti vanno incontro a recidive, poiché il tumore può sviluppare resistenza ai trattamenti. Negli ultimi 20 anni, la Fondazione Veronesi ha supportato il lavoro di 608 ricercatori e finanziato 28 progetti di ricerca dedicati ai tumori femminili, con l’obiettivo di trovare cure più efficaci e meno invasive.
La ricerca sui tumori femminili: focus sul papillomavirus e il tumore al collo dell’utero
Il tumore alla cervice uterina, a differenza di quello ovarico, ha visto un calo significativo delle nuove diagnosi grazie alla scoperta del legame tra Papillomavirus (HPV) e cancro. Quasi tutti i casi di tumore cervicale (99,7%) sono infatti collegati all’infezione da HPV, un dato che ha portato allo sviluppo di un vaccino specifico. Grazie alla prevenzione e alla diffusione del vaccino HPV, il tasso di sopravvivenza a cinque anni per il tumore alla cervice è ora del 79%. Se il vaccino fosse ancora più diffuso, sarebbe possibile eliminare quasi completamente questo tipo di cancro. Tuttavia, la sensibilizzazione e l’accesso alla vaccinazione restano sfide cruciali.
La piattaforma innovativa per il tumore al seno: personalizzare le terapie per migliorare le cure
I fondi raccolti durante la Pittarosso Pink Parade saranno destinati a sostenere un progetto di ricerca innovativo promosso dalla Fondazione Veronesi. Si tratta di una piattaforma dedicata al tumore al seno HR+/HER2-, una tipologia di tumore positivo agli ormoni e negativo al recettore HER2, che rappresenta una delle forme più comuni di neoplasia mammaria. La piattaforma mira a personalizzare sempre di più i trattamenti, analizzando il tumore di ogni paziente per identificare il sottotipo specifico e somministrare le terapie più mirate.
Questo approccio, da un lato, permette di scegliere le terapie più efficaci e meno tossiche per ogni paziente; dall’altro, riduce il rischio di effetti collaterali inutili, soprattutto nei casi in cui il tumore sia meno aggressivo. Questo potrebbe permettere di evitare la chemioterapia e la radioterapia in alcuni casi, preservando la qualità della vita delle pazienti senza compromettere le loro possibilità di guarigione.
L’evento Pittarosso Pink Parade: una camminata per sostenere la ricerca
La prevenzione è la prima arma per contrastare il cancro. La Pittarosso Pink Parade torna domenica 20 ottobre per l’undicesima edizione, con l’obiettivo di raccogliere fondi per la ricerca sui tumori femminili e sensibilizzare la popolazione sull’importanza della prevenzione. La camminata di 5 km si terrà in diverse città italiane, con l’evento principale a Milano, dove la partenza è fissata alle 10:00 da piazza San Babila. È possibile iscriversi online sul sito ufficiale della manifestazione. La camminata è aperta a tutti, e chi non potrà partecipare fisicamente potrà comunque aderire virtualmente, sostenendo la raccolta fondi per la ricerca.
A Milano, in collaborazione con il Centro Diagnostico Italiano, sarà presente un camper ambulatorio dove le donne potranno sottoporsi a visite senologiche gratuite. Il camper sarà disponibile dal 18 al 21 ottobre in diverse piazze della città e le visite saranno prenotabili telefonicamente. Quest’anno, per sottolineare l’importanza di un messaggio globale, la Pittarosso Pink Parade coinvolgerà anche i consoli italiani, con l’obiettivo di estendere l’attenzione ai tumori femminili anche fuori dai confini nazionali.
Incinta, operata al cervello per un tumore
News, NewsUn tumore raro, un 0intervento straordinario e una giovane incinta, sono gli elementi chiave di una storia che sta facendo il giro del web. Torino diventa il palcoscenico di un caso medico straordinario, con un lieto fine che ha toccato il cuore di molti. Andiamo con ordine. Una donna di 36 anni ha partorito un bambino in perfetta salute, pochi mesi dopo aver subito un complesso intervento neurochirurgico per rimuovere un tumore raro alla testa. Un caso, una storia, che ha coinvolto l’eccellenza medica della Città della Salute di Torino, richiamando esperti da diverse specialità per una sfida senza precedenti.
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Il tumore, rivelatosi poi un condrosarcoma, è molto raro e di solito si sviluppa nelle ossa lunghe. Tuttavia, in questo caso, la massa si era formata all’interno della scatola cranica, rendendo l’intervento chirurgico l’unica opzione possibile.
Un intervento neurochirurgico mini-invasivo
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Questo approccio innovativo ha permesso di ridurre al minimo l’invasività e di evitare ulteriori complicazioni per la gravidanza. L’intervento, durato circa tre ore, si è concluso con successo, permettendo alla donna di continuare la gravidanza in sicurezza.
Un parto sicuro e un bambino in salute
Alla 38sima settimana di gravidanza, dopo mesi di cure e monitoraggi costanti, la donna ha partorito con taglio cesareo un bambino sano, del peso di 3 chili e 90 grammi. Mamma e figlio sono ora a casa, e nonostante la donna debba proseguire le cure per il tumore, il peggio sembra ormai alle spalle.
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Anche il dottor Francesco Zenga ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra specialisti, infermieri e medici. “Un intervento neurochirurgico durante una gravidanza presenta sfide enormi, soprattutto quando coinvolge una zona così delicata, ricca di strutture e vasi sanguigni”, ha commentato Zenga, evidenziando la complessità dell’operazione.
Un caso medico unico nella letteratura scientifica
Secondo quanto riportato dalla documentazione medica, questo caso rappresenta un unicum nella letteratura scientifica per due motivi principali. In primo luogo, la rarità del condrosarcoma, un tumore della cartilagine che solitamente colpisce le ossa lunghe, ma che in questo caso si è sviluppato all’interno del cranio. In secondo luogo, la peculiarità di un intervento neurochirurgico su una donna in stato avanzato di gravidanza.
Una nuova speranza
Questo caso straordinario è un esempio di come la medicina moderna, attraverso la collaborazione tra specialisti di diverse discipline, possa affrontare sfide complesse e apparentemente insormontabili, garantendo la salute di mamma e bambino. La vicenda della giovane madre torinese, che ha dovuto affrontare un delicato intervento chirurgico durante la gravidanza, si conclude con un lieto fine, offrendo una speranza e un esempio per tante altre donne che potrebbero trovarsi in situazioni simili.
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Perché il mercoledì è il giorno migliore per pesarsi secondo la scienza
Ricerca innovazione, Alimentazione, BenesserePesarsi può essere un modo per mantenere sotto controllo il proprio stato di salute. Tuttavia, secondo una ricerca il giorno in cui ci si pesa può fare la differenza. Secondo uno studio condotto dalla Cornell University, il mercoledì è il giorno migliore per salire sulla bilancia. Gli scienziati hanno dato una spiegazione al perché sia proprio a metà settimana e hanno anche chiarito quanto spesso bisognerebbe farlo.
Perché il mercoledì è il giorno ideale per pesarsi
La ricerca della Cornell University rivela che il mercoledì è il momento ideale per controllare il peso, poiché si tratta del giorno in cui le fluttuazioni settimanali si stabilizzano di più. Durante il fine settimana, infatti, è comune un aumento di peso dovuto a un maggiore consumo di calorie, per esempio durante pasti più abbondanti o meno controllati. Nei giorni successivi, questo peso tende a diminuire man mano che si torna alle normali abitudini alimentari e di attività fisica.
Pesarsi il mercoledì consente quindi di ottenere una misura più stabile, evitando i picchi che si verificano dopo i weekend. Lo studio sottolinea che monitorare il peso lo stesso giorno ogni settimana offre una valutazione più accurata dell’andamento nel tempo, utile soprattutto per chi sta seguendo un piano di perdita o mantenimento del peso.
Quanto spesso ci si dovrebbe pesare
Un altro studio, pubblicato sull’International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, ha esaminato la frequenza ottimale con cui ci si dovrebbe pesare. I risultati mostrano che pesarsi ogni giorno non apporta benefici significativi rispetto a farlo una volta alla settimana. Le persone che si sono pesate una volta alla settimana per diversi mesi hanno registrato una riduzione dell’indice di massa corporea (BMI) da 1 a 3 punti in più rispetto a chi si pesava meno frequentemente, ma non è stata rilevata una differenza notevole tra coloro che si pesavano ogni giorno e chi lo faceva settimanalmente.
Pesarsi quotidianamente, inoltre, può portare a un’eccessiva attenzione sulle fluttuazioni naturali del peso, che spesso sono legate a fattori temporanei come il trattenimento momentaneo di acqua nel corpo. Queste variazioni possono dipendere da variabili come l’idratazione, i livelli di sodio nella dieta e l’attività fisica, rendendo il peso un indicatore meno stabile se monitorato ogni giorno.
I benefici del monitoraggio settimanale
Secondo lo studio, pesarsi una volta a settimana è sufficiente per mantenere un automonitoraggio efficace del peso. Questo tipo di controllo regolare consente di riconoscere eventuali cambiamenti nel corpo e nel comportamento alimentare senza creare l’ansia che potrebbe derivare da un monitoraggio quotidiano. Il monitoraggio settimanale, infatti, tiene conto delle normali oscillazioni di peso e permette di avere una visione più chiara delle tendenze generali.
Al contrario, pesarsi troppo spesso può trasformare il monitoraggio in un’abitudine ossessiva, causando stress e frustrazione. Fluttuazioni giornaliere di 0,5-1 kg sono normali e spesso non riflettono cambiamenti significativi nel grasso corporeo, ma piuttosto variazioni temporanee di liquidi nel corpo.
Le fluttuazioni del peso: cosa sapere
Il peso corporeo può variare di giorno in giorno per ragioni che non sempre riguardano l’accumulo di grasso. Uno studio pubblicato su PLoS One ha analizzato le fluttuazioni settimanali del peso, mostrando che queste possono oscillare fino allo 0,35% nell’arco di sette giorni. Queste variazioni sono spesso legate al contenuto di acqua nel corpo, piuttosto che a cambiamenti reali nella composizione corporea. Ad esempio, dopo un pasto ricco di carboidrati, il corpo trattiene temporaneamente più acqua per immagazzinare energia sotto forma di glicogeno.
Per ogni grammo di carboidrati consumati, il corpo trattiene dai 3 ai 4 grammi di acqua. Tuttavia, questo accumulo di liquidi è temporaneo e non rappresenta un aumento reale di grasso. Inoltre, l’idratazione, i livelli ormonali e l’assunzione di sale influenzano anch’essi il peso corporeo da un giorno all’altro.
Come evitare di diventare schiavi della bilancia
Monitorare il peso può essere uno strumento utile per chi cerca di mantenere uno stile di vita sano, ma è importante evitare che diventi un’ossessione. Sebbene sia utile tenere traccia delle variazioni di peso, è altrettanto importante prestare attenzione ai segnali generali del corpo. La qualità del sonno, il livello di energia e la capacità di concentrazione sono tutti indicatori dello stato di salute e benessere.
Quando il peso scende in modo sano, il corpo invia segnali positivi: più energia, miglior umore e una maggiore capacità di affrontare le attività quotidiane. Al contrario, una perdita di peso troppo rapida, come accade con diete estreme, può compromettere il benessere fisico e mentale, causando stanchezza, irritabilità e difficoltà a concentrarsi.
L’Alzheimer spiegato ai bambini: i consigli dell’esperta
Anziani, Bambini, News, Prevenzione, PsicologiaL’Alzheimer è una malattia dal forte impatto sociale: non colpisce solo il malato, ma coinvolge tutte le persone vicine, come familiari e caregiver. Quando un anziano sviluppa la patologia, l’intera famiglia ne risente, inclusi i nipoti che spesso passano molto tempo con i nonni e si trovano improvvisamente di fronte a persone che non riconoscono più. La persona con Alzheimer può apparire confusa, distratta, talvolta aggressiva, e sempre meno capace di svolgere anche le attività più semplici. Tuttavia, gli specialisti sconsigliano di escludere i bambini o i ragazzi dai contatti con i loro nonni o con persone affette da demenza. Se non coinvolti, i più giovani potrebbero sentirsi inadeguati, anche se il tentativo di protezione è ben intenzionato.
«I bambini e i ragazzi non dovrebbero essere allontanati, è importante affrontare il dolore, ma presentarlo in modo appropriato – spiega Giusy Carrubba, psicologa e psicoterapeuta di Korian Italia che ha avviato iniziative nelle scuole italiane per sensibilizzare i giovanissimi alla malattia -. È fondamentale usare un linguaggio adatto alla loro età e mantenerlo semplice. I risultati dei primi incontri con le scuole sono stati sorprendenti: i bambini comprendono spesso la situazione meglio degli adulti, perché non hanno pregiudizi o blocchi. Gli adulti, al contrario, spesso fanno fatica ad accettare il dolore e a vederlo chiaramente, mentre per i più giovani è più naturale comprenderlo. Le rigidità sono proprie degli adulti».
Tre consigli della psicologa rivolti alle famiglie
Quando si parla di demenza ai bambini, è fondamentale essere sinceri e autentici. È utile spiegare loro che la malattia è ciò che sta causando i cambiamenti nel nonno o nella nonna e che è normale sentirsi spaventati di fronte a queste trasformazioni. La chiave è affrontare il problema con empatia, utilizzando un linguaggio semplice e comprensibile.
Giochi, musica e libri possono essere strumenti utili per spiegare l’Alzheimer e i suoi cambiamenti ai più piccoli.
Ascoltare le paure e le incertezze. In particolar modo quando si tratta di nonni ricoverati in strutture, è importante chiedere ai bambini e ai ragazzi se desiderano andare a trovare i nonni o meno. I bambini devono avere la libertà di scegliere se e quando farlo, senza sentirsi obbligati.
Una canzone per l’Alzheimer
Secondo l’Osservatorio delle demenze, coordinato dall’ISS, in Italia ci sono oltre 1 milione di persone affette da demenza. Di queste, il 50-60% soffre di Alzheimer, cioè circa 600 mila anziani. Inoltre, sono circa 3 milioni i caregiver coinvolti nell’assistenza ai malati di Alzheimer, sia direttamente che indirettamente, nel nostro Paese.
Per aiutare i più giovani a conoscere, comprendere e affrontare l’Alzheimer è nata una canzone dal titolo “Due passi”, di Mirko Saitta nel 2024 dell’etichetta GreyLight Records. Il progetto, racconta il delicato rapporto tra una coppia di anziani e i loro ricordi, le difficoltà di tutti i giorni legate all’Alzheimer, la voglia di rincontrarsi e di stringersi nel presente.
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Come spiega il giovane cantautore, classe 2000: “La prima volta che mi sono imbattuto nell’Alzheimer è stato durante il mio percorso di studi in psicologia. Un incontro accademico, che poi però è diventato realtà con la malattia di mia nonna. È in quegli anni che ho capito cosa significa affrontare le difficoltà quotidiane che l’Alzheimer porta con sé e quanto sia importante capire, studiare e affrontare questa malattia per aiutare, davvero, chi ne soffre”. Dal 21 settembre, la canzone “Due passi” viene trasmessa in tutte le cliniche e le strutture di Korian in Italia, con l’obiettivo di raggiungere quante più persone possibili, attraverso la musica.
Presa Weekly 11 Ottobre 2024
PreSa WeeklyMalattie respiratorie, i rischi dell’autonomia differenziata
Farmaceutica, News, Prevenzione«L’autonomia differenziata potrebbe mettere a rischio la salute di centinaia di migliaia di pazienti affetti da malattie respiratorie, escludendoli di fatto – nelle regioni economicamente più “deboli” – dai vantaggi dei nuovi farmaci biologici esistenti e in arrivo». È un allarme chiaro quello lanciato dai professori Alessandro Vatrella e Antonio Molino, responsabili scientifici di uno degli eventi più attesi dell’anno in fatto di malattie polmonari. La convention, che l’11 e il 12 ottobre vede sull’isola d’Ischia alcuni dei maggiori esperti da tutta Italia, è servita a fare il punto sulle innovazioni e le eccellenze, ma anche le carenze nel trattamento di malattie quali Asma, Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), Pneumopatie interstiziali, Insufficienza respiratoria e altre ancora.
La spesa sanitaria
«Negli anni più recenti, il Covid ha fatto comprendere ai decision maker e all’opinione pubblica quanto sia importante occuparsi attivamente di queste tematiche di salute», spiega il professor Vatrella, che è anche Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio all’Università degli Studi di Salerno. «Al di là della pandemia, che è stata un evento eccezionale, esistono centinaia di migliaia di pazienti colpiti da patologie respiratorie croniche ai quali occorre dare risposte efficaci, che consentano di migliore qualità e durata di vita nonché alleggerire la spesa per il Sistema Sanitario». Per comprendere la portata del problema, basti pensare che solo in Campania la BPCO grava sui conti della sanità per una cifra che si aggira attorno ai 900 milioni di euro l’anno.
Nuove competenze
Una spesa che potrà ridursi se tutti i pazienti già in trattamento regolare e massimale con farmaci inalatori e per i quali vi è indicazione a un add on terapeutico, potranno accedere alla terapia con i biologici disponibili, con la speranza che questi possano modificare in maniera determinante la storia naturale della malattia, puntando su una maggiore interazione ospedale – territorio e su un approccio multidisciplinare.
Il professor Molino (Federico II di Napoli), che è responsabile dell’U.O.S.D. di Malattie Respiratorie presso l’Azienda Ospedaliera dei Colli, sottolinea come la convention di Ischia sia proprio per questo da sempre orientata ad arricchire il bagaglio di competenze non solo degli specialisti pneumologi e di altre discipline, ma anche dei medici di medicina generale e dei medici in formazione specialistica, promuovendo un approccio multidisciplinare alla gestione del paziente con patologie respiratorie.
Farmaci biologici
Quanto alle novità emerse, tra le principali c’è proprio l’arrivo di un nuovo anticorpo monoclonale da impiegare su una selezionata coorte di pazienti con BPCO. «Entro un paio d’anni – spiegano Vatrella e Molino – vedremo realizzarsi questa incredibile possibilità per i nostri pazienti; è la prima volta che avremo a disposizione contro questa malattia un trattamento che non sia solo sintomatico». Ecco perché gli esperti riuniti a Ischia hanno discusso a lungo sull’importanza della fenotipizzazione accurata dei pazienti, conditio sine qua non per l’implementazione ottimale delle innovative opzioni terapeutiche emerse negli ultimi anni. «Questo approccio personalizzato alla medicina respiratoria permetterà di ottimizzare l’efficacia dei trattamenti, riducendo al contempo gli effetti collaterali e razionalizzando l’allocazione delle risorse sanitarie», concludono gli specialisti.
Un confronto, quello di Ischia, che si è esteso a tutte le sfide emergenti nella gestione delle patologie respiratorie croniche come l’asma grave e le malattie polmonari rare, guardando alle nuove strategie di trattamento farmacologico e non farmacologico.
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