Sono 10,7 milioni, pari al 21,3% della popolazione, gli italiani in condizione di fragilità oculistica, ovvero coloro che hanno sia difetti o patologie alla vista sia difficoltà economiche nell’accesso a prestazioni oculistiche, strumenti correttivi o farmaci oftalmici. Si tratta principalmente di donne (il 23,7%) e giovani (25,5%). A livello geografico, il disagio raggiunge il 15,9% nel Nord-Ovest, il 14,5% nel Nord-Est, mentre le percentuali salgono al 24,4% nel Centro e al 27,9% nel Mezzogiorno. Le persone con redditi bassi sono le più esposte al rischio di fragilità oculistica, ma quasi il 21% di coloro che si trovano in questa condizione dispone di un reddito superiore a 35 mila euro annui. I dati emergono dal primo Rapporto della Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia, realizzato in collaborazione con il Censis, dal titolo: “Italiani in condizioni di fragilità oculistica: fotografia di un disagio sociale sommerso”.
Il report, presentato di recente a Roma, durante il secondo meeting annuale della Fondazione, dimostra come la condizione di fragilità oculistica sia determinata dalla coesistenza e dal reciproco influenzarsi di difficoltà economiche e difficoltà relative alla salute della vista, con un peggioramento dello stato di quest’ultima proprio a causa delle difficoltà a sostenere le spese per prestazioni oculistiche, occhiali o lenti a contatto.
A questo proposito, va sottolineato come l’incidenza delle patologie oculistiche peggiora sensibilmente nelle persone fragili: la miopia, ad esempio, colpisce il 42,8% degli italiani con una percentuale che sale al 64% tra le persone in stato di fragilità oculistica. Lo stesso vale per l’astigmatismo presente nel 28% degli italiani e nel 49,7% dei fragili; soffre di presbiopia, invece, il 18,8% dei cittadini, mentre tra i fragili si arriva al 23,2%.
Povertà oculistica: un disagio sommerso
Oltre ai fragili, in Italia 2,7 milioni – il 5,4% – sono in condizioni ancora peggiori, di povertà oculistica, ovvero coloro che hanno problemi alla vista ma risorse economiche assolutamente insufficienti per provvedere ad essa. Basti pensare che il 71,4% di questi, nell’ultimo anno, ha rinunciato alle visite oculistiche per motivi economici. Si tratta di una condizione di disagio che colpisce principalmente le donne (sono il 66,6% delle persone in condizione di povertà oculistica), gli anziani (15,9%), i residenti nel Sud e nelle Isole (53,7%) e nelle grandi città, con oltre 500.000 abitanti (21,7%). Il 49% di chi vive in povertà oculistica ha redditi inferiori a 15.000 euro annui.
L’impatto negativo sul lavoro e nella vita quotidiana
Il 47,7% dei lavoratori con fragilità oculistica denuncia un calo della propria produttività, al punto che il 27,7% è stato costretto a cambiare lavoro e il 22,7% a smettere di lavorare. Inoltre, l’88,2% delle persone in condizione di fragilità oculistica ha riscontrato un impatto negativo nella vita quotidiana: meno autonomia (40,9%), con limitazioni nelle relazioni sociali (32,1%) e nella mobilità (25,5%), e compromissione del tempo libero (83,9%). Il 75,3% delle persone in condizione di fragilità ha difficoltà nell’uso di smartphone, computer e smart tv. L’impatto negativo si riflette anche sul benessere psicologico, causando frustrazione (58,8%), irritabilità (62,6%) e isolamento (42,5%).
Disparità di accesso alle cure
Il 55,6% della popolazione in condizione di fragilità oculistica pensa che la propria vista sia peggiorata a causa della difficoltà di accesso alle cure sanitarie. L’83,5% ha incontrato ostacoli o ha dovuto rinunciare alla sostituzione degli occhiali, il 78,2% ha rinviato o saltato le visite oculistiche. Per far fronte ai costi delle cure della vista il 23,9% delle persone in fragilità oculistica ha subito un calo del proprio tenore di vita e il 47,6% ha dovuto tagliare altre spese.
Le barriere d’accesso al Servizio sanitario e il ricorso al privato
Il 62,8% delle persone con problemi alla vista si rivolge alla sanità privata, perché necessita di un’assistenza sanitaria frequente e tempestiva. L’84,6% degli italiani è convinto che chi ha soldi può curare prima e meglio la propria vista. Il 66,6% pensa che, all’origine di questa disuguaglianza, vi sia la poca attenzione del Servizio sanitario sulla salute della vista.
La prevenzione e la salute della vista dei minori
I problemi alla vista hanno un impatto negativo sull’apprendimento e sulla socialità dei bambini, soprattutto se non vengono individuati per tempo. Per questo motivo le famiglie sottopongono i figli a controlli della vista alla nascita (3,3%), prima dei tre anni (36,5%), al momento di ingresso nella scuola elementare (49,1%) e successivamente (11,1%). L’81,9% delle visite ha uno scopo preventivo. Nella metà dei casi si tratta di scelte autonome dei genitori, nell’altra metà di indicazioni del pediatra. Il 63,9% delle famiglie sceglie strutture private, il 36,1% si affida al pubblico.
“Il rapporto ha messo in luce la rilevante consistenza quantitativa di un disagio sociale, con fondamento sanitario, sinora sommerso e poco conosciuto – fa presente Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis –. I risultati dell’indagine, infatti, certificano che, nella molteplicità delle forme del disagio sociale contemporaneo, del quale sappiamo ancora troppo poco, occorre ormai includere anche la fragilità oculistica che può coinvolgere gruppi sociali che solo in parte coincidono con quelli del disagio socioeconomico tradizionale” specifica De Rita.
“I dati raccolti costituiscono per noi una base preziosa da cui partire per costruire iniziative sempre più efficaci affinché la vista sia un bene di tutti. Si tratta inoltre di uno strumento utile per chi si occupa della salute pubblica e per tutti gli attori coinvolti” – commenta Leonardo Maria Del Vecchio, Presidente della Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia.