Tempo di lettura: 5 minutiIn Italia le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni. Di queste, 6 milioni sono obese, cioè il 12% dell’intera popolazione, secondo i dati del 4° Italian Barometer Obesity Report, realizzato da IBDO Foundation in collaborazione con Istat, Coresearch e Bhave. L’obesità è una condizione associata a molte altre patologie, oggi con l’innovazione sono nate nuove cure e possibilità di interventi meno invasivi, anche grazie all’intelligenza artificiale. Se ne parla nel congresso Sicob in corso a Napoli.
La nuova chirurgia con l’AI
“La grande diffusione della chirurgia metabolica e bariatrica – spiega il professor Marco Raffaelli, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Endocrina e Metabolica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – è stata resa possibile negli ultimi 20 anni dalla definitiva affermazione della chirurgia laparoscopica. La tecnica mininvasiva, attraverso piccole incisioni e l’utilizzo di microcamere, permette di effettuare interventi chirurgici complessi con ripresa più rapida e ridotte complicanze rispetto alle tecniche del passato. L’introduzione delle piattaforme robotiche ci ha poi permesso di fare un importante passo in più. L’uso dei robot chirurgici nella cura dell’obesità è particolarmente indicato in alcuni casi, i più complessi, (grandi obesi, re-interventi)”. Tuttavia, la scelta del percorso terapeutico varia per ogni singolo paziente in base alla sua “individuale unicità, in termini di abitudini alimentari, aspetti psicologici e comorbidità”.
Obesità e reflusso gastroesofageo
“L’obesità – spiega il professor Stefano Olmi, Responsabile della Unità Operativa di Chirurgia Generale e Oncologica, Centro di Chirurgia Laparoscopica avanzata e Centro di Chirurgia dell’obesità presso il Policlinico San Marco a Zingonia – Bergamo – aumenta il rischio di molte altre patologie in comorbidità. Oltre a diabete e tumori – del colon, endometrio e mammella in particolare – vanno contati anche ipertensione arteriosa, apnee notturne e dolori articolari. L’intervento chirurgico non risolve solo il problema del peso, ma anche le comorbilità associate. Non fa eccezione il reflusso gastro-esofageo, patologia associata a circa il 30 per cento degli obesi”. “Il reflusso – continua – è peggiorato dall’obesità ma, al contempo, preclude l’esecuzione di alcuni degli interventi bariatrici. La soluzione che abbiamo sviluppato più di 5 anni fa – continua Olmi – è stata quella di associare l’intervento di plastica anti-reflusso (secondo la tecnica di Rossetti o Nissen) all’intervento di riduzione del volume dello stomaco (sleeve gastrectomy)”. Manuel Abate, business director surgical innovation di Medtronic sottolinea: “in Italia il peso della cronicità affligge il 40% della popolazione, ponendoci di fronte a nuove sfide di sostenibilità, aspettative di salute, inclusione e accesso egualitario alle cure”.
Fissare linee guida mondiali
“Le nuove linee guida SICOB per la chirurgia metabolica e bariatrica in Italia adottano la metodologia più rigorosa al mondo (GRADE®) – sottolinea Maurizio De Luca -, si basano cioè sull’evidenza più solida della letteratura scientifica, a sua volta soppesata in un processo di severa e preliminare analisi critica, e constano di 32 raccomandazioni stilate da 70 esperti. Le linee guida saranno pubblicate, appena saranno approvate dall’Istituto superiore di sanità, ma il loro verdetto è chiaro: la chirurgia metabolica e bariatrica è il trattamento migliore tra quelli disponibili per il trattamento delle classi di obesi con indice di massa corporea superiore a 30”.
“La scarsità degli interventi – continua – rispetto al numero di pazienti che potrebbero beneficiarne, è imputabile al limite delle risorse del SSN destinate alla chirurgia. Sono pochi i centri in Italia esclusivamente dedicati alla chirurgia metabolica e bariatrica e la maggior parte delle chirurgie può dedicare solo una parte delle sue energie a questi interventi che si stanno dimostrando indiscutibilmente salva vita, sul lungo periodo, per i pazienti”.
Nuovi Farmaci per l’obesità e il diabete di tipo 2
L’innovazione ha portato anche nuovi farmaci per la cura dell’obesità che, secondo il professor Francesco Rubino, Ordinario di Chirurgia Metabolica al King’s College London hanno già dato buoni riscontri in studi clinici randomizzati. “Uno dei risultati dell’avvento di farmaci efficaci è quello di contribuire a far comprendere l’obesità come un problema medico, non di stile di vita” sottolinea il professor Rubino. Secondo una ricerca appena effettuata dall’organizzazione internazionale non-profit Metabolic Health Institute di cui Rubino è fondatore e Presidente, vi è ancora una diffusa tendenza, anche fra le stesse persone affette, ad attribuire le cause dell’obesità a un problema di mancanza di responsabilità personale. Lo studio-sondaggio condotto su una popolazione di 1000 persone affette da obesità – dal titolo “Knowledge and Attitudes About Bariatric Surgery and Weight Loss Drugs Among Adults with Obesity” – ha rivelato infatti che la maggior parte degli intervistati considera l’obesità semplicemente come conseguenza di scelte individuali e facilmente modificabili come mangiare troppo e fare poco esercizio fisico. “La ricerca scientifica ci ha mostrato tuttavia che questo non è vero. Le cause dell’obesità sono infatti più complesse e in parte ancora sconosciute – afferma Rubino. In particolare, contribuiscono allo sviluppo dell’obesità, predisposizione genetica e familiare e il ridotto accesso a cibi sani e non ultra-processati (il che spiega, almeno in parte, la correlazione tra obesità e povertà)”.
Superare lo stigma
Erroneamente, si crede che l’obesità sia sempre una scelta, dovuta a scarsa autodisciplina e mancanza di motivazione. Questa convinzione stigmatizzante è forte non solo nell’opinione pubblica, ma anche negli operatori sanitari, individuati come la seconda fonte più frequente di stigma nei confronti del peso dopo i familiari. Il pregiudizio impedisce loro di avere un rapporto emozionale con i propri pazienti e di intervenire nella maniera più opportuna, gestendo i numerosi fattori che, oltre a alimentazione e attività fisica, possono influenzare il peso. Parliamo ad esempio di sonno notturno insufficiente, stress psicologico, interferenti endocrini, farmaci e squilibri ormonali su cui si deve opportunamente intervenire.
“Bisogna sfatare – continua Rubino – due miti sbagliati e dannosi: non è vero che l’obesità è semplicemente una “scelta” dell’individuo e, d’altra parte, non è vero che dieta e movimento fisico da soli possano far guarire dall’obesità. Una dieta equilibrata e l’attività fisica possono sì prevenire l’insorgenza dell’obesità e adiuvare i trattamenti per curarla, ma non sono la cura in sé. Oggi la cura più efficace per l’obesità e, in particolare, per il diabete di tipo 2, è la chirurgia metabolica e bariatrica. Nel caso di diabete di tipo 2 grave e comorbidità multiorgano l’intervento chirurgico è infatti spesso risolutivo e salva-vita. Lo studio del Metabolic Health Institute dimostra tuttavia come i pazienti e il pubblico in generale non siano quasi per nulla al corrente di quest’evidenza scientifica. Ciò spiega in buona parte il perchè oggi meno del 1% dei candidati alla chirurgia ricorrano a questa terapia. È vero, peraltro, che i nuovi farmaci sono oggi un’ottima aggiunta alle nostre opzioni terapeutiche. Se gli studi ulteriori confermeranno i risultati anche sul lungo periodo saremo presto in grado di approcciare l’obesità in maniera simile a come trattiamo oggi altre malattie croniche. La speranza è quella di non continuare a confondere prevenzione e terapia e di poter approcciare l’obesità in maniera più razionale, facilitando l’accesso dei pazienti a terapie scientificamente provate ed efficaci”.
“Per questo l’approccio alla cura dell’obesità deve dispiegarsi su tutti i livelli – conclude il presidente eletto SICOB Giuseppe Navarra -. Nel prossimo futuro, dobbiamo estendere e aumentare la conoscenza attraverso: formazione continua delle figure professionali; confronto con i decisori politici al fine di approvare nelle diverse Regioni dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA ) per la cura dell’obesità e, infine, costruire reti al pari di ciò che è avvenuto per lo Stroke, l’infarto del miocardio ecc.; comunicazione all’opinione pubblica dell’obesità come patologia e della chirurgia come il più efficace strumento, insieme ad altri ovviamente, per la sua cura”.
Punture pericolose, come comportarsi in caso di shock
Bambini, News PresaQuelle di vespe, calabroni e api possono essere punture pericolose per i bambini a causa di un eventuale shock anafilattico. Un rischio che d’estate aumenta in modo esponenziale. Ma come ci si deve comportare in caso di una puntura? Come forma di prevenzione esiste quella che si definisce “procedura desensibilizzante”, riservata ai bambini e ai ragazzi con diagnosi di allergia grave al veleno di questi insetti. «Grazie all’immunoterapia desensibilizzante è possibile prevenire lo shock anafilattico e quindi anche i decessi legati alle punture di insetti» spiega infatti il professor Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia del Bambino Gesù.
Campanelli d’allarme
Oltre a questa forma di prevenzione, è importante saper riconoscere eventuali campanelli d’allarme. Una reazione che deve preoccupare va al di là della zona colpita dal pungiglione. In qualche caso viene interessata gran parte di un braccio o di una gamba, il rigonfiamento raggiunge un picco massimo entro le 48 ore e può durare fino a 7-10 giorni. A volte si presentano anche febbre (lieve rialzo della temperatura corporea), spossatezza e nausea.
Cosa fare
In caso di puntura di insetto, è importante rimuovere immediatamente (entro 20 secondi) il pungiglione, se è visibile, con un movimento secco e rapido (usando le unghie o le pinzette). Trascorsi i primi 20 secondi l’operazione risulterà meno utile perché tutto il veleno sarà stato ormai liberato nel corpo. Dopo la puntura è consigliabile applicare nella zona colpita qualcosa di freddo (ghiaccio, impacchi freddi) ed eventualmente un analgesico (farmaco per calmare il dolore). È anche possibile somministrare un antistaminico per bocca e applicare localmente una pomata cortisonica. Il medico, se necessario, prescriverà una terapia antinfiammatoria a base di cortisone per bocca per 3-7 giorni.
Pronto soccorso
In caso di sospetta reazione allergica è fondamentale rivolgersi prima possibile al medico o al pronto soccorso e, successivamente, pianificare una visita specialistica dall’allergologo. Sarà lui a effettuare un colloquio e una serie di esami con l’obiettivo di verificare se si tratta davvero di una reazione allergica, identificare l’insetto che l’ha causata e verificare attraverso il dosaggio delle IgE specifiche l’esistenza di sensibilizzazione allergica verso il veleno di una o più specie di insetti. In seguito, lo specialista prescriverà dei farmaci di pronto impiego da utilizzare in caso di ulteriori reazioni allergiche scatenate da puntura d’insetto.
Cheratosi attinica, macchie confuse per inestetismi ma rischio tumore
Anziani, News Presa, PrevenzioneLa cheratosi attinica è una patologia della pelle che colpisce soprattutto in età avanzata. Ha una prevalenza del 27,4% negli over 30, con un maggior rischio per chi ha la pelle chiara (Fargnoli et al, 2017).
Sintomi e diagnosi precoce
Causa delle lesioni cutanee piane o in rilievo, ruvide o squamose, di colore rosso, marrone, bianco o rosa. Possono essere confuse anche con inestetismi, invece la patologia non va sottovalutata, mettono in guardia gli specialisti. La cheratosi attinica infatti può evolvere in una forma invasiva di tumore cutaneo, il carcinoma squamocellulare.
A fare la differenza come sempre è la diagnosi precoce. Se individuata in tempo può essere trattata, così da ridurne la possibile progressione e la potenziale pericolosità. Insomma, più precoce è la diagnosi, più facile è la cura. Per sensibilizzare la popolazione a rischio sulla patologia, prende il via la campagna “Derma Point, facciamo il punto sulla cheratosi attinica”, con il contributo non condizionante di Almirall in collaborazione con SIDeMaST, Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse.
Screening gratuiti
Al Policlinico Tor Vergata di Roma, il 9 settembre dalle 9.30 alle 13.00, i dermatologi coordinati dalla Prof.ssa Elena Campione offriranno consulti gratuiti. Un’opportunità per ricevere una diagnosi di cheratosi attinica, patologia della pelle che può evolvere in un tumore cutaneo. Inoltre, da settembre a novembre 2023 saranno coinvolte 12 strutture ospedaliere/universitarie distribuite sul territorio nazionale con giornate di screening dermatologico. I consulti si svolgeranno con prenotazione obbligatorie al sito.
Cheratosi attinica, 80% su corpo esposto al sole
“Le macchie della pelle non sono tutte uguali e alcune necessitano di attenzioni specifiche perché potenzialmente gravi – spiega il Prof. Giuseppe Argenziano, Presidente della SIDeMaST – tra queste ci sono le cheratosi attiniche. Esse compaiono infatti per l’80% su aree del corpo esposte al sole, quindi viso, collo, mani, avambracci e cuoio capelluto, soprattutto nelle persone meno giovani, di carnagione chiara. Negli stadi iniziali possono essere più facili da sentire alla palpazione che da vedere. Solitamente sono asintomatiche, talvolta dolorose, soprattutto possono evolvere in un tumore cutaneo, il carcinoma squamocellulare. Per questo diagnosticarle e trattarle precocemente è indispensabile”.
“La visita dermatologica annuale è fondamentale per la prevenzione di queste lesioni precancerose – spiega la Prof.ssa Campione – che possono essere facilmente intercettate dallo specialista e trattate. Alcuni soggetti sono più a rischio, sia per le specifiche caratteristiche della pelle ma anche per eventuali altre patologie associate, le quali richiedono l’assunzione di farmaci fotosensibilizzanti che possono favorire l’insorgenza delle cheratosi attiniche. Le campagne di prevenzione consentono non solo un’ottimizzazione della diagnosi, ma anche di ottenere una maggiore consapevolezza da parte degli utenti sull’ importanza della fotoprotezione della cute, sui rischi della fotoesposizione acuta e cronica nel favorire i tumori cutanei.”
Epilessia, individuati i geni coinvolti
Ricerca innovazioneDecifrata la mappa dei geni che hanno un ruolo chiave nell’epilessia. A raggiungere questo straordinario traguardo sono stati i ricercatori di un team internazionale, autori di uno studio senza precedenti. Proprio questo sforzo congiunto ha permesso, infatti, di analizzare migliaia di campioni di DNA di persone con epilessia e realizzare un raffronto con campioni appartenenti invece a soggetti sani. Lo studio del consorzio di ricerca è stato poi pubblicato sulla rivista Nature Genetics, con l’obiettivo di migliorare la diagnosi e la cura della malattia.
Lo studio
Come detto, i ricercatori hanno confrontato migliaia di campioni di DNA. Per la precisione quasi 30.000 quelli di persone con epilessia di diversi tipi, messi poi in relazione con il DNA di 52.500 persone senza epilessia. Da questa osservazione è stato possibile soffermarsi sulle differenze, che hanno messo in luce le aree del DNA che potrebbero essere coinvolte nello sviluppo della malattia. In tutto, 26 aree distinte tra cui 19 specifiche di una particolare forma di epilessia chiamata “epilessia genetica generalizzata” (Gge).
Focalizzate e generalizzate
All’interno di queste regioni del Dna sono stati individuati 29 geni che probabilmente contribuiscono all’epilessia. Sono emerse varie differenze alla base dei diversi tipi di epilessia, in particolare quando si confrontavano le epilessie “focali” e “generalizzate”. Per queste ultime sono risultate importanti le proteine che trasportano l’impulso elettrico attraverso gli spazi tra i neuroni nel nostro cervello. Riuscire a far emergere queste differenze ha portato a comprendere meglio i meccanismi della malattia e a valutare l’efficacia dei farmaci.
Terapie
L’identificazione dei cambiamenti genetici associati all’epilessia permetterà di migliorare la diagnosi e la classificazione dei diversi sottotipi di epilessia. Inoltre, i ricercatori hanno anche individuato alcuni farmaci che oggi non sono adoperati nella cura dell’epilessia, ma che promettono di avere effetti positivi perché attivi nei confronti dei geni individuati come responsabili.
Latte materno, il segreto è nei “grassi buoni”
Bambini, Genitorialità, Pediatria, Ricerca innovazioneIl latte materno fa bene alla salute del bambino. Un nuovo studio ne conferma gli effetti benefici e apre la strada allo sviluppo di supplementi per migliorare la salute di lungo termine dei neonati, sia allattati al seno sia con il biberon. Un gruppo di ricercatori australiani ha analizzato la composizione di centinaia di campioni di latte materno riuscendo ad individuare un numero estremamente alto di fosfolipidi eteri, ben più di quanti ne siano stati trovati in campioni di latte animale o di formula. Non a caso la ricerca ha meritato la pubblicazione sulla rivista Nutrition.
Grassi benefici
Ma cosa sono i fosfolipidi eteri (o ether lipids) e a cosa servono? Semplificando un po’, si può dire che sono una classe unica di grassi noti per le loro importanti proprietà cardio-protettive. Questo spiega anche il motivo per il quale i bimbi allattati al seno hanno spesso una maggiore protezione da rischi di malattie, a paragone con i piccoli alimentati con formula. Un dato che stupisce, mai emerso dai precedenti studi, riguarda la quantità dei fosfolipidi. Lo studio guidato da Alexandra George del Baker Institute di Melbourne ha infatti accertato che l’assunzione di fosfolipidi eteri da bebè alimentati esclusivamente al seno è 200 volte maggiore rispetto ai piccoli alimentati esclusivamente con formula.
Nuovi prodotti
Uno degli obiettivi principali ai quali guardare ora è la creazione di una formula che simuli il più possibile il latte materno. Gli studiosi del Baker Institute sono ora impegnati a sviluppare integratori dietetici che possano essere somministrati alle madri che allattano al seno, per potenziare i loro livelli di fosfolipidi eteri. Se si riuscirà in questo compito ne potrebbero beneficiare milioni di nuovi nati che, per ragioni diverse, non possono ricevere nei primi anni il latte materno.
Malattie cardiovascolari, metà casi evitabili con 5 fattori
Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaLe malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte e invalidità nel nostro Paese e nel mondo. Si tratta di patologie a carico del cuore e dei vasi sanguigni, come infarto e ictus. Sebbene alcuni casi siano legati all’età o ad altri fattori, circa un caso su due sarebbe evitabile modificando lo stile di vita. In particolare sono cinque i principali fattori di rischio modificabili secondo gli scienziati: sovrappeso, fumo, pressione alta, diabete e colesterolo alto.
Lo rivela un maxi studio pubblicato sul New England Journal of Medicine condotto in 34 paesi su 1,5 milioni di persone. La ricerca è stata condotta dal consorzio di ricerca Global Cardiovascular Risk Consortium presso la University Heart & Vascular Center of the Medical Center Hamburg-Eppendorf (UKE).
Lo studio
Le malattie cardiovascolari sono responsabili di circa un terzo di tutti i decessi nel mondo. Gli autori dello studio hanno analizzato i dati di 1,5 milioni di persone provenienti da Nord America, America Latina, Europa occidentale, Europa orientale e Russia, Nord Africa e Medio Oriente, Africa sub-sahariana, Asia e Australia. Dallo studio sono emerse differenze nelle otto regioni per quanto riguarda la frequenza dei fattori di rischio. I tassi più alti di sovrappeso sono stati riscontrati in America Latina e i valori più alti di ipertensione e colesterolo alto in Europa. Invece, il fumo è un fattore di rischio determinante in America Latina ed Europa dell’Est, il diabete in Nord Africa e in Medio Oriente. Tutti e cinque i fattori di rischio combinati (eccesso di peso, pressione alta, colesterolo alto, fumo e diabete) ammontano al 57,2% del rischio cardiovascolare nelle donne e al 52,6% negli uomini. Rimane comunque irrisolta una quota sostanziale del rischio cardiovascolare.
Fattori di rischio della malattie cardiovascolari
Dallo studio emerge come all’aumentare dei valori di pressione e colesterolo, aumenti la probabilità che si verifichino malattie cardiovascolari. Dal fumo al sovrappeso, sono cinque i fattori di rischio modificabili.
“Il nostro studio dimostra chiaramente che oltre la metà di tutti gli infarti e gli ictus sono evitabili controllando e trattando i classici fattori di rischio – afferma l’autore Stefan Blankenberg. Invece, circa il 45% di tutti i casi non possono essere spiegati con lo stile di vita.
Dallo studio è emerso anche un legame tra i livelli di colesterolo e la mortalità generale. Infatti, livelli di colesterolo molto bassi e alti aumentano la mortalità. Per quanto riguarda la pressione alta, il rischio è maggiore per una persona quarantenne che per un ottantenne. Invece i chili di troppo gravano allo stesso modo a qualsiasi età sul rischio per il cuore.
Obesità ancora attribuita a mancanza di volontà, oggi nuove cure
News Presa, Ricerca innovazioneIn Italia le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni. Di queste, 6 milioni sono obese, cioè il 12% dell’intera popolazione, secondo i dati del 4° Italian Barometer Obesity Report, realizzato da IBDO Foundation in collaborazione con Istat, Coresearch e Bhave. L’obesità è una condizione associata a molte altre patologie, oggi con l’innovazione sono nate nuove cure e possibilità di interventi meno invasivi, anche grazie all’intelligenza artificiale. Se ne parla nel congresso Sicob in corso a Napoli.
La nuova chirurgia con l’AI
“La grande diffusione della chirurgia metabolica e bariatrica – spiega il professor Marco Raffaelli, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Endocrina e Metabolica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – è stata resa possibile negli ultimi 20 anni dalla definitiva affermazione della chirurgia laparoscopica. La tecnica mininvasiva, attraverso piccole incisioni e l’utilizzo di microcamere, permette di effettuare interventi chirurgici complessi con ripresa più rapida e ridotte complicanze rispetto alle tecniche del passato. L’introduzione delle piattaforme robotiche ci ha poi permesso di fare un importante passo in più. L’uso dei robot chirurgici nella cura dell’obesità è particolarmente indicato in alcuni casi, i più complessi, (grandi obesi, re-interventi)”. Tuttavia, la scelta del percorso terapeutico varia per ogni singolo paziente in base alla sua “individuale unicità, in termini di abitudini alimentari, aspetti psicologici e comorbidità”.
Obesità e reflusso gastroesofageo
“L’obesità – spiega il professor Stefano Olmi, Responsabile della Unità Operativa di Chirurgia Generale e Oncologica, Centro di Chirurgia Laparoscopica avanzata e Centro di Chirurgia dell’obesità presso il Policlinico San Marco a Zingonia – Bergamo – aumenta il rischio di molte altre patologie in comorbidità. Oltre a diabete e tumori – del colon, endometrio e mammella in particolare – vanno contati anche ipertensione arteriosa, apnee notturne e dolori articolari. L’intervento chirurgico non risolve solo il problema del peso, ma anche le comorbilità associate. Non fa eccezione il reflusso gastro-esofageo, patologia associata a circa il 30 per cento degli obesi”. “Il reflusso – continua – è peggiorato dall’obesità ma, al contempo, preclude l’esecuzione di alcuni degli interventi bariatrici. La soluzione che abbiamo sviluppato più di 5 anni fa – continua Olmi – è stata quella di associare l’intervento di plastica anti-reflusso (secondo la tecnica di Rossetti o Nissen) all’intervento di riduzione del volume dello stomaco (sleeve gastrectomy)”. Manuel Abate, business director surgical innovation di Medtronic sottolinea: “in Italia il peso della cronicità affligge il 40% della popolazione, ponendoci di fronte a nuove sfide di sostenibilità, aspettative di salute, inclusione e accesso egualitario alle cure”.
Fissare linee guida mondiali
“Le nuove linee guida SICOB per la chirurgia metabolica e bariatrica in Italia adottano la metodologia più rigorosa al mondo (GRADE®) – sottolinea Maurizio De Luca -, si basano cioè sull’evidenza più solida della letteratura scientifica, a sua volta soppesata in un processo di severa e preliminare analisi critica, e constano di 32 raccomandazioni stilate da 70 esperti. Le linee guida saranno pubblicate, appena saranno approvate dall’Istituto superiore di sanità, ma il loro verdetto è chiaro: la chirurgia metabolica e bariatrica è il trattamento migliore tra quelli disponibili per il trattamento delle classi di obesi con indice di massa corporea superiore a 30”.
“La scarsità degli interventi – continua – rispetto al numero di pazienti che potrebbero beneficiarne, è imputabile al limite delle risorse del SSN destinate alla chirurgia. Sono pochi i centri in Italia esclusivamente dedicati alla chirurgia metabolica e bariatrica e la maggior parte delle chirurgie può dedicare solo una parte delle sue energie a questi interventi che si stanno dimostrando indiscutibilmente salva vita, sul lungo periodo, per i pazienti”.
Nuovi Farmaci per l’obesità e il diabete di tipo 2
L’innovazione ha portato anche nuovi farmaci per la cura dell’obesità che, secondo il professor Francesco Rubino, Ordinario di Chirurgia Metabolica al King’s College London hanno già dato buoni riscontri in studi clinici randomizzati. “Uno dei risultati dell’avvento di farmaci efficaci è quello di contribuire a far comprendere l’obesità come un problema medico, non di stile di vita” sottolinea il professor Rubino. Secondo una ricerca appena effettuata dall’organizzazione internazionale non-profit Metabolic Health Institute di cui Rubino è fondatore e Presidente, vi è ancora una diffusa tendenza, anche fra le stesse persone affette, ad attribuire le cause dell’obesità a un problema di mancanza di responsabilità personale. Lo studio-sondaggio condotto su una popolazione di 1000 persone affette da obesità – dal titolo “Knowledge and Attitudes About Bariatric Surgery and Weight Loss Drugs Among Adults with Obesity” – ha rivelato infatti che la maggior parte degli intervistati considera l’obesità semplicemente come conseguenza di scelte individuali e facilmente modificabili come mangiare troppo e fare poco esercizio fisico. “La ricerca scientifica ci ha mostrato tuttavia che questo non è vero. Le cause dell’obesità sono infatti più complesse e in parte ancora sconosciute – afferma Rubino. In particolare, contribuiscono allo sviluppo dell’obesità, predisposizione genetica e familiare e il ridotto accesso a cibi sani e non ultra-processati (il che spiega, almeno in parte, la correlazione tra obesità e povertà)”.
Superare lo stigma
Erroneamente, si crede che l’obesità sia sempre una scelta, dovuta a scarsa autodisciplina e mancanza di motivazione. Questa convinzione stigmatizzante è forte non solo nell’opinione pubblica, ma anche negli operatori sanitari, individuati come la seconda fonte più frequente di stigma nei confronti del peso dopo i familiari. Il pregiudizio impedisce loro di avere un rapporto emozionale con i propri pazienti e di intervenire nella maniera più opportuna, gestendo i numerosi fattori che, oltre a alimentazione e attività fisica, possono influenzare il peso. Parliamo ad esempio di sonno notturno insufficiente, stress psicologico, interferenti endocrini, farmaci e squilibri ormonali su cui si deve opportunamente intervenire.
“Bisogna sfatare – continua Rubino – due miti sbagliati e dannosi: non è vero che l’obesità è semplicemente una “scelta” dell’individuo e, d’altra parte, non è vero che dieta e movimento fisico da soli possano far guarire dall’obesità. Una dieta equilibrata e l’attività fisica possono sì prevenire l’insorgenza dell’obesità e adiuvare i trattamenti per curarla, ma non sono la cura in sé. Oggi la cura più efficace per l’obesità e, in particolare, per il diabete di tipo 2, è la chirurgia metabolica e bariatrica. Nel caso di diabete di tipo 2 grave e comorbidità multiorgano l’intervento chirurgico è infatti spesso risolutivo e salva-vita. Lo studio del Metabolic Health Institute dimostra tuttavia come i pazienti e il pubblico in generale non siano quasi per nulla al corrente di quest’evidenza scientifica. Ciò spiega in buona parte il perchè oggi meno del 1% dei candidati alla chirurgia ricorrano a questa terapia. È vero, peraltro, che i nuovi farmaci sono oggi un’ottima aggiunta alle nostre opzioni terapeutiche. Se gli studi ulteriori confermeranno i risultati anche sul lungo periodo saremo presto in grado di approcciare l’obesità in maniera simile a come trattiamo oggi altre malattie croniche. La speranza è quella di non continuare a confondere prevenzione e terapia e di poter approcciare l’obesità in maniera più razionale, facilitando l’accesso dei pazienti a terapie scientificamente provate ed efficaci”.
“Per questo l’approccio alla cura dell’obesità deve dispiegarsi su tutti i livelli – conclude il presidente eletto SICOB Giuseppe Navarra -. Nel prossimo futuro, dobbiamo estendere e aumentare la conoscenza attraverso: formazione continua delle figure professionali; confronto con i decisori politici al fine di approvare nelle diverse Regioni dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA ) per la cura dell’obesità e, infine, costruire reti al pari di ciò che è avvenuto per lo Stroke, l’infarto del miocardio ecc.; comunicazione all’opinione pubblica dell’obesità come patologia e della chirurgia come il più efficace strumento, insieme ad altri ovviamente, per la sua cura”.
Salute e Cambiamento Climatico: Una Connessione Cruciale
Medicina Sociale, News Presa, PrevenzioneIl cambiamento climatico è tra i problemi più urgenti e complessi che l’umanità deve fronteggiare. Oltre a effetti evidenti sull’ambiente, il cambiamento climatico ha anche un impatto significativo sulla nostra salute.
Aumento delle temperature e ondate di calore
Uno degli effetti più evidenti del cambiamento climatico è l’aumento delle temperature globali. Le ondate di calore estremo stanno diventando sempre più frequenti e intense, mettendo a rischio la salute di milioni di persone. Le temperature elevate possono causare disidratazione, colpi di calore e agitazione, e colpire particolarmente i bambini, gli anziani e le persone con problemi di salute preesistenti.
Aumento delle malattie trasmesse dai vettori
Il cambiamento climatico può influenzare la diffusione di malattie trasmesse dai vettori, come la malaria, la dengue e la febbre chikungunya. Le temperature più calde possono favorire la proliferazione di zanzare e altri insetti vettori, aumentando il rischio di trasmissione di queste malattie a livello globale.
Effetti sulla qualità dell’aria
Il cambiamento climatico può influenzare la qualità dell’aria, aumentando la concentrazione di inquinanti atmosferici come il biossido di carbonio e l’ozono troposferico. Questi inquinanti possono irritare le vie respiratorie, peggiorare le condizioni di salute respiratoria come l’asma e aumentare il rischio di malattie cardiovascolari.
Impatto sulla sicurezza alimentare
Il cambiamento climatico può minacciare la sicurezza alimentare, influenzando la disponibilità di cibo e la qualità delle coltivazioni. La diminuzione delle rese agricole a causa di eventi climatici estremi può portare a carenze alimentari e a problemi di malnutrizione.
Effetti sulla salute mentale
Il cambiamento climatico può anche avere effetti sulla salute mentale delle persone. Eventi climatici estremi come uragani, alluvioni e siccità possono causare traumi psicologici, ansia e depressione. Inoltre, l’ansia legata alla consapevolezza dei problemi ambientali e delle minacce future può avere un impatto sulla salute mentale delle persone (ecoansia).
Obesità, chirurgia salva vite ma solo 1 paziente su mille accede
Associazioni pazienti, News Presa, Psicologia, Ricerca innovazioneSei milioni di italiani con obesità corrono un rischio molto maggiore di diabete, di tumore e di morte prematura. Gli anni di aspettativa di vita persi invece arrivano fino a quindici. La chirurgia metabolica e bariatrica, con le innovazioni tecnologiche degli ultimi 20 anni, può ridurre fino al 70 per cento del peso in eccesso, riducendo anche le comorbidità. Tuttavia i dati mostrano che solo 30mila, dei 3milioni che potrebbero beneficiarne, accede agli interventi che potrebbero ridurre la mortalità precoce del 16 per cento. La maggioranza degli interventi vengono effettuati nelle regioni settentrionali, dove si realizzano il 55% degli interventi; il 20% al Sud; il 16% al Centro; il 9% nelle isole (dati SICOB 2022).
Obesità e patologie correlate
L’obesità è una delle condizioni tra le più diffuse in Italia e nel mondo. In Italia quasi la metà degli italiani è in sovrappeso e il 10%, una persona su dieci, clinicamente obesa. Di conseguenza aumentano le malattie correlate: diabete tipo 2 per quasi il 60% dei casi, cardiopatia ischemica nel 21% dei casi e fino al 42% di alcuni vengono ricondotti all’obesità che causa, nei pazienti più gravi – di classe III – una riduzione dell’aspettativa di vita tra i 10 e i 15 anni. A queste si aggiunge la maggior predisposizione a forme tumorali quali ad esempio al colon e, nelle donne, all’endometrio, ma anche a neoplasie epato-bilio-pancreatiche, neoplasie linfoproliferative e cancro al seno post menopausale.
Riconoscere l’obesità come patologia
A Napoli da oggi, 29 agosto, fino a domani si riunisce la comunità scientifica mondiale dedicata alla cura dell’obesità. Accesso alle cure, innovazione, robotica e il rapporto tra farmaci e nuovi interventi sono i temi al centro del congresso della SICOB – Società italiana di chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche. “Tutti i dati in nostro possesso dimostrano che l’obesità è una malattia in sé stessa e come tale va riconosciuta sia dallo Stato che dalla società – dichiara il professor Giuseppe Navarra, responsabile del centro di eccellenza di chirurgia bariatrica e direttore delll’UOC Chirurgia Generale ad indirizzo oncologico del Policlinico G. Martino di Messina e presidente eletto SICOB – Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche -. Questo significa capire che i malati d’obesità non hanno colpa della loro condizione. L’obesità non è un vizio, ma è il prodotto di diversi fattori, molti dei quali stiamo progressivamente isolando e comprendendo: dai processi cerebrali che regolano in maniera alterata la sensazione di sazietà alle tante disfunzioni nell’assorbimento dei nutrienti. Accettare l’obesità come patologia significa riconoscere l’impatto gravissimo delle sue conseguenze – con malattie croniche e tumori – ma anche prepararsi a garantire quelle cure alle quali i pazienti hanno diritto: dai nuovi farmaci all’accesso ai circa 130 Centri Chirurgici multidisciplinari certificati e regolati. A tutto questo, SICOB continuerà a dare particolare attenzione fornendo assistenza ai soci nell’affrontare problematiche di tipo medico-legale e alla comunicazione dell’obesità come patologia e della chirurgia metabolica e bariatrica come possibile soluzione, nei casi indicati. Inoltre, ci dedicheremo alla revisione dei criteri di accreditamento tanto dei centri che dei chirurghi e ad implementare uno strumento eccezionale di monitoraggio degli esiti della chirurgia. Mi riferisco al Registro di cui SICOB si è dotata tra i primi al mondo, e che proprio per tale motivo necessita di una profonda e continua revisione. L’inesauribile mole di dati raccolti sarà poi oggetto di analisi e comunicazione dei dati alla comunità scientifica sotto la regia di un comitato scientifico”.
La chirurgia metabolica e bariatrica)
Gli interventi sono aumentati del 300 per cento negli ultimi dieci anni, toccando i circa 30mila all’anno, ma coloro che potrebbero trarne beneficio si stima superino i 3 milioni, ovvero il 50 per cento delle persone con obesità, in Italia circa 6 milioni.
“I dati sono inequivocabili. – spiega il dottor Giuseppe Maria Marinari responsabile U.Op. Chirurgia Bariatrica all’IRCCS Humanitas di Milano – Secondo uno studio condotto dall’Università dello Utah su 22mila pazienti obesi per 40 anni, la mortalità di coloro che si erano sottoposti a chirurgia metabolica e bariatrica si è rivelata decisamente inferiore a quella delle persone con obesità non operate. A loro volta, i pazienti operati hanno una probabilità di morte inferiore del 16 per cento in assoluto e del 29 per cento per le malattie cardiache, del 43 per cento per tumore, e del 72 per cento per il diabete. La chirurgia dell’obesità va estesa ai pazienti per i quali è indicata, perché ha un impatto diretto e sostanziale sia sulla qualità di vita che sull’aspettativa di vita”.
Superare il pregiudizio
“Bisogna sfatare un pregiudizio che ancora oggi persiste – si inserisce il Professor Marco Antonio Zappa, attuale Presidente SICOB – e cioè che la chirurgia metabolica e bariatrica possa essere considerata un intervento di tipo estetico volto a soddisfare i capricci del paziente, “colpevole” di essere una persona con obesità. Questo approccio trascura invece i tantissimi fattori che portano all’obesità quali predisposizione genetica, traumi psicologici, problematiche culturali. Manca la consapevolezza del fatto che si tratta di una malattia per la quale l’intervento si può rivelare un vero salva-vita. Non a caso l’obesità patologica è spesso definita il cancro del terzo millennio. Se non ci fosse l’obesità avremmo il 12% di tumori in meno nell’uomo e il 13,5% nella donna. Per questo tutti questi fattori fanno dell’obesità una malattia gravissima, la seconda causa di morte al mondo. Ma fino a quando continueremo a considerarla un problema estetico di cui il paziente è responsabile, non ne verremo mai fuori “.
“Non si pensi, però, – riprende e ribadisce Marinari – che la chirurgia metabolica e bariatrica sia una bacchetta magica per il dimagrimento oppure per l’aspetto estetico. Al contrario, è un intervento che richiede assoluta consapevolezza e assistenza. Non va bene per tutti e bisogna sapere dire di no ai pazienti, facendo anche capire che l’intervento bariatrico farà venire meno non solo lo stimolo ma anche l’interesse e la gratificazione del cibo: un elemento importante e decisivo nell’equilibrio emotivo della persona. Il paziente affetto da obesità è, infatti, una persona spesso fragile perché reduce, quando si presenta al chirurgo, da molti anni di tentativi falliti di dimagrire. Quello di cui abbiamo bisogno, dunque, è un’umanizzazione delle cure ma, alla luce del vasto bacino di pazienti che avrebbero bisogno dell’intervento, abbiamo bisogno anche di un’urgente razionalizzazione delle risorse. L’adozione del protocollo ERAS® (Enhanced Recovery After Surgery) in chirurgia metabolica e bariatrica è la chiave per raggiungere entrambi gli obiettivi: attraverso una serie di procedure standardizzate, superando pratiche tradizionali ma poco efficaci della chirurgia e avendo cura di includere le aspettative, le priorità e i feedback dei pazienti nel percorso di cura, l’applicazione del protocollo ERAS riduce, di fatto, i tempi di ospedalizzazione migliorando l’esperienza del paziente e permettendo di curare più persone con le stesse risorse”.
Epatite B e C, tracciate malattie correlate in UE
Economia sanitaria, News PresaL’epatite virale è una delle principali minacce per la salute pubblica. I virus dell’epatite B (HBV) e dell’epatite C (HCV) possono causare infezioni acute e croniche e sono tra le prime cause al mondo di cirrosi, epatocarcinoma (cancro al fegato), trapianti e morti correlati a patologie del fegato. Hanno un peso economico e sanitario elevato per via dei loro effetti epatici ed extraepatici.
Eliminare le epatiti virali entro il 2030 è infatti l’obiettivo di una risoluzione del 2016 dell’Assemblea Mondiale della Sanità, dettagliato poi dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in strategie di sanità pubblica e inserito nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Lo studio
L’Università di Milano-Bicocca, con il suo Centro di Studio e di Ricerca sulla Sanità Pubblica (CESP), ha coordinato uno studio Europeo per valutare il carico di incidenza, prevalenza, mortalità e anni di vita persi per disabilità (DALYs) delle malattie correlate al virus dell’epatite B (HBV) e al virus dell’epatite C (HCV). Lo studio ha considerato il Vecchio continente nel periodo dal 2010 al 2019. L’obiettivo dei ricercatori era capire a che punto si trovino i diversi Paesi europei nel raggiungere l’obiettivo prefissato dall’OMS entro il 2030. I risultati dello studio sono appena stati pubblicati su The Lancet Public Health.
Si tratta del primo rapporto completo sul carico dell’HBV e HCV in Europa. Primo autore è Paolo Angelo Cortesi, ricercatore del CESP, che si è avvalso della collaborazione col Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD), coordinato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington. Inoltre hanno partecipato anche il professore Lorenzo Giovanni Mantovani, direttore del CESP, Simon I. Hay e Christopher J. L. Murray, rispettivamente professore e direttore dell’IHME.
Epatite B e C, i numeri in Europa
Nel 2019 in Europa si sono verificati oltre 2 milioni di casi di epatite acuta B e quasi mezzo milione di casi di epatite C. Sono stati stimati 8,24 milioni di casi prevalenti di cirrosi correlata all’HBV e 11,87 milioni di cirrosi correlata all’HCV, con quasi 25mila decessi dovuti a cirrosi correlata all’HBV e circa 37mila decessi dovuti a cirrosi correlata all’HCV. Infine, si sono avuti 9mila decessi per cancro al fegato correlato all’HBV e 23mila dovuti al cancro al fegato correlato all’HCV.
“Tra il 2010 e il 2019 – spiegano Paolo Cortesi e Lorenzo Mantovani – il carico della cirrosi dovuta all’HBV e HCV è diminuito. La cirrosi HBV correlata e l’epatite B acuta hanno mostrato le riduzioni più significative, con un tasso di prevalenza sceso del -20,6 per cento e un tasso di mortalità sceso del -33,19 per cento per la prima malattia e con un tasso di incidenza diminuito del -22,14 per cento e un tasso di mortalità diminuito del -33,27 per cento per la seconda malattia. Nel decennio non sono state osservate variazioni nei tassi standardizzati di incidenza, prevalenza, mortalità e DALYs per il cancro al fegato correlato all’HBV e all’HCV, mentre sono stati osservati aumenti nel numero assoluto di casi in tutte le età (+16,41 per cento nella prevalenza)”.
Lo studio ha anche messo in luce grandi differenze all’interno dell’Europa, con aree che riportano un alto carico, aree con piccole variazioni e aree che necessitano miglioramenti negli interventi di sanità pubblica per raggiungere gli obiettivi di eliminazione dell’OMS. “Nel 2019, l’Europa centrale e orientale hanno presentato tassi di mortalità per cirrosi e epatocarcinoma HBV correlate più elevati rispetto all’Europa occidentale”, precisano il ricercatore e il direttore del CESP.
Secondo Cortesi e Mantovani, “i risultati di questo studio hanno evidenziato notevoli e persistenti carichi di salute legati all’HBV e HCV in Europa, dimostrando che l’ambizioso obiettivo di eliminazione entro il 2030 è ancora lontano dall’essere raggiunto. La disponibilità di test diagnostici affidabili e interventi di trattamento e prevenzione costo-efficaci hanno creato le condizioni per rendere l’eliminazione dell’HCV e dell’HBV un obiettivo fattibile, come dimostrato da alcuni Paesi dove sono stati applicati con ottimi risultati; tuttavia in molti altri Paesi i piani d’azione e le strategie sono ancora inadeguati o assenti, così come il finanziamento per la loro attuazione. Strumenti come il GBD e lo studio appena pubblicato, sono fondamentali per capire se gli interventi implementati stiano portando o meno a raggiungere l’eliminazione dell’epatite virale entro il 2030”.
Smettere di fumare in 10 mosse
News Presa“Smettere di fumare è facile. Io l’ho fatto centinaia di volte”. Questa celebre frase di Mark Twain riassume perfettamente le difficoltà che devono affrontare milioni di incalliti fumatori in tutto il mondo nel loro “percorso di redenzione”. Il tabagismo è una dipendenza e, come tutte le dipendenze, uscirne non è facile. Ma neanche impossibile.
I rischi del fumo di sigaretta
Il fumo di sigaretta è associato a molte gravi malattie, tra cui malattie cardiache, ictus, cancro, malattie respiratorie croniche e molto altro. I componenti tossici della sigaretta danneggiano i polmoni, indeboliscono il sistema immunitario e aumentano il rischio di sviluppare patologie letali. Inoltre, il fumo passivo può influenzare negativamente la salute delle persone che ci circondano, inclusi familiari e amici. Ecco 10 mosse per dire definitivamente addio alle sigarette e ritrovare il proprio benessere.
Il fumo di sigaretta è una minaccia significativa per la salute, smettere di fumare è un passo cruciale verso una vita più sana e soddisfacente. Con impegno, supporto e determinazione, è possibile superare questa dipendenza e godere dei tanti benefici di una vita libera dal fumo.