Tempo di lettura: 3 minutiEntro il 2050, gli esperti stimano che oltre il 50% della popolazione sarà allergica. Secondo l’Accademia europea di allergologia, oggi sono 100 milioni i cittadini europei che soffrono di rinite allergica e 70 milioni di asma. Le due patologie spesso sono associate, al punto che oltre il 90% degli asmatici ha anche la rinite e metà delle persone che hanno la rinite hanno l’asma in diverse gravità. L’andamento crescente delle allergie respiratorie difficilmente potrà cambiare rotta, poiché si lega ai cambiamenti climatici e all’inquinamento. Quest’ultimo, tra le altre cose, rende i pollini più irritanti, anche per chi di fatto non sarebbe allergico.
Allergie respiratorie e sintomi
Le allergie respiratorie sono in aumento in tutto il mondo, complici i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Soltanto l’asma è responsabile di oltre mille morti al giorno a livello globale, molte delle quali evitabili se trattate in modo efficace. Infatti, secondo gli esperti, il controllo/remissione dei sintomi limiterebbe il rischio di crisi, talvolta anche mortali. In particolare, la terapia è importante per scongiurare l’asma.
I sintomi più diffusi sono soprattutto tosse e difficoltà respiratoria che richiedono visite cliniche durante l’attacco e/o ricoveri per la gestione dei casi più severi. In Italia, i costi diretti dell’asma (per l’uso di farmaci e per i servizi sanitari) rappresentano circa l’1-2 per cento della spesa sanitaria, mentre sono maggiori quelli delle allergie che coinvolgono 12 milioni di persone.
Fattori di rischio allergie respiratorie
Ci sono fattori che influenzano l’emergere di queste malattie, come il basso reddito e condizioni di vita più disagiate. Anche il livello di igiene e l’esposizione a sostanze inquinanti possono incidere sulla risposta immune, favorendo la sensibilizzazione allergica. Lo stile di vita occidentale e l’emergenza climatica possono prolungare e facilitare l’esposizione agli allergeni.
Il Patto di Legislatura
Le allergie respiratorie hanno costi sociali ed economico, ma manca ad oggi una rete clinica dedicata all’allergologia che possa contrastare il loro impatto sulla vita dei cittadini. Per questo l’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie ha redatto un documento che invita Governo, Parlamento, Regioni e forze politiche a intraprendere azioni. Il Patto di Legislatura, presentato oggi alla Camera dei Deputati, è stato redatto dai Presidenti dell’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie, On. Paolo Ciani e Sen. Daniela Sbrolini, insieme ai membri del Comitato tecnico scientifico e dei Tavoli di lavoro dell’Intergruppo stesso.
“Chiediamo che la Missione 6 del PNRR riservi una peculiare attenzione legislativa e istituzionale al ruolo dello specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, in tema di riordino dell’assistenza territoriale, considerando una grave mancanze che la figura dell’allergologo non venga mai ricompresa tra i numerosi professionisti che saranno chiamati a fornire assistenza nelle case della comunità”, ha dichiarato l’On. Paolo Ciani, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Segretario della 12a Commissione permanente (Affari Sociali) della Camera dei Deputati.
“L’assistenza allergologica versa in una situazione spesso preoccupante, fortemente ridimensionata ovunque e quasi completamente scomparsa in alcuni ambiti regionali”, ha sottolineato la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Vice Presidente della 1Oa Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato.
Malattie allergiche in aumento
“Le malattie allergiche comportano un grande carico assistenziale, avendo raggiunto ormai una prevalenza nella popolazione generale del 20 per cento. È ulteriormente preoccupante il loro continuo incremento”, ha ribadito Mario Di Gioacchino, Presidente Comitato scientifico dell’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Presidente Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAIAC). A fronte di questo scenario, è grave la mancanza di ogni riferimento alla definizione di una rete clinica dedicata all’allergologia, a differenza di quanto previsto per numerose altre discipline a minore impatto epidemiologico ed assistenziale”.
Stretta relazione con l’inquinamento
“Le malattie allergiche sono strettamente correlate all’inquinamento e alla immissione di nuove sostanze chimiche nell’ambiente di vita. Perciò è prevedibile che il carico assistenziale sarà destinato ad accrescersi ulteriormente nel tempo e con esso i costi sanitari che potrebbero invece essere ridotti con l’adozione di politiche pubbliche orientate alle buone pratiche della prevenzione”, ha detto Andrea Lenzi, Presidente Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute.
“Con il Patto di Legislatura lanciato oggi vogliamo richiamare l’attenzione della politica all’impegno di porre le allergie respiratorie al centro della propria agenda legislativa”, ha ribadito Federico Serra, capo segreteria tecnica Intergruppo Parlamentare sulle Allergie respiratorie, “Occorre potenziare e razionare l’assistenza alle persone che soffrono di queste malattie, aumentare i fondi per la ricerca, implementare la gestione integrata, promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini e assicurare il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale”.
Mai sottovalutare i disturbi della menopausa
PrevenzioneNon tutte le donne in menopausa possono beneficiare delle terapie ormonali sostitutive, ma a quanto pare «molto presto arriverà in commercio un farmaco, non di tipo ormonale, che agisce sui meccanismi che agisce sui centri responsabili della vampata di calore». A dirlo è il professor Costantino Di Carlo, ordinario di Ginecologia e Ostetricia alla Federico II di Napoli. Il Policlinico partenopeo, proprio per la giornata di oggi, ha aperto le porte dei suoi ambulatori per una serie di visite dedicate alle donne. Un importante momento di salute e informazione su un tema che, inaspettatamente, è ancora poco conosciuto.
Più di un fastidio
Il professor Di Carlo ci spiega che molte donne tra i 40 e i 65 anni non sono per nulla informate sui disturbi della menopausa, solo poche sanno realmente di cosa si parla. «Anche sui sintomi c’è poca informazione. Molte donne non ancora in menopausa, e la maggior parte degli uomini, tendono a sminuire le difficoltà legate a questa fase così delicata della vita. Si crede che le vampate siano delle sciocchezze, invece hanno un impatto enorme sulla qualità di vita delle donne».
Patologie a lungo termine
Le vampate sono infatti associate ad un’intensa sudorazione notturna. È molto facile che le donne in menopausa prendano freddo durante la notte e che inizino a soffrire di insonnia. La conseguenza è una stanchezza cronica, un’enorme difficoltà di concentrazione nelle attività quotidiane e, spesso, anche l’insorgere di dolori osteoarticolari legati ai colpi di freddo. D Carlo chiarisce anche che diversi studi hanno dimostrato che le donne che soffrono in maniera importante di vampate di calore sono poi quelle che soffrono di più anche di patologie a lungo termine.
Invecchiamento
Lo specialista spiega che la menopausa è una sorta di acceleratore dell’invecchiamento. Gioca infatti un ruolo importante nel favorire l’insorgenza di patologie cardiovascolari, neurodegenerative (come Alzheimer, Parkinson) o anche l’osteoporosi. Per questo è determinante affidarsi ad uno specialista e, se possibile, sottoporsi ad una terapia ormonale sostitutiva. Terapia che, in ogni caso, dovrà essere ritagliata sulle esigenze della donna.
Diabete: menopausa tardiva o precoce a seconda dei casi
News PresaOggi l’aspettativa di vita media per le donne è di oltre 85 anni e l’età di ingresso in menopausa è intorno ai 52 anni. Pertanto le donne trascorrano in media 30 anni senza la protezione degli estrogeni su cuore e ossa. Il quadro si complica quando, insieme alla cessazione del ciclo mestruale, subentra il diabete, scatenando ‘relazioni pericolose’.
“Nelle donne sane il sistema ormonale funziona in un complesso equilibrio, una orchestra sincronizzata in cui ciascuno strumento conosce la propria parte. Ma nelle donne con diabete il calo degli estrogeni porta a molte ‘note stonate’. La danza degli ormoni perde il ritmo”. Lo ha spiegato la Dr.ssa Veronica Resi coordinatrice del Gruppo di Studio congiunto SID – AMD Diabete e Gravidanza.
“La menopausa è un processo fisiologico e normale nella vita delle donne – ha continuato – caratterizzata dalla diminuzione dei livelli di ormoni sessuali. Ma se la produzione di estrogeni è piuttosto veloce, quella degli androgeni è più lenta, determinandone un livello più elevato in circolo. In menopausa inoltre è tipico un aumento di massa grassa e diminuzione di quella magra, tutti fattori che possono predisporre alla resistenza all’insulina e allo sviluppo – o al peggioramento – del diabete di tipo 2”.
Menopausa e diabete
Un diabete preesistente influenza la funzione ovarica: “nelle donne che hanno sviluppato il diabete in età adulta (detto ‘ad esordio tardivo’), l’aumento di peso potrebbe posticipare l’età della menopausa. Ma in alcune donne, al contrario, si assiste ad una menopausa anticipata: quando il controllo della glicemia non è ottimale. In questo caso si determina un danno cronico alle pareti interne dei vasi sanguigni che a cascata determinano un invecchiamento precoce della riserva ovarica e il suo esaurimento” prosegue la dottoressa Resi.
Uno studio longitudinale (Swan) ha dimostrato che le donne con diabete preesistente, sia di tipo 1 e che di tipo 2, sono entrate in menopausa prima di quelle senza diabete. Inoltre, in una analisi trasversale dello studio condotta su oltre 6mila donne in 11 paesi, la presenza di diabete di tipo 2 ha triplicato il rischio di menopausa precoce.
Periodo riproduttivo più breve per le donne con diabete di tipo 1
Le donne con diabete di tipo 1 avevano un’età più avanzata al menarca (ritardo di 0,5 anni, p=0,002) ma più giovani alla menopausa naturale (−2,0 anni, p<0,0001). Le donne con T1D hanno quindi sperimentato 2,5 anni riproduttivi in meno rispetto a quelle senza diabete. Le donne con esordio di T1D prima del menarca hanno un periodo riproduttivo più breve rispetto alle donne non diabetiche, con menarca ritardato e menopausa naturale precoce.
Calo degli estrogeni fattore predisponente allo sviluppo di diabete
La ricerca non ha dimostrato una relazione diretta tra la menopausa e lo sviluppo del diabete di tipo 2. Tuttavia il declino dei livelli di estrogeni, può portare ad un aumento di peso con riduzione della massa magra e innesco della resistenza all’insulina che predispone alla malattia. Questo rischio è più elevato nelle donne in sovrappeso e obese.
Uno studio di coorte prospettico ha dimostrato che le donne che in entrano in menopausa precoce naturalmente (prima dei 40 anni) hanno un maggior rischio di sviluppare il diabete tipo 2 rispetto alle donne che entrano in menopausa dopo i 50 anni.
Il diabete preesistente può peggiorare i sintomi della menopausa. I livelli elevati di glucosio nel sangue, aumentano il rischio di infezioni, come il rischio maggiore di infezioni del tratto urinario (UTI) e infezioni vaginali a causa dei bassi livelli di estrogeni. La menopausa può causare rapporti sessuali dolorosi a causa dei cambiamenti ormonali che portano alla secchezza intima e il diabete può danneggiare le cellule nervose, contribuendo all’aumento del dolore.
Terapia ormonale
Il trattamento standard per la menopausa è la terapia ormonale (HT). L’HT funziona integrando gli estrogeni e altri ormoni che diminuiscono durante la menopausa. Viene spesso utilizzato in individui con sintomi significativi della menopausa come secchezza vaginale, vampate di calore e sudorazione notturna. L’HT può anche ridurre il rischio di diabete. È stato dimostrato che l’assunzione di una supplementazione di estrogeni può ridurre i livelli di glicemia a digiuno agendo sull’insulino-resistenza e sul grasso viscerale. L’HT comporta dei rischi cardio-vascolari e non è per tutti e deve essere prescritta dal ginecologo curante.
Diabete e menopausa: osteoporosi
Le donne in post menopausa con diabete di tipo 2 hanno un maggiore contenuto minerale osseo e marcatori di turnover osseo inferiori rispetto a quelle con tolleranza al glucosio normale o ridotta e questo le espone ad un rischio di fratture più elevato.
Diabete e menopausa: malattia cardiovascolare
La patologia cardiovascolare è 2 volte più comune nelle pazienti con diabete rispetto quelle sane. La menopausa è lo spartiacque del rischio cardiovascolare femminile comportando un peggioramento totale del profilo di rischio. Durante la menopausa, i cambiamenti ormonali determinano un aumento dell’infiammazione e favoriscono l’insorgenza di aterosclerosi, già presente di per sé nella malattia diabetica. Pertanto, il diabete e la menopausa agiscono come un circolo vizioso che deve essere riconosciuto e trattato.
Stile di vita al centro delle strategie
L’intervento sullo stile di vita dovrebbe essere la pietra angolare del trattamento delle donne con T2DM in menopausa.
Le raccomandazioni del gruppo di studio:
Tumore al seno metastatico, colpisce 14mila donne l’anno
Associazioni pazienti, Eventi d'interesse, News Presa, Prevenzione, PsicologiaTumore al seno metastatico. Il tumore al seno è il carcinoma più diffuso nel sesso femminile. In Italia, solo nel 2022, sono state stimate 55mila nuove diagnosi e nella sua forma metastatica circa 14mila all’anno. Di questi, 3.400 risultano metastatici alla prima diagnosi, mentre sono circa 10.600 i tumori già diagnosticati nell’arco dei 10 anni precedenti. In totale, le donne che convivono con questa malattia in fase avanzata sono circa 45mila.
Con l’innovazione, le cure sono diventate sempre più personalizzate ed efficaci e le prospettive di vita delle pazienti sono in continuo miglioramento. Restano, tuttavia, ancora insoddisfatti molti bisogni, come evidenziato da una recente indagine conoscitiva quali-quantitativa svolta da Fondazione Onda in collaborazione con l’Istituto di ricerca Elma Research e con il patrocinio di Europa Donna. Sono stati indagati i momenti più significativi e le principali criticità delle pazienti colpite da un tumore molto aggressivo.
Vissuto delle donne con tumore al seno metastatico
Dai risultati emerge la necessità di migliorare l’organizzazione del percorso diagnostico-terapeutico, di avere una figura di riferimento nonché un supporto psico-oncologico continuativo. Sono quattro le principali criticità per le donne: la necessità di ricevere sostegno emotivo, il bisogno di maggiore informazione, il valore e l’attenzione alla prevenzione, la necessità di una migliore organizzazione del percorso diagnostico-terapeutico.
Gap comunicativo
“I dati raccolti con l’indagine costituiscono un importante spunto di riflessione per arrivare a comprendere lo stravolgimento totale nella vita delle pazienti a livello fisico e psicologico, poiché la donna viene colpita sia nella sua femminilità sia nelle prospettive di futuro, modificandosi la vita di coppia, quella familiare e quella lavorativa”, commenta Francesca Merzagora, Presidente di Fondazione Onda. “Una chiara comunicazione sul percorso del paziente e sulla prevenzione è di fondamentale importanza. Abbiamo riscontrato che esiste un gap comunicativo su ciò che ruota intorno a terapia, servizi assistenziali, stile di vita, impatto della malattia sulla vita quotidiana. Il nostro obiettivo, in ogni caso, è che le pazienti si sentano meno spaesate, meno sole e meno confuse, anche perché oggi sono molte le donne con tumore al seno metastatico che convivono per anni con la malattia”.
L’iniziativa
Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno. Oggi, 18 ottobre, Fondazione Onda organizza un incontro alle ore 17.00, presso l’Auditorium Giorgio Gaber del Palazzo Pirelli a Milano, dal titolo “Il tumore al seno metastatico – Umanizzazione e personalizzazione delle cure” aperto a tutte le donne che convivono con questa malattia e alle persone interessate. L’obiettivo è valorizzare il ruolo di un approccio multidisciplinare e bio-psico-sociale, che non solo consideri gli aspetti clinici della malattia, ma che ponga al centro la donna, la sua storia personale, i suoi bisogni e le sue aspettative.
“Europa Donna Italia, a partire dal 2012, con la prima indagine svolta in collaborazione con Eurisko per rilevare i bisogni delle pazienti con tumore al seno metastatico, ha portato avanti un percorso di sensibilizzazione verso le istituzioni e di collaborazione con le società scientifiche, affinché questi bisogni venissero ascoltati e colmati. E lo ha fatto redigendo un manifesto nel quale chiediamo un percorso specifico all’interno della Breast Unit per le pazienti con malattia metastatica, accesso facilitato alle nuove terapie e ai trial, un percorso semplice per ottenere l’invalidità civile che non costringa la paziente a presentarsi davanti alla commissione ogni anno e servizi fondamentali per il benessere del corpo e della mente, come lo psico-oncologo, il nutrizionista e il fisiatra”, dichiara Rosanna D’Antona, Presidente Europa Donna Italia.
L’iniziativa è realizzata con il patrocinio di Regione Lombardia, Associazione Nazionale Donne Operate al Seno – Odv, Centro Ascolto Operate al Seno – Odv, Educazione alla salute attiva nella cura del tumore al seno Onlus, Europa Donna Italia e GSD Foundation e con il contributo non condizionato di Daiichi Sankyo e AstraZeneca.
Menopausa, come affrontarla al meglio
Benessere, News Presa, PrevenzioneTante iniziative per aiutare le donne a vivere nel migliore dei modi i disagi legati alla menopausa, ma anche per informarle sulle strategie comportamentali, diagnostiche e terapeutiche che consentono di migliorare i disturbi e prevenire o ridurre le complicanze a medio-lungo termine, come le malattie cardiovascolari, l’osteoporosi e le demenze. Per la giornata mondiale della menopausa sono moltissime le Aziende ospedaliere che in tutta Italia offrono visite gratuite e consulti. Un modo in più per essere al fianco delle donne.
L’età
Una delle domande che molte donne si pongono riguarda l’età. A quanti hanno è normale aspettarsi di entrare in menopausa? Diciamolo subito, per ciascuna è una storia a sé’, ma la maggior parte delle donne va in menopausa verso i 50 anni. Si definisce quindi menopausa fisiologica quella che avviene tra i 48 e i 52 anni, precoce prima dei 47 anni e tardiva quando si presenta dopo i 52 anni di età. L’età di insorgenza della menopausa sembra essere geneticamente prefissata ed è rimasta pressoché invariata negli ultimi secoli, malgrado l’aumento della vita media femminile.
Disturbi
Due dei più classici disturbi legati alla menopausa sono le vampate di calore e la sudorazione notturna. Molte donne descrivono le vampate come una sensazione improvvisa di calore che si diffonde dal petto e raggiunge il collo e il volto, in particolare durante la notte. Ma cosa si può fare per ridurre il disagio? Al di là di piccoli espedienti, come vestire leggere o praticare attività fisica, qualora non vi siano controindicazioni, si può ricorrere alla terapia ormonale sostitutiva (TOS) che ripristinano un corretto substrato ormonale e generalmente risolvono la maggior parte dei sintomi correlati alla menopausa. Oggi le linee guida parlano chiaro sull’importanza di queste terapie nel mantenimento del benessere delle donne, al termine della vita riproduttiva e, ovviamente sotto controllo dello specialista.
Salute delle ossa
Scegliere di farsi seguire in questo periodo così delicato della vita è sempre una buona idea, anche perché la menopausa può causare importanti disturbi, tra i quali quelli per le ossa. In particolare, quando inizia la menopausa, inizia anche a diminuire la massa ossea. La carenza di estrogeni condiziona in modo significativo il processo di rimodellamento osseo, cioè il processo attraverso il quale l’osso vecchio viene rimpiazzato dal nuovo, in un continuum che ha l’obiettivo di mantenere l’osso sano. Il rimodellamento interessa tutte le superfici dell’osso, ma soprattutto la parte più interna.
ASMD o malattia di Niemann-Pick, l’importanza di una diagnosi precoce
News Presa, PodcastPer le Pillole di Salute volute e organizzate dal Network Editoriale PreSa in collaborazione con Radio Kiss Kiss, sabato 28 ottobre (alle ore 8.30 circa) la dottoressa Simona Fecarotta – dirigente medico del dipartimento di Pediatria presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II” di Napoli parlerà della ASMD. Questa malattia rara, il cui nome completo è deficit di sfingomielinasi acida, storicamente conosciuta come malattia di Niemann-Pick di tipo A, B e A/B, ha sintomi variabili, anche molto gravi, e ha un impatto significativo sulla vita dei pazienti che ne sono colpiti e sulle loro famiglie. A breve, però, arriverà anche in Italia una terapia e anche per questo è essenziale la diagnosi precoce. Appuntamento per sabato 28 ottobre (ore 8.30 circa). Stay tuned!
Contenuto realizzato da Radio KissKiss in collaborazione con PreSa, con il supporto di Sanofi
Tumore al seno, aumentano diagnosi ma è sempre più curabile
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneSecondo il report ‘I numeri del cancro in Italia 2022’ ogni anno sono circa 50 mila i nuovi casi di tumore al seno. I passi avanti della ricerca hanno permesso, nonostante l’aumento dell’incidenza ogni anno quasi dell’1%, un costante calo della mortalità. In altre parole, sebbene quella della mammella sia ancora la neoplasia più frequente nelle donne, cresce la sopravvivenza grazie all’innovazione e alla ricerca.
“Oggi, – ha affermato la dott.ssa Carla Campanella, medico oncologo di Villa Margherita a Roma – grazie alla ricerca scientifica, alla diagnostica sempre più accurata e all’introduzione di nuove terapie biologiche e molecolari, il numero dei tumori identificati ai primi stadi di sviluppo, quando il trattamento ha maggiori probabilità di essere efficace e meno invasivo è in forte aumento.” Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione femminile, l’arma più efficace contro questo tumore che colpisce 1 donna su 8. “Quindi – ha ribadito – è più che mai essenziale ricordare a tutte le donne l’importanza della prevenzione oncologica nella diagnosi precoce del tumore al seno”.
Ottobre mese della prevenzione del tumore al seno
La prima Campagna Nastro Rosa per la prevenzione senologica è nata in America nel 1992 e negli anni si è diffusa in tutto il mondo. Anche in Italia il mese di ottobre è dedicato alla prevenzione del tumore al seno e moltissimi centri in tutto il Paese garantiscono screening gratuiti a tutte le donne.
Il professor Massimo Monti, ordinario di Chirurgia Generale dell’Università La Sapienza di Roma, che opera presso Villa Margherita a Roma (struttura che partecipa al mese della prevenzione), ha sottolineato l’importanza di iniziative come l’Ottobre Rosa: occasioni preziose per sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione. Con un open day sabato 21 ottobre, presso la struttura le pazienti potranno effettuare un screening senologico completo e gratuito.
Fattori di rischio e prevenzione
Aumenta, inoltre, la consapevolezza dell’importanza di un approccio multidisciplinare nell’intero percorso dalla diagnosi alla terapia. “Oggi – ha spiegato Monti – non è più possibile ragionare per intervalli temporali identici per tutte le donne”, ha ribadito il professore. “Lo screening oncologico – ha continuato – deve identificare i fattori di rischio per lo sviluppo del tumore della mammella (età, familiarità, storia personale, obesità, esposizione a terapie ormonali), per diversificare le pazienti in base ai fattori di rischio ed effettuare valutazioni specifiche, rispetto alle quali si strutturerà un percorso preventivo, diagnostico e terapeutico personalizzato.”
“Per realizzare efficacemente uno screening – ha spiegato – non può essere sufficiente l’autopalpazione che, seppure utile, da sola certamente non basta. Le indagini radiologiche appropriate (ecografia, mammografia ed eventualmente risonanza) sono presidi insostituibili per la corretta diagnosi delle patologie mammarie sia benigne che maligne. L’esecuzione di tali esami richiede comunque l’intervento finale dello specialista senologo dedicato. Attualmente è possibile rilevare la presenza di noduli anche molto piccoli, prima che essi divengano palpabili e ciò permette una terapia efficace con il minimo “danno” estetico. Generalmente lo studio senologico consta di due tempi: uno radiologico di imaging ed uno clinico con lo specialista senologo. Rilevare e curare neoplasie mammarie molto piccole (inferiori al cm) significa realizzare una chirurgia di precisione che permette il massimo risparmio dei tessuti e ed il rispetto dell’estetica della donna.”
Anche le strumentazioni evolvono. “Oggi abbiamo la mammografia con tomosintesi, una tecnica 3D di ultima generazione che consente di eliminare le sovrapposizioni di strutture delle immagini 2D e di localizzare anche lesioni di piccolissime dimensioni. Quest’ultime possono sfuggire alla mammografia tradizionale”, spiega la dott.ssa Annalisa Marsella, medico radiologo di Villa Margherita.
Sempre più curabile con nuove terapie
“Grazie alla diagnosi precoce e alle nuove terapie, circa l’85-90% delle donne che sviluppano un cancro al seno guarisce. Tuttavia, nonostante la grande evoluzione in ambito terapeutico, la chemioterapia costituisce ancora una cura che suscita timori nelle pazienti”, ha spiegato il professor Salvatore Caponnetto, ricercatore di oncologia medica all’Università di Roma La Sapienza e oncologo a Villa Margherita.
“Oggi – ha proseguito – grazie alle profilazioni genomiche, riusciamo a ridurre del 45-50% le pazienti a cui in passato veniva raccomandato il trattamento chemioterapico precauzionale. Esistono anche terapie orali a bersaglio molecolare per casi selezionati di tumore del seno con mutazioni geniche ereditarie, come nel caso di mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. Questo ci permette di ottenere maggiore efficacia terapeutica e minore tossicità”. In altre parole, “grazie alla prevenzione, il tumore della mammella oggi è una malattia curabile con ottime possibilità di guarigione.”
Ulcera gastrica, cos’è e come affrontarla
Alimentazione, News Presa, Stili di vitaTutti nella vita abbiamo provato almeno una volta un fastidioso dolore nella parte alta del tuo stomaco? Normalmente non è nulla, ma se il dolore dovesse persistere la cosa migliore è sempre consultare un medico, potrebbe infatti trattarsi di una gastrite o persino di un’ulcera gastroduodenale. Sono patologie che possono colpire a qualsiasi età, anche i bambini. Quindi, è importante prestare attenzione ai sintomi e non sottovalutarli, specialmente se si intensificano con i cambi di stagione.
Cause dell’ulcera gastrica
Ci sono diversi fattori che possono contribuire all’insorgenza di ulcere gastriche. Nei bambini, la predisposizione familiare è un fattore di rischio importante, presente nel 50-60 per cento dei casi. Negli adulti, si aggiungono altri fattori come il fumo, il consumo di caffè, l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e l’infezione da Helicobacter pylori, che è presente nel 60-100% delle persone con ulcere gastriche o duodenali.
Sintomi
I sintomi possono variare da persona a persona e possono dipendere dall’età del paziente e dalla posizione dell’ulcera. Spesso, il sintomo principale è il dolore nella parte superiore dell’addome, quindi la “bocca dello stomaco”. Questo dolore di solito migliora dopo aver mangiato o preso degli antiacidi. Tuttavia, in alcune persone, mangiare può peggiorare il dolore, soprattutto se l’ulcera si trova nel canale pilorico, che collega lo stomaco al duodeno. A volte, il dolore può essere molto forte, soprattutto nelle ulcere duodenali, e può manifestarsi anche di notte o alcune ore dopo i pasti. Nei casi più gravi e nei bambini, il vomito frequente può essere un sintomo di ulcera gastrica o duodenale.
Trattamento
Una volta diagnosticata l’ulcera, il gastroenterologo prescriverà una terapia adeguata. Questo può includere antibiotici, soprattutto se l’infezione da Helicobacter pylori è presente, farmaci per ridurre la produzione di acido gastrico e antiacidi per neutralizzare l’acido gastrico. Ovviamente, se si hanno cattive abitudini è meglio eliminarle. Se si è fumatori è bene dire addio alla sigaretta. O, se del caso, ridurre il consumo di alcolici, specialmente se si soffre di ulcere. Non c’è una dieta specifica per le ulcere, ma eliminare i cibi che causano fastidio può aiutare a ridurre i sintomi. Se il dolore non si attenua, è fondamentale consultare il medico per escludere complicazioni come perforazioni, ostruzioni o sanguinamenti. Prendersi cura della salute gastrica è importante, quindi non si deve mai esitare a consultare un medico se si ha il sospetto che ci sia un problema.
Allergie respiratorie in crescita, complice l’inquinamento
News PresaEntro il 2050, gli esperti stimano che oltre il 50% della popolazione sarà allergica. Secondo l’Accademia europea di allergologia, oggi sono 100 milioni i cittadini europei che soffrono di rinite allergica e 70 milioni di asma. Le due patologie spesso sono associate, al punto che oltre il 90% degli asmatici ha anche la rinite e metà delle persone che hanno la rinite hanno l’asma in diverse gravità. L’andamento crescente delle allergie respiratorie difficilmente potrà cambiare rotta, poiché si lega ai cambiamenti climatici e all’inquinamento. Quest’ultimo, tra le altre cose, rende i pollini più irritanti, anche per chi di fatto non sarebbe allergico.
Allergie respiratorie e sintomi
Le allergie respiratorie sono in aumento in tutto il mondo, complici i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Soltanto l’asma è responsabile di oltre mille morti al giorno a livello globale, molte delle quali evitabili se trattate in modo efficace. Infatti, secondo gli esperti, il controllo/remissione dei sintomi limiterebbe il rischio di crisi, talvolta anche mortali. In particolare, la terapia è importante per scongiurare l’asma.
I sintomi più diffusi sono soprattutto tosse e difficoltà respiratoria che richiedono visite cliniche durante l’attacco e/o ricoveri per la gestione dei casi più severi. In Italia, i costi diretti dell’asma (per l’uso di farmaci e per i servizi sanitari) rappresentano circa l’1-2 per cento della spesa sanitaria, mentre sono maggiori quelli delle allergie che coinvolgono 12 milioni di persone.
Fattori di rischio allergie respiratorie
Ci sono fattori che influenzano l’emergere di queste malattie, come il basso reddito e condizioni di vita più disagiate. Anche il livello di igiene e l’esposizione a sostanze inquinanti possono incidere sulla risposta immune, favorendo la sensibilizzazione allergica. Lo stile di vita occidentale e l’emergenza climatica possono prolungare e facilitare l’esposizione agli allergeni.
Il Patto di Legislatura
Le allergie respiratorie hanno costi sociali ed economico, ma manca ad oggi una rete clinica dedicata all’allergologia che possa contrastare il loro impatto sulla vita dei cittadini. Per questo l’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie ha redatto un documento che invita Governo, Parlamento, Regioni e forze politiche a intraprendere azioni. Il Patto di Legislatura, presentato oggi alla Camera dei Deputati, è stato redatto dai Presidenti dell’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie, On. Paolo Ciani e Sen. Daniela Sbrolini, insieme ai membri del Comitato tecnico scientifico e dei Tavoli di lavoro dell’Intergruppo stesso.
“Chiediamo che la Missione 6 del PNRR riservi una peculiare attenzione legislativa e istituzionale al ruolo dello specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, in tema di riordino dell’assistenza territoriale, considerando una grave mancanze che la figura dell’allergologo non venga mai ricompresa tra i numerosi professionisti che saranno chiamati a fornire assistenza nelle case della comunità”, ha dichiarato l’On. Paolo Ciani, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Segretario della 12a Commissione permanente (Affari Sociali) della Camera dei Deputati.
“L’assistenza allergologica versa in una situazione spesso preoccupante, fortemente ridimensionata ovunque e quasi completamente scomparsa in alcuni ambiti regionali”, ha sottolineato la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Vice Presidente della 1Oa Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato.
Malattie allergiche in aumento
“Le malattie allergiche comportano un grande carico assistenziale, avendo raggiunto ormai una prevalenza nella popolazione generale del 20 per cento. È ulteriormente preoccupante il loro continuo incremento”, ha ribadito Mario Di Gioacchino, Presidente Comitato scientifico dell’Intergruppo parlamentare sulle Allergie respiratorie e Presidente Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAIAC). A fronte di questo scenario, è grave la mancanza di ogni riferimento alla definizione di una rete clinica dedicata all’allergologia, a differenza di quanto previsto per numerose altre discipline a minore impatto epidemiologico ed assistenziale”.
Stretta relazione con l’inquinamento
“Le malattie allergiche sono strettamente correlate all’inquinamento e alla immissione di nuove sostanze chimiche nell’ambiente di vita. Perciò è prevedibile che il carico assistenziale sarà destinato ad accrescersi ulteriormente nel tempo e con esso i costi sanitari che potrebbero invece essere ridotti con l’adozione di politiche pubbliche orientate alle buone pratiche della prevenzione”, ha detto Andrea Lenzi, Presidente Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute.
“Con il Patto di Legislatura lanciato oggi vogliamo richiamare l’attenzione della politica all’impegno di porre le allergie respiratorie al centro della propria agenda legislativa”, ha ribadito Federico Serra, capo segreteria tecnica Intergruppo Parlamentare sulle Allergie respiratorie, “Occorre potenziare e razionare l’assistenza alle persone che soffrono di queste malattie, aumentare i fondi per la ricerca, implementare la gestione integrata, promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini e assicurare il pieno accesso alle cure e ai trattamenti in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale”.
Muscoli al top mangiando meno
Alimentazione, Ricerca innovazione, SportMeno calorie per rendere al meglio. La formula, che potrebbe sembrare paradossale, è in realtà frutto di uno studio coordinato dal National Institute on Aging americano e pubblicato sulla rivista Aging Cell. In stretta sintesi, riducendo, anche solo del 12 per cento, l’apporto calorico si possono innescare nell’organismo cambiamenti benefici. Tra gli altri effetti, e questo è molto interessante sotto il profilo atletico, anche un miglioramento nel funzionamento dei muscoli.
Più salute
Nel corso degli anni lo studio ha dimostrato che negli animali ad un apporto calorico ridotto si associa una più ampia quantità e qualità di vita. In altri termini, mangiando meno si vive meglio e di più. Questo nuovo studio, che fa parte di questo filone di ricerca, punta ora a dimostrare – o a smentire – che gli stessi effetti si osservano nell’uomo. Per farlo, un campione di 90 persone è stato sottoposto per due anni a una riduzione di circa il 12% dell’apporto calorico. I risultati? Una perdita di peso del 10,4%, un miglioramento del profilo cardiometabolico e della salute cardiovascolare.
Efficacia
Secondo il coordinatore dello studio, Luigi Ferrucci, la riduzione del peso non deve destare alcuna preoccupazione. Si tratta di una riduzione “molto modesta”, ma non per questo non rilevante per il suo effetto benefico sulla salute. Il ricercatore spiega infatti che “può fare una grande differenza nella salute”. Significativi, come detto, gli effetti sui muscoli: anche se si è verificata una leggera riduzione della massa muscolare, a questa non è corrisposto un calo della forza, a dimostrazione che i muscoli hanno cominciato a funzionare meglio.
Miglioramento molecolare
I partecipanti allo studio sono anche stati sottoposti a test molecolari, grazie ai quali è stato possibile scoprire che i loro muscoli stati attivati dagli stessi meccanismi osservati nel campione animale. In particolare alcuni geni coinvolti nella produzione di energia e nel controllo dell’infiammazione. “Poiché l’infiammazione e l’invecchiamento sono fortemente correlati, la restrizione calorica rappresenta un approccio potente per prevenire lo stato pro-infiammatorio sviluppato da molte persone anziane”, ha aggiunto Ferrucci.
Cervello umano ancora sconosciuto, prima mappatura area linguaggio
News Presa, Ricerca innovazioneSono migliaia le ricerche realizzate ogni anno sul cervello umano. Eppure molti aspetti restano ancora sconosciti. Uno studio ha mappato, per la prima volta, la porzione del cervello umano preposta al linguaggio. I risultati della ricerca internazionale, a cui ha partecipato l’Italia, sono stati pubblicati su Science Advances.
Lo studio sul cervello
Uno studio è riuscito a realizzare la prima mappatura neuronale in alta risoluzione dell’area di Broca. Si tratta della porzione del cervello umano preposta al linguaggio. In particolare, il gruppo di scienziati ha creato un atlante cellulare completo della corteccia cerebrale del cervello umano a livello di singola cellula. Per farlo, hanno utilizzato una combinazione di tecniche avanzate di imaging e analisi dati simultaneamente.
Il team di scienziati italiani
La ricerca è stata realizzata da un team di istituzioni di ricerca internazionali fra cui, come unità italiana, il Laboratorio Europeo di Spettroscopie Non Lineari (LENS) con sede a Sesto Fiorentino (Firenze). I ricercatori italiani, associati al LENS, sono afferenti all’Università di Firenze e al Cnr-Ino. Per l’unità italiana, il responsabile scientifico del team è Francesco Saverio Pavone, docente di Fisica della materia nell’Ateneo fiorentino.
Circuiti neurali che generano percezioni
La comprensione dei tipi di cellule cerebrali e la loro distribuzione spaziale è essenziale per capire come i circuiti neurali generano percezioni e comportamenti complessi. “Il cervello umano – si legge nella nota – è un organo estremamente articolato, che abbraccia una gamma sorprendente di scale spaziali. Per comprenderne le proprietà e la funzionalità è essenziale studiarne la struttura in dettaglio, nelle sue numerose classi di neuroni, e visualizzarne la distribuzione nell’intero volume”.
Nuovo metodo per capire il cervello
Il team ha sviluppato un nuovo modo per documentare e quantificare l’organizzazione cellulare dei neuroni a livello micrometrico mantenendo il riferimento spaziale macroscopico del cervello intero. Questo approccio, oggi applicato a una singola area del cervello, potrà essere applicato a varie aree, perfino a interi emisferi. In futuro potrà consentire di ottenere informazioni sulla struttura, e quindi funzione, del cervello umano.
Il progetto di ricerca è inserito all’interno del programma di ricerca del National Institutes of Health (NIH) americano sulla mappatura cerebrale e supportato anche dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze col progetto “Human Brain Optical mapping”. I risultati sono stati ottenuti anche grazie a uno sforzo congiunto a cui hanno partecipato, oltre al LENS, anche altri prestigiosi centri di ricerca.
Il team di ricerca internazionale ha anche ottenuto un nuovo importante finanziamento di circa 4,5 milioni di dollari dal National Institutes of Health (NIH). I metodi sviluppati saranno utilizzati per studiare la connettività del cervello e le connessioni che stabiliscono il funzionamento cervello-corpo.