Tempo di lettura: 5 minutiLe crisi di natura economica, sociale e ambientale negli ultimi anni, unite all’instabilità del quadro geopolitico, impattano sulla salute degli italiani. Il nostro Paese, ancora impegnato a superare le conseguenze della pandemia, ha dovuto affrontare la crisi energetica e delle materie prime, con un aumento dell’inflazione prima, e dei tassi di interesse poi. Fattori che hanno rallentato la ripresa, anche a causa delle tensioni geopolitiche, dal conflitto russo-ucraino alla ripresa delle ostilità in Medioriente. La stagnazione dell’economia italiana (PIL italiano pari allo 0,18% nel decennio 2012-2022) e le prospettive di crescita del 2023 e degli anni successivi unite a elevati livelli di indebitamento non delineano un quadro positivo. A fare il punto della situazione è il 18esimo rapporto “Meridiano Sanità” di The European House – Ambrosetti, presentato al XVIII Forum Meridiano Sanità “Prevenzione e innovazione per l’evoluzione sostenibile del sistema sanitario e la crescita economica dell’Italia”, in corso a Roma.
“Investire nella prevenzione e nella ricerca è quanto di meglio possiamo fare ed anche in questo senso è fondamentale una piena sinergia tra tutti gli attori che si occupano di sanità. Abbiamo molte sfide davanti a noi, prima tra tutte quella demografica perché la popolazione invecchia e dobbiamo gestire tanti pazienti con molte cronicità. Da questo punto di vista l’innovazione è fondamentale perché porta dei costi ma è necessario investire su di essa, puntando a una vera trasformazione digitale”. Così il ministro della Salute Orazio Schillaci nel suo intervento. “Stiamo puntando anche sui fondi Pnrr per potenziare l’assistenza sanitaria e riorganizzare il sistema sanitario che è un po’ ingolfato e le cui debolezze sono emerse durante il periodo pandemico”.
“Abbiamo aumentato le risorse del Fondo sanitario nazionale – ha aggiunto – ma ci sono tante situazioni che vanno migliorate e da qui l’impegno nella legge finanziaria per il rinnovo del contratto. È opportuno aumentare i fondi per la prevenzione e fare in modo che quelli previsti siano spesi bene”. Poi ha ribadito l’importanza dei programmi di screening e la necessità di migliorare i tassi di adesione per agevolare la diagnosi precoce e gestire al meglio le patologie. “Altro elemento centrale nella prevenzione sono i vaccini – ha ribadito – ogni euro investito nella vaccinazione degli adulti oltre i 50 anni produce 4 euro di risparmio per il Ssn. Tra i tanti fronti sui quali stiamo lavorando c’è la piena attuazione degli investimenti Pnrr relativi alle case di comunità e le attività per ridurre le liste di attesa”.
Nel 2050 un italiano su tre sarà over 65
Uno dei temi analizzati nel report è la contrazione del tasso di fertilità. Nel 2023 è pari a 1,2 figli in media, lontana dalla soglia di 2,1 necessaria per mantenere la popolazione italiana al livello attuale. Questo dato, insieme al progressivo aumento dell’età media della popolazione, destinata a raggiungere i 50,6 anni nel 2050 dai 46,4 anni attuali, sono alla base della nuova struttura demografica dell’Italia. Nel 2050, quando ci saranno 58,5 milioni di italiani, vale a dire 2,4 milioni in meno rispetto a quelli attuali, un cittadino su tre sarà over-65, e su questa fascia di popolazione si concentrerà oltre il 70% della spesa sanitaria pubblica rispetto al 60% attuale.
Il nostro SSN si trova a rincorrere l’aumento dei bisogni di salute e assistenza in un quadro di riduzione dei cittadini in età attiva, principali contribuenti della spesa sanitaria pubblica. Per soddisfare i crescenti bisogni di salute e assistenza, secondo lo scenario previsionale di Meridiano Sanità, la spesa sanitaria pubblica dovrebbe raggiungere i 211,3 miliardi di euro, a prezzi correnti, nel 2050 (pari a circa il 9% del PIL, valore superiore all’attuale 6,7% ma inferiore rispetto alle incidenze attuali che si registrano in Germania e Francia dove la spesa sanitaria pubblica supera il 10%) rispetto ai 134,7 attuali (+56,9%), ma senza politiche attive per il mercato del lavoro il numero di occupati diminuirà del 17,2%, a 19 milioni.
Partecipazione al mercato del lavoro al 62%
“Nel quadro attuale – ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO, The European House – Ambrosetti, la spesa sanitaria pubblica in capo a ciascun lavoratore italiano al 2050 quasi raddoppierà, da 5.886 a 11.151 euro. Per questo, per garantire la tenuta del sistema sanitario e, più in generale di welfare, serve una strategia e una visione unitaria di demografia, economia e salute. Inoltre, rendere sostenibile la spesa sanitaria pubblica significa definire politiche per la natalità per allineare il tasso di natalità italiano alle media dei primi 5 Paesi europei (11,1 nati per 1.000 abitanti vs. 6,7 in Italia) e promuovere la partecipazione al mercato del lavoro (oggi al 62% rispetto all’82% medio dei primi 5 Paesi europei) anche attraverso l’attrazione di capitale umano qualificato dall’estero continuando nel processo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita in costante aumento. Sullo sfondo rimane la necessità di avviare un dibattito serio e costruttivo sul finanziamento della nostra sanità che dovrebbe basarsi su una concreta integrazione tra pubblico e privato e sull’ottimizzazione dei 3 pilastri del nostro SSN”.
Carenze in alcune specializzazioni
È stato però ricordato che, per rispondere all’aumento della domanda di salute e salvaguardare il nostro Servizio Sanitario Nazionale, seconda “impresa” dopo la scuola se si considera il numero di addetti, si devono risolvere al più presto alcune questioni aperte, a partire dall’emergenza del personale sanitario al centro dell’attualità. Non si tratta di un problema di numeri in assoluto – i laureati in medicina sono in linea con i principali Paesi europei – ma di programmazione e attrattività di alcune specializzazioni: nel 2023-2024 sono stati stanziati 16.165 contratti di specializzazione medica (ben più dei 14.036 candidati) ma ne sono stati assegnati solo il 62,1% (per alcune discipline la situazione è ancor più critica: appena l’8% di quelli disponibili per medicina di comunità e cure palliative, il 24% per la medicina di emergenza e urgenza). Non va dimenticato il tema salariale: a parità di potere d’acquisto, inoltre, uno specialista tedesco guadagna il 72,3% in più di un collega italiano.
Le carenze più significative riguardano alcune professioni, a partire dai Medici di Medicina Generale, nei quali è in ritardo il ricambio generazionale (il 75% dei MMG ha oltre 27 anni di anzianità) e dagli infermieri, che hanno un limitato riconoscimento economico e professionale rispetto ai colleghi europei: con 6,2 infermieri per 1.000 abitanti, l’Italia ha la metà degli infermieri della Germania rispetto alla popolazione (12 per 1.000 abitanti), Paese in cui le retribuzioni sono superiori al 30% rispetto al nostro Paese.
Meridiano Sanità: liste d’attesa ostacolo per un cittadino su due
La crisi di capitale umano pesa anche sulle liste d’attesa del sistema sanitario pubblico che, secondo 1 cittadino su 2 (49,5%) rappresenta il principale ostacolo all’accesso alle prestazioni, soprattutto dopo l’emergenza COVID-19, dato che nel triennio 2020-2022 sono state perse 16,1 milioni di prime visite e 22,8 milioni di visite di controllo rispetto al 2019.
Ulteriore elemento di riflessione, la necessità di accelerare nella completa attuazione della Riforma dell’assistenza territoriale e delle altre misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La messa a terra degli investimenti previsti dalla Missione 6 “Salute” procede secondo i tempi del cronoprogramma europeo, ma stando all’ultimo monitoraggio di AGENAS, risultano attive appena 187 Case della Comunità, 76 Ospedali di Comunità e 77 COT, pari rispettivamente al 18%, al 24,8% e al 9,9% dei target rivisti dal Governo per far fronte all’aumento del 30% dei costi dei materiali di costruzione. Grazie anche al rafforzamento dei sistemi informativi, della telemedicina e dei dati, cui il PNRR destina oltre 4 miliardi di euro, la collaborazione tra MMG, farmacisti e gli altri professionisti delle cure primarie rappresenta la via maestra per offrire ai pazienti, sempre più spesso con comorbidità croniche, un’assistenza continuativa e sempre più di prossimità.
Attrattività degli investimenti in R&S
La rete dell’assistenza rappresenta solo una componente dell’ecosistema della salute, il sistema che unisce e mette in comunicazione la componente industriale privata – rappresentata dal settore farmaceutico e da quello dei dispositivi – con quella prevalentemente pubblica della rete di assistenza e ricerca. L’ecosistema della salute, come descritto nel Rapporto Meridiano Sanità, è un asset strategico su cui investire per aumentare la competitività del Paese e rilanciarne la crescita, oltre agli impatti sulla salute e qualità di vita dei cittadini. Tuttavia, nonostante il settore farmaceutico si distingua per alti moltiplicatori dell’attività economica, occupazione qualificata e intensità di R&S rispetto alla manifattura, l’Italia è riuscita ad attrarre meno dell’1% degli investimenti in R&S farmaceutico a livello globale. Processi normativi e regolatori spesso troppo lunghi e complessi insieme ad una governance della spesa farmaceutica, soggetta agli effetti del meccanismo del payback, che ricade soprattutto sulle aziende a capitale estero che sono anche le aziende a maggior tasso di innovazione, hanno di fatto implicazioni sulla disponibilità e accesso alle terapie e tecnologie più innovative.
Miopia in crescita, prevenire e correggerla definitivamente
News Presa, Prevenzione, Stili di vitaLa miopia è in aumento costante. Secondo i dati tra un quarto di secolo interesserà oltre 4 miliardi di persone, soprattutto bambini e giovani adulti. “La miopia è un difetto visivo che sta rapidamente diventando maggioritario nella popolazione, soprattutto in quella giovanile. La progressione è molto significativa – spiega Lucio Buratto, oculista e direttore scientifico del Centro Ambrosiano Oftalmico di Milano, CAMO.
“Negli Stati Uniti nel 1971 il 25 per cento della popolazione era miope; nel 2017 era il 42 per cento. Secondo i dati pubblicati sulla rivista scientifica Ophthalmology in una corposa analisi di 145 studi che hanno coinvolto oltre 2 milioni di partecipanti, tra poco più di 25 anni la percentuale della popolazione mondiale affetta da miopia supererà il 50%: oltre 4 miliardi di persone”.
Non ci sono dati certi sul perché di questo rapido incremento, ma la comunità scientifica suggerisce l’uso degli schermi e la vita al chiuso come le principali cause ambientali del fenomeno. “Possiamo, però, – spiega Buratto – concentrarci sulle soluzioni, che ci permettono di correggere il difetto visivo della miopia (ma anche dell’astigmatismo e dell’ipermetropia)”.
Prevenzione e rimedi per la miopia
Il primo passo è fare prevenzione, sottolinea lo specialista, soprattutto da piccoli. “Si previene mettendo in atto corretti stili di vita, sicuramente benefici per bambini e adolescenti. Un suggerimento è quello di uscire all’aperto almeno una volta al giorno e far riposare l’occhio frequentemente, durante la giornata lavorativa/scolastica, quando si guardano schermi digitali per tempi prolungati. Tra gli strumenti a nostra disposizione per correggere la miopia, invece, oltre a lenti e occhiali, ci sono due trattamenti di comprovata efficacia. Il primo è il laser, che offre ottimi risultati, il secondo sono le lenti ICL che si stanno affermando come uno strumento alternativo per correggere i difetti visivi.
Correggere la miopia
Oltre alla tecnica del laser che negli anni si è evoluta grazie alle nuove tecnologie, oggi esistono nuove possibilità. “L’impianto di lenti ICL corrisponde a una tecnica medico chirurgica standardizzata che ha oltre 25 anni di esperienza. Oggi l’efficacia e sicurezza è provata da centinaia di studi clinici nel mondo ed è stata già eseguita su oltre un milione di persone (ovvero 2milioni di lenti). Le ICL sono lenti intraoculari che vengono posizionate tra il cristallino e l’iride e sono realizzate in un materiale morbido, sottile, pieghevole e biocompatibile chiamato collamero. L’intervento non modifica l’anatomia dell’occhio ed è reversibile.
I benefici della lente intraoculare risiedono nel fatto che questa è in grado di correggere efficacemente e definitivamente sia miopie leggere sia miopie forti, con astigmatismo o senza astigmatismo. Riduce, inoltre, il rischio di sindrome da ‘occhio secco’ che invece può essere presente nella chirurgia laser. La lente resta inalterata nel tempo e non c’è regressione. Rappresenta quindi un’ottima soluzione”.
“Dopo l’intervento, il paziente vede subito e fin dal primo giorno in maniera estremamente nitida. L’operazione, benché richieda perizia da parte del chirurgo, dura pochi minuti in anestesia locale e i tempi di recupero sono molto brevi. Oltre il 99,4 per cento dei pazienti è soddisfatto dell’intervento e lo rifarebbe”.
Per chi sono indicate le lenti ICL
“È una decisione del medico oculista ma si può dire che esista una porzione di pazienti miopi per i quali il laser non è indicato e per le quali le lenti ICL sono la scelta ‘obbligata’ in caso si voglia correggere la miopia liberandosi di lenti e occhiali. Se, poi, guardiamo alla popolazione generale di miopi, le ICL rappresentano una soluzione molto efficace e sicura per tutti quei pazienti che abbiano acquisito una stabilità del difetto visivo – quindi all’inizio dell’età adulta e prima della cataratta. Ritengo che il loro utilizzo sarà sempre più diffuso, rispondendo alla crescita della miopia nelle nuove generazioni man mano che queste raggiungono l’età adulta”.
Anziani, disabilità nasce in ospedale. Specialisti: potenziare strutture
Anziani, Economia sanitaria, PrevenzioneAumentare i posti letto negli ospedali, riconoscere centralità al geriatra e garantire le coperture per la Legge 33. Sono i passi delineati dagli specialisti per rispondere ai bisogni dei pazienti anziani. L’appello arriva da cardiologi e geriatri in occasione del XVI Congresso Nazionale di Cardiogeriatria appena concluso. “L’ospedale non è dotato di strutture adeguate per assistere i pazienti anziani non autosufficienti. Questo ha riflessi anche sui Pronto Soccorso, il cui intasamento è dovuto soprattutto alla mancanza di posti letto ospedalieri e alla permanenza in ospedale dei pazienti ricoverati, che non riescono a tornare a domicilio”, ha sottolineato il Prof. Lorenzo Palleschi, Presidente Sigot. La Legge 33 sulla non autosufficienza ha rappresentato un punto di arrivo importante ma ora servono i decreti attuativi e le risorse.
“Nel 2019 il Fondo Sanitario Nazionale Pubblico si dotava di 115 miliardi di euro – ha ricordato il Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato nel suo video-intervento in apertura. “Oggi con la Legge di Bilancio questo fondo aumenta fino a 136 miliardi di euro, con un incremento di 21 miliardi in pochi anni. Ciò implica una maggiore dotazione per il nostro SSN. Parallelamente, servono nuovi modelli organizzativi, una nuova idea di sanità pubblica, che ponga al centro il cittadino, come assicura l’articolo 32 della Costituzione, con l’universalismo nell’approccio alla cura e quindi la gratuità nelle prestazioni mediche e farmaceutiche”. Il sottosegretario Gemmato ha quindi ribadito l’importanza della comunità scientifica al fianco della politica, insieme agli altri stakeholder del settore, per garantire all’Italia di continuare ad avere uno dei migliori sistemi sanitari pubblici al mondo.
Anziani: non autosufficienza nasce in ospedale
La mancanza di autosufficienza nell’anziano non è solo un fenomeno sociale. “La non autosufficienza molto spesso nasce proprio in ospedale, con un ricovero che riduce l’autonomia e genera la necessità di una degenza protratta”, ha affermato il Prof. Lorenzo Palleschi, Presidente SIGOT e Direttore Unità Operativa Complessa di Geriatria dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata di Roma. “Questo fenomeno impone un ripensamento dell’organizzazione dell’ospedale, che è inadeguato per assistere questa quota crescente di pazienti non autosufficienti”.
“Si stima – ha proseguito – che, tra i ricoverati con più di 70 anni, a essere dimesso in condizioni di disabilità è il 30%, che diventa 60% negli over 85. Gli anziani non autosufficienti dunque rappresentano una componente molto rilevante della popolazione ospedaliera, con riflessi anche sui Pronto Soccorso. I posti letto ospedalieri si sono ridotti progressivamente negli ultimi dieci anni, e per la permanenza in ospedale dei pazienti ricoverati, che non riescono a tornare a domicilio per le difficoltà della famiglia ad accoglierli. A questa situazione si aggiunge l’incremento dell’età media, che porta a un aggravamento della fragilità e della disabilità. Un dato della nostra azienda calcolato su un campione di più di 20mila persone ha rilevato che nell’area medica l’età media è superiore ai 65anni; sopra ai 70 in terapia intensiva. L’elemento anagrafico suggerisce quindi anche un riconoscimento della specificità della geriatria come disciplina cardine per prendere in carico il paziente anziano fragile complesso, proprio mentre invece i reparti di geriatria tendono a ridursi e nelle scuole di specializzazione molti posti rimangono vacanti”.
La Legge 33
Sono nate diverse linee guida scientifiche, spesso adottate negli Stati Uniti e in Canada, per una riorganizzazione in senso geriatrico anche dei dipartimenti di emergenza. In Italia a dare una svolta potrebbe essere la legge n. 33 del 23 marzo 2023 per la non autosufficienza, entrata in vigore il 31 marzo scorso. Obiettivo di questa norma è semplificare le attuali politiche per gli anziani e l’assistenza, cercando di ridurre la frammentazione del settore. “La Legge 33 rappresenta un traguardo a lungo inseguito, che permetterà di avviare una revisione complessiva delle politiche di assistenza agli anziani”, ha ribadito il Prof. Palleschi. “Auspichiamo che il processo attuativo della legge possa trovare compimento, con interventi significativi tanto sul territorio, quanto a livello ospedaliero”, ha concluso.
Il peso delle malattie cardiovascolari
I dati più recenti sulle malattie cardiovascolari mostrano un aumento della cardiopatia ischemica, dell’insufficienza cardiaca e degli stroke. “Stiamo assistendo a una nuova impennata delle patologie cardiovascolari, che è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni”, ha sottolineato il Prof. Francesco Vetta, Direttore UOC Cardiologia UTIC Ospedale di Avezzano e Professore di Cardiologia Unicamillus.
“La prevalenza della Fibrillazione Atriale era dell’1% all’inizio degli anni 2000, attualmente è del 2% e si stima che possa raddoppiare entro il 2050. Le patologie cardiovascolari, pertanto, sono destinate a rimanere la principale causa di morte nel nostro Paese, visto anche il rapporto di causalità tra l’età e queste malattie, che si inserisce su una popolazione in continuo invecchiamento. Nelle persone con più di 70 anni, infatti, in oltre l’80% dei casi ci sono più di tre comorbidità. Lo scompenso cardiaco, ad esempio, è una patologia prettamente geriatrica e in Italia ne soffrono circa 600mila persone. La sua prevalenza è dieci volte maggiore nella popolazione over 80 rispetto alla classe di età 40-59 anni. Nel 98% dei casi è accompagnato da altre comorbidità”.
Anziani e disabilità
“L’aumento dell’incidenza di disabilità e di invalidità dovuto a queste patologie va prevenuto con precise strategie”, ha continuato il Prof. Vetta. “Anzitutto, servono percorsi di prevenzione con programmi dinamici di screening gratuiti per i soggetti over 65. In secondo luogo, si deve puntare a un potenziamento della medicina di precisione con la semplificazione terapeutica, riducendo il numero di farmaci a quelli essenziali per favorire percorsi di aderenza farmacologica. Inoltre, serve un potenziamento della rete ospedale-territorio, con ambulatori di secondo livello che migliorino la prognosi dei pazienti e permettano un processo di ospedalizzazione più rapido ed efficiente. Infine, si deve tenere conto delle opportunità offerte dalla tecnologia e dall’Intelligenza Artificiale, che permettono un monitoraggio costante del paziente fino a poter prevedere i rischi di una riacutizzazione della patologia cardiaca con notevole anticipo. Tuttavia, le tecnologia deve essere implementata per favorire una prevenzione a misura di paziente, mantenendo un rapporto con il paziente ed evitando un disumanizzazione della medicina”, ha concluso.
Autismo, diagnosi precoce grazie all’IA
Adolescenti, Bambini, Genitorialità, News Presa, Ricerca innovazioneTra i diversi ambiti di applicazione pratica dell’intelligenza artificiale la salute è certamente uno dei più interessanti. Già oggi, software capaci di apprendere dall’esperienza vengono usati per sostenere i medici, ad esempio nell’indicazione di terapie o nella valutazione delle fragilità. Una nuova promettente applicazione potrebbe essere la diagnosi precoce di autismo. Una prospettiva non troppo lontana a guardare i dati preliminari di una ricerca dell’Università di Louisville, nel Kentucky.
Risonanze
La promessa è quella di poter arrivare a diagnosi di autismo già nei primi 24 / 48 mesi di vita con un tasso di precisione del 98,5%. Un risultato possibile grazie ad un nuovo sistema di intelligenza artificiale (AI) che, analizzando le immagini di risonanze magnetiche cerebrali speciali, riesce a diagnosticare accuratamente l’autismo nei bambini. Almeno, questa è la promessa dei ricercatori.
Molecole
La risonanza utilizzata in questo studio è quella con tensore di diffusione, una tecnica di risonanza magnetica che prevede l’uso di uno strumento (il tensore di diffusione) per ottenere immagini anche tridimensionali basandosi sull’analisi del movimento delle molecole d’acqua presenti nei tessuti del cervello. Gli esperti hanno spiegato che è utile a vedere quanto le differenti aree del cervello sono connesse tra loro.
Indipendenza
I ricercatori hanno applicato la loro metodologia alle scansioni cerebrali di 226 bambini di 24 / 48 mesi provenienti dall’Autism Brain Imaging Data Exchange-II. Il set di dati comprendeva scansioni di 126 bambini con autismo e 100 bambini con sviluppo normale. La tecnologia ha dimostrato una sensibilità del 97%, una specificità del 98% e un’accuratezza complessiva del 98,5% nell’identificare i bambini con autismo. L’idea di fondo è che un intervento terapeutico prima dei tre anni possa portare a risultati migliori, compresa la possibilità per gli individui affetti da autismo di raggiungere una maggiore indipendenza e un quoziente intellettivo più alto.
“A fianco del coraggio”, donne con tumore e caregiver uomini al loro fianco
Eventi d'interesse, Med. narrativa, Medicina Sociale, News Presa, PsicologiaIl tumore arriva senza avvisare, stravolge la vita del paziente e di tutte le persone che lo circondano. Da un giorno all’altro i familiari si ritrovano nella veste del caregiver. Se nella narrazione della cura spesso l’immaginario riporta automaticamente alla figura femminile, in realtà dietro si nasconde un mondo di storie spesso trascurate. Le riporta alla luce il Premio letterario promosso da Roche, giunto alla sesta edizione, quest’anno vinto da “Soldatini” di Luca Locatelli.
Infatti, quella dei caregiver uomini che affrontano con coraggio la malattia oncologica delle donne è una prospettiva meno considerata. Eppure sono compagni, mariti, figli o amici che, con amore e dedizione, si pongono “al fianco del coraggio” delle donne nelle sfide della malattia. Durante la premiazione, ieri sera a Roma, è stato presentato in anteprima il cortometraggio, ispirato al racconto vincitore, che sarà diffuso nei circuiti televisivi e cinematografici partner dell’iniziativa. Inoltre sono stati presentati i risultati di un’analisi socio-antropologica delle storie.
“Soldatini” vince la sesta edizione di #afiancodelcoraggio
“Soldatini” di Luca Locatelli ha vinto la sesta edizione di #afiancodelcoraggio. La sceneggiatura dell’omonimo cortometraggio è stata realizzata da Marika Tassone, anch’essa premiata durante la serata.“Il Premio ci offre un punto di vista inedito che porta in primo piano elementi a volte invisibili di chi vive una malattia e di chi sta loro accanto”, ha affermato Gianni Letta, Presidente della Giuria. “Questa iniziativa ci ricorda quanto sia importante la condivisione anche dei momenti di difficoltà perché da essi possiamo trarre il coraggio di andare avanti, nonostante tutto”, ha aggiunto.
Anche il Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli è intervenuta sottolineando il valore sociale dell’iniziativa che tiene alta l’attenzione su un tema molto importante che tocca la vita di tante famiglie. “Nelle loro storie di vita – ha aggiunto – c’è tutta la forza e il coraggio di chi affronta una grave malattia e di chi se ne prende cura”. “A tutti loro, uomini e donne che amano e curano i propri cari spesso facendo rinunce e restando isolati, a tutti coloro che con coraggio non smettono mai di essere un sostegno per le persone che amano, va il mio grazie, dal profondo del cuore. Con l’istituzione del tavolo interministeriale per il caregiver familiare ci impegneremo per dare ai caregiver il giusto riconoscimento e la speranza di non sentirsi più soli”, ha concluso.
Nell’evento sono stati presentati i risultati di una ricerca realizzata da Cristina Cenci, Senior Partner di Eikon Strategic Consulting, con l’obiettivo di far emergere percezioni, vissuti ed esigenze in un’ottica di caregiving di genere. La ricerca ha previsto due fasi: un’analisi della letteratura su identità, bisogni, aspettative dell’informal caregiver e un’analisi socio-antropologica delle narrazioni raccolte nel corso delle varie edizioni di #afiancodelcoraggio.
65% dei caregiver familiari sono donne tra i 45 e i 55 anni
Secondo i dati di Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 65% dei caregiver familiari sono donne di età compresa tra i 45 e i 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa o che sono state costrette ad abbandonarlo (nel 60% dei casi). Alcuni studi hanno mostrato come l’esperienza di cura non sia neutrale dal punto di vista del genere. Emerge, infatti, che il diverso grado di disagio sperimentato dai caregiver uomini o donne potrebbe essere associato alle diverse aspettative sociali legate al genere. Dalle storie di #afiancodelcoraggio affiora che anche gli uomini nel ruolo di caregiver si adeguano al modello sociale di genere che richiede loro forza, controllo, distacco e protezione e in cui prevale un’empatia controllata. In più di un terzo delle storie (38%), il caregiver afferma esplicitamente di aver esercitato un controllo deliberato sulle proprie emozioni nascondendole o vivendole in solitudine. Questi attributi collettivi dell’identità di genere diventano maschere che facilitano il caregiver nell’accompagnamento della donna con tumore ma che al tempo stesso lo isolano rendendo difficile una piena condivisione delle proprie emozioni e sentimenti.
“L’analisi delle storie fa emergere la valenza articolata del progetto #afiancodelcoraggio, che ha rappresentato un’azione di story advocacy e di ascolto, e nello stesso tempo ha offerto ai caregiver uno spazio narrativo protetto che gli ha consentito di condividere vissuti ed emozioni che raramente hanno modo di esprimere”, commenta la dott.ssa Cenci. “Essere sostegno senza sostenersi, a propria volta è un compito difficile che può portare a situazioni di forte disagio. Per essere efficace come caregiver, l’uomo tende a rendere invisibili agli altri la sua sofferenza, che, in un circolo negativo, si traduce in solitudine e isolamento. La maschera di genere da risorsa rischia così di trasformarsi a sua volta in problema”.
Il premio
Le edizioni sono ad oggi sei e altrettanti i cortometraggi realizzati, con 309 storie selezionate, oltre 17 mila voti online e 3 medaglie ricevute dal Presedente della Repubblica. Nato nel 2016, il Premio letterario, in questi anni ha raccontato – attraverso le storie degli uomini – l’esperienza al fianco di donne che affrontano una malattia oncologica, declinando il caregiving in una prospettiva di genere. “La cronaca degli ultimi giorni ci pone ancora una volta davanti alla responsabilità di affrontare un serio dibattito, a tutti i livelli della società civile, sui ruoli di genere” – ha ribadito Benedetta Nicastro, Communication Head di Roche S.p.a. e Segretario Generale del Premio
Sono intervenuti anche Francesco Rutelli, Presidente Anica Academy ETS; Carolina Marconi, ambassador di #afiancodelcoraggio, con la partecipazione speciale dell’attore e regista teatrale Massimo Ghini e dell’attrice e regista Michela Andreozzi che hanno letto e interpretato alcuni brani.
Vissuto dei caregiver
L’84% dei caregiver di persone malate di tumore sviluppa livelli di disagio psichico oltre la soglia del normale. Più del 50% dei partner caregiver sviluppa livelli clinici di depressione tre volte superiori a quelli misurati in campioni di persone della stessa età. I caregiver, inoltre, riportano anche disturbi del sonno, affaticamento e disturbi dell’appetito, con ricadute sociali importanti. Alcuni studi hanno analizzato l’attività del caregiving mostrando come l’esperienza di cura non sia neutrale dal punto di vista del genere. Emerge che il diverso grado di disagio sperimentato dai caregiver uomini o donne potrebbe essere associato alle diverse aspettative sociali legate al genere. Le donne che assistono malati di tumore sarebbero più portate a porsi standard elevati e ad assumersi ruoli di assistenza, per corrispondere alle pressioni sociali che vigono nei loro confronti e che esse stesse hanno interiorizzato nel corso del processo di socializzazione. Viceversa, gli uomini che si occupano di assistenza sperimenterebbero un senso di soddisfazione personale e di autostima maggiori, proprio per il fatto di aver svolto un ruolo che non è quello che ci si aspetterebbe da loro.
Quello che emerge, invece, dall’analisi delle storie di #afiancodelcoraggio è che anche gli uomini nel ruolo di caregiver si adeguano al modello sociale di genere che richiede loro forza, controllo, distacco e protezione e in cui prevale un’empatia controllata. In più di un terzo delle storie (38%), il caregiver afferma esplicitamente di aver esercitato un controllo deliberato sulle proprie emozioni nascondendole o vivendole in solitudine. Questi attributi collettivi dell’identità di genere diventano maschere che facilitano il caregiver nell’accompagnamento della donna con tumore, ma che al tempo stesso lo isolano, rendendo difficile una piena condivisione delle proprie emozioni e sentimenti. Gli studi e le narrazioni prese in esame sottolineano l’importanza di considerare il caregiving in una prospettiva di genere e di riconoscere che uomini e donne possono sperimentarlo in modi diversi in relazione alle diverse aspettative sociali. Queste differenze possono essere una risorsa, ma anche diventare un problema.
Meridiano Sanità, stili di vita scorretti causano spesa sanitaria di 93 mld l’anno
Anziani, Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaIl nostro Paese vive una trasformazione demografica accelerata, con quasi un quarto della popolazione anziana e l’aumento delle cronicità. Sono quasi nove over75 su dieci, gli italiani che hanno una patologia cronica e disabilità che impatta fortemente sulla spesa sanitaria. A mettere sotto la lente d’ingrandimento il presente e il futuro del nostro sistema sanitario è il XVIII Rapporto Meridiano Sanità di The European House – Ambrosetti presentato nella seconda giornata del Forum annuale, appena concluso.
Nel suo intervento in chiusura, il Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato ha ribadito che la prevenzione è un tema importante, ricordando l’aumento della dotazione del Fondo Sanitario Nazionale (da 115 miliardi nel 2019 a 136 miliardi di euro oggi). “Abbiamo bisogno di nuovi modelli organizzativi che vedano al centro il ruolo dei professionisti della sanità”, ha sottolineato. “Intendiamo affrontare in maniera puntuale problemi annosi quali la carenza di personale sanitario e le liste di attesa”.
“Siamo consapevoli – ha aggiunto Gemmato – che il miglioramento delle performance non è legato direttamente ai fondi stanziati ma anche ad una riforma dei processi. Dobbiamo aumentare gli investimenti a tutta la filiera della salute, compresa la farmaceutica che è un asset strategico della nostra economia e che vale circa 50 miliardi l’anno e compete in Europa solo con la Germania. In questa legge di bilancio abbiamo assegnato alla farmaceutica il 15,30% della dotazione del fondo sanitario nazionale ed un altro segnale importante è il tavolo tra MIMIT e Ministero della Salute sulla filiera farmaceutica”.
Poi ha ricordato la riorganizzazione dell’AIFA. “Avrà finalmente una governance lineare e snella e un sistema regolatorio più veloce per rispondere meglio alle esigenze dei cittadini che hanno bisogno di accedere ai farmaci. Tra le grandi sfide che abbiamo di fronte c’è l’antibiotico-resistenza che sarà uno dei temi del G7. Nonostante le criticità, il nostro SSN è uno dei migliori al mondo, basti pensare alla ricerca e al trattamento delle malattie rare dove siamo secondi solo agli USA”.
Fumo fattore di rischio modificabile con più impatto economico
La perdita di produttività legata agli stili di vita scorretti degli italiani costa ogni anno circa 93 miliardi di euro. Il fumo si conferma il fattore di rischio modificabile con il maggiore impatto economico in termini di perdita di produttività (oltre 60 miliardi di euro). Interventi trasversali sui comportamenti e stili di vita, riducendo i fattori di rischio, possono avere benefici sia sull’aspettativa di vita dei cittadini sia sui costi sanitari legati poi allo sviluppo di alcune malattie, osserva il report Meridiano Sanità. Inoltre permetterebbero di liberare risorse fino a 25 miliardi di euro in termini di recupero di produttività, che potrebbero essere dedicati al miglioramento della qualità dei servizi offerti.
Parallelamente all’aumento dell’età media, negli anni è aumentato l’impatto dei fattori di rischio modificabili, cioè legati a comportamenti e stili di vita, in primis fumo, alcol, cattiva alimentazione e sedentarietà. Dagli ultimi dati disponibili sono 1,1 milioni gli anni vissuti in disabilità (Years Lived with Disability, YLD) dai cittadini italiani dovuti a comportamenti e stili di vita scorretti, che, aggiunti agli anni vissuti con disabilità per cause metaboliche, come ipertensione e ipercolesterolemia, raggiungono i 2,2 milioni. A questi fattori sono collegati inoltre 200mila delle morti per malattie non trasmissibili, a cui si aggiungono quelle correlate ai fattori di rischio ambientali, come l’inquinamento e i cambiamenti climatici.
In questo quadro destinato a peggiorare nel prossimo futuro – dichiara Daniela Bianco, Partner e Responsabile dell’Area Healthcare di The European House – Ambrosetti, “si deve cambiare il paradigma della sanità, da un modello reattivo a un modello proattivo, che parte dalla prevenzione. Si deve agire sui comportamenti dei cittadini, sin dai primi anni di vita, intervenendo su abitudini e stili di vita e promuovendo tutti gli strumenti di immunizzazione e diagnosi precoce. La prevenzione deve essere riconosciuta come un investimento e non come una spesa, intervenendo anche sulle modalità della contabilizzazione internazionali”.
Vaccini e crescita culturale per risparmiare costi
La pandemia da COVID-19, anche per la crescita dell’esitazione vaccinale, ha reso ancor più complesso il raggiungimento dei target di copertura vaccinali soprattutto per alcune vaccinazioni quali l’HPV e le vaccinazioni negli adulti. Herpes Zoster, malattia pneumococcica e Influenza, malattie prevenibili con la vaccinazione, costano complessivamente 664,5 milioni di euro soltanto negli over-65 (61,8% costi diretti e 38,2% costi indiretti, in termini di perdita di produttività).
In base al modello sviluppato da Meridiano Sanità, il costo evitato all’anno zero grazie alla vaccinazione per queste tre patologie degli adulti e dei pazienti oncologici potrebbe variare tra 0,7 e 1,5 miliardi di euro complessivi tra costi diretti e indiretti a seconda della copertura vaccinale raggiunta. La piena attuazione del nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, l’aggiornamento continuo del Calendario vaccinale, la realizzazione dell’Anagrafe Vaccinale e la promozione della vaccinazione in tutti i setting assistenziali sono strumenti essenziali per aumentare la protezione dell’individuo e della collettività. Tuttavia, secondo il report di Meridiano Sanità, devono essere affiancate da una azione congiunta di comunicazione, crescita culturale dei cittadini e formazione degli operatori sanitari sul valore della prevenzione vaccinale.
Meridiano sanità: AMR potrebbe raggiungere resistenza fino al 90% per alcune infezioni
L’antimicrobico resistenza è una pandemia silente. L’AMR causa 1,7 milioni di infezioni e circa 22.000 morti nei Paesi europei, di cui il 12% in Italia. Le tradizionali misure di prevenzione e controllo delle infezioni sono, insieme alla ricerca e sviluppo e all’utilizzo appropriato di nuovi antibiotici, vaccini e della diagnostica molecolare innovativa, gli strumenti più efficaci per il contrasto, sottolinea il report.
Senza adeguati provvedimenti, nei Paesi in cui si registrano le più alte percentuali di AMR, come l’Italia, si potrebbe raggiungere un livello di resistenza fino al 90% per alcune specifiche infezioni entro il 2035. Inoltre, soltanto in Europa, le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA), spesso causate dai patogeni multiresistenti. Sono responsabili ogni anno di 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza, 37 mila decessi direttamente attribuibili e 110 mila decessi in cui l’infezione è una concausa. Le ICA costano al sistema sanitario italiano 783 milioni di euro l’anno di soli costi diretti, di cui 259 milioni di euro sono imputabili alle ICA da batteri resistenti.
Meridiano Sanità: pesano malattie infettive per aumento delle temperature
In generale, preoccupa anche in Italia la diffusione delle malattie infettive. Dopo 2 anni di pandemia il COVID continua a circolare. Dal 9 al 15 novembre si sono registrati 192 decessi con un aumento del 17,8% rispetto alla settimana precedente e la copertura vaccinale per gli per over-60 e i fragili è ferma al 3,12% (meno di 700.000 dosi somministrate). Non si tratta solo delle infezioni respiratorie ma aumentano le patologie legate all’aumento delle temperature, come quelle trasmesse dalle zanzare; nel 2023 sono stati 332 i casi di febbre del Nilo occidentale, 317 quelli di Dengue di cui 76 autoctoni.
Se il mutato contesto socio-economico e demografico, il cambiamento climatico e dell’ambiente e la globalizzazione hanno contribuito ad aumentare la diffusione delle malattie infettive, le malattie non trasmissibili continuano ad avere il maggior impatto a livello di sistema in termini sanitari ed economici, assorbendo circa l’80% della spesa sanitaria. Nonostante una riduzione della mortalità del 40% negli ultimi 20 anni, le malattie non trasmissibili impattano in maniera sempre più significativa sulla salute degli italiani, causando oggi il 93,3% dei decessi e l’89,5% degli anni vissuti con disabilità.
Malattie del cuore prima causa di mortalità
Le malattie cardio, cerebro e vascolari sono la prima causa di mortalità, seguite dai tumori e dai disturbi neurologici, mentre le malattie muscoloscheletriche e i disordini mentali sono i primi due gruppi di patologie per anni vissuti in disabilità.
Covid gira più di quanto si pensi, chi sono i pazienti fragili
News PresaIl virus del covid gira ancora e più di quanto si pensi. Sebbene l’infezione sia diventata sempre meno aggressiva, i pazienti fragili sono ancora esposti a rischi più gravi e a ricoveri in terapia intensiva. Per questo è fondamentale la vaccinazione.
Chi sono i pazienti fragili
La vaccinazione ha un ruolo principale nella prevenzione, insieme all’accesso precoce alle terapie.
“Finalmente le nuove linee guida OMS del 10 novembre scorso identificano le priorità tra i pazienti che con infezione da SARS-CoV-2 necessitano di accedere alla terapia precoce“, evidenzia Emanuele Nicastri, membro direttivo SIMIT e Direttore UOC Malattie Infettive Alta Intensità di Cura INMI Spallanzani. “Sono tutti gli immunocompromessi per i motivi più diversi. Il rischio di ricovero o decesso arriva sino al 6%. Questi pazienti devono essere sensibilizzati a fare subito il tampone naso-faringeo in caso di sintomi simil influenzali e, in caso di positività, ad accedere immediatamente alla terapia precoce antivirale attraverso i medici di medicina generale o gli ambulatori ospedalieri di terapia antivirale precoce”.
L’iniziativa per la lotta al covid
Le società scientifiche SIMIT, SIMG, SIMEU stanno lavorando a un programma educativo per migliorare le conoscenze e la gestione clinica del paziente, a partire dalla patogenesi e dalla storia naturale dell’infezione da SARS-CoV-2. “Oggi la lotta al covid parte dal territorio, grazie alla possibilità di accesso a terapie preventive che possono essere somministrate a seguito di diagnosi precoci – sottolinea il Prof. Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT – Per favorire le diagnosi precoci è fondamentale una sinergia tra diverse discipline, con i medici di famiglia che possono identificare i pazienti più fragili e inviarli al trattamento, in virtù anche delle migliori conoscenze di cui oggi disponiamo. A questo si aggiunge la necessità di una maggiore attenzione per i disturbi post-covid, che, in quanto malattia multifattoriale, necessita di un approccio multidisciplinare, in cui l’infettivologo si conferma il regista dell’azione”.
Superare i reparti covid
“In queste settimane in cui pure i contagi corrono, si denota un numero limitato di patologie acute, che colpiscono prevalentemente i pazienti anziani fragili – sottolinea Alessandro Riccardi, Consigliere nazionale SIMEU e Responsabile della formazione. “Diventa pertanto opportuno condividere un approccio con gli infettivologi che preveda maggiore dinamicità nel processo assistenziale, superando il concetto dei reparti covid, mentre ogni specialità dovrebbe prendere in carico i propri pazienti e lasciare agli infettivologi il paziente con il maggiore coinvolgimento polmonare e una malattia da covid più elevata, prestando attenzione soprattutto alle comorbidità. Si deve ripensare anche la gestione intraospedaliera, che deve svilupparsi all’insegna di una maggiore elasticità nei reparti”.
Vaccini
“La Medicina generale si conferma recettiva – sottolinea Alessandro Rossi, Responsabile Ufficio di Presidenza SIMG. “In questa nuova fase, il nostro ruolo si sviluppa lungo due direttrici: anzitutto, siamo impegnati a identificare i pazienti a rischio di malattia grave e ospedalizzazione, come anziani, immunocompromessi, malati cronici, al fine di proporre la somministrazione di una dose booster del vaccino aggiornato alle più recenti varianti. In secondo luogo, è necessario riaffermare l’assoluta necessità di trattare tempestivamente con i farmaci antivirali a disposizione della Medicina Generale tutti i soggetti a rischio, effettuando una precoce diagnosi clinica e virologica con tampone antigenico rapido”, conclude.
Diabete, troppi ritardi nella diagnosi del tipo 1
Adolescenti, Bambini, PrevenzioneIl diabete di tipo 1 riceve una diagnosi tardiva nel 40% dei casi. Un dato scioccante legato all’incapacità del Sistema sanitario nazionale di intercettarlo precocemente nei più piccoli. Spesso l’insorgenza della malattia viene scoperta solo per episodi di chetoacidosi, uno squilibrio metabolico grave che richiede intervento immediato al Pronto Soccorso e può causare danni permanenti.
Decreti attuativi
Benché in Italia (primo paese in europa) sia stato istituito uno screening per il diabete di tipo 1 grazie alla legge 130/2023, promulgata il 15 settembre scorso, mancano ad oggi i decreti attuativi per identificare i bambini a rischio prima che si verifichi uno scompenso potenzialmente letale.
Diagnosi precoce
Arrivare ad una diagnosi precoce è essenziale, perché se non diagnosticata in tempo la malattia può avere un forte impatto sulla qualità e sulla quantità di vita. Basti pensare che se la malattia si manifesta prima dei 10 anni, la riduzione dell’aspettativa di vita può essere addirittura di 16 anni. Mentre, una diagnosi precoce, un controllo continuo e cure adeguate possono portare ad una vita quasi del tutto equiparabile a quella di una persona libera dal diabete.
Incidenza
Ma quanti sono i casi in Italia? L’incidenza del diabete di tipo 1 cresce costantemente a un tasso del 3-4% annuo, registrando un aumento significativo durante i due anni di pandemia: circa il 14% nel primo anno e il 27% nel secondo. Parallelamente, il diabete di tipo 2, una volta associato all’età adulta, sta emergendo anche tra i giovani a causa di sovrappeso, obesità e stili di vita poco salutari.
Sintomi
I sintomi del diabete variano a seconda di quanto la glicemia è elevata. Nel diabete di tipo 1 i sintomi tendono a insorgere in modo più rapido e più grave rispetto al diabete di tipo 2. La sintomatologia legata al diabete 1 si manifesta con:
Meridiano Sanità: spesa sanitaria pubblica nel 2050 dovrebbe raggiungere 9% del pil per sostenere SSN
Economia sanitaria, Eventi d'interesse, Farmaceutica, News PresaLe crisi di natura economica, sociale e ambientale negli ultimi anni, unite all’instabilità del quadro geopolitico, impattano sulla salute degli italiani. Il nostro Paese, ancora impegnato a superare le conseguenze della pandemia, ha dovuto affrontare la crisi energetica e delle materie prime, con un aumento dell’inflazione prima, e dei tassi di interesse poi. Fattori che hanno rallentato la ripresa, anche a causa delle tensioni geopolitiche, dal conflitto russo-ucraino alla ripresa delle ostilità in Medioriente. La stagnazione dell’economia italiana (PIL italiano pari allo 0,18% nel decennio 2012-2022) e le prospettive di crescita del 2023 e degli anni successivi unite a elevati livelli di indebitamento non delineano un quadro positivo. A fare il punto della situazione è il 18esimo rapporto “Meridiano Sanità” di The European House – Ambrosetti, presentato al XVIII Forum Meridiano Sanità “Prevenzione e innovazione per l’evoluzione sostenibile del sistema sanitario e la crescita economica dell’Italia”, in corso a Roma.
“Investire nella prevenzione e nella ricerca è quanto di meglio possiamo fare ed anche in questo senso è fondamentale una piena sinergia tra tutti gli attori che si occupano di sanità. Abbiamo molte sfide davanti a noi, prima tra tutte quella demografica perché la popolazione invecchia e dobbiamo gestire tanti pazienti con molte cronicità. Da questo punto di vista l’innovazione è fondamentale perché porta dei costi ma è necessario investire su di essa, puntando a una vera trasformazione digitale”. Così il ministro della Salute Orazio Schillaci nel suo intervento. “Stiamo puntando anche sui fondi Pnrr per potenziare l’assistenza sanitaria e riorganizzare il sistema sanitario che è un po’ ingolfato e le cui debolezze sono emerse durante il periodo pandemico”.
“Abbiamo aumentato le risorse del Fondo sanitario nazionale – ha aggiunto – ma ci sono tante situazioni che vanno migliorate e da qui l’impegno nella legge finanziaria per il rinnovo del contratto. È opportuno aumentare i fondi per la prevenzione e fare in modo che quelli previsti siano spesi bene”. Poi ha ribadito l’importanza dei programmi di screening e la necessità di migliorare i tassi di adesione per agevolare la diagnosi precoce e gestire al meglio le patologie. “Altro elemento centrale nella prevenzione sono i vaccini – ha ribadito – ogni euro investito nella vaccinazione degli adulti oltre i 50 anni produce 4 euro di risparmio per il Ssn. Tra i tanti fronti sui quali stiamo lavorando c’è la piena attuazione degli investimenti Pnrr relativi alle case di comunità e le attività per ridurre le liste di attesa”.
Nel 2050 un italiano su tre sarà over 65
Uno dei temi analizzati nel report è la contrazione del tasso di fertilità. Nel 2023 è pari a 1,2 figli in media, lontana dalla soglia di 2,1 necessaria per mantenere la popolazione italiana al livello attuale. Questo dato, insieme al progressivo aumento dell’età media della popolazione, destinata a raggiungere i 50,6 anni nel 2050 dai 46,4 anni attuali, sono alla base della nuova struttura demografica dell’Italia. Nel 2050, quando ci saranno 58,5 milioni di italiani, vale a dire 2,4 milioni in meno rispetto a quelli attuali, un cittadino su tre sarà over-65, e su questa fascia di popolazione si concentrerà oltre il 70% della spesa sanitaria pubblica rispetto al 60% attuale.
Il nostro SSN si trova a rincorrere l’aumento dei bisogni di salute e assistenza in un quadro di riduzione dei cittadini in età attiva, principali contribuenti della spesa sanitaria pubblica. Per soddisfare i crescenti bisogni di salute e assistenza, secondo lo scenario previsionale di Meridiano Sanità, la spesa sanitaria pubblica dovrebbe raggiungere i 211,3 miliardi di euro, a prezzi correnti, nel 2050 (pari a circa il 9% del PIL, valore superiore all’attuale 6,7% ma inferiore rispetto alle incidenze attuali che si registrano in Germania e Francia dove la spesa sanitaria pubblica supera il 10%) rispetto ai 134,7 attuali (+56,9%), ma senza politiche attive per il mercato del lavoro il numero di occupati diminuirà del 17,2%, a 19 milioni.
Partecipazione al mercato del lavoro al 62%
“Nel quadro attuale – ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO, The European House – Ambrosetti, la spesa sanitaria pubblica in capo a ciascun lavoratore italiano al 2050 quasi raddoppierà, da 5.886 a 11.151 euro. Per questo, per garantire la tenuta del sistema sanitario e, più in generale di welfare, serve una strategia e una visione unitaria di demografia, economia e salute. Inoltre, rendere sostenibile la spesa sanitaria pubblica significa definire politiche per la natalità per allineare il tasso di natalità italiano alle media dei primi 5 Paesi europei (11,1 nati per 1.000 abitanti vs. 6,7 in Italia) e promuovere la partecipazione al mercato del lavoro (oggi al 62% rispetto all’82% medio dei primi 5 Paesi europei) anche attraverso l’attrazione di capitale umano qualificato dall’estero continuando nel processo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita in costante aumento. Sullo sfondo rimane la necessità di avviare un dibattito serio e costruttivo sul finanziamento della nostra sanità che dovrebbe basarsi su una concreta integrazione tra pubblico e privato e sull’ottimizzazione dei 3 pilastri del nostro SSN”.
Carenze in alcune specializzazioni
È stato però ricordato che, per rispondere all’aumento della domanda di salute e salvaguardare il nostro Servizio Sanitario Nazionale, seconda “impresa” dopo la scuola se si considera il numero di addetti, si devono risolvere al più presto alcune questioni aperte, a partire dall’emergenza del personale sanitario al centro dell’attualità. Non si tratta di un problema di numeri in assoluto – i laureati in medicina sono in linea con i principali Paesi europei – ma di programmazione e attrattività di alcune specializzazioni: nel 2023-2024 sono stati stanziati 16.165 contratti di specializzazione medica (ben più dei 14.036 candidati) ma ne sono stati assegnati solo il 62,1% (per alcune discipline la situazione è ancor più critica: appena l’8% di quelli disponibili per medicina di comunità e cure palliative, il 24% per la medicina di emergenza e urgenza). Non va dimenticato il tema salariale: a parità di potere d’acquisto, inoltre, uno specialista tedesco guadagna il 72,3% in più di un collega italiano.
Le carenze più significative riguardano alcune professioni, a partire dai Medici di Medicina Generale, nei quali è in ritardo il ricambio generazionale (il 75% dei MMG ha oltre 27 anni di anzianità) e dagli infermieri, che hanno un limitato riconoscimento economico e professionale rispetto ai colleghi europei: con 6,2 infermieri per 1.000 abitanti, l’Italia ha la metà degli infermieri della Germania rispetto alla popolazione (12 per 1.000 abitanti), Paese in cui le retribuzioni sono superiori al 30% rispetto al nostro Paese.
Meridiano Sanità: liste d’attesa ostacolo per un cittadino su due
La crisi di capitale umano pesa anche sulle liste d’attesa del sistema sanitario pubblico che, secondo 1 cittadino su 2 (49,5%) rappresenta il principale ostacolo all’accesso alle prestazioni, soprattutto dopo l’emergenza COVID-19, dato che nel triennio 2020-2022 sono state perse 16,1 milioni di prime visite e 22,8 milioni di visite di controllo rispetto al 2019.
Ulteriore elemento di riflessione, la necessità di accelerare nella completa attuazione della Riforma dell’assistenza territoriale e delle altre misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). La messa a terra degli investimenti previsti dalla Missione 6 “Salute” procede secondo i tempi del cronoprogramma europeo, ma stando all’ultimo monitoraggio di AGENAS, risultano attive appena 187 Case della Comunità, 76 Ospedali di Comunità e 77 COT, pari rispettivamente al 18%, al 24,8% e al 9,9% dei target rivisti dal Governo per far fronte all’aumento del 30% dei costi dei materiali di costruzione. Grazie anche al rafforzamento dei sistemi informativi, della telemedicina e dei dati, cui il PNRR destina oltre 4 miliardi di euro, la collaborazione tra MMG, farmacisti e gli altri professionisti delle cure primarie rappresenta la via maestra per offrire ai pazienti, sempre più spesso con comorbidità croniche, un’assistenza continuativa e sempre più di prossimità.
Attrattività degli investimenti in R&S
La rete dell’assistenza rappresenta solo una componente dell’ecosistema della salute, il sistema che unisce e mette in comunicazione la componente industriale privata – rappresentata dal settore farmaceutico e da quello dei dispositivi – con quella prevalentemente pubblica della rete di assistenza e ricerca. L’ecosistema della salute, come descritto nel Rapporto Meridiano Sanità, è un asset strategico su cui investire per aumentare la competitività del Paese e rilanciarne la crescita, oltre agli impatti sulla salute e qualità di vita dei cittadini. Tuttavia, nonostante il settore farmaceutico si distingua per alti moltiplicatori dell’attività economica, occupazione qualificata e intensità di R&S rispetto alla manifattura, l’Italia è riuscita ad attrarre meno dell’1% degli investimenti in R&S farmaceutico a livello globale. Processi normativi e regolatori spesso troppo lunghi e complessi insieme ad una governance della spesa farmaceutica, soggetta agli effetti del meccanismo del payback, che ricade soprattutto sulle aziende a capitale estero che sono anche le aziende a maggior tasso di innovazione, hanno di fatto implicazioni sulla disponibilità e accesso alle terapie e tecnologie più innovative.
Sindrome metabolica, steatosi e obesità: rischi enormi per la salute
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneÈ un problema in tutta Italia, ma la Campania è la regione con la più alta prevalenza di eccesso ponderale tra gli adulti (50,6%): 38% in sovrappeso e il 12% obesi. E, purtroppo, è maglia nera per obesità infantile (44%); condizione, questa, che è premessa della malattia da fegato grasso e può evolvere, subdolamente, in cirrosi epatica ed epatocarcinoma. Parte da questi dati scioccanti la due giorni dedicata all’Epatologia del III millennio, in programma a Napoli (all’Archivio di Stato) il 24 e il 25 novembre.
Obesità infantile
Ernesto Claar
“È fondamentale diffondere la consapevolezza che l’obesità infantile aumenta drammaticamente il rischio di sindrome metabolica in età adulta con tutti i risvolti sulla compromissione della qualità di vita, su autostima, ansia, depressione e capacità di partecipare ad attività fisiche e sociali”, dice Ernesto Claar, direttore dell’Unità Operativa di Epatologia dell’Ospedale Evangelico Betania e responsabile scientifico dell’evento. “Non tutti i bambini obesi diventano adulti obesi, ma è possibile mitigare il rischio attraverso stili di vita sani, l’adozione della dieta Mediterranea, scoraggiare il consumo di alimenti ad alto contenuto calorico e grassi saturi, scoraggiare il consumo di alcol, stimolare l’attività sportiva. Anche questo è salvaguardare il fegato, anche questo è programmazione sanitaria”.
Steatosi epatica
L’evento guarderà come sempre anche alle innovazioni, tra algoritmi diagnostici, prevenzione, dati e sinergia tra specialisti e medici di medicina generale. L’ambizione è quella di disegnare, in un’epoca di ristrutturazione sanitaria, i percorsi di cura in epatologia, attraverso una organizzazione condivisa. Gli specialisti, intanto, sono già convinti che la vera epidemia del terzo millennio sia proprio la malattia da fegato grasso (steatosi epatica) associata alla sindrome metabolica (obesità, diabete, alterato assetto lipidico) ai dati campani, dove ancora nel 64% dei casi la diagnosi di tumore al fegato e cirrosi epatica vengono poste contestualmente.
La prevenzione delle patologie endocrino-metabolichePrevenzioe
News PresaSi scrive “PreVenENDO”, si legge educazione alla salute. In particolare, il progetto ideato dalla professoressa Katherine Esposito (Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”) si propone di diffondere informazioni importanti sulla prevenzione delle malattie endocrino-metaboliche e andrologiche. In altre parole, vuole promuovere il benessere e la salute tra la popolazione attraverso un approccio educativo accessibile a tutti.
Informare
«Il cuore di PreVenENDO è la divulgazione di messaggi chiari e pratici per la vita di tutti i giorni», spiega la professoressa Esposito che è anche direttore della Diabetologia e dell’Endocrinologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Vanvitelli. «Messaggi che vogliono aiutare i cittadini a prevenire malattie ad alto impatto sociale come il diabete, l’obesità e altre patologie legate agli stili di vita. L’iniziativa si estende anche alla sensibilizzazione sulle malattie rare di interesse endocrino-metabolico ed andrologico».
A contatto con i cittadini
Per raggiungere il pubblico più ampio possibile, l’Università ha scelto luoghi chiave del vivere quotidiano come librerie, caffè letterari, circoli culturali, centri ricreativi e sportivi, parrocchie e scuole. Questo approccio consente di instaurare un dialogo diretto con la cittadinanza, offrendo informazioni e consigli pratici in contesti familiari e accoglienti.
Piatto Mediterraneo
Una delle tappe più recenti di “PreVenENDO” è avvenuta il 14 novembre presso la Chiesa Santa Maria Materdomini, focalizzandosi sulla prevenzione del diabete, una patologia con gravi conseguenze per la salute e un impatto sociale significativo. L’evento ha visto come protagonista il “Piatto Mediterraneo“, riconosciuto come uno dei pilastri della prevenzione del diabete. Accanto a questo, è stato presentato il “Regolo del Piatto Mediterraneo”, un approccio pratico per adottare un regime alimentare salutare, basato sul gusto personale, sulla stagionalità dei prodotti e sulle esigenze individuali.
Melodia di benessere
Ad arricchire l’atmosfera dell’evento, il coro polifonico dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, diretto dal maestro Carlo Forni, ha contribuito a veicolare i messaggi di prevenzione attraverso la magia della musica. Un connubio unico tra informazione e arte, mirato a coinvolgere e sensibilizzare la cittadinanza su pratiche di vita quotidiana volte a preservare la salute.