Tempo di lettura: 5 minutiGli italiani sedentari sono quasi 20 milioni e l’obesità è cresciuta oltre l’11 per cento, passando dal 10,9 per cento del 2019 all’11,4 per cento nel 2022. Secondo gli ultimi dati Istat, solo il 5 per cento della popolazione consuma 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, come raccomandato dall’OMS.
Se n’è discusso ieri durante il quinto Italian Obesity Barometer Summit “No silos, strategie per contrastare l’obesità” tra Istituzioni, esperti, società scientifiche e associazioni pazienti. Il summit e il report di quest’anno sono stati dedicati alla memoria della prof.ssa Simona Frontoni, recentemente scomparsa, docente dell’Università di Roma Tor Vergata, socia fondatrice di IBDO.
Obesità in aumento in Italia
Secondo le stime Istat, in Italia, nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità, pari al 46,3 per cento, è tornata ai livelli pre-pandemia, durante la quale si era raggiunto il picco del 47,6 per cento. Guardando i numeri nel dettaglio, è diminuito il numero di persone con sovrappeso ma è aumentato quello delle persone con obesità, con un picco del 12 per cento nel 2021.
“Un approccio propositivo sin dall’età evolutiva è uno degli investimenti più produttivi e lungimiranti di politiche pubbliche – ha detto il Ministro della Salute Orazio Schillaci nella prefazione dell’Italian Barometer Obesity Report 2023. Per il Ministero della Salute è una priorità, lo dimostrano le numerose iniziative e strategie nazionali portate avanti attraverso le ‘Linee di indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità’ e in coerenza con gli obiettivi del Programma ‘Guadagnare salute’ e del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025. A questa logica risponde anche l’Italian Barometer Obesity Report che con la sua autorevolezza è diventato uno strumento importante” .
OMS: obesità nel mondo triplicata. L’analisi
“Secondo l’OMS, il numero di persone con obesità nel mondo è quasi triplicato negli ultimi 50 anni e, ad oggi, si attesta a oltre 800 milioni di adulti che ne soffrono. A questo aumento hanno contribuito senz’altro i fattori ambientali, legati ai cambiamenti di stili di vita e di lavoro sempre più sedentari, l’uso crescente dei mezzi di trasporto privati e la progressiva urbanizzazione, nonché un maggior apporto di cibi ricchi di grassi saturi e di zuccheri a fronte di una riduzione del dispendio energetico. Abitudini sedentarie associate a un’alimentazione troppo ricca di cibi calorici e poveri di nutrienti sono, infatti, responsabili dello squilibrio tra apporto e consumo di energia, che può generare un eccesso ponderale”, spiega Paolo Sbraccia, Co-Editor di Obesity Monitor e Vice Presidente vicario di IBDO Foundation.
“Bisogna comunque ricordare che l’obesità è una malattia molto complessa. I fattori ambientali hanno sicuramente una grande responsabilità nell’accumulo di peso. Tuttavia, la suscettibilità ad ammalarsi è data da fattori genetici, epigenetici, nuroendocrinologici e, in generele, biologici che oggi possono essere contrastati con nuovi e innovativi strumenti farmacoterapici nell’ambito comunque di un approccio multidisciplinare”, ha aggiunto.
Sedentarietà
Le raccomandazioni internazionali suggeriscono di ridurre il consumo di zuccheri e snack salati, consumare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno e per gli adulti fare 150 minuti a settimana di attività a intensità moderata.
“L’Italia è uno dei paesi con i più bassi livelli di attività fisica. I dati sulla sedentarietà mostrano un miglioramento in tutte le fasce di età, ma resta un comportamento ancora troppo diffuso. L’andamento è crescente all’aumentare dell’età: nel 2022 riguarda quasi una persona su quattro tra i giovani di 18-24 anni (23,6 per cento) e quasi sette su dieci tra gli over 74 (67,2 per cento)”. Lo ha spiegato Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza, Istat.
Alimentazione, stile di vita e sfide globali
“Per quanto riguarda le abitudini alimentari poco salutari – continua Crialesi – in Italia circa una persona adulta su due consuma dolci, come torte farcite, merendine, gelati, almeno qualche volta a settimana. L’11,3 per cento ne consuma tutti i giorni, mentre più di una persona su quattro consuma snack salati almeno qualche volta a settimana. In 20 anni il consumo degli snack salati tra gli adulti è aumentato del 50 per cento ed è più che raddoppiato tra i 45-64enni. Inoltre, negli ultimi 20 anni il consumo giornaliero di frutta e verdura è diminuito del 5 per cento e quasi un adulto su cinque non assume frutta o verdura con cadenza giornaliera”, ha aggiunto.
Secondo la commissione di esperti della rivista scientifica Lancet, obesità, denutrizione e cambiamento climatico sono le più grandi minacce per la popolazione mondiale e sono legate tra loro da scopi di profitto e inerzia politica. “Per affrontare concretamente queste minacce globali, è necessario un ripensamento radicale dei modelli di business, dei sistemi alimentari, del coinvolgimento della società civile e della governance nazionale e internazionale”, ha detto Andrea Lenzi, Co-Editor di Obesity Monitor e Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidente di OPEN ITALY e Presidente dello Steering committee di IBDO Foundation.
“La governance a livello globale, di Paese e città è importante, ma di solito è frammentaria, bloccata in silos, spesso focalizzata sulla scelta individuale e incapace o non disposta a prendere le distanze da una forte influenza commerciale e da obiettivi politici a breve termine, motivo per cui è necessario lavorare insieme per cambiare percorso per una migliore salute umana e planetaria”, ha concluso.
Obesità impatta sull’economia
“L’obesità rappresenta quindi una sfida irrisolta di salute pubblica, che troppo spesso viene sottovalutata e ignorata. I problemi di salute correlati si riflettono quotidianamente sulla qualità di vita, sui casi di assenteismo dal lavoro, impattando sui bilanci economici delle famiglie e della spesa pubblica e sanitaria“, ha commentato Nathan Levialdi Ghiron, Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata nella prefazione dell’Italian Barometer Obesity Report 2023. “È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete e soprattutto che coinvolgano l’intera popolazione, partendo dall’inclusione dell’obesità nel Piano Nazionale delle Malattie Croniche al fine di aumentare il supporto e diminuire le disuguaglianze di accesso alle cure sul territorio”.
Il futuro
“Il mondo sta vivendo una trasformazione epocale di tipo demografico, sociale, economico e ambientale. L’epidemia dell’obesità e delle malattie non trasmissibili, insieme all’invecchiamento della popolazione, minaccia seriamente i sistemi sanitari. Per ritenere, ragionevolmente, di avere successo nel fronteggiare questa sfida bisogna agire in modo diverso dal passato ed essere in grado di concepire politiche pubbliche coraggiose e dirompenti”, ha ribadito l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili” e Vicepresidente vicario ANCI.
“Per noi, per le generazioni attuali e future, è giunto il momento di mettere in pratica gli obiettivi indicati in molti dei programmi politici nazionali e internazionali degli ultimi quindici anni che hanno avuto il merito di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica e politica sul tema, ma il demerito di non essere ancora attuati. Bisogna creare una forte alleanza tra istituzioni governative, parlamentari, scientifiche, accademiche e persone con obesità per coinvolgere e rendere partecipi tutti della necessità di agire ora”, ha aggiunto la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili.
L’evento è stato realizzato con il supporto scientifico e istituzionale dell’Intergruppo parlamentare obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, Intergruppo parlamentare qualità di vita nelle città, Intergruppo parlamentare sanità digitale e terapie digitali, Intergruppo parlamentare per la prevenzione delle emergenze e l’assistenza sanitaria nelle aree interne, Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation Spin off Università di Roma Tor Vergata, Istat, Coresearch, Crea Sanità, Bhave, Università di Roma Tor Vergata – Dipartimento di medicina dei servizi e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto internazionale Driving change in obesity.
Durante l’evento hanno ricevuto il premio OPEN l’On. Roberto Pella e la Sen. Daniela Sbrollini e il Sen. Filippo Sensi, Membro della quarta Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea), per il loro impegno nella lotta contro l’obesità.
Sanità pubblica ormai allo stremo
Economia sanitaria, News PresaIl dato non è incoraggiante, anzi è a dir poco sconfortante. L’Italia, rispetto alla media dei Paesi europei dell’area Ocse, sconta un gap per la spesa sanitaria pro capite media di 829 euro, cifra che per il 2022 equivale ad una differenza di poco meno di 49 miliardi di euro. A rivelarlo è il sesto rapporto della Fondazione Gimbe sul Servizio sanitario nazionale presentato a Roma, che tratteggia i contorni di un Servizio sanitario pubblico ormai alla frutta.
Stagione di tagli
Non incoraggia notare che tutti i Governi che si sono alternati negli ultimi 15 anni hanno tagliato, o comunque non investito adeguatamente in sanità. Nonostante il fabbisogno sanitario nazionale dal 2010 al 2023 sia aumentato complessivamente di 23,3 miliardi (in media 1,94 miliardi per anno). Gli anni dal 2010 al 2019 hanno fatto registrare tagli su taglia in ambito sanitario. Il sistema pubblico ha perso finanziamenti per oltre 37 miliardi, di cui circa 25 miliardi nel 2010-2015.
Risanamento
In questo quinquennio la scure dei tagli è stata usata in nome del risanamento della finanza pubblica.Oltre 12 miliardi nel periodo 2015-2019, in conseguenza del definanziamento, che ha assegnato meno risorse al Servizio sanitario nazionale rispetto ai livelli programmati. Si è avuto un aumento del Fondo sanitario tra il 2020-2022, ma in quegli anni c’è stata la pandemia: l’incremento è stato di 11,2 miliardi, con una crescita media del 3,4% annuo. Ma le risorse aggiuntive di fatto sono state assorbite dai costi della pandemia e non hanno consentito rafforzamenti strutturali.
Liste d’attesa
Per il periodo 2023-2026, infine, la Nota di Aggiornamento del Def 2023, approvata lo scorso 27 settembre, il rapporto spesa sanitaria/PIL precipita dal 6,6% del 2023 al 6,2% nel 2024 e nel 2025, e poi ancora al 6,1% nel 2026. In termini assoluti, nel triennio 2024-2026 si stima un incremento della spesa sanitaria di soli 4.238 milioni (+1,1%). La conseguenza, spiega il presidente Gimbe Nino Cartabellotta, sono «interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali, aumento della spesa privata sino alla rinuncia alle cure».
Obesità nel mondo triplicata, picco anche in Italia. L’analisi
Alimentazione, News Presa, Prevenzione, Stili di vitaGli italiani sedentari sono quasi 20 milioni e l’obesità è cresciuta oltre l’11 per cento, passando dal 10,9 per cento del 2019 all’11,4 per cento nel 2022. Secondo gli ultimi dati Istat, solo il 5 per cento della popolazione consuma 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, come raccomandato dall’OMS.
Se n’è discusso ieri durante il quinto Italian Obesity Barometer Summit “No silos, strategie per contrastare l’obesità” tra Istituzioni, esperti, società scientifiche e associazioni pazienti. Il summit e il report di quest’anno sono stati dedicati alla memoria della prof.ssa Simona Frontoni, recentemente scomparsa, docente dell’Università di Roma Tor Vergata, socia fondatrice di IBDO.
Obesità in aumento in Italia
Secondo le stime Istat, in Italia, nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità, pari al 46,3 per cento, è tornata ai livelli pre-pandemia, durante la quale si era raggiunto il picco del 47,6 per cento. Guardando i numeri nel dettaglio, è diminuito il numero di persone con sovrappeso ma è aumentato quello delle persone con obesità, con un picco del 12 per cento nel 2021.
“Un approccio propositivo sin dall’età evolutiva è uno degli investimenti più produttivi e lungimiranti di politiche pubbliche – ha detto il Ministro della Salute Orazio Schillaci nella prefazione dell’Italian Barometer Obesity Report 2023. Per il Ministero della Salute è una priorità, lo dimostrano le numerose iniziative e strategie nazionali portate avanti attraverso le ‘Linee di indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità’ e in coerenza con gli obiettivi del Programma ‘Guadagnare salute’ e del Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025. A questa logica risponde anche l’Italian Barometer Obesity Report che con la sua autorevolezza è diventato uno strumento importante” .
OMS: obesità nel mondo triplicata. L’analisi
“Secondo l’OMS, il numero di persone con obesità nel mondo è quasi triplicato negli ultimi 50 anni e, ad oggi, si attesta a oltre 800 milioni di adulti che ne soffrono. A questo aumento hanno contribuito senz’altro i fattori ambientali, legati ai cambiamenti di stili di vita e di lavoro sempre più sedentari, l’uso crescente dei mezzi di trasporto privati e la progressiva urbanizzazione, nonché un maggior apporto di cibi ricchi di grassi saturi e di zuccheri a fronte di una riduzione del dispendio energetico. Abitudini sedentarie associate a un’alimentazione troppo ricca di cibi calorici e poveri di nutrienti sono, infatti, responsabili dello squilibrio tra apporto e consumo di energia, che può generare un eccesso ponderale”, spiega Paolo Sbraccia, Co-Editor di Obesity Monitor e Vice Presidente vicario di IBDO Foundation.
“Bisogna comunque ricordare che l’obesità è una malattia molto complessa. I fattori ambientali hanno sicuramente una grande responsabilità nell’accumulo di peso. Tuttavia, la suscettibilità ad ammalarsi è data da fattori genetici, epigenetici, nuroendocrinologici e, in generele, biologici che oggi possono essere contrastati con nuovi e innovativi strumenti farmacoterapici nell’ambito comunque di un approccio multidisciplinare”, ha aggiunto.
Sedentarietà
Le raccomandazioni internazionali suggeriscono di ridurre il consumo di zuccheri e snack salati, consumare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno e per gli adulti fare 150 minuti a settimana di attività a intensità moderata.
“L’Italia è uno dei paesi con i più bassi livelli di attività fisica. I dati sulla sedentarietà mostrano un miglioramento in tutte le fasce di età, ma resta un comportamento ancora troppo diffuso. L’andamento è crescente all’aumentare dell’età: nel 2022 riguarda quasi una persona su quattro tra i giovani di 18-24 anni (23,6 per cento) e quasi sette su dieci tra gli over 74 (67,2 per cento)”. Lo ha spiegato Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza, Istat.
Alimentazione, stile di vita e sfide globali
“Per quanto riguarda le abitudini alimentari poco salutari – continua Crialesi – in Italia circa una persona adulta su due consuma dolci, come torte farcite, merendine, gelati, almeno qualche volta a settimana. L’11,3 per cento ne consuma tutti i giorni, mentre più di una persona su quattro consuma snack salati almeno qualche volta a settimana. In 20 anni il consumo degli snack salati tra gli adulti è aumentato del 50 per cento ed è più che raddoppiato tra i 45-64enni. Inoltre, negli ultimi 20 anni il consumo giornaliero di frutta e verdura è diminuito del 5 per cento e quasi un adulto su cinque non assume frutta o verdura con cadenza giornaliera”, ha aggiunto.
Secondo la commissione di esperti della rivista scientifica Lancet, obesità, denutrizione e cambiamento climatico sono le più grandi minacce per la popolazione mondiale e sono legate tra loro da scopi di profitto e inerzia politica. “Per affrontare concretamente queste minacce globali, è necessario un ripensamento radicale dei modelli di business, dei sistemi alimentari, del coinvolgimento della società civile e della governance nazionale e internazionale”, ha detto Andrea Lenzi, Co-Editor di Obesity Monitor e Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidente di OPEN ITALY e Presidente dello Steering committee di IBDO Foundation.
“La governance a livello globale, di Paese e città è importante, ma di solito è frammentaria, bloccata in silos, spesso focalizzata sulla scelta individuale e incapace o non disposta a prendere le distanze da una forte influenza commerciale e da obiettivi politici a breve termine, motivo per cui è necessario lavorare insieme per cambiare percorso per una migliore salute umana e planetaria”, ha concluso.
Obesità impatta sull’economia
“L’obesità rappresenta quindi una sfida irrisolta di salute pubblica, che troppo spesso viene sottovalutata e ignorata. I problemi di salute correlati si riflettono quotidianamente sulla qualità di vita, sui casi di assenteismo dal lavoro, impattando sui bilanci economici delle famiglie e della spesa pubblica e sanitaria“, ha commentato Nathan Levialdi Ghiron, Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata nella prefazione dell’Italian Barometer Obesity Report 2023. “È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete e soprattutto che coinvolgano l’intera popolazione, partendo dall’inclusione dell’obesità nel Piano Nazionale delle Malattie Croniche al fine di aumentare il supporto e diminuire le disuguaglianze di accesso alle cure sul territorio”.
Il futuro
“Il mondo sta vivendo una trasformazione epocale di tipo demografico, sociale, economico e ambientale. L’epidemia dell’obesità e delle malattie non trasmissibili, insieme all’invecchiamento della popolazione, minaccia seriamente i sistemi sanitari. Per ritenere, ragionevolmente, di avere successo nel fronteggiare questa sfida bisogna agire in modo diverso dal passato ed essere in grado di concepire politiche pubbliche coraggiose e dirompenti”, ha ribadito l’On. Roberto Pella, Presidente Intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili” e Vicepresidente vicario ANCI.
“Per noi, per le generazioni attuali e future, è giunto il momento di mettere in pratica gli obiettivi indicati in molti dei programmi politici nazionali e internazionali degli ultimi quindici anni che hanno avuto il merito di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica e politica sul tema, ma il demerito di non essere ancora attuati. Bisogna creare una forte alleanza tra istituzioni governative, parlamentari, scientifiche, accademiche e persone con obesità per coinvolgere e rendere partecipi tutti della necessità di agire ora”, ha aggiunto la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente Intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili.
L’evento è stato realizzato con il supporto scientifico e istituzionale dell’Intergruppo parlamentare obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, Intergruppo parlamentare qualità di vita nelle città, Intergruppo parlamentare sanità digitale e terapie digitali, Intergruppo parlamentare per la prevenzione delle emergenze e l’assistenza sanitaria nelle aree interne, Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation Spin off Università di Roma Tor Vergata, Istat, Coresearch, Crea Sanità, Bhave, Università di Roma Tor Vergata – Dipartimento di medicina dei servizi e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk nell’ambito del progetto internazionale Driving change in obesity.
Durante l’evento hanno ricevuto il premio OPEN l’On. Roberto Pella e la Sen. Daniela Sbrollini e il Sen. Filippo Sensi, Membro della quarta Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea), per il loro impegno nella lotta contro l’obesità.
Salute mentale, una giornata contro lo stigma
PsicologiaLo stigma sociale, la paura di essere discriminati o, peggio ancora, la vergogna. Ancora oggi la sofferenza psichica deve fare i conti con tutto questo e, spesso, con la carenza di fondi che rende difficile una presa in carico reale del paziente. Per combattere il pregiudizio e per ribadire quanto il pubblico possa essere importante nell’affiancare quanti soffrono e le loro famiglie, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Luigi Vanvitelli di Napoli ha celebrato la giornata della salute mentale con un (H)Open Day del Dipartimento di Psichiatria (in Largo Madonna delle Grazie) e dalla Psichiatria d’Urgenza (in Piazza Miraglia, Padiglione 2 Lato Est, 4° piano).
L’onda lunga del Covid
Il direttore generale Ferdinando Russo ha anche ricordato come la sofferenza psichica sia ancora oggi aggravata dall’onda lunga del Covid. «La pandemia ha inciso molto, portando ad un aumento di ansia, depressione, disturbi del sonno, panico ed effetti post-traumatici da stress. Con questa giornata abbiamo voluto lanciare un messaggio forte affinché si comprenda l’importanza del chiedere aiuto, ma anche per ribadire che i nostri specialisti sono pronti a sostenere le famiglie e gli utenti che vivono delle difficoltà. Troppe persone non chiedono aiuto a causa dello stigma sociale».
Monica Capovani
La giornata è stata inoltre celebrata in memoria della psichiatra Monica Capovani, psichiatra di Pisa uccisa da un suo paziente. Non l’unico, ma di certo uno dei più gravi episodi che hanno visto coinvolto uno psichiatra. E in memoria della dottoressa Capovani sono state tante altre le manifestazioni con le quali si è celebrata la giornata della salute mentale. Tra le più suggetsive quella di Pisa, con una marcia alla quale hanno preso parte anche gli studenti delle scuole superiori. Il corteo ha attraversato le principali vie del centro cittadino per ricordare, hanno spiegato i promotori dell’iniziativa, che la «solitudine e l’isolamento sono i principali nemici delle malattie mentali». Un monito che si è levato con forza anche da Napoli, ma che ancora oggi avrebbe bisogno di un supporto importante da parte delle istituzioni per fare in modo che questo muro di solitudine possa essere definitivamente squarciato.
Sport fa guadagnare anni, solo 26,3% degli italiani assiduo
Benessere, News Presa, Prevenzione, Sport, Stili di vitaIl 2022 è stato un anno da record per lo sport italiano. Eppure, al di fuori del professionismo i numeri non sono confortanti. Sebbene lo sport sia uno mezzo di prevenzione e salute, entrato da poco nella Costituzione, secondo i dati Istat solo il 26,3% degli italiani pratica sport a livello continuativo. A preoccupare gli specialisti sono soprattutto i giovani, divenuti più sedentari dopo il Covid. Solo il 20 per cento delle persone con più di 15 anni dedica 150 minuti a settimana all’attività fisico-sportiva (in Svezia, per esempio, è il 60). I numeri mostrano che ha un impatto la comunicazione e l’esempio in famiglia. Quasi 8 ragazzi su 10 praticano sport quando entrambi i genitori svolgono pratica sportiva regolarmente. Scendono a poco più di 3 ragazzi su 10 quando entrambi i genitori sono non praticanti.
Sport fa guadagnare anni di vita in salute
Secondo la letteratura scientifica, lo stile di vita sano è il mezzo più efficace per aumentare gli anni di vita in salute. Lo studio del Carle Illinois College of Medicine (Usa), presentato in occasione del Nutrition 2023, il meeting annuale dell’American Society for Nutrition che si tiene a Boston, elenca otto abitudini che possono allungare la vita di quasi mezzo secolo. L’attività sportiva regolare è in cima alla lista, in grado di ridurre il rischio di morte del 46%. Le altre buone abitudini sono: avere relazioni sociali positive, non fumare, evitare la dipendenza da oppioidi, seguire una dieta sana, non bere alcolici, avere un sonno regolare e saper gestire lo stress.
Sedentarietà costa quasi 4 miliardi al SSN
L’inattività fisica grava sulla spesa sanitaria oltre che sulla salute degli italiani. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, la sedentarietà è responsabile del 9% delle malattie cardiovascolari, dell’11% dei casi di diabete di tipo 2, del 16% dei casi di tumore al seno e del 16% dei casi di tumore al colon-retto. L’Osservatorio Valore Sport ha quantificato in 3,8 miliardi di euro il costo sanitario annuo della sedentarietà nel nostro Paese. Viene inteso come somma di costi diretti e indiretti, con un’incidenza sul totale della spesa sanitaria pubblica e privata del Paese pari all’1,7%.
Camminata veloce protegge ossa e cartilagini dall’invecchiamento
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazione, Sport, Stili di vitaI benefici per la salute dell’attività fisica continuano a essere oggetto di studio della ricerca scientifica e i risultati allungano la lista di giorno in giorno. Secondo un ultimo studio, la camminata veloce è in grado di rallentare la degenerazione e aiutare la cartilagine. La ricerca è stata realizzata dall’Università di Verona e i risultati sono stati pubblicati sull’International Journal of Molecular Sciences. I marcatori del rischio di artrosi e di altre patologie osteoarticolari si riducono dopo appena un mese di allenamento.
Camminata veloce contrasta l’artrosi
Il ruolo dell’attività fisica si conferma determinante per la salute a tutte le età. Lo sport aiuta a mantenere un peso sano, fa bene al cuore e al cervello e allontana l’invecchiamento.
Lo studio, realizzato dall’Uoc di Recupero e Rieducazione Funzionale con la Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico dell’università di Verona, dimostra che è sufficiente una camminata veloce, a patto che sia svolta con regolarità. In altre parole, anche un esercizio semplice può influenzare positivamente almeno due marker molecolari dell’invecchiamento di ossa e cartilagini, proteggendo dall’insorgenza di patologie degenerative legate all’età, come l’artrosi.
Lo studio
Il team di scienziati ha preso in considerazione la molecola miR-146b-5p, coinvolta in diverse patologie degenerative, che vanno da tumori della tiroide e del colon-retto, all’ictus, a disturbi osteoarticolari. Per verificare in che modo i livelli di questa molecola vengano influenzati dall’attività fisica è stato reclutato un gruppo di volontari impegnati in un programma di esercizio che prevedeva tre sessioni di camminata veloce a settimana, per quattro settimane. Al termine del programma i ricercatori hanno prelevato il sangue dei partecipanti, analizzando la quantità di miR-146b-5p e confrontandola con i risultati delle analisi effettuate prima dell’inizio. I risultati hanno rivelato che la produzione di questa molecola di microRna era diminuita grazie all’attività fisica.
La molecola miR-146b è già stata esplorata in molte condizioni fisiopatologiche, lo studio pilota veronese ora ne ha evidenziato per la prima volta gli effetti sull’invecchiamento e i suoi processi degenerativi.
Aumenta la cartilagine
Lo studio dimostra che l’attività fisica personalizzata rallenta l’attività molecolare di invecchiamento, i processi degenerativi dell’età e aumenta l’autoproduzione di cartilagine. Per identificare questo marcatore di invecchiamento negli esseri umani, gli scienziati hanno indagato l’attività del miR-146b-5p circolante nel sangue.
Attraverso metodiche molecolari è stata osservata una riduzione dei livelli di miR-146b-5p circolanti in seguito al completamento del programma di attività fisica. Questa riduzione si associa alla diminuzione di cellule adipogeniche e aumento della componente cartilaginea.
Diminuiscono inoltre i livelli di marcatori associati alla degenerazione cartilaginea, mettendo in luce il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione delle patologie osteoarticolari.
Come fare la camminata veloce
In conclusione, per un invecchiamento in salute gli scienziati suggeriscono uno stile di vita sano che include l’allenamento, anche semplice, come quello testato dal programma Aoui. L’attività consiste in tre sessioni di camminata veloce a settimana per un totale di 4 settimane.
Ogni sessione è supervisionata da un fisioterapista e comprende 10 minuti di riscaldamento a bassa intensità, 30 minuti di camminata a 6-8,5 km/h e 5 minuti di defaticamento. Il prelievo ematico è stato effettuato prima e dopo il programma di 4 settimane.
Per essere efficace, la camminata deve essere rullata (appoggiando prima il tallone e poi la punta), con un passo allungato e il busto proteso in avanti, senza bastoncini ma con l’avambraccio piegato.
Diabete, fattori di rischio e prevenzione
Alimentazione, PrevenzioneSentir parlare di diabete non necessariamente significa conoscere la malattia. Si tratta di una di quelle patologie che in medicina si definiscono “croniche”, per le quali non esiste una cura definitiva. La sua incidenza è in costante aumento in tutto il mondo, con oltre 3,5 milioni di persone colpite solo in Italia (dati dell’ISTAT). Ciò è preoccupante, soprattutto considerando che oltre un milione di casi restano senza una diagnosi. Eppure questa malattia può portare a numerose complicanze, tra cui problemi cardiovascolari, danni ai nervi, ai reni e agli occhi.
Sintomi
Può essere una malattia subdola che può rimanere silente per un lungo periodo. Tuttavia, nei casi acuti, i sintomi possono includere:
Va poi detto che l’iperglicemia a lungo termine può portare a complicanze temute come la retinopatia, la nefropatia, la neuropatia e le malattie cardiovascolari.
Differenze
Esistono due principali tipi di questa patologia: la forma di il tipo 1 e quella di tipo 2. Le differenze principali tra queste due forme di diabete includono:
Insorgenza: La forma di tipo 1 si manifesta principalmente durante l’infanzia e l’adolescenza, mentre il diabete di tipo 2 si sviluppa di solito dopo i 30-40 anni, ma può verificarsi anche in età più giovane.
Cause: Il tipo 1 è causato dalla distruzione delle cellule beta del pancreas, portando all’assenza totale di insulina. Nel caso del diabete di tipo 2, il problema iniziale è l’insulino-resistenza, che rende difficile l’utilizzo del glucosio da parte delle cellule.
Fattori di rischio: Secondo gli esperti la forma di tipo 1 è influenzata da fattori ereditari ed ambientali, come alcune infezioni virali. Nel caso del diabete di tipo 2, i fattori di rischio includono la familiarità per la malattia, uno stile di vita sedentario, una dieta ricca di grassi e zuccheri, il sovrappeso e l’obesità.
Prevenzione
Mentre il diabete di tipo 1 non può essere prevenuto, esistono misure che possono aiutare a prevenire il diabete di tipo 2. In primis, adottare una dieta a basso contenuto di grassi e calorie può ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre è raccomandata. Anche l’esercizio è essenziale per evitare il sovrappeso e l’obesità, due fattori di rischio importanti per il diabete di tipo 2. In conclusione, il diabete mellito è una malattia seria che richiede attenzione e gestione adeguata. Riconoscere i sintomi e comprendere le differenze tra il diabete di tipo 1 e di tipo 2 è fondamentale per una diagnosi precoce. La prevenzione del diabete di tipo 2 attraverso uno stile di vita sano è possibile ed efficace. Consultare un medico e adottare un approccio proattivo alla salute può fare la differenza nella gestione di questa condizione cronica.
Quale futuro per il Sistema sanitario nazionale?
News PresaUno sguardo approfondito su quello che sarà il futuro della sanità in Italia. Il dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli e la Fondazione Muto ETS aprono una porta sul domani dell’assistenza pubblica con un dibattito che, non a caso, si muoverà sul tema “la sanità italiana: omogeneità e differenziazione”. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di discutere di autonomia differenziata, mettendo in luce le potenziali ripercussioni che potrà avere sugli assetti del sistema sanitario italiano.
Diritti a rischio
I contributi tecnici si concentrano su questioni decisive per il prossimo futuro e che stanno alimentando un acceso dibattito a livello scientifico, tecnico e politico. Particolare attenzione è riservata alle criticità emerse nell’attuazione dell’art. 116, co. 3 della Costituzione, in relazione alla tenuta del principio di eguaglianza, della coesione territoriale e della garanzia dei diritti fondamentali. Due le sessioni previste: quella mattutina, intitolata “Servizio Sanitario Nazionale e differenziazione”, è presieduta e introdotta da Sandro Staiano, Presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti e Coordinatore dell’Osservatorio sul Regionalismo Differenziato. La sessione pomeridiana, intitolata “Il futuro del servizio sanitario: visioni a confronto,” è moderata da Ottavio Ragone, direttore de “La Repubblica Napoli”.
Vantaggi e svantaggi
Staiano ricorda come “il settore sanitario è quello che corre i maggiori rischi di disarticolazione, con la conseguente perdita dei suoi caratteri connotativi che, oltre ad aver retto a lungo, lo hanno reso migliore di altri in Europa. Frammentando il SSN, attraverso un eccesso di ruolo riconosciuto alle Regioni, o ad alcune Regioni, perderemmo numerosi vantaggi. Il settore della sanità, in passato, è stato già ampiamente segnato dalla dislocazione di potere verso le Regioni e questo processo non ha dato sempre i frutti sperati. Attraverso l’autonomia in materia sanitaria è stato possibile per alcune Regioni di perseguire proprie politiche sanitarie, di puntare tutto sulle privatizzazioni dei servizi e di indebolire in maniera consistente la medicina territoriale, con conseguenze molto gravi per il SSN. Consideriamo, ad esempio, quanto è accaduto in Lombardia durante la pandemia, dove il sistema, più che in altre realtà, non è stato in grado di reggere l’impatto del Covid. Oggi, un’ulteriore dislocazione dei poteri sarebbe incomprensibile”.
Disuguaglianze
Altro tema è quello sollevato da Anna Maria Poggi, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Torino. «Le due Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata sono Veneto e Lombardia, ed entrambe si trovano nel primo quartile di garanzia dei livelli essenziali di assistenza. Ciò significa che, secondo i dati riportati nel Report GIMBE 2023, riescono a garantire ai residenti sul loro territorio quasi il 90% dei livelli essenziali di assistenza previsti a livello ministeriale. Se viene meno la leva centrale della redistribuzione da parte dello Stato vi è da chiedersi quali garanzie avranno i cittadini delle Regioni che riescono a soddisfare il 60% o meno dei livelli assistenziali. Tra queste vi sono la Puglia (67,5%), la Valle d’Aosta (63,8%), la Calabria (59,9%), la Campania (58,2%) e la Sardegna (56,3%) – continua Anna Maria Poggi. – Come lo Stato potrà allocare risorse alle Regioni che, al momento, forniscono poco più del 50% di servizi di quanto invece dovrebbero garantire? Il d.d.l Calderoli è condivisibile, dunque, nella parte in cui subordina il regionalismo differenziato alla fissazione dei livelli essenziali, ma rimane il tema delle risorse con cui questi si finanzieranno”.
L’appuntamento
L’evento si tiene giovedì 12 ottobre 2023, dalle 10 alle 17, presso l’Aula Magna del Centro Congressi Federico II, situato in via Partenope, 36, a Napoli. Ad aprire i lavori della giornata saranno la presenza ed i saluti di Roberto Muto, Presidente della Fondazione Muto ETS, di Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania, del Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, del Rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito, e del Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, Bruno Zuccarelli.
Ansia e depressione colpiscono 20% degli italiani. Permane stigma
Adolescenti, Benessere, Eventi d'interesse, News Presa, PsicologiaIl nostro Paese risulta ultimo in Europa per il benessere psicologico. Tra i disturbi mentali più diffusi ci sono ansia e depressione. Colpiscono il 20% della popolazione, soprattutto nell’adolescenza, ma solo un paziente su tre riceve un trattamento sanitario adeguato (dati Headway-Mental Health Index 2.0).
Eppure l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come “Una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità”. Nel mondo il suicidio è la quarta causa di morte per i giovani tra i 15 e i 19 anni e l’Italia registra un incremento preoccupante dei comportamenti suicidi negli adolescenti e addirittura nei bambini.
Nonostante in numeri parlino chiaro, la salute mentale è ancora un tabù. Alle radici del problema permane lo stigma sociale che connota spesso il tema del disagio mentale. Oggi, 10 ottobre, nella Giornata Mondiale della Salute Mentale, se ne discute nella conferenza stampa al Senato della Repubblica su iniziativa del Senatore On. Francesco Zaffini in collaborazione con i Distretti Italiani del Rotary International.
“Nel mondo 400 milioni di persone non hanno accesso alle cure mediche di base”, ha sottolineato Maria Carla Ciccioriccio, Governatore del Distretto 2080 del RI, che riunisce i 98 club di Roma, Lazio e Sardegna “il progetto “Rotary per la salute mentale” che vede uniti tutti i 14 Distretti Italiani, punta su una campagna di comunicazione in sinergia con i media per abbattere lo stigma del pregiudizio. Attraverso questa sfida abbiamo l’opportunità di cambiare in meglio l’assistenza sanitaria sulla salute mentale, lavorando sulla informazione della popolazione, sulla migliore collaborazione tra le Agenzie di Servizio Pubblico e sulla accelerazione della digitalizzazione della sanità e la partnership con le Istituzioni è fondamentale”.
Giornata della Salute Mentale, oltre 1 ragazzo su 7 con diagnosi
Adolescenti, Benessere, News Presa, PsicologiaNel mondo oltre 1 adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni vive con un problema di salute mentale diagnosticato. Delle 800mila persone che muoiono ogni anno per suicidio la maggior parte sono giovani. ll suicidio, infatti, è la 4 causa principale di morte tra i ragazzi fra i 15 e i 19 anni. Sono quasi 46mila gli adolescenti che muoiono a causa di suicidio ogni anno – più di uno ogni 11 minuti. I dati a livello globale sono stati ricordati dall’Unicef in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale che si celebra oggi, 10 ottobre.
Salute mentale dei giovani in Italia
Nel 2022/23 l’UNICEF Italia insieme con l’Unità Operativa Semplice (UOS) di Psicologia Clinica, in accordo con la Direzione Generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ha realizzato il progetto “#WITHYOU – La psicologia con te”. Il progetto, nato per far fronte all’aumento dei disagi psichici fra gli adolescenti, è durato un anno e ha coinvolto 1.571 giovani e 1.942 genitori. In totale 3.513 persone hanno avuto accesso diretto a servizi di sostegno e 35.130 sono stati i beneficiari indiretti. Dai risultati è emerso che il 39% della popolazione presa in carico avverte e soffre di una sintomatologia affettiva ansioso-depressiva che potrebbe sfociare in una definitiva psicopatologia. Tuttavia dai dati preliminari di efficacia terapeutica si evince che alcuni disordini possono cambiare traiettoria.
Le iniziative per la giornata
Unicef ha lanciato una serie di materiali e iniziative in occasione della giornata, tra cui la pubblicazione “Parliamo di Salute mentale e benessere psicosociale”. Si rivolge a tutti i bambini e giovani di ogni genere ed età e spiega cosa siano la salute mentale e il benessere psicosociale, affronta le credenze sul tema e offre spunti e consigli su come chiedere aiuto e dare sostegno. Inoltre è stata lanciata una petizione “Salute per la mente di bambini e adolescenti”.
Un sondaggio sul tema della salute mentale è disponibile sulla piattaforma digitale indipendente U-Report Italia. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con i ragazzi dello Youth Advisory Board (YAB), nato per favorire la partecipazione delle ragazze e dei ragazzi al Piano Nazionale della Garanzia Infanzia. Inoltre i giovani partecipano con lo Youth Sounding Board, un gruppo di discussione sul tema benessere psicosociale e salute mentale composto da adolescenti.
Salute occhi e difficoltà economiche, il legame in un report
News Presa, PrevenzioneIn Italia, sono 968mila le persone con difficoltà della vista gravi e oltre 9 milioni con problemi moderati. In particolare, gli italiani in difficoltà economica che soffrono anche di difetti visivi non curati sono 907 mila. La Calabria è la regione con il maggior numero di persone in povertà con limitazione della vista su popolazione: il 3,6 per cento. In generale la salute degli occhi viene spesso trascurata finché non emergono dei problemi.
I numeri sono stati presentati di recente presso la Camera dei Deputati e alla presenza del Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, durante il primo meeting “Vedere meglio, vivere meglio, tutti”. Il tema dell’incontro è stato la relazione tra fragilità sociale e difetti visivi non corretti in Italia.
Salute occhi e difficoltà economiche, il legame
Durante l’evento, patrocinato dalla Regione Lazio, è stato presentato il volume intitolato “Vedere meglio, vivere meglio, tutti. La povertà, le malattie della vista e la sfida per sconfiggerle in Italia e nel mondo entro il 2050” curato dal professor Filippo Cruciani, oftalmologo e componente del comitato scientifico della Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia ETS (Ente Terzo Settore), in collaborazione con la società di ricerca Tolomeo su dati Istat.
Si tratta della prima ricerca sulla salute degli occhi, con un focus sulle categorie sociali economicamente più svantaggiate. Sulla scia di quanto affermato dalle Nazioni Unite, ovvero che la vista è un diritto fondamentale dell’uomo da garantire sempre e dovunque, lo studio ha tracciato un quadro sullo stato di salute oculare a livello mondiale e nel nostro Paese.
Paesi ad alto reddito, come l’Italia, non sono immuni dalla povertà. Dallo studio è emerso che l’1,9% degli intervistati in Italia lamenta importanti e gravi deficit della vista. Il 16,7% dichiara di avere moderate difficoltà e menomazioni visive con variabili legati all’età, al genere e alla distribuzione geografica.
Salute occhi, al sud situazione più critica
La ricerca ha dimostrato la forte relazione tra fragilità sociale e difetti visivi non corretti, con conseguenti difficoltà di inclusione. Il numero di persone con limitazioni della vista in difficoltà economica sono all’incirca 907 mila in tutta Italia, dei quali 91 mila hanno limitazioni gravi della vista.
Più di un terzo di essi si concentra nel Sud Italia (332 mila), dove si registra anche il numero più elevato di persone in povertà assoluta. Di queste, dei circa 96 mila senzatetto rilevati dall’ultimo censimento Istat, si stima che il 13,8% abbia difetti visivi.
In Italia solo il 25% dei bambini indossa regolarmente occhiali da sole
Anche in un paese come l’Italia emerge dai dati la necessità di aumentare la prevenzione, sottolinea la Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia.
“L’attenzione delle persone nei confronti di queste tematiche – si legge nella nota – fino a quando non si manifestano malattie serie come la retinopatia, la cataratta e il glaucoma, è infatti modesta”.
Secondo i dati del Ministero della Salute, per 1 milione di persone che sono in cura per il glaucoma, ce ne sono almeno altre 500mila che non diagnosticano la patologia, con gravi rischi di perdita della vista. La disinformazione implica anche una scarsa protezione dai raggi solari, soprattutto nei più piccoli. Basti pensare che in Italia solo il 25% dei bambini indossa regolarmente occhiali da sole contro il 58% di USA e il 77% di Francia. Eppure, l’assorbimento dei raggi ultravioletti è causa di problematiche a cornea, cristallino e retina in quanto i mezzi diottrici del bambino sono molto più trasparenti alla luce diretta e riflessa rispetto a quelli dell’adulto.
Dopo l’iniziativa “Giornate della Vista” e il progetto “Ci vediamo a Corviale”, nel 2024 la
Fondazione realizzerà “Ci vediamo a Scampia” presso l’omonimo quartiere periferico di Napoli, in collaborazione con il Dipartimento di Oftalmologia dell’Università Federico II e l’associazione AIRO Onlus. Per migliorare l’integrazione sociale delle persone con problemi visivi gravi attraverso l’attività sportiva è nata nella seconda parte dell’anno, la Judo Academy in collaborazione con FISPIC (Federazione italiana sport paralimpici per ipovedenti e ciechi).
“Siamo convinti che la vista sia un diritto umano fondamentale ma i problemi di vista non corretti colpiscono ancora oggi 2,7 miliardi di persone in tutto il mondo, il 90% delle quali vive in comunità in via di sviluppo.” – ha detto Leonardo Maria Del Vecchio, Presidente della Fondazione OneSight EssilorLuxottica Italia.
“Tra le fragilità emerse con la pandemia vi è senza dubbio la povertà sanitaria, fenomeno successivamente aggravatosi per le conseguenze economiche della guerra in Ucraina: il carovita e la crescente difficoltà di molte famiglie ad affrontare le spese primarie hanno accentuato la tendenza a rimandare visite mediche o l’acquisto di un paio di occhiali” – ha aggiunto Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio. Nelle iniziative precedenti sono stati consentiti anche 3000 paia di occhiali ai detenuti nelle carceri di Roma.
Durante la presentazione, la prima edizione del Premio Solidarietà della Fondazione è stata dedicata ai medici oculisti – oltre 15 – che nei primi dodici mesi hanno supportato concretamente le attività della Fondazione in Italia.