Tempo di lettura: 3 minutiDa ieri è iniziata la nuova campagna di raccolta fondi e sensibilizzazione “L’esordio di Matteo” e andrà avanti fino al 6 marzo. Un’iniziativa promossa da Parent Project onlus, l’associazione di genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker.
A fare da veicolo principale della campagna è l’omonimo spot che racconta la storia del piccolo Matteo, che ha 10 anni e ama il calcio. Matteo, come altre migliaia di bambini, alla distrofia muscolare di Duchenne, una malattia rara che colpisce i muscoli. Lui però non si ferma. Il suo sogno è fare l’allenatore e lo insegue a tal punto da diventare il mister di una squadra di suoi coetanei. La Duchenne non può impedirgli di dare voce alle sue passioni, non lo può fermare e isolare perché c’è sempre un modo per realizzare un sogno. Matteo non può correre con le sue gambe, ma può farlo con la logica, la tattica e la capacità relazionale di tenere unito un gruppo.
Così, il termine esordio, che nel descrivere la patologia, “malattia ad esordio precoce” assume una connotazione negativa, nel caso della storia di Matteo e di ogni bambino e ragazzo affetto dalla Duchenne, vuole rappresentare il principio di un sogno.
Il ricavato dell’iniziativa servirà a finanziare uno studio osservazionale sugli aspetti nutrizionali e metabolici nei pazienti italiani con distrofia muscolare di Duchenne coordinato dall’ ICANS della Università degli Studi di Milano in collaborazione con l’Istituto Neurologico Besta e con il Servizio di Nutrizione dell’Ospedale M. Bufalini, Cesena ASL della Romagna. Il miglioramento della gestione degli aspetti nutrizionali nei bambini e negli adulti affetti da distrofia muscolare di Duchenne è un ambito di studio ancora poco esplorato, ma che offre importanti opportunità di miglioramento quanto della salute che della qualità di vita dei pazienti.
Per fare questo, alcuni specifici aspetti nutrizionali e metabolici devono essere chiariti per impostare un adeguato supporto nutrizionale ed evitare, ad esempio, l’insorgenza di obesità nei pazienti più giovani e di malnutrizione negli stadi avanzati della malattia. Si tratta di informazioni cruciali per individuare gli interventi dietetici più urgenti e per verificare l’efficacia di nuovi approcci educativi e terapeutici.
Inviando un SMS al numero 45519 da telefono cellulare, in queste date sarà possibile donare 2 euro; chiamando lo stesso numero da rete fissa, si potrà invece scegliere di donare 2 oppure 5 euro.
“L’esordio di Matteo” è patrocinato da CONI, Federazione Italiana Giuoco Calcio, Lega Serie A, B Solidale onlus e AIAC onlus.
Parent Project nasce negli Stati Uniti nel 1994, diffondendosi presto in tutto il mondo. In Italia, un gruppo di genitori di bambini affetti da distrofia muscolare Duchenne e Becker, costituisce nel 1996 Parent Project onlus, con il fine di migliorare la qualità della vita dei bambini e ragazzi affetti da tale patologia, attraverso tre obiettivi primari:
• informare e sostenere, anche psicologicamente, le famiglie dei bambini e ragazzi affetti da distrofia di Duchenne e Becker;
• promuovere e finanziare la ricerca scientifica per sconfiggere la distrofia muscolare di Duchenne e Becker attraverso progetti di ricerca;
• sviluppare un network collaborativo in grado di diffondere procedure di trattamento clinico e di emergenza, linee guida e protocolli terapeutici, centri di riferimento su tutto il territorio nazionale.
Dal 2002 ha dato vita al Centro Ascolto Duchenne, servizio di informazione e divulgazione clinica, legale e sociale, rivolto alle famiglie e agli specialisti.
Parent Project onlus ha inoltre sviluppato, in collaborazione con Oracle Italia, il Registro Italiano DMD/BMD: banca dati on-line per pazienti basata su dati genetici e clinici. Questi dati costituiscono un’informazione fondamentale per la comunità scientifica che deve progettare sperimentazioni cliniche per eventuali terapie e per la storia naturale della patologia.
La distrofia muscolare di Duchenne e Becker è una malattia genetica rara che colpisce 1 su 3500 bambini nati vivi. È la forma più grave tra le distrofie muscolari, si manifesta in età pediatrica e causa una progressiva degenerazione dei muscoli. Con il tempo, un ragazzo affetto da distrofia muscolare di Duchenne perde la capacità di muoversi, nutrirsi e respirare autonomamente. Il trattamento da parte di un’équipe multidisciplinare permette di migliorare le condizioni generali e raddoppiare l’aspettativa di vita, che oggi supera la terza decade. Al momento, però, non esiste una cura. La distrofia muscolare di Becker è una variante più lieve, il cui decorso varia da paziente a paziente.
Rassicurazione e comfort, gli aspetti positivi della telemedicina in oncologia
News Presa, Prevenzione, PsicologiaL’uso della telemedicina in oncologia può contribuire a rassicurare i pazienti e a rafforzare l’autonomia. Anna Cox, della University of Surrey di Guildford, autrice principale dello studio da cui emerge questa evidenza, ha spiegato “Offrire consulenze in remoto ai pazienti affetti da cancro è estremamente efficace dal punti di vista psicologico, perché consente una maggiore personalizzazione della terapia e non stravolge la quotidianità del paziente”. Inoltre”I pazienti dicono che la telemedicina fornisce loro una rete di sicurezza, perché si sentono seguiti dai medici e rassicurati dalla possibilità di avere accesso immediato a consigli dati da un professionista su qualsiasi problema relativo alla patologia”, ha aggiunto la ricercatrice.
Lo studio è stato pubblicato nel Journal of Medical Internet Research 2017 e diffuso da Reuter Health.
Il team di ricercatori ha condotto una revisione sistematica e una sintesi tematica di 22 studi qualitativi di adulti sopravvissuti a un cancro inseriti in un programma di telemedicina e hanno individuato tre aree tematiche: come la telemedicina abbia influito sulle vite dei pazienti in termini logistico-psicologici, le qualità delle cure personalizzate prestate a distanza e il livello di rassicurazione ricevuto. I pazienti percepivano che la telemedicina li aiutava a limitare lo sconvolgimento delle loro vite permettendo loro di evitare di recarsi in ospedale. Hanno anche riferito di sentirsi più indipendenti e sicuri nel prendersi cura di sé stessi. La consulenza in remoto ha permesso loro di interagire con i medici in un luogo confortevole, si sentivano meno vulnerabili e percepivano una “lontananza” dagli ospedali e dalla malattia. A ciò va aggiunto che la possibilità di accedere a consulenze in remoto li dotava di una rete di sicurezza che li faceva stare tranquilli anche se non avevano la necessità di ricorrervi.
“Alcuni pazienti affetti da cancro, tuttavia possono considerare la telemedicina come un dispendio di tempo o un ulteriore peso”, aggiunge Anna Cox. “Il coinvolgimento dei pazienti nel delineare gli interventi potrebbe essere un modo per assicurare il mantenimento di questo equilibrio”.
Vitamine e aminoacidi, svelato il loro ruolo nelle cellule staminali
News Presa, Ricerca innovazioneLe vitamine e gli aminoacidi hanno un ruolo importante contro il cancro. La scoperta . La scoperta, che promette risvolti applicativi molto concerti in campo oncologico, arriva da un team internazionale coordinato dall’Istituto di genetica e biofisica A. Buzzati-Traverso del Consiglio nazionale delle ricerche (Igb-Cnr) di Napoli, che ha coinvolto gli Istituti Cnr di chimica biomolecolare (Icb-Cnr) e di applicazioni del calcolo (Iac-Cnr), la Radboud University, Nijmegen (Olanda) e University of California, San Francisco (Usa). Pubblicato sulla rivista Stem Cell Reportsm, lo studio dimostra come le vitamine e gli aminoacidi abbiano un ruolo fondamentale in quei meccanismi cellulari coinvolti nello sviluppo di malattie come il cancro.
Un ruolo chiave
Gabriella Minchiotti, tra gli autori dello studio e ricercatrice Igb-Cnr, spiega che la sorpresa maggiore riguarda le cellule staminali, per le quali un ruolo chiave è svolto da due insospettabili attori chiamati “metaboliti”. «Si tratta – spiega la ricercatrice – di molecole molto piccole indispensabili per la vita della cellula, che corrispondono alla vitamina C e all’aminoacido L-Prolina. Abbiamo dimostrato che le cellule staminali embrionali pluripotenti (ossia cellule staminali presenti nei primissimi stadi dello sviluppo), se trattate con Vitamina C acquisiscono uno stato più immaturo (primitivo), mentre se trattate con l’aminoacido L-Prolina danno luogo alla formazione di una cellula embrionale più matura (stato cosiddetto primed). Quindi Vitamina C e L-Prolina agiscono in maniera del tutto opposta sulle cellule staminali embrionali, determinando delle modifiche al DNA che non ne alterano la sequenza bensì il modo in cui viene letto e quindi la sua attività».
Rigenerazione
Lo studio delle cellule staminali desta molto interesse tra ricercatori perché possiedono una particolare caratteristica, ossia la capacità di auto-rinnovarsi ed allo stesso tempo di differenziarsi, cioè specializzarsi in altri tipi cellulari. «Le cellule staminali embrionali – aggiunge – sono le più “potenti” perché sono le uniche in grado di dare origine a tutti i tipi di cellule che si trovano in un organismo come le cellule ossee, cardiache ecc. Questa caratteristica è propria anche delle cellule staminali tumorali che sostengono la crescita del tumore».
Nuove cure
Lo spazio extracellulare nel quale avvengono i meccanismi che il team di ricerca sta analizzando ormai da anni, diventa quindi sempre meno un mistero per la scienza. «I risultati raggiunti – conclude la ricercatrice – rappresentano un grande passo in avanti perché, attraverso la regolazione dei metaboliti possiamo inibire o attivare i meccanismi che determinano la crescita e il destino delle cellule staminali embrionali e in futuro anche di quelle tumorali».
Scompenso cardiaco, ecco la tecnologia di “stimolazione multisito”
News Presa, Ricerca innovazioneSi parla tanto di salute del cuore, ma troppo spesso questo concetto resta vuoto e generico. Tra le varie malattie che possono mettere a rischio la salute ce n’è una che ha dei numeri terribili: lo scompenso cardiaco. Secondo i dati dell’OMS colpisce in Europa 14 milioni di persone, la stima è di arrivare a 30milioni nel 2020. Le cifre sono in costante aumento sia per il progressivo invecchiamento della popolazione sia per il miglioramento nel trattamento delle sindromi coronariche acute che registrano, in Italia, 170mila nuovi casi ogni anno. Lo scompenso cardiaco, invece, circa 80mila casi l’anno e un crescente livello di cronicità. Tutto questo ha anche costi enormi per la gestione dei pazienti, circa 10 miliardi, di cui il 74% per ricoveri ospedalieri.
I sintomi
A causa dell’incapacità del cuore di pompare il sangue efficacemente e di fornire ossigeno a organi importanti come reni e cervello, le persone colpite da scompenso cardiaco in una fase avanzata possono presentare sintomi come la dispnea (mancanza di fiato) da sforzo o anche a riposo, edema degli arti inferiori, astenia, difficoltà respiratorie in posizione supina, tosse, addome gonfio o dolente, perdita di appetito, confusione, deterioramento della memoria.
Nuovi impianti
I pazienti affetti da scompenso cardiaco sono spesso dipendenti da device che aiutano il cuore ad assolvere alla sua funzione di pompa. In questo senso una buona notizia è legata ad una nuova famiglia di dispositivi messi a punto da Boston Scientific che consentono di stimolare il ventricolo sinistro da punti differenti, la cosiddetta “stimolazione multisito”, con oltre 200 combinazioni possibili. La principale barriera nell’utilizzo di questa tecnologia è sempre stata legata al consumo di maggiore energia del dispositivo. Una barriera che ora viene superata grazie a batterie più longeve (evoluzione delle batterie Enduralife), con una proiezione di durata fino a 13.3 anni. Per capire la portata di questa innovazione si deve considerare che la durata delle batterie è un elemento cruciale per l’efficacia dei dispositivi e rappresenta la maggiore preoccupazione per il 73% dei pazienti che devono affrontare la sostituzione dopo alcuni anni (in media dopo 4 anni). I primi impianti di questi nuovi dispositivi sono stati realizzati in quattro ospedali italiani, vale a dire al Gemelli di Roma all’ospedale di Feltre (Belluno), al Muscatello di Augusta e nella Casa di Cura Montevergine di Mercogliano (Avellino).
La terapia liquida per la salute della tiroide
Farmaceutica, News Presa, PrevenzioneLa terapia tiroidea diventa liquida anche negli Usa. Una vittoria per milioni di pazienti e un successo che in gran parte parla italiano. La “levotiroxina” è la forma sintetica dell’ormone tiroideo, tiroxina (T4) impiegata in tutti i casi di deficit dell’ormone. È sulla lista dei farmaci essenziali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra i più efficaci, sicuri, fondamentali e tra i tre farmaci più prescritti al mondo. È indicato anche nei bambini in caso di ipotiroidismo congenito ed è importante valutarne la necessità in gravidanza quando la tiroide della mamma deve lavorare per due e una sua carenza può causare abortività e influire negativamente sullo sviluppo neurologico del bambino. La difficoltà della terapia con levotiroxina è rappresentata dalla determinazione del paziente di seguire la cura che, una volta avviata è da assumere a vita, e che richiede qualche sacrificio. Oggi con la formulazione liquida i pazienti hanno una migliore qualità di vita e conseguentemente una maggiore aderenza alla terapia.
Una malattia sempre più diffusa
A spiegare quanto sia serio il problema dell’ipotiroidismo è Andrea Lenzi, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (SIE). «Si tratta – dice – di una malattia sempre più diffusa in Italia: si stima ne sia affetto 1 cittadino su 25 e la causa più frequente è identificata nella tiroidite cronica autoimmune. La sintomatologia può essere sfumata, ma la patologia, se non identificata e trattata correttamente, si correla ad un aumentato rischio cardiovascolare, infertilità e complicanze gravidiche e fetali. La tiroxina fu isolata nel 1914 presso la Mayo Clinic da Edward Calvin Kendall, come estratto dalla ghiandola tiroidea di maiale e resa disponibile negli USA dal 1927. Solo nel 1950 si arrivò all’attuale forma sintetica che garantisce una titolazione precisa dell’ormone».
Dall’Italia agli USA
La levotiroxina liquida è stata messa a punto da IBSA ed è presente sul mercato italiano dal 2012. Sono stati gli endocrinologi italiani a determinarne il successo iniziando per primi a prescriverla e realizzando studi clinici che, in pochi anni, hanno sviluppato un gran numero di pubblicazioni sulle più prestigiose riviste internazionali. La scelta dell’Italia per il lancio della nuova formulazione liquida è stata del tutto naturale vista la grande cultura endocrinologica esistente in Italia che nasce negli anni ‘70-‘80 con la scuola del prof. Aldo Pinchera, esperto di fama internazionale. L’approvazione FDA della levotiroxina liquida per il mercato USA apre a sviluppi di grande interesse: un mercato di 18 milioni di pazienti, stimato in 2 miliardi di dollari, che accoglie velocemente le novità medico-scientifiche ma anche un sistema prescrittivo più complesso.
Calcio: dare a lungo colpi di testa al pallone può provocare demenza senile.
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazione, SportUn calciatore che dà i colpi di testa al pallone durante un’intera carriera può avere danni cerebrali permanenti. E’ questa l’allarmante conclusione di una ricerca scientifica britannica, la prima nel suo genere, che ha trovato un legame di causa-effetto tra l’impatto con palloni pesanti e la demenza senile.
Il calcio è uno sport amatissimo da molti, oltre ai campioni che giocano ai massimi livelli, ci sono molte persone che iniziano a praticarlo fin da bambini e continuano ad allenarsi in maniera assidua anche in età adulta.
La Federcalcio inglese ha promesso la massima attenzione allo studio, pubblicato dalla rivista Acta Neuropathologica. I ricercatori della University College London e dell’università di Cardiff, che hanno monitorato l’attività cerebrale di cinque ex calciatori professionisti e di un ex calciatore dilettante durante tutta la loro esistenza, tutti poi malati di demenza in età senile, hanno rilevato – tramite autopsia dopo il decesso – che in quattro casi erano presenti traumi cerebrali, conosciuti come encefalopatia traumatica cronica.
“Sono danni che solitamente si riscontrano negli ex pugili, si tratta di alterazioni spesso associate a ripetuti traumi cerebrali – ha spiegato al sito Bbc il professor Huw Morris, della UCL -. E’ la prima volta che in un gruppo di ex calciatori si evidenzia come colpi subiti in età giovane, determinati dall’impatto di testa con palloni pesanti, hanno poi favorito l’insorgere di patologie senili”.
Medici senza Frontiere contro decisione USA: a rischio anche la vita dei bambini
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneDopo la decisione di Donald Trump di sospendere il programma di reinsediamento dei rifugiati negli Stati Uniti, arriva il commento di Medici Senza Frontiere: “Un atto disumano contro persone che fuggono da zone di guerra”. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), nel mondo ci sono al momento più di 65 milioni di sfollati, la cifra più alta mai registrata dalla Seconda Guerra Mondiale.
“Le nostre equipe sul terreno – ha affermato Jason Cone, direttore esecutivo di Msf negli Usa – vedono ogni giorno persone che cercano disperatamente sicurezza di fronte a frontiere chiuse o confinate in zone di guerra da cui non possono fuggire. Sbarrare le porte degli Stati Uniti, dove per anni l’ingresso dei rifugiati è stato rigorosamente controllato, mina il concetto basilare che le persone devono poter fuggire per salvarsi la vita.”
Sono quasi 5 milioni i siriani fuggiti in paesi confinanti, come il Libano e la Giordania, che hanno meno abitanti di molti stati americani. Tutti gli Stati Uniti ne hanno accolti finora meno di 20 mila. Molti altri siriani sono ancora bloccati nel proprio paese, di cui decine di migliaia nel deserto vicino alla frontiera chiusa con la Giordania e in altre zone di frontiera in tutta l’area.
“I rifugiati – ha raccontato Cone di MSF – sono madri, padri e bambini che vogliono quello che vogliamo tutti: un posto sicuro dove vivere le loro vite, lontani da guerre e persecuzioni. Sono rifugiati per cause indipendenti dal loro controllo. Chiediamo al governo USA di abolire questi divieti, riavviare il programma di reinsediamento dei rifugiati e porre fine alle misure selettive contro i cittadini di specifici paesi, dove il nostro personale è spesso presente e testimonia in prima persona l’estrema violenza da cui queste persone stanno cercando di fuggire.”
‘ ciao mamma, vado in Africa’. La serie che racconta le storie di giovani medici italiani
Associazioni pazienti, News Presa, Prevenzione‘Ciao mamma, vado in africa’. E’ il saluto, simbolico, di tanti giovani medici e specializzandi che hanno deciso di partire per coronare un sogno, quello di lavorare nei paesi africani: partiti con la ong ‘Medici per l’Africa Cuamm’, raccontano il continente africano attraverso le storie e i volti conosciuti durante le loro missioni in una serie in cinque puntate. Il titolo è appunto ‘Ciao mamma, vado in Africa’, realizzata da Nicola Berti, con la sceneggiatura di Marco Lodoli, andrà in onda su Tv2000 oggi, proprio nel giorno dedicato all’amore, e resterà fino al 18 febbraio.
Tutti i medici lavorano per portare il diritto alle cure anche all’ultimo miglio del sistema africano, che per loro significa prima di tutto la salute di mamme e bambini. Molti di loro, professionisti non necessariamente in fuga, sono partiti alla volta dell’Africa insieme ai volontari del Cuamm per coronare un progetto o, semplicemente, per fare un’esperienza nell’ambito della cooperazione e dello sviluppo. Non eroi, semplicemente persone che hanno il coraggio di mettersi in gioco, anche lontano da casa.
La serie indaga le motivazioni che hanno spinto i giovani trentenni a partire e descrive le situazioni, spesso davvero complicate, in cui hanno dovuto mettersi in gioco. Le loro testimonianze rappresentano istantanee su realtà in frenetico cambiamento, punti di vista che possono aiutare lo spettatore a capire qualcosa di più sull’Africa. Cinque puntate per altrettanti paesi e nove protagonisti: specializzandi in medicina e neo specialisti, ma anche logisti e amministrativi, tutti accomunati dal desiderio di aiutare chi ha bisogno.
“Non è facile – racconta una delle protagoniste, Sara Chiurchiu di Roma, 32 anni, specializzanda in pediatria ed ora impegnata in Tanzania – restare lontano dalla propria famiglia, ma qui senti non di fare, ma di essere un medico. L’Africa è difficile, è contraddittoria, però ti prende. La sensazione che hai è che ti riempie e quindi alla fine, ci torni”. Anche Francesca Gritti, 34 anni di Bergamo, laureata in Giurisprudenza, lavora con il Cuamm da due anni. Oggi è in Etiopia, dove coordina l’amministrazione dei progetti. In Italia, afferma, “l’immigrato è l’ultimo degli ultimi e mi sono detta: vorrei vedere come vivono, perché decidono di venire.
L’Africa è bella. Dovremmo essere tutti emigranti per un po’, per capire le motivazioni degli immigrati. Mi piacerebbe tornare in Italia e vedere trattare gli immigrati come qui trattano me: coinvolgendomi nella loro vita”.
“L’esordio di Matteo”: al via raccolta fondi per tutti i bimbi affetti da Duchenne
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneDa ieri è iniziata la nuova campagna di raccolta fondi e sensibilizzazione “L’esordio di Matteo” e andrà avanti fino al 6 marzo. Un’iniziativa promossa da Parent Project onlus, l’associazione di genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker.
A fare da veicolo principale della campagna è l’omonimo spot che racconta la storia del piccolo Matteo, che ha 10 anni e ama il calcio. Matteo, come altre migliaia di bambini, alla distrofia muscolare di Duchenne, una malattia rara che colpisce i muscoli. Lui però non si ferma. Il suo sogno è fare l’allenatore e lo insegue a tal punto da diventare il mister di una squadra di suoi coetanei. La Duchenne non può impedirgli di dare voce alle sue passioni, non lo può fermare e isolare perché c’è sempre un modo per realizzare un sogno. Matteo non può correre con le sue gambe, ma può farlo con la logica, la tattica e la capacità relazionale di tenere unito un gruppo.
Così, il termine esordio, che nel descrivere la patologia, “malattia ad esordio precoce” assume una connotazione negativa, nel caso della storia di Matteo e di ogni bambino e ragazzo affetto dalla Duchenne, vuole rappresentare il principio di un sogno.
Il ricavato dell’iniziativa servirà a finanziare uno studio osservazionale sugli aspetti nutrizionali e metabolici nei pazienti italiani con distrofia muscolare di Duchenne coordinato dall’ ICANS della Università degli Studi di Milano in collaborazione con l’Istituto Neurologico Besta e con il Servizio di Nutrizione dell’Ospedale M. Bufalini, Cesena ASL della Romagna. Il miglioramento della gestione degli aspetti nutrizionali nei bambini e negli adulti affetti da distrofia muscolare di Duchenne è un ambito di studio ancora poco esplorato, ma che offre importanti opportunità di miglioramento quanto della salute che della qualità di vita dei pazienti.
Per fare questo, alcuni specifici aspetti nutrizionali e metabolici devono essere chiariti per impostare un adeguato supporto nutrizionale ed evitare, ad esempio, l’insorgenza di obesità nei pazienti più giovani e di malnutrizione negli stadi avanzati della malattia. Si tratta di informazioni cruciali per individuare gli interventi dietetici più urgenti e per verificare l’efficacia di nuovi approcci educativi e terapeutici.
Inviando un SMS al numero 45519 da telefono cellulare, in queste date sarà possibile donare 2 euro; chiamando lo stesso numero da rete fissa, si potrà invece scegliere di donare 2 oppure 5 euro.
“L’esordio di Matteo” è patrocinato da CONI, Federazione Italiana Giuoco Calcio, Lega Serie A, B Solidale onlus e AIAC onlus.
Parent Project nasce negli Stati Uniti nel 1994, diffondendosi presto in tutto il mondo. In Italia, un gruppo di genitori di bambini affetti da distrofia muscolare Duchenne e Becker, costituisce nel 1996 Parent Project onlus, con il fine di migliorare la qualità della vita dei bambini e ragazzi affetti da tale patologia, attraverso tre obiettivi primari:
• informare e sostenere, anche psicologicamente, le famiglie dei bambini e ragazzi affetti da distrofia di Duchenne e Becker;
• promuovere e finanziare la ricerca scientifica per sconfiggere la distrofia muscolare di Duchenne e Becker attraverso progetti di ricerca;
• sviluppare un network collaborativo in grado di diffondere procedure di trattamento clinico e di emergenza, linee guida e protocolli terapeutici, centri di riferimento su tutto il territorio nazionale.
Dal 2002 ha dato vita al Centro Ascolto Duchenne, servizio di informazione e divulgazione clinica, legale e sociale, rivolto alle famiglie e agli specialisti.
Parent Project onlus ha inoltre sviluppato, in collaborazione con Oracle Italia, il Registro Italiano DMD/BMD: banca dati on-line per pazienti basata su dati genetici e clinici. Questi dati costituiscono un’informazione fondamentale per la comunità scientifica che deve progettare sperimentazioni cliniche per eventuali terapie e per la storia naturale della patologia.
La distrofia muscolare di Duchenne e Becker è una malattia genetica rara che colpisce 1 su 3500 bambini nati vivi. È la forma più grave tra le distrofie muscolari, si manifesta in età pediatrica e causa una progressiva degenerazione dei muscoli. Con il tempo, un ragazzo affetto da distrofia muscolare di Duchenne perde la capacità di muoversi, nutrirsi e respirare autonomamente. Il trattamento da parte di un’équipe multidisciplinare permette di migliorare le condizioni generali e raddoppiare l’aspettativa di vita, che oggi supera la terza decade. Al momento, però, non esiste una cura. La distrofia muscolare di Becker è una variante più lieve, il cui decorso varia da paziente a paziente.
Dolore cronico, al Sud una nuova eccellenza contro i viaggi della speranza
News PresaDifficile da comprendere per chi non ha mai dovuto farci i conti, il dolore cronico è un nemico capace di distruggere completamente la vita di chi ne soffre e di intere famiglie. Il dolore cronico è qualcosa difficile anche solo da immaginare, una condizione di sofferenza costante, che persiste per mesi o addirittura per anni. Può manifestarsi in qualsiasi parte del corpo, può essere conseguenza di una malattia o di una lesione, ma – ancor più drammatico – può anche colpire senza una ragione apparente. Dal punto di vista clinico si parla di “dolore nocicettivo”, oppure “neuropatico” se colpisce le fibre nervose. Questo significa che viene colpita la capacità dei nervi di inviare al cervello segnali sul dolore, un aspetto che conoscono molto bene le migliaia di pazienti che soffrono di dolori alla schiena o alla testa. Nonostante i numeri e la sua invasività, il dolore cronico resta una delle patologie meno comprese e più “sottotrattate” in ambito medico.
Vicini a chi soffre
In un contesto già di per se molto complesso, i pazienti che vivono nel Sud Italia sono spesso penalizzati, perché spesso costretti a estenuanti migrazioni verso strutture del Nord. Fa eccezione la Campania, dove sul dolore e sulle cure palliative si è fatto negli ultimi anni un lavoro straordinario, e da qualche tempo anche la Basilicata. A Rionero in Vulture, nei pressi di Potenza, è operativo il Centro di Terapia del Dolore dell’IRCCS CROB (Centro di Riferimento Oncologico della Basilicata). Inserito nell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione, il Centro è un “Hub regionale” per la diagnosi e i trattamenti avanzati di Terapia del Dolore, sia di natura oncologica che di altro tipo. Non a caso, è stato accreditato come struttura di eccellenza dal “World Institute of Pain”
Basta viaggi della speranza
Un centro nel quale, come spiega il direttore Pasquale De Negri, si è raggiunta «una grande competenza nella diagnosi e terapia del dolore sia di origine neoplastica che non neoplastica. Curiamo – aggiunge – migliaia di pazienti provenienti dalla Regione o da zone circostanti ed è importante che si sappia che in Basilicata c’è un Centro ospedaliero “vicino a casa”, in grado di offrire le cure più innovative ed appropriate, senza costringere a pesantissimi “viaggi della speranza».
Il costo sociale della sofferenza
Il dolore cronico colpisce in Europa circa 95milioni di persone dai 15 anni in su, molti dei quali vi convivono in media sette anni, mentre una percentuale significativa ne è affetta da quasi 20 anni. Altissimi i numeri anche in Italia, basti pensare che da noi il dove cronico affligge circa 13milioni di cittadini (il 50% degli over 70, in gran parte donne). Secondo il “Libro Bianco” redatto da Aboutpharma nel 2014, Il costo sociosanitario del dolore per ogni paziente è stimato in 4.557 euro l’anno, di cui 1.400 per costi diretti a carico del Servizio Sanitario Nazionale e 3.156 euro per costi indiretti.
Patologie del piede, una soluzione “mininvasiva percutanea”
News Presa, Ricerca innovazioneSe il problema è l’alluce valgo, la soluzione oggi è “mininvasiva percutanea”. Il termine ai più potrà risultare incomprensibile, ma certamente già la parola mininvasiva riporta ad una dimensione chirurgica moderna e poco traumatica. Il segreto di questa tecnica, nuova ma ormai anche consolidata, è quello di consentire a chi ha il problema dell’alluce valgo di rimettersi il in piedi in pochissimo tempo.
La chirurgia percutanea
Questa tecnica sfrutta incisioni piccolissime attraverso le quali è possibile eseguire operazioni complesse quanto, se non più, di quelle realizzate con la “chirurgia aperta”. Si tratta ovviamente di una chirurgia che fa della precisione il suo punto di forza, al punto che il chirurgo può contare durante l’intervento di un monitoraggio radiologico per realizzare correzioni di estrema precisione. Facile comprendere come la tecnica mininvasiva percutanea riduca i problemi legati alla chirurgia tradizionale aperta. In primo luogo l’anestesia è locale (attraverso un blocco loco-regionale alla caviglia o leggera epidurale), quindi anche la ripresa della deambulazione dopo qualche ora dall’intervento è possibile. Non viene usato il laccio ischemico e quindi sono minimizzati i rischi circolatori e tromboembolici legati alla compressione. Attraverso incisioni millimetriche vengono introdotti microstrumenti. Nienete fili, viti, cambre e nessun altro elemento metallico. In questo modo si riduce enormemente il rischio di sviluppare infezioni, si riduce il dolore e il decorso post-operatorio è praticamente immediato.
La Società Italiana Studio Piede e Caviglia
Questa tecnica tanto innovativa si lega ad una società di nuova genesi. Si tratta della Società Italiana Studio Piede e Caviglia (SISPEC) che ha lo scopo di approfondire e dare luogo a confronti, sull’esperienza maturata negli anni, rispetto alle nuove e ormai efficaci tecniche per il trattamento di tutte le patologie del piede. Ovviamente in questo senso l’alluce valgo gioca un ruolo determinante, ma non si deve dimenticare neuroma di Morton, piede piatto, deformità delle dita, talloniti e così via.
Fabio Zanchini, Ottorino Catani e Fabrizio Sergio
Artefici e fondatori di questa società sono i chirurghi ortopedici napoletani Fabio Zanchini (professore aggregato della Clinica Ortopedica I Policlinico Università Luigi Vanvitelli), Ottorino Catani e Fabrizio Sergio. I tre chirurghi hanno una lunga esperienza e importanti casistiche sulle nuove tecniche per il trattamento delle patologie del piede, in particolare la chirurgia percutanea per il trattamento dell’alluce valgo e di altre patologie molto frequenti.
Rendez-vous partenopeo
I chirurghi Fabio Zanchini, Ottorino Catani e Fabrizio Sergio sono anche gli organizzatori di un prestigioso congresso che si terrà a maggio all’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli (ex SUN) in cui si confronteranno gli specialisti del piede italiani ed europei con maggiore esperienza sulla chirurgia percutanea. Una buona occasione per affermare il ruolo del capoluogo partenopeo nella diagnosi e nel trattamento delle patologie del piede.