Tempo di lettura: 2 minuti“Disposizioni per favorire l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere”: la proposta di legge 3603 è stata depositata alla Camera dei Deputati dall’On. Paola Boldrini. L’obiettivo della Medicina di genere è di personalizzare diagnosi e terapie prestando una maggiore attenzione alle patologie che si manifestano in modo diverso a seconda del sesso del paziente, senza dimenticare gli aspetti psicologici e culturali.
In particolare la proposta è stata di ispirazione alla riunione del dicembre 2016 della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia.
Quest’Organismo, Presieduto dal Prof. Andrea Lenzi nell’ultima sessione ha approvato all’unanimità, trasformando in Mozione con raccomandazione a tutte le Università, il Progetto Pilota descritto dalla Prof. Tiziana Bellini, Coordinatrice del Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia e delegata alla Didattica dell’Università di Ferrara, la quale, approfondendo i dettagli di applicazione, ha descritto ciò che Ferrara ha già intrapreso e cioè l’integrazione nei singoli Corsi di Laurea Magistrale di Unità Didattiche relative alla Medicina di Genere, a partire dall’aa 2017-2018. Piccole integrazioni per rendere ufficiale ed efficace la tematica.
“Una delle nuove frontiere della medicina – si legge in una nota – consiste nel personalizzare nel modo più efficace ed appropriato la cura. Le evidenze scientifiche portano a sottolineare quanto il percorso di diagnosi e cura debba tenere conto delle differenze tra uomo e donna date dal sesso di appartenenza, ma anche dal genere, che consegue dal ruolo sessuale. Quindi non solo sotto l’aspetto anatomo-fisiologico, ma anche le differenze biologico-funzionali, psicologiche, sociali e culturali. Una formula che si riassume nella definizione di Medicina di Genere. Applicare questo, che non si presenta come disciplina medica aggiuntiva a quelle già esistenti, ma nuovo orientamento dell’intera medicina, richiede attenzione a molti ambiti di interesse, primo fra tutti, la formazione”.
Lo scopo del Progetto Pilota, promosso dall’Università di Ferrara e dall’Università Sapienza D, di cui è Coordinatrice del Corso di Laurea in Medicina la Prof.ssa Stefania Basili, è quello di “sensibilizzare le nuove generazioni di medici, per cui è importante che nel corso di studio in Medicina e Chirurgia sia previsto in maniera strutturata, un approccio di genere come parte integrante del processo formativo”.
Hanno già aderito, oltre all’Università di Ferrara e Roma Sapienza, altri Atenei Italiani fra i quali Palermo, Napoli Federico II, Campobasso, Foggia, ma “stanno arrivando molte altre adesioni”.
Approvati nuovi Lea, inseriti anche quattro nuovi vaccini
Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneAttesi da lungo tempo, i nuovi Lea sono stati approvati ieri (21 dicembre 2016) dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin e includono quattro nuovi vaccini per varicella, pneumococco, meningococco, Vaccino anti HPV. I provvedimenti saranno operativi dal 2017.
Nei Lea aggiornati entra anche il trattamento dell’AUTISMO: il documento recepisce infatti integralmente la legge 134 del 2015, che prevede diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato, integrazione nella vita sociale e sostegno per le famiglie. I nuovi Lea, che non si aggiornavano da 15 anni, vanno incontro ai malati rari, assegnando un codice che da’ diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa a 118 PATOLOGIE RARE precedentemente escluse dalla lista, tra cui miastenia grave e sclerosi sistemica progressiva. Viene rivisto anche l’elenco delle MALATTIE CRONICHE e invalidanti, con l’introduzione di 6 patologie esenti da ticket, tra cui Broncopneumopatia ostruttiva, sindrome da talidomide, rene policistico. La celiachia passa invece dall’elenco delle malattie rare a quelle croniche.
Per quanti riguarda i vaccini: ogni anno la polmonite pneumococcica provoca decessi molto superiori dei morti provocati dall’influenza.
In Italia, si vaccina soltanto il 55 per cento degli anziani contro l’influenza e solo il 10 per cento degli over 50 è vaccinato contro la polmonite pneumococcica. Quest’ultima è una malattia infettiva che provoca decessi di oltre venti volte superiori di quelli provocati dall’influenza, con oltre 9mila morti l’anno (dati Eurostat 2013).
“Il Piano Vaccini inserito nei nuovi Lea è una opportunità di salute per la fascia di popolazione anziana così come per tutti i cittadini, per questo ci auspichiamo che il Piano non diventi un ‘mero adempimento’ legislativo e che da parte delle Regioni ci sia il massimo impegno a raggiungere nel più breve tempo possibile adeguate coperture vaccinali. – ha dichiarato Michele Conversano, presidente HappyAgeing – Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo.
“Il rischio concreto – prosegue Conversano – è di avere a disposizione i vaccini e non somministrarli perché le persone non conoscono i rischi delle malattie evitabili grazie ai vaccini. Le Regioni devono quindi impegnarsi nella chiamata attiva verso i cittadini e sviluppare azioni efficaci di sensibilizzazione per informare adeguatamente le persone sulla nuova opportunità offerta dal Servizio Sanitario Nazionale. Negli ultimi due anni l’Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo HappyAgeing, in base al principio della sussidiarietà, ha realizzato la campagna ‘Vacci a vaccinarti’ col patrocinio del Ministero della Salute, che ha raggiunto oltre 10 milioni di cittadini ultrasessantacinquenni”.
Sclerosi multipla, l’ora dei farmaci intelligenti
FarmaceuticaNascondersi dietro un dito non serve, la Sclerosi multipla è ancora oggi una malattia insidiosa. Tuttavia è anche la malattia neurologica che più di altre ha visto negli ultimi 20 anni, e dal 2000 ad oggi ad un ritmo impressionante, lo sviluppo di terapie innovative. «Tutto questo ha cambiato radicalmente l’attesa del paziente», spiega il professor Giancarlo Comi, luminare e massimo esperto in questo campo. «Diciamo che possiamo dividere la storia della lotta alla Sclerosi multipla in un “pre” e in un “post” Anni 90. E non possiamo non considerare che ciò che abbiamo oggi determina il futuro, perché i giovani che si ammalano oggi sono i pazienti di domani». Cosa ha determinato il cambiamento? Il professor Comi non ha dubbi: «La conoscenza della malattia». Tutto ruota attorno ai nuovi farmaci «sviluppati sulla base della conoscenza del le tappe che sono tipiche della Sclerosi multipla. Grazie a questi farmaci in molti casi c’è la possibilità di interrompere i meccanismi che portano alla progressione della malattia. Siamo ormai abituati a parlare di farmaci “intelligenti”, alcuni di quelli che abbiamo a disposizione lo sono veramente. Per fare un esempio – aggiunge – impediscono alle cellule bianche del sangue di attaccare la mielina. Semplificando un po’, uno di questi farmaci intrappola i linfociti T all’interno dei linfonodi, un altro è capace di “chiudere le porte del cervello” alla circolazione di questi linfociti impazziti, che quindi possono muoversi nel resto dell’organismo, ma non possono fare danni. E ancora, abbiamo farmaci che sanno individuare queste cellule bianche del sangue e distruggerle in modo selettivo. Si deve immaginare – prosegue Comi – che questi linfociti abbiano tutti una targa, o se vogliamo una divisa, e che i nuovi farmaci siano capaci di riconoscere le insegne militari del nemico e attaccarlo».
Una delle strategie che vengono adottate con l’uso di alcuni farmaci è quella di colpire duro oggi per poter contare su un futuro migliore. «E’ una strada che può portare molti benefici – chiarisce il professore – ma si deve stare attenti, perché se abbassiamo le difese immunitarie i batteri e i virus possono approfittarne. Per questo una corretta gestione del paziente è cruciale. In definitiva, la cosa veramente importante è che oggi guardiamo alla malattia in modo nuovo, con maggiore organizzazione e attenzione. Il salto di qualità è nel saper selezionare l’arma giusta al caso specifico, quindi sviluppare sempre più delle terapie personalizzate, perché non tutti rispondono allo stesso modo alla malattia e alla terapia». In questo senso, gli strumenti che i clinici hanno oggi a disposizione sono fondamentali, perché permettono di capire con una buona approssimazione quale sarà l’evoluzione della Sclerosi multipla. «Per ora dobbiamo parlare della possibilità di bloccare temporaneamente il progredire della malattia, ed è già un risultato importantissimo».
Naturalmente il professor Comi ribadisce come tutto questo riguardi la malattia nei primi anni. C’è tuttavia un 10% dei casi nei quali la Sclerosi multipla si presenta in maniera subdola, senza alcuna evidenza di sé. «Queste forme – spiega – sino a qualche tempo fa non avevano alcuna terapia possibile. Oggi sappiamo che, intervenendo precocemente, alcuni dei farmaci usati per la forma classica possono essere molto utili. Anche in questi casi, infatti, una distruzione di cellule linfocitarie se precoce può portare grandi vantaggi». Per quanti non sono stati trattati in modo efficace sin dagli esordi della Sclerosi multipla, e sono quindi entrati in questa fase progressiva, oggi si sta producendo uno sforzo enorme. E’ infatti nata un’iniziativa mondiale promossa da tutte le associazioni (in prima fila l’Associazione Italiana per la Sclerosi multipla) che prevede un piano d’intervento realizzato con un’azione mai vista prima. L’iniziativa prende il nome di Progressive Multiple Sclerosis Alliance ed è guidata dal professor Comi e dal professor Alan Thompson. Molto più di una speranza per le centinaia di migliaia di pazienti che in tutto il mondo affrontano la Sclerosi multipla.
Asma e obesità, dal Cnr l’identikit delle alterazioni metaboliche
Ricerca innovazioneL’asma non è uguale in tutti i pazienti, nelle persone obese ci sono alterazioni metaboliche che non si trovano in altri soggetti. La scoperta arriva da uno studio coordinato dall’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Pozzuoli, pubblicato su Journal of Allergy and Clinical Immunology. In altre parole è stato dimostrato che i soggetti obesi asmatici hanno un fenotipo (vale a dire l’insieme delle caratteristi di ciascun organismo) diverso rispetto a quelli affetti solamente da asma o da obesità. Per arrivare a determinare modelli matematici in grado di caratterizzare le alterazioni metaboliche specifiche del fenotipo asma-obesità, i ricercatori del Cnr diretti da Andrea Motta hanno usato apparecchiature molto sofisticate e avanzati strumenti di analisi statistica. «Il nostro metodo – chiarisce Marotta – permette di valutare il contributo delle diverse componenti che caratterizzano un fenotipo, cioè le potenziali differenze interpersonali, aprendo la strada ad uno strumento in grado di supportare approcci sempre più personalizzati delle terapie farmacologiche».
Un nemico da temere
L’asma è una malattia che colpisce circa 350 milioni di persone. I suoi fenotipi dipendono da fattori genetici e ambientali, ad esempio lo stato dell’infiammazione, la presenza di altre malattie, caratteristiche demografiche ed età della comparsa dei primi sintomi. Circa la metà degli asmatici sono sovrappeso o obesi e un numero crescente di studi indica uno stretto legame tra obesità e asma, patologie che sono in aumento tra la popolazione e costituiscono un problema socioeconomico crescente. Inoltre, l’obesità rende l’asma più difficile da trattare farmacologicamente: alcuni dati indicano che i pazienti obesi asmatici possono presentare una risposta ridotta al trattamento con corticosteroidi. «Per una maggiore efficacia delle terapie – conclude Marotta – è necessario quindi caratterizzare i vari fenotipi mirando a terapie personalizzate e la nostra ricerca punta in questa direzione». Lo studio vede la partecipazione di Mauro Maniscalco, afferente agli Istituti clinici scientifici Maugeri di Telese (Benevento) e all’Ospedale Santa Maria della Pietà di Casoria (Napoli) e di Cristiana Stellato dell’Università di Salerno.
Allarmi che scattano, strumenti non perfettamente puliti oppure errori di impostazione: le tecnologie sanitarie possono anche generare rischi ed errori, se soggette a scarsa manutenzione o non correttamente utilizzate.
L’istituto americano ECRI (Emergency Care Research Institute) attivo dagli anni ’60 a Philadelphia, sì occupa proprio di analizzare i rischi legati all’uso delle tecnologie sanitarie, ponendole in stretta relazione con la sicurezza dei pazienti. Ogni anno ECRI pubblica il suo Health Technology Hazard, un report per gli operatori che fa una sintesi dei dieci rischi più attuali tra quelli legati alle tecnologie sanitarie. Per l’Italia il report ECRI è pubblicato dall’Associazione Italiana Ingegneri Clinici, che ha con l’Istituto una relazione di stretta collaborazione finalizzata allo sviluppo di progetti congiunti in ambito health-safety.
Stefano Bergamasco (vicepresidente AIIC e partner di ECRI Institute) ha presentato, durante la Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici, il documento ECRI sulla “Top 10 dei rischi legati alle tecnologie sanitarie per il 2017”, che Lorenzo Leogrande (presidente Aiic) ha descritto come “uno strumento di uso immediato e di indirizzo per direzioni generali e sanitarie, management ospedaliero, personale sanitario, aziende fornitrici di strumenti e servizi. Il tutto al fine di alzare l’asticella dell’attenzione di sistema verso la tematica della sicurezza”.
I dieci “rischi tecnologici” del 2017 identificati da ECRI e presentati a Roma sono questi: 1. Gli errori di infusione possono essere fatali se vengono trascurate alcune semplici misure di sicurezza; 2. La pulizia inadeguata di strumenti riutilizzabili complessi può causare infezioni; 3. Non rilevare gli allarmi dei ventilatori può portare a danni ai pazienti; 4. Mancata rilevazione di depressione respiratoria indotta da oppiacei; 5. Rischi di infezione con dispositivi per riscaldamento-raffreddamento utilizzati in chirurgia cardiotoracica; 6. Le carenze nella gestione dei software mettono a rischio i pazienti e i loro dati; 7. Rischi di esposizione professionale a radiazioni nelle sale operatorie ibride; 8. Gli errori di impostazione e utilizzo degli armadi per la distribuzione automatizzata dei farmaci possono causare incidenti; 9. Uso improprio e malfunzionamenti delle suturatrici meccaniche chirurgiche; 10. Malfunzionamenti dei dispositivi dovuti a prodotti e metodi di pulizia.
Melanoma, la prevenzione è “Made in Sud”
PrevenzioneContro il melanoma scendono in campo i comici di Made in Sud. Alessandro Bolide e Gigi & Ross hanno infatti prestato la loro immagine per realizzare il calendario 2017 che mira a trasmettere agli italiani le regole della prevenzione. «La pelle deve essere sempre protetta anche d’inverno – spiega il professor Paolo Ascierto, presidente Fondazione Melanoma – soprattutto in vacanza sugli sci. La neve infatti è in grado di riflettere i raggi solari fino all’80% in più, una percentuale quattro volte superiore rispetto a quella della sabbia. La prevenzione non può andare in vacanza e deve accompagnarci ogni giorno dell’anno. Il sole è un elemento fondamentale per la vita e la crescita, soprattutto delle ossa e dello scheletro. Questo però non deve far sottovalutare il suo “lato oscuro”: rappresenta infatti un importante fattore di rischio per lo sviluppo del melanoma. È pericoloso in particolare esporsi al sole nelle ore centrali della giornata (dalle 12 alle 16), non utilizzare protezioni (filtri solari, abbigliamento anti-UV, occhiali da sole, cappellino) e usare le lampade abbronzanti».
I giovani sempre più colpiti
È un tumore della pelle in costante aumento, soprattutto fra i giovani. Nel nostro Paese nel 2016 sono stimati 13.800 nuovi casi di melanoma, la terza neoplasia più frequente al di sotto dei 50 anni, in incremento sia fra gli uomini (+3,1% anno) che fra le donne (+2,6% anno). L’età dei malati si sta abbassando progressivamente. Dieci anni fa i giovani rappresentavano solo il 5% dei casi e questo tumore riguardava soprattutto persone al di sopra dei 50 anni. Il 20% delle nuove diagnosi oggi viene riscontrato in pazienti di età compresa tra 15 e 39 anni. Il calendario si può scaricare dal sito www.fondazionemelanoma.org, contiene in ogni mese i fumetti con le raccomandazioni su come proteggersi dal sole, realizzati dalla Scuola Italiana di Comix.
Il brutto anatroccolo
Va sempre seguita la regola del brutto anatroccolo, l’insorgenza di un neo diverso per forma e colore rispetto a quelli già presenti è un segnale da tenere in considerazione e da far controllare dal dermatologo. Inoltre, è sufficiente ricordare le prime 5 lettere dell’alfabeto per individuare i nei a rischio: asimmetria, bordi, colore, dimensioni, evoluzione. Avere la pelle chiara, i capelli biondi o rossi e gli occhi chiari (blu, grigi o verdi) è un altro fattore di rischio. Inoltre attenzione a esporre i bambini al sole per troppo tempo. Le scottature nell’infanzia rappresentano uno dei principali fattori di rischio per il melanoma da adulti”. La sopravvivenza a 5 anni in Italia è pari all’85,4%, superiore alla media europea (83,2%).
L’ASL di Bari prima ‘allieva’ della scuola di anticorruzione
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, News Presa, PrevenzionePrevenire e gestire i comportamenti illegali, creare strumenti di riflessione e piani di azione che promuovano la trasparenza e contrastino l’illegalità nelle strutture sanitarie pubbliche. Con questi obiettivi iniziano le giornate formative del progetto “Curiamo la corruzione” di cui l’azienda pugliese è ASL pilota.
Circa 6 miliardi di euro sono sprecati ogni anno nel settore sanitario a causa dei fenomeni di corruzione e degli sprechi nei beni e servizi legati alla cura e al benessere delle persone. Bisogna considerare che il 40 per cento delle aziende sanitarie ha visto al suo interno episodi di corruzione negli ultimi cinque anni e che oltre il 70% dei dirigenti, nell’ambito di una recente indagine di settore, ritiene che il rischio di episodi di corruzione nella propria struttura sia concreto.
Oggi c’è stato l’incontro con gli esperti dell’Istituto per la promozione dell’etica in sanità, a Bari. A partire dall’obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di adottare il Piano anticorruzione, i dirigenti e medici e il personale sanitario hanno discusso le tematiche della legge n.190/2012, grazie all’iniziativa nazionale “Curiamo la corruzione”.
“Ogni struttura organizzativa alla quale sia affidato un compito istituzionale – ha dichiarato Marco Magheri, docente ISPE Sanità – non può prescindere dai principi ispiratori che la animano e la tengono unita nel suo scopo. I dirigenti e manager coinvolti in questa sessione formativa apprendono a esercitare la propria leadership etica verso i collaboratori per intuire il rischio della corruzione e ispirarli a comportamenti eticamente edificanti.”
“Ciò avviene attraverso alcuni strumenti – aggiunge Massimo Di Rienzo, responsabile formazione ISPE Sanità – dalla ricostruzione della mappa della rete anticorruzione nella loro ASL all’esplorazione di un caso concreto (real-life scenario) nel quale il protagonista si trova a dover affrontare un “dilemma etico”, cioè una scelta tra principi concorrenti in contesti complessi e con elevata carica di responsabilità”.
Il Servizio sanitario nazionale è un patrimonio da difendere e valorizzare, ISPE Sanità, attraverso la “Scuola di integrità” e le “Pillole di integrità”, vuole attivare dinamiche di trasparenza.
“La Direzione Generale crede fortemente in questo evento di formazione e partecipazione – ha dichiarato Vito Montanaro, Direttore Generale dell’ASL di Bari – come azienda sanitaria pilota del progetto riteniamo che l’occasione di confronto con gli esperti di ISPE Sanità sia sicuramente un momento di crescita sulle tematiche della prevenzione della corruzione”.
La seconda Giornata nazionale contro la corruzione in sanità si terrà il 6 aprile 2017, verranno presentati i risultati del secondo anno di attività del progetto “Curiamo la corruzione” di Transparency International Italia, Censis, ISPE Sanità e RISCC.
Cenoni e pranzi di Natale, per i diabetici consigli della Sid
Alimentazione, Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneA Natale cene e pranzi si moltiplicano e nessuno vuole rinunciare alla parmigiana della nonna o al pandoro con lo zucchero a velo. Così c’è chi ha fissato l’appuntamento col dietologo subito dopo l’Epifania. Nonostante il diabete, però, è possibile affrontare le festività natalizie senza troppi problemi, con le dritte degli esperti della Società italiana di diabetologia (Sid). “Le feste rappresentano un’occasione per riunirsi con i propri familiari e incontrare amici e conoscenti. Come tutti – rassicura Giorgio Sesti, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) – anche la persona con diabete deve godere del tempo speso a tavola durante le festività di fine anno e seguendo poche semplici accortezze, allontana il rischio di peggiorare il proprio stato di salute”.
Il decalogo per la persona con diabete messo a punto dagli esperti della Sid (ma va bene per tutta la famiglia) contiene alcune regole di buon senso e di facile applicazione che permettono il mantenimento di un buon controllo metabolico, senza perdere il gusto e il piacere di stare a tavola con parenti e amici. Un altro consiglio, invece, è fuori decalogo: “Condividete la gioia della tavola con i vostri familiari, la vicinanza dei nostri cari ci aiuta a gestire il diabete con giudizio e buon senso. Durante le festività natalizie e per tutto l’anno”. Ecco dunque i punti del ‘decalogo’ firmato dai diabetologi:
1) Occhio alle porzioni. Ridurre le quantità delle porzioni di ogni portata, per assaporare tutti i piatti della tradizione senza nuocere eccessivamente alla glicemia
2) Misurare più spesso la glicemia. Prima e dopo i pasti, per diventare consapevoli dei cibi che maggiormente aumentano la glicemia e provvedere eventualmente a correzioni estemporanee con boli addizionali di insulina, per chi ne fa uso
3) Bere tanta acqua. Quando mangiamo di più, bere tanta acqua aiuta la diuresi; al contrario, è bene limitare gli alcolici ed evitare bevande zuccherate
4) Largo alla verdura. Assunta all’inizio di ogni pasto o durante, aiuta a sentirsi sazi più facilmente e limita l’assorbimento degli zuccheri
5) Non restare a digiuno a lungo. Fare dei piccoli spuntini con frutta fresca o cereali integrali protegge da oscillazioni glicemiche ampie, permettendo di giungere al pasto successivo senza troppa fame
6) Usare l’olio extravergine d’oliva. Condire sempre le pietanze con olio extravergine di oliva, un vero toccasana per il cuore e i vasi, evitando l’utilizzo di burro o strutto
7) Dopo i pasti fare un po’ moto. Dopo un pasto sostanzioso, una passeggiata in compagnia o un po’ di ballo con gli amici consentono di attenuare i picchi glicemici post-prandiali
8) Attenzione ai dolci e alla frutta secca. Meglio non consumarli a fine pasto, quando aumenterebbero eccessivamente il carico glicemico. Preferire i dolci fatti in casa, soprattutto se preparati con farine integrali (tipo 2) o di legumi. La frutta secca, in piccole quantità, può essere assunta come uno spuntino tra un pasto e l’altro
9) Preferire metodi di cottura sani. Preparare le nostre pietanze usando la cottura al vapore, al forno, alla griglia ed evitando la frittura
10) Finiti i giorni di festa rimettersi subito in riga. Compensare tutte le eccezioni seguendo con attenzione il regime dietetico abituale nei giorni non festivi.
Medicina di genere, entrerà nelle Scuole di Medicina italiane
News Presa, Ricerca innovazione“Disposizioni per favorire l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere”: la proposta di legge 3603 è stata depositata alla Camera dei Deputati dall’On. Paola Boldrini. L’obiettivo della Medicina di genere è di personalizzare diagnosi e terapie prestando una maggiore attenzione alle patologie che si manifestano in modo diverso a seconda del sesso del paziente, senza dimenticare gli aspetti psicologici e culturali.
In particolare la proposta è stata di ispirazione alla riunione del dicembre 2016 della Conferenza Permanente dei Presidenti di Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia.
Quest’Organismo, Presieduto dal Prof. Andrea Lenzi nell’ultima sessione ha approvato all’unanimità, trasformando in Mozione con raccomandazione a tutte le Università, il Progetto Pilota descritto dalla Prof. Tiziana Bellini, Coordinatrice del Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia e delegata alla Didattica dell’Università di Ferrara, la quale, approfondendo i dettagli di applicazione, ha descritto ciò che Ferrara ha già intrapreso e cioè l’integrazione nei singoli Corsi di Laurea Magistrale di Unità Didattiche relative alla Medicina di Genere, a partire dall’aa 2017-2018. Piccole integrazioni per rendere ufficiale ed efficace la tematica.
“Una delle nuove frontiere della medicina – si legge in una nota – consiste nel personalizzare nel modo più efficace ed appropriato la cura. Le evidenze scientifiche portano a sottolineare quanto il percorso di diagnosi e cura debba tenere conto delle differenze tra uomo e donna date dal sesso di appartenenza, ma anche dal genere, che consegue dal ruolo sessuale. Quindi non solo sotto l’aspetto anatomo-fisiologico, ma anche le differenze biologico-funzionali, psicologiche, sociali e culturali. Una formula che si riassume nella definizione di Medicina di Genere. Applicare questo, che non si presenta come disciplina medica aggiuntiva a quelle già esistenti, ma nuovo orientamento dell’intera medicina, richiede attenzione a molti ambiti di interesse, primo fra tutti, la formazione”.
Lo scopo del Progetto Pilota, promosso dall’Università di Ferrara e dall’Università Sapienza D, di cui è Coordinatrice del Corso di Laurea in Medicina la Prof.ssa Stefania Basili, è quello di “sensibilizzare le nuove generazioni di medici, per cui è importante che nel corso di studio in Medicina e Chirurgia sia previsto in maniera strutturata, un approccio di genere come parte integrante del processo formativo”.
Hanno già aderito, oltre all’Università di Ferrara e Roma Sapienza, altri Atenei Italiani fra i quali Palermo, Napoli Federico II, Campobasso, Foggia, ma “stanno arrivando molte altre adesioni”.
Aziende farmaceutiche e investimenti nella ricerca: intervista al Dott. Piccinini
PodcastSalvate dal tumore al seno grazie alle visite in piazza
PrevenzioneDelle 480 visite gratuite fatte in piazza Trieste e Trento a Napoli per individuare il tumore del seno, due sono risultate positive. Due donne che potranno affrontare precocemente la neoplasia e che con un gesto semplice si sono salvate la vita. Anche quest’anno l’iniziativa voluta dal professor Francesco D’Andrea (ordinario di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica della Federico II) in collaborazione con Pietro Forestieri (direttore della breast unit della AOU) è stata un successo.
Informare per salvare una vita
«L’obiettivo della manifestazione – prosegue D’Andrea- è quelle di promuovere la sensibilizzazione di un numero sempre più ampio di donne sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori alla mammella, informandole sugli stili di vita da adottare e sui controlli diagnostici clinici e strumentali da effettuare, estendendo le informazioni anche al numero sempre più crescente di donne che oggi si sottopongono ad interventi di chirurgia estetica del seno».
I dati sul tumore della mammella
Impressionanti i numeri che riguardano le neoplasie del seno nella nostra regione. I casi di tumore al seno sono circa 46mila l’anno e di questi oltre 3mila solo in Campania e il 20% sono donne sotto i quarant’anni: le stime dicono che le neoplasie al seno sono completamente guaribili in oltre il 50% dei casi. Percentuale di guarigione che sale anche al 98% se preso in tempo.
Tornare a vivere
«In queste condizioni – conclude il professor D’Andrea – divulgare informazioni corrette e complete sulla chirurgia plastica della mammella è cruciale. Le donne devono sapere quali sono le possibilità che oggi ci sono a disposizione per la chirurgia ricostruttiva dopo tumori, ma anche sulle correlazioni tra chirurgia estetica e i tumori. Una donna informata è una donna consapevole delle proprie scelte. Ricostruire chirurgicamente una mammella sottoposta a mastectomia non influisce in alcun modo sull’evoluzione della malattia di base anzi ne condiziona positivamente il decorso post-operatorio. La ricostruzione mammaria, infatti, permette alla donna di conservare la propria femminilità e dignità nella vita di relazione e nelle attività quotidiane, aiutandola ad affrontare il percorso terapeutico, il dolore, le paure e la malattia stessa».