Tempo di lettura: 2 minutiQuest’inverno, ormai finito, ha segnato un epidemia influenzale virulenta, con un elevato tasso di mortalità inattesa. I più esposti sono soprattutto gli anziani (anche per la polmonite). In Italia ci sono stati circa il 15 per cento di over 65 morti in più, per un totale di 15 e 20 mila decessi non previsti. A rilevarlo, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in base ai dati del network EUROMOMO per il monitoraggio della mortalità, a cui partecipano 19 paesi europei.
Lo studio ha osservato un eccesso di decessi per tutte le cause nelle ultime due settimane di dicembre 2016 e nelle prime quattro di gennaio 2017 in Italia, come in Francia, Spagna e Portogallo, per rientrare nei valori attesi a fine febbraio. Ma il dato peggiore è in Italia che nella settimana di picco influenzale ha registrato un più 42% rispetto al valore atteso, ed è proprio a causa di questo ultimo dato che le morti sono attribuibili all’epidemia influenzale.
“Purtroppo altri dati confermano quello che sosteniamo da tempo, – commenta Michele Conversano, presidente HappyAgeing, Alleanza per l’Invecchiamento Attivo – ogni inverno ci sono diverse migliaia di morti l’anno per complicanze da influenza, quasi tutte tra gli anziani e per complicanze broncopolmonari. Quest’inverno, l’influenza è stata particolarmente virulenta e associata alla scarsa propensione degli anziani alla vaccinazione, ed è stata tra le cause del verificarsi del picco di decessi nel nostro Paese”.
Anche l’ISS concorda che, tra i motivi di questo incremento, c’è una scarsa copertura vaccinale, specialmente tra gli ultrasessantacinquenni, che è stata di meno di un anziano su due, quando il minimo raccomandato di copertura vaccinale sarebbe del 75%. Quest’anno, in Italia – prosegue Conversano – meno del 50 per cento degli anziani si è vaccinato contro l’influenza e, dato più allarmante, solo il 10 per cento degli over 50 è vaccinato contro la polmonite pneumococcica, malattia infettiva che provoca decessi di oltre venti volte superiori di quelli provocati dall’influenza, con oltre 9mila morti l’anno. Se si combinasse la vaccinazione antinfluenzale al vaccino antipneumococcico, si potrebbe arrivare a ridurre il numero di decessi annuale fino anche del 60 per cento.
“C’è ancora molto da fare per sensibilizzare gli anziani su un’adeguata prevenzione della sindrome influenzale e delle eventuali complicanze ad essa correlate – aggiunge il direttore di HappyAgeing Marco Magheri – da anni sosteniamo che campagne di sensibilizzazione sono quanto mai necessarie per sviluppare la consapevolezza che una migliore qualità della vita è possibile a tutte le età”.
Vaccini: in Italia muoiono più anziani a causa di polmonite e influenza che in Europa
Anziani, News Presa, PrevenzioneQuest’inverno, ormai finito, ha segnato un epidemia influenzale virulenta, con un elevato tasso di mortalità inattesa. I più esposti sono soprattutto gli anziani (anche per la polmonite). In Italia ci sono stati circa il 15 per cento di over 65 morti in più, per un totale di 15 e 20 mila decessi non previsti. A rilevarlo, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in base ai dati del network EUROMOMO per il monitoraggio della mortalità, a cui partecipano 19 paesi europei.
Lo studio ha osservato un eccesso di decessi per tutte le cause nelle ultime due settimane di dicembre 2016 e nelle prime quattro di gennaio 2017 in Italia, come in Francia, Spagna e Portogallo, per rientrare nei valori attesi a fine febbraio. Ma il dato peggiore è in Italia che nella settimana di picco influenzale ha registrato un più 42% rispetto al valore atteso, ed è proprio a causa di questo ultimo dato che le morti sono attribuibili all’epidemia influenzale.
“Purtroppo altri dati confermano quello che sosteniamo da tempo, – commenta Michele Conversano, presidente HappyAgeing, Alleanza per l’Invecchiamento Attivo – ogni inverno ci sono diverse migliaia di morti l’anno per complicanze da influenza, quasi tutte tra gli anziani e per complicanze broncopolmonari. Quest’inverno, l’influenza è stata particolarmente virulenta e associata alla scarsa propensione degli anziani alla vaccinazione, ed è stata tra le cause del verificarsi del picco di decessi nel nostro Paese”.
Anche l’ISS concorda che, tra i motivi di questo incremento, c’è una scarsa copertura vaccinale, specialmente tra gli ultrasessantacinquenni, che è stata di meno di un anziano su due, quando il minimo raccomandato di copertura vaccinale sarebbe del 75%. Quest’anno, in Italia – prosegue Conversano – meno del 50 per cento degli anziani si è vaccinato contro l’influenza e, dato più allarmante, solo il 10 per cento degli over 50 è vaccinato contro la polmonite pneumococcica, malattia infettiva che provoca decessi di oltre venti volte superiori di quelli provocati dall’influenza, con oltre 9mila morti l’anno. Se si combinasse la vaccinazione antinfluenzale al vaccino antipneumococcico, si potrebbe arrivare a ridurre il numero di decessi annuale fino anche del 60 per cento.
“C’è ancora molto da fare per sensibilizzare gli anziani su un’adeguata prevenzione della sindrome influenzale e delle eventuali complicanze ad essa correlate – aggiunge il direttore di HappyAgeing Marco Magheri – da anni sosteniamo che campagne di sensibilizzazione sono quanto mai necessarie per sviluppare la consapevolezza che una migliore qualità della vita è possibile a tutte le età”.
A tavola con la LILT, per combattere e prevenire il cancro
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneLa scuola in prima linea per prevenire e combattere il cancro, e vincerà solo chi sarà in grado di portare a tavola la salute. A Scampia, negli istituti Ferraioli e Virgilio 4, prende vita il concorso enogastronomico «A tavola con la LILT», promosso dalla sezione partenopea dell’ente di volontariato oncologico. Riuscire a realizzare ricette che incoraggino una corretta alimentazione è la sfida dei genitori dei giovani alunni napoletani, una gara a suon di padelle che rappresenterà un po’ il clou della XVI edizione della Settima Nazionale di prevenzione Oncologica (18-26 marzo) organizzata della LILT di Napoli guidata dal professor Adolfo Gallipoli D’Errico. Protagonisti, i genitori degli alunni che saranno premiati nel corso di due manifestazioni culinarie che si terranno rispettivamente il 21 e il 24 marzo mattina nelle sedi degli istituti scolastici.
Giocare d’anticipo
«In realtà – spiega il professor Adolfo Gallipoli D’Errico – il nostro calendario è partito in largo anticipo con la due giorni, il 9 e il 10 marzo scorsi, dei controlli clinici di prevenzione senologica presso l’azienda Carpisa, iniziativa che lo scorso anno è stata particolarmente apprezzata e che abbiamo deciso di replicare inserendola nell’ambito della Settimana di Prevenzione. Lo stesso dicasi, sempre in tema di sana alimentazione, per l’interessante visita al Centro Depurazione Molluschi con gli alunni dell’Istituto Ferraioli». Oltre alla promozione di una sana alimentazione e corretti stili di vita, a Napoli la Settimana Nazionale della Prevenzione Oncologica è scandita anche dai controlli clinici gratuiti presso gli ambulatori LILT di Napoli e provincia che sarà possibile prenotare al numero verde 800 998877 oppure allo 081 549 5188 negli orari di ufficio.
Il rischio dell’obesità
«Come accade oramai da oltre 16 anni – aggiunge Gallipoli D’Errico – torniamo a promuovere un regime alimentare corretto nella consapevolezza dell’esistenza di una relazione tra la nutrizione e il cancro, visto che circa il 35% delle patologie oncologiche sarebbero causate da un’alimentazione scorretta. Se a questo aggiungiamo il fatto che, secondo le stime nel 2030 il 20% della popolazione maschile e il 15% di quella femminile sarà obesa e pertanto maggiormente esposta al rischio di ammalarsi, ben si comprende l’importanza della prevenzione partendo da ciò che mangiano».
Alla Milano-Sanremo la squadra dei 18 ciclisti con diabete
Associazioni pazienti, News Presa, SportAlla Milano-Sanremo anche una squadra di ciclisti con diabete. Si tratta del Team Novo Nordisk che quest’anno partecipa per la terza volta alla ‘classicissima di primavera’, dopo aver gareggiato, a inizio di stagione, nella 51/a edizione della Tirreno-Adriatico. Al via, sabato al Castello Sforzesco, anche Andrea Peron, 28 anni, di Camposanpietro (Padova), alla sua 4/a stagione con il team.
Ad Andrea Peron il diabete è stato diagnosticato a 16 anni ma non gli ha certo impedito di conquistare le sue vittorie sportive. Al suo primo anno nel Team Novo Nordisk ha collezionato 14 piazzamenti nella top 10, inclusi podi nel Tour de Beauce e nel Tour di Cina, mentre nel 2014 ha guadagnato tre traguardi nella top 10 e nell’edizione 2015 della Milano-Sanremo è stato protagonista di una fuga iniziata poco dopo la partenza e durata sino a 38 km dall’ arrivo.
“Sono orgoglioso di partecipare per il terzo anno alla più importante corsa di un giorno nel mio Paese con la maglietta Changing Diabetes”, dice Peron, consapevole di quanto la sua esperienza sia importante come incoraggiamento per le persone con diabete. “Per tutti noi – osserva il direttore generale del team, Vassili Davidenko – ogni gara è l’occasione per dimostrare che avere il diabete non significa rinunciare ai propri sogni”.
Oltre alla squadra composta da 18 ciclisti professionisti con diabete provenienti da 10 differenti Paesi, fanno parte del Team Novo Nordisk altri atleti di tutto il mondo tra cui triatleti e podisti, tutti con diabete. Il ciclismo è particolarmente indicato per una migliore gestione del diabete sia negli adulti che nei bambini. Come sport aerobico è indicato per migliorare il controllo della glicemia, prevenire le complicazioni e favorire la salute dell’ apparato cardiocircolatorio. Lo sottolineano i rappresentanti delle principali società scientifiche del diabete: Paolo Rumi per l’ Associazione Medici Diabetologi, Giorgio Sesti per la Società Italiana di Diabetologia, Franco Cerutti per la Società Italiana Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica.
Cure odontoiatriche e antibiotici, «in Italia prescrizioni facili»
News PresaAntibiotici spesso inutili e prescrizioni facili. A lanciare l’allarme sono gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SidP). Ritrovatisi in occasione del XVIII Congresso Internazionale su Parodontologia e Salute Orale, i tecnici hanno discusso dei risultati di un’indagine internazionale condotta da Key-Stone su 1.500 dentisti di 6 Paesi europei fra cui l’Italia. Gli esiti parlano chiaro.
Situazione allarmante
Estrazioni, interventi sulle gengive e sull’osso di sostegno dei denti, inserimento di impianti, trapianti di tessuti, sono circa 5 milioni gli interventi di chirurgia odontoiatrica eseguiti ogni anno nel nostro Paese. «Secondo un recente studio dell’Università di Torino” circa il 50% della popolazione ha una forma più o meno grave di parodontite. Ma solo 5 milioni di italiani vengono sottoposti a terapie specifiche della malattia, mentre oltre 20 milioni di persone non accedono alle cure». Spiega Claudio Gatti, presidente SIdP. Quattro volte su dieci il paziente esce dal dentista con la prescrizione di una bella dose di antibiotici, che però in oltre il 50% dei casi non sono necessari. Quanto all’indagine condotta da Key-Stone su un campione di 1.500 dentisti di Svezia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Italia, dipinge un’Europa divisa in due nell’atteggiamento nei confronti degli antibiotici. Accanto a un Nord Europa in cui si evita più possibile di ricorrere all’antibiotico, con la Svezia in cui le prescrizioni sono al 9%, il Regno Unito al 18% e la Germania al 20%, nei Paesi affacciati sul Mediterraneo le percentuali raddoppiano arrivando al 40% con la Francia e Italia tra le peggiori in Europa. «Queste differenze si spiegano con le linee guida presenti nei vari Paesi, la diversa copertura odontoiatrica da parte del Sistema Sanitario e la cultura e le abitudini di medici e pazienti – commenta Gatti – In Italia, per esempio, l’attività odontoiatrica è quasi tutta privata mentre in altri Paesi l’odontoiatria pubblica ha un peso più rilevante. Inoltra il sistema di controllo sulla somministrazione degli antibiotici è particolarmente capillare nei paesi nordici, e ciò riduce il rischio dell’uso non appropriato».
“Prescrizioni facili”
Abitudine pericolosa, perché oltre a esporre ai possibili effetti collaterali degli antibiotici, come ad esempio reazioni allergiche, nausea, vomito e diarrea, favoriscono la comparsa di germi resistenti: l’antibiotico dovrebbe essere dato soltanto nei casi più gravi di parodontite aggressiva o estesa a molti denti e sempre in associazione alla rimozione professionale della placca batterica da parte del dentista o dell’igienista dentale. Quindi l’antibiotico non deve mai essere usato come unica terapia ad eccezione del trattamento di situazioni acute come l’ascesso dentale, con una durata variabile a seconda del principio attivo ma mai inferiore ai tre giorni.
In Italia
Nel nostro Paese l’impiego di antibiotici è esteso e generalizzato ben oltre le reali necessità. «Gli antibiotici hanno senso nelle forme più gravi e comunque soltanto in associazione alla disgregazione della placca batterica con terapia professionale», dice Mario Aimetti, presidente eletto SIdP e professore di parodontologia presso l’Università di Torino. In caso contrario sono destinati a essere quantomeno inefficaci, per la natura stessa della placca: questa è un biofilm dove sono presenti enormi quantità di batteri, basti pensare che in un millimetro cubo di placca ci sono oltre 100 milioni di microrganismi e in un dente poco pulito si possono trovare anche 10 millimetri cubi di placca, per una popolazione di germi pari a tre volte gli abitanti degli Stati Uniti. In queste comunità batteriche si sviluppano germi patogeni che possono attaccare le gengive, ma questi in genere si trovano in profondità e non vengono raggiunti dall’antibiotico se la placca non viene spezzata. Da qui la conseguente inefficacia dell’antibiotico come unica terapia
Nanotecnologie, un progetto contro il dolore
News Presa, Ricerca innovazioneContro il dolore postoperatorio scende in campo la nanotecnologia. Si apre così una nuova frontiera che presto potrebbe trovare impiego anche nel controllo del dolore cronico. Lo studio, sia in vivo che in vitro, si basa su tecnologia miniaturizzata ed è a tutti gli effetti il battesimo del fuoco per la BIOGENAP, nato 18 mesi fa con un accordo tra Università di Parma e Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Il progetto punta alla definizione di un nuovo dispositivo basato su tecniche che sono sulla scala del miliardesimo di metro, talmente piccole da poter essere anche iniettate con una siringa. In questo caso l’obiettivo è quello di arrivare a creare una sorta di “analgesico tecnologico” da utilizzare nella ferita chirurgica. Il progetto permetterà anche di approfondire come nuovi protocolli clinici terapeutici possano essere più utili per la gestione della terapia del dolore postoperatorio.
Il finanziamento
Il progetto “Nano-No-Pain” vede come coordinatori scientifici per l’Università di Parma il professor Guido Fanelli, il dottor Massimo Allegri e il dottor Dario Bugada e per il CNR-IMEM il dottor Salvatore Iannotta. A rendere possibile l’avvio delle attività è stato il finanziamento di 225mila euro cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna per circa 70mila euro. Si parte entro due mesi con il lavoro del gruppo di ricerca dell’Università di Parma e dal gruppo di ricerca CNR-IMEM.
Verso la fantascienza
Il progetto che verrà realizzato dal BIOGENAP ricorda un po’ quanto proposto in un vecchio film Hollywoodiano. Come spesso accade la realtà punta dritta verso la fantascienza. Nel caso della pellicola «Salto nel buio», il protagonista si trovava coinvolto in un esperimento scientifico che prevedeva la miniaturizzazione dei una vera e propria navicella, iniettata poi (per errore) in un corpo umano. Qui siamo anni luce da quel risultato, ma la possibilità di iniettare nanotecnologie all’interno del corpo umano è un campo che promette grandi risulti.
Laurea honoris causa in medicina per Papa Francesco, «medico delle anime»
News PresaUna laurea in medicina per Papa Francesco. Il titolo accademico Honors causa arriverà al Santo Padre dall’Università di Salerno. Ad annunciarlo sono stati il rettore Aurelio Tommasetti e Mario Capunzo, direttore del dipartimento di medicina, chirurgia e odontoiatria della “Scuola medica salernitana”. La notizia è stata data nel corso del convegno “Umanizzazione della Medicina – Curare e prendersi cura”, promosso dall’Associazione Medici Cattolici Italiani con il dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università di Salerno e l’Omceo di Salerno.
Medico della anime
«La Scuola Medica Salernitana, la più antica scuola di medicina al mondo che oggi rivive nel dipartimento di medicina e chirurgia dell’ateneo salernitano, intende conferire la laurea honoris causa al Santo Padre – si legge in una nota ufficiale inviata a Papa Francesco e al cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin – per le sue doti e capacità, universalmente riconosciute, di medico delle anime e di intimo conoscitore dei bisogni delle persone più deboli, più povere, più bisognose della divina misericordia e della umana solidarietà».
Curare la sofferenza
Ai lavori, moderati da Mario Ascolese, presidente campano dei medici cattolici, sono intervenuti, tra gli altri, Francesco Paolo Adorno, docente di Filosofia morale e bioetica dell’Università di Salerno che ha parlato di concetto e funzione della cura; Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici, che ha accolto con gioia l’iniziativa, affermando che «il dolore umano, sia quello di origine fisica che quello di origine spirituale, è sempre dolore della persona. La sofferenza è sempre globale. Questo fatto ci porta a insistere perché nell’avvicinarsi al dolore e alla sofferenza sia in ambito medico che in altre situazioni, non si perda mai di vista la dimensione interpersonale, spirituale e sociale». Per padre Domenico Marafioti sj, preside Pontificia Facoltà Teologica Italia Meridionale “Bisognerebbe stabilire due tipi di relazione con il paziente, una professionale, di cura e di aiuto, e una di solidarietà umana, prossimità e comprensione. Il medico deve curare con competenza, e farsi prossimo come il samaritano della parabola”.
E’ la settimana della prevenzione oncologica
PrevenzioneDal 18 al 26 marzo la prevenzione oncologica sarà protagonista in tutte le città d’Italia grazie alla settimana nazionale voluta dal Governo per diffondere la cultura della prevenzione, sensibilizzando la popolazione e soprattutto i giovani sull’importanza dei corretti stili di vita. Tra le varie declinazioni regionali, a Napoli LILT punta su una sana e corretta alimentazione, soprattutto di quella mediterranea, costituita da una dieta ricca di frutta fresca, di verdura e povera di grassi, che ha proprietà altamente nutritive e salutari. Uno dei simboli tradizionali della settimana nazionale per la prevenzione oncologica è l’olio extra vergine di oliva 100% italiano. Insomma, «l’oro verde», scelto per le sue preziose qualità protettive nei confronti dei vari tipi di tumore e per le accertate caratteristiche nutrizionali ed organolettiche.
Stili di vita
«Diversi studi scientifici – dice il presidente nazionale della LILT Francesco Schittulli – hanno ormai evidenziato l’esistenza di una relazione tra l’alimentazione e l’insorgenza di tumori. Si stima, infatti, che circa il 35% dei tumori sia causato da una errata alimentazione, a fronte del 5% circa causato dall’inquinamento atmosferico». Nelle principali piazze italiane saranno migliaia i volontari della LILT (circa 20.000) che offriranno ai cittadini il tradizionale opuscolo informativo, volto a divulgare le tematiche della prevenzione nel quotidiano ed aggiornato in base alle recenti evidenze scientifiche con il significativo contributo del Comitato Scientifico Nazionale LILT. Moltissimi gli Spazi Prevenzione LILT (circa 400 ambulatori) che accoglieranno la popolazione su tutto il territorio nazionale, con medici, operatori sanitari, specialisti, volontari a disposizione per offrire quei servizi che, da 95 anni, caratterizzano la LILT nella lotta ai tumori.
A tavola con la LILT
A Napoli è stato organizzato anche il progetto «A tavola con la LILT», appuntamento che prenderà vita all’IPSSEOA “Ferraioli” e all’IC “Virgilio IV”. Un incontro-confronto con gli alunni, i docenti e i genitori sui sani e corretti stili di vita. La presentazione di tutti i progetti che verranno messi in campo si terrà domani (venerdì 17 marzo)nel corso di una conferenza stampa alla quale prenderanno parte l’assessore alla Scuola del Comune di Napoli, Annamaria Palmieri, l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, Roberta Gaeta, il Direttore Scientifico INT “G. Pascale” di Napoli, Gerardo Botti, il Presidente della sezione napoletana della LILT, Adolfo Gallipoli D’Errico, la Dirigente Scolastica dell’IPSSEOA “Ferraioli”, Rita Pagano e la Dirigente Scolastica dell’IC “Virgilio IV”, Lucia Vollaro.
Donazioni di organi triplicate grazie al padre del piccolo Nicholas
Bambini, Economia sanitaria, News Presa, PsicologiaEra l’ottobre del 1994 quando il gesto di un padre coraggioso rivoluzionò un intero corso. Era Reginald Green che insieme a sua moglie decise di donare gli organi del loro figlio Nicholas Green, il bimbo americano di 7 anni rimasto ucciso durante un tentativo di rapina in Calabria. Quel gesto di grande generosità, oltre a salvare la vita di 7 persone, diede una scossa alla coscienza di tutti gli italiani. Se, infatti, nel 1994 in Italia solo 6,2 persone per milione d’abitanti sceglievano di dire sì alla donazione d’organi di un proprio caro, il gesto scatenò un vero e proprio ‘effetto Nicholas’, come ha raccontato in questi giorni a Milano il padre Reginald. Negli anni seguenti le donazioni d’organo in Italia sono triplicate, arrivando a 23,1 per milione d’abitanti. Nicholas poté donare due reni, due cornee, il cuore, il fegato e le cellule del pancreas. La donazione cambiò la vita a 5 malati gravi, di cui 4 adolescenti, e ridiede la vista ad altre due persone. Il 9 febbraio scorso è morto a Roma Andrea Mongiardo, 37enne di Roma che quando morì Nicholas aveva una grave malattia cardiaca: gli rimaneva un solo anno di vita. Ricevette proprio il cuore, e di anni ne visse altri 22, fino a quando perse la sua battaglia contro un linfoma. Delle 7 persone salvate da Nicholas, oggi, a distanza di quasi un quarto di secolo, ben cinque vivono una vita normale: due hanno ad esempio abbandonato la dialisi, mentre una ragazza ricevette il fegato e si salvò da una malattia che la stava uccidendo. Oggi sta bene, ha avuto un figlio e l’ha chiamato proprio Nicholas.
Aterosclerosi, una nuova speranza dalla lotta all’obesità
Prevenzione, Ricerca innovazioneUna sostanza dimagrante potrebbe mettere al tappeto l’aterosclerosi. Il caso è di quelli che fanno parlare la comunità scientifica mondiale, e parte dall’Italia. La molecola protagonista di questa potenziale rivoluzione medica è l’obestatina, ed è una vecchia conoscenza dei ricercatori. Tuttavia ora si è scoperto che questa sostanza ha un potenziale enorme nella protezione delle arterie.
Divorare
La ricerca sull’obstatina e dell’Università Tor Vergata di Roma e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Tutto è raccolto in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica americana Diabetes. Piccola curiosità è legata al nome della molecola, obestatina, che deriva dalla contrazione tra obeso (dal latino “obedere” vale a dire “divorare”) e statina (dal greco stosis, che significa arresto). Si chiama così perché al momento della sua scoperta i ricercatori pensavano che questa molecola avesse la capacità di sopprimere il senso di fame, aumentando quello dì sazietà. Il meccanismo, molto controverso a livello scientifico, mirava al rallentato svuotamento dello stomaco.
Gli esperti
«L’obestatina è una molecola molto interessante dal punto di vista biologico – spiegano Manfredi Tesauro e Nicola Di Daniele dell’Università Tor Vergata – perché origina prevalentemente nell’apparato gastro-intestinale da un precursore comune ad un’altra sostanza, la grelina, che al contrario aumenta il senso di fame inducendo l’ingestione di cibo. E’ possibile quindi ipotizzare che modificando il rapporto tra queste due sostanze a favore dell’obestatina sia possibile ottenere nei soggetti obesi anche un calo ponderale». Intanto, lo studio condotto a Roma ha il merito di aver dimostrato che muovendosi precocemente è possibile prevenire il danno vascolare indotto dall’obesità, purché si utilizzino strategie terapeutiche mirate, efficaci sulle anomalie specifiche che concorrono a determinarlo.
Malattie croniche
Le malattie croniche sono responsabili a livello globale dell’86% di tutti i decessi, con una spesa sanitaria di 700 miliardi di euro. Oltre a quelle cardiovascolari, il diabete è una delle malattie croniche a più rapida crescita: in Italia solo 1 paziente su 3 ha un adeguato controllo e di conseguenza le complicanze – cardiovascolari, renali, oculari – determinano un altissimo impatto socio-economico per il Servizio Sanitario Nazionale.
In aumento le patologie neurologiche, solo in Toscana 150mila casi
Associazioni pazienti, News Presa, Prevenzione150 mila persone in Toscana soffrono di una o più malattie neurologiche croniche e degenerative. Queste patologie aumentano a dismisura (le stime del 2015 parlano di 92.958 casi di demenze, 36.770 di epilessia, 17.134 di Parkinson e 8.100 di sclerosi multipla). Richiedono, perciò, sempre più una maggiore appropriatezza delle prestazioni e la definizione di percorsi clinico-assistenziali personalizzati, attraverso l’integrazione fra specialisti e professionisti sanitari.
Ci sono patologie per le quali si stima un aumento nell’arco di 8 anni, 12mila casi per le demenze e 1.500 per il Parkinson. Inoltre, ogni anno, sono circa 10mila i nuovi casi di ictus registrati in Toscana, di cui l’80% di natura ischemica e il 20% per una causa emorragica, con costi diretti di circa 280 milioni di euro per anno. L’ictus, in particolare, rappresenta nella popolazione la più frequente causa di disabilita’ permanente e la terza causa di morte.
È quanto emerge dai dati Agenas sulla mortalità per ictus a 30 giorni, relativi al 2015. I numeri indicano che in Toscana i setting dove sono presenti equipes neurologiche che prendono in carico i ricoveri ospedalieri e dotate di personale esperto e dedicato ottengono i migliori risultati, collocandosi ai vertici delle performances nazionali “I dati Agenas – ha commentato Pasquale Palumbo, neurologo e coordinatore del Comitato Scientifico del Meeting regionale di neuroscienze che si svolgerà a Grosseto dal 6 all’8 aprile – collocano le neurologie toscane ai vertici nazionali con una mortalita’ molto bassa nei 30 giorni successivi all’insorgenza di un ictus.
Questo risultato delle neurologie ospedaliere della Toscana indica alle istituzioni regionali che bisogna investire sulle maggiori competenze e qualità che il mondo delle neuroscienze offre”. Al meeting, dal titolo “Dalla epidemiologia ai percorsi interdisciplinari”, si confronteranno i massimi esperti neurologi, neuroradiologi e neurochirurghi della Toscana: una ‘full immersion’ di tre giorni dedicata ai temi di maggiore attualità nelle neuroscienze, dal dolore neuropatico alle novità in interventistica, dalla rete clinica in area vasta (ictus cerebrale, malattie neurodegenerative e infiammatorie) alle terapie innovative in neurologia, dalla neuroncologia alle sindromi neurologiche acute e malattie neurologiche immunomediate.
Il mondo delle neuroscienze intende così proporre interventi organizzativi per garantire l’uso ottimale delle risorse e la qualita’ dei servizi, con la finalità di valorizzare l’innovazione e la ricerca, senza trascurare l’appropriatezza, l’equità e la sostenibilità: uno dei temi di confronto tra rappresentanti della Società Italiana di Neurologia e della Società Scientifica Scienze Neurologiche Ospedaliere saranno dunque i percorsi assistenziali adeguati, di fronte all’incremento di tali patologie, e gli interventi organizzativi per rispondere ai bisogni di salute.