Tempo di lettura: 2 minutiIl 56,8% dei donatori ha cambiato le proprie abitudini nutrizionali proprio in virtù dell’appartenenza a un’associazione di volontariato. Il 37,8% ritiene anche importante modificare il consumo giornaliero o settimanale di alcolici e il 42,3% del campione ha modificato i propri comportamenti come fumatore. Uno studio del Cergas – Bocconi certifica il positivo ritorno per la collettività dell’appartenenza a un’associazione di volontariato. La ricerca ha preso in esame la più antica associazione del sangue europea, l’Associazione dei Volontari Italiani del Sangue, di cui ricorre quest’anno il 90° anniversario della Fondazione.
L’indagine è contenuta nel libro curato dal presidente di Avis Nazionale Vincenzo Saturni, da Giorgio Fiorentini e da Elisa Ricciuti dell’Università Bocconi che prosegue le ricerche avviate dall’Associazione con la pubblicazione del “Libro Bianco sul sistema trasfusionale” (2014).
“Per quanto il volontariato non sia nella sua essenza quantificabile – ha affermato Saturni – con questa ricerca abbiamo voluto svelare le ricadute positive sanitarie e sociali del volontariato del sangue, frutto anche di una organizzazione attenta, capillare e basata sulla programmazione. Ci auguriamo che questo testo possa fungere da strumento di approfondimento e di lavoro per tutti i soggetti interessati, a partire dai decisori politici ai vari livelli, Governo e Ministeri competenti, Regioni, Enti Locali, per il mondo del volontariato e dell’associazionismo, per gli operatori sanitari del settore trasfusionale e non solo”.
Con il metodo di valutazione del Social Return on Investment (Sroi – Ritorno sociale sugli investimenti), lo studio ha misurato la capacità di AVIS di generare valore socio-sanitario per i propri soci e per la collettività, attraverso la promozione di attività volte ad accrescere le conoscenze, la consapevolezza, la coesione sociale e la salute fisica dei donatori e dei volontari che conducono la loro esperienza di donazione e/o volontariato in seno all’Associazione.
I dati sono stati studiati e ricavati attraverso i questionari compilati da 1.023 donatori distribuiti su 4 sedi campione. In ambito sanitario e di prevenzione, circa il 13% dei donatori ha potuto usufruire di una diagnosi precoce di qualche patologia attraverso i test di qualificazione sierologica e le visite medico specialistiche che precedono la donazione di sangue. Tutto ciò, oltre a informare in anticipo il donatore sulle mutate condizioni di salute, ha comportato anche significativi risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale.
In tema di alimentazione corretta, il 56,8% dei donatori ha cambiato le proprie abitudini nutrizionali. Il 42,3% del campione di studio ha inoltre affermato di aver modificato i propri comportamenti come fumatore, o eliminando del tutto l’abitudine oppure riducendo il consumo giornaliero di sigarette e il 26,2% degli intervistati hanno aumentato le ore settimanali dedicate alla corsa o ad altri sport. Anche il sottogruppo delle persone con più di 40 anni ha modificato questi comportamenti nella misura del 18,4%.
Lo studio ha evidenziato benefici anche in campo relazionale e sociale. Circa il 30% dei donatori volontari ha stretto rapporti interpersonali con altri associati, con una media di 5,1 persone conosciute. Ed è molto alto (circa il 70%) il campione di donatori e volontari Avis che afferma di aver accresciuto il proprio senso di soddisfazione e autorealizzazione dalla partecipazione alle attività dell’associazione.
Un ultimo aspetto che la ricerca ha voluto indagare è l’eventualità che l’esperienza di donazione del sangue possa aver rappresentato l’occasione per sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti di altre organizzazioni di volontariato. Dal campione è emerso che il 32% ha rafforzato la propria disponibilità a collaborare per altre Onlus e il 23% a incrementare le erogazioni liberali.
Congresso Aogoi: in Campania diminuiscono i parti cesarei
News Presa, Ricerca innovazioneLa chirurgia laparoscopica del retro peritoneo nella pelvi che raggiunge tutti i plessi nervosi. E’ questa una delle più importanti novità delle quali si è discusso in occasione del congresso regionale dell’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani) tenutosi nel week end a Caserta. «Questa chirurgia – dice Davide De Vita, presidente del congresso – rappresenta un’importante novità nel campo delle patologie pelvi-perineali. Segretario regionale campano Aogoi e responsabile centro dolore pelvico dell’Ospedale di Battipaglia, De Vita spiega che «la stessa tecnica inizia a essere applicata per far recuperare la deambulazione ai paraplegici, sia donne che uomini, attraverso l’applicazione dei neuromodulatori. Un gruppo di esperti internazionali tra cui il professor Vito Chiantera, ginecologo napoletano dell’Università di Palermo, ha iniziato a lavorare sui nervi compromessi dei paraplegici. Per adesso, parliamo ancora di sperimentazione su alcuni casi».
Le eccellenze della Campania
La tre giorni ha visto la partecipazione di 600 tra ostetrici professionisti ospedalieri, del territorio e liberi professionisti e ha portato alla ribalta nazionale le provate capacità dell’avanguardia ostetrico-ginecologica campana. Si è parlato delle ulltime novità nel trattamento dell’endometriosi e del dolore pelvico cronico, del prolasso degli organi pelvici in oncologia ginecologica, dell’innovativa e promettente tecnica del linfonodo sentinella e le linee guida fondamentali nella nuova legge sulla responsabilità professionale.
Formazione
Il dottor De Vita ha anche messo in evidenza come si registri un trend in diminuzione sui parti cesarei in Campania, reso possibile anche per effetto dei corsi periodici svolti sul territorio dall’Aogoi su simulazione in sala parto e sinergia con i neonatologi, che hanno portato ad aumentare la sicurezza di tutti i professionisti. La Regione, come già fatto per la frattura del femore, sta predisponendo un provvedimento che porterà la percentuale dei tagli cesarei nella media nazionale, grazie anche all’introduzione del parto in analgesia in tutti gli ospedali pubblici campani e ad una capillare azione osservazionale, analitica e formativa delle direzioni strategiche aziendali sui tagli cesarei evitabili nelle primigravide. «Nei primi due mesi del 2017 – conclude lo specialista – negli ospedali campani in cui è già partito questo progetto la percentuale del taglio cesareo nelle primigravide è diminuito del 10%, evidenziando un’inversione di tendenza significativa».
Bimbi più a rischio infortuni se madri soffrono di depressione o ansia
Bambini, News Presa, Prevenzione, PsicologiaQuando la madre soffre di ansia o depressione sono maggiori le possibilità che il bambino incappi in un incidente domestico non grave. Lo dimostra uno studio britannico dell’Università di Nottingham, che allo stesso tempo esclude la correlazione tra stati ansioso-depressivi delle mamme e lesioni più gravi nei bambini. I ricercatori hanno riscontrato che i casi di avvelenamento, piccole fratture e scottature di lieve entità in età infantile aumentavano in corrispondenza del manifestarsi degli episodi materni. Tuttavia non sono stati evidenziati correlazioni con lesioni più gravi, come ustioni di terzo grado o fratture del femore. “Le lesioni sono ancora una delle principali cause prevenibili di decesso nei bambini in età prescolare, ma pochi studi hanno esaminato se le patologie mentali delle madri influiscono su tale rischio – spiega Ruth Baker, autrice principale dello studio – La maggior parte degli studi si sono concentrati sulla sola depressione”.
Il team di studiosi ha analizzato i dati di ricovero di oltre 200.000 bambini nati tra il 1998 e il 2013 e li hanno seguiti dalla nascita ai cinque anni. In particolare, hanno riscontrato episodi di depressione e ansia in tutte le cartelle cliniche compilate durante le cure primarie fornite alle madri, nonché prescrizioni di antidepressivi e farmaci per l’ansia. Baker e colleghi si sono concentrato su avvelenamenti, fratture e scottature come le tre lesioni prevenibili più comuni nei bambini piccoli. Un quarto delle madri aveva avuto uno o più episodi di depressione o ansia e le lesioni non intenzionali dei bambini si concentravano in questi periodi. Sono stati segnalati più di 2600 avvelenamenti, 6000 fratture e 4200 scottature. I bimbi avevano un tasso di avvelenamento più elevato del 52% durante gli episodi di depressione materna, 63% più alto durante quelli di ansia e del 230% più elevato durante momenti di depressione con ansia. Anche i tassi di fratture e scottature erano ai massimi livelli durante gli episodi combinati di depressione e ansia.
“Un limite dello studio è che i ricercatori si sono focalizzati sui dati di ospedalizzazione e sulle diagnosi di malattia mentale. Molte lesioni non vengono segnalate e tante madri probabilmente hanno ansia o depressione, anche se non diagnosticata dai medici – scrivono gli autori dello studio sulla rivista Injury Prevention -. Il database britannico usato per lo studio non hanno nemmeno legato i dati sanitari dei bambini ai padri o ad altri caregiver”.
“Nuovi studi stanno esaminando l’associazione tra salute mentale paterna e lesione del bambino e stiamo riscontrando che un maggior coinvolgimento del padre riduce le lesioni – ha affermato Takeo Fujiwara della Tokyo Medical and Dental University in Giappone, non coinvolto nello studio -. Per prevenire le lesioni in età infantile, dobbiamo prenderci cura delle madri e di altri caregiver in termini di salute mentale. Pochi studi si concentrano su come aiutare realmente i nostri caregiver”.
Italiani pigri e fumatori, vizi e stravizi mettono a rischio la salute
Alimentazione, News Presa, Prevenzione, SportIl 19,6 per cento degli italiani fuma (uno su cinque), sono in maggioranza uomini. Otto milioni e mezzo bevono troppo (il numero include soprattutto giovanissimi). Quasi la metà, invece, è in sovrappeso e fanno poca attività fisica. Vizi e stravizi mettono in crisi la salute della popolazione.
I dati sono stati diffusi dall’Istat.
A livello globale, il consumo di tabacco rappresenta una delle prima cause di morte evitabili. Eppure sono oltre dieci milioni i tabagisti. E quasi un connazionale su quattro – il 22,8 per cento – racconta di aver fumato in passato. Tra gli uomini il numero dei fumatori raggiunge il 24,6 per cento. Solo il 15 per cento, invece, tra le donne. Le percentuali si alzano quando si parla di giovani: sono fumatori il 30,4 per cento dei 20-24enni, il 33 per cento dei 25-34enni e il 30,3 per cento degli uomini tra i 35 e i 44 anni.
Anche se i fumatori rappresentano il 19,6 per cento della popolazione, quindici anni fa erano il 23,7 per cento. Nel giro di poco tempo in molti hanno deciso di smettere. Si fuma anche di meno. Nel 2001 il numero medio di sigarette quotidiane era 14,7, oggi arriva a 11,6
Si fuma ovunque, dal Piemonte alla Sicilia, ma la regione con il più alto tasso di fumatori è la Campania (22,2 per cento della popolazione sopra i 14 anni) e al secondo posto si classifica la Liguria (21,4 per cento). Tra le aree più virtuose spiccano invece la provincia di Trento e la Puglia, dove fumano il 14 e il 17 per cento della popolazione.
In Italia, inoltre, ci sono ancora 8 milioni e mezzo di persone che eccedono con l’alcol. Per la maggior parte si tratta di uomini (oltre 6 milioni). Al consumo abituale si è aggiunta da qualche anno la pratica del binge drinking: l’assunzione di grandi quantità di alcolici in breve tempo con l’obiettivo di raggiungere velocemente lo stato di ubriachezza. Sono particolarmente a rischio gli italiani di sesso maschile con sessantacinque anni o più. Oltre il 36 per cento di loro consuma più alcol di quanto raccomandato, soprattutto durante i pasti. Ma creano preoccupazione anche i più giovani. Un rapporto non corretto con gli alcolici interessa il 32,1 per cento dei maschi tra i 18 e 24 anni, ma anche il 22,4 per cento degli 11-17enni. In pratica quasi un adolescente su quattro. L’abuso di alcolici è più diffuso nell’Italia settentrionale, meno al Sud.
Dati alla mano, gli italiani che hanno problemi con la bilancia rappresentano, invece, il 45,1 per cento della popolazione adulta. La maggior parte è in sovrappeso, ma un 10 per cento può essere considerato obeso. L’allarme non risparmia i più piccoli: nel biennio 2014-2015, i bambini e gli adolescenti in eccesso di peso sono ormai il 24,9 per cento. Oltre il 28 per cento prendendo in considerazione solo il segmento maschile. Non stupisce, così, che più di un italiano su tre ammette di non praticare alcuna attività fisica. Nel 2015 i sedentari erano il 39,9 per cento della popolazione, 23 milioni e mezzo di italiani. Stavolta le cattive abitudini sono più diffuse tra le donne. Ben il 44,3 per cento, contro il 35,1 per cento degli uomini.
Hulk e Spiderman, la “terapia” dei supereroi
News PresaCosa centrano Spiderman e Hulk con dei bambini malati di leucemia? Centrano, se all’improvviso i supereroi decidono di fare visita ai piccoli degenti per incoraggiarli a non mollare e a tenere duro. «Anche dentro di te c’è una forza soprannaturale», ha urlato Hulk. «Tu sei forte come l’acciaio», ha detto Iron Man; seguito a ruota dal «non mollare, continua ad andare avanti» di Flash. I bimbi, increduli nel vedere i loro eroi volare al di fuori delle finestre dell’Ospedale Pediatrico Bambino hanno vissuto una giornata che non dimenticheranno.
The Avengers
Come nel celebre film scritto e diretto da Joss Whedon, Capitan America, Hulk, Flash, Superman, Iron Man e Spiderman hanno reso unica la mattinata dei piccoli pazienti dell’ospedale. Dopo essersi calati dai padiglioni Giovanni Paolo II e Pio XII tra sguardi stupiti e pieni di ammirazione, i supereroi hanno anche regalato ai bambini dei regali. A rendere possibile il tutto è stata l’iniziativa ideata da EdiliziAcrobatica con la collaborazione del Bambino Gesù, con lo scopo di dare vita ad uno spettacolo capace di regalare un carnevale indimenticabile a piccoli che vivono ogni giorno come una battaglia. I supereroi, in realtà, sono alcuni tecnici specializzati di EdiliziAcrobatica, azienda italiana del settore dell’edilizia su fune, che, applicando la tecnica di discesa che utilizzano quotidianamente sul lavoro, hanno regalato un emozionante spettacolo acrobatico al pubblico dei giovani malati.
L’importanza del gioco
Grazie al gioco i bambini costretti in ospedale entrano in relazione con gli altri e con ciò che li circonda. Una vera e propria terapia capace di fare in modo che gli atteggiamenti mentali, fisici ed emozionali superino la staticità e si muovano verso la crescita. Costretti a vivere una realtà come quella ospedaliera, molti bambini sono infatti depressi e ansiosi. Provati dalla malattia risentono anche dell’abbandono del contesto familiare. Per questo motivo iniziative ludiche riescono non solo a regalare un sorriso, ma addirittura a fare in modo che i piccoli pazienti rispondano in alcuni casi meglio alle terapie.
Mieloma multiplo, un “killer seriale” lo può affrontare
Farmaceutica, News PresaContro il mieloma la nuova frontiera è quella delle molecole killer. Nel caso del mieloma multiplo, una nuova molecola che presto arriverà in Italia è capace non solo di stimolare il sistema immunitario, ma anche di uccidere le cellule tumorali in maniera diretta e selettiva. La novità del “daratumumab” (questo il nome dell’anticorpo monoclonale) è proprio questo nuovo meccanismo d’azione, il primo e unico ad aver dimostrato di essere efficace anche in monoterapia. Gli studi realizzati sino ad oggi sui pazienti più difficili da trattare, perché refrattari e quindi non più responsivi alle terapie disponibili, hanno mostrato risultati di efficacia mai raggiunti prima in termini di sopravvivenza libera da progressione di malattia e di risposta generale alla terapia.
Il mieloma multiplo
Il mieloma multiplo è una malattia del midollo osseo di fatto incurabile ad oggi. La terapia tradizionalmente si è basata sui classici chemioterapici mentre negli ultimi 10 anni la ricerca ha portato a significativi progressi scientifici. Una fase successiva di sviluppo si è aperta negli ultimi anni, periodo in cui la ricerca si è mossa nel campo delle classi degli anticorpi monoclonali migliorando ulteriormente sia l’efficacia che la sicurezza delle terapie per il mieloma multiplo.
Un giro di boa
Il farmaco, in fase di approvazione in Italia, rappresenta un giro di boa nel miglioramento della terapia per il mieloma multiplo, delineando un nuovo paradigma di cura per i pazienti affetti da questa forma di tumore del sangue. «In pazienti con mieloma multiplo divenuti resistenti a tutte le classi di nuovi farmaci disponibili sino a questo momento, e con un’attesa di vita di pochi mesi – commenta Michele Cavo, professore ordinario di ematologia all’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “Seràgnoli” dell’Università di Bologna – daratumumab in monoterapia ha prolungato la sopravvivenza di 3 o 4 volte».
Anticorpi monoclonali
«Gli anticorpi monoclonali hanno il potenziale per cambiare radicalmente la strategia terapeutica del mieloma multiplo – spiega Mario Boccadoro, professore ordinario al Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute -. Daratumumab può essere aggiunto alle terapie in corso e ha consentito di ottenere ottimi risultati anche nei pazienti più complessi; in combinazione, in soggetti alla seconda o terza ricaduta ha consentito di ridurre la mortalità fino al 60 per cento. Ora sono in corso studi per utilizzarlo già alla diagnosi e si aprono nuovi orizzonti per cui in futuro potremmo essere in grado di cronicizzare il mieloma multiplo».
Chi dona agli altri trae beneficio anche per se stesso. Lo studio
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneIl 56,8% dei donatori ha cambiato le proprie abitudini nutrizionali proprio in virtù dell’appartenenza a un’associazione di volontariato. Il 37,8% ritiene anche importante modificare il consumo giornaliero o settimanale di alcolici e il 42,3% del campione ha modificato i propri comportamenti come fumatore. Uno studio del Cergas – Bocconi certifica il positivo ritorno per la collettività dell’appartenenza a un’associazione di volontariato. La ricerca ha preso in esame la più antica associazione del sangue europea, l’Associazione dei Volontari Italiani del Sangue, di cui ricorre quest’anno il 90° anniversario della Fondazione.
L’indagine è contenuta nel libro curato dal presidente di Avis Nazionale Vincenzo Saturni, da Giorgio Fiorentini e da Elisa Ricciuti dell’Università Bocconi che prosegue le ricerche avviate dall’Associazione con la pubblicazione del “Libro Bianco sul sistema trasfusionale” (2014).
“Per quanto il volontariato non sia nella sua essenza quantificabile – ha affermato Saturni – con questa ricerca abbiamo voluto svelare le ricadute positive sanitarie e sociali del volontariato del sangue, frutto anche di una organizzazione attenta, capillare e basata sulla programmazione. Ci auguriamo che questo testo possa fungere da strumento di approfondimento e di lavoro per tutti i soggetti interessati, a partire dai decisori politici ai vari livelli, Governo e Ministeri competenti, Regioni, Enti Locali, per il mondo del volontariato e dell’associazionismo, per gli operatori sanitari del settore trasfusionale e non solo”.
Con il metodo di valutazione del Social Return on Investment (Sroi – Ritorno sociale sugli investimenti), lo studio ha misurato la capacità di AVIS di generare valore socio-sanitario per i propri soci e per la collettività, attraverso la promozione di attività volte ad accrescere le conoscenze, la consapevolezza, la coesione sociale e la salute fisica dei donatori e dei volontari che conducono la loro esperienza di donazione e/o volontariato in seno all’Associazione.
I dati sono stati studiati e ricavati attraverso i questionari compilati da 1.023 donatori distribuiti su 4 sedi campione. In ambito sanitario e di prevenzione, circa il 13% dei donatori ha potuto usufruire di una diagnosi precoce di qualche patologia attraverso i test di qualificazione sierologica e le visite medico specialistiche che precedono la donazione di sangue. Tutto ciò, oltre a informare in anticipo il donatore sulle mutate condizioni di salute, ha comportato anche significativi risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale.
In tema di alimentazione corretta, il 56,8% dei donatori ha cambiato le proprie abitudini nutrizionali. Il 42,3% del campione di studio ha inoltre affermato di aver modificato i propri comportamenti come fumatore, o eliminando del tutto l’abitudine oppure riducendo il consumo giornaliero di sigarette e il 26,2% degli intervistati hanno aumentato le ore settimanali dedicate alla corsa o ad altri sport. Anche il sottogruppo delle persone con più di 40 anni ha modificato questi comportamenti nella misura del 18,4%.
Lo studio ha evidenziato benefici anche in campo relazionale e sociale. Circa il 30% dei donatori volontari ha stretto rapporti interpersonali con altri associati, con una media di 5,1 persone conosciute. Ed è molto alto (circa il 70%) il campione di donatori e volontari Avis che afferma di aver accresciuto il proprio senso di soddisfazione e autorealizzazione dalla partecipazione alle attività dell’associazione.
Un ultimo aspetto che la ricerca ha voluto indagare è l’eventualità che l’esperienza di donazione del sangue possa aver rappresentato l’occasione per sviluppare una maggiore sensibilità nei confronti di altre organizzazioni di volontariato. Dal campione è emerso che il 32% ha rafforzato la propria disponibilità a collaborare per altre Onlus e il 23% a incrementare le erogazioni liberali.
Il fastidio che si prova quando il gesso graffia la lavagna oggi ha un nome: grima
News Presa, Psicologia, Ricerca innovazioneSi chiama ‘grima’ in spagnolo (che significa ribrezzo in italiano) ed è una nuova emozione o forma di malessere momentaneo. È il fastidio che si prova ad esempio quando le unghie o il gesso graffiano la lavagna o quando il coltello “graffia” il piatto. Quel rumore è stato studiato da esperti spagnoli e tedeschi delle Università di Madrid e Konstanz rispettivamente ed è emerso essere una sensazione diversa dal disgusto, sia per il tipo di reazioni che suscita a livello mentale, sia uditivo e anche in parte cutaneo. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology.
Gli esperti, secondo quanto riportato sul magazine britannico New Scientist, hanno analizzato gli effetti indotti sull’organismo da suoni sgradevoli quali appunto il temuto gesso che graffia sulla lavagna, associato generalmente alla sensazione di pelle d’oca. È emerso che le sensazioni provocate sono diverse e distinguibili dal disgusto (una delle emozioni di base già note) e che grima è un’esperienza emotiva che può essere anche controllata e in parte frenata col pensiero, cosa che invece è più difficile fare col disgusto.
Per gli studiosi, l’emozione grima è dovuta al fatto che lo stimolo sonoro scatenante è composto da frequenze acustiche particolarmente irritanti per l’udito umano. Si tratta di una condizione ancestrale, concludono gli autori del lavoro, avvertita universalmente anche da coloro che non hanno nella propria lingua una parola equivalente a quella spagnola per descriverla (ad esempio inglesi e tedeschi). Insomma un malessere che viene avvertito trasversalmente da tutti gli esseri umani, di qualsiasi cultura, ma che può essere allontanato solo attraverso il pensiero.
Papilloma virus, anche in Italia disponibile il vaccino
News Presa, PrevenzioneLa battaglia contro il Papilloma virus è culturale, ma anche clinica. Culturale perché su tratta ancora una volta di scegliere il vaccino come forma di prevenzione, senza lasciarsi influenzare da bufale create ad arte e poi postate sui social. Clinica perché servono le armi adatte a combattere e vincere la guerra. Per questo secondo aspetto sono particolarmente interessanti le novità presto disponibili. E’ infatti arrivato anche in Italia il primo vaccino efficace contro nove tipi di Papilloma virus umano, lo strumento migliore per mettersi al riparo da una malattia infettiva che può portare al tumore anogenitale, il secondo agente patogeno responsabile del cancro a livello globale.
Rendez-vous di esperti
Nei giorni scorsi a Roma durante un convegno organizzato da Msd Italia – presenti istituzioni, associazioni in rappresentanza di varie specializzazioni, dalla pediatria all’ostetricia all’endocrinologia – si è discusso a lungo dell’anti HPV 9-valente, il Gardasil 9 (G9), (pubblicato il 21 febbraio in Gazzetta Ufficiale il decreto di riclassificazione in classe H), vaccino indicato per prevenire le lesioni precancerose, dai tumori del collo dell’utero, vulva, vagina, ano e i condilomi genitali causati da 9 tipi di HPV in maschi e femmine a partire dai 9 anni, come previsto dal nuovo Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 e incluso nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).
Un tema centrale
Nel corso del convegno è intervenuto, tra gli altri, anche il presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli e segretario generale FIMMG (Federazione italiana medici di medicina generale) Silvestro Scotti, secondo cui «il Papilloma virus e gli altri vaccini è un’area su cui dovremmo intervenire in modo più incisivo, contro le paure per le vaccinazioni. Con il nuovo vaccino 9-valente si arriverà a un’efficacia superiore al 90%». In Europa, ogni anno ci sono quasi 40 mila casi di tumori anogenitali, 342 mila casi di lesioni anogenitali di alto grado e 760mila casi di condilomi genitali sono causati dai tipi di Hpv coperti dal vaccino 9-valente. In Italia, si stima che ogni anno l’Hpv sia responsabile di circa 6.500 nuovi casi di tumori in entrambi i sessi, circa 12 mila lesioni anogenitali di alto grado nella donna e circa 80 mila casi di condilomi genitali. A esclusione del cancro della cervice uterina, per il quale esiste lo screening, per gli altri tumori causati da Hpv non si dispone di un test per la diagnosi precoce e, pertanto, essi hanno una mortalità molto elevata in entrambi i sessi. E sempre il segretario FIMMG ha voluto sottolineare «il ruolo indispensabile del medico di famiglia anche per informare i genitori dei bambini, chiarendo dubbi e incertezze. Ma è altrettanto importante un’azione educativa rivolta direttamente a ragazze e ragazzi, laddove l’età lo consenta. Ma ora – conclude Scotti – la presenza in Italia del vaccino anti HPV ci porterà a lavorare in sinergia anche con i pediatri, garantendo un corretto passaggio di informazioni sullo stato vaccinale dei bambini che passano appunto dal pediatra al medico di famiglia».
AIDS: proteina prodotta dalla donna può bloccare l’HIV in tre modi. Lo studio
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneC’è una difesa naturale prodotta dall’organismo della donna contro l’Hiv: è una proteina che potrà rivoluzionare i trattamenti per combattere il virus dell’Aids. La notizia arriva da Sidney. L’arma è la proteina chiamata Interferon epsilon che si trova nel tratto riproduttivo femminile. Gli scienziati della Deakin University di Geelong e dell’Hudson Institute of Medical Research di Melbourne hanno scoperto che essa impedisce al virus di replicarsi e di prendere piede.
Il team di ricercatori, guidati dal virologo Johnson Mak della School of Medicine dell’ateneo, la cui ricerca è pubblicata sulla rivista Immunology and Cell Biology, descrivono la tecnica “intelligente e su più fronti” adottata dalla proteina nel difendere l’organismo dal virus. “L’interferon epsilon è un regolatore del sistema immunitario. Fluttua attraverso il ciclo mestruale ed è un meccanismo naturale che l’organismo usa per proteggere la donna da infezioni”, scrive Mak. “Potenziando i suoi livelli naturali permetterà di prevenire la riproduzione dell’Hiv.
La proteina è intelligente perché interferisce con il ciclo vitale dell’Hiv in fasi differenti”. L’interferon epsilon, spiega il virologo, può indurre il sistema immunitario a creare tre diversi ‘posti di blocco’ sul percorso del virus. Le cellule umane sane senza la proteina sono presto sequestrate per diventare fabbriche superattive del virus, permettendogli di moltiplicarsi. E’ diverso invece per le cellule umane protette dalla proteina, che rendono più difficile l’ingresso del virus. E le cellule che vengono penetrate riescono a fermare il virus dal raggiungere il proprio centro. Se queste due tecniche falliscono, vi è una terza linea di difesa: quando il virus si riproduce, lo fa in versioni difettose, troppo deboli per dominare.
Proteggere le donne dall’infezione da Hiv potrà essere semplice quanto potenziare i livelli della proteina. Tuttavia saranno necessarie ulteriori ricerche per determinare se potrà avere lo stesso effetto sugli uomini. La ricerca interessa, inoltre, anche altre malattie trasmesse sessualmente, come il virus Zika.
Malattie infettive, «la situazione è preoccupante»
News Presa, PrevenzioneSulla meningite si è parlato di «psicosi», ma ora rispetto alle malattie infettive in generale l’allarme è molto concreto. Di quelli da non sottovalutare. Non è un caso che i maggiori esperti del campo si siano ritrovati a Roma, in occasione dell’AHEAD – Achieving Health through Anti-infective Defense – promosso da Msd Italia, con il coinvolgimento di istituzioni (come Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità), autorità regolatorie, associazioni pazienti e clinici.
La previsione
Durante il convegno romano sulla patologie di carattere infettivo, è emerso che entro il 2050 l’antibiotico-resistenza sarà la prima causa di morte al mondo, con 10 milioni di decessi annui. E si è discusso anche dell’epatite C, l’HCV, epidemia mondiale da 180 milioni di persone con l’Italia avanti a tutti in Europa, con un milione di portatori del virus. E se l’Italia si segnala per grande capacità di risposta e innovazione di fronte all’avanzamento delle malattie infettive il prossimo passo concordato nel convegno è l’applicazione uniforme del nuovo Piano di prevenzione vaccinale in tutte le regioni, assicurando a tutti i cittadini l’accesso equo ai vaccini.
Campania ad alto rischio
«In Campania la situazione desta preoccupazione ¬– dice Maria Triassi, presidente della Commissione regionale vaccini – a Napoli ci sono stati 157 casi di morbillo, un indicatore da non sottovalutare, come commissione vaccini stiamo provando ad aumentare il numero di centri vaccinali. Per ora sono pochi e questo disincentiva i genitori alla vaccinazione. Aprendo i centri 5 giorni di mattina e almeno due al pomeriggio, si potrebbe alzare la soglia delle coperture vaccinali».
Piano nazionale
L’uso di farmaci innovativi e il varo, ormai imminente, di un Piano contro la resistenza agli antibiotici, oltre a quello nazionale 2017/19 – già approvato a inizio anno – di prevenzione nazionale sui vaccini. Sono queste le armi che in Campania – e nel resto del Paese – verranno messe in campo contro l’emergenza malattie infettive, di origine batterica e virale. Dall’influenza (5 milioni di italiani colpiti), le polmoniti come conseguenza dell’influenza, poi meningiti, Herpes Zoster. Epatiti B e C, oltre alle infezioni batteriche ultraresistenti, che provocano alla morte del 7-10% dei pazienti. Infine, il papillomavirus, che può causare tumori anogenitali. Malattie infettive che avanzano proprio per la flessione delle coperture vaccinali, e alcune finite addirittura sotto alla soglia di sicurezza del 95%. Maria Triassi sottolinea anche la resistenza agli antibiotici, uno dei grandi problemi relativi alle malattie infettive (4 mln di infezioni che generano 37 mila decessi annui). Il ricorso agli antibiotici aumenta le resistenze, ci vuole una grande campagna di informazione, fermare l’autoprescrizione, incidere sul ruolo dei medici di medicina generale».