Tempo di lettura: 2 minutiNel nostro Paese si registra una “epidemia” di epatite A tra gli uomini omosessuali, con un aumento significativo di casi negli ultimi 7 mesi. A diffondere l’allerta è l’Istituto superiore di sanità (Iss), che identifica tra le possibili cause anche l’Europride tenutosi ad Amsterdam lo scorso agosto, possibile ‘veicolo’ che ha facilitato la diffusione del virus. L’Iss ha pubblicato uno speciale sul sito Epicentro, dove avverte anche del rischio che l’epidemia, se non sarà cessata a quella data, potrebbe ampliarsi per effetto del prossimo World Pride di Madrid in programma per il prossimo giugno. Da qui un forte invito ad incentivare la vaccinazione nella comunità gay. A partire dal mese di agosto 2016, afferma l’Iss su Epicentro, “in Europa e nel nostro Paese, si è registrato un importante incremento dei casi di Epatite A, che da dicembre 2016 ha avuto un’ulteriore impennata”.
In Italia, nel periodo agosto 2016-febbraio 2017, sono stati riportati al Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta 583 casi. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente si tratta di un numero di quasi 5 volte maggiore . L’età mediana è di 34 anni e l’85% dei casi è di sesso maschile. Oltre ai fattori di rischio classicamente riconosciuti come viaggi in zone endemiche e consumo di frutti di mare, rileva l’Iss, “un’alta percentuale dei casi (61%) dichiara preferenze omosessuali”. In particolare emerge, da un confronto regionale, che nei primi mesi epidemici, il maggior incremento di casi era stato osservato nel Lazio. In seguito un incremento dei casi, rispetto all’atteso, è stato riscontrato anche in altre Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Puglia). Secondo quanto riporta il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), tra febbraio 2016 e febbraio 2017, in 13 Paesi europei sono stati confermati 287 casi di Epatite A e tre diversi cluster di infezione. Anche a livello europeo la maggioranza dei pazienti sono omosessuali e tra i casi vi è una sola donna. Tuttavia, nonostante l’epidemia coinvolga più Paesi, avverte l’Iss, “l’Italia si presenta come lo Stato europeo con il più evidente eccesso di casi”. Un aspetto da considerare è che i quattro ceppi descritti in Europa non sono mai stati osservati in Italia prima di agosto 2016. Da qui, l’Iss sottolinea come “la partecipazione di circa mezzo milione di persone all’Europride di Amsterdam il 29 luglio-6 agosto 2016 potrebbe aver giocato un ruolo nell’amplificazione di micro-epidemie esistenti nella comunità omosessuale di alcuni Paesi europei (Regno Unito, Olanda e Germania) e la conseguente diffusione dei ceppi negli altri Paesi, inclusa l’Italia”.
Appare quindi “evidente”, è il monito dell’Iss, “la necessità di ribadire che la vaccinazione è fortemente raccomandata per gli omosessuali e che quindi è necessario promuovere un’offerta attiva e gratuita della vaccinazione contro l’epatite A (o se necessario utilizzare vaccini combinati contro l’epatite A e B), attraverso il coinvolgimento di associazioni specifiche, o altri canali target per questa popolazione”. Questo, conclude l’Iss, anche alla luce del prossimo World Pride che si terrà a Madrid, tra il 23 giugno e il 2 luglio 2017, evento che “potrebbe rappresentare un rischio di ulteriore amplificazione se l’epidemia fosse ancora in corso nella comunità omosessuale”.
Disfunzione erettile e farmaci, ecco cosa si dovrebbe sapere
Farmaceutica, News PresaSei uomini su dieci fanno uso di farmaci per combattere la disfunzione erettile, molti però non seguono alcuna indicazione medica. L’allarme sulle «pillole dell’amore» arriva da uno studio presentato in occasione dell’ultimo congresso dell’European Association of Urology, studio realizzato analizzando il comportamento di circa 1.000 uomini residenti in sette Paesi europei (Italia compresa) che fanno uso di farmaci contro l’impotenza. I dati svelano un mondo del quale si parla poco, fatto di medicina fai da te e di rischi per la salute.
Acquisti on line
Sono addirittura 180 milioni le sexypillole vendute nell’ultimo anno in Europa e la cosa più preoccupante è il dilagante fenomeno dell’acquisto on line e fai da te. Sei uomini su dieci, come detto, usano farmaci per l’impotenza, ma lo fanno senza aver avuto una diagnosi né, in molti casi, una prescrizione da parte del medico. Ecco perché si arriva a contare oltre 100 milioni di pillole acquistate senza ricetta, circa 3 milioni e mezzo addirittura comprate nei sexy shop. L’Erectile dysfunction european users survey (Edeus), coordinato dal professor Emmanuele A. Jannini dell’Università di Roma Tor Vergata, svela un mondo scioccante, un mondo nel quale soltanto 4 uomini su 10 possono essere ricondotti alla categoria dei «pazienti», gli altri sono invece dei «performers» che usano le pillole non per combattere l’impotenza ma per migliorare le prestazioni sotto le lenzuola.
Il rischio del fai da te
Il pericolo però è altissimo, perché chi ammette di acquistare le pillole dell’amore on line o da canali diversi dalla farmacia, ne fa un uso «ricreativo» che però è meno soddisfacente ed efficace oltre che dannoso. Le conseguenze possono essere molto gravi, perché in queste pillole non acquistate in farmacia possono essere presenti impurità, tossici o, nella migliore delle ipotesi, dosaggi sbagliati che incrementano il pericolo di eventi avversi. Oltre a chi cerca performance super c’è poi chi si vergogna di risolvere il problema consultando un medico, a dimostrazione che in una società che pare lanciata verso il futuro la sessualità per molti resta un tabù.
I big data, fonte preziosa per la ricerca. Task force di Ema
Associazioni pazienti, Farmaceutica, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneUna task force stabilirà roadmap e raccomandazioni per l’utilizzo dei big data. La Task Force nasce da Ema con le autorità competenti regolatorie dello Spazio economico europeo (SEE), per stabilire come sfruttare i big data a favore del sostegno alla ricerca, all’innovazione e allo sviluppo di farmaci per la salute umana e animale.
Si parla di Big Data quando si ha un quantità di dati talmente grande da richiedere strumenti non convenzionali per estrapolare, gestire e processare informazioni utili.
I dati potranno provenire sia dalle cartelle cliniche elettroniche di milioni di pazienti e dalla genomica, ma anche dai social media, da studi clinici o rapporti di reazioni avverse spontanee e così via.
La loro grande quantità può contribuire in modo significativo alla valutazione dei benefici e dei rischi dei medicinali.
La task force, presieduta dal Danish Medicines Agency ed Ema, è composta da personale esperto di farmaci delle agenzie di regolamentazione nel SEE e da esperti esterni nella raccolta e analisi dei big data.
Il gruppo ha concordato una serie di azioni per i prossimi 18 mesi, tra cui:
– fonti di mappatura e caratteristiche dei grande dati;
– esplorazione del potenziale di applicabilità e dell’impatto dei big data sulla regolamentazione dei farmaci e lo sviluppo di raccomandazioni sulle modifiche necessarie a legislazione, normative, direttive o disposizioni anche di sicurezza dei dati;
– creazione di una tabella di marcia per lo sviluppo di big data per la valutazione delle richieste di autorizzazione all’immissione in commercio o di sperimentazioni cliniche rivolte alle autorità nazionali competenti;
– collaborazione con altre autorità di regolamentazione e partner al di fuori del SEE (FDA, Health Canada, International Coalition of Medicines Regulatory Authorities ecc.) per uno scambio di esperienze e sull’utilizzo dei big data.
Epatite A, casi quintuplicati, boom tra gli omosessuali. Iss: ‘vaccinare’
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneNel nostro Paese si registra una “epidemia” di epatite A tra gli uomini omosessuali, con un aumento significativo di casi negli ultimi 7 mesi. A diffondere l’allerta è l’Istituto superiore di sanità (Iss), che identifica tra le possibili cause anche l’Europride tenutosi ad Amsterdam lo scorso agosto, possibile ‘veicolo’ che ha facilitato la diffusione del virus. L’Iss ha pubblicato uno speciale sul sito Epicentro, dove avverte anche del rischio che l’epidemia, se non sarà cessata a quella data, potrebbe ampliarsi per effetto del prossimo World Pride di Madrid in programma per il prossimo giugno. Da qui un forte invito ad incentivare la vaccinazione nella comunità gay. A partire dal mese di agosto 2016, afferma l’Iss su Epicentro, “in Europa e nel nostro Paese, si è registrato un importante incremento dei casi di Epatite A, che da dicembre 2016 ha avuto un’ulteriore impennata”.
In Italia, nel periodo agosto 2016-febbraio 2017, sono stati riportati al Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta 583 casi. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente si tratta di un numero di quasi 5 volte maggiore . L’età mediana è di 34 anni e l’85% dei casi è di sesso maschile. Oltre ai fattori di rischio classicamente riconosciuti come viaggi in zone endemiche e consumo di frutti di mare, rileva l’Iss, “un’alta percentuale dei casi (61%) dichiara preferenze omosessuali”. In particolare emerge, da un confronto regionale, che nei primi mesi epidemici, il maggior incremento di casi era stato osservato nel Lazio. In seguito un incremento dei casi, rispetto all’atteso, è stato riscontrato anche in altre Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Puglia). Secondo quanto riporta il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), tra febbraio 2016 e febbraio 2017, in 13 Paesi europei sono stati confermati 287 casi di Epatite A e tre diversi cluster di infezione. Anche a livello europeo la maggioranza dei pazienti sono omosessuali e tra i casi vi è una sola donna. Tuttavia, nonostante l’epidemia coinvolga più Paesi, avverte l’Iss, “l’Italia si presenta come lo Stato europeo con il più evidente eccesso di casi”. Un aspetto da considerare è che i quattro ceppi descritti in Europa non sono mai stati osservati in Italia prima di agosto 2016. Da qui, l’Iss sottolinea come “la partecipazione di circa mezzo milione di persone all’Europride di Amsterdam il 29 luglio-6 agosto 2016 potrebbe aver giocato un ruolo nell’amplificazione di micro-epidemie esistenti nella comunità omosessuale di alcuni Paesi europei (Regno Unito, Olanda e Germania) e la conseguente diffusione dei ceppi negli altri Paesi, inclusa l’Italia”.
Appare quindi “evidente”, è il monito dell’Iss, “la necessità di ribadire che la vaccinazione è fortemente raccomandata per gli omosessuali e che quindi è necessario promuovere un’offerta attiva e gratuita della vaccinazione contro l’epatite A (o se necessario utilizzare vaccini combinati contro l’epatite A e B), attraverso il coinvolgimento di associazioni specifiche, o altri canali target per questa popolazione”. Questo, conclude l’Iss, anche alla luce del prossimo World Pride che si terrà a Madrid, tra il 23 giugno e il 2 luglio 2017, evento che “potrebbe rappresentare un rischio di ulteriore amplificazione se l’epidemia fosse ancora in corso nella comunità omosessuale”.
Scoperta la chiave dell’eterna giovinezza. Si interessa anche la NASA
News Presa, Ricerca innovazioneSconfiggere i segni dell’età, anzi restare giovani in eterno. E’ il sogno dell’uomo sin dai primi esperimenti alchemici. Oggi questo sogno sembra un po’ più vicino, ma non per merito di una pozione magica o di un elisir. Stavolta parlano gli scienziati. Pubblicato sulla prestigiosa rivista «Science», lo studio in questione arriva dall’Australia e identifica un passaggio fondamentale nel processo molecolare che permette alle cellule di riparare il Dna danneggiato.
Verso un trial clinico
In laboratorio gli scienziati australiani hanno trovato la «chiave» che permetterebbe di arrivare a un farmaco rivoluzionario. Un farmaco non solo capace di invertire l’invecchiamento, ma anche di migliorare il processo di riparazione del Dna. Gli esperimenti condotti dal team dell’University of New South Wales suggeriscono, infatti, che è possibile mettere a punto un trattamento per contrastare i danni al Dna da invecchiamento e radiazioni. I risultati di questa ricerca sarebbero tanto promettenti da accelerare i tempi per un trial nell’uomo, che dovrebbe partire entro sei mesi.
L’interesse della NASA
Non bastasse la portata della notizia, a rendere ancor più pepata questa news ci sarebbe, il condizionale è d’obbligo, anche l’interesse della NASA, convinta che la scoperta possa essere determinante per la realizzazione di una missione su Marte. Il meccanismo che sfrutta questa scoperta riguarda il nostri modo di riparare i danni al Dna, che si verificano, ad esempio, ogni volta che ci esponiamo al sole. Gli scienziati hanno scoperto che il metabolita Nad+, naturalmente presente in ogni cellula del nostro corpo, ha un ruolo fondamentale come regolatore delle interazioni proteina-proteina che controllano la riparazione del Dna. Trattare i topi con un Nad+ precursore, un booster chiamato Nmn, migliora la capacità delle cellule di riparare i danni al Dna causati da esposizione alle radiazioni o dalla vecchiaia. «Le cellule dei topi erano indistinguibili da quelle degli animali giovani, dopo una sola settimana di trattamento – ha detto l’autore dello studio David Sinclair -. Siamo vicini come non mai a un farmaco anti-invecchiamento sicuro ed efficace, che forse sarà disponibile sul mercato fra solo 3-5 anni, se i test andranno bene». Non resta che aspettare e stare a vedere.
Diecimila passi? Per restare in salute non bastano più
News Presa, Prevenzione«Dimmi quanto cammini e ti dirò come stai». Sono molte le App dedicate alla salute che, grazie ad un contapassi, ci aiutano a stare in forma. La cattiva notizia è che siamo diventati così pigri da costringere i programmatori a modificare le impostazioni del benessere. Stando ad un recentissimo studio, che ha aggiornato le conclusioni del London Transit Workers Study, oggi come oggi per mantenersi davvero in forma non bastano più i soliti 10mila passi al giorno (e già quelli erano un obiettivo che in molti non raggiungevano) di passi ne servono 15mila.
La ricerca
Pubblicata sull’International Journal of Obesity e ripresa dal New York Times, la ricerca è firmata dagli studiosi dell’University of Warwick (Gb) e da altre istituzioni, che hanno deciso di monitorare un gruppo lavoratori che ogni giorno accumulano ore di cammino o alla scrivania. Questa volta sono finiti sotto la lente i dipendenti delle poste di Glasgow. «Solitamente – spiegano i ricercatori – questi postini scozzesi coprono il loro territorio a piedi, non in auto o moto, e passano molte ore a camminare. Al contrario dei loro colleghi amministrativi, che come tutti i dipendenti d’ufficio passano ore e ore seduti». Il netto contrasto tra lo stile di vita delle due tipologie dei lavoratori ha gettato nuova luce sul legame tra attività fisica e salute. Il team ha arruolato 111 fra postini e dipendenti delle Poste, uomini e donne, di 40-60 anni.
Nessuno aveva una storia personale di cardiopatia.
I ricercatori hanno misurato indice di massa corporea, girovita, livelli di zucchero e colesterolo del campione, tracciando poi l’attività fisica accumulata nelle ore di lavoro e non, e anche nel fine settimana, grazie a dispositivi ad hoc. Così gli studiosi hanno compreso quanto movimento faceva ogni volontario in termini di passi accumulati ogni giorno. I lavoratori che sedevano per la maggior parte della giornata avevano un girovita più largo, un Bmi (indice di massa corporea) più alto, profili di colesterolo e glicemia peggiori di quelli dei colleghi più attivi. Vedendo così aumentare i rischi per la salute del loro cuore. I più pigri – in media seduti anche 15 ore al giorno – stavano peggio. Non solo, i maggiori benefici si sono visti in chi faceva più attività fisica. I postini che camminano più di 3 ore al giorno, totalizzando almeno 15 mila passi, sono risultati i più sani. Insomma, secondo i ricercatori è bene tenere a mente l’effetto potente della camminata, che può essere anche frazionata nel corso della giornata. Per stare bene occorre darsi una mossa, e accumulare almeno 15 mila passi al giorno.
Scottature solari, alcune possono provocare il melanoma
News Presa, Prevenzione«E solo una scottatura». Chi al mare non ha mai detto almeno una volta questa frase? Purtroppo, però, per molti non è così. Le bruciature solari prese da piccoli possono infatti favorire l’insorgere, anni dopo, di un melanoma. Questa forma di tumore è molto aggressiva e, se non viene presa in tempo, è letale. Tra le regioni che stanno registrando un forte aumento delle diagnosi c’è la Campania, e più in generale al Sud. «Tuttavia – spiega Gabriella Fabbrocini, docente di dermatologia e venereologia della Federico II di Napoli – la qualità della nostra pelle ci regala le difese naturali dai raggi solari.
Le regole della protezione
Questo non significa che non vadano rispettate le regole di una corretta protezione, soprattutto per i più piccoli. Nessuna esposizione diretta per i neonati sino ai sei mesi, cappellini, magliette, una crema solare adatta al fototipo dei bambini, che li faccia abbronzare ma senza scottarsi. Soprattutto sulla fascia d’età dai 10 anni in poi è importante fare prevenzione. Un tema del quale si è discusso di recente a Roma in occasione della presentazione dei risultati de «Il sole per amico», la più grande campagna di prevenzione primaria sul melanoma mai realizzata in Italia. «L’iniziativa – spiegano gli organizzatori – è stata promossa due anni fa da Imi-Intergruppo melanoma italiano, con la collaborazione del ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e il patrocinio del ministero della Salute e dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e resa possibile grazie a un’erogazione di Merck & Co, tramite della consociata italiana Msd.
Il sole per amico
l fulcro della campagna è stato un progetto educazionale sulla corretta esposizione al sole per gli alunni delle scuole primarie e le loro famiglie, che nell’arco di due anni scolastici ha coinvolto 300 scuole di 11 regioni, circa 50mila alunni e oltre 4mila docenti. Nell’ambito del progetto, Imi e Gised-Gruppo italiano studi epidemiologici in dermatologia hanno condotto uno studio epidemiologico su oltre 12 mila bambini e le rispettive famiglie. Due concorsi, inoltre, hanno coinvolto migliaia di bambini nella realizzazione di disegni, temi, recite ispirati ai contenuti della campagna. Sui risultati della campagna, circa l’85% del campione utilizza qualche volta o sempre creme solari, il 73,5% il cappellino, il 73,6% la maglietta, il 54,2% gli occhiali da sole. Resta quindi un pezzo di popolazione, uno zoccolo duro del 15% che persevera in comportamenti non adeguati, che mettono in pericolo la vita dei bambini.
Tumore al seno, sempre più le donne colpite
News Presa, PrevenzionePer le donne italiane, purtroppo, ammalarsi di tumore al seno è una possibilità molto concreta. Stando ai dati diffusi nel corso del «Breast Journal Club», convegno sul tema dell’importanza della ricerca in oncologia, nel 2016 ci sono state ben 2mila diagnosi in più di questo tipo di tumore. Questa però non deve essere letta come una condanna, gli stessi dati dimostrano infatti che i decessi collegati a questo tumore sono in costante diminuzione. Soprattutto se la malattia è intercettata precocemente. Non a coso i migliori risultati stanno arrivando nella fascia d’età tra i 50 e 69 anni (-1,9% ogni anno), perché a queste donne è indirizzato lo screening mammografico. È la dimostrazione dell’efficacia di questi programmi che in alcune regioni stanno coinvolgendo anche le over 45, estendendo così il target di riferimento. Quando la malattia è individuata il fase precoce, infatti, le guarigioni superano il 90%.
Guarire si può
«Grazie alla mammografia e alle terapie innovative otto italiane su dieci colpite da cancro del seno riescono a sconfiggerlo – spiega Stefania Gori, direttore dell’oncologia medica dell’ospedale Don Calabria Negrar di Verona -. Il 45% delle italiane però non si sottopone ad esami in grado di diagnosticare precocemente la malattia. Forti sono le differenze tra le varie regioni.
La Campania in ritardo
In Campania si registra una delle percentuali più basse di adesione e ben il 63% delle donne non esegue questo test salvavita. Michele De Laurentiis, direttore dell’Unità operativa complessa di oncologia senologica del Pascale spiega che oggi, rispetto a pochi anni fa, si conoscono meglio i meccanismi biologici che sono alla base dei tumori. «Le terapie – dice – sono sempre più mirate contro le cellule cancerogene e meno tossiche per il resto dell’organismo. Questi farmaci innovativi si aggiungono alle varie armi già a disposizione dell’oncologo come chemioterapia, radioterapia o ormonoterapia.
Un nemico da conoscere
Il tumore del seno è la patologia oncologica più frequente tra le donne italiane di ogni fascia d’età. Il tasso di sopravvivenza, a cinque anni dalla diagnosi, nel 2016 ha raggiunto l’85,5%. Come per altre neoplasie si tratta di un dato superiore alla media europea che si ferma invece all’81,8%. Siamo quindi di fronte all’ennesima dimostrazione dell’ottimo livello raggiunto dall’oncologia italiana che riesce a primeggiare nel Vecchio Continente nonostante sprechi, disorganizzazioni e lungaggini burocratiche che ancora contraddistinguono il nostro sistema sanitario nazionale. Per accorgersi di un problema a volte basta veramente poco. La visita periodica dal senologo non è necessaria per le donne più giovani, ma è sufficiente effettuare con regolarità l’autopalpazione del seno (una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo) e rivolgersi al proprio medico di base e al ginecologo per i controlli. In caso di dubbio è proprio il medico generico o il ginecologo a consigliare una visita senologica specialistica durante la quale, grazie anche ad altri esami quali l’ecografia, è possibile distinguere tra patologie maligne e benigne del seno e se necessario, impostare la terapia più corretta. La visita annuale è fortemente consigliata dopo i 40 anni, mentre dopo i 50 è necessaria anche la mammografia.
Ecco perché gli Tsimane hanno un cuore d’acciaio
Alimentazione, News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazione, SportMangiano poca carne e fanno 17mila passi al giorno. La popolazione degli Tsimane, 16mila persone in tutte, che vive nelle foreste della Bolivia, sono da ora in testa nella classifica mondiale delle persone che hanno il piu’ alto livello di salute cardiaca mai registrata fra altre popolazioni. A sancirlo è uno studio pubblicato sulla rivista Lancet, presentato all’American College of Cardiology. Si avvicinano a questi risultati registrati solo le donne giapponesi. Questo studio e’ stato condotto su un gruppo di 705 persone. Gli studiosi sono andati a cercare le calcificazione nelle arterie: a 45 anni quasi nessuno aveva questi segni, mentre negli Stati Uniti ne soffre una persona su 4. Anche con l’avanzare dell’età i risultato sono sorprendenti: i due terzi di questa popolazione non ne soffre contro l’80% degli americani. Il segreto è legato al loro stile di vita, diametralmente opposto a quello delle civilta’ occidentali industriali, ma per gli autori dello studio restano comunque un buone esempio da studiare e seguire. Prima di tutto, alla base della loro alimentazione c’e’ poca carne (il 17% della dieta è un mix tra carni di cinghiale, tapiro e capibara), c’è il pesce (7%) e tutto quello che arriva dall’agricoltura locale: mais, radici di manioca e platano e riso, oltre che frutta e noci. Ma soprattutto, c’e’ anche tanto movimento: 17 mila passi al giorno e 16 mila per le donne. Ma anche gli anziani camminano molto: oltre 15mila. Infine è molto poco diffuso il fumo, ma un numero maggiore di infezioni. In che modo ognuno di questi elementi incida sulla loro salute è ancora da determinare, spiegano i ricercatori, ma da ora in poi le abitudini della popolazione Tsimane diventeranno un laboratorio di ricerca per la salute cardiovascolare. L’obiettivo è capire come è possibile migliorare e quali sono gli elementi che incidono maggiormente.
Da oggi la ginnastica si fa in vasca (da bagno)
News Presa, Prevenzione, SportSecondo la scienza il bagno caldo è un vero toccasana, con effetti benefici comparabili a quelli dell’attività fisica. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Temperature e condotto presso la Loughborough University in Gran Bretagna.
I ricercatori hanno dimostrato, al termine di uno studio, che un bagno caldo (40 gradi) di un’ora ha effetti comparabili a quello di un giro in bici di pari durata per il controllo della concentrazione di zucchero nel sangue. In particolare consente di bruciare tante calorie (140 circa) quante vengono bruciate da una camminata di mezz’ora.
In particolare gli esperti hanno visto che le due attività, passiva e rilassante la prima, attiva e anche un po’ faticosa la seconda, hanno effetti simili a livello metabolico. In entrambi i casi la temperatura corporea sale di un grado, migliora il controllo dello zucchero nel sangue, si bruciano calorie. Con la bici se ne un po’ di più, ma l’effetto del bagno sulle calorie è comunque considerevole.
Ma il risultato sorprendente è stato che il bagno caldo è risultato più efficace della bici nel limitare il picco glicemico tipico del dopo pranzo.
Anche a livello della risposta anti-infiammatoria bagno caldo ed esercizio fisico sortiscono un effetto simile, suggerendo che fare bagni caldi può contribuire a ridurre l’infiammazione cronica che è tipica proprio di malattie quali il diabete.
Per concludere, in un altro studio pubblicato sul Journal of Applied Phisiology lo stesso gruppo di ricerca ha dimostrato che il calore passivo (come quello appunto di un bel bagno caldo) stimola nell’organismo la produzione di ‘ossido di azoto’, una sostanza naturale che abbassa la pressione del sangue ed è fondamentale per proteggere i vasi sanguigni. Quindi il calore potrebbe rappresentare un buon rimedio per i diabetici che hanno sempre una carenza di ossido di azoto e tendono ad avere problemi circolatori.
Calano vittime tumori per la prima volta, grazie alla prevenzione
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneSuccede per la prima volta: i morti nel corso di un anno a causa di un tumore diminuiscono invece di aumentare. Nel 2013 i decessi sono stati 1134 in meno rispetto all’anno precedente. Sicuramente ha influito una maggiore prevenzione e più adesione alle campagne di screening così il maggiore utilizzo di terapie sempre più precise e mirate. A fare il punto è l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) con un convegno ospitato presso il Ministero della Salute. Nonostante il numero di nuove diagnosi sia in continuo aumento, migliorano le aspettative di vita dei malati di cancro. Secondo gli ultimi dati Istat disponibili in merito, nel 2013 le morti registrate sono state 176.217 rispetto alle 177.351 del 2012.
“In diciassette anni, dal 1990 al 2007, i cittadini che hanno sconfitto il cancro nel nostro Paese sono aumentati del 18% (uomini) e del 10% (donne)”, afferma Carmine Pinto, presidente AIOM. Merito anche dell’oncologia di precisione, che individua le singolarità genetiche dei diversi tumori. “Oggi – prosegue Pinto – sappiamo che la malattia si sviluppa e progredisce diversamente in ogni persona. Perché il paziente possa ricevere una terapia di precisione è necessaria una diagnosi con test specifici” da eseguire in “laboratori di qualità”. Così si possono mettere a punto trattamenti a bersaglio molecolare che agiscono su specifiche alterazioni a carico del DNA della cellula tumorale. Un caso esemplare è quello del melanoma che fa registrare ogni anno nel nostro Paese quasi 14mila nuovi casi. “Il 50% dei pazienti con questo tumore della pelle – sottolinea Paola Queirolo, responsabile del Disease Management Team Melanoma e Tumori cutanei all’IRCCS San Martino di Genova – presenta la mutazione del gene BRAF-V600. Prima dell’arrivo di queste armi innovative, in pazienti in stadio avanzato il tasso di mortalità a un anno dalla diagnosi era del 75%, adesso le percentuali si sono invertite: sono vivi a un anno il 75% dei malati e con molti meno effetti collaterali”.
Per la prima volta AIOM ha costituito un tavolo di lavoro permanente sull’oncologia di precisione con la Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia. “La collaborazione tra oncologo e patologo è fondamentale per realizzare un approccio personalizzato alla cura del paziente. Da più di 10 anni – spiega Paolo Marchetti, direttore di Oncologia Medica all’Ospedale Sant’Andrea di Roma – abbiamo unito gli sforzi per redigere le raccomandazioni che permettono di definire con precisione le caratteristiche biologiche di cinque tipi di cancro: al seno, al colon-retto, al polmone, allo stomaco e il melanoma”. Fondamentale nell’approccio multidisciplinare, è anche la figura del medico di base. I tumori, infatti, specifica Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), “stanno diventando sempre più patologie croniche con cui i pazienti possono convivere a lungo. Questo si traduce in una presa in carico crescente da parte dei medici di famiglia”. Nel nostro Paese, infatti, ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi di tumore. Ma se nel 2015 quelle vive dopo una diagnosi, in alcuni casi guarite in altre in cura, erano poco più di 3 milioni (il 4,9% della popolazione), nel 2016 sono state oltre 3 milioni e 100mila (5%). Per spiegare ai pazienti le novità costituite dall’oncologia di precisione, Aiom ha distribuito in tutte le oncologie italiane, grazie al contributo di Novartis, un fumetto che vede protagonisti il presidente Aiom Pinto e il campione del mondo di motociclismo Jorge Lorenzo.