Tempo di lettura: 3 minutiDiete estreme. Così le definisce la Sid, la Società italiana di Diabetologia. Sul web vengono proposte con leggerezza anche ai pazienti diabetici. Tra le più note, analizzate anche in un recente documento della Sid, ce ne sono quattro: vegetariana, vegana, chetogenica (pochissimi carboidrati e molti grassi) e paleolitica (iperproteica). Tuttavia le diete consigliate ai pazienti sia dall’Ada (l’American diabetes association), sia dall’Easd (la società europea per lo studio del diabete) si basano su: un mix di alimentazione a base vegetale e dieta mediterranea, con una preferenza per alimenti integrali ricchi di fibre e con basso indice glicemico. L’unica certezza insomma è la dieta mediterranea, che ha dimostrato effetti positivi sul controllo del diabete, riducendone l’incidenza fino al 52%, e sul rischio cardiovascolare.
In generale, la dieta sempre più spesso viene intrapresa più per un fatto estetico che di salute. Tra le più in voga e forse tra le più pericolose ci sono la dieta chetogenica e la paleolitica che però sono diverse tra loro, pur avendo alcuni tratti in comune. La prima ha pochi carboidrati e un alto contenuto di grassi e induce una chetosi fisiologica (che potrebbe essere pericolosa per i diabetici, in particolare per chi fa terapia insulinica). La paleolitica è più ricca di proteine e non si sa nel lungo periodo quanto possa danneggiare la funzione renale, visto che non ci sono studi precisi.
La dieta chetogenica: prevede l’eliminazione completa degli zuccheri dall’alimentazione, per un breve periodo. Alla ricerca di fonti alternative di energia, l’organismo inizia a bruciare i grassi e produce nel fegato delle sostanze chiamate “corpi chetonici”, come il beta-idrossibutirrato, l’acido acetacetico e l’acetone. Quest’ultimo ricorda soprattutto i bambini, infatti è un disturbo metabolico passeggero che può venire da una febbre o da un digiuno più lungo (esempi “naturali” di dieta chetogenica).
La produzione di chetoni è una specie di piano di emergenza, che serve a fornire nuovo carburante al cervello quando si trova a secco di glucosio.
Insomma, la dieta chetogenica, in realtà può essere considerata alla stregua di un farmaco e per questo non dovrebbe essere intrapresa senza la supervisione di un medico.
In quali casi è indicata
Per la sua fisiologica azione a livello del sistema nervoso centrale, è indicata per i casi di epilessia resistente ai farmaci, mentre nuovi studi starebbero valutando la sua possibile applicazione nel campo delle malattie neurodegenerative, come il Parkinson e l’Alzheimer.
Gli esperti ADI ricordano anche il suo utilizzo nei casi gravi di obesità o di obesità refrattaria, ad esempio nei pazienti che devono perdere velocemente peso per sottoporsi ad un intervento chirurgico oppure per prepararsi alla chirurgia bariatrica.
Paleolitica (iperproteica)
A volte viene intrapresa per moda o per sentito dire, ma quasi sempre senza conoscerne i rischi. Cosa succede all’organismo quando si segue una dieta dimagrante senza carboidrati e con troppe proteine? Eliminando i glucidi insorge la chetosi: il corpo, a “corto” di zuccheri nel sangue, compensa questo stato con un aumento di corpi chetonici, con possibile conseguente acidosi metabolica che può portare danni ai reni formando, per esempio, dei calcoli. Ecco perché quando si segue questa dieta si consiglia di bere molto. Se poi non si assumono carboidrati l’organismo è costretto ad attaccare le riserve di glucosio che si trovano in particolare nel fegato e nei muscoli, e ad affaticare ancora una volta i reni.
Uno studio di pochi anni fa, afferma che una dieta ricca di proteine fa male come fumare 20 sigarette al giorno. Secondo lo studio dell’Università dalla California del Sud e pubblicato sulla rivista scientifica Cell., una dieta che comprenda molte proteine aumenta di quattro volte il rischio di morte per cancro e altre malattie.
Se basata su carne rossa, infine, la dieta iperproteica oltre ad aumentare la possibilità di sviluppare tumori (l’AIRC consiglia di eliminare salumi, insaccati e carne in scatola e di mangiare carne rossa massimo una o due volte a settimana) come si legge su Reader’s Digest può provocare alitosi, cattivo umore, stanchezza mentale, rabbia, stipsi e sete continua. Meglio, quindi, privilegiare carni bianche o seguire una dieta iperproteica vegetariana.
Le false credenze
La dieta iperproteica è molto in voga tra chi vorrebbero aumentare la propria massa muscolare. Tuttavia, se si mangia una grande quantità di proteine subito dopo un allenamento, non vuol dire che il corpo sia in grado di assorbirle tutte. Insomma abbondare con le proteine non è sempre una buona idea. Il corpo ne riesce ad assorbire circa 20 gr alla volta, quelle extra quindi è probabile che vengano immagazzinate sotto forma di grasso.
Lo shake proteico
I frullati proteici sono comodi, veloci da preparare e facili da assorbire, ma sono solo dei supplementi. Insomma il frullato proteico non è ideale all’ ora di pranzo.
Non è vero che più proteine si mangiano, meglio è. È necessario sapere quante proteine si dovrebbero consumare con l’aiuto di un medico o un esperto e ripartirle equamente durante il giorno. Ogni dieta incide sullo stato di salute, ecco perché “siamo ciò che mangiamo.
Promuiviamo salute
Prevenzione e vaccinazione. La longevità si conquista.
AnzianiNon si tratta della buona sorte o del risultato del progresso scientifico: una vita lunga e in buona salute è una conquista personale. Sulla longevità, la genetica incide non più del 20-25 per cento. Insomma, ogni persona può fare moltissimo per vivere a lungo e in salute, fisica e mentale. La prevenzione parte da semplici e spesso impegnativi comportamenti quotidiani.
Non solo. Vaccinarsi è il più semplice e potente strumento per un invecchiamento in salute: consente di contrastare le malattie infettive più temibili nella terza età – influenza, polmonite pneumococcica e Fuoco di Sant’Antonio – ed i rischi ad esse correlati.
Se ne parlerà al Teatro Massimo di Palermo il 9 ottobre. Italia Longeva riunirà cittadini, esperti e testimonial per un confronto sull’importanza della prevenzione, come presupposto della longevità. “Un talk show – si legge nella nota – per imparare insieme a vivere da protagonisti il passare degli anni ed essere consapevoli delle opportunità di immunizzazione oggi disponibili in Sicilia, regione fra le più sensibili al tema della salute degli anziani e fra le prime ad aver introdotto la gratuità dei vaccini per gli over 65”. Saranno presenti Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva e direttore del dipartimento di Geriatria della Fondazione Universitaria Policlinico A. Gemelli, la giornalista Marina Turco e il giornalista e scrittore Roberto Alajmo, l’assessore regionale alla salute Baldassare Gucciardi, il direttore regionale del Ministero della Salute Claudio Pulvirenti, il direttore dell’Osservatorio epidemiologico regionale Salvatore Giglione ed altri rappresentanti delle istituzioni sanitarie e della comunità medico-scientifica. L’appuntamento è aperto a tutti i cittadini e si concluderà con un momento conviviale. Sul sito è possibile scaricare il programma e iscriversi all’evento.
promuoviamo salute
Taxi, corse gratis per chi dona il sangue al Cardarelli
News Brevi, News PresaI tassisti napoletani si mettono al servizio della città e di chi ha più bisogno con un’iniziativa di solidarietà che a Napoli non ha precedenti. Per cercare di far fronte all’emergenza sangue che mette a rischio le terapie trasfusionali, domenica 8 ottobre dalle 9 alle 12 le corse per i donatori saranno gratuite. Per l’occasione, infatti, i tassisti guidati da Nino Castagner tassista youtuber napoletano, mettono a disposizione il servizio gratuito per coloro che vorranno realizzare questo gesto di solidarietà. Due auto da otto posti partiranno da piazza Dante e accompagneranno i donatori al Centro trasfusionale del Cardarelli per poi riportarli indietro a donazione avvenuta. L’iniziativa è stata voluta dalla direzione strategica dell’Azienda ospedaliera, in collaborazione con il Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale diretto dalla dr.ssa Maria Criscuoli e con il Centro di Riferimento Regionale Malattie Rare del Globulo Rosso diretto dal dr. Aldo Filosa del Cardarelli, con la Fondazione Italiana Thalassemia, l’Associazione Gocce di Vita 2 e l’Associazione Orizzonte Guarigione.
Solidarietà partenopea
«Speriamo – dice il direttore generale Ciro Verdoliva – che i napoletani rispondano come sempre, dimostrando generosità e solidarietà. Con questa iniziativa speriamo di poter sensibilizzare la cittadinanza e trasmettere un messaggio forte: donare il sangue significa donare la vita. Per questo dovremmo farlo abitualmente». Al Cardarelli per ringraziare tutti i donatori ci sarà anche Monica Sarnelli (testimonial della Fondazione Italiana di Thalassemia) e i rappresentanti delle Associazioni coinvolte.
Identikit del donatore
Quasi tutti possono donare il sangue e rendersi protagonisti di un bel gesto di solidarietà. Si può donare dai 18 ai 60 anni. Invece, chiunque desideri donare per la prima volta dopo i 60 anni può essere accettato a discrezione del medico responsabile della selezione. La donazione di sangue intero da parte di donatori periodici di età superiore ai 65 anni può essere consentita fino al compimento del settantesimo anno, ma serve sempre una preventiva valutazione clinica dei principali fattori di rischio legati all’età. Dal punto di vista fisico i limiti sono pochi: peso non sotto i 50 chili, un buono stato di salute e stili di vita corretti. Quindi nessun comportamento a rischio che possa compromettere la propria salute o quella di chi riceve il nostro sangue. Ovviamente, l’idoneità alla donazione viene stabilita grazie ad un colloquio personale e riservato, una valutazione clinica da parte di un medico e dopo aver effettuato gli esami di laboratorio (prima donazione differita) previsti per garantire la sicurezza del donatore e del ricevente.
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I segreti della mente, così una parola può cambiarci la vita
News Presa, Ricerca innovazioneQuando la mente funziona, tutto funziona. E spesso basta davvero poco per fare del bene al nostro cervello: anche un semplice «ciao». Michel Cymes, chirurgo francese che ha lavorato in alcuni dei più prestigiosi ospedali parigini, propone in un libro che sta diventando un vero e proprio successo editoriale una serie di consigli pratici per cambiare (in meglio) la propria vita. «Usa il cervello, quando la mente funziona tutto funziona» (Rizzoli) aiuta il lettore a cambiare il proprio punto di vista e a guardare alla vita con occhi diversi.
Il segreto del sorriso
Ma come si fa a ridurre lo stress con un semplice «ciao» o meglio con un «hello»? Il segreto, spiega l’autore, è nella mimica facciale. Quando si dice ciao, si sorride. E proprio il fatto di sorridere fa funzionare dei muscoli che liberano dei neuromediatori nel cervello. «Sì, il fatto di dire ciao si inserisce nella lista delle cose da nulla che tutte insieme eliminano lo stress e di conseguenza fanno bene al cervello. Dunque quando salite sul bus, quando entrate in ascensore o è il vostro turno alla cassa del supermercato – raccomanda Cymes – dite ciao: non immaginate la capacità di conforto di questa parolina magica per chi la riceve. I suoi occhi si illuminano e immancabilmente riceverete un sorriso”. Il ciao ha un effetto boomerang, dunque, perché anche il sorriso altrui finisce per regalarci una piccola dose di benessere, garantita anche da un ‘buongiorno o un buonasera».
Nutrire il cervello
l nostro corpo è guidato da 1.500 grammi di materia grigia e indecifrabile, il nostro cervello, che riceve le informazioni trasmesse dai cinque sensi, le interpreta e ordina al corpo come reagire. Quindi, se il cervello non funziona in modo adeguato, anche gli organi andranno in tilt. Nel suo libro Cymes svela i segreti della mente, insegnando a mantenerla sana e al top, ritardandone l’ineluttabile declino. «Il nostro corpo è un aeroporto e il cervello la torre di controllo», ricorda l’esperto. Ebbene, per funzionare al meglio il cervello apprezza i grassi buoni, quindi non ci si deve privare di alimenti che contengono Omega 3, dalle uova al salmone e alle sardine, ma anche le noci. Provate il grano di chia, e anche i cibi ricchi di ferro, perché il ferro è un trasportatore di ossigeno, e se viene a mancare l’ossigenazione è in pericolo. Via libera dunque a fagioli bianchi, maiale, agnello, lenticchie e prezzemolo, eccellenti fonti di ferro che si assimila meglio se si consumano nello stesso pasto alimenti ricchi di vitamina C. Da non dimenticare anche avocado e cavolo, che il cervello adora.
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Moda o necessità? I rischi della dieta iperproteica
AlimentazioneDiete estreme. Così le definisce la Sid, la Società italiana di Diabetologia. Sul web vengono proposte con leggerezza anche ai pazienti diabetici. Tra le più note, analizzate anche in un recente documento della Sid, ce ne sono quattro: vegetariana, vegana, chetogenica (pochissimi carboidrati e molti grassi) e paleolitica (iperproteica). Tuttavia le diete consigliate ai pazienti sia dall’Ada (l’American diabetes association), sia dall’Easd (la società europea per lo studio del diabete) si basano su: un mix di alimentazione a base vegetale e dieta mediterranea, con una preferenza per alimenti integrali ricchi di fibre e con basso indice glicemico. L’unica certezza insomma è la dieta mediterranea, che ha dimostrato effetti positivi sul controllo del diabete, riducendone l’incidenza fino al 52%, e sul rischio cardiovascolare.
In generale, la dieta sempre più spesso viene intrapresa più per un fatto estetico che di salute. Tra le più in voga e forse tra le più pericolose ci sono la dieta chetogenica e la paleolitica che però sono diverse tra loro, pur avendo alcuni tratti in comune. La prima ha pochi carboidrati e un alto contenuto di grassi e induce una chetosi fisiologica (che potrebbe essere pericolosa per i diabetici, in particolare per chi fa terapia insulinica). La paleolitica è più ricca di proteine e non si sa nel lungo periodo quanto possa danneggiare la funzione renale, visto che non ci sono studi precisi.
La dieta chetogenica: prevede l’eliminazione completa degli zuccheri dall’alimentazione, per un breve periodo. Alla ricerca di fonti alternative di energia, l’organismo inizia a bruciare i grassi e produce nel fegato delle sostanze chiamate “corpi chetonici”, come il beta-idrossibutirrato, l’acido acetacetico e l’acetone. Quest’ultimo ricorda soprattutto i bambini, infatti è un disturbo metabolico passeggero che può venire da una febbre o da un digiuno più lungo (esempi “naturali” di dieta chetogenica).
La produzione di chetoni è una specie di piano di emergenza, che serve a fornire nuovo carburante al cervello quando si trova a secco di glucosio.
Insomma, la dieta chetogenica, in realtà può essere considerata alla stregua di un farmaco e per questo non dovrebbe essere intrapresa senza la supervisione di un medico.
In quali casi è indicata
Per la sua fisiologica azione a livello del sistema nervoso centrale, è indicata per i casi di epilessia resistente ai farmaci, mentre nuovi studi starebbero valutando la sua possibile applicazione nel campo delle malattie neurodegenerative, come il Parkinson e l’Alzheimer.
Gli esperti ADI ricordano anche il suo utilizzo nei casi gravi di obesità o di obesità refrattaria, ad esempio nei pazienti che devono perdere velocemente peso per sottoporsi ad un intervento chirurgico oppure per prepararsi alla chirurgia bariatrica.
Paleolitica (iperproteica)
A volte viene intrapresa per moda o per sentito dire, ma quasi sempre senza conoscerne i rischi. Cosa succede all’organismo quando si segue una dieta dimagrante senza carboidrati e con troppe proteine? Eliminando i glucidi insorge la chetosi: il corpo, a “corto” di zuccheri nel sangue, compensa questo stato con un aumento di corpi chetonici, con possibile conseguente acidosi metabolica che può portare danni ai reni formando, per esempio, dei calcoli. Ecco perché quando si segue questa dieta si consiglia di bere molto. Se poi non si assumono carboidrati l’organismo è costretto ad attaccare le riserve di glucosio che si trovano in particolare nel fegato e nei muscoli, e ad affaticare ancora una volta i reni.
Uno studio di pochi anni fa, afferma che una dieta ricca di proteine fa male come fumare 20 sigarette al giorno. Secondo lo studio dell’Università dalla California del Sud e pubblicato sulla rivista scientifica Cell., una dieta che comprenda molte proteine aumenta di quattro volte il rischio di morte per cancro e altre malattie.
Se basata su carne rossa, infine, la dieta iperproteica oltre ad aumentare la possibilità di sviluppare tumori (l’AIRC consiglia di eliminare salumi, insaccati e carne in scatola e di mangiare carne rossa massimo una o due volte a settimana) come si legge su Reader’s Digest può provocare alitosi, cattivo umore, stanchezza mentale, rabbia, stipsi e sete continua. Meglio, quindi, privilegiare carni bianche o seguire una dieta iperproteica vegetariana.
Le false credenze
La dieta iperproteica è molto in voga tra chi vorrebbero aumentare la propria massa muscolare. Tuttavia, se si mangia una grande quantità di proteine subito dopo un allenamento, non vuol dire che il corpo sia in grado di assorbirle tutte. Insomma abbondare con le proteine non è sempre una buona idea. Il corpo ne riesce ad assorbire circa 20 gr alla volta, quelle extra quindi è probabile che vengano immagazzinate sotto forma di grasso.
Lo shake proteico
I frullati proteici sono comodi, veloci da preparare e facili da assorbire, ma sono solo dei supplementi. Insomma il frullato proteico non è ideale all’ ora di pranzo.
Non è vero che più proteine si mangiano, meglio è. È necessario sapere quante proteine si dovrebbero consumare con l’aiuto di un medico o un esperto e ripartirle equamente durante il giorno. Ogni dieta incide sullo stato di salute, ecco perché “siamo ciò che mangiamo.
Promuiviamo salute
Bere fa bene, anche alla respirazione
Ricerca innovazioneBere fa bene, lo sanno tutti. Molti genitori non sanno però che far bere a sufficienza i più piccoli significa anche mettere al sicuro la loro salute respiratoria. I bambini che bevono poco, infatti, soffrono di tosse il doppio rispetto ai loro coetanei che seguono questa buona abitudine. A rivelarlo è un recente studio realizzato dall’Associazione Italiana per lo Studio della Tosse. Una relazione, quella tra disidratazione e vie respiratorie ancora poco nota e sottovalutata che, per la prima volta, trova una conferma scientifica grazie a questa indagine, che sarà presto pubblicata su un’importante rivista internazionale.
Lo studio
Sotto la lente dei ricercatori ci sono finiti 400 ragazzi di età compresa fra 6 e 14 anni di una scuola di Bologna e l’indagine ha messo in luce diverse criticità. La prima è che i bambini italiani bevono poco: oltre il 60% dei partecipanti è risultato infatti disidratato. Anche la tosse è risultata essere un sintomo estremamente frequente, riguardante addirittura il 90% degli scolari fra i 6 e i 14 anni. Mettendo in relazione i dati, è emerso che i bambini che bevono poco vanno incontro ad episodi di tosse più frequenti e di maggior durata (il 90% bambini disidratati si ammala di tosse nel corso dell’anno contro il 52% dei «normo idratatati»). Una corretta idratazione ha dimostrato di avere un effetto positivo anche sui bimbi che soffrono di asma consentendo loro di avere meno episodi acuti (7% bimbi ben idratati contro 26% disidratati). «Siamo orgogliosi di essere stati i primi a verificare scientificamente i rapporti tra idratazione e salute delle vie respiratorie – spiega Alessandro Zanasi, esperto dell’Osservatorio Sanpellegrino e presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio della Tosse – Speriamo che i risultati di questo studio possano aumentare la consapevolezza di genitori ed insegnanti ma anche dei bambini stessi sull’importanza di una corretta idratazione. Gli effetti della disidratazione sono molteplici e fra questi adesso sappiamo esserci anche un aumentato rischio di problematiche respiratorie».
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Quei campanelli d’allarme che possono salvare il nostro cuore
PrevenzioneCardiopalmo, dispnea (affanno), dolore toracico, (angina), svenimenti (sincope), sono alcuni dei campanelli d’allarme che possono comparire all’improvviso e avvertirci di un problema potenzialmente letale al cuore. E’ per questo che, nel caso, bisogna essere bravi a riconoscerli. Un elettrocardiogramma, se fatto in tempo e ben interpretato, può ancora salvare una vita. Un ECG, dopo più di mezzo secolo, è ancora uno strumento preziosissimo che ci aiuta a capire se in quel momento c’è un problema cardiaco più o meno serio e di che natura. Tuttavia, con un medico esperto e preparato si può andare anche oltre e capire se quel problema è solo cardiaco o lo specchio di qualcosa che non va nel nostro organismo (come succede in malattie sistemiche quali ad esempio l’amiloidosi).
Fare prevenzione
In presenza di sintomi sospetti al cuore ci sono delle domande che sarebbe bene farsi, su consiglio del medico si potrebbe anche rendere necessaria una risonanza magnetica al cuore? Certo, non è un esame da fare tutti i giorni ma, se si presentassero dei campanelli d’allarme il medico di famiglia potrebbe chiedere una valutazione specialistica, e quindi arrivare alla risonanza. Del resto proprio risonanza è la tecnica ad oggi più raffinata per studiare le dimensioni, la geometria e la funzione del nostro cuore. Rispetto alle tecniche classiche di imaging (ecocardiografia) ci da in più un dato indiretto sulla struttura del cuore. Ci dice ad esempio se quel muscolo è integro o ha subito un insulto ischemico o un infarto. Se il muscolo è infiltrato da proteine o da glicogeno che possono portare ad una disfunzione.
La genetica
Anche la genetica sta entrando sempre più nella pratica del medico, e ha enormi potenzialità, se usata con raziocinio e appropriatezza. Se si ha un problema di cuore ereditario, la genetica aiuterà ad esempio a capire se fratelli e figli possono esserne affetti e se il problema passa di genitore in figlio.
Esperti a confronto
Tutti questi temi saranno oggetto di una discussione che vede riuniti a Napoli i maggiori esperti nazionali ed internazionali delle malattie acquisite, genetiche e rare del cuore. Il meeting «Update in cardiomyopathies & heart failure» è organizzato all’ospedale Monaldi di Napoli e presieduto da Raffaele Calabrò che sottolinea come «Lo scompenso cardiaco è ad oggi una vera a propria epidemia, ed una delle principali cause di burden economico-sanitario nei paesi occidentali». Il rendez vous di esperti è promosso dall’Unità di Scompenso Cardiaco del Monaldi (AO Colli) diretta dal professor Pacileo, che insieme al professor Limongelli, è responsabile scientifico e direttore del corso. Il corso è organizzato in collaborazione con il gruppo di studio delle cardiomiopatie e malattie del pericardio della Società Italiana di Cardiologia), e ha ricevuto il patrocinio del network cardiologico della comunità europea sulle malattie rare (European reference Network on Rare Disease – Guard Heart), di cui l’Osp. Monaldi (AO Colli) rappresenta uno dei 24 centri europei di eccellenza.
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Il tour della longevità fa tappa a Tennis&Friends
Anziani, News PresaLa longevità si conquista a partire da semplici comportamenti quotidiani per prevenire e ridurre i più importanti fattori di rischio. Il 7 e 8 ottobre Italia Longeva sarà presente con la prossima tappa del Tour della Longevità a Roma, alla manifestazione Tennis & Friends, l’ appuntamento dedicato alla salute, organizzato in collaborazione con il Policlinico A. Gemelli e patrocinato da Ministero della Salute, Coni e Regione Lazio.
Anche quest’anno interverranno all’evento star e Testimonial del mondo dello sport, della cultura e dello spettacolo per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione.
Per la prima volta si realizzerà una vera e propria area dedicata all’invecchiamento perché “la longevità si conquista ed è una partita da giocare”.
All’interno dell’Area Italia Longeva si potranno effettuare gratuitamente i longevity check-up, una rapida misurazione dei parametri più significativi per una diagnosi predittiva sulla longevità, apprendere le buone pratiche per conquistare anni da vivere in salute e sperimentare manufatti e servizi innovativi a “misura di anziano” in grado di contribuire ad una migliore qualità della vita della popolazione che invecchia.
L’appuntamento romano fa parte del Tour della Longevità. La ricerca scientifica, infatti, dimostra che alcuni dei parametri più strettamente correlati alla longevità – e alla salute in generale – dipendono da corretti stili di vita, buone abitudini alimentari e attività fisica. La genetica gioca un ruolo marginale che incide solo per il 20-25%.
Per promuovere un invecchiamento in salute, Italia Longeva fa tappa con il Tour della Longevità in alcune delle principali città italiane con momenti informativi e longevity check-up, dei test medici gratuiti per una diagnosi predittiva sulla longevità realizzati in collaborazione con un team di geriatri della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli.
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Tumore al seno, quando entra in gioco la solitudine
Associazioni pazientiMolti lo considerano il «tumore assente», ma i numeri dicono tutt’altro. In Italia il tumore al seno metastatico colpisce circa 30mila pazienti. Tra il 5 e il 10 per cento dei 50mila nuovi casi annui di tumore al seno è infatti in fase metastatica al momento della diagnosi, e circa il 30 per cento delle pazienti cui è stato diagnosticato un tumore al seno in fase precoce dovrà poi affrontare questa evoluzione. Se si pensa ad un’assenza di questo tumore è più giusto dire che è assente dal discorso pubblico. Pochi si interessano a quello che accade alle altre pazienti, quelle che non riescono ad arrivare presto ad una guarigione.
Solitudine
Secondo una ricerca americana condotta in 13 Paesi (Global status of advanced MBC – 2005-2015), nel 55-80% dei casi, le donne con tumore al seno metastatico si sentono spaventate, confuse, depresse, arrabbiate. In Italia, secondo una ricerca condotta da Europa Donna nel 2015, oltre la metà delle pazienti si sente abbandonata e sola, non sente di ricevere l’attenzione che meriterebbe né da media e istituzioni né dal personale sanitario. Qualcosa però sta cambiando sia sul fronte delle prospettive terapeutiche che dell’attenzione dei media. Sul primo versante, soprattutto grazie all’avvento delle terapie innovative a bersaglio molecolare, si registra un deciso passo in avanti verso la cronicizzazione della malattia. E a una maggiore sopravvivenza di queste pazienti corrisponde una maggiore attenzione alla loro qualità di vita. Mentre l’avvento dei social media e la realizzazione di campagne di sensibilizzazione rivolte al grande pubblico stanno facendo finalmente emergere le storie delle donne che combattono anche per molti anni contro un carcinoma mammario metastatico e stanno favorendo l’aggregazione, spesso virtuale, delle pazienti.
Social media
Una fascia di popolazione dinamica che negli ultimi anni ha scoperto le potenzialità dei social media. Dal 2014 è online «Lottare, vivere, sorridere» primo blog in Italia ad occuparsi del tumore al seno metastatico, realizzato da Europa Donna Italia in collaborazione con il Gruppo L’Espresso. Il blog, scritto e gestito da 5 donne, è nato per rispondere ai bisogni delle donne con tumore al seno metastatico dando loro la possibilità di condividere esperienze e informazioni. In quasi 4 anni, ha raccolto più di 1.400 commenti e migliaia di visualizzazioni, dando vita a un vero e proprio movimento di donne che sta riuscendo finalmente a richiamare l’attenzione dei media su un problema tanto grave quanto sconosciuto. Ecco almeno tre risorse online per l’informazione sul tumore al seno metastatico mbcitalia.eu – Tumore al seno metastatico-Noi ci siamo (Il sito della prima associazione italiana di pazienti con tumore al seno metastatico), europadonna.it/tumore-seno-metastatico (Sezione dedicata sul sito di Europa Donna, associazione che rappresenta i diritti delle donne nella prevenzione e cura del tumore al seno) e voltatiguardaascolta.it (Sito della campagna promossa da Pfizer in collaborazione con Fondazione AIOM e Europa Donna Italia per dare voce alle donne con tumore al seno metastatico).
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Aumenta il numero degli psicologi, e dei pazienti
News PresaSono sempre di più e lavorano quasi tutti. Non sorprende che la categoria in questione sia quella degli psicologi che, visti i tempi che corrono, di pazienti ne hanno in abbondanza. Scherzi a parte, oggi come oggi il benessere mentale è molto più considerato che in passato, anche grazie ad una maggiore informazione e consapevolezza da parte dei cittadini. Curiosa in questo senso è una ricerca realizzata dall’Ordine degli psicologi della Campania.
Lo studio
Stando ai dato emersi, all’ombra del Vesuvio c’è uno psicologo ogni mille abitanti e negli ultimi anni è cresciuto complessivamente il numero degli iscritti all’Ordine. La fascia d’età più rappresentata? E’ quella compresa tra i 30 e i 34 anni, e con un 85% di donne la psicologia si conferma una professione «in rosa». Inoltre, sul fronte occupazionale, due psicologi campani su tre hanno attualmente un lavoro retribuito e solo uno su dieci è inattivo. Lo studio, dal titolo«Psicologi campani…al lavoro!», è stato curato da Caterina Arcidiacono, docente di Psicologia sociale alla Federico II, e da Teresa Tuozzi, docente di Teorie e modelli della psicologia di comunità all’ateneo napoletano.
Un modello unico
Si tratta della prima ricerca di questo tipo tra gli ordini campani, con una particolare attenzione all’area grigia di transizione tra lo studio e il lavoro, con l’obiettivo di conoscere nel dettaglio la situazione degli iscritti e programmare così azioni condivise di politica professionale per raggiungere una maggiore occupazione e una migliore soddisfazione professionale.
Benessere psicologico
Grazie all’impegno profuso in questi anni oggi è più semplice per ciascuno pensare al proprio benessere psicologico. Ma cosa significa essere in pace con la propria psiche? Volendo semplificare ci sono almeno quattro condizioni da soddisfare: stare bene con se stessi e con gli altri, realizzare se stessi e raggiungere i propri obiettivi, prendere decisioni, saper risolvere difficoltà nelle relazioni e sapere affrontare gli eventi stressanti. Il benessere psicologico migliora la qualità di vita e aiuta a prevenire possibili disagi nel rapporto con se stessi e con gli altri. La ricerca del proprio benessere promuove la crescita personale e migliora la vita di tutti i giorni.
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Tumore al seno e femminicidio. “Women for Women” contro i killer delle donne
News PresaÈ il killer più letale e più frequente del genere femminile e colpisce 50mila donne ogni anno. L’evento Women for women against violence nasce per sostenere chi lotta contro il tumore al seno, ma anche per promuovere il contrasto alla violenza di genere. La violenza, infatti, ha più facce, non è soltanto una minaccia di morte, ma anche una ferita all’immagine di sé, alla sua femminilità, sessualità e maternità. Poi c’è la piaga del femminicidio. In Italia oltre cento donne ogni anno vengono uccise da uomini, coloro che quasi sempre dicono di amarle. Ieri un premio è stato conferito al prof. Michelino De Laurentiis (Direttore dell’unità operativa complessa di oncologia senologica dell’istituto nazionale tumori “Fondazione Pascale” di Napoli e responsabile della ricerca del vaccino contro il tumore al seno) e a Gessica Notaro, diventata testimonial della lotta contro il femminicidio, dopo essere stata sfigurata con l’acido dall’ex fidanzato.
La III edizione di Women for Women against violence – PREMIO Camomilla, promosso dall’Associazione Consorzio Umanitas Onlus e organizzato dalla sua Presidente, Donatella Gimigliano, in collaborazione con Avs e PiùAthena eventi, il charity event, Patrocinato dalla Rai, dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, dalla Regione Lazio e dalla FERPi, è stato presentato dalla giornalista Emma D’Aquino. Le associazioni beneficiarie di quest’anno sono state Salvamamme per la Valigia di Salvataggio e IncontraDonna Onlus.
Con “La Valigia di Salvataggio”, in partnership con la Regione Lazio, Salvamamme vuole rispondere alle richieste delle tante donne in fuga vittime di violenza. “IncontraDonna”, Associazione no profit presieduta da Adriana Bonifacino, responsabile dell’Unità di Diagnosi e Terapia in Senologia dell’Ospedale Sant’Andrea Sapienza Università di Roma, è nata per rispondere ai bisogni delle donne, soprattutto, per non sentirsi abbandonate nel “dopo” cura. Dacia Maraini ha augurato “a tutte le donne che incontrano le spine del tumore sul loro cammino, di raccogliere le grandi forze vitali che stanno in fondo ad ogni corpo di donna e camminare con ardimento verso un futuro di vittoria contro chi le vuole arrese”.
Durante l’evento, iniziato con un talk nell’Auditorium Broadway Avenue, sono stati proiettati «Oltre la finestra», per la regia di Francesco Testi. Cortometraggio, Patrocinato da Amnesty International e, il nuovo spot della Valigia di Salvataggio di Salvamamme, con Barbara De Rossi e Alessio Boni(regia di Marco Santoro). Grazie alla Softlab, alla presenza di Vincenzo Manfredi, Public Affair e Advocacy Director è stato presentato il progetto pilota su Roma di una app dedicata.
Sul tema del tumore al seno, in anteprima nazionale, anche un promo del film «Stay On! Io Resto qua» prodotto da Santo Spadafora, per la regia di Gianluca Sia. Una commedia che unisce rigore e leggerezza facendo commuovere e sorridere di speranza lo spettatore, cercando di stimolare l’attenzione sociale e mediatica sulla terribile piaga del cancro.
Quest’anno, oltre a Gessica Notaro e il prof. Michelino De Laurentiis, hanno ricevuto il premio Camomilla anche il Prefetto Vittorio Rizzi (Direttore Centrale DAC – direzione anticrimine), il prof. Antonino Di Pietro (Direttore Scientifico di Ok Salute), Paola Ferrari, Francesco Testi, Veronica Maya, Rossella Brescia, Elena Santarelli, Valeria Graci, Domi De Fano, Visual e Training Director di Primadonna Collection, la singer Edy Giordano, Katia Pacelli, Direttore Generale di Salvamamme, Emiliano Paolini, Carmen, Mara e Michele Pisano.
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