Tempo di lettura: 3 minutiGestione dello scompenso cardiaco, coinvolgimento dei pazienti e nuove terapie in fase di sviluppo sono stati i temi al centro del 10° Congresso Nazionale che l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC APS) che si è tenuto di recente a Roma. L’obiettivo è valorizzare la partecipazione attiva dei pazienti per migliorare l’assistenza sanitaria. “Quest’anno”, afferma il professor Salvatore Di Somma, Direttore del Comitato Scientifico dell’AISC, “il paziente non è solo destinatario, ma parte propositiva del cambiamento, avanzando proposte concrete per ottimizzare i processi assistenziali”. Il Congresso è stata un’occasione di confronto fra tutti gli attori del sistema sulle nuove opportunità che la ricerca scientifica mette a disposizione.
“La telematica, il Fascicolo sanitario elettronico, le Case di Comunità, le IcOT, le farmacie di servizio, i medici di medicina generale in grado di rispondere immediatamente alle necessità dei pazienti per noi affetti da scompenso cardiaco possono cambiarci la vita, sia in termini di durata sia di qualità, in quanto in grado di assicurare la diagnosi precoce, la presa in carico e allontanamento della situazione di emergenza”, ha affermato Rossana Bordoni, Presidente di AISC. “Siamo pronti a fare la nostra parte, ci presentiamo come pazienti formati ed informati, ma è necessario che in questo processo di cambiamento della sanità, ormai imprescindibile, la nostra voce costruttiva e propositiva venga ascoltata dal governo centrale e regionale”.
Scompenso cardiaco, attenzione sin dalla sperimentazione
Per permettere lo sviluppo di farmaci che possono migliorare la qualità di vita è necessario il coinvolgimento dei pazienti lungo le sperimentazioni cliniche. A sperimentarlo da anni sono gli Stati Uniti, “dove – ha spiegato Di Somma – le Associazioni dei pazienti sono attivamente coinvolte, come in un progetto approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), al quale come Associazione contribuiamo e che mira a raccogliere dati su come i pazienti possano trarre beneficio, non solo dal punto di vista clinico, ma anche dal punto di vista della qualità della vita percepita”.
In Italia, nonostante il nuovo regolamento della Commissione Scientifica ed Economica dell’AIFA preveda la partecipazione dei pazienti all’iter di valutazione, l’AISC non è stata ancora chiamata a partecipare. La qualità della vita dei pazienti dovrebbe essere un parametro centrale nelle sperimentazioni cliniche, insieme all’ottimizzazione del carico terapeutico”.
Troppo spesso, al termine di una sperimentazione clinica, i pazienti non vengono adeguatamente seguiti nel follow up, anche quando hanno tratto benefici evidenti dai trattamenti sperimentali. “Chi partecipa a una sperimentazione – ha proseguito il professore – non può essere lasciato senza un adeguato follow-up o un percorso di cura continuativo. Dobbiamo garantire che i pazienti non perdano i vantaggi ottenuti, creando sistemi di monitoraggio e supporto che li accompagnino anche dopo la conclusione degli studi clinici”.
Il Progetto Biotool-CHF
Un esempio concreto di coinvolgimento dei pazienti è il Progetto Biotool-CHF, supportato da un bando della Comunità europea che coinvolge diverse nazioni, fra cui l’Italia. Questo progetto utilizza questionari rivolti ai pazienti per valutare l’impatto delle terapie sulla loro vita quotidiana. “I dati raccolti attraverso questi strumenti”, precisa Di Somma, “permettono di migliorare l’approccio terapeutico mettendo al centro le reali esigenze dei pazienti”. Un’altra area cruciale è quella legata all’aderenza alle terapie. Nonostante i progressi nelle terapie, molti pazienti non seguono correttamente le cure prescritte, spesso a causa della politerapia.
“I pazienti con scompenso cardiaco devono assumere molti farmaci ogni giorno, rendendo difficile rispettare i protocolli terapeutici”, continua Di Somma. “Sono in corso sperimentazioni su farmaci iniettabili che potrebbero essere somministrati una volta a settimana o una volta al mese, riducendo il carico quotidiano e migliorando la qualità della vita dei pazienti. “L’AISC continuerà a lavorare per sensibilizzare i pazienti sulla corretta gestione delle terapie, affinché possano trarne il massimo beneficio,” conclude Di Somma.
Case di comunità per la presa in carico della persona con scompenso cardiaco
Nuovi orizzonti nella gestione delle malattie cardiovascolari si attendono a livello territoriale tramite le Case di Comunità. “Il documento di Agenas sulle Case di Comunità, a cui ho contribuito – ha affermato Di Somma – prevede la presenza di medici e specialisti per garantire una continuità assistenziale 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo modello di assistenza potrebbe risolvere il problema del sovraffollamento nei pronto soccorso, perché le Case saranno in grado di gestire anche i codici minori, come accade già in alcune Regioni. Alcuni esempi di strutture aperte H12 si trovano già in Lombardia, ma la prospettiva è di estendere questo modello a tutto il territorio nazionale.
In queste Case di Comunità, sarà possibile fare esami di laboratorio rapidi, grazie ai sistemi Point of Care, simili a quelli che abbiamo sperimentato per lo scompenso cardiaco, quali i peptidi natriuretici. Il documento di Agenas, firmato anche dai sindacati – ha concluso – stabilisce che le Regioni dovranno decidere come implementare queste strutture dal momento che, sebbene alcune Case di Comunità siano già state realizzate, il processo non è uniforme su tutto il territorio nazionale”. Il prossimo passo sarà infine la preparazione di un documento su come la Telemedicina possa essere utilizzata in tali strutture.
Scompenso cardiaco: i pazienti migliorano le cure se partecipano alle sperimentazioni
Associazioni pazienti, Anziani, Eventi d'interesse, News, Prevenzione, Ricerca innovazioneGestione dello scompenso cardiaco, coinvolgimento dei pazienti e nuove terapie in fase di sviluppo sono stati i temi al centro del 10° Congresso Nazionale che l’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC APS) che si è tenuto di recente a Roma. L’obiettivo è valorizzare la partecipazione attiva dei pazienti per migliorare l’assistenza sanitaria. “Quest’anno”, afferma il professor Salvatore Di Somma, Direttore del Comitato Scientifico dell’AISC, “il paziente non è solo destinatario, ma parte propositiva del cambiamento, avanzando proposte concrete per ottimizzare i processi assistenziali”. Il Congresso è stata un’occasione di confronto fra tutti gli attori del sistema sulle nuove opportunità che la ricerca scientifica mette a disposizione.
“La telematica, il Fascicolo sanitario elettronico, le Case di Comunità, le IcOT, le farmacie di servizio, i medici di medicina generale in grado di rispondere immediatamente alle necessità dei pazienti per noi affetti da scompenso cardiaco possono cambiarci la vita, sia in termini di durata sia di qualità, in quanto in grado di assicurare la diagnosi precoce, la presa in carico e allontanamento della situazione di emergenza”, ha affermato Rossana Bordoni, Presidente di AISC. “Siamo pronti a fare la nostra parte, ci presentiamo come pazienti formati ed informati, ma è necessario che in questo processo di cambiamento della sanità, ormai imprescindibile, la nostra voce costruttiva e propositiva venga ascoltata dal governo centrale e regionale”.
Scompenso cardiaco, attenzione sin dalla sperimentazione
Per permettere lo sviluppo di farmaci che possono migliorare la qualità di vita è necessario il coinvolgimento dei pazienti lungo le sperimentazioni cliniche. A sperimentarlo da anni sono gli Stati Uniti, “dove – ha spiegato Di Somma – le Associazioni dei pazienti sono attivamente coinvolte, come in un progetto approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), al quale come Associazione contribuiamo e che mira a raccogliere dati su come i pazienti possano trarre beneficio, non solo dal punto di vista clinico, ma anche dal punto di vista della qualità della vita percepita”.
In Italia, nonostante il nuovo regolamento della Commissione Scientifica ed Economica dell’AIFA preveda la partecipazione dei pazienti all’iter di valutazione, l’AISC non è stata ancora chiamata a partecipare. La qualità della vita dei pazienti dovrebbe essere un parametro centrale nelle sperimentazioni cliniche, insieme all’ottimizzazione del carico terapeutico”.
Troppo spesso, al termine di una sperimentazione clinica, i pazienti non vengono adeguatamente seguiti nel follow up, anche quando hanno tratto benefici evidenti dai trattamenti sperimentali. “Chi partecipa a una sperimentazione – ha proseguito il professore – non può essere lasciato senza un adeguato follow-up o un percorso di cura continuativo. Dobbiamo garantire che i pazienti non perdano i vantaggi ottenuti, creando sistemi di monitoraggio e supporto che li accompagnino anche dopo la conclusione degli studi clinici”.
Il Progetto Biotool-CHF
Un esempio concreto di coinvolgimento dei pazienti è il Progetto Biotool-CHF, supportato da un bando della Comunità europea che coinvolge diverse nazioni, fra cui l’Italia. Questo progetto utilizza questionari rivolti ai pazienti per valutare l’impatto delle terapie sulla loro vita quotidiana. “I dati raccolti attraverso questi strumenti”, precisa Di Somma, “permettono di migliorare l’approccio terapeutico mettendo al centro le reali esigenze dei pazienti”. Un’altra area cruciale è quella legata all’aderenza alle terapie. Nonostante i progressi nelle terapie, molti pazienti non seguono correttamente le cure prescritte, spesso a causa della politerapia.
“I pazienti con scompenso cardiaco devono assumere molti farmaci ogni giorno, rendendo difficile rispettare i protocolli terapeutici”, continua Di Somma. “Sono in corso sperimentazioni su farmaci iniettabili che potrebbero essere somministrati una volta a settimana o una volta al mese, riducendo il carico quotidiano e migliorando la qualità della vita dei pazienti. “L’AISC continuerà a lavorare per sensibilizzare i pazienti sulla corretta gestione delle terapie, affinché possano trarne il massimo beneficio,” conclude Di Somma.
Case di comunità per la presa in carico della persona con scompenso cardiaco
Nuovi orizzonti nella gestione delle malattie cardiovascolari si attendono a livello territoriale tramite le Case di Comunità. “Il documento di Agenas sulle Case di Comunità, a cui ho contribuito – ha affermato Di Somma – prevede la presenza di medici e specialisti per garantire una continuità assistenziale 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo modello di assistenza potrebbe risolvere il problema del sovraffollamento nei pronto soccorso, perché le Case saranno in grado di gestire anche i codici minori, come accade già in alcune Regioni. Alcuni esempi di strutture aperte H12 si trovano già in Lombardia, ma la prospettiva è di estendere questo modello a tutto il territorio nazionale.
In queste Case di Comunità, sarà possibile fare esami di laboratorio rapidi, grazie ai sistemi Point of Care, simili a quelli che abbiamo sperimentato per lo scompenso cardiaco, quali i peptidi natriuretici. Il documento di Agenas, firmato anche dai sindacati – ha concluso – stabilisce che le Regioni dovranno decidere come implementare queste strutture dal momento che, sebbene alcune Case di Comunità siano già state realizzate, il processo non è uniforme su tutto il territorio nazionale”. Il prossimo passo sarà infine la preparazione di un documento su come la Telemedicina possa essere utilizzata in tali strutture.
Giornata Mondiale del Diabete: è la quarta causa di morte in EU
Alimentazione, Associazioni pazienti, Benessere, Economia sanitaria, Eventi d'interesse, Sport, Stili di vita“Diabete e benessere” è il tema della World Diabetes Day 2024 che si svolge in tutto il mondo il 14 novembre. Con 62 milioni di persone affette in Europa di cui più di 4 milioni in Italia, il diabete è la quarta causa di morte. Sono infatti 80mila le morti solo nel nostro Paese, pari a 9 decessi evitabili ogni ora. Ancor più grave è constatare che dal 2000 ad oggi i casi sono raddoppiati, mentre si stima che ci sia almeno un milione di persone con diabete non diagnosticato. Per affrontare questa sfida è importante “fare squadra”, ed è questo il focus del Convegno di presentazione della Giornata Mondiale in Italia, realizzato su iniziativa della Sen. Daniela Sbrollini in collaborazione con Intergruppo parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, FeSDI – Federazione delle Società Scientifiche Diabetologiche Italiane, Sport e Salute, IWA – Italian Wellness Alliance.
«Sono oltre 4 milioni le persone in Italia con diabete, a cui si aggiunge almeno un altro milione di persone in cui la malattia non è stata ancora diagnosticata – ha detto il Presidente Nazionale Fand Emilio Augusto Benini – Un adulto su dieci in tutto il mondo vive con il diabete. Si tratta di una delle grandi sfide sanitarie del nostro tempo, e in questo senso purtroppo il nostro Paese non è da meno. Occorre superare pregiudizi, discriminazioni e stigma che colpiscono le persone con diabete nella vita sociale, scolastica, lavorativa e sportiva, garantire i diritti di queste persone, primo fra tutti il diritto alla salute, in modo equo su tutto il territorio nazionale, sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni a tutti i livelli affinché questa sia una priorità dell’agenda politica».
In occasione della Giornata Mondiale del Diabete, Fand – Associazione Italiana Diabetici ha promosso una grande campagna digital con una serie di video informativi realizzati dai dirigenti nazionali Fand e dai rappresentanti del suo comitato, diffusi attraverso i canali social. Ma per questa edizione della Giornata Mondiale del Diabete Fand ha voluto soprattutto coinvolgere le amministrazioni locali per raggiungere la popolazione in modo capillare. Negli ultimi giorni l’associazione ha contattato tutti i comuni italiani (7.694 in totale) con la richiesta di illuminare, in occasione della Giornata Mondiale, il monumento più rappresentativo della loro città e dedicare attenzione al tema attraverso le proprie pagine istituzionali. Fand ha inoltre inviato una comunicazione a tutte le scuole pubbliche italiane per sensibilizzare sulla patologia i giovani, l’invio ha coinvolto le 51.085 scuole pubbliche italiane.
Sarcopenia e cirrosi: come gestire una patologia che colpisce fino al 90% dei pazienti
Alimentazione, Anziani, Associazioni pazienti, News, NewsDopo i 50 anni circa l’1-2% della massa muscolare viene persa ogni anno, per una riduzione totale tra il 30 e il 50% all’età di 80 anni. La sarcopenia è influenzata dall’alimentazione e interessa soprattutto gli anziani, aumentando il rischio di disabilità fisica, cadute, fratture, scarsa qualità di vita, complicanze e mortalità. Inoltre è un fattore di rischio per altre malattie. Con l’invecchiamento della popolazione, la sarcopenia è sempre più diffusa, ma a caratterizzare l’aumento della prevalenza è il coinvolgimento anche di altre popolazioni fragili: oltre ai pazienti oncologici, sta diventando una caratteristica sempre più presente nei pazienti cirrotici, soprattutto quando la cirrosi raggiunge livelli più avanzati.
“La sarcopenia si può instaurare per vari motivi nel paziente cirrotico – sottolinea Rodolfo Sacco, Presidente CLEO e Direttore Struttura Complessa di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Foggia – Il fattore principale può essere legato alla malnutrizione, che provoca un minore introito calorico; negli uomini un calo del testosterone, che favorisce la perdita di massa muscolare; un’alterazione di alcune proteine, come una produzione eccessiva di miostatina, che limita la produzione di massa muscolare. Il risultato è che spesso vi sono pazienti cirrotici molto magri, fragili, con un versamento ascitico o una ritenzione di liquidi nell’addome, che provoca una pancia gonfia in un substrato denutrito e scarno”.
“La prevalenza di sarcopenia nel paziente cirrotico è molto elevata, variando all’interno di una forbice che spazia dal 20 al 90%, in relazione ai vari stadi della cirrosi, con l’aspetto nutrizionale e la relativa perdita di massa muscolare che mutano a seconda delle fasi” aggiunge Rodolfo Sacco.
Sarcopenia: patologie dismetaboliche e fegato
“In Italia, la prevalenza della cirrosi è di 200mila casi annui con una mortalità che si aggira tra i 10 e i 15mila decessi annui, con un aumento della prevalenza della malattia cirrotica dovuto alle patologie dismetaboliche – spiega Rodolfo Sacco – L’aumento delle malattie legate a diabete, obesità o ad abitudini voluttuarie come l’alcol, innesca un meccanismo caratterizzato dall’aumento del peso corporeo, alterazioni glicemiche, modificazioni dei lipidi. Il rischio di danno epatico grave è particolarmente elevato per chi è affetto da obesità o diabete. Tra questi, fino al 15% sviluppa complicanze come cirrosi o epatocarcinoma. La prevalenza della cirrosi epatica in Italia legata a dismetabolismo e alcol è di circa 200mila casi annui, con una mortalità di circa 10mila soggetti l’anno. A essere colpiti sono sempre più spesso giovani che conducono errati stili di vita forieri di un precoce sviluppo di malattie epatiche come la cirrosi, che a sua volta genera complicanze come la perdita di massa muscolare”.
Malnutrizione e perdita muscolare
Nei reparti di epatologia si presta molta più attenzione alla parte nutrizionale e al giusto apporto calorico proteico che il paziente deve ricevere. “Le modalità di gestione della sarcopenia nel cirrotico sono cambiate nel corso degli anni – evidenzia Rodolfo Sacco – In precedenza, per evitare complicazioni come l’encefalopatia porto-sistemica, si consigliava di ridurre la quota di proteine, in particolare quelle animali, nell’alimentazione giornaliera; recentemente, si è scoperto che questo favorisce la perdita di massa muscolare. Oggi si tende a consigliare al paziente un introito equilibrato di tutti i nutrienti, dai carboidrati ai grassi, con una quota proteica rafforzata dalle proteine vegetali, che sono in grado di fornire l’apporto proteico utile per contrastare la malnutrizione che provoca lo sviluppo della sarcopenia”.
Tumore ko con le cellule ingegnerizzate
Ricerca innovazione, News, NewsCellule immunitarie ingegnerizzate per sconfiggere in pazienti giovanissimi il tumore al cervello. Non è un progetto, bensì il risultato di una terapia che ha utilizzato le cellule del sistema immunitario “potenziate” artificialmente e conosciute ai più come CAR-T portando a risultati che hanno superato le più rosee aspettative: i tumori cerebrali si sono ridotti e la funzione neurologica è tornata normale. Addirittura, in uno dei piccoli pazienti la terapia ha eliminato tutte le tracce rilevabili di un tipo di tumore cerebrale solitamente considerato incurabile.
La sperimentazione con le cellule immunitarie
I risultati di questa importante sperimentazione clinica condotta presso la Stanford Medicine in California sono stati pubblicati sulla rivista Nature e, come è ovvio, hanno suscitato un grande clamore nella comunità scientifica. Particolarmente interessante è che questi sono i primi risultati positivi ottenuti dalla terapia CAR-T contro tumori solidi, una speranza concreta per i bambini con alcuni specifici tumori letali al cervello e al midollo spinale. La terapia ha da poco ricevuto la designazione di terapia avanzata dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti, garantendo ai ricercatori l’accesso a una versione accelerata del processo di approvazione FDA.
I risultati dello studio
Degli 11 partecipanti che hanno ricevuto le cellule CAR-T nella sperimentazione, nove hanno mostrato benefici, con miglioramenti delle disabilità causate dalla malattia. Quattro hanno visto ridursi il volume del proprio tumore di oltre la metà, e uno di loro ha avuto una risposta completa, ovvero il tumore è scomparso dalle scansioni cerebrali. Anche se è troppo presto per affermare che sia guarito, il paziente è in buona salute quattro anni dopo la diagnosi.
Michelle Monje, autrice principale dello studio, ha spiegato che si tratta di un importante passo in avanti contro tumori considerati ad oggi incurabili. I gliomi della linea mediana diffusi, che possono crescere nel cervello o nel midollo spinale hanno infatti un tempo di sopravvivenza medio di circa un anno e ad oggi non esistono cure.
Il meccanismo di difesa contro il tumore
L’idea è stata quella di tentare la terapia con cellule CAR-T, o cellule T con recettori chimerici antigenici, prodotte prelevando alcuni linfociti T del paziente e modificandoli per renderli in grado di legarsi a un bersaglio molecolare specifico (in questo caso l’antigene tumorale di superficie chiamato GD2). Le cellule vengono poi reinfuse nel paziente, dove innescano una risposta immunitaria contro le cellule tumorali bersaglio. Dal 2017, le cellule CAR-T sono approvate dalla FDA per trattare tumori del sangue, ma non hanno avuto lo stesso successo contro tumori solidi. Nello studio non solo i tumori si sono ridotti, ma la terapia ha alleviato anche gravi sintomi e disabilità associate.
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Futuro della ricerca: AI, medicina di precisione e immunoscience tra i temi dell’ultima giornata dell’Health Innovation Show
Economia sanitaria, Eventi PreSa-Mesit, Farmaceutica, Medicina Sociale, News, Prevenzione, Ricerca innovazioneLa rivoluzione delle tecnologie digitali e della medicina di precisione, potenziata dall’intelligenza artificiale (AI), sta trasformando il settore sanitario. L’AI permette di identificare bersagli terapeutici specifici e di analizzare le malattie a livello molecolare, riducendo i tempi di sviluppo dei trattamenti e migliorando sicurezza ed efficacia delle terapie. Questo progresso offre nuove possibilità per migliorare la qualità della vita di milioni di persone e, per l’Italia, rappresenta un’opportunità per affermarsi come leader a livello globale.
Se n’è parlato nell’ultima giornata dell’Health Innovation show, l’evento promosso dalla Fondazione Mesit, in una sessione dal titolo: “Innovazione, IA e prevenzione. Immunoscience, l’ambizione di Sanofi”. L’obiettivo è creare un sistema sanitario integrato e sostenibile, dove innovazione e accessibilità procedano insieme.
Al dibattito hanno partecipato esponenti della comunità scientifica e istituzionale, discutendo strategie di partenariato pubblico- privato per una sanità moderna e orientata al futuro. Sanofi ha sottolineato il suo impegno nell’immunoscience e nella medicina di precisione, ambiti in cui ha quadruplicato il valore della propria pipeline di ricerca negli ultimi anni. Attualmente, l’azienda sta sviluppando 78 progetti in fase clinica, di cui 32 terapie avanzate o in attesa di approvazione, rivolte a patologie gravi come la BPCO, il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla e l’RSV.
Fare sistema con l’intelligenza artificiale
Durante la tavola rotonda “Fare Sistema: il contributo dell’Ia nella ricerca per affrontare le sfide future della salute”, diversi esperti hanno evidenziato l’importanza di un’integrazione tra pubblico e privato per accelerare i processi decisionali e normativi. Walter Ricciardi, del Mission Board for Cancer della Commissione Europea, ha spiegato che l’Europa è in ritardo nell’adozione dell’Ia rispetto a Paesi come Stati Uniti e Cina, dove la gestione dei dati è meno vincolata. “Rischiamo di creare colossi extraeuropei che gestiranno l’Ia in sanità”, ha avvertito Ricciardi.
Diana Ferro, membro del direttivo Siiam, ha sottolineato l’urgenza di ridurre i tempi di approvazione dei protocolli clinici per rendere l’Ia disponibile in tempi rapidi ai pazienti. “Se una tecnologia può migliorare le condizioni di un paziente domani, non possiamo aspettare vent’anni”, ha dichiarato.
Prevenzione e programmazione per l’accesso alle nuove tecnologie
La seconda tavola rotonda, “Coniugare Innovazione, prevenzione e programmazione per favorire l’accesso delle nuove tecnologie e terapie”, ha evidenziato il ruolo della prevenzione nella gestione della salute pubblica. Francesca Lecci, dell’Università Bocconi, ha affermato che “la prevenzione è programmabile: diventa urgente solo quando manca la programmazione”. Disporre di dati aggiornati permette di affrontare la prevenzione come priorità, non come emergenza.
Raffaella Buzzetti, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid), ha parlato dell’importanza di lavorare con le istituzioni per prevenire le complicanze del diabete. Nel 2023, l’Italia è diventata il primo Paese a introdurre uno screening pediatrico per identificare il rischio di diabete di tipo 1, con l’obiettivo di ridurre i casi di chetoacidosi tra i bambini e, in futuro, posticipare l’insorgenza della malattia. “Servono farmaci innovativi che possano ritardare la progressione del diabete”, ha concluso Buzzetti.
Intelligenza artificiale e medicina di precisione, il futuro della sanità
La combinazione di intelligenza artificiale e medicina di precisione rappresenta una svolta epocale per la sanità. Attraverso l’Ia, è possibile stratificare i pazienti e personalizzare le cure, rendendo i trattamenti più sicuri ed efficaci. L’Italia, puntando su innovazione, programmazione e governance, potrebbe diventare un modello di sanità integrata e sostenibile.
Diabete, il Meyer si tinge di blu
Bambini, PrevenzioneAlla vigilia della Giornata mondiale del diabete, l’ospedale Meyer di Firenze torna a illuminarsi di blu e ad organizzare un evento formativo tutto dedicato agli insegnanti delle scuole. Ma non solo: nei giorni scorsi la Diabetologia dell’Aou Meyer Irccs ha dato vita un campo scuola per i suoi pazienti a Suvignano, una tenuta un tempo appartenuta alla mafia che la Regione Toscana ha trasformato in azienda agricola: grazie a questa esperienza alcuni adolescenti hanno completato il percorso formativo per acquisire il ruolo di tutor e altri hanno iniziato il percorso. Tutto questo per poter aiutare altri bambini nella gestione della patologia. Azioni necessarie per affrontare una malattia, come il diabete, che è sempre in crescita.
Casi in aumento
“Anche quest’anno – spiega la dottoressa Sonia Toni, responsabile della Diabetologia pediatrica dell’AOU Meyer IRCCS – il trend in crescita è confermato. Le nuove diagnosi di diabete crescono del 3,6% e la Toscana non fa eccezione. Nella nostra regione, annualmente, si registrano circa 100 nuove diagnosi di diabete di tipo 1 e circa 10 nuove diagnosi di diabete di tipo 2. Fa riflettere il fatto che qualche decennio fa il tipo 2 nei bambini non esisteva”.
La giornata formativa
Se i bambini con questa patologia aumentano, diventa sempre più importante che la scuola riesca ad accogliere le loro necessità. Per questo, ogni anno, il Meyer organizza un evento formativo sulla gestione in sicurezza del bambino con diabete a scuola. Una giornata in presenza, a cui si aggiungono i corsi periodici effettuati online.
Diritto allo studio
La diagnosi di diabete ha un impatto molto forte per una famiglia, per le tante implicazioni pratiche che comporta (4-6 iniezioni al giorno, controllo della glicemia e dell’alimentazione, correzione dell’ipoglicemia e dell’iperglicemia) e soprattutto per la necessità di trovare risorse per affrontare il riadattamento che il diabete richiede all’interno della famiglia e nella comunità con cui il bambino interagisce. In primis la scuola.
“Nostro compito – spiega la dottoressa Toni – è creare una rete di sicurezza che permetta l’inserimento a scuola e formare tutte le figure professionali con cui il bambino si relaziona. Una scuola accogliente e attenta mette il bambino a suo agio e lo aiuta nel percorso di accettazione della malattia. Un insegnante formato, inoltre, può allertare il genitore per una diagnosi precoce se un alunno chiede spesso di bere o di andare in bagno”.
Obiettivo accoglienza
La Toscana nell’ambito della rete regionale di diabetologia pediatrica ha organizzato corsi di formazione itineranti rivolti al personale scolastico, consolidando quella alleanza sanità-istruzione che permette accoglienza, ascolto e aiuto e che la nostra Regione, fra le prime in Italia, ha promosso con una legge specifica. Grazie ai corsi online gestiti con l’aiuto delle Associazioni dei genitori, sono stati formati migliaia di insegnanti provenienti da tutta la Toscana e non solo.
Il campo-scuola nella Tenuta di Suvignano
Alla fine di ottobre, nella tenuta di Suvignano, la Diabetologia del Meyer ha organizzato con alcune famiglie e con un gruppo di adolescenti con diabete un campo scuola mirato alla acquisizione di competenze cliniche e psicologiche per la gestione del quotidiano in una malattia cronica.
“Abbiamo scelto la tenuta di Suvignano – spiega la dottoressa Toni – per sostenere lo sforzo di chi tutti i giorni ha a che fare con una malattia che fa sentire cronicamente diversi e che li porta a combattere una battaglia che deve essere per forza vinta: è la battaglia per la vita”. Gli adolescenti formati in questo primo corso per tutor potranno diventare un esempio ed un aiuto per i coetanei che affrontano una diagnosi per la prima volta e una proiezione del futuro per le famiglie di bambini più piccoli.
Il diabete nel bambino
Il diabete mellito è la malattia cronica più frequente in età pediatrica e purtroppo spesso è diagnosticata in ritardo con gravi rischi per il bambino. Il diabete tipo 1 è una forma di diabete dovuto alla distruzione delle cellule del pancreas che producono l’insulina perciò è detto insulino-dipendente, perché l’organismo si trova ad essere senza questo ormone che è fondamentale per la vita.
Campanelli d’allarme
Il bambino, pertanto, all’esordio del diabete urina spesso (poliuria), beve più del solito (polidipsia), si sveglia di notte per bere e urinare, riprende a bagnare il letto (enuresi), ha più fame del solito (polifagia) ma dimagrisce, è stanco e ha meno energia (astenia), può avere infezioni nell’area genitale a causa della perdita di zucchero con le urine.
Nel bambino piccolo un segno caratteristico è la scarsa tenuta del pannolino per la poliuria, ma anche la voracità nel prendere il biberon (sete) e l’arresto della crescita. “In presenza di questi sintomi è importante intervenire subito, anche un giorno di attesa può essere troppo: se non possiamo contattare immediatamente il pediatra, rivolgiamoci al pronto soccorso. Questo quadro iniziale, infatti evolve rapidamente verso la chetoacidosi, che può portare al coma” spiega la specialista.
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Bambini, PrevenzioneLa diagnosi precoce del diabete di tipo 1 è essenziale nella prevenzione delle complicanze severe della malattia nei bambini. Non accorgersi dei campanelli d’allarme può infatti essere un errore pagato a caro prezzo negli anni a venire. In occasione della Giornata Mondiale del Diabete, che ricorre il 14 novembre, la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) sottolinea quanto è importante accorgersi del problema per ridurre i rischi associati. Gli studi più recenti, infatti, mettono in luce come uno screening preventivo possa ridurre fino al 94% il rischio di gravi complicazioni, come la chetoacidosi, che è una condizione potenzialmente letale.
Il ruolo dello screening
Due studi di internazionali, pubblicati su Diabetologia, hanno evidenziato l’impatto positivo dello screening precoce. Il primo studio, guidato dal professor Valentino Cherubini, presidente della SIEDP, ha analizzato la frequenza di chetoacidosi nei bambini italiani a cui viene diagnosticato il diabete solo al manifestarsi della complicanza. In Italia, dove la diagnosi spesso avviene con la comparsa dei primi sintomi, il tasso di chetoacidosi si attesta intorno al 41,2%, con un’incidenza maggiore nei bambini più piccoli e un secondo picco tra i 10 e i 12 anni.
Il secondo studio, condotto da un team di ricercatori tedeschi nell’ambito del progetto Fr1da, ha valutato l’efficacia di un programma di screening per la diagnosi precoce. I risultati hanno mostrato una frequenza di chetoacidosi solo del 2,5% nei bambini sottoposti a screening, con una riduzione del rischio di ben il 94% rispetto alla popolazione italiana non sottoposta a controllo. Questi dati confermano l’efficacia dello screening nell’identificazione precoce del diabete di tipo 1, riducendo drasticamente l’incidenza delle complicanze.
La Legge 130 e il programma nazionale di screening
In risposta a questi risultati, in Italia è stata approvata la Legge 130/2023, che istituisce un programma nazionale di screening pediatrico per il diabete di tipo 1. Questa legge rappresenta un passo fondamentale verso la tutela della salute infantile, poiché consente di identificare la malattia prima che si manifestino sintomi gravi, proteggendo così la qualità della vita dei bambini. Si stima che, grazie a questo programma, oltre 450 bambini all’anno potranno evitare la chetoacidosi, migliorando sensibilmente il decorso della loro condizione.
Diabete di tipo 1, aumentano le diagnosi
A livello globale, il diabete di tipo 1 colpisce circa 8,4 milioni di persone, con un’incidenza in continuo aumento. Ogni anno, mezzo milione di bambini riceve una diagnosi di diabete di tipo 1. La diagnosi precoce, oltre a prevenire complicanze immediate, permette anche di intervenire con nuove terapie che possono ritardare l’insorgenza dei sintomi, migliorando così la qualità della vita delle persone colpite dalla malattia.
Alla base della prevenzione
La diagnosi precoce del diabete di tipo 1 rappresenta una strategia di prevenzione fondamentale. Grazie agli screening, i bambini hanno maggiori possibilità di evitare complicanze gravi, come la chetoacidosi, e di ricevere terapie che possono migliorare significativamente il loro futuro.
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Tumore della laringe, Monaldi di Napoli eccellenza del Sud
News, News, Ricerca innovazioneIl reparto di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale Monaldi di Napoli si conferma come un centro di eccellenza per il trattamento del tumore della laringe. Questo prestigioso riconoscimento arriva grazie ai dati Agenas, che evidenziano come il reparto, guidato dal professor Giuseppe Tortoriello, sia il primo centro nel Sud Italia per la quantità e complessità dei casi trattati. È proprio grazie all’equipe e al lavoro messo in campo dal professor Tortoriello se moltissimi pazienti hanno potuto sconfiggere la malattia ritrovando la voce.
Innovazione chirurgica
Ma cosa distingue l’Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria del Monaldi? Certamente l’innovazione nella chirurgia laringea, in particolare nella standardizzazione della tecnica chirurgica per il posizionamento delle protesi che consentono ai pazienti operati di tornare a parlare con la propria voce. Grazie all’impiego della protesi fonatoria già durante l’intervento di laringectomia totale per i casi di tumori localmente avanzati, i pazienti possono infatti iniziare a recuperare l’uso della voce fin dal momento delle dimissioni. Questa “nuova voce” permette un recupero rapido e significativo, contribuendo a migliorare la qualità di vita e facilitando il reinserimento nella socialità, nell’ambiente di lavoro e nella vita quotidiana.
La formazione
Per consolidare e diffondere queste competenze, il reparto ospiterà il Corso di Chirurgia e Riabilitazione nei giorni 13 e 14 novembre 2024. Il programma del corso sarà articolato in lezioni teoriche tenute da esperti del settore e sessioni di chirurgia dal vivo (live surgery). Il corso è rivolto a circa 20 Medici Specialisti provenienti da tutta Italia, che avranno l’opportunità di apprendere le tecniche operatorie avanzate nella chirurgia laringea e di discutere le migliori pratiche per la gestione post-operatoria delle protesi fonatorie. Il corso rappresenta un’opportunità preziosa di aggiornamento professionale e mira a promuovere un approccio multidisciplinare integrato.
Secondo l’avvocato Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli, “La U.O.C. di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale Monaldi è un centro di eccellenza per il trattamento dei tumori della laringe, e con questo corso si propone di fornire strumenti preziosi per una gestione integrata e multidisciplinare. L’obiettivo finale è migliorare la qualità di vita, l’assistenza e il recupero dei pazienti sottoposti a laringectomia totale e al posizionamento di protesi fonatoria.
Tumore della laringe: sintomi e diagnosi
Del tumore della laringe, nonostante i numeri in crescita, si sente parlare poco. Ma quali sono i sintomi principali?
Diagnosi del tumore della laringe
La diagnosi precoce è fondamentale per migliorare la prognosi del tumore alla laringe. Il percorso diagnostico include diversi passaggi:
È chiaro che il trattamento del tumore della laringe varia a seconda della fase di avanzamento e può servire la chirurgia, ma anche la radioterapia o la chemioterapia, spesso integrate da percorsi riabilitativi per il recupero della voce e della deglutizione. Ecco perché è di fondamentale importanza riferirsi ad un centro d’eccellenza che possa garantire i trattamenti più innovativi, che consentano anche un rapido recupero della voce.
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Innovazione in Sanità, parte l’Health Innovation Show 2024: dialogo tra stakeholder per una salute equa
Economia sanitaria, Eventi PreSa-Mesit, Medicina Sociale, News, Prevenzione, Ricerca innovazioneL’innovazione come risposta alle esigenze di salute e come strategia per una sanità sostenibile. Questi i temi centrali della seconda edizione dell’Health Innovation Show 2024, organizzato dalla Fondazione Mesit (Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica).
Trabucco: innovazione per garantire equità
“L’innovazione è il motore della transizione sanitaria”, afferma Marco Trabucco Aurilio, presidente della Fondazione Mesit. “I progressi della ricerca scientifica hanno trasformato le cure per molte patologie, riducendo sia la mortalità che il carico invalidante per i pazienti. La sfida attuale è l’equità: assicurare che l’innovazione sia accessibile a tutti i cittadini, ovunque risiedano”. Trabucco Aurilio sottolinea l’importanza dell’Health Innovation Show 2024 per generare proposte concrete in merito all’innovazione e all’accesso a queste nuove tecnologie, in un momento cruciale in cui si discute la legge di bilancio.
Schillaci: con AI accelerazione straordinaria nella diagnosi e nella cura
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, in un messaggio rivolto ai partecipanti, evidenzia i benefici delle tecnologie avanzate nella sanità. “Come medico nucleare, ho visto migliorare l’assistenza sanitaria e la qualità delle cure grazie a dispositivi che distinguono in modo dettagliato tra lesioni benigne e maligne e a radiofarmaci sempre più specifici. L’intelligenza artificiale in campo prognostico offre prospettive di sviluppo significative, consentendo di prevedere l’evoluzione delle malattie attraverso modelli basati sui dati di imaging”. Schillaci sottolinea come il costo delle innovazioni, nel lungo termine, possano generare risparmi importanti per il sistema, oltre che migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Cattani: l’innovazione arriva se l’industria farmaceutica investe in ricerca
Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, ha ricordato il ruolo cruciale dell’industria farmaceutica nel processo di innovazione. “Health Innovation Show 2024 è un’occasione fondamentale per fare il punto sul percorso di innovazione del nostro Paese. L’industria farmaceutica è al centro di questo processo e sostiene il Pil, l’export e la capacità di innovare in tutte le fasi: dal sviluppo di nuovi farmaci, alla produzione e alle assunzioni. Tuttavia, questo percorso potrà proseguire solo se accompagnato dalle necessarie riforme”, conclude Cattani.
L’evento è stato organizzato in collaborazione con il Ceis-Eehta (Centro di Studi Economici e Internazionali: Valutazione Economica e HTA, Università degli Studi di Roma Tor Vergata), Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma) e il Centro di Ricerca Interdipartimentale “Innovazione & Salute” dell’Università Roma Tre, con il sostegno non condizionante di Sanofi e Gilead.
Durante la prima giornata è stato presentato il nuovo aggiornamento del report “Innovation Starting Point: Prospettive passate e future in Sanità”, realizzato dalla Fondazione Mesit con il supporto delle università coinvolte. Il report offre una panoramica delle innovazioni che hanno avuto un impatto rilevante sul sistema sanitario italiano, orientando il dibattito su come implementare ulteriori strumenti innovativi nella sanità pubblica.
L’evento si svolge a Roma e si concluderà domani. Si pone come luogo di confronto tra istituzioni, industria e professionisti della salute, al fine di promuovere iniziative che possano sostenere una sanità più equa, efficiente e all’avanguardia.
Cos’è e come si gestisce la BPCO
RubricheSe ne parla ancora poco e in pochi la conoscono, eppure la broncopneumopatia cronica ostruttiva è una malattia respiratoria che colpisce i polmoni di tre milioni e mezzo di italiani. In Europa è la terza causa di morte. Si tratta di una malattia cronica che oggi, dopo diversi anni senza innovazioni terapeutiche di rilievo, vede nuove prospettive dalla ricerca. Per saperne di più, conoscerla meglio e scoprire come affrontarla, ne parleremo sabato 16 novembre ai microfoni di Radio Kiss Kiss con la dottoressa Giulia Scioscia, specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio e ricercatrice presso l’Università di Foggia. Appuntamento alle 8.15 circa. Stay Tuned!