Tempo di lettura: 5 minutiL’aria inquinata è responsabile di oltre 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni nel mondo (dati riferiti al 2021). Secondo le stime, l’inquinamento atmosferico è il secondo fattore principale di rischio di morte per questa fascia di età. Ogni giorno quasi 2 mila bambini con meno di cinque anni muoiono per gli impatti sulla salute. Nel complesso, l’aria inquinata è responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. Inoltre, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.
Decessi e malattie croniche per l’aria inquinata, i nuovi dati
Secondo la quinta edizione del Rapporto State of Global Air (SoGA), cresce l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana. Oggi rappresenta il secondo principale fattore di rischio di morte a livello globale.
Il Rapporto, pubblicato oggi dall’Health Effects Institute (HEI- un’organizzazione di ricerca indipendente no-profit con sede negli Stati Uniti), realizzato per la prima volta in collaborazione con l’UNICEF, ha rilevato che l’inquinamento atmosferico è stato responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. In aggiunta a questi decessi, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.
Particelle entrano nel flusso sanguigno e aumentano rischio di ictus, cancro e diabete
Oltre il 90% dei decessi dovuti all’inquinamento atmosferico – 7,8 milioni di persone – è attribuito all’inquinamento atmosferico da PM2,5, compreso quello ambientale e domestico. Queste minuscole particelle, che misurano meno di 2,5 micrometri di diametro, sono così piccole che rimangono nei polmoni e possono entrare nel flusso sanguigno, influenzando molti sistemi degli organi.
In particolare, aumentano il rischio di malattie non trasmissibili negli adulti come le malattie cardiache, l’ictus, il diabete, il cancro ai polmoni e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Secondo il rapporto, il PM2,5 è risultato essere il più costante e accurato indicatore di risultati negativi per la salute in tutto il mondo.
Bambini al di sotto dei 5 anni più vulnerabili
Il Rapporto rileva che i bambini al di sotto dei cinque anni sono particolarmente vulnerabili. Gli effetti sulla salute includono nascita prematura, basso peso alla nascita, asma e malattie polmonari. Nel 2021, l’esposizione all’inquinamento atmosferico è stata collegata a più di 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni, rendendolo il secondo fattore principale di rischio di morte a livello globale per questa fascia di età, dopo la malnutrizione. Ben 500 mila di questi decessi di bambini erano legati all’inquinamento atmosferico domestico dovuto alla cottura in casa con combustibili inquinanti, soprattutto in Africa e in Asia.
Preoccupazione per la salute globale
Il nuovo Rapporto SoGA offre un’analisi dettagliata dei dati recentemente pubblicati dallo studio Global Burden of Disease del 2021. In particolare, mostra il grave impatto sulla salute umana di inquinanti come il particolato fine esterno (PM2,5), l’inquinamento atmosferico domestico, l’ozono (O3) e il biossido di azoto (NO2) in tutto il mondo. Il rapporto include dati relativi a più di 200 Paesi e territori in tutto il mondo, indicando che quasi ogni persona sulla terra respira ogni giorno livelli malsani di inquinamento atmosferico, con implicazioni di vasta portata per la salute.
Inquinamento atmosferico e cambiamento climatico
L’inquinamento atmosferico da PM2,5 deriva dalla combustione di combustibili fossili e biomassa in settori quali i trasporti, le abitazioni, le centrali elettriche a carbone, le attività industriali e gli incendi boschivi. Queste emissioni non solo hanno un impatto sulla salute delle persone, ma contribuiscono anche ai gas serra che stanno riscaldando il pianeta. Le popolazioni più vulnerabili sono colpite in modo sproporzionato sia dai rischi climatici che dall’aria inquinata.
Nel 2021, l’esposizione a lungo termine all’ozono ha contribuito a 489.518 decessi stimati a livello globale, tra cui 14.000 decessi per BPCO legati all’ozono negli Stati Uniti, più alti rispetto ad altri Paesi ad alto reddito. Con il continuo riscaldamento del mondo dovuto agli effetti del cambiamento climatico, le aree con alti livelli di NO2 possono aspettarsi livelli più elevati di ozono, con effetti ancora più gravi sulla salute.
Paesi ad alto reddito: livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute
Per la prima volta, il Rapporto di quest’anno include i livelli di esposizione e i relativi effetti sulla salute del biossido di azoto (NO2), compreso l’impatto dell’esposizione a NO2 sullo sviluppo dell’asma dei bambini. I gas di scarico del traffico sono una delle principali fonti di NO2, il che significa che le aree urbane densamente popolate, in particolare nei Paesi ad alto reddito, registrano spesso i livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute.
“Questo nuovo Rapporto ci ricorda con chiarezza l’impatto significativo che l’inquinamento atmosferico ha sulla salute umana, con un onere troppo elevato a carico dei bambini piccoli, delle popolazioni più anziane e dei Paesi a basso e medio reddito”, ha dichiarato Pallavi Pant, responsabile del settore Salute globale dell’HEI, che ha supervisionato la pubblicazione del rapporto SoGA. “Questo indica chiaramente l’opportunità per le città e i Paesi di considerare la qualità dell’aria e l’inquinamento atmosferico come fattori ad alto rischio quando si sviluppano politiche sanitarie e altri programmi di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili”.
Salute dei bambini, danni già nel grembo materno
Alcuni dei maggiori impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico si registrano nei bambini. I bambini sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento atmosferico e i suoi danni possono iniziare già nel grembo materno, con effetti sulla salute che possono durare tutta la vita. Ad esempio, i bambini inalano più aria per chilogrammo di peso corporeo e assorbono più inquinanti rispetto agli adulti mentre i loro polmoni, i loro corpi e i loro cervelli sono ancora in fase di sviluppo.
L’esposizione all’inquinamento atmosferico nei bambini piccoli è legata alla polmonite, responsabile di 1 decesso su 5 di bambini a livello globale, e all’asma, la malattia respiratoria cronica più comune nei bambini più grandi. Inoltre pesano le disuguaglianze legate all’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini. Il tasso di mortalità legato all’inquinamento atmosferico nei bambini al di sotto dei cinque anni in Africa orientale, occidentale, centrale e meridionale è 100 volte più alto rispetto alle loro controparti nei Paesi ad alto reddito.
Ci sono anche buone notizie
Il rapporto SoGA contiene anche buone notizie. Dal 2000, il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni è diminuito del 53%, grazie soprattutto agli sforzi volti ad ampliare l’accesso all’energia pulita per cucinare, oltre che ai miglioramenti nell’accesso all’assistenza sanitaria e alla nutrizione e a una maggiore consapevolezza dei danni associati all’esposizione all’inquinamento atmosferico domestico.
Molti Paesi, in particolare quelli che registrano i livelli più elevati di inquinamento atmosferico, stanno finalmente affrontando il problema di petto. Le azioni per la qualità dell’aria in regioni come l’Africa, l’America Latina e l’Asia, come l’installazione di reti di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, l’attuazione di politiche più severe sulla qualità dell’aria o la compensazione dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico con il passaggio a veicoli ibridi o elettrici, stanno avendo un impatto misurabile sull’inquinamento e sul miglioramento della salute pubblica.
Prospettive future
“Ci auguriamo che il nostro Rapporto State of Global Air fornisca sia le informazioni che l’ispirazione per un cambiamento”, ha dichiarato la presidente dell’HEI, Elena Craft. “L’inquinamento atmosferico ha enormi implicazioni per la salute. Sappiamo che migliorare la qualità dell’aria e la salute pubblica globale è pratico e realizzabile”.
“È indispensabile che i governi e le imprese prendano in considerazione queste stime e i dati disponibili a livello locale e li utilizzino per elaborare azioni significative e incentrate sui bambini per ridurre l’inquinamento atmosferico e proteggere la salute dei bambini”, ha dichiarato Kitty van der Heijden, vicedirettrice generale dell’UNICEF.
Una verruca non rovinerà l’estate
AdolescentiLe verruche sono un comune disturbo della pelle, spesso associato all’esposizione a ambienti umidi e poco igienici. Tra gli inestetismi della pelle sono forse i più resistenti ad andare via e se non trattati adeguatamente possono causare problemi. Ma, ad ogni modo, non sarà di certo una verruca a rovinare l’estate.
Cos’è una verruca?
Una verruca è un’escrescenza cutanea causata dal papillomavirus umano (HPV). Si presenta come papula sulla pelle, talvolta pigmentata e ispessita. Può comparire in diverse zone del corpo, tra cui mani, piedi e viso. Sebbene le verruche siano generalmente innocue, possono essere esteticamente sgradevoli e causare fastidi o dolore.
È possibile contagiarsi
Le verruche sono contagiose e possono trasmettersi attraverso il contatto con il sangue. È importante sfatare il mito che le verruche si contraggano esclusivamente in piscina o in palestra. Infatti, individui che non frequentano questi ambienti possono comunque sviluppare verruche. Questo accade perché alcuni soggetti, come i bambini affetti da dermatite atopica, possono sviluppare verruche virali e molluschi contagiosi più frequentemente a causa di un sistema immunitario indebolito e deficitario.
Cerotti contro le verruche: sono utili?
I cerotti contro le verruche, disponibili in commercio, contengono acido salicilico che aiuta a rimuovere le verruche. Questo trattamento può essere efficace per eliminare le verruche più superficiali. Tuttavia, se il problema persiste, è consigliabile considerare altre opzioni terapeutiche come la crioterapia.
Che cos’è la crioterapia
La crioterapia è un trattamento che prevede l’applicazione di azoto liquido a temperature estremamente basse, circa -180 gradi centigradi, per congelare la verruca. Questo processo provoca la formazione di una bolla che successivamente stacca la verruca. Dopo circa un mese, la lesione viene controllata nuovamente e, se necessario, si può effettuare un’altra seduta. Questo metodo è efficace ma può richiedere più di un trattamento per eliminare completamente la verruca.
Come funziona il laser
Il laser rappresenta un’alternativa alla crioterapia per il trattamento delle verruche. Utilizzando il laser CO2, la verruca viene carbonizzata e bruciata, creando una piccola ferita che guarisce rapidamente. A differenza della crioterapia, il laser è solitamente sufficiente in una sola seduta poiché riesce a penetrare in profondità. Questo trattamento richiede una leggera anestesia locale per minimizzare il dolore.
fare prevenzione
La prevenzione delle verruche è essenziale per evitare la diffusione del virus. Ecco alcuni consigli utili:
Tante possibili soluzioni
Le verruche sono un problema cutaneo comune che può essere gestito efficacemente con i giusti trattamenti. Dai cerotti contenenti acido salicilico alla crioterapia e al trattamento laser, esistono diverse opzioni per rimuovere le verruche. È importante consultare un dermatologo per determinare il trattamento più adatto alle proprie esigenze e adottare misure preventive per evitare la diffusione del virus.
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Bambini, aria inquinata 2° fattore di rischio morte
Bambini, Economia sanitaria, News, News, PrevenzioneL’aria inquinata è responsabile di oltre 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni nel mondo (dati riferiti al 2021). Secondo le stime, l’inquinamento atmosferico è il secondo fattore principale di rischio di morte per questa fascia di età. Ogni giorno quasi 2 mila bambini con meno di cinque anni muoiono per gli impatti sulla salute. Nel complesso, l’aria inquinata è responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. Inoltre, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.
Decessi e malattie croniche per l’aria inquinata, i nuovi dati
Secondo la quinta edizione del Rapporto State of Global Air (SoGA), cresce l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana. Oggi rappresenta il secondo principale fattore di rischio di morte a livello globale.
Il Rapporto, pubblicato oggi dall’Health Effects Institute (HEI- un’organizzazione di ricerca indipendente no-profit con sede negli Stati Uniti), realizzato per la prima volta in collaborazione con l’UNICEF, ha rilevato che l’inquinamento atmosferico è stato responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. In aggiunta a questi decessi, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.
Particelle entrano nel flusso sanguigno e aumentano rischio di ictus, cancro e diabete
Oltre il 90% dei decessi dovuti all’inquinamento atmosferico – 7,8 milioni di persone – è attribuito all’inquinamento atmosferico da PM2,5, compreso quello ambientale e domestico. Queste minuscole particelle, che misurano meno di 2,5 micrometri di diametro, sono così piccole che rimangono nei polmoni e possono entrare nel flusso sanguigno, influenzando molti sistemi degli organi.
In particolare, aumentano il rischio di malattie non trasmissibili negli adulti come le malattie cardiache, l’ictus, il diabete, il cancro ai polmoni e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Secondo il rapporto, il PM2,5 è risultato essere il più costante e accurato indicatore di risultati negativi per la salute in tutto il mondo.
Bambini al di sotto dei 5 anni più vulnerabili
Il Rapporto rileva che i bambini al di sotto dei cinque anni sono particolarmente vulnerabili. Gli effetti sulla salute includono nascita prematura, basso peso alla nascita, asma e malattie polmonari. Nel 2021, l’esposizione all’inquinamento atmosferico è stata collegata a più di 700mila decessi di bambini al di sotto dei cinque anni, rendendolo il secondo fattore principale di rischio di morte a livello globale per questa fascia di età, dopo la malnutrizione. Ben 500 mila di questi decessi di bambini erano legati all’inquinamento atmosferico domestico dovuto alla cottura in casa con combustibili inquinanti, soprattutto in Africa e in Asia.
Preoccupazione per la salute globale
Il nuovo Rapporto SoGA offre un’analisi dettagliata dei dati recentemente pubblicati dallo studio Global Burden of Disease del 2021. In particolare, mostra il grave impatto sulla salute umana di inquinanti come il particolato fine esterno (PM2,5), l’inquinamento atmosferico domestico, l’ozono (O3) e il biossido di azoto (NO2) in tutto il mondo. Il rapporto include dati relativi a più di 200 Paesi e territori in tutto il mondo, indicando che quasi ogni persona sulla terra respira ogni giorno livelli malsani di inquinamento atmosferico, con implicazioni di vasta portata per la salute.
Inquinamento atmosferico e cambiamento climatico
L’inquinamento atmosferico da PM2,5 deriva dalla combustione di combustibili fossili e biomassa in settori quali i trasporti, le abitazioni, le centrali elettriche a carbone, le attività industriali e gli incendi boschivi. Queste emissioni non solo hanno un impatto sulla salute delle persone, ma contribuiscono anche ai gas serra che stanno riscaldando il pianeta. Le popolazioni più vulnerabili sono colpite in modo sproporzionato sia dai rischi climatici che dall’aria inquinata.
Nel 2021, l’esposizione a lungo termine all’ozono ha contribuito a 489.518 decessi stimati a livello globale, tra cui 14.000 decessi per BPCO legati all’ozono negli Stati Uniti, più alti rispetto ad altri Paesi ad alto reddito. Con il continuo riscaldamento del mondo dovuto agli effetti del cambiamento climatico, le aree con alti livelli di NO2 possono aspettarsi livelli più elevati di ozono, con effetti ancora più gravi sulla salute.
Paesi ad alto reddito: livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute
Per la prima volta, il Rapporto di quest’anno include i livelli di esposizione e i relativi effetti sulla salute del biossido di azoto (NO2), compreso l’impatto dell’esposizione a NO2 sullo sviluppo dell’asma dei bambini. I gas di scarico del traffico sono una delle principali fonti di NO2, il che significa che le aree urbane densamente popolate, in particolare nei Paesi ad alto reddito, registrano spesso i livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute.
“Questo nuovo Rapporto ci ricorda con chiarezza l’impatto significativo che l’inquinamento atmosferico ha sulla salute umana, con un onere troppo elevato a carico dei bambini piccoli, delle popolazioni più anziane e dei Paesi a basso e medio reddito”, ha dichiarato Pallavi Pant, responsabile del settore Salute globale dell’HEI, che ha supervisionato la pubblicazione del rapporto SoGA. “Questo indica chiaramente l’opportunità per le città e i Paesi di considerare la qualità dell’aria e l’inquinamento atmosferico come fattori ad alto rischio quando si sviluppano politiche sanitarie e altri programmi di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili”.
Salute dei bambini, danni già nel grembo materno
Alcuni dei maggiori impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico si registrano nei bambini. I bambini sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento atmosferico e i suoi danni possono iniziare già nel grembo materno, con effetti sulla salute che possono durare tutta la vita. Ad esempio, i bambini inalano più aria per chilogrammo di peso corporeo e assorbono più inquinanti rispetto agli adulti mentre i loro polmoni, i loro corpi e i loro cervelli sono ancora in fase di sviluppo.
L’esposizione all’inquinamento atmosferico nei bambini piccoli è legata alla polmonite, responsabile di 1 decesso su 5 di bambini a livello globale, e all’asma, la malattia respiratoria cronica più comune nei bambini più grandi. Inoltre pesano le disuguaglianze legate all’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini. Il tasso di mortalità legato all’inquinamento atmosferico nei bambini al di sotto dei cinque anni in Africa orientale, occidentale, centrale e meridionale è 100 volte più alto rispetto alle loro controparti nei Paesi ad alto reddito.
Ci sono anche buone notizie
Il rapporto SoGA contiene anche buone notizie. Dal 2000, il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni è diminuito del 53%, grazie soprattutto agli sforzi volti ad ampliare l’accesso all’energia pulita per cucinare, oltre che ai miglioramenti nell’accesso all’assistenza sanitaria e alla nutrizione e a una maggiore consapevolezza dei danni associati all’esposizione all’inquinamento atmosferico domestico.
Molti Paesi, in particolare quelli che registrano i livelli più elevati di inquinamento atmosferico, stanno finalmente affrontando il problema di petto. Le azioni per la qualità dell’aria in regioni come l’Africa, l’America Latina e l’Asia, come l’installazione di reti di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, l’attuazione di politiche più severe sulla qualità dell’aria o la compensazione dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico con il passaggio a veicoli ibridi o elettrici, stanno avendo un impatto misurabile sull’inquinamento e sul miglioramento della salute pubblica.
Prospettive future
“Ci auguriamo che il nostro Rapporto State of Global Air fornisca sia le informazioni che l’ispirazione per un cambiamento”, ha dichiarato la presidente dell’HEI, Elena Craft. “L’inquinamento atmosferico ha enormi implicazioni per la salute. Sappiamo che migliorare la qualità dell’aria e la salute pubblica globale è pratico e realizzabile”.
“È indispensabile che i governi e le imprese prendano in considerazione queste stime e i dati disponibili a livello locale e li utilizzino per elaborare azioni significative e incentrate sui bambini per ridurre l’inquinamento atmosferico e proteggere la salute dei bambini”, ha dichiarato Kitty van der Heijden, vicedirettrice generale dell’UNICEF.
SLA, un farmaco contro il cancro potrebbe cambiare tutto
Ricerca innovazione, NewsScienziati italiani hanno scoperto un possibile approccio terapeutico per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Un passo avanti che potrebbe rivelarsi determinante, perché la malattia è neurodegenerativa ed è devastante, caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni, le cellule nervose che controllano i movimenti. Le scoperte scientifiche del team italiano aprono ora a nuove speranze per il trattamento di questa patologia. Un innovativo approccio terapeutico è stato individuato attraverso uno studio pubblicato su Nature Communications, coordinato dalla Sapienza Università di Roma e dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Roma.
Cos’è la SLA?
La SLA, o Sclerosi Laterale Amiotrofica, è una malattia neurologica che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose del cervello e del midollo spinale che controllano il movimento dei muscoli. Con la progressiva degenerazione di queste cellule, i pazienti perdono gradualmente la capacità di muoversi, parlare, deglutire e, infine, respirare. I sintomi iniziali della possono includere debolezza muscolare, spasmi, crampi e difficoltà nel camminare. Man mano che la malattia avanza, i sintomi peggiorano, portando a una significativa compromissione della qualità della vita.
La scoperta del team italiano
Finanziato da un progetto ERC-Synergy, il nuovo studio è stato coordinato dalla professoressa Irene Bozzoni del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e del centro CLNS2 di IIT di Roma. Il team di ricerca ha scoperto che circa il 10% dei casi di SLA è legato a alterazioni nelle proteine che formano i cosiddetti granuli da stress. Questi granuli, sotto particolari condizioni, si trasformano in aggregati tossici per i motoneuroni a causa di proteine aberranti.
Modifica dell’RNA
Un punto cruciale della scoperta riguarda una specifica modifica chimica dell’RNA, nota come N6-metiladenosina (m6A), che gioca un ruolo fondamentale nella formazione di questi aggregati. La SLA, soprattutto nelle forme più aggressive, è caratterizzata da alti livelli di m6A. Riducendo tali livelli, i ricercatori sono riusciti a normalizzare la formazione dei granuli da stress.
Un farmaco contro la leucemia potrebbe curare la SLA
La chiave della scoperta risiede nell’uso di una molecola chiamata STM2457, attualmente in sperimentazione clinica per il trattamento della leucemia. “Siamo riusciti a diminuire i livelli di m6A utilizzando STM2457,” spiega la professoressa Bozzoni. “Questa scoperta apre alla possibilità di utilizzarla anche come nuovo approccio terapeutico per il trattamento della SLA.”
Conseguenze per la qualità della vita
Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. Attualmente, non esiste una cura per la SLA, e i trattamenti disponibili possono solo rallentare il progresso della malattia. La possibilità di un nuovo farmaco che possa intervenire direttamente sui meccanismi cellulari alla base della SLA rappresenta un passo avanti significativo. La SLA non solo priva i pazienti delle loro capacità motorie, ma ha anche un impatto devastante sulla loro qualità di vita. La perdita progressiva delle funzioni motorie porta a una dipendenza totale da assistenza per le attività quotidiane, e i pazienti spesso necessitano di supporti tecnologici per comunicare e respirare. L’introduzione di un trattamento efficace potrebbe migliorare significativamente la vita dei pazienti e delle loro famiglie, riducendo i sintomi e rallentando la progressione della malattia.
Una speranza in più
Questa scoperta rappresenta una svolta promettente nella ricerca sulla SLA. Il lavoro del team italiano non solo approfondisce la nostra comprensione dei meccanismi cellulari alla base della SLA, ma identifica anche nuove potenziali strade terapeutiche. Mentre la sperimentazione clinica del farmaco STM2457 continua, c’è speranza che un giorno possa offrire una nuova luce ai pazienti affetti da questa devastante malattia. Il lavoro del team italiano non solo approfondisce la nostra comprensione dei meccanismi cellulari alla base della SLA, ma identifica anche nuove potenziali strade terapeutiche. Mentre la sperimentazione clinica del farmaco STM2457 continua, c’è speranza che un giorno possa offrire una nuova luce ai pazienti affetti da questa devastante malattia.
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Superfood per lo sport, bastano 53 grammi di mandorle
Alimentazione, News, SportLa chiamano energia verde per lo sport ed è il frutto dell’evoluzione dell’alimentazione. Gli esperti in nutrizione umana hanno ormai ampliato il proprio orizzonte e riconoscono l’importanza degli alimenti naturali e integrali nel migliorare le prestazioni atletiche. In questo senso, è molto interessante uno studio pubblicato su Frontiers in Nutrition (finanziato dall’Almond Board of California) che ha rivelato come una manciata di mandorle può avere un impatto significativo sulla riduzione dell’indolenzimento muscolare e sul miglioramento delle prestazioni durante il recupero post-esercizio.
Il ruolo degli alimenti vegetali nella nutrizione sportiva
Contrariamente allo stereotipo del palestrato che consuma esclusivamente pollo alla griglia e riso bollito, c’è una crescente attenzione verso l’integrazione di alimenti vegetali nella dieta degli atleti. Questo movimento include campioni di livello mondiale come Lionel Messi, Novak Djokovic, le sorelle Williams e Lewis Hamilton, che hanno adottato diete a base vegetale per migliorare le loro prestazioni e il recupero.
I benefici delle mandorle nello sport
Il nuovo studio ha evidenziato che il consumo di 57 grammi di mandorle crude intere al giorno per otto settimane comporta una significativa riduzione dell’indolenzimento muscolare. I partecipanti hanno registrato una riduzione di quasi il 25% dell’indolenzimento muscolare durante l’esecuzione di un esercizio di potenza esplosiva nel periodo di recupero cumulativo di 72 ore.
Addio alla sensazione di fatica
Questi risultati si aggiungono a ricerche precedenti, ma lo studio condotto dal dottor David Nieman ha dimostrato come uno spuntino a base di mandorle possa ridurre la sensazione di fatica e tensione, aumentare la forza in gambe e schiena, e diminuire i danni muscolari durante il primo giorno di recupero.
Lo studio e i suoi risultati
Lo studio di Nieman ha utilizzato un disegno randomizzato a gruppi paralleli, in cui i partecipanti al trattamento hanno consumato 57 grammi di mandorle al giorno, suddivisi tra mattina e pomeriggio, per quattro settimane. I partecipanti al gruppo di controllo hanno consumato una barretta di cereali con lo stesso apporto calorico.
Le analisi
Al termine delle quattro settimane, i ricercatori hanno analizzato vari parametri, tra cui le ossilipine plasmatiche, i fenoli urinari, le citochine plasmatiche, i biomarcatori di danno muscolare, gli stati d’animo e le prestazioni di esercizio. I soggetti che avevano consumato le mandorle hanno mostrato livelli più bassi di creatina chinasi nel siero, un marcatore del danno muscolare, e livelli più elevati di ossilipine 12,13-DiHome, che aiuta il muscolo a bruciare più grasso come combustibile durante l’esercizio.
Effetto antinfiammatorio
Michelangelo Giampietro, specialista in Medicina dello Sport e in Scienza dell’Alimentazione, ha commentato: “Sebbene lo studio condotto da Nieman abbia coinvolto adulti che non praticano regolarmente esercizio fisico e che dovevano sottoporsi a esercizi di contro resistenza, che causano una maggiore infiammazione a livello muscolare, il consumo di 57 grammi di mandorle ha portato a un miglioramento del recupero post-allenamento. L’effetto antinfiammatorio del consumo di mandorle è stato attribuito alla produzione di ossilipine, e questo è stato confermato sia in laboratorio che attraverso un questionario compilato dai partecipanti”.
Un Superfood per tutti
Le mandorle non sono solo per gli atleti di alto livello. Anche i principianti e coloro che non svolgono regolarmente attività fisica possono beneficiare dei loro nutrienti, vitamine, fibre e grassi buoni. Integrarle nella propria dieta può aiutare a migliorare il recupero post-esercizio, ridurre l’infiammazione e supportare una migliore qualità generale della dieta. Un consumo moderato può contribuire a migliorare le prestazioni, ridurre l’indolenzimento muscolare e favorire una migliore risposta infiammatoria post-esercizio. Che il proprio livello sia quello di atleti professionisti o di semplici principianti, l’integrazione delle giusta quantità di mandorle nella dieta può rappresentare un passo importante verso il raggiungimento degli obiettivi di fitness e benessere.
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HIV, nel Lazio record di diagnosi
Associazioni pazienti, News, PrevenzioneLa Regione Lazio e la città di Roma sono i luoghi che segnano la maggiore incidenza di casi di HIV nel 2022 in Italia. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, sono state notificate 293 nuove diagnosi di HIV, in oltre il 60% dei casi in fase avanzata, per un’incidenza di 4.8 x 100mila residenti, superiore alla media nazionale, che è di 3.2 x 100mila. L’incidenza si rivela ancora più elevata nella città di Roma (5.2 x 100mila). Il tema verrà affrontato proprio nella capitale in occasione della 16°edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research da domani, 19 giugno, fino al 21 giugno, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.
HIV, i dati sulla diffusione
In Italia oggi vi sono poco più di 140mila persone che vivono con HIV, di cui circa 10mila sono inconsapevoli di aver contratto l’infezione. Recentemente il Sistema Nazionale di Sorveglianza dell’ISS ha contato poco meno di duemila nuove infezioni ogni anno. Nel 2022 ha riportato 1.888 nuove diagnosi, di cui il 58% in fase avanzata di malattia.
“I dati più recenti confermano la necessità di diffondere maggiormente il test per poter intervenire quando si è ancora in tempo per limitare le conseguenze dell’infezione – sottolinea la Prof.ssa Antonella Cingolani, copresidente ICAR – La terapia antiretrovirale, infatti, permette alle persone con HIV di cronicizzare l’infezione e di avere una qualità di vita simile alla popolazione generale. Inoltre, se la terapia è assunta regolarmente, la viremia si può azzerare fino a rendere il virus non trasmissibile, come sancito dall’equazione U=U, Undetectable=Untrasmittable”.
“Analizzando i dati regionali – prosegue la specialista – emerge il primato negativo del Lazio, dove l’incidenza delle nuove diagnosi per 100mila residenti è di 4.8, superiore al resto del Paese. In virtù delle sue caratteristiche, il Lazio è da sempre una delle regioni con il maggior numero di contagi, ma a differenza di altre aree, come la Lombardia, non è riuscito a invertire il trend. Le cause possono essere diverse.
Uno degli elementi ancora carenti è la diffusione sul territorio di punti informativi, test rapidi, strumenti di prevenzione anche al di fuori degli ospedali di riferimento. In alcune città la diffusione di check point, spesso gestiti dalle associazioni, ha sicuramente favorito la consapevolezza e incentivato un approccio più completo alla prevenzione della trasmissione di HIV e delle altre malattie sessualmente trasmissibili”.
A Milano il “FAST-TRACK CITY” per la diagnosi dell’hiv
Milano è stata per anni la città con più casi di contagio in Italia. Nel 2018 il Sindaco Giuseppe Sala ha firmato l’adesione del Comune al progetto internazionale per la lotta all’Hiv “Fast Track Cities” . Con l’ingresso del capoluogo lombardo in questa rete globale, sono calate le nuove diagnosi.
“In questi anni, si sono diffusi servizi che permettono di veicolare messaggi per la prevenzione e la cura dell’HIV – sottolinea la Prof.ssa Giulia Carla Marchetti, copresidente ICAR –. I check point sul territorio si caratterizzano per l’assenza di barriere e per la presenza di ‘peers’, dei pari, talvolta persone con HIV, con cui l’utente può avere un colloquio informativo sui rischi di contagio da HIV e da Infezioni Sessualmente Trasmesse.
In questi luoghi è possibile fare test rapidi e, se necessario, essere indirizzati verso i centri infettivologici. Una città fast track non si contraddistingue solo per i check point, ma anche per le iniziative sul territorio, come i test e le informazioni portate ai diretti interessati senza mediazioni nelle zone della movida. Una molteplicità di azioni che permettono di diversificare gli sforzi per pervenire al risultato auspicato: diagnosi precoci, avvio della terapia, riduzione dei contagi, secondo il principio del ‘treatment as prevention’”.
Prospettive
“Il check point milanese a cui hanno collaborato le varie associazioni della Community con attività come test rapidi e poi anche con l’attivazione del centro PrEP al di fuori del contesto sanitario sono stati elementi molto importanti per favorire le diagnosi precoci – spiega Massimo Farinella, copresidente ICAR.
“A Roma vi sono varie attività, ma il salto di qualità con l’adesione al progetto fast track cities permetterebbe di sistematizzare e implementare meglio le varie iniziative, anche quelle che si svolgono al di fuori del contesto sanitario, permettendo anche una maggiore diffusione della PrEP. Lo sforzo però deve essere collettivo e richiede l’impiego di risorse: dietro a una fast track city c’è una rete di istituzioni che supporta le attività di tutti i soggetti, centri clinici, associazioni e altri servizi community based che operano attraverso una strategia pianificata per raggiungere gli obiettivi UNAIDS”, conclude.
Mai così caldo! I medici lanciano l’allarme
Anziani, News, PrevenzioneChe i cambiamenti climatici avessero ormai portato ad un caldo estivo insopportabile era evidente da tempo, ma mai si era arrivato di questi tempi a temperature così asfissianti. A lanciare un appello ai cittadini sono ora i medici di famiglia della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), Corrado Calamaro e Luigi Sparano. «Sono anni ormai che d’estate riceviamo chiamate dai nostri pazienti per colpi di calore e altri problemi legati all’aumento delle temperature, ma non abbiamo mai dovuto affrontare un caldo come quello prospettato in questi giorni. Spiamo molto preoccupati per gli effetti che le massime previste, con temperature percepite vicine ai 40, potranno avere. Non solo le persone anziane, ma tutti, dovrebbero evitare per quanto possibile di uscire nelle ore più calde e, comunque, di affrontare lunghi tratti al sole».
Il caldo torrido di Minosse
A spaventare è Minosse, anticiclone che sta per travolgere l’Italia con temperature record su quasi tutto il Nord, il Centro e il Sud. Alla luce delle previsioni meteo che prospettano un’ondata di caldo senza precedenti, i medici di famiglia della Fimmg lanciano un appello alla popolazione, in particolare alle persone anziane e fragili, affinché adottino misure precauzionali per proteggersi ed evitare di dover ricorrere al pronto soccorso. «Il grande caldo può rappresentare un serio pericolo, soprattutto per coloro che soffrono di patologie croniche o hanno un sistema immunitario compromesso», chiariscono Sparano e Calamaro.
Undici città in allerta gialla
Oggi, 18 giugno, è previsto bollino giallo (allerta 1) in 11 delle 27 città monitorate dal bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute. Le massime di oggi si porteranno fino a 38°C in Sicilia e Sardegna (non escluse però punte di 41°C locali, come a Perfugas e Mara nel sassarese), 36°C a Benevento e Foggia ma, per la prima volta nel 2024, anche 34°C a Roma, Firenze e Frosinone. Le città in allerta gialla sono Ancora, Bologna, Cagliari, Campobasso, Firenze, Frosinone, Latina, Palermo, Pescara, Rieti e Viterbo. Mentre sarà bollino arancione (allerta 2, quindi condizioni meteorologiche che comportano un rischio per la salute della popolazione) a Perugia e Roma. E mercoledì saliranno a 10 le città da bollino arancione: Ancona, Bologna, Campobasso, Frosinone, Palermo, Perugia, Pescara, Rieti, Roma e Viterbo.
Il decalogo della salute
I medici di famiglia hanno anche elaborato un decalogo di consigli pratici per aiutare le persone più vulnerabili a gestire al meglio le giornate di caldo intenso:
Semplici ma fondamentali consigli per affrontare in sicurezza le prossime settimane di caldo intenso. «È importante che ogni cittadino faccia la propria parte per proteggere la propria salute e quella dei propri cari», concludono i medici di famiglia.
Tumore al seno metastatico: 37mila donne in Italia. Il forum pazienti
Economia sanitaria, Medicina Sociale, News, PsicologiaIn Italia più di 37 mila donne convivono con un tumore al seno metastatico, con una prospettiva di sopravvivenza che la ricerca ha reso sempre più alta. La diagnosi di cancro alla mammella stravolge la vita delle pazienti e apre molti interrogativi. Come aumentare anche la qualità di vita, partendo dai loro bisogni, è stato il tema protagonista della prima edizione del Patient Forum.
Durante un incontro sono state messe al centro le donne con malattia metastatica. Il forum ha indagato i dubbi delle pazienti: dalla possibilità di ritornare al lavoro, alla capacità di essere presente con la famiglia, allo stile di vita per affrontare il percorso. Il Patient Forum si è tenuto a Milano, promosso da ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno), Europa Donna Italia, F.A.V.O. (Fondazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), Fondazione IncontraDonna, Salute Donna e Komen Italia, con il contributo non condizionante di Gilead.
I temi dell’iniziativa saranno la base per un documento a firma congiunta da portare all’attenzione delle istituzioni al fine garantire un percorso migliore alle pazienti. Il primo aspetto affrontato nel corso dell’evento, alla luce anche del difficile momento economico, è stato quello della “tossicità finanziaria” nel contesto del tumore al seno metastatico.
Tossicità finanziaria
«La diagnosi della malattia va a stravolgere anche la situazione lavorativa di una donna, con la perdita o la riduzione del reddito che si combina a un aumento dei costi da sostenere non solo per i farmaci non prescrivibili e i trattamenti per gli effetti collaterali delle terapie, ma anche per il sommarsi di tante spese indirette», ha sottolineato Flori Degrassi, presidente di ANDOS.
«Il problema si fa ancora più sentire per le lavoratrici con partita Iva iscritte alla gestione separata Inps: per loro sono previsti assegni di malattia e di ricovero spesso irrisori, che non coprono minimamente la perdita indotta dal non poter lavorare a causa del tumore. Ma spesso la situazione lavorativa si fa difficile anche per chi ha tutele contrattuali: si va da demansionamenti più o meno velati a espliciti inviti a dare le dimissioni. Occorre allora mettere a punto un piano con soluzioni innovative che permettano alle donne di concentrarsi solo sulla guarigione: per questo ANDOS, insieme a CREA Sanità, ha elaborato un questionario che è stato inviato ai suoi 52 comitati per ricevere segnalazioni, idee e suggerimenti utili direttamente dalle pazienti».
Supporto psicologico per le persone con tumore metastatico
Il 98% delle pazienti ritiene lo psico-oncologo un bisogno essenziale, ma solo il 25% di loro ha avuto la possibilità di accedere al servizio tramite la struttura ospedaliera che le aveva in cura. Questo il dato rilevato dal progetto di advocacy ForteMente, promosso da Europa Donna Italia in partnership con la Società Italiana di Psico-Oncologia e Senonetwork, con l’obiettivo di assicurare alle pazienti con tumore al seno un adeguato supporto psico-oncologico. Il progetto è stato sviluppato in tre differenti fasi di rilevazione, con un focus sulle donne con tumore al seno metastatico.
«Conclusosi nel 2022 con la stesura di un policy brief, ForteMente ha messo in luce: scarsa considerazione del bisogno, mancanza di informazione, carenza di personale dedicato e formato – ha evidenziato Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia-. Per questo motivo a maggio 2023, abbiamo inviato un questionario ai coordinatori delle Breast Unit per indagare il reale stato dell’arte del servizio di psico-oncologia ed è emersa un’erogazione carente: solo il 28,7% delle Breast Unit può fare affidamento sullo psico-oncologo per più di 20 ore settimanali e solo il 26,4% può garantire la sua presenza lungo tutto il percorso terapeutico. Per queste ragioni la nostra attività di advocacy prosegue con sempre più convinzione.».
Alimentazione con tumore al seno metastatico
Il Patient Forum di Milano ha evidenziato come la qualità della vita di una donna con tumore al seno metastatico passa anche da un miglioramento della qualità della sua alimentazione. «La malnutrizione non va considerata un’ineluttabile conseguenza della malattia oncologica, ma invece un fattore da prevenire o risolvere fornendo alla paziente tutte le indicazioni utili», ha affermato Adele Patrini, Coordinatrice di F.A.V.O. Lombardia, che insieme a F.A.V.O Nazionale dal 2016 promuove la “Carta dei Diritti del malato oncologico all’appropriato e tempestivo supporto nutrizionale” in collaborazione con l’Associazione Italiana di Oncologia Medica e la Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo.
«Sin dal momento della diagnosi, le Aziende sanitarie devono garantire una tempestiva valutazione dello stato di nutrizione, suggerendo quindi un corretto piano alimentare per favorire la terapia di supporto e aiutare al meglio l’organismo aggredito dal cancro. Va però sottolineato che purtroppo ciò non sempre avviene, a dispetto del fatto che si tratta di un diritto sancito dalla nostra Carta a livello nazionale».
Il carengiver
“Prendersi cura anche di chi si prende cura” è stato invece l’invito lanciato al Patient Forum dalla Fondazione IncontraDonna per sottolineare l’importanza di ascoltare e sostenere anche i caregiver. «La figura del caregiver familiare è stata definita per legge come “la persona che assiste e si prende cura del coniuge, del compagno unito civilmente o di un familiare entro il secondo/terzo grado, per periodi limitati o per tutta la vita”, alla quale è assegnata una serie di tutele come i 3 giorni mensili di permesso lavorativo o il cosiddetto “Bonus Caregiver” gestito localmente delle Regioni. Si stima che in Italia ci siano almeno 7 milioni di caregiver non professionali che assistono familiari malati o non autosufficienti, ma ancora non c’è un adeguato riconoscimento giuridico, un soddisfacente accesso a servizi socioassistenziali e supporto psicologico, spesso anche l’informazione è carente.», ha evidenziato Adriana Bonifacino, Presidente di Fondazione IncontraDonna.
«Continueremo ad impegnarci per mantenere alta l’attenzione sul tema e a supportare i caregiver con progetti anche a loro dedicati (RESTART Cancer-Care ad esempio è aperto a pazienti e caregiver, così come le masterclass di CurARTE ). Con una certezza alla base: migliorare la qualità della vita di un caregiver significa anche migliorare quella della persona che assiste, cosa che può protrarsi per anni come nel caso di una malattia metastatica cronicizzata».
Attività fisica con tumore al seno metastatico
Le terapie integrate sono un’altra arma per combattere il tumore al seno metastatico, facendo aumentare la fiducia e la determinazione delle pazienti. Un esempio arriva dal progetto Metadinamiche, promosso da Komen Italia in collaborazione con l’Associazione Onconauti. Otto donne che, sfidando i limiti imposti dalla malattia tumorale metastatica, zaino in spalla e in compagnia di operatori specializzati hanno percorso in cinque giorni 40 km lungo il cammino del Salento.
«Si è trattato di un viaggio dal duplice valore terapeutico: il percorso fisico e quello interiore per recuperare il benessere psicofisico e raggiungere un nuovo equilibrio», ha dichiarato la professoressa Daniela Terribile, presidente di Komen Italia. «Ma più in generale l’’iniziativa vuole porre l’accento sull’atteggiamento proattivo con cui si può affrontare il tumore del seno metastatico: un messaggio che sarà ora inviato anche attraverso il docufilm “Metadinamiche” per contribuire a diffondere la conoscenza delle terapie integrate e favorirne l’accessibilità da parte delle donne con tumore del seno metastatico».
Rapporto medico paziente
Altra sfida lanciata dal Patient Forum di Milano ha riguardato il miglioramento della comunicazione e del rapporto tra i medici e le pazienti. «Occorre un maggior investimento in termini di tempo, partendo da un presupposto fondamentale: ridurre le liste d’attesa non significa andare a diminuire il tempo delle visite per aumentare così il numero totale di quelle effettuate in un giorno. Significa invece aumentare il numero degli specialisti e dare a ognuno il proprio ruolo nell’assistenza del malato», ha precisato la prof.ssa Anna Maria Mancuso, presidente di Salute Donna ODV.
«Perseguire questo obiettivo è la strategia vincente per facilitare una migliore gestione dei sintomi, aumentare l’aderenza ai piani di cura e migliorare la percezione delle pazienti riguardo la qualità delle terapie ricevute, innalzando di molto la fiducia nei confronti dei medici curanti. Tutti fattori che contribuiscono a migliorare la qualità delle terapie e di conseguenza la vita delle donne con tumore al seno metastatico».
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PDTA
Ultimo argomento condiviso con il pubblico presente, ma non per ordine d’importanza, è stato il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, sul quale tutte le associazioni si sono espresse. Le pazienti con tumore al seno metastatico affrontano una malattia “differente” che necessita di un percorso dedicato.
Il PDTA si deve basare su un approccio multidisciplinare. Le pazienti necessitano di diagnosi tempestive, trattamenti personalizzati e supporto psicologico continuo. I loro bisogni differiscono in termini di gestione del dolore, effetti collaterali dei trattamenti e supporto emotivo. È fondamentale garantire un accesso rapido alle cure palliative e creare un ambiente di sostegno che coinvolga anche le famiglie, migliorando così la qualità della vita.
“Il Patient Forum rappresenta per noi un impegno importante. – Afferma Gemma Saccomanni, Sr. Director Public Affairs di Gilead Sciences. – Il confronto e lo scambio di esperienze con tutte le associazioni che ogni giorno operano in oncologia per raggiungere traguardi sempre nuovi per le pazienti con tumore al seno metastatico, uniti alla voce delle donne colpite dalla malattia, sono l’esempio tangibile di quanto ascoltare e parlare apertamente di queste tematiche sia il primo passo per raggiungere importanti obiettivi. Siamo onorati di aver dato il via a un’iniziativa che speriamo in futuro possa essere sempre più inclusiva e diventare una cassa di risonanza rivolta a tutti gli interlocutori coinvolti, dai medici alle istituzioni.”
Tumori aumentati nella Generazione X rispetto a Baby Boomers
News, Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaI tumori sono sempre più frequenti nella Generazione X rispetto ai Baby Boomers. Uno studio pubblicato su Jama Network Open e condotto dal National Cancer Institute statunitense mostra il trend in crescita.
I ricercatori hanno confrontato l’incidenza dei tumori tra generazioni. La Generazione X, nata tra 1965 e 1980, presenta tassi maggiori rispetto ai Baby Boomers, nati tra 1946 e 1964, per diversi tipi di tumori.
Studio del National Cancer Institute
Lo studio, guidato da Philip Rosenberg e Adalberto Miranda-Filho della Division of Cancer Epidemiology and Genetics, Biostatistics Branch, National Cancer Institute di Rockville, Maryland, si basa su dati di 3,8 milioni di pazienti oncologici americani diagnosticati tra 1992 e 2018. I pazienti avevano un’età compresa tra 35 e 84 anni al momento della diagnosi. I ricercatori hanno stimato i tassi di incidenza per ciascun tumore, evidenziando il trend.
Risultati dello studio
I risultati suggeriscono che l’incidenza del cancro negli Stati Uniti potrebbe rimanere elevata per decenni. Gli studiosi hanno osservato che le incidenze dei tumori del polmone e del collo dell’utero sono diminuite significativamente nella Generazione X. Tuttavia, questa generazione potrebbe registrare un aumento pro-capite dell’incidenza dei principali tipi di cancro maggiore rispetto a qualsiasi altro gruppo nato tra il 1908 e il 1964.
Confronto tra generazioni e impatto sulla sanità
Scegliendo i 60 anni come età di riferimento per la diagnosi, gli esperti hanno stimato il numero di nuovi casi l’anno per 100 mila individui delle due generazioni. La misura di sintesi utilizzata è l’incidenza combinata dei principali tumori: 20 siti nelle donne e 18 siti negli uomini.
L’aumento dell’incidenza del cancro tra i membri della Generazione X rispetto ai Baby Boomers è sostanziale, soprattutto tra le donne ispaniche (aumento del 34,9%) e gli uomini (aumento del 14,1%). Al contrario, gli aumenti tra le donne e gli uomini bianchi non ispanici sono stati rispettivamente del 15,1% e dell’11,9%. Gli aumenti dell’incidenza del cancro nelle fasce d’età più giovani sono più significativi rispetto a quanto riportato in precedenza. Questo suggerisce che le strategie di prevenzione e diagnosi precoce devono essere rafforzate per affrontare questa crescente minaccia sanitaria, suggeriscono gli scienziati.
Cambiamenti nello Stile di Vita e prevenzione dei tumori
Un fattore determinante nell’aumento dei tumori potrebbe essere il cambiamento nello stile di vita. Le generazioni più giovani sono esposte a diversi fattori di rischio, tra cui l’inquinamento ambientale, cibi processati, stile di vita sedentario, eccesso di peso e consumo di alcol.
La prevenzione è al centro della lotta contro il cancro. Promuovere uno stile di vita sano, evitare il tabacco e l’alcol, e partecipare a programmi di screening regolari sono misure di prevenzione per ridurre il rischio di sviluppare tumori e migliorare la qualità della vita, osservano i ricercatori.
Ruolo della tecnologia
Oggi le nuove tecnologie e l’innovazione giocano un ruolo centrale nella strategia di lotta contro il cancro. L’intelligenza artificiale e i big data possono aiutare a identificare pattern e prevedere trend, migliorando la diagnosi e aprendo la strada a nuovi trattamenti. La telemedicina facilita l’accesso ai servizi sanitari, soprattutto per le popolazioni rurali e svantaggiate.
Prospettive future
L’aumento dei tumori tra la Generazione X rispetto ai Baby Boomers è un segnale d’allarme, secondo gli studiosi. Infatti, prima si scopre un cancro, migliore è la prognosi. Oggi sono ancora moltissimi gli italiani che convivono con una neoplasia non diagnosticata, rendendo potenzialmente più difficile e meno efficace l’eventuale cura. Per questo è fondamentale rafforzare le strategie di prevenzione e diagnosi precoce per affrontare questa sfida, suggeriscono.
Virus Oropouche, primo caso Europeo trovato in Italia
PrevenzioneIl primo caso europeo di febbre Oropouche è stato diagnosticato nel nostro Paese, in Veneto. La paziente, da poco rientrata da un viaggio nei Caraibi, è stata confermata positiva al virus dal Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar che ha segnalato alle autorità sanitarie e alla ASL della Regione Veneto. L’infezione è stata isolata nel laboratorio BSL3 del Dipartimento, un passo fondamentale per lo sviluppo di test diagnostici specifici e per lo studio dei potenziali vettori di trasmissione.
Rischi di trasmissione
L’Istituto Superiore di Sanità ha rassicurato sulla bassa probabilità di trasmissione autoctona in Italia. Sebbene gli insetti della specie ‘culicoides’ siano presenti in Italia, il vettore specifico Oropouche, il Culicoides Paranensis, è assente in Europa e si trova solo nel Sud e Centro America. Anche altri potenziali vettori secondari come la zanzara Culex quinquefasciatus e l’Aedes Aegypti non sono stati segnalati nel nostro Paese.
Origine e sintomi della febbre Oropouche
La febbre Oropouche (OROV) è stata scoperta nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago. I sintomi si manifestano di solito dopo 3-8 giorni dalla puntura dell’insetto vettore. Includono febbre alta (oltre 39 °C), mal di testa, dolore retrorbitale, malessere generale, mialgia, artralgia, nausea, vomito e fotofobia. Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità di Virologia e Patogeni Emergenti dell’IRCCS, ha sottolineato che in circa il 60% dei casi, dopo la fase acuta, i sintomi si ripresentano in forma meno grave da due a dieci giorni, o anche dopo un mese.
Legame tra diffusione del virus e cambiamenti climatiche
Gli esperti avvertono che le arbovirosi, come la febbre Oropouche, sono emergenze di salute pubblica con cui dovremo abituarci a convivere. I cambiamenti climatici e l’aumento degli spostamenti delle popolazioni potrebbero rendere endemici, anche alle nostre latitudini, infezioni un tempo confinate alle zone tropicali. Sebbene i rischi di trasmissione autoctona siano attualmente bassi, la preparazione e la sorveglianza rimangono centrali per affrontare future emergenze sanitarie.
Acufene, 5 modi per uscire dall’incubo
NewsOltre il 70% delle persone con problemi d’udito convivono con un certo grado di acufene o tinnito. Se un tempo si pensava che il problema fosse di esclusiva competenza dell’otorino laringoiatra, oggi è chiaro che affrontare efficacemente questo sintomo è fondamentale un approccio olistico, che coinvolga diversi professionisti della salute.
Percepire ronzii, sibili o fischi
Si parla di sintomo, perché questo disturbo, caratterizzato appunto dalla percezione di ronzii, sibili o fischi, non è una malattia specifica, ma un sintomo che può influire in modo drammatico sulla qualità della vita. Le cause principali dell’acufene includono stress e affaticamento, infezioni dell’apparato uditivo e l’invecchiamento. Dunque, le possibili cause dell’acufene sono molte e solo con una serie di visite ed esami è possibile capire qual è l’innesco e provare ad affrontare efficacemente il problema.
Acufene: cos’è e quali sono le cause
L’acufene può essere causato dall’esposizione a suoni forti che danneggiano le cellule sensoriali nell’orecchio interno, dall’eccesso di cerume, dalla pressione arteriosa alta e dai disturbi che riguardano i nervi sensoriali. A peggiorare le cose ci si mettono le cattive abitudini come il fumo, il consumo di alcolici o caffeina, e l’assunzione di quantità eccessive di acido acetilsalicilico (contenuto in farmaci di uso comune) o di antibiotici possono aggravare il problema.
Un Approccio olistico per il trattamento
Come detto, affrontare l’acufene richiede il contributo di una squadra di professionisti. Oltre alla terapia audioprotesica, è essenziale il supporto di esperti in neuropsicologia, geriatria, gnatologia e educazione ritmico-musicale. Un trattamento multidisciplinare può aiutare a migliorare significativamente la qualità della vita delle persone affette da acufene. Cinque delle principali terapie attualmente utilizzate sono:
Terapie farmacologiche
Nonostante non esistano trattamenti farmacologici specifici per sopprimere l’acufene, alcuni farmaci possono aiutare a gestire l’ansia e la depressione che spesso accompagnano questo disturbo. Le benzodiazepine, utilizzate da tempo nella pratica clinica, mostrano effetti positivi su circa un terzo dei pazienti con acufene. Tuttavia, il loro uso dovrebbe essere limitato nel tempo per evitare il rallentamento della plasticità cerebrale e l’adattamento alla percezione dell’acufene.
Intervento psicologico
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si è rivelata efficace nell’affrontare i pensieri disfunzionali e nell’uso di tecniche di rilassamento per migliorare la qualità della vita dei pazienti con acufene. Una metanalisi su 285 pazienti non ha trovato differenze significative nella percezione dell’acufene e nel livello di depressione tra il gruppo di controllo e quello sottoposto a CBT, ma ha evidenziato un miglioramento significativo nella qualità della vita del secondo gruppo. Quando combinata con la Tinnitus Retraining Therapy (TRT), la CBT mostra risultati ancora più positivi, soprattutto nel decondizionamento dell’acufene da emozioni come ansia e paura.
Neuromodulazione
La Stimolazione Magnetica Transcranica Ripetitiva (rTMS) è una tecnica sperimentale che utilizza campi magnetici per stimolare aree cerebrali attivate dall’acufene. Questo trattamento è già in uso per alcune malattie neurologiche e ha mostrato efficacia in circa il 50% dei pazienti con acufene. Un’altra tecnica in fase sperimentale è la stimolazione elettrica della corteccia uditiva, che utilizza elettrodi posizionati direttamente sulla corteccia o sulla dura madre. Tuttavia, questa sperimentazione è attualmente limitata a pochi pazienti.
Biofeedback
Il biofeedback, e il più avanzato neurobiofeedback, può aiutare a ridurre significativamente l’acufene insegnando ai pazienti a controllare la loro attività cerebrale e organica. Questa metodica si basa sulla registrazione dell’elettroencefalogramma o di parametri fisiologici, che vengono convertiti in segnali sonori o visivi. Quando il paziente riesce a modificare positivamente questi parametri, riceve una ricompensa come l’ascolto di musica piacevole o la visione di immagini gratificanti. Tuttavia, non esistono certezze scientifiche sull’efficacia del biofeedback.
Terapie naturali
Molti pazienti ricorrono a trattamenti alternativi come agopuntura, cure omeopatiche, Ginkgo Biloba, diete specifiche, idrocolonterapia, pranoterapia, controllo di intolleranze alimentari, fiori di Bach, rimedi erboristici e terapie energetiche. Questi metodi naturali possono portare qualche vantaggio, ma è bene evidenziare che purtroppo non esistono evidenze scientifiche che ne provino l’efficacia nella riduzione dell’acufene.
Benché non esista una terapia definitiva, rivolgersi ad un centro specializzato per il trattamento è il primo passo per avere una diagnosi e provare a risolvere il problema o, quantomeno, per ridurre l’impatto che questo ha sulla vita di tutti i giorni, sul lavoro e sulle relazioni personali. L’importante è non arrendersi all’idea di poter stare nuovamente bene ed ritrovare una buona qualità di vita.