Tempo di lettura: 3 minutiDurante il periodo estivo, tra spostamenti e temperature alte, è più difficile mantenere un’alimentazione equilibrata. La dottoressa Martina Francia, nutrizionista presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e Humanitas Medical Care, spiega come seguire una dieta sana in vacanza, evitando zuccheri e grassi in eccesso. La colazione rimane il momento più importante, per assicurarsi una corretta dose di nutrienti ed evitare di arrivare affamati a metà giornata. Yogurt naturale o kefir con frutta fresca di stagione, frutta secca e cereali integrali come riso soffiato, fiocchi d’avena o crusca di frumento sono scelte valide, spiega la specialista. La colazione deve essere, quindi, equilibrata.
Per chi preferisce una colazione salata – sottolinea la nutrizionista – pane integrale tostato con uovo o formaggio fresco come ricotta o fiocchi di latte, insieme a frutta fresca, è una buona opzione. Questi alimenti forniscono i nutrienti necessari per affrontare la mattinata, senza cedere a snack ipercalorici.
Pranzi e cene: mantenere la routine
Mantenere una routine alimentare regolare anche in estate è fondamentale. La dottoressa Francia suggerisce di consumare pasti principali a pranzo e cena, integrati da due spuntini, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio. Questo aiuta a mantenere attivo il metabolismo e a evitare di mangiare troppo ai pasti.
Il piatto di Harvard
Ogni pasto dovrebbe includere carboidrati integrali, proteine e verdure. Il “piatto del Mangiar Sano” di Harvard prevede un quarto di carboidrati, un quarto di proteine e metà piatto di frutta e verdura. Alcuni esempi di pasti equilibrati sono insalate miste, quinoa, patate, cous cous, abbinati con proteine animali o vegetali; in alternativa, piadine con hummus di ceci e verdure grigliate.
Idratazione: quanta acqua bere
L’acqua è essenziale per mantenere l’idratazione, soprattutto in estate. La specialista raccomanda di bere almeno due litri di acqua al giorno per le donne e due litri e mezzo per gli uomini. È importante bere regolarmente e non aspettare di avvertire la sete, segnale di disidratazione.
Limitare il consumo di alcolici e bevande gassate, che aumentano la disidratazione e l’apporto di zuccheri, è un’altra raccomandazione fondamentale. Gli infusi freddi a base di frutta ed erbe di stagione sono ottime alternative per idratarsi.
Frutta e verdura: i benefici
In estate, la sudorazione causa una perdita di sali minerali e vitamine. Consumare tre porzioni di frutta e verdura di stagione al giorno è fondamentale. Questi alimenti favoriscono l’assorbimento del ferro grazie alla vitamina C e forniscono fibre necessarie per la digestione. Frutti come pesche, albicocche, prugne e verdure come spinaci sono ricchi di potassio, che aiuta a combattere la ritenzione idrica e a mantenere la forza muscolare.
Proteine: preferire quelle vegetali
Per le proteine, è meglio scegliere proteine più digeribili e consumate con moderazione. Evitare carne rossa e cibi grassi e elaborati è importante, poiché rallentano la digestione. I legumi sono, invece, una preziosa fonte di proteine vegetali e possono essere aggiunti a insalate o utilizzati in piatti unici.
L’olio d’oliva può sostituire il burro, specialmente se usato a crudo su verdure cotte al vapore. Ridurre formaggi e affettati è consigliato, così come limitare l’assunzione di sale, preferendo il sale iodato.
Il gelato
Il gelato, sebbene sembri leggero, è ricco di zuccheri. Preferire il gelato artigianale a quello confezionato, optando per gusti alla frutta e sorbetti, magari con una sola crema, è una scelta più sana. Anche in questo caso, moderazione e scelta consapevole sono fondamentali per mantenere un’alimentazione equilibrata.
In conclusione, secondo la specialista, l’alimentazione in estate richiede attenzione per mantenere un equilibrio nutrizionale. Bere acqua regolarmente, preferire frutta e verdura di stagione, scegliere proteine di origine vegetale e limitare i cibi pesanti sono passi essenziali per godersi le vacanze e sentirsi bene.
Sordi per il Covid, studio rileva problemi di udito tre volte più frequenti
News, Benessere, News, Prevenzione, Ricerca innovazioneIl Covid-19 non solo mette a rischio il gusto e l’olfatto, ma può anche compromettere l’udito. Uno studio condotto su 6,7 milioni di persone in Corea del Sud mostra che l’infezione aumenta il rischio di perdita dell’udito e ipoacusia neurosensoriale (Ssnhl) nei giovani adulti. L’analisi riguarda persone tra i 20 e i 39 anni senza precedenti problemi di udito, dal gennaio 2020 al dicembre 2022. Il 72% di loro aveva contratto il Covid e il 93,1% aveva completato il ciclo di vaccinazioni. La ricerca è stata pubblicata su eClinicalMedicine.
Dati su sordità e ipoacusia
I problemi di udito sono tre volte più frequenti dopo il Covid. I giovani adulti sono particolarmente vulnerabili. Nel periodo di studio, si sono verificati 38.269 casi di sordità e 5.908 casi di ipoacusia neurosensoriale. Questa ipoacusia è causata da danni al nervo acustico, riducendo la percezione di alcune frequenze e distorcendo i suoni. Il rischio di queste condizioni è risultato significativamente più alto nel gruppo che aveva contratto il virus Sars-CoV-2.
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Giovani adulti a rischio maggiore
I giovani adulti con diabete sono particolarmente a rischio di perdita dell’udito correlata al Covid. Anche i livelli anomali di colesterolo aumentano il rischio di ipoacusia neurosensoriale. I ricercatori sottolineano che questi problemi sono emersi come un nuovo problema di salute pubblica in seguito alla pandemia.
Raccomandazioni per gli operatori sanitari
I ricercatori raccomandano agli operatori sanitari di essere consapevoli dell’aumento del rischio di problemi uditivi nei giovani adulti affetti da Covid-19. Suggeriscono di effettuare screening e follow-up adeguati. Ulteriori studi con dati audiologici oggettivi e periodi di follow-up più lunghi sono necessari per comprendere meglio i meccanismi biologici alla base degli effetti del virus sull’udito.
Impatto sulla qualità della vita
La perdita dell’udito nei giovani può avere un impatto significativo sulla qualità della vita, sul rendimento scolastico e professionale, e sulle relazioni sociali. Questi problemi, se non trattati adeguatamente, possono compromettere la quotidianità.
Invecchiamento della pelle, a cosa serve il collagene
NewsL’invecchiamento della pelle coinvolge fattori esterni e interni. Secondo la dottoressa Marzia Baldi, dermatologa presso l’Ambulatorio di Dermatologia di Humanitas Gavazzeni (Bergamo), i principali responsabili dell’invecchiamento cutaneo sono il tempo e l’esposizione solare. Con l’avanzare dell’età, infatti, la pelle perde tonicità ed elasticità a causa della diminuzione del collagene, una proteina fondamentale nel derma. La disposizione delle sue fibre parallelamente alla superficie cutanea dà forza e resistenza alla pelle. Oltre al processo di invecchiamento fisiologico e la genetica, anche l’esposizione al sole, nota come fotoinvecchiamento, gioca un ruolo determinante.
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Cause dell’invecchiamento della pelle e il ruolo del collagene
La dottoressa Baldi spiega che il collagene, che costituisce il derma, si riduce naturalmente con l’età. Il tempo, infatti, è il primo fattore che causa l’invecchiamento della pelle. Le concentrazioni di collagene diminuiscono, portando a una perdita di turgore e compattezza della pelle. La degradazione avviene attraverso specifici enzimi che frammentano le lunghe catene proteiche del collagene, questi frammenti più corti non hanno le stesse proprietà meccaniche del collagene originale. In una pelle giovane, la sintesi di nuovo collagene e la degradazione si bilanciano, con il passare degli anni questo equilibrio si rompe. La degradazione del collagene supera la sua sintesi e il risultato è una pelle meno tonica e più fragile.
Stress ossidativo e invecchiamento cutaneo
La dottoressa Baldi sottolinea l’importanza dello stress ossidativo nel processo di invecchiamento. Lo stress ossidativo, causato da esposizione solare e inquinamento, produce radicali liberi che accelerano la degradazione del collagene. Questo fenomeno può essere endogeno o esogeno. L’esposizione solare scorretta e l’inquinamento sono le cause principali dello stress ossidativo esogeno. Lo stress ossidativo porta alla produzione di radicali liberi. I radicali liberi modificano la struttura della pelle, alterano il normale metabolismo del collagene e ne accelerano la degradazione. Gli antiossidanti aiutano a contrastare questi effetti, proteggono le fibre strutturali del collagene dalla degradazione eccessiva e non controllata, rallentando il processo di invecchiamento della pelle.
Creme al collagene contro l’invecchiamento della pelle
Secondo la specialista, le creme al collagene potrebbero non essere efficaci nel contrastare l’invecchiamento della pelle. Il motivo è legato alla dimensione delle molecole di collagene, che sono troppo grandi per penetrare efficacemente nell’epidermide. Di conseguenza, il collagene presente in queste creme non raggiunge il derma. La dermatologa consiglia invece di proteggere la pelle dall’esposizione solare con filtri adeguati. Questi creano uno scudo difensivo per gli strati sottostanti della pelle. Anche potenziare il microbioma superficiale è importante, perché aiuta a mantenere la barriera cutanea in buona salute, così come avere una dieta e uno stile di vita sani.
Reflusso gastroesofageo: cause, sintomi, prevenzione e cura
Alimentazione, News, Prevenzione, Stili di vitaIl reflusso gastroesofageo colpisce milioni di persone ogni anno. Si verifica quando l’acido dello stomaco risale nell’esofago. La pirosi, o bruciore di stomaco, è il sintomo più comune. In Italia, secondo le stime, circa il 30% della popolazione soffre di reflusso gastroesofageo, con una prevalenza maggiore nei mesi più freddi. Le festività e il consumo di cibi ricchi di grassi e zuccheri peggiorano la condizione. A lungo andare, il reflusso può portare complicanze più serie, come l’esofagite e l’esofago di Barrett.
Cosa provoca il reflusso gastroesofageo
Le cause del reflusso gastroesofageo sono molteplici. La principale è l’indebolimento dello sfintere esofageo inferiore, il muscolo che separa lo stomaco dall’esofago. Questo muscolo dovrebbe aprirsi per permettere il passaggio del cibo e chiudersi per impedire la risalita dei succhi gastrici. Quando funziona male, l’acido risale, provocando i sintomi del reflusso. L’obesità, la gravidanza e il fumo sono tra i principali fattori di rischio. Anche l’alimentazione è determinante, cibi grassi, cioccolato, menta, alcol, caffè e bevande gassate potrebbero favorire il reflusso. Lo stress, in particolare, può peggiorare i sintomi a causa della variazione degli ormoni che regolano la digestione.
Sintomi
I sintomi del reflusso gastroesofageo variano, il bruciore di stomaco è il più diffuso. Si manifesta come una sensazione di bruciore che parte dallo sterno e può risalire fino al collo. Spesso è accompagnato da rigurgito acido o acido in bocca. Altri sintomi includono difficoltà a deglutire, tosse cronica, raucedine e, in alcuni casi, dolore al petto . Questo dolore può essere confuso con un infarto, il che rende importante una diagnosi corretta. In casi gravi, il reflusso può causare danni all’esofago, come l’esofagite, che aumenta il rischio di esofago di Barrett, una condizione precancerosa.
Prevenire e gestire il reflusso gastroesofageo: dieta e stile di vita
Il reflusso gastroesofageo è un disturbo comune ma gestibile. La prevenzione inizia con una corretta alimentazione e uno stile di vita sano. Ridurre l’assunzione di cibi che scatenano il reflusso, mantenere un peso equilibrato, evitare il fumo e ridurre lo stress possono fare una grande differenza.
Il primo passo è modificare la dieta e lo stile di vita. Può essere utile evitare alcuni cibi che aumentano il reflusso, come i fritti, i cibi piccanti, il cioccolato, il caffè, le bevande gassate e alcoliche, gli agrumi e i pomodori. Ridurre le porzioni e mangiare lentamente aiuta a prevenire la pressione sullo stomaco. Inoltre è importante non coricarsi subito dopo i pasti e aspettare almeno tre ore prima di andare a letto. Sollevare la testata del letto di 15-20 centimetri è un metodo efficace per prevenire la risalita dell’acido.
Lo stile di vita è altrettanto importante. Mantenere un peso sano è essenziale, poiché l’obesità è uno dei principali fattori di rischio per il reflusso gastroesofageo. Anche una perdita di peso moderata, pari al 10% del peso corporeo, può migliorare significativamente i sintomi. Il fumo può peggiorare il reflusso, poiché la nicotina indebolisce lo sfintere esofageo. In particolare, lo stress cronico è uno dei fattori di rischio, per questo attività come lo yoga e la meditazione possono essere utili per gestire i livelli di stress.
Cura del reflusso
Non sempre i cambiamenti nello stile di vita sono sufficienti, è fondamentale rivolgersi al proprio medico o allo specialista gastroenterologo che potrebbe prescrivere una cura farmacologica. Gli antiacidi, disponibili senza prescrizione, neutralizzano temporaneamente l’acido gastrico, offrendo sollievo rapido ma breve. Tra i farmaci disponibili esistono gli inibitori della pompa protonica (IPP) che riducono la produzione di acido gastrico e sono spesso prescritti per trattamenti a lungo termine. Secondo gli studi sono efficaci nel 70-80% dei casi. Gli H2-antagonisti, un’altra classe di farmaci, bloccano i recettori dell’istamina, riducendo anch’essi la produzione di acido. Tuttavia, un uso prolungato di IPP può causare effetti collaterali, per questo è importante attenersi strettamente alle indicazioni del medico.
Quando è necessario l’intervento chirurgico
Il reflusso gastroesofageo può portare a complicanze gravi. L’esofagite è una delle più comuni e, se non trattata, può causare ulcere esofagee che a loro volta possono portare a sanguinamenti e difficoltà a deglutire. L’esofago di Barrett è un’altra complicanza che aumenta il rischio di cancro esofageo. Secondo gli studi, circa il 10-15% delle persone con reflusso gastroesofageo sviluppa questa condizione. Quando i trattamenti farmacologici non funzionano, può essere necessario l’intervento chirurgico. Studi mostrano che il 90% dei pazienti operati sperimenta una riduzione significativa dei sintomi.
Alzheimer, esame del sangue diagnostica malattia con precisione al 90%
Anziani, News, Ricerca innovazioneUn esame del sangue ha dimostrato di poter diagnosticare l’Alzheimer con una precisione del 90%. Questa scoperta, pubblicata sulla rivista Jama Neurology, arriva da un gruppo di ricerca dell’Università di Lund, in Svezia. Lo studio ha dimostrato che il test funziona anche in contesti sanitari di routine, come la diagnosi precoce, nell’assistenza primaria e specialistica.
Come funziona il test per la diagnosi precoce dell’Alzheimer
Il test misura i livelli di plasma fosforilato tau 217 (p-tau217), un biomarcatore chiave per la malattia. Le persone affette presentano livelli elevati di questa molecola, insieme all’accumulo di betamiloide e proteine tau nel cervello. La ricerca su questo metodo è iniziata nel 2019. A inizio anno, uno studio ha indicato che il test ha un’accuratezza paragonabile, se non superiore, ai test del liquido cerebrospinale.
L’esame è in grado di rilevare i cambiamenti associati alla malattia prima che i sintomi siano evidenti, monitorando la progressione nel tempo. La nuova ricerca ha combinato il test p-tau217 con la misurazione di un altro biomarcatore della patologia, beta-amiloide 40/42, confermandone l’affidabilità anche in contesti sanitari di routine.
Lo studio e il confronto con le valutazioni mediche
Lo studio ha coinvolto 1.213 persone con lieve perdita di memoria. Di questi, 515 sono stati valutati nell’assistenza primaria e 698 in una clinica specialistica della memoria. I risultati dell’esame del sangue sono stati confrontati con quelli del tradizionale test del liquido cerebrospinale, confermando un’accuratezza del 90%.
L’accuratezza dell’esame è stata confrontata con le diagnosi dei medici. I neurologi hanno diagnosticato correttamente la malattia nel 73% dei casi, mentre i medici di base nel 61%. Questi risultati evidenziano come l’adozione del test del sangue possa migliorare la diagnosi della malattia.
Prospettive future
Il coordinatore dello studio, Sebastian Palmqvist, sottolinea il potenziale del test nel migliorare la diagnosi, soprattutto nelle cure primarie. Infatti la perdita di memoria può derivare anche da altre condizioni curabili, come la depressione o la stanchezza cronica. I ricercatori lavorano ora per definire linee guida cliniche per l’uso dell’esame nell’assistenza sanitaria. Il test del sangue potrebbe ridurre il rischio di diagnosi errate, migliorando l’assistenza sanitaria complessiva.
Visitare musei riduce ansia e migliora salute mentale, studio a Verona dà prime conferme
Benessere, News, Prevenzione, Psicologia, Ricerca innovazioneVisitare i musei non è solo un’attività culturale ma anche uno strumento per il benessere mentale. I primi dati di uno studio, infatti, dimostrano come riduca l’ansia e aiuti la salute mentale. La ricerca è realizzata dall’Università di Verona con Palazzo Maffei e i dati della fase pilota danno già le prime conferme.
Il progetto Minerva
Il progetto Minerva nasce dalla collaborazione tra Palazzo Maffei Casa Museo e il Centro OMS per la ricerca in salute mentale dell’Università di Verona. L’obiettivo è valutare l’impatto dell’esperienza museale sul benessere psicologico, sulla sintomatologia ansioso-depressiva e sul funzionamento generale. Il progetto mira a migliorare il benessere psicologico dei partecipanti, ridurre i sintomi ansiosi e depressivi.
La fase pilota
La fase pilota del progetto è iniziata a Palazzo Maffei nel maggio scorso. Ha coinvolto un campione di 36 partecipanti, composto per l’82% da donne, con un’età media di 50 anni e un range di età tra i 21 e gli 80 anni. La maggior parte dei partecipanti aveva un titolo di laurea magistrale. Il 42% era composto da persone coniugate e il 63% con figli, rappresentando diverse situazioni lavorative.
Visitare musei fa bene alla salute, i risultati dello studio
Prima del percorso museale, il 67% dei partecipanti riportava un disagio psicologico significativo, con ansia lieve e sintomi depressivi di varia entità. Dopo i tre incontri programmati, i partecipanti hanno evidenziato un miglioramento in tutte le aree di indagine. C’è stata una riduzione significativa dei sintomi ansiosi (p-value < 0,022) e depressivi (p-value < 0,037), e del disagio psicologico (p-value < 0,001). Inoltre, è stato osservato un incremento del benessere psicologico. Più del 90% dei partecipanti ha riferito che il percorso museale è stato soddisfacente, interessante e appropriato ai bisogni personali.
La fase esecutiva
Con i dati positivi della fase pilota, il progetto MINERVA si prepara a entrare nella fase esecutiva che inizierà a settembre. La partecipazione è gratuita e aperta a un pubblico maggiorenne. La seconda fase prevede tre nuovi appuntamenti il 6, 13 e 20 settembre, con visite guidate settimanali. I temi sono: “antico e moderno: un dialogo continuo”, “scienza nascosta nell’arte”, “arte e benessere psicologico: una connessione con le opere”. I partecipanti devono seguire tutte e tre le visite e rispondere ai questionari del team di ricercatori prima e dopo l’esperienza museale.
Benessere psicofisico dall’esperienza nei musei
Il progetto Minerva rappresenta uno dei primi tentativi scientifici di misurare il benessere psicologico derivante dall’esperienza museale, contribuendo alla comprensione di come l’arte possa migliorare la salute mentale. La professoressa Michela Nosè, responsabile del progetto, sottolinea che i risultati preliminari, nonostante il campione limitato, sono promettenti. Questo permette di dare continuità al progetto e di strutturare nuovi percorsi per raggiungere un campione più significativo.
La Cappella Sistina dei Musei Vaticani in occasione dell’apertura serale
L’impegno di palazzo maffei
Vanessa Carlon, Direttrice di Palazzo Maffei Casa Museo, sottolinea l’importanza della fruizione artistica nella vita delle persone. Il museo, nato per volontà del collezionista Luigi Carlon, crede nel potere dell’arte di contribuire al benessere individuale e collettivo. La collaborazione con il Centro OMS per la Ricerca in Salute Mentale mira a dimostrare scientificamente l’impatto positivo dei musei sulla salute mentale.
Il progetto, con i suoi risultati preliminari promettenti, apre nuove prospettive su come l’arte possa essere integrata nelle strategie di salute mentale.
Eccessiva esposizione al sole può causare metastasi da melanoma
News, Prevenzione, Ricerca innovazione, Stili di vitaL’eccessiva esposizione al sole può causare metastasi a partire da un melanoma, che è il tumore della pelle più comune. Uno studio tedesco, con la collaborazione dei ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano, ha dimostrato questo rischio. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.
Meccanismo alla base delle metastasi
Dodici anni fa, un team di ricercatori del San Raffaele, coordinato da Marco Bianchi, scoprì che la proteina HMGB1 viene rilasciata dalle cellule quando muoiono. Questa proteina, soprannominata “allarmina”, segnala al sistema immunitario la presenza di cellule morte o stressate. La scoperta ha aperto la strada a uno studio che spiega il meccanismo delle metastasi da melanoma.
Quando la pelle è esposta eccessivamente al sole, si arrossa e le cellule stressate rilasciano l’allarmina. Questa proteina richiama i neutrofili, globuli bianchi presenti nel sangue per combattere le infezioni. Se è presente un melanoma, anche le cellule tumorali rilasciano allarmina, richiamando i neutrofili che liberano la molecola Tnf. Questa molecola induce le cellule del melanoma a disseminarsi, producendo metastasi.
Esposizione al sole e diffusione delle metastasi
Questo processo è distinto dall’insorgenza del tumore. Marco Bianchi ha spiegato all’Ansa come un melanoma primario si diffonde verso i polmoni. Una scottatura da troppo sole deve essere evitata, soprattutto se è presente un melanoma. Anche se il melanoma è piccolo, c’è il rischio di metastasi. La migrazione delle cellule tumorali rende i melanomi pericolosi. Mentre il tumore primario può essere asportato con successo, le metastasi rispondono poco alle cure.
Bianchi conclude che se riuscissero a catturare l’allarmina appena rilasciata, potrebbero bloccare le metastasi del melanoma e forse di altri tumori dove è coinvolta l’infiammazione.
La protezione solare durante l’esposizione al sole
La protezione solare aiuta a proteggere dai danni alla pelle. L’uso regolare di creme solari, cappelli e abbigliamento protettivo riduce il rischio di scottature e di conseguenza, quello di sviluppare un melanoma. Gli specialisti sottolineano l’importanza di evitare l’esposizione solare nelle ore più calde della giornata e sottoporsi a controlli dermatologici regolari, specialmente se si ha una predisposizione familiare o molti nei.
‘La memoria della pelle’, leggere e regalare un romanzo sulla prevenzione
La comunità scientifica continua a lavorare per comprendere meglio i meccanismi alla base delle metastasi e sviluppare nuove strategie di prevenzione e trattamento. La prevenzione rimane il primo passo per ridurre l’incidenza del melanoma e le sue complicanze.
Un libro di medicina narrativa, nato con l’obiettivo di diffondere consapevolezza sulla patologia e la prevenzione, è “La memoria della pelle”, edito da Giunti. Nell’ultimo decennio il melanoma ha raggiunto a livello mondiale le centomila diagnosi l’anno, con un incremento del 15 per cento. Il romanzo è scritto da Marco Trabucco Aurilio, presidente della Fondazione Mesit; Paolo Ascierto, oncologo e ricercatore (massimo esperto di melanoma al mondo nel decennio 2013-2023, secondo la classifica Expertscape dell’Università del North Carolina); e Gian Paolo Montali, direttore generale della Ryder Cup 2023.
La medicina narrativa è un mezzo per arrivare soprattutto ai più giovani, hanno spiegato gli autori. Infatti, se il melanoma è stato per anni un tumore tipico dell’anziano, oggi il picco è a 40 anni ed è la prima causa di morte tra i ragazzi nella fascia d’età 20-30 anni.
Conclusioni dello studio
Lo studio dimostra l’importanza di prevenire l’esposizione eccessiva al sole. La scoperta del ruolo della proteina HMGB1 e della molecola Tnf apre nuove strade per la ricerca di trattamenti contro le metastasi da melanoma. Gli esperti sono ottimisti sul fatto che questa conoscenza potrà portare a nuove terapie in grado di bloccare la diffusione delle cellule tumorali.
Alimentazione in estate: come mantenere una dieta equilibrata e sana
Alimentazione, NewsDurante il periodo estivo, tra spostamenti e temperature alte, è più difficile mantenere un’alimentazione equilibrata. La dottoressa Martina Francia, nutrizionista presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano e Humanitas Medical Care, spiega come seguire una dieta sana in vacanza, evitando zuccheri e grassi in eccesso. La colazione rimane il momento più importante, per assicurarsi una corretta dose di nutrienti ed evitare di arrivare affamati a metà giornata. Yogurt naturale o kefir con frutta fresca di stagione, frutta secca e cereali integrali come riso soffiato, fiocchi d’avena o crusca di frumento sono scelte valide, spiega la specialista. La colazione deve essere, quindi, equilibrata.
Per chi preferisce una colazione salata – sottolinea la nutrizionista – pane integrale tostato con uovo o formaggio fresco come ricotta o fiocchi di latte, insieme a frutta fresca, è una buona opzione. Questi alimenti forniscono i nutrienti necessari per affrontare la mattinata, senza cedere a snack ipercalorici.
Pranzi e cene: mantenere la routine
Mantenere una routine alimentare regolare anche in estate è fondamentale. La dottoressa Francia suggerisce di consumare pasti principali a pranzo e cena, integrati da due spuntini, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio. Questo aiuta a mantenere attivo il metabolismo e a evitare di mangiare troppo ai pasti.
Il piatto di Harvard
Ogni pasto dovrebbe includere carboidrati integrali, proteine e verdure. Il “piatto del Mangiar Sano” di Harvard prevede un quarto di carboidrati, un quarto di proteine e metà piatto di frutta e verdura. Alcuni esempi di pasti equilibrati sono insalate miste, quinoa, patate, cous cous, abbinati con proteine animali o vegetali; in alternativa, piadine con hummus di ceci e verdure grigliate.
Idratazione: quanta acqua bere
L’acqua è essenziale per mantenere l’idratazione, soprattutto in estate. La specialista raccomanda di bere almeno due litri di acqua al giorno per le donne e due litri e mezzo per gli uomini. È importante bere regolarmente e non aspettare di avvertire la sete, segnale di disidratazione.
Limitare il consumo di alcolici e bevande gassate, che aumentano la disidratazione e l’apporto di zuccheri, è un’altra raccomandazione fondamentale. Gli infusi freddi a base di frutta ed erbe di stagione sono ottime alternative per idratarsi.
Frutta e verdura: i benefici
In estate, la sudorazione causa una perdita di sali minerali e vitamine. Consumare tre porzioni di frutta e verdura di stagione al giorno è fondamentale. Questi alimenti favoriscono l’assorbimento del ferro grazie alla vitamina C e forniscono fibre necessarie per la digestione. Frutti come pesche, albicocche, prugne e verdure come spinaci sono ricchi di potassio, che aiuta a combattere la ritenzione idrica e a mantenere la forza muscolare.
Proteine: preferire quelle vegetali
Per le proteine, è meglio scegliere proteine più digeribili e consumate con moderazione. Evitare carne rossa e cibi grassi e elaborati è importante, poiché rallentano la digestione. I legumi sono, invece, una preziosa fonte di proteine vegetali e possono essere aggiunti a insalate o utilizzati in piatti unici.
L’olio d’oliva può sostituire il burro, specialmente se usato a crudo su verdure cotte al vapore. Ridurre formaggi e affettati è consigliato, così come limitare l’assunzione di sale, preferendo il sale iodato.
Il gelato
Il gelato, sebbene sembri leggero, è ricco di zuccheri. Preferire il gelato artigianale a quello confezionato, optando per gusti alla frutta e sorbetti, magari con una sola crema, è una scelta più sana. Anche in questo caso, moderazione e scelta consapevole sono fondamentali per mantenere un’alimentazione equilibrata.
In conclusione, secondo la specialista, l’alimentazione in estate richiede attenzione per mantenere un equilibrio nutrizionale. Bere acqua regolarmente, preferire frutta e verdura di stagione, scegliere proteine di origine vegetale e limitare i cibi pesanti sono passi essenziali per godersi le vacanze e sentirsi bene.
Aumentano gli incidenti stradali: italiani e sicurezza in viaggio
NewsGli incidenti stradali in Italia sono in aumento, ma una grande percentuale di italiani non utilizza correttamente i dispositivi di protezione. Secondo l’analisi pubblicata dall’Iss, sono quattro le categorie principali che influenzano lo stato di attenzione e concentrazione del guidatore.
Dati Aci-Istat sugli incidenti stradali
Nel 2023, le abitudini di spostamento degli italiani sono tornate ai livelli pre-COVID. Il numero delle vittime è migliorato rispetto al 2022, ma gli incidenti e i feriti sono aumentati. Secondo il Report Aci-Istat del 25 luglio 2024, si sono registrati 166.525 incidenti con lesioni, ovvero 456 incidenti al giorno. Il 73,3% degli incidenti avviene sulle strade urbane, il 21,4% su strade extraurbane e il 5,3% in autostrada.
I principali fattori di incidente sono la distrazione alla guida (15,1%), il mancato rispetto della precedenza (12,9%) e la velocità eccessiva (8,4%). I costi sociali dell’incidentalità ammontano a 18 miliardi di euro, pari all’1% del PIL. Nel 2023, le vittime sono state 3.039, con una media di 8 al giorno. Il 79,5% delle vittime sono uomini, il 20,5% donne.
Utilizzo dei dispositivi di sicurezza
Secondo i dati della sorveglianza PASSI, l’uso della cintura di sicurezza anteriore è diffuso, ma non totale come richiesto dalla legge. Solo il 36% degli intervistati dichiara di usare sempre la cintura posteriore. L’uso del casco in motocicletta è quasi universale, con il 96% degli intervistati che lo indossa sempre. Dal 2011, PASSI monitora anche l’utilizzo di seggiolini per bambini: nel biennio 2021-2022, due persone su dieci non usano questi dispositivi o non li possiedono.
Guida sotto effetto di alcol
Gli ultimi dati PASSI rivelano che il 5% degli intervistati ha guidato sotto l’effetto dell’alcol nei 30 giorni precedenti l’intervista. Questo comportamento è più frequente nella fascia d’età 25-34 anni (8%) e tra gli uomini (7%, rispetto al 2% delle donne). Nonostante una riduzione costante nel tempo, nel 2022 i dati sono tornati ai livelli pre-pandemici.
Fattori di rischio incidenti
Il consumo di alcol è il principale fattore di rischio per incidenti stradali gravi o mortali. Il rischio aumenta esponenzialmente quando la concentrazione di alcol nel sangue raggiunge i 50 mg/100 ml. Anche l’assunzione di droghe e certi farmaci può aumentare significativamente il rischio di incidenti. Malattie come epilessia, diabete e problemi di vista sono altri fattori critici.
Alcol, giovani più a rischio
I giovani sono particolarmente vulnerabili agli effetti dell’alcol sulla guida. Nel biennio 2021-2022, il 5% degli intervistati ha guidato dopo aver consumato alcolici. Questo comportamento è più comune tra i 25-34 anni (8%) e tra gli uomini (7%). Anche se solo il 4% dei giovani tra i 18-21 anni ha dichiarato di guidare dopo aver bevuto, il rischio di incidenti aumenta con la diminuzione dell’età.
Distrazione alla guida
La distrazione alla guida è una delle principali cause di incidenti stradali. L’uso del cellulare, lo stress e la stanchezza sono fattori che riducono l’attenzione e aumentano il rischio di incidenti. Il mancato rispetto delle norme del codice della strada e l’uso inadeguato dei dispositivi di sicurezza, soprattutto in ambiente urbano, sono altri elementi critici.
Specializzazioni, 1/3 dei posti rischia di restare vuoto, giovani medici scelgono più redditizie
Economia sanitaria, News, News, PrevenzioneUn terzo dei posti nelle scuole di specializzazione rischia di restare vuoto. Molti giovani medici preferiscono specializzazioni come chirurgia plastica, dermatologia e ginecologia, dove è più facile fare attività privata. Questo crea carenze in altre specializzazioni.
Sempre meno medici ambiscono a diventare chirurgo o lavorare in pronto soccorso. Anestesisti, radioterapisti, anatomo-patologi, microbiologi, virologi e farmacologi sono sempre meno scelti. I giovani medici preferiscono carriere più redditizie come chirurghi plastici, ginecologi, dermatologi e cardiologi.
Trend delle specializzazioni
I dati mostrano che dopo la laurea in Medicina, i giovani medici scelgono specializzazioni con maggiori possibilità di guadagno. Migliaia di laureati partecipano al test di selezione nazionale per entrare in una delle 51 scuole di specializzazione. Circa 15 mila borse di specializzazione sono disponibili, ma un terzo dei posti rischia di restare vuoto. Questo spreco di risorse potrebbe causare la mancanza di medici in alcune aree.
Calo delle iscrizioni
La carenza di medici non è generalizzata, ma riguarda alcune specializzazioni. Il livello di copertura totale è passato dall’89,2% nel 2016/17 al 64,7% nel 2022/23. Questo è un trend preoccupante. Le scuole di chirurgia e servizi clinici sono le più colpite. L’anno scorso, solo 278 dei 718 posti per Chirurgia generale sono stati coperti. Solo 225 dei 898 posti per emergenza urgenza sono stati utilizzati. Anche anestesia e rianimazione soffrono, con solo 753 posti coperti su 1567.
Specializzazioni meno scelte
Le peggiori performance riguardano specialità come medicina delle cure primarie, radioterapia, farmacologia e tossicologia. Solo il 10,1% dei posti per medicina delle cure primarie è stato coperto; mentre per radioterapia, solo il 10,7% e per farmacologia e tossicologia, solo l’8,2%.
Specializzazioni più scelte
Al contrario, aree come chirurgia plastica, oftalmologia, dermatologia e ginecologia ostetrica fanno il pieno. Quasi tutti i posti in queste aree sono stati coperti nello scorso anno: per chirurgia plastica, 135 posti su 136 sono stati riempiti; per oftalmologia, 253 su 258; per dermatologia, 156 su 157; per ginecologia ostetrica, 510 su 567.
Prospettive future
Il trend potrebbe ripetersi quest’anno. Da settembre, inizieranno le graduatorie per le varie scuole di specializzazione e si prevede che un numero simile di contratti andrà perso. Giammaria Liuzzi di Anaao Giovani avverte che le specializzazioni non sono attrattive perché gli specializzandi non sono inquadrati come professionisti. Ricevono circa 1.700 euro mensili dalla borsa di studio.
Necessità di un cambiamento
Molti giovani preferiscono specializzazioni che aprono alla libera professione o al settore privato. Questi settori offrono maggiori guadagni rispetto alle prospettive meno remunerative del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). L’Anvur chiede misure urgenti per migliorare le condizioni di lavoro, aumentare i finanziamenti e incentivare la scelta di quelle meno richieste.
Il governo e il ministero della Salute stanno studiando una riforma delle specializzazioni mediche. Il calo costante dei tassi di copertura potrebbe compromettere la capacità del sistema sanitario di rispondere alle esigenze del SSN.
Intersessualità e il caso di Imane Khelif
News, NewsLa pugile algerina Imane Khelif è stata ammessa ai Giochi dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) poiché il suo livello di testosterone rientra nei limiti per la categoria femminile. Alessandra Kustermann sottolinea l’importanza di evitare diagnosi sui mass media. Secondo l’ex primaria della Clinica Mangiagalli di Milano, intervistata dal Corriere della Sera, le diagnosi devono essere fatte con termini precisi. Inoltre, le regole andrebbero messe in discussione prima o dopo, e non durante la gara. Il termine ‘intersessualità’, spesso citato in questi giorni, è un termine ombrello. Secondo la definizione dell’Istituto Superiore di Sanità, include tutte quelle persone che presentano variazioni dello sviluppo del sesso (cromosomiche, gonadiche e/o anatomiche).
Variazioni delle caratteristiche del sesso. Intersessualità, termine ombrello
La specialista preferisce il termine “variazioni delle caratteristiche del sesso” rispetto ad altre definizioni. Ogni individuo ha una grande variabilità nell’espressione sessuale. Alcune donne hanno un seno abbondante, altre quasi invisibile. Queste sono variazioni, non patologie.
Cromosoma XY e identità sessuale.
La presenza di un cromosoma XY nel DNA di Imane Khelif, se confermata, potrebbe avere diverse cause, secondo la specialista. Non si conosce la percentuale di presenza del cromosoma XY in Khelif. Per esempio, una donna incinta di un bambino maschio ha cellule maschili nel sangue. Tuttavia, non si può impedire a una donna incinta di usare i bagni per donne, afferma la specialista.
Condizioni che rendono ambigua l’identità sessuale
Secondo la letteratura scientifica ci sono diverse condizioni che possono rendere ambigua l’identità sessuale. Tra queste, disturbi endocrini, metabolici, malformazioni, variazioni cromosomiche o genetiche. La sindrome di Stein-Leventhal, per esempio, può causare irsutismo e mestruazioni scarse, ma le donne affette possono avere gravidanze. La sindrome di Morris comporta cromosomi maschili e caratteri sessuali secondari femminili, con assenza di mestruazioni. I testicoli, presenti ma ritenuti all’interno, spesso vengono tolti per evitare il rischio di tumori.
Iperandrogenismi e ermafroditismo
L’iperandrogenismo secondario comporta una quantità elevata di testosterone, causato da altre patologie come un tumore. L’ermafroditismo comporta la presenza di tessuto ovarico e testicolare. Altre varianti includono la fusione delle grandi labbra, che sembrano una borsa scrotale, o un clitoride ipertrofico. La specialista spiega che in alcuni di questi casi, alla nascita, può essere assegnato il sesso sbagliato.
Pseudoermafroditismo e altre condizioni
Altre condizioni includono pseudoermafroditismo surrenalico, iperplasia surrenalica congenita, insufficienza cortico-surrenalica, insufficienza ovarica primitiva, e disordini adrenogenitali congeniti associati a un deficit enzimatico. La produzione eccessiva di ormoni androgeni può verificarsi nella sindrome di Stein-Leventhal. Anche la menopausa precoce e l’iperfunzione o ipofunzione testicolare nei maschi sono condizioni rilevanti. Queste condizioni dimostrano la complessità dell’identità sessuale.
Definizione di intersessualità
L’intersessualità include tutte le variazioni delle caratteristiche sessuali innate. In Italia, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, comprende tutte le variazioni naturali nei caratteri sessuali che non rientrano nelle categorie tradizionali maschile e femminile. Le variazioni possono riguardare genitali esterni, gonadi, ormoni, cromosomi e geni. Le diagnosi devono essere fatte dai medici dopo una serie di accertamenti, rispettando la privacy delle persone.