Tempo di lettura: 4 minutiPossono insorgere in qualsiasi parte del corpo e colpire a ogni età: i sarcomi sono difficili da riconoscere. Non hanno sintomi specifici in fase iniziale e programmi di screening facilmente attuabili. Diagnosi tardive, totalmente errate o inaccurate, trattamenti spesso non appropriati, interventi chirurgici non adeguati sono causa di un elevato burden – fisico, psicologico ed economico – per i pazienti e di costi evitabili per il Servizio Sanitario.
Sarcomi, tumori rari senza sintomi specifici
I sarcomi sono una famiglia eterogenea di tumori rari che originano in muscoli, tendini, sinovie, tessuto adiposo e tessuti connettivi in genere, con un’incidenza pari a meno di 6 persone su 100.000 all’anno. Per la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti è essenziale la presa in carico all’interno di reti dedicate, basate su Centri di riferimento dotati di competenze specialistiche e di un insieme di requisiti specifici a partire dalla presenza di un team multidisciplinare.
Per fotografare la realtà italiana dei sarcomi, far emergere le criticità e suggerire le prospettive future, Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS ha ideato e realizzato “Sarcomi dalle esperienze alle proposte. Libro Bianco su stato dell’arte e prospettive future”, il primo lavoro del genere mai realizzato in Italia, presentato ieri alla Camera dei Deputati a Roma, nell’ambito di un evento istituzionale organizzato su iniziativa dell’Onorevole Walter Rizzetto.
La voce dei pazienti
Il Libro Bianco parte dall’ascolto della voce dei pazienti, integrato con approfondimenti clinico-organizzativi di esperti, per portare all’attenzione delle Istituzioni le principali criticità e proposte/raccomandazioni di miglioramento e rendere al più presto operativa la Rete Nazionale Tumori Rari.
«Il Governo è intensamente impegnato su tanti fronti della Sanità pubblica, a cominciare dal reperimento di risorse sempre maggiori per offrire servizi adeguati ai cittadini, in particolare alle persone con malattie rare. L’opera di volontariato italiano rappresenta un patrimonio immenso e irrinunciabile per il tessuto sociale ed economico di questa Nazione ed un tassello fondamentale nella collaborazione sinergica con le Istituzioni, la comunità scientifica e il mondo della ricerca» – con questo messaggio di saluto del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è aperto l’evento.
Il Libro Bianco
«Le ragioni e finalità alla base di questo Libro Bianco sui sarcomi sono molteplici e interdipendenti – ha dichiarato Ornella Gonzato, Presidente Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS – Per dar voce a pazienti con sarcoma e ai loro familiari/accudenti che sperimentano sulla propria vita percorsi ancora troppo pieni di ostacoli, a causa della rarità e complessità di queste neoplasie. Per generare evidenze attraverso i dati raccolti a livello nazionale, sia dell’area pediatrica e adolescenziale sia dell’adulto. Per diffondere cultura e consapevolezza su questa famiglia di tumori, grazie anche alla preziosa integrazione dei numerosi approfondimenti specialistici di clinici e ricercatori.
Per fornire una fotografia sullo stato attuale e sulle proposte per il futuro, individuando alcune tra le principali criticità. Per concorrere a portare all’attenzione istituzionale la necessità di potenziare al più presto la collaborazione tra i Centri di riferimento e la piena operatività della Rete Nazionale Tumori Rari, per garantire ai pazienti qualità e sicurezza delle cure, per stimolare e rafforzare sinergie tra tutti gli attori del sistema salute, sviluppando “reti virtuose” e affrontare le molte sfide in uno scenario con potenzialità tecnologiche del tutto nuove ed al contempo bisognoso di umanizzazione delle cure, nel rispetto della dignità di ogni persona, evitando che i numeri sostituiscano il nome proprio.
Al Ministro della Salute, Orazio Schillaci, al Presidente della Conferenza Stato-Regioni, Massimiliano Fedriga e al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone va un sentito ringraziamento per la vicinanza istituzionale espressa nella prefazione al volume».
Il Libro Bianco sui sarcomi si colloca all’interno di un percorso di advocacy che la Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS porta avanti da più di 15 anni con una crescente informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, dei clinici e delle Istituzioni, che nel 2023 è culminato nella campagna “Pazienti esperti e Istituzioni insieme nella sfida ai sarcomi. Verso una nuova umanizzazione delle cure”, cui ha fatto seguito la realizzazione di “Vivere con il sarcoma in Italia”, la prima indagine a livello nazionale condotta su queste patologie dall’Istituto di ricerca AstraRicerche, rivolta ai pazienti e ai loro caregiver.
L’indagine ha costituito la base per la stesura ed è stata incorporata come primo capitolo del Libro Bianco, che, anche attraverso un insieme di approfondimenti sul piano clinico-organizzativo, ha consentito di delineare lo stato dell’arte nel nostro Paese e le istanze per il futuro.
I risultati dell’indagine sui sarcomi
I risultati fanno emergere due elementi significativi: da un lato, una gestione ancora sub-ottimale dei pazienti e della malattia, sebbene per alcuni aspetti molto migliorata nel complesso rispetto al passato, dall’altro il pesante burden della patologia e dei trattamenti sulla vita dei pazienti, l’85% dei quali dichiara di aver subito un impatto importante, sia dal punto di vista psicologico che sulla sfera economica-professionale e affettiva-relazionale.
Il dato più rilevante riguarda le diagnosi tardive, non corrette o inaccurate. Quasi la metà del campione (49,4%) prima della diagnosi di sarcoma ha ricevuto diagnosi differenti, poi rivelatesi errate o non accurate. Rispetto alla comparsa dei primi sintomi (dolore e/o tumefazione), il 17,5% ha dovuto attendere per la diagnosi dai 6 ai 12 mesi, il 6,5% dai 13 ai 24 mesi e il 4,8% anche più di 2 anni.
La chirurgia, trattamento principale nei sarcomi, che necessita di competenze e Centri specialistici, rappresenta una criticità. La biopsia non sempre risulta effettuata correttamente, con conseguente impatto sia sulla diagnosi sia sulla prognosi. Inoltre, circa nel 25% dei casi, l’intervento chirurgico viene eseguito anche in ospedali locali. Il supporto psicologico è offerto gratuitamente soltanto al 32,6% dei pazienti, laddove l’impatto psicologico negativo è dichiarato da quasi il 90% degli intervistati. La comunicazione medico-paziente è un’altra area di criticità: meno di 2/3 del campione ritiene di essere informato. Solo al 26,8% è stato chiesto di donare campioni biologici per la ricerca e solo al 23% offerta la possibilità di partecipare ad una sperimentazione clinica.
Prospettive future
Il Libro Bianco si chiude con un elenco di proposte/raccomandazioni rivolte alle Istituzioni, da interventi volti a migliorare l’appropriatezza diagnostica e chirurgica, nonché la qualità e sicurezza complessiva dei percorsi di cura e assistenza, alla necessità di maggiori investimenti nella ricerca. Obiettivo ultimo è superare iniquità e disparità di accesso ai trattamenti dovute alla rarità e complessità di queste neoplasie: traguardo raggiungibile principalmente attraverso il potenziamento della collaborazione dei Centri di riferimento e la piena operatività della Rete Nazionale Tumori Rari.
Il processo per l’istituzionalizzazione della RNTR sancito dall’intesa Stato-Regioni nel 2017, quale modello organizzativo-gestionale per l’assistenza ad alta specializzazione in patologie rare e complesse, ha fatto un passo avanti con il recente Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 2023. Ora spetta alle Regioni e alle Provincie Autonome recepire questo documento, mettendo in atto una collaborazione operativa tra singole Regioni e livello nazionale.
I sarcomi, inoltre, sono tra i primi tumori rari solidi dell’adulto per cui il modello della Rete dovrebbe essere applicato come richiamato dal Piano Oncologico Nazionale 2023-2027. Un passaggio cruciale perché solo la collaborazione tra Centri di riferimento ad alta specializzazione consente di realizzare sinergie nella ricerca e migliorare la presa in carico dei pazienti a vantaggio della qualità delle cure e della loro vita.
Federfarma servizi: distribuzione intermedia in crisi un rischio per la salute
Invisibile in HomepageIl sistema salute è come l’ingranaggio di un orologio fatto da decine di elementi, ciascuno indispensabile. Se un elemento è in difficoltà o si blocca, il meccanismo non funziona a dovere. È quello che sta accadendo alla distribuzione intermedia, che porta farmaci, parafarmaci e dispositivi medici in farmacia, sotto casa delle persone. Ma anche vaccini e test diagnostici per migliaia di referenze. I numeri sono diffusi in occasione dell’Assemblea Nazionale di Federfarma Servizi che riunisce 19 associate con 57 magazzini operanti su tutto il territorio nazionale: 610 milioni di confezioni di farmaci e 205 milioni tra parafarmaci e dispositivi. Per un totale di 15 milioni di consegne e 150 milioni di chilometri percorsi, più di 41mila consegne al giorno, tutti i giorni.
“Non vi è dubbio che il periodo che sta attraversando la Distribuzione intermedia sia uno dei più difficili degli ultimi decenni con la concomitante stretta di diversi fattori che rischiano di spezzare l’anello più debole della filiera del Farmaco, anello che peraltro è quello che permette la maggior parte delle attività che attraverso la Rete delle Farmacie vengono offerte ai cittadini/pazienti sull’intero territorio nazionale” lamenta il Presidente di Federfarma Servizi, Antonello Mirone. “L’impennata dei costi organizzativi, in particolare di quelli legati al trasporto, alle utenze, alle materie prime e al personale unitamente alla corsa dei tassi di interesse per il ricorso al credito stanno mettendo a dura prova le capacità gestionali di coloro che sono chiamati ad amministrare le nostre Aziende”.
“Senza la Distribuzione Intermedia la grande trasformazione che sta vivendo la Sanità territoriale e in particolare l’evoluzione che sta vivendo la Farmacia italiana non è possibile” prosegue Mirone.
Un lavoro che non si limita alla logistica e alla distribuzione ma prevede il coordinamento delle attività e la partecipazione a tavoli istituiti dal Ministero della Salute, come il Tavolo Tecnico di lavoro nel settore dell’approvvigionamento dei farmaci istituito dal Ministero della Salute, quello sulla Tracciabilità Europea con il Sistema Nazionale Verifica del Farmaco, quello sulla vendita online e quello sulle Indisponibilità dei farmaci.
“Purtroppo sembra che i tanti ringraziamenti, i riconoscimenti del nostro ruolo, non producano però comportamenti consequenziali volti a risolvere lo stato di difficoltà né da parte del decisore politico, né da parte degli altri protagonisti del settore che pure dovrebbero maggiormente avere a cuore le nostre sorti, considerandoci partner essenziali per lo sviluppo delle nuove strategie e giungendo quindi a condividere soluzioni, compatibili con l’urgenza del momento, che portino alla definitiva stabilizzazione dell’intera filiera” conclude Mirone.
Prevenzione HIV, la Long Acting PrEP in Italia
Associazioni pazienti, News, News, PrevenzioneLa rimborsabilità della PrEP decretata da AIFA nel 2023 – attesa da sei anni – ha rappresentato una svolta nella prevenzione dell’HIV. Tuttavia, la comunità scientifica e la Community dei pazienti auspicano l’approvazione da parte di AIFA della Long Acting PrEP, che permetterebbe due mesi di copertura preventiva. Questi sono alcuni dei messaggi emersi dalla Conferenza Stampa “PrEP e Innovazione” nell’ambito della 16° edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, appena conclusa all’Università Cattolica di Roma.
Dati HIV 2022
Nel 2022, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sono state effettuate 1.888 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 3,2 nuovi casi per 100mila residenti. In particolare, la proporzione di nuovi casi attribuibile a trasmissione eterosessuale era del 43% (25,1% maschi e 17,9% femmine), quella in maschi che fanno sesso con maschi 40,9% e quella attribuibile a persone che usano sostanze stupefacenti 4,3%.
La Profilassi Pre-Esposizione (PrEP) previene l’infezione del virus hiv. Si tratta di un mezzo di protezione efficace soprattutto per le fasce più esposte al virus secondo i dati epidemiologici: Maschi che fanno Sesso con Maschi (MSM), donne ad alto rischio, transgender, sex worker. La PrEP orale, l’unica disponibile oggi, si può assumere in modo continuativo, con una pillola al giorno, oppure on demand, al bisogno, in caso di episodio a rischio.
Bilancio a un anno dalla PrEP
A un anno dalla rimborsabilità della PrEP orale nel nostro Paese, l’indagine PrIDE – che ha coinvolto 62 centri ICONA e 3 checkpoint tra dicembre ’23 e gennaio ’24 – certifica che gli assuntori di PrEP orale sono stati 11.675 persone, di cui il 50,1% in Lombardia e il 17,9% nel Lazio. In particolare, emerge che il rapporto tra le persone con HIV e gli utilizzatori di PrEP orale non è omogeneo nelle varie regioni italiane (Lombardia 6,84; Lazio 9,60). Difatti, la diffusione della PrEP orale presenta vari ostacoli, tra cui i pochi centri di riferimento, la limitata erogazione sul territorio, i rischi legati all’aderenza e allo stigma, sottolineano gli specialisti.
Tre ricerche italiane sul bisogno della Long acting PrEP
A ottobre 2023, un secondo presidio di prevenzione dell’HIV, la cosiddetta Long Acting PrEP, ha ricevuto il via libera dall’EMA. Le sue potenzialità sono state confermate da diversi studi italiani.
Un’indagine diffusa su canali digitali specifici della popolazione LGBTQIA+ ha raggiunto 1419 persone: solo il 27% di queste ha dichiarato di assumere PrEP orale, facendo così emergere un margine ampio in cui l’offerta preventiva di HIV ancora stenta a penetrare.
La ricerca ha inoltre evidenziato due caratteristiche dei rispondenti correlate all’interesse per la Long ActingPrEP: l’assunzione della PrEP orale e la conoscenza dell’equazione preventiva U=U. Oggi, dunque, Long Acting PrEP nella popolazione LGBTQIA+ si associa un profilo di persona ben informata e proattiva nella volontà di prevenire HIV.
Una seconda indagine, svolta a marzo 2024 sugli utilizzatori di PrEP orale nel checkpoint di Milano, ha messo in evidenza come dei 419 rispondenti (98% maschi e 70% laureati) ben il 74,9% abbia mostrato interesse per la Long Acting PrEP. Di questi, oltre la metà ha dichiarato di averne scarsa informazione. La stanchezza per l’assunzione delle compresse e anche per l’approvvigionamento delle stesse, così come il sentirsi dipendente da una compressa per fare attività sessuale in libertà sono gli aspetti che hanno caratterizzato gli interessati alla Long Acting PrEP in questa indagine.
Infine, una ricerca su 1056 utenti utilizzatori di PrEP orale di Milano, in centri in cui la community è presente, ha riscontrato che il 27,8% di persone potrebbe beneficiare della Long Acting PrEP a causa di problemi con la PrEP orale principalmente legati all’aderenza, ma anche alla tossicità.
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Aderenza e stigma tra gli ostacoli
“La PrEP rappresenta una strategia centrale per vincere la battaglia della prevenzione delle nuove infezioni da HIV – commenta la Prof.ssa Antonella Cingolani, copresidente ICAR -. L’importanza della rimborsabilità decretata da AIFA nel 2023 è riscontrabile nei numeri, con gli utenti che sono più che raddoppiati. Tuttavia, a causa del ritardo accumulato e degli ostacoli che permangono nell’accesso alla PrEP, siamo ancora molto lontani dagli standard di altri Paesi europei. In virtù dei diversi studi che ne confermano la validità, sarà pertanto auspicabile poter disporre anche della Long Acting PrEP a fianco della PrEP orale”.
“Attualmente vi sono ancora problemi di diverso tipo – commenta Massimo Farinella, copresidente ICAR –. Anzitutto, persistono i costi di monitoraggi, visite e controlli contestuali alla PrEP; vi è poi un problema di aderenza, di stigma e di scarso coinvolgimento del territorio, visto che è accessibile solo nelle farmacie ospedaliere. Pertanto, con la Long Acting PrEP si potrebbero colmare alcune di queste lacune, completando così l’offerta di una strategia preventiva per combattere la diffusione dell’HIV come già approvato a livello europeo”.
“La PrEP, in tutte le sue forme, orale e Long Acting, è un elemento chiave di sanità pubblica per la lotta alla diffusione dell’HIV – aggiunge il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT –. In particolare, la Long ActingPrEP è uno strumento di prevenzione dell’HIV, riconosciuta anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per le persone a rischio sostanziale di infezione, che amplia l’offerta complessiva delle diverse modalità di prevenzione per un virus per cui non esiste un vaccino”.
Melatonina contro l’insonnia: studio rivela nuove indicazioni
Benessere, News, Ricerca innovazioneLa melatonina è un ormone naturale prodotto dalla ghiandola pineale e regola il ciclo sonno-veglia. Viene spesso utilizzata come integratore per combattere l’insonnia. Un nuovo studio dell’Università di Pisa, pubblicato sul Journal of Pineal Research, offre nuove indicazioni precise su come utilizzarla per renderla efficace.
La ricerca
Lo studio è stato condotto dal team di Ugo Faraguna all’Università di Pisa. L’analisi ha esaminato 26 studi randomizzati, pubblicati tra il 1987 e il 2020. Questi studi hanno coinvolto un totale di 1689 osservazioni su pazienti con insonnia e volontari sani. La ricerca ha confrontato vari schemi di somministrazione della melatonina per valutare il suo effetto sul sonno.
Somministrazione: quando e come prendere la melatonina
La ricerca ha rilevato che la melatonina è più efficace se assunta tre ore prima di coricarsi, con una dose di 4 mg al giorno. Questa modalità differisce dalle indicazioni più comuni, che suggeriscono 2 mg 30 minuti prima di andare a letto. Faraguna spiega che la massima efficacia della melatonina si ottiene riproducendo il naturale rilascio dell’ormone nel corpo umano.
Risultati sull’efficacia
I risultati dello studio mostrano che il nuovo schema di somministrazione della melatonina migliora significativamente la qualità del sonno. Rispetto alle pratiche cliniche comuni, anticipare l’assunzione a tre ore prima di coricarsi e aumentare la dose a 4 mg produce effetti migliori. Il paziente, quindi, può personalizzare l’orario di somministrazione in base al ritmo sonno-veglia.
Implicazioni cliniche
Questi risultati possono cambiare le pratiche cliniche nella gestione dell’insonnia. I medici potrebbero considerare di modificare le raccomandazioni sull’uso della melatonina. Adattare l’orario di somministrazione e il dosaggio alle esigenze specifiche di ciascun paziente potrebbe migliorare notevolmente l’efficacia del trattamento.
Disturbi del sonno in Italia
Secondo i dati più recenti, circa 13,4 milioni di italiani soffrono di disturbi del sonno. Questa condizione colpisce in particolare le donne, che sono il 60% dei casi. La problematica non risparmia nemmeno i giovani, secondo un recente studio condotto dalla Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) e dall’Associazione Italiana per la Medicina del Sonno (AIMS).
Caldo torrido, il piano ministeriale
PrevenzioneCon l’aumento del caldo e l’imperversare dell’anticiclone Minosse, il Ministero della Salute si prepara a emanare una circolare mirata a prevenire gli effetti delle ondate di calore, soprattutto per le categorie più vulnerabili. La circolare, firmata dal direttore generale della Prevenzione sanitaria Francesco Vaia, è indirizzata agli assessori alla Salute delle Regioni e delle Province autonome e contiene indicazioni cruciali per migliorare la risposta sanitaria durante i periodi di caldo estremo.
Azioni organizzative e codice per il caldo
Una delle principali raccomandazioni della circolare è l’attivazione del cosiddetto “codice calore”. Questo prevede la creazione di percorsi assistenziali preferenziali e differenziati nei pronto soccorso per gestire in maniera efficiente i pazienti colpiti dagli effetti del calore. Questo sistema è pensato per garantire un’assistenza tempestiva e adeguata, riducendo i tempi di attesa e migliorando la qualità delle cure.
Potenziati ambulatori e guardia medica
La circolare invita inoltre ad attivare gli ambulatori territoriali sette giorni su sette, con orari di apertura di 12 ore al giorno. Questa misura mira a decongestionare i pronto soccorso, offrendo alternative valide e immediate per le necessità sanitarie non urgenti. Un altro punto chiave è il potenziamento del servizio di guardia medica. Rafforzare questo servizio significa poter contare su un’assistenza medica continua e capillare, fondamentale durante le ondate di calore quando i soggetti vulnerabili possono necessitare di interventi urgenti.
Riattivazione delle USCAR
Le Unità Speciali di Continuità Assistenziale Regionale (USCAR) saranno riattivate per favorire l’assistenza domiciliare. Questo approccio ha l’obiettivo di evitare accessi inappropriati al pronto soccorso, offrendo cure direttamente a casa dei pazienti. Le USCAR rappresentano un supporto indispensabile per gestire i casi di persone anziane o con patologie croniche che potrebbero aggravarsi a causa del caldo intenso.
Piano di comunicazione e sensibilizzazione
Il potenziamento del piano di comunicazione è un altro pilastro della strategia del Ministero della Salute. La circolare sottolinea l’importanza di promuovere la campagna informativa predisposta dal ministero e dalle autorità regionali, garantendone la massima diffusione possibile. Una corretta informazione può prevenire molte situazioni di emergenza, educando i cittadini su come comportarsi durante le ondate di calore.
Numero di pubblica utilità 1500 e bollettini meteo
Un’ulteriore misura prevista è la riattivazione del numero di pubblica utilità 1500. Questo servizio fornirà indicazioni e informazioni ai cittadini su come affrontare le ondate di calore, diventando un punto di riferimento per chiunque necessiti di assistenza o consigli pratici. Il Ministero della Salute metterà inoltre a disposizione, sul proprio sito web, bollettini giornalieri sulle ondate di calore per 27 città italiane. Questi bollettini offriranno raccomandazioni specifiche per affrontare l’emergenza caldo, permettendo ai cittadini di prepararsi adeguatamente e prendere le necessarie precauzioni.
Proteggersi è decisivo
Le misure previste dal Ministero della Salute sono fondamentali per proteggere la popolazione, in particolare i soggetti più vulnerabili. L’attivazione del codice calore, il potenziamento degli ambulatori territoriali e del servizio di guardia medica, insieme alla riattivazione delle USCAR e alla promozione di una campagna informativa capillare, rappresentano interventi cruciali per gestire al meglio gli effetti del caldo estremo.
Ridurre i rischi
L’attivazione del numero di pubblica utilità 1500 e la pubblicazione dei bollettini meteo quotidiani offriranno un supporto costante ai cittadini, permettendo loro di affrontare le ondate di calore con maggiore sicurezza e consapevolezza. Queste iniziative sottolineano l’impegno del Ministero della Salute nel garantire un’assistenza sanitaria efficace e tempestiva, riducendo i rischi legati alle temperature elevate e proteggendo la salute pubblica.
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Sclerodermia, cinque azioni per la qualità di vita dei pazienti
Associazioni pazienti, PrevenzioneSono circa 30mila le persone in Italia affette da sclerosi sistemica (sclerodermia). La malattia, patologia autoimmune rara, cronica e progressiva, colpisce la cute, i vasi sanguigni, nonché gli organi, come cuore, polmoni, reni, e gli apparati digerente e muscoloscheletrico.
Giornata mondiale della sclerodermia
In occasione della Giornata mondiale della sclerodermia (29 giugno), la Italian World Scleroderma Foundation (IWSF) e il Gruppo Italiano per la lotta alla sclerodermia (GILS Odv Ets), sotto l’Alto patrocinio della Presidenza della Repubblica, promuovono due appuntamenti per fare luce sulla malattia, migliorare la diagnosi precoce, la presa in carico, la cura e la terapia. Il primo a Montecitorio e il secondo presso l’Auditorium dell’Ara Pacis, promosso dalla IWSF, la Gils Odv Ets, e la Systemic sclerosis progression investigation (Spring), con il sostegno della European scleroderma trials and research group (Eustar), ed il patrocinio della Società italiana di Reumatologia (Sir) e della Società Italiana di Medicina interna (Simi).
Obiettivo degli incontri, identificare le criticità organizzative. In particolare, in Italia sono cinque le azioni identificate per migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da sclerodermia:
– una maggiore sensibilizzazione dei medici di medicina generale, sui segni e sintomi;
– la creazione di una rete dei centri specializzati sul territorio nazionale, per avere una diagnosi precoce, facilitare l’accesso alle terapie e abbattere i costi sul Ssn;
– il supporto di un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) omogeneo sul territorio nazionale;
– la disponibilità di supporto e cure domiciliari;
– la promozione della ricerca di base e la sperimentazione clinica.
Diagnosi precoce della sclerodermia
“Identificare quali siano i passi da proporre per giungere ad una precoce diagnosi per migliorare la condizione dei pazienti, razionalizzando e omogeneizzando le prestazioni erogate può portare anche a una riduzione della spesa pubblica”, spiega il professor Marco Matucci Cerinic, ordinario di reumatologia dell’Università di Vita Salute San Raffaele di Milano e Presidente dell’Italian World Scleroderma Foundation (IWSF).
Il ruolo della politica. A raccogliere le istanze della comunità scientifica e delle organizzazioni, sono i rappresentanti delle istituzioni, in qualità di relatori durante il primo appuntamento.
“Le cinque azioni avanzate dai promotori del convegno sono uno stimolo per la politica e le istituzioni che condividono la necessità di migliorare l’assistenza e la gestione della malattia nella vita quotidiana. La sclerodermia è una patologia rara che incide notevolmente sulla sfera privata della persona e dei suoi familiari e merita l’attenzione necessaria affinché sia destinataria dei Percorsi diagnostici terapeutici adeguati e delle strutture sul territorio, dotate di personale formato ed esperto riguardo alla malattia rara”, sostiene Luciano Ciocchetti, vice presidente della Commissione XII Affari Sociali, che ha promosso l’iniziativa a Montecitorio.
La voce dei pazienti
Da parte delle Associazioni che rappresentano le esigenze di coloro che sono affetti dalla malattia, emerge la necessità di aumentare la sensibilità dell’opinione pubblica sui sintomi e sugli effetti sulla vita quotidiana. “La fibrosi polmonare è una complicanza che può avere un impatto serio sia sulla salute e sul decorso della patologia, sia sulla qualità di vita del paziente. La mancanza di fiato rende ogni cosa della vita quotidiana più complessa e faticosa”, ricorda Ilaria Galetti, vice presidente della Federation of European Scleroderma Associations (FESCA)
“Nei casi più seri – continua – ne possono risentire anche la sfera lavorativa, sociale e sessuale. Non sono molti i farmaci che servono a prevenire un peggioramento e la fibrosi non è reversibile. I pazienti con una fibrosi importante debbono fare ossigenoterapia; il problema, in questo caso, è il poter vivere una vita sociale, in quanto se la bombola si esaurisce (dura infatti poche ore) non vi è la possibilità di ricaricarla, nemmeno nelle farmacie”.
Altra esigenza espressa dalle Associazioni è l’istituzione di Percorsi diagnostico terapeutici multidisciplinari riservati. “Il Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia – afferma Paola Canziani, presidente del Gruppo Italiano per la lotta alla sclerodermia (GILS) – ribadisce il suo impegno ad affrontare, con il sostegno delle istituzioni pubbliche e in dialogo con loro, tutte le problematiche connesse alla gestione socio sanitaria della patologia.
La prevenzione e la creazione di Percorsi diagnostico terapeutici multidisciplinari dedicati sono la nostra priorità, così come la garanzia dell’uniformità delle cure. Facendo nostre le esigenze dei pazienti e dei loro familiari, siamo come associazione facilitatori nella creazione di nuove ed efficienti dinamiche”.
Presa Weekly 21 Giugno 2024
PreSa WeeklyPresa Weekly 21 Giugno 2024
Allarme per la polmonite da mycoplasma
Adolescenti, Bambini, NewsBambini a rischio per colpa del forte aumento di un batterio chiamato mycoplasma pneumoniae che è alla base di casi severi di polmoniei. Il sistema di sorveglianza attivato dal Laboratorio di immunologia dell’A.O.U. Meyer Irccs ha infatti rilevato una impennata di casi di polmonite, determinata da questo batterioche colpisce in prevalenza le vie respiratorie.
I dati
Da febbraio a oggi sono stati riscontrati ben 50 casi di polmonite da mycoplasma pneumoniae: 1 a gennaio, 4 a febbraio, 6 a marzo, 9 ad aprile, 12 a maggio e 19 ad oggi nel mese di giugno. Negli ultimi quattro anni i casi erano stati molto rari, basti pensare che per trovare un numero cospicuo di casi è necessario andare a ritroso fino al 2019. Al momento il trend è ancora in crescita e tra i pazienti colpiti dall’infezione, circa il 50% necessita di un ricovero.
Polmonite da Mycoplasma pneumoniae
Il mycoplasma può colpire a qualunque età, ma è più evidente nei bambini e negli adolescenti. Provoca per lo più polmonite, che si manifesta con febbre e tosse secca persistente. Normalmente, la polmonite da mycoplasma pneumoniae è meno grave di quella provocata da germi conosciuti per essere più invasivi, come lo pneumococco. Talvolta, però, anche il mycoplasma può causare complicanze gravi come anemia emolitica, o infiammazioni del cuore e del cervello.
L’importanza della diagnosi precoce
È importante fare una diagnosi corretta e rapida, perché la malattia deve essere curata con antibiotici specifici; non tutti gli antibiotici, infatti, sono efficaci contro questo germe. La diagnosi si può fare rapidamente con metodiche molecolari specifiche su tampone faringeo; è quello che fa il Meyer, per i suoi piccoli pazienti, ricercando la presenza di mycoplasma pneumoniae e molti altri patogeni respiratori.
Il sistema di sorveglianza dell’A.O.U. Meyer Irccs
Da tempo il Meyer dispone di un sistema di sorveglianza attiva che cerca con attenzione la causa di tutte le malattie infettive circolanti, non solo quelle che sappiamo circolare comunemente, ma anche quelle più rare, quelle che non ci aspetteremmo. I risultati sono utilizzati immediatamente per fare le più corrette scelte: sia quelle cliniche, indirizzate al singolo paziente che quelle di sanità pubblica, rivolte a tutta la popolazione.
L’età è un rischio
“Individuare prontamente i casi è fondamentale – spiega la professoressa Chiara Azzari, responsabile del Laboratorio – immaginiamo ad esempio quanto sia importante sapere che un bambino ha la pertosse: non è soltanto per dare al piccolo la giusta terapia antibiotica, ma è anche per consigliare ai genitori di tenere il bambino lontano da una sorellina appena nata. Sappiamo bene infatti che la pertosse può essere mortale in bambini sotto l’anno di vita. È sufficiente essere piccoli per correre questo grave rischio; non importa avere patologie concomitanti. La diagnosi rapida e la sorveglianza “accanto al letto del paziente” significano quindi anche casi gravi evitati, bambini salvati”.
Fotografare la situazione attuale
Classicamente, il concetto di sorveglianza si associa a una revisione dei dati del passato, a un conteggio del numero di casi di malattie infettive. Si pensa a dati accumulati nei registri, utili per stabilire strategie nel futuro. Questo è certamente vero, ed è altresì molto importante. Ma è solo una delle potenzialità che la sorveglianza può offrire. Per essere davvero efficace la sorveglianza deve avere anche un’altra missione, deve essere capace di fotografare la situazione in tempo reale in modo da sapere giorno per giorno quali sono i germi che “girano” in quel dato territorio. Questo nuovo modo di utilizzare la sorveglianza permette di riorganizzare gli ospedali e predisporli in tempo reale al momento dell’inizio di una epidemia dovuta a qualunque germe. Per accogliere e separare immediatamente i percorsi di pazienti con quella malattia infettiva.
Il caso del virus sinciziale
“Attuando nel concreto questa precisa strategia al Meyer si è riusciti a contrastare attivamente l’epidemia di virus respiratorio sinciziale che tanto si è fatto sentire nelle scorse stagioni. Ai primi segnali, il laboratorio di immunologia, che effettua la sorveglianza per le malattie infettive pediatriche, ha allertato la direzione aziendale che si è attivata immediatamente, in tempo reale, con percorsi dedicati. Grazie all’utilizzo “bedside” della sorveglianza è stato possibile non solo a riorganizzare prontamente l’attività dell’ospedale, ma anche a prevenire un numero molto elevato di contagi intraospedalieri che inevitabilmente, nel caso fossero coinvolti bambini piccoli, si sarebbero tradotti in casi gravi.
Approccio innovativo
Il laboratorio in questo modo è diventato un attore fondamentale non solo nella diagnostica, ma anche nella prevenzione di nuovi casi. Un utilizzo moderno e diffuso della sorveglianza, in questa accezione e con questo approccio innovativo, può farci prendere decisioni quotidiane, oggi per oggi, in grado di cambiare in meglio la salute dei pazienti.
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Sarcomi, tumori rari difficili da riconoscere
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Sarcomi, tumori rari senza sintomi specifici
I sarcomi sono una famiglia eterogenea di tumori rari che originano in muscoli, tendini, sinovie, tessuto adiposo e tessuti connettivi in genere, con un’incidenza pari a meno di 6 persone su 100.000 all’anno. Per la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti è essenziale la presa in carico all’interno di reti dedicate, basate su Centri di riferimento dotati di competenze specialistiche e di un insieme di requisiti specifici a partire dalla presenza di un team multidisciplinare.
Per fotografare la realtà italiana dei sarcomi, far emergere le criticità e suggerire le prospettive future, Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS ha ideato e realizzato “Sarcomi dalle esperienze alle proposte. Libro Bianco su stato dell’arte e prospettive future”, il primo lavoro del genere mai realizzato in Italia, presentato ieri alla Camera dei Deputati a Roma, nell’ambito di un evento istituzionale organizzato su iniziativa dell’Onorevole Walter Rizzetto.
La voce dei pazienti
Il Libro Bianco parte dall’ascolto della voce dei pazienti, integrato con approfondimenti clinico-organizzativi di esperti, per portare all’attenzione delle Istituzioni le principali criticità e proposte/raccomandazioni di miglioramento e rendere al più presto operativa la Rete Nazionale Tumori Rari.
«Il Governo è intensamente impegnato su tanti fronti della Sanità pubblica, a cominciare dal reperimento di risorse sempre maggiori per offrire servizi adeguati ai cittadini, in particolare alle persone con malattie rare. L’opera di volontariato italiano rappresenta un patrimonio immenso e irrinunciabile per il tessuto sociale ed economico di questa Nazione ed un tassello fondamentale nella collaborazione sinergica con le Istituzioni, la comunità scientifica e il mondo della ricerca» – con questo messaggio di saluto del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è aperto l’evento.
Il Libro Bianco
«Le ragioni e finalità alla base di questo Libro Bianco sui sarcomi sono molteplici e interdipendenti – ha dichiarato Ornella Gonzato, Presidente Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS – Per dar voce a pazienti con sarcoma e ai loro familiari/accudenti che sperimentano sulla propria vita percorsi ancora troppo pieni di ostacoli, a causa della rarità e complessità di queste neoplasie. Per generare evidenze attraverso i dati raccolti a livello nazionale, sia dell’area pediatrica e adolescenziale sia dell’adulto. Per diffondere cultura e consapevolezza su questa famiglia di tumori, grazie anche alla preziosa integrazione dei numerosi approfondimenti specialistici di clinici e ricercatori.
Per fornire una fotografia sullo stato attuale e sulle proposte per il futuro, individuando alcune tra le principali criticità. Per concorrere a portare all’attenzione istituzionale la necessità di potenziare al più presto la collaborazione tra i Centri di riferimento e la piena operatività della Rete Nazionale Tumori Rari, per garantire ai pazienti qualità e sicurezza delle cure, per stimolare e rafforzare sinergie tra tutti gli attori del sistema salute, sviluppando “reti virtuose” e affrontare le molte sfide in uno scenario con potenzialità tecnologiche del tutto nuove ed al contempo bisognoso di umanizzazione delle cure, nel rispetto della dignità di ogni persona, evitando che i numeri sostituiscano il nome proprio.
Al Ministro della Salute, Orazio Schillaci, al Presidente della Conferenza Stato-Regioni, Massimiliano Fedriga e al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone va un sentito ringraziamento per la vicinanza istituzionale espressa nella prefazione al volume».
Il Libro Bianco sui sarcomi si colloca all’interno di un percorso di advocacy che la Fondazione Paola Gonzato – Rete Sarcoma ETS porta avanti da più di 15 anni con una crescente informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, dei clinici e delle Istituzioni, che nel 2023 è culminato nella campagna “Pazienti esperti e Istituzioni insieme nella sfida ai sarcomi. Verso una nuova umanizzazione delle cure”, cui ha fatto seguito la realizzazione di “Vivere con il sarcoma in Italia”, la prima indagine a livello nazionale condotta su queste patologie dall’Istituto di ricerca AstraRicerche, rivolta ai pazienti e ai loro caregiver.
L’indagine ha costituito la base per la stesura ed è stata incorporata come primo capitolo del Libro Bianco, che, anche attraverso un insieme di approfondimenti sul piano clinico-organizzativo, ha consentito di delineare lo stato dell’arte nel nostro Paese e le istanze per il futuro.
I risultati dell’indagine sui sarcomi
I risultati fanno emergere due elementi significativi: da un lato, una gestione ancora sub-ottimale dei pazienti e della malattia, sebbene per alcuni aspetti molto migliorata nel complesso rispetto al passato, dall’altro il pesante burden della patologia e dei trattamenti sulla vita dei pazienti, l’85% dei quali dichiara di aver subito un impatto importante, sia dal punto di vista psicologico che sulla sfera economica-professionale e affettiva-relazionale.
Il dato più rilevante riguarda le diagnosi tardive, non corrette o inaccurate. Quasi la metà del campione (49,4%) prima della diagnosi di sarcoma ha ricevuto diagnosi differenti, poi rivelatesi errate o non accurate. Rispetto alla comparsa dei primi sintomi (dolore e/o tumefazione), il 17,5% ha dovuto attendere per la diagnosi dai 6 ai 12 mesi, il 6,5% dai 13 ai 24 mesi e il 4,8% anche più di 2 anni.
La chirurgia, trattamento principale nei sarcomi, che necessita di competenze e Centri specialistici, rappresenta una criticità. La biopsia non sempre risulta effettuata correttamente, con conseguente impatto sia sulla diagnosi sia sulla prognosi. Inoltre, circa nel 25% dei casi, l’intervento chirurgico viene eseguito anche in ospedali locali. Il supporto psicologico è offerto gratuitamente soltanto al 32,6% dei pazienti, laddove l’impatto psicologico negativo è dichiarato da quasi il 90% degli intervistati. La comunicazione medico-paziente è un’altra area di criticità: meno di 2/3 del campione ritiene di essere informato. Solo al 26,8% è stato chiesto di donare campioni biologici per la ricerca e solo al 23% offerta la possibilità di partecipare ad una sperimentazione clinica.
Prospettive future
Il Libro Bianco si chiude con un elenco di proposte/raccomandazioni rivolte alle Istituzioni, da interventi volti a migliorare l’appropriatezza diagnostica e chirurgica, nonché la qualità e sicurezza complessiva dei percorsi di cura e assistenza, alla necessità di maggiori investimenti nella ricerca. Obiettivo ultimo è superare iniquità e disparità di accesso ai trattamenti dovute alla rarità e complessità di queste neoplasie: traguardo raggiungibile principalmente attraverso il potenziamento della collaborazione dei Centri di riferimento e la piena operatività della Rete Nazionale Tumori Rari.
Il processo per l’istituzionalizzazione della RNTR sancito dall’intesa Stato-Regioni nel 2017, quale modello organizzativo-gestionale per l’assistenza ad alta specializzazione in patologie rare e complesse, ha fatto un passo avanti con il recente Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 2023. Ora spetta alle Regioni e alle Provincie Autonome recepire questo documento, mettendo in atto una collaborazione operativa tra singole Regioni e livello nazionale.
I sarcomi, inoltre, sono tra i primi tumori rari solidi dell’adulto per cui il modello della Rete dovrebbe essere applicato come richiamato dal Piano Oncologico Nazionale 2023-2027. Un passaggio cruciale perché solo la collaborazione tra Centri di riferimento ad alta specializzazione consente di realizzare sinergie nella ricerca e migliorare la presa in carico dei pazienti a vantaggio della qualità delle cure e della loro vita.
I 6 step della dieta contro le zanzare
Alimentazione, News, Stili di vitaEsiste una dieta antizanzare? Uno stile alimentare che possa modificare il nostro odore e renderci, per così dire, meno “appetibili” per le zanzare? Secondo alcuni studi sì. In particolare ci sarebbero delle categorie di alimenti che, combinati con specifici stili di vita, avrebbero il potere di influenzare l’odore della nostra pelle attivando una sorta di repellente naturale. Ma, è importante notare che l’efficacia di questi metodi può variare da persona a persona.
I 6 step in tavola
Di tutti i rimedi naturali oggi disponibili, l’alimentazione è certamente quella che può incidere di più e portare a benefici concreti. Proviamo allora a tracciare i 6 step degli alimenti che si possono e non si possono mangiare se di vuole realizzare una dieta antizanzare. In primis, aglio e cipolla. Consumare aglio e cipolla può alterare l’odore della pelle, rendendola meno attraente per le zanzare. Questi alimenti contengono infatti composti solforati che possono essere emessi attraverso i pori della pelle. Bene anche assumere la giusta dose di vitamina B1 (tiamina): alcuni studi suggeriscono che l’assunzione di vitamina B1 potrebbe rendere l’odore della pelle meno appetibile per le zanzare. Ma non servono integratori, meglio assumere la vitamina B1 in alimenti come cereali integrali, fagioli, semi di girasole e carne di maiale.
Acido citrico, spezie e aceto di mele
Altro composto che ha il potere di tenere lontane questi insetti è l’acido citrico, che si trova negli agrumi, come limoni, arance e lime. Inoltre, le spezie, sono veri e propri repellenti naturali. Il basilico, il pepe nero e il peperoncino, contengono oli essenziali che possono respingere le zanzare. Ancora, aceto di mele: anche bere una piccola quantità di aceto di mele diluito con acqua può alterare l’odore della pelle. Tuttavia, è importante limitarsi a poche gocce per evitare problemi di salute.
Zuccheri e all’alcool attirano le zanzare
Ciò che si deve assolutamente evitare sono i cibi ricchi di zucchero e alcool. Questo perché l’alcool e gli alimenti zuccherati possono aumentare l’attrazione delle zanzare verso di noi. Ridurre il consumo di queste sostanze potrebbe aiutare a diminuire la loro attrattiva. È bene anche ricordare che oltre a questi consigli alimentari, ci sono altre strategie efficaci per proteggersi dalle zanzare, come l’uso di repellenti per insetti, zanzariere e indossare abiti coprenti. Inoltre, sono diversi i tipi di zanzara che si possono incontrare nel nostro paese e non tutte rispondono allo stesso modo agli stimoli esterni.
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HIV, oggi gravidanza sicura con nuove terapie
Associazioni pazienti, Bambini, NewsLe conquiste scientifiche degli ultimi anni hanno reso l’HIV un’infezione cronica. La terapia antiretrovirale, se assunta regolarmente, è in grado di azzerare la viremia fino a rendere il virus non trasmissibile nel rapporto sessuale. Ciò permette dunque di azzerare il rischio di trasmissione del virus nella coppia sierodiscordante. Questo progresso ha i suoi effetti anche sulla trasmissione materno-fetale.
Oggi la gravidanza di una donna con HIV è un percorso possibile e sicuro. Il rischio di trasmissione del virus è ormai prossimo allo zero se vengono seguite tutte le indicazioni nella gravidanza. Se ne è parlato nella 16° edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, iniziata oggi a Roma, all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Madri con HIV, sull’allattamento al seno pochi dati
“Prima della terapia antiretrovirale il rischio di trasmissione dell’HIV dalla madre al feto era del 25%, mentre ad oggi, in chi assume regolarmente la terapia e ha la carica virale soppressa, siamo quasi allo zero – sottolinea la Prof.ssa Cristina Mussini, Vicepresidente SIMIT –. La terapia è efficace, ben tollerata dalla donna, non dannosa per il feto e può accompagnare la paziente in tutti i cambiamenti fisiologici che avvengono durante la gravidanza.
Non è più necessario che una donna con HIV ricorra necessariamente all’inseminazione artificiale e diventa possibile anche un parto per via naturale. Resta ancora aperto il dibattito attorno all’ allattamento al seno, anche perché mancano dati certi. In ogni caso, il risultato raggiunto rappresenta un cambiamento epocale e un’ulteriore normalizzazione dell’infezione da HIV”.
Gravidanza di una donna con HIV si può definire sicura se la terapia è regolare
“La terapia antiretrovirale abbatte il rischio che la donna in gravidanza trasmetta HIV al bambino – spiega Lucia Taramasso, infettivologa presso IRCCS Policlinico San Martino, Genova –Il rischio di trasmissione nella coppia madre-bambino è prossimo allo zero. La gravidanza di una donna con HIV si può definire sicura. Condizione imprescindibile è naturalmente che la madre segua con regolarità la terapia.
Il continuo aggiornamento dei registri osservazionali ed i dati derivati dai trials clinici ci hanno permesso un ulteriore passo avanti, consentendo di dimostrare che la maggior parte dei moderni farmaci antiretrovirali oggi disponibili, caratterizzati da alta efficacia e tollerabilità, sono sicuri anche in gravidanza. La donna con HIV non deve avere timore di intraprendere una gravidanza, che può invece vivere serenamente e con entusiasmo, come tutte le donne”.
Allattamento al seno
I punti su cui il dibattito resta aperto sono l’allattamento al seno e la somministrazione della profilassi antiretrovirale al bambino. “Le attuali linee guida internazionali ci dicono che l’utilizzo del latte artificiale elimina il rischio di trasmissione postnatale dell’HIV al neonato. In caso di allattamento al seno, il raggiungimento ed il mantenimento della soppressione virologica durante la gravidanza e il post-partum riducono il rischio di trasmissione a meno dell’1%, ma non a zero.– evidenzia Lucia Taramasso.
La difficoltà nella gestione dell’allattamento materno dipende dalla mancanza di dati sicuri in una fase di vita così delicata. I dati disponibili ad oggi riportano sporadici casi di trasmissione del virus dalla madre al bambino anche in caso di carica virale soppressa ed adeguatamente controllata dalla terapia, il rischio è tuttavia stimato al di sotto dell’1% in queste situazioni”.
Terapia al neonato
“L’altro tema analizzato a ICAR 2024 è la somministrazione di una profilassi antivirale al neonato – aggiunge Taramasso – Le Linee Guida europee e americane consigliano di somministrare un farmaco antiretrovirale al neonato per aumentare la protezione nei confronti dell’acquisizione dell’HIV, anche nel bambino nato a termine da madre con viremia stabilmente undetectable e che non riceve l’allattamento materno. Tuttavia, non mancano modelli, come quello svizzero, che hanno eliminato questa raccomandazione nei casi in cui il rischio di trasmissione sia considerato basso e la madre sia stata aderente alla terapia per tutta la gravidanza”.