Tempo di lettura: 4 minutiIl diabete è una pandemia silenziosa con costi sociali e umani. Ad oggi in Italia colpisce circa 3,9 milioni di persone, ma è destinata a crescere. I dati Istat fanno riferimento al 2022, si tratta del 6,6 per cento della popolazione. Inoltre vanno aggiunti, secondo le stime, i casi non diagnosticati che sarebbero circa 1 milione e mezzo.
Sono 400mila i casi in più dopo i due anni di pandemia da Covid-19. Si stima, infatti, che la prevalenza del diabete sia cresciuta del 14 per cento nella popolazione tra il 2019 e il 2022. L’aumento è attribuibile per il 50 per cento al continuo invecchiamento della popolazione. Per l’altra metà secondo le analisi, potrebbe essere correlato da un lato al peggioramento di alcuni fattori di rischio durante la pandemia, come sedentarietà e aumento di peso, e dall’altro alla tendenza di diagnosi più precoci.
Per quanto riguarda il territorio, anche nello scorso anno sono emerse importanti differenze tra le regioni. Il sud Italia rimane il territorio con la maggior percentuale di persone con diabete. I dati completi sono presenti all’interno dell’Italian Diabetes Barometer Report “La pandemia del diabete e il suo impatto in Italia e nelle regioni: dati di una pandemia in continua evoluzione”, presentato nei giorni scorsi durante il 16th Italian Barometer Diabetes Summit 2023.
L’evento è stato realizzato in collaborazione con Intergruppo parlamentare Obesità, Diabete e malattie croniche non trasmissibili, Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (IBDO Foundation), Istat, Università Tor Vergata di Roma, Crea Sanità, Bhave, e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk, nell’ambito del programma Driving Change in Diabetes, con il patrocinio del Ministero della salute, Anci – Associazione nazionale comuni italiani, Istituto superiore di sanità.
Diabete, le disuguaglianze sociali
«Anche quest’anno i dati confermano in Italia un lieve incremento del numero di persone affette da diabete, oltre il 6 per cento della popolazione, cui si stima debba aggiungersi circa un milione e mezzo di casi non diagnosticati. Proprio per la sua prevalenza, per la tendenza al progressivo aumento e per la stretta relazione con le diseguaglianze sociali – come emerge dal monitoraggio continuo effettuato dal sistema di sorveglianza PASSI, attivo presso l’Istituto Superiore di Sanità – il diabete resta una delle sfide più impegnative con cui è chiamato a misurarsi il Servizio Sanitario Nazionale. Una sfida anche per valutare la capacità di tutelare in modo uniforme il diritto alla salute e di diminuire i gap tra Nord e Sud Italia», ha commentato Orazio Schillaci, Ministro della Salute, al quale è stato conferito il premio “Galileo Galilei”, riconoscimento attribuito a eccellenze cliniche, economiche, sociali e politico-sanitarie che si sono distinte per la lotta alle malattie croniche non trasmissibili.
In linea con gli anni passati, anche nel 2022 sono emerse importanti differenze tra le regioni del nord e del sud per quanto riguarda la percentuale di persone con diabete. si passa, infatti, dal 4,7 per cento nel nord-est al 6,9 per cento al sud. «Il sud Italia è il territorio con la maggior percentuale di persone con diabete, dove il triste primato lo detiene la Calabria con l’8,5 per cento di popolazione con la malattia. Se confrontiamo però i dati prima e dopo la pandemia da Covid-19, a parità di età, il maggior aumento di persone con diabete è stato registrato per il Nord-Ovest in Piemonte, che è passato dal 4,5 per cento al 5,7 per cento della popolazione colpita, mentre per il sud in Campania che è passato dal 6,3 per cento al 7,8 per cento. Un aumento importante in questi anni si è registrato anche nella PA di Trento, che nel 2019 aveva il 3,8 per cento della popolazione con diabete e nel 2022 il 5,5 per cento», ha sottolineato Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, Istat.
Il peso della pandemia
«Negli anni della pandemia, la patologia diabetica ha comportato complicanze per molte persone, con un aumento significativo della fragilità degli individui e un aumento del rischio di decesso. Nel primo anno (2020) sono stati oltre 97 mila i decessi in cui il diabete è presente come causa iniziale o come concausa, il 13 per cento del totale. L’incremento rispetto al 2010 è stato del 33 per cento e molto significativo (+25 per cento) anche rispetto al 2019. Gli ultimi dati di mortalità per causa, diffusi di recente, testimoniano le notevoli evidenze del legame tra Covid-19 e diabete, rendendo sempre più urgente la messa in campo di interventi per prevenire e contrastare la diffusione della malattia», ha ribadito Francesco Maria Chelli, Presidente facente funzioni dell’ISTAT Vergata nella prefazione dell’IBDO Report.
«La ricerca sulle correlazioni e i nessi di causalità tra Covid-19 e diabete tipo 2 si sta interrogando non solo sulla probabilità di contrarre il virus e sull’intensità degli effetti da parte di persone che soffrono di diabete, ma anche sulla possibilità che chi abbia contratto il Covid-19 manifesti un rischio maggiore di diabete rispetto ai non contagiati, elemento che potrebbe, in proiezione, aumentare significativamente il numero di persone affette da questa malattia»,ha spiegato Nathan Levialdi Ghiron, Rettore dell’università di Roma Tor Vergata nella prefazione dell’IBDO Report.
Il futuro
«Negli ultimi anni si sono fatti grandi progressi nella lotta al diabete, ma si può ancora fare molto, soprattutto a livello politico-istituzionale, contro la crescente sfida posta da questa patologia a livello globale, europeo e italiano. Riuscendo a gestire in maniera adeguata il diabete tipo 2 si contribuirà in modo significativo anche alla prevenzione di altre malattie croniche che ne condividono i fattori di rischio, i determinanti e le opportunità di intervento», ha ribadito Paolo Sbraccia, Vicepresidente vicario IBDO Foundation. «L’IBDO Report vuole contribuire al dibattito e alla ricerca delle soluzioni, attraverso l’elaborazione di dati che evidenzino le problematiche e le fragilità epidemiologiche, cliniche, sociali, economiche e politico sanitarie».
«In questa prima fase di XIX Legislatura la sottoscrizione di un Patto di legislatura ci ha visto e ci vede impegnati, come parlamentari fondatori dell’Intergruppo, al fianco delle società scientifiche e delle associazioni pazienti, nell’identificare le iniziative legislative da porre in essere e portare avanti a sostegno delle persone con diabete. Su mia iniziativa, è stata depositata presso la Camera dei deputati la proposta di legge “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità”», ha dichiarato l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e malattie croniche non trasmissibili e Vicepresidente Vicario di Anci.
«Allo stesso modo, mi sono impegnata affinché venisse depositato il disegno di legge presso il Senato della Repubblica “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio Sanitario Nazionale”. Anche grazie all’attività dell’Intergruppo possiamo affermare che il dibattito parlamentare intorno a questa patologia si stia animando», ha aggiunto la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e malattie croniche non trasmissibili.
«Questo è il momento di ripensare i trattamenti e le cure nel diabete con una nuova visione dell’innovazione, in cui la semplificazione del trattamento, il miglioramento della qualità della vita, la sostenibilità ambientale e le soluzioni di sanità digitale siano i pilastri fondamentali», dichiara Drago Vuina, General Manager e Corporate Vice President Novo Nordisk Italy.
Malattie respiratorie, costo sociale di 45,7 mld in Italia. Aria condizionata tra i rischi
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, PrevenzioneIl costo sociale delle malattie respiratorie nella regione europea dell’OMS è di circa 611 miliardi di euro, di cui 45 miliardi solo in Italia. I dati sono stati rilasciati dall’International Respiratory Coalition (IRC). La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), il tumore al polmone e l’asma son le patologie più impattanti. Anche l’aria condizionata è un fattore di rischio “per lo sviluppo di polmoniti – spiega Donato Lacedonia, Professore associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Foggia e Presidente della sezione regionale SIP/IRS in Puglia.
Malattie respiratorie, i numeri
Cresce l’impatto delle malattie respiratorie. Sono oltre 6.4 milioni i decessi prematuri annuali, con un costo complessivo di oltre 600 miliardi di euro in Europa. Per quanto riguarda l’Italia, le malattie respiratorie hanno costi diretti e indiretti pari a 45,7 miliardi di euro che includono assistenza medica, perdita di giornate lavorative, diminuzione della produttività e consumo di farmaci e ossigeno.
L’International Respiratory Coalition (IRC), una coalizione di operatori sanitari, pazienti e partner del settore, guidata dalla European Respiratory Society (ERS), ha pubblicato un manifesto per la salute respiratoria. Nel manifesto, l’IRC chiede ai responsabili politici dei Paesi della regione europea dell’OMS di creare strategie nazionali chiare e misurabili, al fine di ridurre il costo sociale ed economico delle patologie respiratorie a livello mondiale entro il 2030, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Le malattie respiratorie e i tumori
La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), il tumore al polmone e l’asma sono le malattie respiratorie più frequenti e impattanti. In Italia, il numero di pazienti affetti da BPCO ammonta a 3 milioni, con un bilancio di 28mila decessi. I casi di tumore ai polmoni registrati sono 63mila e provocano 36mila morti e un costo di 20 miliardi di euro. A queste patologie si aggiungono le malattie infettive come le polmoniti, a cui negli ultimi anni si è inserito anche il Covid-19.
Le polmoniti da aria condizionata
Con il caldo si osservano polmonite causate, direttamente o indirettamente, dall’aria condizionata. Un fenomeno legato sia agli sbalzi di temperatura che alla presenza dell’agente patogeno nei filtri non puliti. “Una parte significativa di queste malattie è prevenibile poiché è influenzata dall’ambiente e dagli stili di vita: è su questi fattori che dobbiamo concentrarci per prevenire la loro comparsa. La promozione della salute respiratoria diventa un intervento di sostenibilità oltre che di salute” – spiega il Professor Donato Lacedonia, Associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Foggia e Presidente della sezione regionale SIP/IRS in Puglia.
Abitudini a rischio
L’abbandono del tabacco riduce l’incidenza di malattie come la BPCO e il tumore del polmone. In altre parole, sul costo sociale delle malattie respiratorie pesano i comportamenti individuali, il fumo è il primo fra tutti. Difatti circa il 90% dei pazienti con tumore polmonare è fumatore o lo è stato in passato.
Per le malattie respiratorie di origine infettive, invece, possono essere prevenute con la vaccinazione. Oltre al vaccino contro il COVID-19 e per l’influenza, la vaccinazione è possibile anche per le polmoniti e altre malattie, in base all’età e alle condizioni di salute individuali.
Aria inquinata aumenta mortalità
L’inquinamento impatta sulla salute: nel 2022, secondo i dati Istat, il 37% delle famiglie percepisce l’aria inquinata nella propria zona di residenza. “Ci sono chiare evidenze della relazione causale fra l’esposizione all’inquinamento atmosferico come le polveri sottili (PM10 e PM 2.5) e la mortalità per tutte le cause, le infezioni delle basse vie respiratorie, la BPCO, l’asma e i tumori di trachea, bronchi e polmoni. Anche per questo – continua Lacedonia – è essenziale ridurre il nostro impatto ambientale usando meno le automobili ed essendo coscienti dei trasporti coinvolti nel continuo scambio di pacchi a domicilio”.
Telemedicina per accorciare i ricoveri
Anche a livello di organizzazione sanitaria è necessario intervenire – conclude Lacedonia. “I pazienti ospedalizzati per malattie respiratorie richiedono un alto livello di assistenza. Anche passata la fase acuta succede spesso che rimangano ricoverati per mesi perché non ci sono strutture intermedie tra l’ospedale e l’abitazione che possano gestirne il decorso. Pazienti che cronicamente si trovano in una situazione di gravità e necessitano di cure a lungo termine potrebbero beneficiare di strutture capaci di assisterle liberando, nello stesso tempo, posti letti nelle strutture per acuti. In questo contesto, la telemedicina rappresenta uno strumento di supporto, in quanto consente di svolgere non più in ospedale ma da remoto molti controlli e follow-up come i rinnovi a distanza di alcuni piani terapeutici o alcune visite di controllo”.
Agobiopsia, cos’è e quando si usa
PrevenzioneL’agobiopsia mammaria è uno degli esami più importanti nel caso di formazioni anomale al seno. Si tratta di un esame che si esegue usando un ago che può avere un diametro variabile e grazie al quale è possibile prelevare del campione di tessuto da un nodulo sospetto. Sarà poi cura dell’anatomopatologo stabilire la natura del tessuto prelevato e capire se il nodulo nasconde qualcosa in più. In alcuni casi, anche se il nodulo appare benigno all’ecografia, è possibile che il medico chieda comunque un’agobiopsia per una diagnosi più accurata.
La differenza dall’agoaspirato
Si potrebbe pensare che agobiopsia e agospirato siano la stessa cosa, non è così. La prima differenza è nel tipo di ago utilizzato e nel materiale che viene prelevato. Nell’agobiopsia, viene utilizzato un ago più grande per prelevare piccoli frammenti di tessuto per l’esame istologico, mentre nell’agoaspirato vengono utilizzati aghi più sottili per prelevare cellule e liquidi per l’esame citologico. Proprio per questa sua caratteristica, l’agobiopsia comporta un margine d’errore inferiore rispetto all’agoaspirato. Inoltre, l’agobiopsia si può effettuare in anestesia locale e permette di avere informazioni biologiche importanti nel malaugurato caso di lesioni neoplastiche. Informazioni che possono essere utili per decidere se avviare una terapia preoperatoria per ridurre le dimensioni del tumore.
La procedura
Visto che l’esame viene effettuato in anestesia locale è importante chiarire anche come si svolge. La paziente viene stesa supina sul lettino, si disinfetta la pelle dell’area interessata e poi viene somministrata l’anestesia locale. Solo quando l’anestesia avrà fatto effetto si procederà ad una piccola incisione (circa 2 mm). A quel punto il radiologo introduce l’ago e, utilizzando l’ecografia per una visione diretta, esegue il prelievo di solitamente 3 o 4 frammenti di tessuto. Dopo l’esame si usa spesso del ghiaccio secco per ridurre il dolore e il rischio di formazione di un piccolo ematoma. Grazie a questa procedura è possibile individuare precocemente la natura di un nodulo sospetto e nel caso di un tumore al seno ci sono oggi opzioni terapeutiche prima impensabili.
Diabete in aumento, 400 mila casi in più dopo pandemia
Associazioni pazienti, Economia sanitaria, Stili di vitaIl diabete è una pandemia silenziosa con costi sociali e umani. Ad oggi in Italia colpisce circa 3,9 milioni di persone, ma è destinata a crescere. I dati Istat fanno riferimento al 2022, si tratta del 6,6 per cento della popolazione. Inoltre vanno aggiunti, secondo le stime, i casi non diagnosticati che sarebbero circa 1 milione e mezzo.
Sono 400mila i casi in più dopo i due anni di pandemia da Covid-19. Si stima, infatti, che la prevalenza del diabete sia cresciuta del 14 per cento nella popolazione tra il 2019 e il 2022. L’aumento è attribuibile per il 50 per cento al continuo invecchiamento della popolazione. Per l’altra metà secondo le analisi, potrebbe essere correlato da un lato al peggioramento di alcuni fattori di rischio durante la pandemia, come sedentarietà e aumento di peso, e dall’altro alla tendenza di diagnosi più precoci.
Per quanto riguarda il territorio, anche nello scorso anno sono emerse importanti differenze tra le regioni. Il sud Italia rimane il territorio con la maggior percentuale di persone con diabete. I dati completi sono presenti all’interno dell’Italian Diabetes Barometer Report “La pandemia del diabete e il suo impatto in Italia e nelle regioni: dati di una pandemia in continua evoluzione”, presentato nei giorni scorsi durante il 16th Italian Barometer Diabetes Summit 2023.
L’evento è stato realizzato in collaborazione con Intergruppo parlamentare Obesità, Diabete e malattie croniche non trasmissibili, Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (IBDO Foundation), Istat, Università Tor Vergata di Roma, Crea Sanità, Bhave, e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk, nell’ambito del programma Driving Change in Diabetes, con il patrocinio del Ministero della salute, Anci – Associazione nazionale comuni italiani, Istituto superiore di sanità.
Diabete, le disuguaglianze sociali
«Anche quest’anno i dati confermano in Italia un lieve incremento del numero di persone affette da diabete, oltre il 6 per cento della popolazione, cui si stima debba aggiungersi circa un milione e mezzo di casi non diagnosticati. Proprio per la sua prevalenza, per la tendenza al progressivo aumento e per la stretta relazione con le diseguaglianze sociali – come emerge dal monitoraggio continuo effettuato dal sistema di sorveglianza PASSI, attivo presso l’Istituto Superiore di Sanità – il diabete resta una delle sfide più impegnative con cui è chiamato a misurarsi il Servizio Sanitario Nazionale. Una sfida anche per valutare la capacità di tutelare in modo uniforme il diritto alla salute e di diminuire i gap tra Nord e Sud Italia», ha commentato Orazio Schillaci, Ministro della Salute, al quale è stato conferito il premio “Galileo Galilei”, riconoscimento attribuito a eccellenze cliniche, economiche, sociali e politico-sanitarie che si sono distinte per la lotta alle malattie croniche non trasmissibili.
In linea con gli anni passati, anche nel 2022 sono emerse importanti differenze tra le regioni del nord e del sud per quanto riguarda la percentuale di persone con diabete. si passa, infatti, dal 4,7 per cento nel nord-est al 6,9 per cento al sud. «Il sud Italia è il territorio con la maggior percentuale di persone con diabete, dove il triste primato lo detiene la Calabria con l’8,5 per cento di popolazione con la malattia. Se confrontiamo però i dati prima e dopo la pandemia da Covid-19, a parità di età, il maggior aumento di persone con diabete è stato registrato per il Nord-Ovest in Piemonte, che è passato dal 4,5 per cento al 5,7 per cento della popolazione colpita, mentre per il sud in Campania che è passato dal 6,3 per cento al 7,8 per cento. Un aumento importante in questi anni si è registrato anche nella PA di Trento, che nel 2019 aveva il 3,8 per cento della popolazione con diabete e nel 2022 il 5,5 per cento», ha sottolineato Roberta Crialesi, Dirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, Istat.
Il peso della pandemia
«Negli anni della pandemia, la patologia diabetica ha comportato complicanze per molte persone, con un aumento significativo della fragilità degli individui e un aumento del rischio di decesso. Nel primo anno (2020) sono stati oltre 97 mila i decessi in cui il diabete è presente come causa iniziale o come concausa, il 13 per cento del totale. L’incremento rispetto al 2010 è stato del 33 per cento e molto significativo (+25 per cento) anche rispetto al 2019. Gli ultimi dati di mortalità per causa, diffusi di recente, testimoniano le notevoli evidenze del legame tra Covid-19 e diabete, rendendo sempre più urgente la messa in campo di interventi per prevenire e contrastare la diffusione della malattia», ha ribadito Francesco Maria Chelli, Presidente facente funzioni dell’ISTAT Vergata nella prefazione dell’IBDO Report.
«La ricerca sulle correlazioni e i nessi di causalità tra Covid-19 e diabete tipo 2 si sta interrogando non solo sulla probabilità di contrarre il virus e sull’intensità degli effetti da parte di persone che soffrono di diabete, ma anche sulla possibilità che chi abbia contratto il Covid-19 manifesti un rischio maggiore di diabete rispetto ai non contagiati, elemento che potrebbe, in proiezione, aumentare significativamente il numero di persone affette da questa malattia»,ha spiegato Nathan Levialdi Ghiron, Rettore dell’università di Roma Tor Vergata nella prefazione dell’IBDO Report.
Il futuro
«Negli ultimi anni si sono fatti grandi progressi nella lotta al diabete, ma si può ancora fare molto, soprattutto a livello politico-istituzionale, contro la crescente sfida posta da questa patologia a livello globale, europeo e italiano. Riuscendo a gestire in maniera adeguata il diabete tipo 2 si contribuirà in modo significativo anche alla prevenzione di altre malattie croniche che ne condividono i fattori di rischio, i determinanti e le opportunità di intervento», ha ribadito Paolo Sbraccia, Vicepresidente vicario IBDO Foundation. «L’IBDO Report vuole contribuire al dibattito e alla ricerca delle soluzioni, attraverso l’elaborazione di dati che evidenzino le problematiche e le fragilità epidemiologiche, cliniche, sociali, economiche e politico sanitarie».
«In questa prima fase di XIX Legislatura la sottoscrizione di un Patto di legislatura ci ha visto e ci vede impegnati, come parlamentari fondatori dell’Intergruppo, al fianco delle società scientifiche e delle associazioni pazienti, nell’identificare le iniziative legislative da porre in essere e portare avanti a sostegno delle persone con diabete. Su mia iniziativa, è stata depositata presso la Camera dei deputati la proposta di legge “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità”», ha dichiarato l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e malattie croniche non trasmissibili e Vicepresidente Vicario di Anci.
«Allo stesso modo, mi sono impegnata affinché venisse depositato il disegno di legge presso il Senato della Repubblica “Disposizioni recanti interventi finalizzati all’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Servizio Sanitario Nazionale”. Anche grazie all’attività dell’Intergruppo possiamo affermare che il dibattito parlamentare intorno a questa patologia si stia animando», ha aggiunto la Sen. Daniela Sbrollini, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete e malattie croniche non trasmissibili.
«Questo è il momento di ripensare i trattamenti e le cure nel diabete con una nuova visione dell’innovazione, in cui la semplificazione del trattamento, il miglioramento della qualità della vita, la sostenibilità ambientale e le soluzioni di sanità digitale siano i pilastri fondamentali», dichiara Drago Vuina, General Manager e Corporate Vice President Novo Nordisk Italy.
Medicina narrativa, de Giovanni incanta il Monaldi
Med. narrativa, News PresaQuando la narrativa e la medicina si incontrano nascono storie che restano nel cuore e diventano parte della cura. È un po’ questo il senso del messaggio lanciato dallo scrittore Maurizio de Giovanni che ha incontrato medici e infermieri dell’Azienda Ospedaliera dei Colli per parlare di sentimenti, ma anche di scienza e di numeri. L’evento ha preso vita nella splendida aula Monaldi (dell’omonimo ospedale napoletano), dove lo scrittore partenopeo ha presentato il suo romanzo “L’Equazione del Cuore”, non l’ultimo libro scritto, ma sicuramente quello che è più vicino al mondo degli ospedali e di chi, ogni giorno, raccoglie e ascolta le storie di pazienti, familiari, ma anche colleghi.
Storie
Maurizio de Giovanni ha lanciato a tutti un messaggio suonato anche come un ringraziamento: «Chi lavora in ospedale ha la più bella delle sere, voi tornate a casa pensando di aver migliorato o anche solo allungato di un giorno la vita di qualcuno. Questo è il posto dove si combatte la solitudine. Un posto ricco di storie e il mondo ha bisogno di storie. Perché sono proprio queste a restare nella memoria, ad arricchirci e a cambiare inevitabilmente la vita di ognuno di noi».
Il valore della lettura
«Questo è il primo di una serie di eventi a cui stiamo lavorando per promuovere la lettura e la diffusione dei libri come cura negli ospedali. Grazie alla sinergia con l’associazione di volontariato Koinè – insieme con l’ammalato, abbiamo allestito diversi punti di lettura nelle sale di attesa dei nostri ospedali. Al C.T.O., inoltre, è già in essere un percorso di medicina narrativa che vede il personale sanitario del Pronto soccorso utilizzare la scrittura come strumento di prevenzione e riduzione del burnout», dice Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli. «Ringrazio Maurizio de Giovanni che ha aderito con entusiasmo al nostro evento e che ha saputo regalare a tutti noi un momento di profonda umanità», conclude.
Antibiotico-resistenza, 10 milioni i decessi per infezioni nel 2050
Economia sanitaria, Farmaceutica, News Presa, One health, PrevenzioneAumenta in Europa l’antibiotico-resistenza e le infezioni correlate all’assistenza (ICA) ma l’Italia è tra i paesi con le peggiori performance. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, delle Nazioni Unite e del G20 stimano nel 2050 una mortalità per germi multiresistenti agli antibiotici analoga alle patologie oncologiche, con 10 milioni di decessi a livello globale.
I pazienti più fragili sono anche i più colpiti dalle ICA, l’antibiotico-resistenza è una grave minaccia soprattutto per loro. Le infezioni ospedaliere sono un problema anche per le casse del Sistema Sanitario del nostro Paese: gravano con una spesa totale di 783 milioni di euro l’anno. Di questi, 259 milioni di euro sono imputabili alle ICA da batteri resistenti; oltre ai costi diretti, ci sono anche 28 milioni di costi indiretti annui.
II dati sull’antibiotico-resistenza
In Europa, secondo l’OMS, le infezioni da germi antibiotico-resistenti superano i 670mila casi all’anno. Sono responsabili di circa 33 mila decessi. Di questi, un terzo avvengono in Italia che è il Paese con la più alta mortalità in Europa, spesso a causa dell’abuso di antibiotici.
“L’antibiotico-resistenza è uno dei principali problemi di sanità pubblica – evidenzia il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT – La SIMIT. “A febbraio – prosegue – il Ministero della Salute ha approvato il nuovo “Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico Resistenza 2022-2025”: per supportarne una concreta implementazione, SIMIT propone un tavolo tecnico che quantifichi l’impatto delle ICA in Italia, verifichi i dati di ogni nosocomio e crei un sistema di sorveglianza capillare. Inoltre, auspichiamo un impegno di tutti i direttori generali e la presenza in ogni ospedale di un infettivologo competente sul tema. Una stewardship antibiotica, come dimostrato dalla letteratura scientifica, può ridurre fino al 70% le infezioni resistenti agli antibiotici, soprattutto se coniugata a interventi per migliorare l’igiene degli ospedali e il lavaggio delle mani degli operatori sanitari”.
Innovazione per prevenire
Il tema è stato affrontato durante il primo incontro del progetto “La Sanità che vorrei…”, dal titolo: “L’antimicrobico resistenza: una minaccia globale”, promosso dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, in collaborazione con altre società scientifiche e associazioni di pazienti e con il Ministero della Salute. “Con questa iniziativa intendiamo stimolare una concreta riflessione sulle emergenze infettivologiche che ci troviamo ad affrontare già oggi e che potrebbero degenerare con effetti su ogni piano, come ha dimostrato il Covid-19 – sottolinea il Prof. Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT – Tra i temi che verranno affrontati in questo ciclo di incontri, infatti, vi sono spunti di attualità come prevenzione vaccinale, nuovi strumenti terapeutici, screening nelle malattie infettive come intervento di sanità pubblica, infezioni emergenti e riemergenti, cambiamenti climatici e tropicalizzazione del clima, Digital Healt, Federalismo regionale, rapporto tra ospedale e territorio, formazione del personale medico, gestione dei PS, trattamento di cronicità e acuzie”.
La lotta alle infezioni correlate all’assistenza passa dalla ricerca e l’innovazione, con nuovi vaccini, nuovi test diagnostici e nuovi antibiotici per contrastare i batteri resistenti. Inoltre le tecnologie evolvono e oggi ci sono piattaforme per valutare le Infezioni Correlate all’Assistenza, la circolazione di germi multiresistenti, l’applicazione di protocolli e le procedure di controllo, il corretto uso degli antibiotici. Un software già in uso in diversi ospedali è prodotto da un’azienda italiana e valuta tutti i parametri legati alla resistenza dei germi. Inoltre individua i fattoti responsabili dell’aumento della resistenza agli antibiotici.
I consigli dei pediatri per le vacanze
Adolescenti, Bambini, Genitorialità, PediatriaÈ un vero e proprio vademecum quello realizzato dagli esperti dell’ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma per essere al fianco dei genitori con tanti consigli utili anche in estate. Dall’abbigliamento più adatto a come comportarsi in caso di “incontri ravvicinati” con meduse o insetti. E poi il classico mal d’auto, l’alimentazione e tanto altro.
Le ore giuste
Il primo degli aspetti trattati in questo vademecum dedicato ai genitori riguarda l’esposizione diretta al sole, che è sempre importante per consentire all’organismo di produrre vitamina D, ma che deve sempre essere circoscritta agli orari giusti. Quando esporre i bambini al sole? Al di sotto dei 6 mesi è preferibile non esporli mai ai raggi diretti del sole mentre tra i 6 mesi e i 2 anni è consigliabile evitare l’esposizione tra le 10.30 e le 18.30. Il sole favorisce anche l’assorbimento del calcio e la sua deposizione nelle ossa, stimola la produzione di melanina, ma può essere anche pericoloso. Esporre il bambino nelle ore più calde o per troppo tempo può portare a eritemi e scottature, che possono rivelarsi molto pericolosi con l’andare degli anni.
I vestiti più adatti
Gli esperti del Bambino Gesù mettono l’accento su una caratteristica dei bambini che non tutti i genitori conoscono: i piccoli hanno maggior difficoltà a mantenere una temperatura costante, motivo per il quale soffrono di più il caldo. Dunque, i vestiti devono essere adeguati alla temperatura della giornata, meglio privilegiare tessuti naturali e traspiranti, come il lino e il cotone, possibilmente di colore chiaro. Bisogna poi avere una particolare attenzione agli sbalzi di temperatura con il passaggio negli ambienti con aria condizionata. L’uso di occhiali da sole protettivi sarebbe auspicabile ma, come il cappellino, pochi sono i bambini piccoli che riescono a tenerli.
La pappa
Uno dei rischi maggiori quando fa caldo è che il bimbo abbia disturbi gastro intestinali. Certo, d’estate qualche strappo alle regole è consentito, ma attenzione a non scegliere cibi troppo calorici. Cosa deve mangiare il bambino quando fa calco? Carboidrati semplici e a più rapida digeribilità. Una dieta più ricca di frutta e verdura è molto consigliata per aumentare l’apporto di acqua e sali minerali, prevenendo così la disidratazione. Anche una maggior assunzione di acqua o spremute di frutta fresca favorisce l’idratazione. No a bevande fredde, gassate o troppo dolci.
Il mare
Sono sempre tanti i dubbi dei genitori quando si va al mare, ad esempio su quanto tempo deve passare tra il pranzo e un bagno o l’orario migliore per portare i lattanti in spiaggia. Nei primi sei mesi di vita la cosa migliore è frequentare la spiaggia solo nelle primissime ore del mattino o al tramonto Poi, pian piano, si potrà stare al mare fino alle 10.30 o dopo le 18.30, liberalizzando progressivamente gli orari dopo i 2 anni di vita. Attenzione anche al bagno. Nei primi 6 mesi di vita, più è piccolo il bimbo, e meno c’è la necessità di immergerlo nell’acqua di mare o in piscina. Successivamente si può iniziare a far fare al lattante un bagnetto di pochi minuti, sempre a patto che l’acqua sia della temperatura giusta. Dopo il bagno è d’obbligo sciacquare la pelle con acqua dolce.
Le zanzare
I bimbi piccoli sono spesso vittime della puntura di zanzare e altri insetti. Nel caso si formi un ponfo a seguito della puntura di una zanzara si può usare un gel di cloruro di alluminio al 5%, che ha un’azione sia sul prurito sia sulla tumefazione. In alternativa, hanno la stessa azione gli impacchi di ghiaccio, da tenere sulla parte punta per qualche minuto.
Meduse o tracine
Preziosissimo il consiglio nel malaugurato caso di un brutto incontro con una medusa o una tracina. Come comportarsi se il bimbo viene punto da una medusa? Trattare con una tessera di plastica (ad esempio la patente di guida) le zone della cute venute a contatto, per impedire alla tossina di penetrare la cute ed entrare in circolo. La parte va ricoperta poi, senza frizionare, con sabbia calda per eliminare la tossina. Successivamente è bene pulire con dell’acqua salata la parte e applicare un gel al cloruro di alluminio al 5%. Via i luoghi comuni, non serve e non va usata l’ammoniaca e in caso di reazioni gravi è sempre bene consultare il medico. In caso di puntura di tracina, è consigliabile immergere il piede in acqua calda per disattivare la tossina, mentre nei casi più gravi o complicati il medico potrà prescrivere antibiotici e antistaminici.
In Campania lo psicologo diventa di base
News PresaLo psicologo di base diventa realtà. Prima in Italia, la Campania è ormai al traguardo di questo importante cambiamento, con 146 psicologi pronti ad entrare in servizio nei distretti sanitari. Questo significa che i cittadini potranno ricevere in modo del tutto gratuito un primo consulto e un primo livello di assistenza psicologica, esattamente come avviene per altre patologie con il medico di famiglia. E chissà che presto non possa arrivare anche lo psicologo in classe, così come auspicato dalla maggior parte dei genitori italiani.
Appropriatezza
Come prevede la legge regionale 35 del 2020, saranno due gli psicologi per ogni distretto sanitario e lavoreranno in raccordo con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta. Dopo un periodo di formazione dedicata, che seguirà immediatamente l’ingresso in servizio, forniranno un importante supporto al lavoro svolto dai medici di famiglia e dai pediatri. L’istituzione del servizio di Psicologia di base avrà anche un impatto sulla sostenibilità del sistema sanitario regionale, attraverso la riduzione dei ricoveri impropri, delle prescrizioni di psicofarmaci e degli accessi al pronto soccorso per sintomi relativi a disturbi d’ansia e dell’umore.
Fasce deboli
Armando Cozzuto, presidente dell’Ordine degli Psicologici della Campania, sottolinea come quella dello psicologo di base è «una figura che non ha eguali in Italia. I cittadini potranno usufruire delle prestazioni professionali degli psicologi sia per il tramite dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, ma anche ad accesso libero, attraverso i distretti sanitari di base. Questo ci consentirà di sostenere soprattutto le fasce sensibili della popolazione, ovvero bambini, adolescenti, anziani e persone con disabilità. L’obiettivo è quello di avere una legge nazionale, un percorso formativo come quello che hanno i medici di medicina generale e un contratto collettivo nazionale. In questo modo potremo garantire l’assistenza psicologica a milioni di cittadini italiani».
Colera, un caso sospetto in Sardegna. Sarebbe il primo dal 1973.
News PresaIn Sardegna un caso sospetto di colera, la notizia sta facendo il giro del web lasciando attoniti anche gli addetti ai lavori. La notizia sembra di quelle scritte per attirare clic, e invece è tutto vero. Il sospetto c’è. Le agenzie di stampa parlano infatti di un pensionato di 71 anni risultato positivo al vibrione. Se confermato sarebbe il primo caso di colera in Sardegna dall’epidemia del 1973. L’uomo è ricoverato da circa una settimana a Cagliari nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Santissima Trinità e, da quanto si apprende, le sue condizioni sono ormai stabili e senza sintomi.
La catena del contagio
Come detto, i primi test effettuati sul settantunenne hanno sorpreso anche i medici. La situazione è stata subito presa di petto dalle autorità sanitarie locali per la verifica definitiva e, in intanto, per l’attuazione del protocollo di tracciamento, a cura del servizio di Igiene pubblica, per individuare l’eventuale catena di contagio nel territorio di provenienza del pensionato.
I sintomi
Al di là del caso che viene dalla Sardegna, sul quale c’è da approfondire, in molti spinti da questa notizia si chiedono quali sono i sintomi del colera e quale il periodo d’incubazione della malattia. A differenza di altre malattie, il colera ha un tempo di incubazione di molto breve, dai due ai cinque giorni. Questo è un bene, perché a differenza di altre malattie infettive consente un tracciamento più semplice e una più facile individuazione delle cause del contagio. I sintomi classici sono di carattere grastro-intestinali, diarrea molto intensa (anche 40 scariche al giorno) e in misura minore. Solo di rado si associa anche la febbre.
Il grande caldo
A quanto pare anche i cambiamenti climatici possono giocare un ruolo nella diffusione della malattia. Alcuni studi scientifici anni hanno collegato l’attività del plancton, di cui si nutre il vibrione, a un aumento della temperatura del mare. Non a caso il colera è una malattia che si manifesta più d’estate, perché è proprio il caldo intenso a favorire la moltiplicazione del vibrione che in questo modo può colonizzare e infettare, ad esempio, i frutti di mare. Di qui il rischio, nel caso che questi siano contaminati e vengano mangiati crudi.
Alexa, 24 mila audiolibri per chi ha disabilità visiva
Associazioni pazienti, News PresaLeggere un libro è un piacere scontato per molti ma non per chi è affetto da disabilità visiva. Da oggi le persone cieche o ipovedenti potranno accedere gratuitamente a una libreria di oltre 24 mila audiolibri tramite la guida di Alexa. Basterà un semplice comando: “Alexa, apri Libro in Voce”, il nuovo progetto è stato presentato dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e sarà disponibile per tutti gli associati. UICI da oltre 100 anni promuove in tutta Italia l’uguaglianza dei diritti di persone cieche, ipovedenti e con disabilità plurime.
24 mila audiolibri disponibili
Con la Skill ‘Libro in Voce’, disponibile sui dispositivi con integrazione Alexa, gli iscritti al Servizio Nazionale del Libro Parlato avranno una libreria di oltre 24 mila audiolibri. Harry Potter e tanti grandi classici della letteratura, come Don Chisciotte della Mancia e Le Petit Prince, saranno disponibili anche in lingua originale. I contenuti strutturati e resi accessibili alle persone cieche e ipovedenti avranno un apposito standard disponibile solo per il CNLP (Centro Nazionale del Libro Parlato). Gli utenti potranno, infatti, cercare libri specifici tramite nome dell’autore e titolo del libro. Potranno, inoltre, spostarsi avanti e indietro di minuti specifici o di intere tracce, mettere in pausa per poi continuare la lettura a loro piacimento, oltre ad aggiungere segnalibri per riprendere l’ascolto in un secondo momento e domandare alla Skill a quale punto della lettura si è arrivati.
“Il nostro impegno come Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti si conferma e si rafforza attraverso questa nuova Skill per Alexa che consentirà a centinaia e centinaia di lettori ciechi e ipovedenti di leggere e ascoltare direttamente le nostre opere del Libro Parlato, un servizio che da quasi settanta anni consente un accesso alla lettura alle persone che non possono fruire della lettura tramite la vista”, ha dichiarato Mario Barbuto, Presidente dell’Unione.
Il digitale in aiuto di chi ha disabilità alla vista
“Questa Skill si aggiunge al progetto di Unione Digitale che stiamo sviluppando da circa un biennio grazie alle competenze preziose dei nostri tecnici e lettori, alla collaborazione con partner di assoluto rilievo quali Amazon, al sostegno del Parlamento italiano che concesse alla nostra Unione un grande credito di fiducia, approvando il progetto del quale questa Skill è parte, nel dicembre del 2021”, ha dichiarato Marino Attini, componente della Direzione Nazionale responsabile del progetto.
Infarto e ictus, sei alimenti possono prevenirli. Lo studio
Alimentazione, PrevenzioneL’assenza di sei alimenti chiave nella dieta fa sì che aumenti il rischio di malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Lo ha rivelato uno studio realizzato dai ricercatori della McMaster University e Hamilton Health Sciences presso il Population Research Health Institute (PHRI).
In particolare, il rischio di malattie cardiovascolari, inclusi infarto e ictus, viene ridotto quando si assumono in combinazione: frutta, verdura, legumi, noci, cereali integrali, pesce e latticini.
I numeri
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quasi 18 milioni di persone sono morte per eventi cardiovascolari nel 2019, si tratta del 32% di tutti i decessi globali. Di questi decessi, l’85% era dovuto a infarto e ictus. I ricercatori hanno analizzato i dati di 245 mila persone in 80 paesi, raccolti da diversi studi. I risultati sono stati pubblicati sull’European Heart Journal.
Dallo studio globale è nato il PURE Healthy Diet Score che si concentra su alimenti protettivi o naturali. Al di là degli alimenti sani, i ricercatori hanno sottolineato che per i cibi meno sani a fare la differenza è la quantità. In altre parole, per gli studiosi non ci sono cibi vietati purché ci sia moderazione. Il consumo di alimenti naturali rimane fondamentale, come ha affermato il primo autore Andrew Mente, del Dipartimento di ricerca sulla salute di McMaster.
Già uno studio precedente aveva rivelato come il consumo insufficiente di frutta e verdura fosse responsabile ogni anno di oltre 2.8 milioni di decessi. Secondo gli autori dello studio basterebbero due mele o tre ciotole di carote al giorno per proteggersi.
Gli alimenti contro infarto e ictus
Il PURE Healthy Diet Score raccomanda un’assunzione giornaliera media di: frutta da due a tre porzioni; verdure in due o tre porzioni; noci in una porzione; latticini in due porzioni. Il punteggio include anche da tre a quattro porzioni settimanali di legumi e da due a tre porzioni settimanali di pesce. I cereali integrali possono essere consumati quotidianamente in una porzione e possono essere dei sostitutivi di altri alimenti, tranne frutta e verdura che non andrebbero mai ridotti. La carne rossa o pollame non lavorati possono essere consumati in una porzione giornaliera, con una frequenza moderata.