Tempo di lettura: 2 minutiUn “controversial” pubblicato sull’International Journal of Cardiology Hypertension riapre il dibattito sulle informazioni nutrizionali presenti sulle etichette degli alimenti. Gli studiosi pongono l’attenzione su un tema spesso poco considerato: il rischio cardiovascolare.
Rischio cardiovascolare: a cosa stare attenti sulle etichette
L’analisi è a cura di Roberto Volpe, medico ricercatore dell’Unità di prevenzione e protezione del Cnr, recentemente intervenuto sull’argomento anche con un articolo sull’ES Journal of Nutritional Health, in cui proponeva un algoritmo europeo completo e condiviso a livello internazionale.
Con riferimento al rischio cardiovascolare, l’articolo evidenzia l’utilità delle etichette nutrizionali sia di rinforzo (“positive”), che contengono loghi facilmente identificabili dai consumatori, come lo Swedish Keyhole Label, lo Slovenian Protective Food Symbol, il Finnish Heart Symbol e il Croatian Healthy Living, così come quelli a giudizio più complesso e integrato, come il sistema britannico ”a semaforo” (il British Multiple Traffic Light) o il francese NutriScore, in cui la gradazione del colore dal verde al rosso consente di classificare l’alimento in base al contenuto e alla qualità di grassi, grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine, sale, calorie.
L’articolo affronta anche il modello italiano “a batteria” (Nutrinform): questo invita a verificare che la somma dei valori energetici e nutrizionali degli alimenti consumati in una giornata non superi il 100% di calorie, grassi totali, grassi saturi, zuccheri o sale raccomandati per un adulto medio. Pertanto, non escludendo nessun alimento, nell’ottica di un’alimentazione varia, bilanciata e moderata, sottolinea l’importanza di non superare le quantità consigliate dei diversi alimenti. Tuttavia, va precisato che non è una guida per interpretare se il prodotto sia salutare o meno.
“In generale, ogni sistema di etichettatura presenta vantaggi e svantaggi, punti di forza e debolezza”, afferma Roberto Volpe. “Sarebbe opportuno, però, poter contare su un nuovo algoritmo, univoco e validato scientificamente, di semplice interpretazione e comprensione anche per consumatori che non hanno un livello di istruzione tale da districarsi tra le varie differenze nutrizionali. Il sistema “a colori” del Nutriscore è senz’altro immediato e ben strutturato e conforme al modello alimentare mediterraneo, ma va revisionato al fine di tener conto di altre importanti informazioni nutrizionali, quali, ad esempio la differenza tra cereali raffinati e integrali con la valutazione dell’indice glicemico, o la differenza tra grassi saturi carnei e caseari (questi ultimi meno dannosi, se non addirittura leggermente protettivi).
Inoltre, se vogliamo che il consumatore scelga anche sulla base delle calorie, sarebbe importante fornire informazioni legate a unità di prodotto (ad es., un cracker, un biscotto, un hamburger, un cucchiaio d’olio) anziché a porzioni espresse in grammi di prodotto. Infine, dovrebbero essere fornite ai consumatori anche informazioni sull’impatto ambientale del cibo che stanno acquistando, ad esempio, in termini di consumo di energia, di emissioni. Tutte queste azioni, se accompagnate da adeguate campagne educative, potrebbero effettivamente contribuire a promuovere stili di vita più sani, a combattere le patologie legate all’alimentazione e contribuire a ridurre il rischio cardiovascolare. A tal riguardo, il ricercatore sottolinea la necessità di effettuare studi prospettici caso-controllo per valutare il reale impatto sui fattori di rischio cardiovascolare che, a tutt’oggi, si basano, invece, solo su modelli matematici.