Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nelle donne. Eppure questo rischio è ancora oggi sottovalutato, anche da diversi professionisti della salute.
La maggior parte delle donne italiane, non solo sottostima il proprio rischio cardiovascolare (RCV), ma non conosce tutti i fattori di rischio. Inoltre, quando ne è a conoscenza, non interviene sul proprio stile di vita. È quanto emerge dal CArdiovascular Risk awareness of Italian WOMEN (CARIN WOMEN), uno studio multricentrico pubblicato sul Journal of Clinical Medicine e condotto su un totale di 5.590 donne in 49 ambulatori cardiologici italiani dal gruppo Medicina di Genere di A.R.C.A. (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali) con il contributo non condizionante di Daiichi Sankyo Italia.
Malattie cardiovascolari, come l’ictus, prima causa di morte
Sebbene decenni di campagne abbiano contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto delle malattie cardiovascolari sulle donne, queste rimangono poco arruolate negli studi clinici, poco diagnosticate e poco trattate.
L’obiettivo principale della survey era quello di determinare il livello di consapevolezza delle donne relativamente al proprio RCV che relativo alle differenze tra i generi, la conoscenza dei fattori di rischio (tradizionali e non) e il loro impatto sugli eventi cardiovascolari. Tra i fattori di rischio tradizionali considerati in questa survey figurano ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia e abitudine al fumo.
I fattori di rischio non tradizionali comprendevano sia quelli specifici di genere (complicazioni in gravidanza: nascite pretermine, ipertensione, diabete, aborti ripetuti) sia altri non specifici rappresentati da malattie autoimmuni, trattamenti chemioterapici o radioterapici per il cancro al seno, ansia e depressione.
I risultati dello studio
Indipendentemente dal proprio livello di istruzione, il 23% delle partecipanti con un RCV elevato e il 62% con un RCV molto elevato hanno sottostimato il proprio livello di rischio.
Fino al 43% delle donne ha sottostimato il rischio cardiovascolare femminile rispetto a quello maschile.
Sebbene il 94% delle intervistate fosse a conoscenza dei fattori di rischio tradizionali, solo una parte di loro conduceva uno stile di vita sano. Il 21,8% era infatti fumatrice, solo il 45,9% svolgeva una sufficiente attività fisica (il 13,3% faceva esercizio fisico e il 34,5% camminava regolarmente).
Solo il 20,2% delle intervistate ha riconosciuto di essere in sovrappeso rispetto al 46,9% valutate dagli sperimentatori in base all’indice di massa corporea. Infine, solo il 30,4% consumava più di due porzioni giornaliere di frutta e verdura. La maggior parte delle donne (87,44%) ha affermato inoltre la necessità di avere maggiori informazioni sul proprio RCV e su come ridurlo, e più del 77% di esse preferisce essere informata da un medico (cardiologo o medico di base).
La scarsa consapevolezza del proprio rischio cardiovascolare
La popolazione esaminata in questa indagine era prevalentemente in prevenzione primaria (solo il 6,3% aveva avuto precedenti eventi CV) ed era piuttosto eterogenea per età, scolarità e stato civile. Il 51,71% delle donne ha dichiarato di avere almeno un fattore di rischio tradizionale ma solo il 9,09% ritiene di avere un RCV aumentato.
La consapevolezza del proprio rischio cardiovascolare è risultata più bassa proprio dove invece avrebbe dovuto essere maggiore: solo il 37,76% delle donne con RCV elevato (3 o più Fattori di Rischio) si considera tale; il 23,03% delle pazienti con RCV intermedio (1 o 2 fattori di Rischio) si considera a basso rischio;
Un’altra dimostrazione di quanto il proprio rischio sia sottostimato dalle donne è la percezione del proprio peso: il 46,9% delle partecipanti aveva un indice di massa corporea (BMI) >26 ma solo il 20,2% ha dichiarato di essere in sovrappeso. Il 71,79% di coloro che avevano un BMI compreso tra 26 e 30 e il 41,47% delle donne con un BMI >30 non ha riconosciuto di essere sovrappeso o obesa.
Anche il livello di scolarizzazione, che è un importante fattore socio-culturale, sembra avere un impatto significativo sul RCV effettivo, in quanto il numero di fattori di rischio sembra diminuire con l’aumentare del grado di istruzione; tuttavia, analizzando l’auto-percezione, la sottostima del proprio rischio è generalizzata a tutti i livelli di scolarizzazione.
Un altro fattore socio-culturale preso in considerazione in questa indagine è lo stato civile, che sembra influenzare la percezione del proprio rischio. In tutti i gruppi di stato civile, il numero di fattori effettivi di RCV era più basso nelle donne giovani non sposate; eppure, solo una bassa percentuale di donne in tutti i gruppi (single/divorziate/vedove/sposate) percepiva di avere un RCV aumentato, e questa sottostima era maggiore nel gruppo delle donne sposate (solo il 10,85% riteneva di avere un RCV elevato). L’ipotesi degli Sperimentatori è che la percezione del rischio sia influenzata da fattori psicologici piuttosto che oggettivi.
La sottovalutazione del rischio femminile rispetto a quello maschile
Le malattie cardiovascolari (CVD) sono la principale causa di morte femminile nei Paesi sviluppati. Le donne subiscono meno eventi cardiovascolari prima della menopausa, ma sviluppano più malattie cardiovascolari e una prognosi peggiore dopo. Pertanto, non è possibile affermare che il RCV maschile sia superiore a quella femminile, eppure questa sembra essere la convinzione più diffusa, tanto che viene confermata anche dal CARIN WOMEN. Il 57% delle donne sapeva che il RCV femminile è almeno allo stesso livello di quello maschile, il 25% delle donne non ha risposto e il 18% ritiene che il RCV femminile sia inferiore.
Dunque, dal 36,33% al 43% delle donne sottovaluta o non conosce il rischio cardiovascolare femminile. Un risultato che non sorprende i ricercatori A.R.C.A, visto l’ambiente culturale (operatori sanitari inclusi) che finora ha considerato il rischio cardiovascolare come prettamente maschile, con una conseguente sottovalutazione dei sintomi e delle diagnosi, peggiorando così la prognosi nelle donne.
“La nostra indagine ha evidenziato una buona conoscenza dei fattori di rischio cardiovascolare ma allo stesso tempo una sottovalutazione del proprio rischio cardiovascolare. Nelle donne italiane, questa sottostima è maggiore tra le più giovani e soprattutto tra quelle con rischio cardiovascolare molto elevato. Il fattore culturale sembra influenzare il numero di fattori di rischio cardiovascolare ma non la percezione del proprio rischio”, spiega Adele Lillo, Responsabile Ambulatoriale Cardiologia ASL BA DSS 10 Ospedale Fallacara Triggiano e principale autrice dello studio.
“Il divario culturale nella riduzione del rischio cardiovascolare femminile purtroppo persiste, e anche gli stili di vita sani sono ben noti ma poco praticati. Riteniamo che l’educazione alla valutazione del proprio rischio CV e al perseguimento di abitudini di vita sane debba iniziare già nelle scuole e debba continuare a essere perseguita da tutti gli operatori sanitari. È inoltre giunto il momento di porre fine al pregiudizio secondo cui le donne sono meno esposte al rischio cardiovascolare rispetto agli uomini.”