Nanoparticelle contro il tumore del colon
Nanoparticelle
Lo studio, che per la sua importanza è stato pubblicato sull’International Journal of Nanomedicine, spiega come si sia creato un sistema che usa nanoparticelle ibride, composte da diatomite (DNPs), oro (AuNPs), insieme a un farmaco anticancro, il tutto incapsulato in una matrice di gelatina. Le nanoparticelle sono state progettate per riconoscere e colpire selettivamente le cellule tumorali che esprimono la proteina L1CAM, un marcatore associato alla progressione del tumore e alle metastasi.
La diatoite
Un altro aspetto sostanziale è la versatilità della diatomite. Non solo è economica e abbondante, ma può essere facilmente modificata chimicamente affinché sia in grado di riconoscere in modo specifico le cellule tumorali. Per esempio, si possono aggiungere molecole specifiche sulla sua superficie, come quelle che interagiscono con proteine o recettori dei tumori, facendo così in modo che il farmaco sia rilasciato solo nelle aree cancerose, senza colpire i tessuti sani. Grazie alla sua elevata porosità e stabilità, la diatomite rappresenta dunque un’alternativa valida e sostenibile ai materiali sintetici tradizionalmente utilizzati in nanomedicina.
Il nanosistema e la proteina L1CAM
L’integrazione con tecniche di imaging
Approccio sperimentale
«L’imaging ‘label-free’ può rappresentare una novità importante nella diagnostica», dice Anna Chiara De Luca, coordinatrice del laboratorio di biofotonica presso il Cnr-Ieos. La spettroscopia Raman amplificata permette di ottenere un segnale ottico estremamente sensibile, anche in presenza di quantità minime di farmaco. Inoltre questo metodo consente di monitorare in tempo reale il rilascio del farmaco e la sua distribuzione nel microambiente tumorale e simultaneamente fornisce anche dati preziosi per valutare l’efficacia dell’intervento. Si tratta di un approccio sperimentale che può permettere di rendere più preciso e mirato il trattamento in base alle esigenze specifiche di ogni paziente, aumentando l’efficacia della terapia e riducendo i tempi di risposta.
Dai laboratori agli ospedali
Il gruppo di ricerca sta già lavorando per ottimizzare il nanosistema e valutarlo ulteriormente in cellule in coltura ottenute da pazienti e in animali di laboratorio. Inoltre sono in corso collaborazioni con partner internazionali per accelerare la transizione di questa tecnologia dai laboratori alle applicazioni cliniche. L’obiettivo è portare questa innovazione nelle corsie ospedaliere il prima possibile perché, le ricercatrici ne sono certe, questa tecnologia potrà migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti oncologici, offrendo loro nuove speranze per il futuro.
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