Artrite reumatoide, perché è essenziale una diagnosi precoce
L’artrite reumatoide è una malattia che colpisce in Italia circa lo 0,4% della popolazione e per la quale è importante mettere in campo azioni mirate a ridurre il dolore, bloccare il processo di distruzione delle articolazioni, tenere sotto controllo le patologie collegate e recuperare le funzioni motorie. Quattro obiettivi imprescindibili per aiutare chi soffre di questa malattia reumatica infiammatoria cronica che, in stretta sintesi, porta all’erosione delle articolazioni. Come spesso accade per questa famiglia si patologie, le più colpite sono le donne, soprattutto nella fascia di popolazione che va dai 35 ai 60 anni. Gli esperti solo concordi nel ritenete che per alleviare il dolore, bisogna controllare il processo infiammatorio e per questo si usano gli anti-dolorifici. Il problema a lungo andare è la potenziale tossicità di questi farmaci, che devono essere somministrati sotto stretto controllo medico, soprattutto negli anziani. Grazie a queste terapie si riduce nei pazienti la sensazione di avere le articolazioni intorpidite, soprattutto al mattino. Anche se, come è facile intuire, si tratta di rimedi che sono adatti alle forme lievi; per quelle moderatamente aggressive è necessario ricorrere a combinazioni di farmaci sintetici e biotecnologici, che riducono la portata dell’infiammazione e le distruzioni articolari.
COMORBILITÀ
Uno dei problemi che i clinici devono affrontare nella cura dell’artrite reumatoide è quello delle comorbilità, ovvero la coesistenza di più patologie. Chi soffre di artrite reumatoide, infatti, è più soggetto ad avere l’osteoporosi secondaria e patologie cardiovascolari. Motivo per il quale è necessario monitorare il metabolismo osseo e dare spazio alla terapia fisica, anche preventivamente, in modo da poter riprendere la funzione delle articolazioni. Importante nella cura dell’artrite reumatoide è anche arrivare per tempo, perché spesso manca una diagnosi precoce. L’artrite reumatoide non è complessa solo da riconoscere, ma anche da trattare, infatti, nel corso della vita i pazienti devono cambiare le terapie più volte, perché il loro organismo smette di rispondere. Le terapie più efficaci prevedono di iniettare nell’organismo del paziente degli anticorpi che sono in grado di arrestare l’effetto di alcune sostanze che inducono l’infiammazione. Questi colpiscono esattamente il bersaglio, a differenza dei farmaci di sintesi che, invece, agiscono su molti punti e possono determinare più effetti collaterali. Il problema è che si tratta di materiale proteico e ci possono essere reazioni allergiche e lo sviluppo di anticorpi contro il farmaco. Così si inibisce la sua attività. Questo significa che questi farmaci in un paio d’anni perdono efficacia. La speranza è che la scienza possa progredire sempre più e sempre più in fretta, offrendo nuove speranze di cura per chi soffre di questa patologia.