La cannabis è la sostanza d’abuso più utilizzata nel mondo occidentale. Un numero sempre maggiore di Stati americani la sta legalizzando, sia per uso terapeutico che ricreativo e resta la sostanza d’abuso più utilizzata soprattutto negli Usa. In una recente ricerca 22,2 milioni gli americani di età superiore ai 12 anni che ne hanno dichiarato il consumo nell’arco del mese antecedente al sondaggio (90% degli adulti per uso ricreativo, mentre solo il 10% con finalità curative). Tra il 2002 e il 2015 la percentuale di quanti riferiscono di aver fatto consumo di cannabis nel mese precedente è aumentata dal 6,2 all’8,3%.
La National Academies of Sciences, Engineering e Medicine ha deciso di fare il punto della situazione, attingendo a quanto pubblicato in letteratura scientifica dal 1999 ad oggi. Sono stati esaminati oltre 10 mila lavori dal team di studiosi, presieduto da Marie McCormick, professore of salute materno-infantile, dipartimento di scienze sociali e comportamentali presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health e professore di pediatria presso la Harvard Medical School (USA). Il rapporto è pubblicato sul sito della National Academies Press ed è consultabile gratuitamente.
“La crescente accettazione, disponibilità e il conseguente uso sempre più diffuso della cannabis – afferma la McCormick – stanno sollevando una serie di preoccupazioni di salute pubblica. A questo si aggiunge il fatto che una mancanza di conoscenze realmente complete sugli effetti della cannabis ha generato incertezza sui suoi eventuali effetti positivi o negativi per la salute. Per questo abbiamo portato avanti questa revisione ampia e approfondita delle ricerche più recenti, al fine di chiarire cosa la scienza dice al riguardo e di mettere in luce le aree che hanno bisogno di ulteriori approfondimenti”.
A livello terapeutico, cannabis e cannabinoidi si usano per trattare il dolore cronico negli adulti. Nei pazienti con sclerosi multipla affetti da spasmi, l’assunzione a breve termine di ‘cannabinoidi orali’ migliora il sintomo. In presenza di nausea e vomito da chemioterapia, alcuni cannabinoidi orali sono efficaci nel prevenire e nel trattare questi problemi.
Dall’altra parte, aumenta, invece, il rischio di rimanere coinvolti in incidenti stradali da parte di chi fa uso di cannabis prima di mettersi alla guida. Negli Stati Usa ci sono state segnalazioni di overdose accidentali nei bambini, soprattutto per ingestione (78% dei casi). Dal 2000 al 2013 il numero di chiamate ai centri antiveleni, correlate all’esposizione alla cannabis nei bambini al di sotto dei 6 anni è risultato infatti superiore di 2,82 volte negli Stati che ne hanno legalizzato l’uso.
Secondo il rapporto appena pubblicato, l’uso di cannabis non si associa ad aumentato rischio di quei tumori (polmone, testa collo), correlati al fumo di sigaretta, ma si associa, invece, ad una maggior frequenza di episodi bronchitici cronici e ad un peggioramento dei sintomi respiratori (tosse produttiva cronica).
Mancano dati sulla relazione cannabis-immunità, sia nella popolazione generale che in quella con infezione da HIV. Piccoli studi suggeriscono che l’esposizione regolare alla cannabis potrebbe esercitare un’azione anti-infiammatoria.
Gli studi analizzati dal rapporto suggeriscono che l’uso di cannabis potrebbe aumentare il rischio di sviluppare schizofrenia, altre psicosi, disturbo d’ansia sociale e in misura minore depressione.
D’altra parte, nei soggetti affetti da schizofrenia o altre psicosi, una storia di uso di cannabis potrebbe essere legata a migliori performance nei processi di apprendimento e mnemonici.
I forti consumatori di cannabis riferiscono più di frequente pensieri suicidari e nei soggetti bipolari i sintomi risultano peggiori.
Ci sono anche discrete evidenze che legano il consumo di cannabis allo sviluppo di dipendenza e disordini da abuso da altre sostanze, quali alcol, tabacco e altre droghe.
Subito dopo l’impiego di cannabis i processi di apprendimento, memoria e attenzione risultano alterati. Ci sono anche limitate evidenze di una persistenza di alterazioni nei campi cognitivi di apprendimento, memoria e attenzione nei soggetti che hanno smesso di fumare cannabis. Altri studi suggeriscono che l’uso di cannabis potrebbe essere correlato a qualche problema di risultato scolastico, ma anche nelle relazioni e nei ruoli sociali.
Gli strati neuronali deputati allo sviluppo delle funzioni cognitive sono attivi al massimo nei periodi dell’adolescenza e nella prima età adulta, che è proprio quando la maggior parte delle persone comincia ad avvicinarsi alla cannabis.
Infine, fumare cannabis in gravidanza si associa ad un minor peso alla nascita del bambino secondo alcuni studi.